«Cercherò prima di vincere una tappa – aveva detto Alaphilippe prima che il Delfinato partisse – sarei super felice di riuscirci. Alla classifica non ci penso, ma potrebbe venire con il passare dei giorni. Se mi sento bene, farò del mio meglio. Ci sono molte tappe impegnative che mi piacciono. Mi sento fresco, non vedo l’ora di correre».
Il tempo di prendere le misure e il francese ha vinto la tappa di ieri a Chaise-Les Dieu, affiancando Laporte in testa alla classifica. La squadra ha lavorato per tenerlo davanti e Julian ha anticipato Carapaz, Tesfatsion e Laporte, con una di quelle volate che un tempo erano il suo marchio di fabbrica.
«Sinceramente non pensavo di vincere – dice Alaphilippe dopo l’arrivo – ma il circuito finale, che sulla carta non sembrava così difficile, ha sfinito tutti. Abbiamo perso Vernon, il nostro velocista per il quale l’arrivo era troppo duro. Poi Senechal, che era la nostra seconda carta, poco prima dell’ultimo chilometro mi ha detto di essere al limite e così ho fatto io lo sprint. Carapaz ha provato ad anticipare, così sono riuscito a partire al momento giusto. Sono molto contento».
L’abbraccio di Alaphilippe con tutti i compagni che raggiungono l’arrivo: qui con DevenynsL’abbraccio di Alaphilippe con tutti i compagni che raggiungono l’arrivo: qui con Devenyns
Avevi qualche dubbi sulla possibilità di tornare a questo livello?
I dubbi ovviamente c’erano. Quando stai attraversando un periodo complicato, l’unica cosa da fare è mettersi in discussione e io l’ho sempre fatto. A volte bisogna accettare di essere lontani dal proprio livello. Tuttavia, non ho mai smesso di crederci, altrimenti non avrei vinto. E’ importante avere un carattere forte. Questa vittoria è la prova che ho la testa dura. Ho saputo restare paziente e ho lavorato sodo.
La testa dura?
Questi ultimi mesi sono stati lunghi, ho avuto pazienza e sono riuscito a tornare forte per il Delfinato. E’ un grande sollievo. Avevo buone gambe, quindi ho fatto il mio sforzo al momento giusto. Vincere una tappa nel Delfinato, non si poteva sognare di meglio. Qualunque cosa accada, sarò felice della mia settimana.
Per aiutare Laporte in magia di leader, duro lavoro di Benoot e LaportePer aiutare Laporte in magia di leader, duro lavoro di Benoot e Laporte
Un bel segnale sulla strada del Tour?
Lo spero. Non faccio previsioni, mi adatto a tutto e resto calmo. Questo è anche il senso del mio gesto sul traguardo: calmo, tranquillo. Non ho vinto il Tour oggi, ho appena vinto una tappa al Delfinato. Però era da tanto che non mi sentivo così bene e questa vittoria mi permetterà di correre ancora più rilassato.
Intanto il Tour ha ripristinato i protocolli Covid…
Sto ancora attento. Forse è troppo, ma è necessario. Meglio così che perdere il Tour de France per il Covid. Il ciclismo rimane l’unico sport in cui ci sono tutti questi controlli. Un po’ rovina la festa, ma bisogna riabituarsi a stare nella bolla, per non restare a casa a luglio e buttare all’aria tutti i sacrifici.
La mascherina in faccia per Julian e la compagna Marion: «Meglio così che saltare il Tour»La mascherina in faccia per Julian e la compagna Marion: «Meglio così che saltare il Tour»
La sfortuna è finita?
Sono stanco di parlare di sfortuna: ognuno ha la sua parte. L’importante è avere motivazione e io ne ho tanta. Sono concentrato su quel che sto vivendo. Poi penseremo al Tour, sapendo che già le prime tappe saranno durissime, con tante salite e stradine che innervosiranno il gruppo. Saranno due giorni esplosivi, sarà fantastico e spettacolare.
Lo scorso anno, dopo una primavera non troppo esaltante, Jonas Vingegaard andò al Delfinato, vinse l’ultima tappa (foto di apertura) e si piazzò secondo dietro Roglic in classifica finale. Così prese fiducia e dopo 40 giorni si ritrovò vincitore del Tour. Ora che il Giro è finito, manca davvero poco perché si cominci a entrare nell’orbita della Grande Boucle. E il calendario WorldTour offrirà nelle prossime settimane due corse tradizionalmente dedicate al rodaggio dei campioni, dalle quali pochi davvero si asterranno. Stiamo parlando di Giro del Delfinato (4-11 giugno)eGiro di Svizzera (11-18 giugno), i cui albi d’oro sono pieni di corridori che nelle settimane successive hanno ben figurato nella sfida del Tour.
La cosa curiosa di quest’anno è che i primi due del Giro, quindi Roglic e Thomas, lo scorso anno avevano vinto rispettivamente il Delfinato e il Giro di Svizzera.
Belli è arrivato per tre volte terzo in Svizzera: qui nel 2001, quando vinse Armstrong. Secondo fu Simoni, primo al Giro (foto Keystone)Belli è arrivato per tre volte terzo in Svizzera: qui nel 2001, quando vinse Armstrong. Secondo Simoni, primo al Giro (foto Keystone)
Tre volte terzo
Ne abbiamo voluto parlare con Wladimir Belli, che li ha fatti da corridore e a breve commenterà il Delfinato dai microfoni di Eurosport. Essendo un preparatore atletico, la nostra è una curiosità al contrario: vale ancora la pena passare attraverso certi percorsi di rodaggio per arrivare bene al Tour?
«Faccio due considerazioni – comincia Belli – e la prima che mi viene in mente è che sono arrivato per tre volte terzo allo Svizzera e una volta al Delfinato e nei primi tre casi uscivo dal Giro d’Italia. In quegli anni infatti, chi usciva bene dal Giro, andava in Svizzera e sfruttava la coda della condizione. C’era il confronto scontro tra chi doveva fare il Tour e chi veniva dal Giro.
«Ricordo che nel 2001 Simoni vinse il Giro e arrivò secondo allo Svizzera, dietro Armstrong che puntava al Tour. Io arrivai terzo, fu l’anno che mi squalificarono dal Giro e anche quello della presunta positività di Armstrong che fu coperta. Non credo che oggi qualcuno che ha fatto classifica al Giro d’Italia vada in Svizzera con lo stesso obiettivo. Mi pare che ci sarà Frigo e magari se ne servirà per fare un salto di qualità. Se ci scappasse un bel piazzamento fra i primi cinque, sarebbe già tanta roba».
Niente Giro per Hindley quest’anno, ma classiche, Delfinato e TourNiente Giro per Hindley quest’anno, ma classiche, Delfinato e Tour
Per parecchio tempo, chi puntava deciso sul Tour evitava di spremersi nelle corse di vigilia. E’ ancora così?
Sì, ma fino a un certo punto. Nel senso che essendo cambiata un po’ la programmazione dei corridori, non hanno bisogno della corsa per trovare la condizione. Per cui sicuramente qualcuno proverà la gamba e chi magari è già al top si può anche nascondere.
La corsa non è più indispensabile?
Mentre prima scendevi dall’altura e avevi bisogno di correre per fare ritmo, adesso i corridori scendono dall’altura e arrivano alle corse che sono già pronti. Vi faccio l’esempio di Thomas che subito prima del Giro ha fatto il Tour of the Alps, ma quasi non lo abbiamo visto. Con la tecnologia, la preparazione e la metodologia di adesso, sanno già a che percentuale di condizione sono. Per cui ci sta che qualcuno al Delfinato si nasconda.
Il vincitore dell’ultimo Giro lo scorso anno andò al Tour vincendo il Delfinato. Si ritirò per una cadutaThomas ha preparato il Tour 2022 vincendo lo Svizzera. In Francia arrivò terzoIl vincitore dell’ultimo Giro lo scorso anno andò al Tour vincendo il Delfinato. Si ritirò per una cadutaThomas ha preparato il Tour 2022 vincendo lo Svizzera. In Francia arrivò terzo
Sfuggendo al confronto?
Qualcuno proverà anche a misurarsi con gli altri, ma non saranno confronti al 100 per cento. Se poi sei uno che non può vincere il Tour de France, allora ci sta che vai forte e ti porti a casa il Delfinato. Il Tour possono vincerlo in pochi, è giusto che altri cerchino gloria altrove.
Si dice che si va al Delfinato anche per fare l’abitudine al correre francese. E’ ancora così?
DI sicuro al Delfinato inizi a respirare un po’ il clima del Tour. Parlo di strade, hotel e tipologia di salite. Allo Svizzera le strade sono diverse, l’ambiente è diverso. Magari il contesto generale sembra quello di una corsa di dilettanti, però si va forte e magari trovi corridori che ormai conoscono molto bene il Tour e non hanno bisogno di correre sull’asfalto francese. Al confronto di quelle stradine, i percorsi dello Svizzera sono perfetti e la pedalata ne è condizionata.
Correre il Delfinato significa anche fare l’occhio al contesto francese in cui si correrà il TourCorrere il Delfinato significa anche fare l’occhio al contesto francese in cui si correrà il Tour
Sono così particolari le strade francesi?
Sono strette, bisogna conoscerle. Come la prima volta che vai in Belgio e non capisci bene. Sei sempre a tutta e vedi i corridori che passano sulla pista ciclabile, oppure strade larghe che di colpo diventano strette. Sono le situazioni che devi conoscere se vorrai fare il Tour per vincere.
Quando correvi tu, era raro trovare squadre italiane al Delfinato…
Perché andare in Svizzera era più comodo per tutti, mentre adesso si sono orientati tutti sul Delfinato. Anche perché c’è un altro aspetto che va tenuto in considerazione: il Delfinato è organizzato dagli stessi del Tour, quindi c’è da considerare anche l’aspetto diplomatico. E poi finisce una settimana prima dello Svizzera, lasciandoti più tempo per lavorare.
Pogacar fa ancora una volta eccezione: correrà il Giro di Slovenia, lontano dai rivali del TourPogacar fa ancora una volta eccezione: correrà il Giro di Slovenia, lontano dai rivali del Tour
Non si è ancora ben capito che cosa farà Bernal: se lo porteranno al Tour e dove correrà alla vigilia.
Forse un corridore come Egan, che rientra senza conoscere le sue condizioni, farebbe meglio a evitare il Delfinato. Neanche lui sa come stia, io eviterei i confronti più severi. Però magari lo portano al Tour per puntare alle tappe.
Perché invece Pogacar si preparerà al Giro di Slovenia?
Perché va forte e non ha bisogno di confronti diretti. Ormai sa quali sono le sue qualità e la sua forza. La corsa in Slovenia gli dà comunque morale, corre senza tirarsi troppo il collo e non si stressa a livello mentale. Non è che dormirà a casa sua, però vedere il tuo pubblico ti può dare la carica. Avete visto al Giro che belli erano i tifosi di Roglic?
E’ solamente un anno, ma sembra un’altra vita. Tornando indietro con la memoria riemerge la storia di Ben O’Connor, approdato quasi per caso all’AG2R Citroen più per una scommessa personale del suo team manager Vincent Lavenu, quando l’australiano faticava trovare un ingaggio e cominciava anche a pensare di dedicarsi ad altro. Oggi O’Connor è considerato una delle grandi alternative al duopolio Pogacar-Roglic (con Vingegaard a supporto di quest’ultimo) per il prossimo Tour de France.
E’ cambiato tutto. O’Connor si è trasformato da bruco in farfalla alla scorsa Grande Boucle, risalendo prepotentemente la classifica con una lunga fuga e poi lottando da pari a pari con i grandi fino al quarto posto finale. Ma quello che poteva essere un approdo è solo un passaggio, perché proprio da quel risultato è nato un O’Connor nuovo, che non si accontenta più.
O’Connor affranto dopo la vittoria a Tignes che lo ha rilanciato al Tour ’21O’Connor affranto dopo la vittoria a Tignes che lo ha rilanciato al Tour ’21
La carica grazie a Hindley
All’ultimo Giro del Delfinato si è avuta chiara la sensazione che l’australiano mira in alto. E’ stato l’unico a dare realmente battaglia alla coppia della Jumbo Visma, a cedere nel finale contro Roglic e Vingegaard portando comunque a casa un prezioso terzo posto finale e questo podio ha un valore molto importante per lui.
«Ho cambiato la mia visione delle cose e voglio puntare in alto – ha dichiarato dopo la corsa francese – vedere Hindley in rosa, il mio connazionale e amico tante volte compagno di uscite a Perth mi ha dato una gran carica. E’ ora di raccogliere nel WorldTour i frutti del grande lavoro svolto».
Che fosse un O’Connor nuovo, degno esponente di quel ciclismo australiano sempre più forte nelle corse a tappe con lui, Hindley e anche Jack Haig pronti a prendersi tutto, si era capito alla Volta a Catalunya, dove aveva conquistato la maglia di leader. La prima per lui, ma anche la prima per il team dal 2014, il che la dice lunga del valore dell’impresa. Poi le cose non sono finite bene e alla fine O’Connor è retrocesso al 6° posto finale.
«E’ stato per un mio errore nell’ultima tappa e mi dispiace molto aver vanificato tutto in una frazione di salita. Ma era la prima volta che indossavo una maglia di leader, né io né i miei compagni sapevamo bene come muoverci. E’ un errore che non commetteremo più».
Due vittorie in stagione per l’australiano, in Catalogna e al Tour du JuraDue vittorie in stagione per l’australiano, in Catalogna e al Tour du Jura
A disposizione degli altri
Che sia un O’Connor completamente nuovo lo testimonia anche chi sta imparando a conoscerlo bene e a condividerne le gesta, il suo compagno di colori Andrea Vendrame.
«Di corse insieme ne abbiamo fatte ancora poche – ammette – magari condivideremo l’avventura del prossimo Tour dove sono prima riserva dopo aver corso il Giro. E’ un ragazzo molto tranquillo e gentile, ma questo non deve ingannare perché è molto ambizioso e concentrato su quel che vuole. Dopo il 4° posto al Tour è cambiato e ragiona da vero leader in squadra, ma ciò non toglie che non abbia perso la sua umiltà. Vi racconto un aneddoto: io ho corso con lui al Giro del Lussemburgo e nella prima tappa lui puntava alla classifica, ma si è messo a mia disposizione nelle fasi finali».
In che cosa si vede il suo cambiamento? «Pur essendo ancora giovane, visto che ha solo 25 anni, guida la squadra con fare molto deciso. Soprattutto ha un occhio vigile su tutto quel che avviene in corsa e muove i compagni di conseguenza. Guarda quello che fanno le altre squadre, gli altri capitani, impara e prepara le contromosse. Tecnicamente sta migliorando molto, va molto forte in salita ma tiene in pianura e se cresce a cronometro diventerà davvero un big per i grandi giri».
Ben insieme a Vingegaard e Roglic, podio del Delfinato: si ripeterà al Tour?Ben insieme a Roglic sul podio del Delfinato: si ripeterà al Tour?
O’Connor più forte del 2021
Vendrame è convinto che l’O’Connor attuale sia superiore a quello del quarto posto 2021: «Non ho alcun dubbio, lo sa lui e lo sanno anche gli avversari. Lo sanno anche i dirigenti dell’AG2R Citroen, infatti hanno costruito una squadra per il Tour che sarà completamente dedita alla sua causa, non ci saranno altre punte né obiettivi se non quello di supportarlo per un grande risultato. Poi comunque sarà la corsa a decidere i target e come ottenerli».
In caso venisse chiamato in causa, Vendrame si farà trovare pronto, altrimenti fari puntati sulla Vuelta, ma chiaramente ogni tanto il pensiero va ancora a quella maledetta tappa di Castelmonte del Giro d’Italia, dove poteva giocarsi la vittoria ma all’ultima curva è partito per la tangente per la sbandata di un avversario.
«Ma non crediate che sia rammaricato più di tanto, anzi sono felice che le cose non siano andate peggio, perché ho corso davvero un grave pericolo in quella situazione. So che Bouwman non lo ha fatto apposta, ma potevamo davvero farci male. Comunque è stato un buon Giro, io a riguardare il tutto sono soddisfatto, ora vediamo che cosa mi attende».
Campioni diversi, avvicinamenti diversi. Come mai Roglic ha scelto di passare per il Delfinato, che ha vinto, mentre Pogacar arriverà al Tour attraverso lo Slovenia? Il tema si presta a ragionamento, che in questa fase della stagione è basato su ipotesi e pensieri in attesa della prova dei fatti.
«Una scelta curiosa di percorsi diversi – dice Adriano Malori, compagno in questo viaggio fatto di considerazioni – indice di come si sentano i due. Roglic doveva trovare la condizione e aveva bisogno di conferme. Dei due, psicologicamente è il più fragile. Basti ricordare la crono del 2020. Pogacar invece è andato in Slovenia, trovando un livello più basso. Lui non fa una piega. Il primo giorno gli è bastato fare uno starnuto e si sono trovati in fuga a 60 chilometri dall’arrivo. Ieri invece nel gruppo di testa c’era ancora Groenewegen, si vede che non era un gran passo. Puoi fare un discorso come Pogacar, solo quando hai la certezza di essere Pogacar, quindi hai la tranquillità di non confrontarti subito e lo stress in corsa è la metà».
Il livello del Giro di Slovenia non è quello di Delfinato e Svizzera. Qui esulta dietro Novak per la vittoria di MajkaIl livello del Giro di Slovenia non è quello di Delfinato e Svizzera. Qui esulta dietro Novak per la vittoria di Majka
C’è anche un fatto di tempi, Roglic non rischia di arrivare scarico alla terza settimana?
Quello non credo, l’anno scorso si è ritirato, ma è arrivato forte a Tokyo e ha vinto le Olimpiadi della crono. A primavera è rimasto tanto fermo per il ginocchio e questo lo ha costretto a ripartire dal Delfinato, mentre l’anno scorso aveva fatto le classiche. Piuttosto… Questa cosa del ginocchio sarà vera?
Non ci credi?
Secondo me il fastidio c’era, ma lo hanno ingigantito per dargli modo di non correre tanto e lavorare gradualmente. Secondo me sta provando a raggiungere il primo picco al Tour, vista la differenza di quasi 10 anni con Pogacar. Questo potrebbe essere il suo ultimo anno a un certo livello, perché comunque ne ha già 33. E allora potrebbe aver deciso di puntare tutto sul Tour, sacrificando il resto. E’ dall’inizio dell’anno che non è il solito Roglic.
Il dolore al ginocchio è venuto fuori ai Paesi Baschi: ma se faceva così male, perché finire la corsa?Il dolore al ginocchio è venuto fuori ai Paesi Baschi: ma se faceva così male, perché finire la corsa?
Da cosa lo hai visto?
Alla Parigi-Nizza non avrebbe vinto senza avere accanto Van Aert. E ai Paesi Baschi, se davvero hai quel problema al ginocchio, sapendo cosa rischi, perché finirlo e non fermarsi subito per curarlo? Detto questo, condivido appieno la sua scelta. L’altro va come un aereo e ha 10 anni di meno, giusto provarle tutte per batterlo.
Quindi al Delfinato ha continuato a lavorare?
In qualche momento ho avuto la sensazione che stesse usando la corsa per prepararsi. Nell’ultima tappa con Vingegaard gli è mancato il recupero. E a meno che non sia pretattica, mi viene da pensare che il danese sia già al top, mentre Primoz stia crescendo. Però in faccia non l’ho mai visto morto. Sono abbottonati, non fanno trapelare nulla…
Intanto l’altro sembra più lieve.
Pogacar non è tipo che soffra la pressione o abbia l’ansia di sapere come stia il rivale.
Per Pogacar, avvicinamento tranquillo nella corsa di casa, alla larga da confronti troppo severiPer Pogacar, avvicinamento tranquillo nella corsa di casa, alla larga da confronti troppo severi
Si dice che vincere il Delfinato puntando al Tour sia un rischio.
Però Armstrong, poi Wiggins e Froome lo hanno vinto anche prima. Dipende da come ti gestisci e quanto margine pensi di avere rispetto agli avversari. La corsa di avvicinamento va scelta in base a come ti senti e quello di cui hai bisogno. Se ti serve condizione, vai a Delfinato e Svizzera. Io li ho fatti entrambi e sono stancanti, la Francia più della Svizzera. E’ un mini Tour, pieno di francesi cattivi come bestie. Io staccavo ad aprile, soffrivo le prime tappe, crescevo, poi facevo un periodo di stacco e andavo al Tour.
A Roglic conviene fare un mini Tour prima del Tour?
Bisogna considerare che ha meno stress di tutti, perché con una squadra come quella, nessuno va a rompergli le scatole. E poi magari dopo i Baschi è stato per due settimane senza toccare la bici, può aver preso un paio di chili… Il bello di questa fase è che si vive di supposizioni!
Al Delfinato, Roglic senza stress grazie a compagni forti come Vingegaard, Van Aert e KruijswijkAl Delfinato, Roglic senza stress grazie a compagni forti come Vingegaard, Van Aert e Kruijswijk
Puoi fare come Pogacar, se sei certo di essere Pogacar…
Di fatto la sola corsa che ha steccato quest’anno è stata la Freccia Vallone, ma c’era già in ballo il problema della nonna della ragazza. Al Fiandre ha perso per un fatto di tattica, ma per il resto non ha sbagliato un solo appuntamento. Non ha avuto un solo episodio nella sua carriera che l’abbia fatto dubitare di se stesso. Bisognerà vedere come reagirà il giorno che avrà una crisi vera.
Peccato che gli italiani stentino…
Il ciclismo italiano non è in crisi, si è semplicemente alzato il livello degli altri. Ma non è che altrove stiano meglio. La Slovenia domina. Il Belgio ha Remco e Van Aert. L’Olanda ha Van der Poel. La Francia ha mezzo Alaphilippe e qualche lampo di Gaudu, mentre Pinot non va avanti. La Colombia non ha più l’abbondanza di prima. E noi abbiamo appena capito che Nibali sta per smettere. Siamo bravi a darci mazzate da soli, ma Nibali vale quanto Pogacar. Solo che non l’abbiamo mai apprezzato. Trovatemi sennò uno che abbia vinto Giri e classiche come lui…
Tadej Pogacar vince il secondo Tour con 21 giorni da campione. Con Martinello concludiamo il viaggio francese analizzando la sua corsa e quella dei rivali
Dopo il Delfinato, chiuso anzitempo durante l’ottava tappa (in apertura si scalda al via di una delle tante frazioni di montagna), e prima dei campionati italiani, Oliviero Troia è a casa per recuperare le forze. Sullo sfondo si riconosce la voce del figlio Giulio, che ha compiuto un anno a marzo. In Puglia, “Olly” avrà il suo bel da fare, dovendo lavorare per Covi e Formolo. Il giorno sarà caldo e di gregari italiani in squadra non ce ne sono altri.
Quello in corso è il sesto anno al UAE Team Emirates, una squadra che dal suo arrivo ha cambiato decisamente direzione e pelle. Al punto che per un granatiere come lui non c’è stato ancora posto fra Giro e Tour, per i quali s’è scelta da un pezzo la linea degli scalatori.
«Il mio periodo – dice – sarebbero state le classiche del Belgio. Anche questa è stata una stagione particolare fra Covid e cadute. In Belgio ho sempre lavorato per Trentin, dal Fiandre alla Roubaix, facendo anche il lavoro in partenza. E nei momenti giusti ci si è messa la sfortuna. Alla Roubaix ero davanti con Matteo nella Foresta di Arenberg, ma ho bucato e ho dovuto farla tutta con la ruota a terra. E quando ho cambiato la ruota, la corsa era già lontana».
Alla Roubaix era in testa con Trentin nell’Arenberg, poi ha bucato e addio sogni…Alla Roubaix era in testa con Trentin nell’Arenberg, poi ha bucato e addio sogni…
Molano provocato
Dopo le classiche, lo hanno assegnato al treno di Molano, che però al Delfinato si è fatto squalificare per aver dato una manata a Hugo Page nella sesta tappa.
«Sinceramente – ammette – non ho assistito alla scena. Quel giorno ho tirato per lo sprint e poi mi sono rialzato. Posso però dire che già due giorni prima, Page fece un’entrata su Molano facendolo quasi cadere e lui gli disse di stare attento. In televisione la provocazione non si vede, perché le immagini iniziano dal momento in cui è il nostro a reagire. Ma quel giorno sicuramente si è spaventato e il suo gesto in corsa è stato per difesa. Sono cose che non si fanno, ma anche l’altro non si è comportato da santarellino. Rischiare di cadere a 75 all’ora può rendere nervosi...».
Al Delfinato con Molano, di cui Troia sta diventando punto di riferimento
A Gap, 6ª tappa del Delfinato, Molano vince la volata del gruppo inseguitore, poi viene squalificato
Obiettivo contratto
Quel che manca al momento sono fortuna e fiducia, che camminano spesso a braccetto quando sai di dover rinnovare il contratto e non riesci a fare quel che vorresti.
«Il fatto di non andare al Tour – dice – poteva essere prevedibile, perché Pogacar ha bisogno di scalatori e in squadra c’è la rincorsa per partecipare. Chi va in Francia lo sa da tempo, in modo da poter impostare la preparazione. Mi è dispiaciuto non fare il Giro, questo devo ammetterlo, e spero a questo punto di poter andare alla Vuelta. Il discorso del contratto? Spero di rimanere e di poterlo rinnovare».
Nella tappa di Laval alla Boucle de la Mayenne, Molano abbraccia Troia dopo la vittoriaNella tappa di Laval alla Boucle de la Mayenne, Molano abbraccia Troia dopo la vittoria
Basta sfortuna
Per questo sarà importante dare una bella sterzata al resto della stagione. Dopo i campionati italiani, il ligure andrà perciò in altura e da lì inizierà a ragionare sul calendario, che lo vedrà in primis impegnato al Giro di Vallonia di fine luglio.
«Bisogna che gli astri si allineino nel modo giusto – dice – perché la condizione ce l’ho. Al Tro Bro Leon ero davanti, ma ho avuto problemi alla bici ai meno 20 e non sono riuscito a rientrare. Ora mi hanno affiancato a Molano e la cosa potrebbe funzionare. Perciò adesso sarà importante fare un bel lavoro agli italiani e poi avere un bel programma per la seconda metà. So quello che posso dare, mi piace quando ho il mio spazio. Serve solo che le cose girino nel verso giusto».
Le cadute di Pogacar e di Milan e il loro ritorno all'efficienza aprono una finestra sul lavoro dei fisioterapisti. Ne parliamo con Del Gallo, del team UAE
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Quarto in un Delfinato corso alla velocità della luce, subito dietro Roglic, Vingegaard e O’Connor, gente da Tour in rotta sul Tour: quanto vale il risultato di Damiano Caruso? In attesa di scoprire i verdetti del Giro di Svizzera e di quantificare la forza di Pogacar in Slovenia, in che modo procede il cammino del siciliano verso la Francia?
Lo abbiamo chiesto nuovamente a Paolo Artuso, capo dei preparatori al Team Bahrain Victorious, che a breve raggiungerà Caruso sull’Etna per un altro step di preparazione.
«E’ andato bene – spiega – con i numeri che ci aspettavamo. Al Romandia c’era stata una flessione nell’arrivo in salita, quindi non era riuscito a fare la classifica che volevamo. Per cui ci siamo fermati, Damiano ha staccato la spina per un periodo di recupero, poi è andato direttamente al Teide per i consueti 15 giorni di lavoro in altura. Solo che quest’anno abbiamo cambiato metodo…».
Vale a dire?
Abbiamo intrapreso la via del Block Training, l’allenamento diviso in blocchi. Per cui sul Teide si è fatta tanta base, mentre per l’intensità si è scelto il Delfinato, dove Caruso è andato meglio del previsto.
Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchiDa quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi
Block training, come funziona
Per capire meglio, l’allenamento a blocchi è suddiviso in una serie di fasi orientate al miglioramento di uno specifico elemento della prestazione. La differenza principale è quindi la composizione di ogni blocco in base a quello che si vuole raggiungere. Le fasi tipiche sono l’accumulo, la trasformazione e la realizzazione.
L’accumulo è un periodo di volume elevato a bassa intensità, in cui l’atleta costruisce la base per il resto del suo allenamento. Nella trasformazione aumenta l’intensità mentre diminuisce il volume e l’atleta si concentra sulle caratteristiche che desidera sviluppare. La realizzazione è la fase di picco, quando l’atleta raggiunge le massime prestazioni. Il volume è basso per consentire al corpo di riprendersi, ma l’intensità è alta per portare l’organismo al massimo livello di forma fisica possibile.
Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lìRoglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Cosa ha fatto dunque Caruso sul Teide?
Prima il solito adattamento, anche se con lui serve meno rispetto alla prima altura dell’anno. Per questo ha iniziato subito a lavorare, senza particolari sessioni specifiche. La prima settimana sono venute fuori 25 ore, nella seconda sono state 28. Niente di esagerato. Di diverso rispetto agli anni scorsi, c’è che anche in allenamento ora diamo il pieno supporto sul piano della nutrizione, come in gara.
Anche Caruso è seguito dal dottor Moschetti?
Esatto, Nicola Moschetti. Anche in allenamento i corridori vengono assistiti sul piano della nutrizione, del recupero, del sonno e della prestazione. Per cui non si tratta solo di mettere insieme una settimana ben fatta, ma si ragiona in termini di consistenza di tutto l’anno. Non andiamo a cercare il peso ideale, perché sarà conseguenza diretta di queste abitudini.
Se il Teide è stato la fase dell’accumulo, il Delfinato è servito per trasformare?
Ha corso sempre al massimo, anche perché parlare di lavori specifici a quelle andature è abbastanza impossibile. Quando conosci le lunghezze delle salite, è anche facile determinare il ritmo giusto per salire, il cosiddetto “pacing”. Per cui nella tappa di ieri, volendo salvare la classifica, a un certo punto Damiano si è lasciato sfilare (è arrivato 6° a 55″ da Vingegaard e Roglic, ndr). Avrebbe potuto tenere duro e per il grande motore che ha, avrebbe fatto un fuorigiri, ma avrebbe compromesso la classifica. Invece così facendo, ha salvato il quarto posto finale. Stesso discorso per la crono.
Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla beneOttavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo a 1’25” da Ganna e meno di un minuto da Roglic.
Avevamo stabilito di farla a 390 watt, l’ha fatta a 392. Ci lavoriamo sopra bene da maggio. Era una crono lunga, intorno ai 35-36 minuti, ed era tutta piatta. Uno come lui, che ha nella potenza alla soglia la sua arma migliore, si è trovato avvantaggiato.
Come si passa alla terza fase?
Adesso tre giorni di recupero, fra viaggio e riposo vero e proprio. Poi da sabato, Damiano andrà sull’Etna e lo raggiungerò anche io per fare lavori dietro moto ad alta intensità e arrivare pronti al Tour. Nella prima settimana, oltre alla difficoltà di gara, ci sarà da farsi il segno della croce...
Siamo vicini alla condizione del Giro 2021?
Credo che al Tour avremo lo stesso Caruso, per potenza e peso, un atleta che quest’anno è stato competitivo in tutte le corse cui è andato.
Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chiliDamiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
E’ facile ritrovare la forma perfetta? Guardavamo Kruijswijk e non è più sembrato quello del Giro 2016…
Nel suo caso secondo me si dovrebbe parlare di un diverso ruolo in squadra e di qualche infortunio. Lui probabilmente ha gli stessi numeri, ma in una squadra così forte fanno turnover e deve lavorare forte per i suoi leader. Ieri infatti ha fatto un lavoro pazzesco.
Che differenze ci sono fra allenarsi sul Teide e sull’Etna?
L’Etna è leggermente più basso. A livello di strade a Tenerife sono mediamente più dure, mentre in Sicilia ci si può allenare anche in pianura. Il meteo in questa stagione è buono in entrambi i casi, anzi forse l’Etna è più caldo. La logistica degli hotel è buona, forse in Sicilia si mangia troppo bene (sorride, ndr). Per contro, sabato Caruso prenderà la macchina e in un paio d’ore sarà al Rifugio Sapienza, senza tutti i voli che servono per arrivare sul Teide.
Risalite in cima sempre in bici?
Con lui che è scalatore, sempre. Si fanno lavori fino ai 1.200 metri di quota, perché si riesce a replicare l’intensità di gara. Invece sopra i 1.500 comincia a cambiare tutto e il carico esterno inizia a diminuire di un tot ogni 100 metri di quota. Per cui oltre una certa quota, si va senza lavori precisi.
Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spinaCaruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Dall’Etna passaggio ai campionati italiani e poi Tour?
Purtroppo Caruso non farà l’italiano, per una questione logistica. Abbiamo valutato la situazione e il fatto che avremmo due soli corridori su un percorso che non gli si addice. Ci sarebbero Damiano e Zambanini, Milan è ormai prossimo al rientro ma il dottore suggerisce prudenza. E di Colbrelli sappiamo la situazione.
Soddisfatto del Delfinato, allora?
Molto, arriviamo giusti al Tour. Avremo davanti quei 2-3 corridori di un altro pianeta, poi però ci siamo anche noi. Damiano avrebbe potuto fare un grande Giro d’Italia, ho provato fino all’ultimo a convincerlo. Ma vedrete che anche al Tour non sarà affatto male…
Roglic, in maglia gialla al Delfinato, non vede l’ora di mettere mano anche all’ultima tappa, oggi appunto, per capire se potrà portarsi a casa la classifica finale. E se ieri Carlos Verona è riuscito a resistere alla sua rincorsa, sarà difficile che sia il compagno Vingegaard a impensierire lo sloveno, che sta lentamente tornando ai suoi livelli. Anche se proprio Roglic, prima di salutare i giornalisti, ha voluto schiudere una porta su questa eventualità.
Il Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenzaIl Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenza
Rispetto per Verona
Difficile dire se ieri non abbia spinto a fondo per lasciare la vittoria allo spagnolo della Movistar, di certo la sensazione è che non lo abbia mai neppure visto. Oppure, memore della crocifissione per aver ripreso e battuto Mader lo scorso anno alla Parigi-Nizza, Roglic potrebbe aver semplicemente evitato di spingere al massimo.
«Ovviamente volevo vincere la tappa – ha detto dopo l’arrivo – ma non era quello l’obiettivo principale. L’obiettivo principale era riprendere il ritmo. Anche la squadra è stata super forte. Alla fine ci siamo andati molto vicini, ma Carlos Verona si meritava di vincere».
All’arrivo lo ha abbracciato a lungo. E lo scuotere del capo di Vingegaard sul traguardo, dopo il duro lavoro per lanciare il capitano, fa pensare che una vittoria non sarebbe dispiaciuta.
Carlos Verona ha così centrato a Vaujany la prima vittoria da pro’ dopo 11 anni di carriera
Nella fuga che è poi andata all’arrivo, con Rolland in maglia a pois, c’era anche Matteo Fabbro
Carlos Verona ha così centrato a Vaujany la prima vittoria da pro’ dopo 11 anni di carriera
Nella fuga che è poi andata all’arrivo, con Rolland in maglia a pois, c’era anche Matteo Fabbro
Avvicinamento complicato
L’avvicinamento non è stato dei migliori, lo abbiamo già detto. Il ginocchio lo ha fatto tribolare, tanto che il suo allenatore è stato ben attento ad evitare interviste, rispettando la cortina di silenzio imposta dal Team Jumbo Visma. Tuttavia a partire dal ritiro di Sierra Nevadale cose hanno ripreso a girare nel modo giusto.
Durante la tappa lo si è visto provare la gamba e persino fare quelli che in certi momenti sono parsi dei lavori di forza. Di sicuro, quando il suo gruppo è arrivato all’attacco della salita di Vaujany, la pedalata è tornata agile e potente in tempo per l’attacco.
«In realtà – ha proseguito Roglic – mi sono davvero divertito. Ero già stato qualche anno fa da queste parti e vinsi una tappa. Ora siamo passati dall’altra parte della stessa valle e m’è sembrata ugualmente dura. E’ stata una bella prestazione. E’ andata bene, ho ritrovato le sensazioni giuste».
Van Aert ha passato bene il Galibier, poi ha ceduto il passo sulla Croix de Fer, come aveva previsto
La Jumbo Visma ha scortato Van Aert fino a che ha retto, poi ha lavorato per Roglic
Van Aert ha passato bene il Galibier, poi ha ceduto il passo sulla Croix de Fer, come aveva previsto
La Jumbo Visma ha scortato Van Aert fino a che ha retto, poi ha lavorato per Roglic
Resa Van Aert
La staffetta in casa Jumbo Visma era prevedibile, anche se Van Aert ha provato a tenere duro fino alla Croix de Fer, almeno fino a quando il ritmo in testa al gruppo lo ha fatto la sua squadra. E di colpo tanti ragionamenti sulle sue attitudini in salita sono tornati nei vari cassetti.
«Quando la Groupama ha iniziato ad accelerare – ha dovuto ammettere il campione belga – per me è diventata dura. Sapevo dal via che se avessi avuto difficoltà sulla Croix de Fer, non avrebbe avuto senso lottare alla morte per difendere la maglia, perché in ogni caso mi sarei staccato sulla salita finale. Così non ho neanche cercato di limitare i danni. Penso che ora dovremo cercare di ottenere la vittoria assoluta con Primoz. Ci vorrà molto impegno, ma saremo tutti con lui».
L’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima provaL’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima prova
Sponda a Vingegaard
A questo punto non resta che aspettare il tappone di oggi, che chiuderà la corsa. E capire se i 44 secondi che dividono Roglic da Vingegaard siano un tesoretto che lo sloveno difenderà o se invece, non volendo forzare troppo i tempi della ripresa, potrebbe lasciare via libera al danese in caso di difficoltà.
«Oggi il più forte ha fatto girare la squadra – ha detto ieri a proposito del compagno – e possiamo essere leader sia io che Jonas. Più forti siamo, più forte è il team. Tutti possiamo trarne vantaggio. Resta la tappa regina. Me ne sono successe tante nelle tappe finali negli ultimi anni, vedremo come va. Finché la maglia gialla rimarrà nella nostra squadra, saremo tutti contenti. Io sono venuto qui per riprendere fiducia ed è stato importante. Mi sento sempre meglio ogni giorno, anche durante la cronometro. Dopo una settimana così intensa, sarò pronto per il Tour de France».
La maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiduciaLa maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiducia
Il suo rivale dichiarato, il connazionale Pogacar, ha scelto di arrivare al Tour passando per la corsa di casa: il Giro di Slovenia che inizierà mercoledì prossimo. E se non ci sono dubbi che vi arriverà bene, la tappa di ieri al Delfinato ha fugato dubbi importanti sulla consistenza di Roglic. Che aveva già previsto di correre meno a primavera per arrivare più fresco alla sfida di luglio, ma forse nemmeno lui pensava che ci sarebbe arrivato con più giorni dello scorso anno e finalmente senza dubbi sulle sue capacità.
Glielo chiedono tutti: vincerà il Delfinato? Van Aert però non abbocca. Un po’ perché è realista e un po’ perché se anche lo pensasse, non verrebbe mai a dirlo. Così getta acqua sul fuoco e probabilmente ha ragione.
«Impossibile – ha detto ieri dopo l’ennesima vittoria – questo minuto di vantaggio sparirà sabato in men che non si dica. Il Galibier, la Croix-de-Fer… Non sono pane per i miei denti. Certamente no, soprattutto se gli uomini di classifica faranno la corsa. In tappe come sabato e domenica giocheremo le carte Roglic e Jonas Vingegaard (in apertura Wout è proprio con il giovane danese, ndr)».
Dopo la crono, altra tappa in volata per Van Aert a Chaintre
Per le tappe di montagna dei prossimi giorni, la Jumbo Visma si affiderà a Roglic?
Dopo la crono, altra tappa in volata per Van Aert a Chaintre
Per le tappe di montagna dei prossimi giorni, la Jumbo Visma si affiderà a Roglic?
Forse un giorno
Eppure il tema resta sul tavolo. E mentre ad esempio Ganna fa di tutto per starne lontano, Van Aert che pure ne condivide l’imponenza (pur con 2 centimetri e 5 chili di meno), si lascia tentare.
«Forse un giorno ci proverò – ha detto – l’anno scorso alla Tirreno ho cercato di puntare alla classifica finale (arrivò secondo a 1’03” da Pogacar, ndr). E’ stato bello, ma per un corridore con il mio profilo, il Delfinato è una delle corse più difficili da vincere. Ci sono molte montagne. Alla Parigi-Nizza di solito c’è una sola e mi si addice di più. Anche la mia vittoria dell’anno scorso nella tappa del Ventoux non è una misura assoluta. Sono partito che avevo cinque minuti di vantaggio e alla fine ne era rimasto uno. Questo dice abbastanza…».
Ecco la celebre azione sul Mont Ventoux che lo scorso anno permise a Van Aert di vincere a MalauceneEcco l’azione sul Mont Ventoux che lo scorso anno permise a Van Aert di vincere a Malaucene
Meglio le tappe
Il bello di questi super atleti è che in apparenza possono fare tutto: girano il selettore su una nuova modalità e diventano imbattibili. Ma sarà sempre vero?
«Dovrei reimpostare i miei allenamenti – ha spiegato – il motivo per cui ho una buona posizione in classifica è perché ho ottenuto molti abbuoni negli sprint e sono andato forte nella crono. Ma se mi concentro di più sulla salita, perdo qualcosa allo sprint. Quindi meno abbuoni e meno potenza nelle crono. Ci sono pro e contro. E io a questo punto della mia carriera, preferisco puntare alle vittorie di tappa. Il Tour è dietro l’angolo. Voglio vincere le tappe e puntare alla maglia verde».
Nella crono di La Batie d’Urfe, Van Aert secondo ad appena 2″ da GannaNella crono di La Batie d’Urfe, Van Aert secondo ad appena 2″ da Ganna
Si corre per vincere
Quel che traspare è però una filosofia di corsa vincente, sul piano della prestazione e del conseguente impatto sul pubblico.
«Non ho particolari segreti – ha spiegato – mi alleno duramente e corro poco. Ma ogni volta che attacco il numero alla maglia, cerco di cogliere ogni opportunità alla mia portata. Anche per questo la squadra non vuole che corra troppo. Preferiscono che io sia forte e veloce quando serve. E quando corro, mi piace dare il 100 per cento. E’ davvero speciale essere lì ogni volta».
Così sul traguardo di Chastreix Sancy Gaudu ha beffato Van AertCosì sul traguardo di Chastreix Sancy Gaudu ha beffato Van Aert
Un bel regalo
Il ragazzo ha anche senso dell’ironia. E così, dopo aver spiegato tecnicamente la beffa subita da Gaudu (errore che ad Alaphilippe è costata una Liegi e a Zabel una Sanremo), ha strappato un sorriso alla platea.
«Mezza ruota di differenza con Gaudu – ha detto – nel momento in cui ho staccato le mani dal manubrio. Se anche fosse stato indietro di mezza bici, non sarebbe cambiato nulla. C’era vento contrario e anche forte e su un arrivo così in pendenza, è bastato che mi alzassi per perdere immediatamente velocità. Soprattutto con qualcuno che ti pedala a ruota. E’ stato ridicolo, gli ho fatto proprio un bel regalo. Guarderò ancora quelle foto, ma non troppo spesso. Sono curioso di vedere da dove sia spuntato effettivamente Gaudu. Non l’ho mai visto arrivare. Ho guardato alla mia sinistra e ho visto Lafay della Cofidis. E’ stato uno sprint allo sfinimento, non mi era rimasto molto. L’ho praticamente finito con gli occhi chiusi. E poi all’improvviso è saltato fuori lui».
Tobias Johannessen strappa un terzo posto dietro ai due marziani. Il vincitore dell'Avenir 2021 ha obiettivi in divenire in questo Tour. Intanto la Norvegia gode per il Tourmalet
Avuto il via libera martedì scorso, Van Aert è volato ad allenarsi in Spagna. Domenica correrà la Roubaix dopo attenti esami medici. Ma la gamba ci sarà?
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Quasi due mesi di assenza dalle gare, conditi anche da un pizzico di curiosità e mistero. Non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che il nome in questione è di quelli importanti. Andrea Bagioli, dopo la Freccia del Brabante (il 13 aprile) è rientrato solo il 5 giugno al Criterium del Delfinato.
Mentre è impegnato nella corsa dell’antica provincia francese al confine con l’Italia, abbiamo sentito il 23enne valtellinese della Quick Step-Alpha Vinyl (che oggi ha chiuso al settimo posto la quinta frazione vinta da Van Aert) per capire come sono cambiati i suoi programmi dopo lo stop.
Bagioli, qui con Roglic, nella 2ª tappa del Delfinato chiusa nel gruppo di testa. I segnali di ripresa sono buoni
Per Bagioli quella del Delfinato è stata la quinta cronometro (tra individuale e a squadre) disputata da pro’
Bagioli, qui con Roglic, nella 2ª tappa del Delfinato chiusa nel gruppo di testa. I segnali di ripresa sono buoni
Per Bagioli quella del Delfinato è stata la quinta cronometro (tra individuale e a squadre) disputata da pro’
Andrea dove eravamo rimasti?
All’Amstel e al Brabante in cui non stavo bene. La seconda non l’ho nemmeno finita. Dopo il Catalunya ero partito subito per il ritiro a Sierra Nevada ma dopo tre giorni lassù mi sono ammalato. Sono stato fermo qualche giorno, ma quando ho ripreso ad allenarmi mi sentivo sempre stanco. Infatti quelle due gare le ho fatte male. A quel punto abbiamo deciso che era meglio che mi fermassi per capire. Ho fatto due settimane senza toccare la bici e nel frattempo ho fatto un po’ di controlli.
Cosa è emerso?
Tutti gli esiti erano negativi. Non era il covid che già avevo preso a febbraio. Non era mononucleosi, i cui sintomi potevano farlo pensare. In pratica era solo tanta stanchezza. Mi portavo dietro gli strascichi della bronchite che hanno preso in tanti del gruppo dopo il Catalunya. Probabilmente non avevo smaltito a dovere quei residui.
Come li hai vissuti questi due mesi?
Dal punto di vista psicologico inizialmente ero preoccupato, specie dopo la Freccia del Brabante. Poi mi sono tranquillizzato dopo che ho fatto cinque giorni a casa di assoluto riposo. Vedevo che mi sentivo meglio, non mi svegliavo più spossato. Per il resto, oltre che per allenarmi, li ho sfruttati anche per stare con la famiglia e gli amici che in pratica vedo pochissimo.
Bagioli è pro’ dal 2020. Finora ha conquistato 5 vittorie, compresa una cronosquadre. Al Catulunya la prima nel WT…
Quel giorno per Andrea una vittoria allo sprint senza esultanza. Solo dopo il traguardò scoprirà di aver vinto
Bagioli è pro’ dal 2020. Finora ha conquistato 5 vittorie, compresa una cronosquadre. Al Catulunya la prima nel WT…
Quel giorno per Andrea una vittoria allo sprint senza esultanza. Solo dopo il traguardò scoprirà di aver vinto
Considerando la vita intensa che fate voi corridori, questi stop forzati possono fare bene?
Direi di sì, ammesso che non ci siano motivi più seri dietro. Queste pause ti possono aiutare a ricaricare le batterie, soprattutto a livello mentale. Siamo sempre lontano da casa, facciamo viaggi e trasferimenti lunghi. Ad inizio stagione corriamo al caldo, in Arabia o negli Emirati, con diversi fusi orari di differenza. Poi torniamo in Europa per preparare le classiche del Nord con climi decisamente più freddi. Tutto influisce. E poi, almeno nel mio caso, meglio fermarsi subito per non trascinarsi i problemi e risolverli in fretta.
Adesso invece a che punto sei?
Ho ripreso a correre qui al Delfinato, la gara nella quale tutti ritengono si va più forte durante la stagione. Insomma, un bel ritorno di fuoco (ride, ndr). Battute a parte, la condizione è buona. Avverto buone sensazioni in corsa. Significa che il lavoro fatto in altura al Passo del Bernina, vicino a casa, è andato bene.
Cosa ti aspetti dal Delfinato?
Innanzitutto devo ritrovare il ritmo. Sento che manca, anche se pensavo peggio. L’idea di questi giorni è quella di cercare una fuga giusta nelle prossime tappe e magari andare a caccia di una vittoria.
Bagioli ha aperto il 2022 al Saudi Tour. Poi altre 7 gare compreso il Delfinato
L’ italiano che si disputa in Puglia presenta un percorso nervoso. E bisognerà fare attenzione al vento
Al campionato italiano il circuito di Alberobello si affronterà 4 volte per gli ultimi 56,8 km di gara
Bagioli ha aperto il 2022 al Saudi Tour. Poi altre 7 gare compreso il Delfinato
L’ italiano che si disputa in Puglia presenta un percorso nervoso. E bisognerà fare attenzione al vento
Al campionato italiano il circuito di Alberobello si affronterà 4 volte per gli ultimi 56,8 km di gara
Ti vedremo quindi al Tour de France o direttamente alla Vuelta, che era già in programma?
Ho dovuto rivedere il mio calendario dopo la sosta. Le Ardenne e il Giro d’Italia erano obiettivi che sono saltati. Ovviamente il Tour mi piacerebbe farlo, ma ancora non abbiamo preventivato nulla. Vediamo come esco dal Delfinato. In ogni caso anche se dovessi correre solo la Vuelta prima ci sono tante gare a luglio e agosto in cui fare bene e trovare risultati.
A proposito di obiettivi, immaginiamo che il campionato italiano lo sia. D’altronde con il successo di Barcellona hai rotto il ghiaccio con le corse importanti…
Quella vittoria (settima ed ultima tappa della Volta a Catalunya, ndr) è stata una bella soddisfazione quanto inaspettata. Mi ha dato qualche consapevolezza in più nei miei mezzi. Ho visto l’altimetria del percorso degli italiani in Puglia e si addice molto alle mie caratteristiche. Ripeto, vediamo come esco dal Delfinato ma un pensierino ce lo sto facendo, eccome.