Davide Bais, non solo fughe, ora anche risultati

06.10.2022
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Vuoi o non vuoi, il nome del fratello rispunta sempre. Davide Bais vive una carriera parallela a quella di Mattia (insieme nel 2020 nella foto di Remo Mosna in apertura): entrambi professionisti, entrambi in una squadra professional (Davide alla Eolo Kometa, Mattia alla Drone Hopper), entrambi con spiccate caratteristiche di fuggitivo della prima ora. Con licenza di cambiare e Davide questa licenza se la sta prendendo sempre più spesso.

Le ultime settimane sono state davvero positive. Certo, non stiamo parlando di vittorie internazionali, ma quando cogli due top 10 a breve distanza di tempo e ti mostri sempre propositivo, alla fine brilli di luce propria come avvenuto alla Coppa Bernocchi, terminata all’8° posto in mezzo a tanti corridori con palmares stagionali ben più corposi: «Ma anche al Giro di Slovacchia ero andato bene con un 6° posto parziale, anzi in quell’occasione più che la soddisfazione per il risultato mi era rimasto un po’ di rammarico perché si poteva fare ancora meglio».

Per Davide un ottimo 8° posto alla Coppa Bernocchi, ma già prima si era messo in evidenza
Per Davide un ottimo 8° posto alla Coppa Bernocchi, ma già prima si era messo in evidenza
Come nasce questo picco finale di stagione?

Devo dire che dopo il Giro d’Italia ho recuperato abbastanza bene e le cose sarebbero potute andare ancora meglio se non avessi avuto un piccolo inconveniente sotto forma della puntura di un insetto che mi ha fermato per una settimana. Ho recuperato bene a casa, ripartendo con le gare a metà agosto e la crescita di condizione ha portato anche ad avere un po’ più di libertà in squadra.

Anche tu sei uno di quelli votato alle fughe d’inizio gara?

Certamente non come Mattia che ne ha fatto un marchio di fabbrica, ma certamente attacco spesso. Nella prima parte di stagione ho lavorato molto per la squadra e i miei attacchi servivano anche per preservare i compagni, ma ho portato anche a casa qualcosa. Ad esempio il 4° posto nella classifica degli scalatori alla Tirreno-Adriatico è stato qualcosa di molto importante per me, avendo anche tenuto la maglia. Da inizio anno ho già fatto 62 giorni di gara che non sono pochi, ma la condizione attuale mi ha permesso di prendermi qualche chance in più.

Il trentino della Eolo-Kometa in Slovacchia ha sfiorato il successo
Il trentino della Eolo-Kometa in Slovacchia ha sfiorato il successo
Che differenze ci sono con tuo fratello?

Siamo piuttosto diversi a dire il vero, soprattutto nell’interpretare le corse anche in base a quel che ci chiedono le nostre squadre. Lui è più portato a gare d’attacco, cerca sempre la fuga e ha una rara capacità nel trovarla, infilandosi negli attacchi giusti. Io cerco se possibile di preservarmi per le fasi finali, di risparmiare anch’io, ma se la tappa lo permette come anche le particolari condizioni tattiche e il percorso, non disdegno la fuga da lontano, anzi ho un piccolo progetto in mente…

Quale?

Non mi dispiacerebbe centrare la fuga di giornata al Giro di Lombardia, perché con quel percorso potrebbe anche uscirne qualcosa di buono. Anticipare il gruppo mi consentirebbe di giocare qualche carta importante, magari rimanere con i più forti nelle fasi cruciali.

Davide Bais è nato il 2 aprile ’98 a Rovereto (TN). Quest’anno sta ottenendo i suoi migliori risultati
Davide Bais è nato il 2 aprile ’98 a Rovereto (TN). Quest’anno sta ottenendo i suoi migliori risultati
Anche tu stai contribuendo al buon finale di stagione della Eolo-Kometa: com’è stata quest’annata per il tuo team?

Sicuramente ci si aspettava di più, anche noi speravamo di far meglio soprattutto al Giro, visto che venivamo da una vittoria di tappa e avevamo aspirazioni importanti. A ben guardare però non è che siamo rimasti alla finestra, visti i podi di Albanese o la maglia blu portata da Diego Rosa. Noi siamo andati avanti per la stessa strada che ci ha contraddistinto, in ogni corsa cerchiamo di fare selezione, di trovare un modo per emergere, di portare a casa il risultato e in questo siamo tutti coinvolti.

Alla Tirreno, Davide Bais con la maglia di leader della classifica scalatori, poi chiusa al 4° posto
Alla Tirreno, Davide Bais con la maglia di leader della classifica scalatori, poi chiusa al 4° posto
Che cosa ti aspetta ora?

Il Lombardia e poi le corse in Veneto. Ne farò un paio prima di andare finalmente in vacanza e rifiatare. Ma sono contento di finire la stagione con questa condizione, perché dà una grande spinta a ripartire, soprattutto mentalmente.

Avete mai corso insieme, tu e Mattia?

E’ capitato da under 23, nelle file del Cycling Team Friuli, io ero al 2° anno e lui al 4° e non nascondo che era molto bello, riuscivamo a compensarci e a gestirci al meglio. Spero davvero che possa ricapitare da professionisti, io sono convinto che aiuterebbe entrambi.

Bettiol è un campione, ma bisogna conoscerlo bene

05.10.2022
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Si torna rapidamente a parlare del mondiale, questa volta con Leonardo Piepoli. Il pretesto è rallegrarsi con lui per la vittoria del “suo” Enric Mas al Giro dell’Emilia, con la conferma che il corridore spagnolo ha grandi mezzi fisici e solo da poco sta iniziando a crederci. E per una rapida associazione di idee, siamo stati noi a portare il discorso su Bettiol. Il toscano è arrivato in Australia con una condizione eccellente, avendo dimostrato di essere il solo a reggere le accelerazioni di Van Aert. E siccome Piepoli è il suo allenatore e a volte gli fa anche da motivatore, abbiamo cercato di capire come l’abbia visto nella corsa australiana.

Ai mondiali, Bettiol ha risposto facilmente a ogni allungo di Van Aert: aveva una grande condizione
Ai mondiali, Bettiol ha risposto facilmente a ogni allungo di Van Aert: aveva una grande condizione

La testa del velocista

Partiamo da un’osservazione fatta da Bennati nei giorni prima del mondiale, sulle rare occasioni che i nostri corridori hanno di fare la corsa e il fatto che siano spesso a disposizione di altri leader. Il cittì azzurro aveva portato l’esempio della tappa di Mende al Tour de France, in cui Bettiol stesso fu battuto da Matthews, dopo che nella fuga aveva tirato e anche tanto per Uran.

«Ma lui ha tirato – dice Piepoli – perché gli è stato chiesto alla radio come stesse e ha detto di non stare bene. E in parte è lo stesso discorso del mondiale, nel senso che se parti per vincere, parti per vincere come i velocisti. Il velocista fa 30 volate l’anno e anche il peggiore ha un compagno di squadra che gli dà una mano. Quindi ha 30 occasioni in un anno: molti non ne vincono neanche una, eppure ogni volta sono lì a pretendere “il sacrificio” del compagno di squadra e poi perdono o vincono. Alberto invece non ragiona così. Per lui deve essere tutto perfetto, quindi senza mal di gambe e nessun altro problema».

La Coppa Agostoni è stata la corsa del rientro dopo il mondiale in Australia
La Coppa Agostoni è stata la corsa del rientro dopo il mondiale in Australia

Gestire il campione

Nei suoi momenti lucidi e autoironici, Bettiol è il primo a scherzare sulle sue doti e sul fatto che comunque vinca poche corse. Però probabilmente in alcuni casi il pallino della corsa dovrebbe averlo in mano la squadra.

«Conoscendo quello che hai in mano – conferma Piepoli – devi agire di conseguenza, anche se queste cose è facile dirle a posteriori. Quindi se io oggi ho Bettiol in mano, gli direi: «Stai male? Non mi interessa, tu tiri a vincere!». Oppure, opzione B, faccio finta e gli dico: «Okay, non preoccuparti, cerca di stare tranquillo, poi vediamo se ti riprendi in finale». La metterei giù così, cercherei il modo di non eliminarlo, perché so già che lui non mi dirà mai che sta bene. O meglio, se sta bene dice di volare. Ma nella sua testa, non concepisce che in una corsa di sei ore, si possa avere un momento di difficoltà o si senta di essere meno brillanti. Però sai com’è fatto e sai che devi “gestire” il cavallo che hai. Quindi, fra molte virgolette, devi cercare di manipolarlo».

Ieri al via della Tre Valli Varesine assieme a Battistella, altro reduce da Wollongong
Ieri al via della Tre Valli Varesine assieme a Battistella, altro reduce da Wollongong

Mancavano le radio

Il guaio è che in una corsa come il mondiale, il margine di intervento è ridotto all’osso e alle parole che al corridore possono dire gli uomini della nazionale appostati ai box e lungo il percorso. Del tema delle radio da vietare in due occasioni all’anno si è già detto.

«Con le radio – annuisce Piepoli – le corse cambiano, quello a priori. Poi in questo caso qua, non so se a favore o a sfavore, però le cose cambiano. E’ evidente. Se parte Remco e tu lo sai che Remco parte fra i 70 e gli 80 chilometri dall’arrivo, se anche nessuno gli risponde, dici alla squadra di chiudere. Qualcosa fai. Impedisci che si apra subito quella distanza e la chiudi subito. La chiudi un attimo».

L’obiettivo finale di Bettiol è il Lombardia. La Tre Valli è stata un test sulla condizione
L’obiettivo finale di Bettiol è il Lombardia. La Tre Valli è stata un test sulla condizione

L’uomo dei miracoli

Bettiol è tornato in Europa con il fastidio di essersi sentito additato come il colpevole, in una corsa in cui tuttavia l’Italia ha corso bene e nessuno ha sentito la necessità di rintracciare il responsabile di una mancata vittoria. Soprattutto in una spedizione tacciata dai più di non avere la giusta consistenza e invece super attrezzata e battagliera. Ci sarebbe da aspettarsi la vendetta al Lombardia, sarebbe davvero un grande segnale.

«Il fatto però – dice Piepoli – è che adesso non sta tanto bene. E’ tornato in Italia con una forte tosse e questa è la cosa peggiore, perché il Lombardia voleva farlo bene. Era anche mentalmente predisposto. Però sinceramente, per quanto lo stia spronando a tenere duro, non ha la condizione del mondiale. Però lui è l’uomo dei miracoli, quindi magari alla fine un bel Lombardia lo farà pure».

Mas esulta. Pogacar battuto e Pozzo non molla mai

01.10.2022
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Finora è la giornata che gli salva la stagione. Giocando col suo cognome potremmo dire, “Mas que una victoria (più che una vittoria)”. Già, perché il successo di Enric Mas al Giro dell’Emilia, primo del 2022, è stato ottenuto al settantesimo giorno di gara e all’interno dei quali aveva riposto più di una aspettativa.

Se il secondo posto nella generale della Vuelta era stato il riscatto ad un Tour de France opaco, reso ancor più incolore dalla positività al covid, il 27enne spagnolo della Movistar in cima al San Luca ha dato un ulteriore segnale della sua buona condizione.

Esulta Enric Mas. E’ la prima vittoria del 2022
Esulta Enric Mas. E’ la prima vittoria del 2022

Trionfo Mas

Al penultimo passaggio sulla aspra ascesa che porta al santuario bolognese, Mas ha fatto il forcing, cui ha resistito solo Tadej Pogacar.

Poi nella tornata finale, dove si erano accodati Pozzovivo, Valverde e Uran (che finiranno poi nell’ordine), ha nuovamente attaccato nello stesso punto facendo il vuoto. Don Alejandro ha giocato da stopper favorendo il compagno mentre lo sloveno della UAE Emirates ha staccato solo negli ultimi metri l’incrollabile lucano della Intermarché Wanty Gobert.

Nella ressa post premiazioni, tutti vogliono i protagonisti del podio per diverse motivazioni. D’altronde è un gran bel podio. Tifosi per le foto, addetti ai lavori per le dichiarazioni e gli chaperon per l’antidoping. Blocchiamo Enric Mas prima che vada a completare le formalità del dopo corsa.

«Dopo la Vuelta sono stato a casa per un po’ di vacanza e per recuperare – racconta lo scalatore nato ad Artà, a nord di Maiorca – Mi sono allenato bene perché sapevo che c’era ancora un finale di stagione impegnativo. Ho passato molto freddo nei giorni scorsi e stamattina. Non è il mio clima ideale però Alejandro (Valverde, ndr) era lì ed io volevo aiutarlo, lavorare per lui.

«Negli ultimi chilometri mi sono trovato in fuga con Tadej. E’ stato duro e bello al tempo stesso perché tutto il mondo sa chi è lui. E’ stata una gran salita per me. Batterlo è stato è una grande soddisfazione.»

«Questa vittoria – prosegue – mi ripaga in parte di una stagione difficile difficile difficile (lo ripete tre volte come se gli stesse passando davanti agli occhi in quel momento, ndr). Ho avuto una seconda possibilità alla Vuelta perché la condizione e la fiducia non sono arrivati prima. Dopo il Tour ho fatto un buon reset ed ora ho una buona forma».

Solita cornice di pubblico sui due chilometri che portano al San Luca
Solita cornice di pubblico sui due chilometri che portano al San Luca

Più vittorie

«Al Lombardia – conclude Mas – innanzitutto ci saranno 60 chilometri in più e sappiamo che Alejandro predilige quel tipo di classiche. Vedremo se attuare la stessa tattica. Oggi era oggi e siamo riusciti a conseguire la vittoria, dopo averla sfiorata in un’altra corsa questa settimana (secondo posto di Valverde alla Coppa Agostoni, ndr)».

«Il Lombardia comunque resta l’ultimo obiettivo dell’anno. Dove pongo il mio successo di oggi in carriera? Lo metto nel 2022, che è stato un anno complicato per me. Vorrei che non fosse l’unico. Ci sono ancora un paio di gare in cui voglio fare bene».

Pogacar riesce a staccare un indomito Pozzovivo proprio negli ultimi metri
Pogacar riesce a staccare un indomito Pozzovivo proprio negli ultimi metri

Pozzo c’è

Le fasi finali del Giro dell’Emilia sono diventate anche uno scontro di generazioni. Col terzo gradino, Domenico Pozzovivo ha tenuto alta la bandiera dei vecchietti terribili provando il colpaccio ma tuttavia dando filo da torcere al ragazzino Pogacar. Ne approfittiamo mentre è in attesa dell’antidoping per rivivere le ultime ore e quelle che verranno.

«E’ stata una corsa regolare, con una andatura abbastanza sostenuta tutto il giorno – spiega Domenico che è diventato pro’ nel 2005 – Alla fine c’è stata una scrematura naturale senza grossi attacchi fino agli ultimi due giri in cui ci sono stati movimenti più importanti.

«Ho cercato di gestire la gamba, che già all’Agostoni avevo visto che era buona. Oggi però ho trovato due corridori che sono più forti di me ma sono molto soddisfatto del podio. Questo è il mio miglior risultato al Giro dell’Emilia, che è una corsa che ho sempre sentito tanto per il percorso e per il pubblico».

«Sono riuscito a rientrare sulla testa all’inizio dell’ultimo giro – continua – e per un po’ stare con Pogacar. Sento di essere ad un buon livello in salita. Peccato perché ho sofferto più del dovuto il long-covid dopo il Giro di Svizzera. Ce l’ho avuto molto forte e per due mesi ho pagato tanto le conseguenze. Alla Vuelta non ero al livello che speravo. In ogni caso sono riuscito a non mollare di testa ed ho ricostruito un’ottima condizione per queste ultime gare».

Il podio del Giro dell’Emilia. Qualità, gioventù ed esperienza
Il podio del Giro dell’Emilia. Qualità, gioventù ed esperienza

Verso il Lombardia

«E’ stato importante restare con corridore del calibro di Tadej. Mi dà fiducia e morale. Significa che ho lavorato bene… e che non ho quasi 40 anni (dice sorridendo mentre ci ricorda che li compirà il 30 novembre, ndr)».

«Farò sia Tre Valli Varesine che Lombardia – chiude Pozzovivo – Nella prima faremo gara in parallelo Rota ed io. Lui arrivava dall’Australia e qui credo che abbia pagato il jet-leg ma la Tre Valli è più adatta a lui che a me. Personalmente a me servirà per fare ancora più gamba. Al Lombardia è cambiato il finale, dove ci sarà più da lottare per imboccare bene il primo San Fermo della Battaglia perché ci saranno più corridori, rispetto al passaggio sul Muro di Sormano. Comunque il finale sarà da gambe. Le discese sono tecniche perché dove finisci la salita poi è difficile rimontare posizioni scendendo».

«Dal punto di vista tecnico, i giri del San Luca sono piuttosto simili alla parte conclusiva del Lombardia. Ho provato a prendere dei riferimenti, specie per il ritmo. Non avendo corso dalla fine della Vuelta, queste gare mi sono servite per capire i limiti fino a dove spingere. Fin dove puoi farlo. E penso di avere preso buoni riferimenti, anche perché come squadra ci siamo mossi bene.

«Raccogliere un podio ad una gara come l’Emilia è importante e speriamo sia di buon auspicio per sabato prossimo.»

Gilbert: tappe e frasi di una carriera da immortale

28.09.2022
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Tra pochi giorni la sua carriera arriverà al traguardo. L’ennesimo. L’ultimo. Philippe Gilbert è pronto all’ultima recita e la farà a Valkenburg, davanti ai rivali di una carriera lunghissima, durata un ventennio e contraddistinta da tantissime vittorie. Non tutte quelle che avrebbe voluto: quel traguardo che tanto agognava resterà proibito, la conquista di tutte le Classiche Monumento, ma quando porti a casa 81 successi lo puoi anche accettare e il vallone lo ha fatto. Chiude in pace con se stesso.

Tra questi 81 successi c’è di tutto. Ha vinto tappe in tutti e tre i grandi giri, ha conquistato classiche a iosa, ha anche vestito la maglia iridata ma soprattutto è stato un esempio. E allora riviviamo la sua carriera attraverso alcune magie, quelle per le quali ha reso unica la sua carriera.

Il primo Lombardia di Gilbert. Ne vincerà un altro, l’anno dopo con 12″ su Scarponi
Il primo Lombardia di Gilbert. Ne vincerà un altro, l’anno dopo con 12″ su Scarponi

Lombardia 2009, logica conseguenza

Il corridore della Silence Lotto viene da un periodo folgorante: nelle ultime tre corse ha vinto sempre lui, Coppa Sabatini, Paris-Tours, Gran Piemonte e sono tutte gare una diversa dall’altra. Quando mai uno che vince la classica francese dei velocisti poi va al Lombardia e vince? Invece il belga fa proprio così, nel finale evade con l’olimpionico di Pechino 2008 Samuel Sanchez e lo batte allo sprint con gli altri ad appena 4”. «Con questa condizione posso vincere dappertutto – risponde a chi sottolinea l’anomalia di cui sopra – in salita, in volata, dove volete…».

Alla Doyenne solo i fratelli Schleck reggono i suoi attacchi, ma cedono in volata
Alla Doyenne solo i fratelli Schleck reggono i suoi attacchi, ma cedono in volata

Liegi 2011, più forte degli Schleck

A un certo punto qualche dubbio gli è passato nella testa. In fuga non solo con due che sono compagni di squadra, ma che sono anche fratelli… Gli Schleck non hanno bisogno di parlarsi, basta uno sguardo, un cenno. Gilbert si sente schiacciato, ma com’era successo due anni prima ha una gamba folgorante. In settimana si è portato a casa Amstel Gold Race e Freccia Vallone, ha la possibilità di imitare il magico trittico di Rebellin e non se la fa sfuggire.

Parte ai 250 metri, volata lunga alla quale né Andy né Frank riescono a rispondere. «Ero solo contro due, che dovevo fare? Ho capito che potevo vincere quando mi sono accorto che Andy si stava sacrificando per il fratello, mi ha reso la cosa più facile». I giornalisti gli chiedono della Roubaix, che ha solo “assaggiato” nel 2007: «E’ pericolosa, c’è una lunga lista di corridori che sono caduti con conseguenze molto pesanti. Io non ho voluto rischiare il resto della mia stagione, vedremo col tempo».

In Olanda il belga anticipa tutti. Boasson Hagen batte Valverde nella volata del gruppo
In Olanda il belga anticipa tutti. Boasson Hagen batte Valverde nella volata del gruppo

Mondiali 2012, la stoccata del Cauberg

Si corre in casa dei rivali olandesi e questo dà sempre ai belgi quel qualcosa in più. Oltretutto si gareggia a Valkenburg, sulle strade dell’Amstel Gold Race che Gilbert gradisce molto avendola vinta già due volte. Alla Vuelta ha affinato la condizione con due successi di tappa, in Olanda aspetta finché Nibali non accende la miccia sul Cauberg e parte. A molti il suo scatto ricorda la “fucilata di Goodwood” di Saronni di trent’anni prima.

In sala stampa gli chiedono incessantemente della sua collezione di classiche d’un giorno, della ricerca del completamento di quel Grande Slam centrato solo da Van Looy, Merckx e De Vlaeminck, guarda caso tutti e tre belgi ma fiamminghi. Quell’ossessione sembra quasi più degli altri che sua…

Un Fiandre vinto alla sua maniera, di forza. Van Avermaet finisce a 29″
Un Fiandre vinto alla sua maniera, di forza. Van Avermaet finisce a 29″

Fiandre 2017: non ci si nasconde più…

Dopo aver conquistato tutte le classiche delle Ardenne, il pensiero di diventare re anche nel Nord inizia a solleticare la fantasia di Gilbert. Ma sono gare diverse e lo sa bene. Nel 2017 prova il tutto per tutto, ma cambia completamente il suo modo di correre: sul Kwaremont, a 55 chilometri dalla conclusione, si mette in testa al gruppo e lo disintegra, uscendone con 25” di vantaggio. Dietro ci sono due gruppi, quello di coloro che hanno provato a seguirlo e quello dei big. Si ricompongono, senza però mettersi d’accordo nell’inseguimento e Gilbert se ne va, arrivando a un minuto e mezzo. Ci prova Sagan, la sua maglia iridata attira Van Avermaet, Terpstra e Van Baarle ma ripassando sul Kwaremont va troppo vicino al pubblico, il suo manubrio s’incastra sul giaccone di uno spettatore e finisce a terra. L’ammiraglia è lontana, la gara è andata. Gilbert ringrazia e approfitta, vincendo con 29” su Van Avermaet.

A quel punto la Roubaix lo aspetta e Gilbert accetta la sfida: «La Roubaix è come la Liegi, se le gambe sono buone sai di poter vincere. Il problema vero è la Milano-Sanremo, guardate Sagan, si presenta ogni volta da grande favorito e non la centra mai…».

Sprint a due con Politt, anche la Roubaix è sua. Manca solo la Sanremo, dove è 3° per due volte
Sprint a due con Politt, anche la Roubaix è sua. Manca solo la Sanremo, dove è 3° per due volte

Roubaix 2019: il ciclismo non è matematica…

Dopo l’apprendistato dell’anno prima, Gilbert a 37 anni centra il successo più inatteso della sua carriera. E lo fa alla sua maniera, con tre attacchi che sbriciolano il gruppo con il solo tedesco Politt che regge la sua scia ma che in volata al velodromo non è un ostacolo, quasi intimidito al cospetto di un tale campione. «Tutti mi dicevano che il pavé non fa per me – sentenzia davanti ai giornalisti – ma sapevo come trasferire le mie qualità di scattista. Nella vita, c’è sempre bisogno di sfide entusiasmanti per contrastare il trascorrere del tempo».

Resta solo la Sanremo, dov’era stato 3° nel 2008 e 2011. Ci prova, nel 2020 è nono, ma la Classicissima è corsa che sfugge a tutti i dettami pur avendo un percorso che è quasi un rituale. Con quell’unico buco nella sua carriera Gilbert inizia a fare pace. Ora cala il sipario, ma prima c’è ancora una frase regalata ai taccuini da ripetere perché racchiude in sé tutta la carriera del corridore di Verviers: «Io sono un “puncheur”, un attaccante. Se non rischi mettendo i tuoi avversari alle corde non vinci». Guardate coloro che vincono e entusiasmano ora, da Van Aert a Evenepoel, da Van Der Poel a Pogacar: quell’assioma lo hanno imparato a memoria…

“Bombardato” dopo il Tour, Vingegaard torna in pista

28.09.2022
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Nella tripletta italiana di ieri alla CRO Race c’è il 17° arrivato che non è un nome qualunque, ma è quello di Jonas Vingegaard. Il re del Tour de France è tornato in corsa due mesi e tre giorni dopo il suo successo a Parigi.

Il corridore della Jumbo-Visma si è presentato con un grande sorriso e uno stato di forma già buono. Per carità, i due strappi finali di ieri erano poca cosa, tanto che sono arrivati i velocisti, ma perdere due mesi e più di gare a questo punto della stagione non è poco.

L’abbraccio di Copenhagen a Vingegaard. Il danese ha definito il suo post Tour un “bombardamento mentale”
L’abbraccio di Copenhagen a Vingegaard. Il danese ha definito il suo post Tour un “bombardamento mentale”

Ondata gialla

Come mai dunque uno stop tanto lungo? A rivelarlo è stato Vingegaard stesso che alla vigilia della corsa croata ha raccontato di aver avuto bisogno di uno stacco. L’onda di ritorno della Grande Boucle si è fatta sentire. E come spesso accade è da qui che i giochi si fanno duri davvero per i campioni. Tutti erano già pronti ad abbracciarlo al Giro di Danimarca, ma Jonas ha dato forfait.

«Dopo il Tour – ha detto Vingegaard – ho avuto momenti molto difficili. Sarebbe stato bello correre già in Danimarca ma  tutto quello che è seguito dopo il Tour è stato tanto. Ho capito che avevo ancora bisogno di riposo. Quello che ti succede quando vinci il Tour de France è una specie di bombardamento mentale. E’ molto difficile parlare con i media e i tifosi ogni giorno. E’ fantastico, ma anche molto faticoso».

Insomma, feste, sponsor, richieste di qua e di là… hanno destabilizzato un personaggio che di suo è molto tranquillo e umile. Fare i conti con questa ondata improvvisa di successo e notorietà ha rotto certi equilibri.

Vingegaard assalito dai microfoni al via della prima tappa della CRO Race
Vingegaard assalito dai microfoni al via della prima tappa della CRO Race

Croazia a noi

Giusto lasciare del tempo al ragazzo perché potesse ritrovare questi equilibri. E forse anche per questo motivo, per diverse settimane Jonas ha lasciato la Danimarca ed è andato in Spagna, a Malaga, per allenarsi al sole e in tranquillità.

E qualche polemica su Vingegaard c’era stata anche per la sua non partecipazione ai mondiali di Wollongong, ma a quel punto era chiaro. Come poteva tornare in corsa al mondiale dopo due mesi di assenza? E ancora, perché sobbarcarsi una trasferta del genere senza alcuna certezza di risultati? Meglio dunque ritrovare quell’equilibrio di cui si parlava con questa gara, allenamenti e restando nel Vecchio Continente.

«Sono molto felice di essere qui – ha detto Vingegaard alla vigilia della CRO Race – è la mia prima gara dal Tour de France. Spero di essere in forma. Darò il massimo ogni giorno. Abbiamo una squadra forte e speriamo perciò di fare una buona competizione.

«Perché siamo qui? Perché volevamo fare qualcosa di diverso dall’anno scorso. Abbiamo dato uno sguardo a questa corsa. Abbiamo visto che c’era un bel percorso, una partecipazione di livello e quindi abbiamo deciso di venire in Croazia».

E riguardo alla prima tappa si è limitato a dire: «Buon ritorno!».

Lombardia 2021, Pogacar fa i numeri, Jonas lotta con Bardet, Hirschi, Masnada… poi si staccherà nel finale
Lombardia 2021, Pogacar fa i numeri, Jonas lotta con Bardet, Hirschi… poi si staccherà nel finale

Obiettivo Lombardia

Vingegaard non sarà ancora al cento per cento, anche se ormai un campione del suo calibro è uno dei pochissimi che in questo ciclismo può permettersi di correre pur non essendo al top, ma la condizione deve crescere per chi come lui punta in alto. Molto in alto. L’obiettivo del danese infatti si chiama Giro di Lombardia.

«Con la squadra – riprende Vingegaard – abbiamo valutato che questa corsa potesse essere ideale per preparare il Giro di Lombardia, che è l’obiettivo principale di questo finale di stagione».

Lo scorso anno Jonas arrivò con il gruppetto di Nibali. Quest’anno è presumibile che le cose andranno diversamente. Alla fine ci arriva con tutt’altro spessore. E come non pensare ad un rinnovo del duello con Pogacar? Tadej ha mostrato una buona condizione, è il campione uscente e quando gli prospetti una sfida così, si tuffa come un cane con l’osso. Jonas è in crescita… Non resta che attendere l’8 ottobre.

Peccato solo che Remco Evenepoel non sarà della partita.

Dmt e RCS rinnovano: è la scarpa ufficiale del grande ciclismo

12.03.2022
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Squadra che vince non si cambia… e fedele a questa arcinota (e verissima) affermazione, Dmt ha rinnovato anche per questa stagione la propria partnership di sponsorizzazione e collaborazione con le gare targate RCS Sport. Dalle Strade Bianche, andata in scena appena una settimana fa e stravinta da Tadej Pogacar (che di Dmt è il primo testimonial) fino al Giro di Lombardia, passando per Milano-Sanremo, Giro d’Italia e Tirreno-Adriatico, il brand produttore di calzature per ciclismo di proprietà del Gruppo Zecchetto affianca la propria immagine e i propri prodotti alle corse più storiche, iconiche e seguite del nostro paese.

Strategia e pianificazione

Ma il rapporto tra Dmt e RCS Sport non si esaurisce esclusivamente in un semplice accordo di sponsorizzazione. Va oltre, ma molto oltre. E per capirlo fino in fondo, o meglio per comprendere quanto sia strategica ed organizzata questa iniziativa Dmt, abbiamo colto lo spunto della Tirreno Adriatico per scambiare qualche battuta con Mauro Scovenna, che dello stesso brand calzaturiero è Marketing e Events Manager.

Allora Mauro, raccontaci qualcosa in più di questo vostro impegno con RCS Sport…

Siamo partiti l’anno scorso proprio con la Tirreno-Adriatico. Una partenza in corsa, come si suol dire, considerando che decidemmo di chiudere l’accordo con RCS appena qualche giorno prima del via della Corsa dei due Mari. Quest’anno abbiamo rinnovato. Convinti e sospinti dagli ottimi risultati commerciali delle nostre linee di calzature per il ciclismo. Un accordo che a tutti gli effetti ci qualifica come la scarpa ufficiale di tutte le più grandi manifestazioni ciclistiche in Italia, e non solo.

Quanto è importante questa vostra presenza itinerante?

Moltissimo. Seguiamo tutte le corse con un nostro mezzo. Siamo sempre presenti in zona arrivo. Ma soprattutto ogni giorno organizziamo esposizione e test, per chiunque lo desideri, mettendo a disposizione tutta la collezione Dmt in tutte le misure disponibili. Questo è un aspetto che merita di essere messo in evidenza. Chi ci raggiunge sul truck Dmt può provare la scarpa che desidera nel numero che vuole (abbiamo anche le cosiddette mezze misure…) per così essere certo di poter poi acquistare presso il proprio negoziante di fiducia esattamente la scarpa Dmt desiderata e soprattutto nella misura più corretta. Tutte le scarpe in prova sono naturalmente igenizzate nel pieno rispetto delle normative vigenti in materia di Codid-19, e per ciascun test regaliamo come gadget un esclusivo paio di calzini firmati Dmt.

Il vostro rapporto con i professionisti è trasferibile verso i cicli amatori?

L’impegno di Dmt con i corridori professionisti, e più in generale con il mondo delle corse professionistiche, ha origini lontane. Fa parte della nostra tradizione, è nel nostro Dna aziendale. Oggi Dmt è ai piedi di corridori del calibro di Tadej Pogacar, Elia Viviani e del giovanissimo fenomeno spagnolo Juan Ayuso. Come team forniamo la Eolo Kometa e la Intermarché Wanty Gobert. Tutta la nostra tecnologia, tutto il nostro know-how e i feedback preziosissimi dei corridori sono costantemente messi a disposizione per realizzare le scarpe migliori per la nostra clientela. E la nostra clientela sono i ciclo amatori. Iniziative come quelle che organizziamo alle corse RCS sono proprio mirate sia a fidelizzare la nostra clientela quanto a fornire un servizio concreto a quelli che decideranno di sceglierci in futuro per poter… pedalare assieme.

Mauro Scovenna, Marketing & Events Manager Dmt
Mauro Scovenna, Marketing & Events Manager Dmt
Che riscontro stanno avendo nello specifico i modelli KR0 e KRSL?

Molto, molto positivo. Viviani è il testimonial perfetto per il modello KR0, lanciato l’anno scorso  in occasione della rassegna expo Eurobike in settembre e caratterizzato dal sistema di chiusura con il doppio Boa. Elia è un grande amico di Dmt e lo sviluppo della nostra tecnologia lo ha sempre visto attivo protagonista, sia su strada quanto su pista. Le KRSL invece sono semplicemente le scarpe di Tadej… quelle con i lacci, con già due Tour de France sulle spalle ed una Strade Bianche che a ricordarla mi viene ancora la pelle d’oca!

Dmt

Masnada, ecco perché passare presto è uno sbaglio

15.10.2021
5 min
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«Non mi dimenticherò la Boccola fino a Città Alta – dice Masnada, tornando per un istante al Lombardia (foto di apertura) – per tutta la vita. Mi è passato il mal di gambe. Ho fatto tutta la salita con cattiveria grazie alla gente che c’era. E’ stato bello dopo un anno senza pubblico rivedere tutta quella gente e proprio a Bergamo. Anche in via Papa Giovanni XXIII visto quanta gente c’era?».

Per recuperare forze e morale, Fausto ha scelto Dubai. Dove l’acqua è più calda dell’aria, dove finora era venuto soltanto per correre e le spiagge le aveva viste soltanto dal finestrino dell’ammiraglia o dalla sella della bici. La stagione ha avuto alti e bassi, questi ultimi legati spesso alla sfortuna. Ma il Giro di Lombardia e il suo bagno di folla hanno in parte rimesso la bilancia in equilibrio. Il secondo posto dietro l’imbattibile Pogacar non ha il sapore della beffa e, tutto sommato, essere arrivato a giocarselo in volata dice che in salita l’altro non è riuscito a staccarlo. Ha bruciato semmai di più il secondo posto dietro Colbrelli ai campionati italiani. Perché quel giorno nei panni del più forte in salita si era sentito lui e l’arrivo in volata era l’ultima soluzione possibile.

La discesa del Selvino era il solo tratto di strada per rientrare su Pogacar
La discesa del Selvino era il solo tratto di strada per rientrare su Pogacar

«Non sono super soddisfatto – dice – perché fra Giro e Vuelta ho avuto sfortuna. Quando la salute mi ha assistito, ho dimostrato di andare forte. Ho fatto il Romandia con una condizione spettacolare (terzo in classifica finale, ndr), mentre l’avvicinamento al Giro è stato proprio brutto. Da non riuscire a respirare tanto ero costipato…».

Magari la tenuta di Evenepoel non cambiava, ma i tuoi acciacchi hanno coinciso con il suo calo…

Nessuno si aspettava quanto potesse reggere e chiaramente, essendo la Deceuninck-Quick Step abituata a vincere, non si può dire che il Giro sia stato positivo.

Forse era persino troppo aspettarsi che Remco potesse fare un exploit, no?

I preparatori e i direttori sportivi fanno queste scelte partendo dai dati in allenamento e da quanto l’atleta ha fatto vedere. E lui fino all’incidente aveva fatto meraviglie. Normale che ci si aspetti che vada forte, ma la stessa squadra non sapeva quali ambizioni avere. Era difficile prevedere quello che sarebbe successo.

Brucia più il secondo posto ai campionati italiani o il fatto di non essere andato alle Olimpiadi?

Il secondo di Imola brucia ancora, perché la vittoria avrebbe dato una svolta alla stagione. Con la maglia tricolore sei riconosciuto per un anno intero. Mentre le Olimpiadi sono rientrate nel discorso della sfortuna. Se il Giro fosse andato bene, avrei dimostrato il mio valore e mi avrebbe portato, perché ero già nella rosa. Ma il posto in nazionale va guadagnato e io non ci sono riuscito. Non ho rimpianti, condivido le scelte di Cassani.

Il forcing di Masnada sulla Galisterna ai campionati italiani di Imola non è bastato per staccare Colbrelli
Il forcing di Masnada sulla Galisterna ai campionati italiani di Imola non è bastato per staccare Colbrelli
Il Lombardia, anche se non l’hai vinto, è stato una nota positiva?

Sono soddisfatto per il secondo posto e lo è stata anche la squadra.

Sei stato l’unico capace di seguire Pogacar…

Sapevo di avere una sola carta da giocare ed era la discesa da Selvino, che noi bergamaschi facciamo spessissimo. Quando ho visto di aver scollinato con 30 secondi, ho capito che avrei potuto riprenderlo. Conoscevo ogni curva a memoria e infatti in fondo l’ho preso e poi mi sono messo a ruota. Di fatto a Bergamo mi ci ha portato lui. E sulla Boccola (l’ultima salita verso Città Alta, ndr) è andato davvero forte.

Com’è stare a ruota e non tirare, malgrado gli inviti?

Sarebbe bello se nel ciclismo non si facessero tanti tatticismi. D’istinto avrei tirato, ma così facendo sulla Boccola mi avrebbe staccato di certo. Perciò la tattica di Bramati alla fine ha funzionato. In realtà pensavo che da dietro sarebbero rientrati, anche a scendere da Bergamo, perché c’era vento contrario. Hanno giocato male la loro carta, forse perché avevano paura di portare Alaphilippe sotto l’ultimo strappo.

O forse non avevano più gambe…

In effetti ho rivisto la corsa in tivù e abbiamo fatto tutte le salite fortissimo. Non si staccava nessuno, ma erano tutti a tutta. Poi però siamo arrivati al Passo di Ganda e il gruppo è esploso.

Masnada ha partecipato a tutti i ritiri con Evenepoel e Honoré, preparando il Giro d’Italia. Qui sul Teide
Masnada ha partecipato a tutti i ritiri con Evenepoel e Honoré, preparando il Giro d’Italia. Qui sul Teide
Giorni fa siamo stati da Colleoni alla Colpack, diceva quanto sia brutto dal suo punto di vista non poter tenere i corridori più di un anno per la fretta di passare. Tu rifaresti i tuoi quattro anni da U23?

Non rifarei tutto, perché so di aver perso anni di carriera non facendo le cose in modo professionale. Ma credo che tre anni fra gli under 23 servano, magari anche in continental per fare qualche esperienza con i pro’. Perché quando arrivi di qua, non puoi sbagliare.

Perché non puoi sbagliare?

Hanno tutti la fretta di trovare un altro Evenepoel, ma per il 90 per cento dei ragazzi passare troppo giovani è sbagliato. Di qua c’è un livello altissimo, ci sono tanti corridori più forti fisicamente di un ragazzino e più esperti. Serve tempo, ci vuole tanta fatica. E per i 3/4 di quelli che passano così presto non sarà una bella esperienza. Non credo ne valga la pena.

Lombardia, finale inedito con Masnada… al volante

07.10.2021
5 min
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La 115ª edizione del Giro di Lombardia vivrà una delle sue fasi calde nello scenario delle mura veneziane di Bergamo Alta, che dal 9 luglio 2017 sono Patrimonio Unesco e che per la prima volta dalla nomina tornano protagoniste di una corsa. Qui, sullo strappo di 1,6 chilometri che terminerà ai 3,5 dall’arrivo, chi avrà gambe, coraggio e astuzia potrà tentare il colpo di mano.

Strettoia e ciotoli

La salita inizia dalla strettoia che sfiora la chiesa parrocchiale del quartiere Valverde (omonimia da sottolineare, chissà…) nella quale bisognerà passare in buona posizione, se il gruppo sarà ancora folto. Pochi metri, ma importanti. Così come restare davanti nel tratto centrale di acciottolato, di 200 metri, per assicurarsi il corridoio di destra, lastricato, senza sconnessioni. Poi la “esse” che porta nel drizzone della Boccola (la via che porta nel cuore del centro storico), che è tutto un crescendo di pendenza, fino al sottopasso che sbuca in Colle Aperto.

Trampolino e picchiata

Si respira 50 metri, poi il tranello. Un trampolino di 100 metri che sembra tuffarsi nella città bassa e sull’aeroporto di Orio al Serio, da cui potrebbe decollare chi avrà un briciolo di freschezza, rilanciando e gettandosi giù dalle Mura. Picchiata velocissima fino al traguardo di via Roma: c’è solo da “pinzare” secco per passare da Porta di S.Agostino, a 1.800 metri dall’arrivo.

Ultimo arrivo così: 15ª tappa del Giro 2017, vinse Bob Jungels in volata ristretta. Quando il Giro o il Lombardia affronta questo finale, nessuno è mai riuscito a staccare tutti, ma quest’anno si arriva con 4.500 metri di dislivello nelle gambe e 239 chilometro di acido lattico schiumante. Perché dopo la mitica ascesa del Ghisallo e una cinquantina di chilometri di relax, ci saranno da scalare cinque salite bergamasche in 115 chilometri: Roncola, Berbenno, Dossena, Passo Zambla e Passo Ganda.

A casa di Masnada

Salite di cui Fausto Masnada conosce ogni metro e ogni buca, lui che è di Laxolo, frazione di Val Brembilla a due passi dal Berbenno.

«Passerò davanti alla porta di casa – spiega il corridore della Deceuninck-Quick Step – sono strade che farei a occhi chiusi».

La Roncola è una salita dura, ma lontana dall’arrivo. Il Berbenno si fa in scioltezza, a Dossena qualcuno potrebbe tentare un attacco da lontano, mentre l’arrivo a Zambla è più panoramico che complicato.

«La gara si farà sul Passo Ganda – rivela Masnada – una salita vera. Anche le altre lo sono, ma quella è vicina al traguardo ed è la più dura».

Sono 9,2 chilometri al 7,3 per cento che faranno male. Dopo i primi chilometri secchi, la salita diventa pedalabile, ma è negli ultimi due chilometri che si affrontano le pendenze più severe. Ma non è finita.

«Bisognerà stare attenti nel tratto tra il passo e l’inizio della discesa di Selvino – spiega Masnada – c’è un saliscendi dove se lasci una decina di secondi, poi fai fatica a cucire il buco».

Il Lombardia del 2020 fu vinto da Fuglsang su Bennett e Vlasov
Il Lombardia del 2020 fu vinto da Fuglsang su Bennett e Vlasov

Tutti contro Alaphilippe

Anche perché la discesa di Selvino si snoda in 19 tornanti tutti da “rilanciare”. Dal termine della discesa all’inizio dello strappo di Bergamo Alta c’è una decina di chilometri con pendenza favorevole.

«E’ un percorso selettivo – chiude Masnada – e tutti correranno contro di noi che abbiamo Alaphilippe (i due sono insieme nella foto di apertura alla Milano-Torino, ndr). Io sto bene, spero di avere la gamba buona e sento già l’emozione di correre in casa: quando c’è un tifo come quello della Boccola, non senti nemmeno la fatica». 

Da quando le mura veneziane che cingono Città Alta (come i bergamaschi chiamano quello che si può definire il vero centro storico della città) sono state nominate Patrimonio Unesco – era il 9 luglio 2017 – nessuna corsa ciclistica è più passata da qui.