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O’Connor, l’australiano gentile punta forte sul giallo

19.06.2022
4 min
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E’ solamente un anno, ma sembra un’altra vita. Tornando indietro con la memoria riemerge la storia di Ben O’Connor, approdato quasi per caso all’AG2R Citroen più per una scommessa personale del suo team manager Vincent Lavenu, quando l’australiano faticava trovare un ingaggio e cominciava anche a pensare di dedicarsi ad altro. Oggi O’Connor è considerato una delle grandi alternative al duopolio Pogacar-Roglic (con Vingegaard a supporto di quest’ultimo) per il prossimo Tour de France.

E’ cambiato tutto. O’Connor si è trasformato da bruco in farfalla alla scorsa Grande Boucle, risalendo prepotentemente la classifica con una lunga fuga e poi lottando da pari a pari con i grandi fino al quarto posto finale. Ma quello che poteva essere un approdo è solo un passaggio, perché proprio da quel risultato è nato un O’Connor nuovo, che non si accontenta più.

O'Connor Tour 2021
O’Connor affranto dopo la vittoria a Tignes che lo ha rilanciato al Tour ’21
O'Connor Tour 2021
O’Connor affranto dopo la vittoria a Tignes che lo ha rilanciato al Tour ’21

La carica grazie a Hindley

All’ultimo Giro del Delfinato si è avuta chiara la sensazione che l’australiano mira in alto. E’ stato l’unico a dare realmente battaglia alla coppia della Jumbo Visma, a cedere nel finale contro Roglic e Vingegaard portando comunque a casa un prezioso terzo posto finale e questo podio ha un valore molto importante per lui.

«Ho cambiato la mia visione delle cose e voglio puntare in alto – ha dichiarato dopo la corsa francese – vedere Hindley in rosa, il mio connazionale e amico tante volte compagno di uscite a Perth mi ha dato una gran carica. E’ ora di raccogliere nel WorldTour i frutti del grande lavoro svolto».

Che fosse un O’Connor nuovo, degno esponente di quel ciclismo australiano sempre più forte nelle corse a tappe con lui, Hindley e anche Jack Haig pronti a prendersi tutto, si era capito alla Volta a Catalunya, dove aveva conquistato la maglia di leader. La prima per lui, ma anche la prima per il team dal 2014, il che la dice lunga del valore dell’impresa. Poi le cose non sono finite bene e alla fine O’Connor è retrocesso al 6° posto finale.

«E’ stato per un mio errore nell’ultima tappa e mi dispiace molto aver vanificato tutto in una frazione di salita. Ma era la prima volta che indossavo una maglia di leader, né io né i miei compagni sapevamo bene come muoverci. E’ un errore che non commetteremo più».

O'Connor Catalunya 2022
Due vittorie in stagione per l’australiano, in Catalogna e al Tour du Jura
O'Connor Catalunya 2022
Due vittorie in stagione per l’australiano, in Catalogna e al Tour du Jura

A disposizione degli altri

Che sia un O’Connor completamente nuovo lo testimonia anche chi sta imparando a conoscerlo bene e a condividerne le gesta, il suo compagno di colori Andrea Vendrame.

«Di corse insieme ne abbiamo fatte ancora poche – ammette – magari condivideremo l’avventura del prossimo Tour dove sono prima riserva dopo aver corso il Giro. E’ un ragazzo molto tranquillo e gentile, ma questo non deve ingannare perché è molto ambizioso e concentrato su quel che vuole. Dopo il 4° posto al Tour è cambiato e ragiona da vero leader in squadra, ma ciò non toglie che non abbia perso la sua umiltà. Vi racconto un aneddoto: io ho corso con lui al Giro del Lussemburgo e nella prima tappa lui puntava alla classifica, ma si è messo a mia disposizione nelle fasi finali».

In che cosa si vede il suo cambiamento? «Pur essendo ancora giovane, visto che ha solo 25 anni, guida la squadra con fare molto deciso. Soprattutto ha un occhio vigile su tutto quel che avviene in corsa e muove i compagni di conseguenza. Guarda quello che fanno le altre squadre, gli altri capitani, impara e prepara le contromosse. Tecnicamente sta migliorando molto, va molto forte in salita ma tiene in pianura e se cresce a cronometro diventerà davvero un big per i grandi giri».

O'Connor podio Delfinato 2022
Ben insieme a Vingegaard e Roglic, podio del Delfinato: si ripeterà al Tour?
O'Connor podio Delfinato 2022
Ben insieme a Roglic sul podio del Delfinato: si ripeterà al Tour?

O’Connor più forte del 2021

Vendrame è convinto che l’O’Connor attuale sia superiore a quello del quarto posto 2021: «Non ho alcun dubbio, lo sa lui e lo sanno anche gli avversari. Lo sanno anche i dirigenti dell’AG2R Citroen, infatti hanno costruito una squadra per il Tour che sarà completamente dedita alla sua causa, non ci saranno altre punte né obiettivi se non quello di supportarlo per un grande risultato. Poi comunque sarà la corsa a decidere i target e come ottenerli».

In caso venisse chiamato in causa, Vendrame si farà trovare pronto, altrimenti fari puntati sulla Vuelta, ma chiaramente ogni tanto il pensiero va ancora a quella maledetta tappa di Castelmonte del Giro d’Italia, dove poteva giocarsi la vittoria ma all’ultima curva è partito per la tangente per la sbandata di un avversario.

«Ma non crediate che sia rammaricato più di tanto, anzi sono felice che le cose non siano andate peggio, perché ho corso davvero un grave pericolo in quella situazione. So che Bouwman non lo ha fatto apposta, ma potevamo davvero farci male. Comunque è stato un buon Giro, io a riguardare il tutto sono soddisfatto, ora vediamo che cosa mi attende».

Roglic-Pogacar: avvicinamenti diversi. Come mai?

17.06.2022
5 min
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Campioni diversi, avvicinamenti diversi. Come mai Roglic ha scelto di passare per il Delfinato, che ha vinto, mentre Pogacar arriverà al Tour attraverso lo Slovenia? Il tema si presta a ragionamento, che in questa fase della stagione è basato su ipotesi e pensieri in attesa della prova dei fatti.

«Una scelta curiosa di percorsi diversi – dice Adriano Malori, compagno in questo viaggio fatto di considerazioni – indice di come si sentano i due. Roglic doveva trovare la condizione e aveva bisogno di conferme. Dei due, psicologicamente è il più fragile. Basti ricordare la crono del 2020. Pogacar invece è andato in Slovenia, trovando un livello più basso. Lui non fa una piega. Il primo giorno gli è bastato fare uno starnuto e si sono trovati in fuga a 60 chilometri dall’arrivo. Ieri invece nel gruppo di testa c’era ancora Groenewegen, si vede che non era un gran passo. Puoi fare un discorso come Pogacar, solo quando hai la certezza di essere Pogacar, quindi hai la tranquillità di non confrontarti subito e lo stress in corsa è la metà».

Il livello del Giro di Slovenia non è quello di Delfinato e Svizzera. Qui esulta dietro Novak per la vittoria di Majka
Il livello del Giro di Slovenia non è quello di Delfinato e Svizzera. Qui esulta dietro Novak per la vittoria di Majka
C’è anche un fatto di tempi, Roglic non rischia di arrivare scarico alla terza settimana?

Quello non credo, l’anno scorso si è ritirato, ma è arrivato forte a Tokyo e ha vinto le Olimpiadi della crono. A primavera è rimasto tanto fermo per il ginocchio e questo lo ha costretto a ripartire dal Delfinato, mentre l’anno scorso aveva fatto le classiche. Piuttosto… Questa cosa del ginocchio sarà vera?

Non ci credi?

Secondo me il fastidio c’era, ma lo hanno ingigantito per dargli modo di non correre tanto e lavorare gradualmente. Secondo me sta provando a raggiungere il primo picco al Tour, vista la differenza di quasi 10 anni con Pogacar. Questo potrebbe essere il suo ultimo anno a un certo livello, perché comunque ne ha già 33. E allora potrebbe aver deciso di puntare tutto sul Tour, sacrificando il resto. E’ dall’inizio dell’anno che non è il solito Roglic.

Il dolore al ginocchio è venuto fuori ai Paesi Baschi: ma se faceva così male, perché finire la corsa?
Il dolore al ginocchio è venuto fuori ai Paesi Baschi: ma se faceva così male, perché finire la corsa?
Da cosa lo hai visto?

Alla Parigi-Nizza non avrebbe vinto senza avere accanto Van Aert. E ai Paesi Baschi, se davvero hai quel problema al ginocchio, sapendo cosa rischi, perché finirlo e non fermarsi subito per curarlo? Detto questo, condivido appieno la sua scelta. L’altro va come un aereo e ha 10 anni di meno, giusto provarle tutte per batterlo.

Quindi al Delfinato ha continuato a lavorare?

In qualche momento ho avuto la sensazione che stesse usando la corsa per prepararsi. Nell’ultima tappa con Vingegaard gli è mancato il recupero. E a meno che non sia pretattica, mi viene da pensare che il danese sia già al top, mentre Primoz stia crescendo. Però in faccia non l’ho mai visto morto. Sono abbottonati, non fanno trapelare nulla…

Intanto l’altro sembra più lieve.

Pogacar non è tipo che soffra la pressione o abbia l’ansia di sapere come stia il rivale.

Per Pogacar, avvicinamento tranquillo nella corsa di casa, alla larga da confronti troppo severi
Per Pogacar, avvicinamento tranquillo nella corsa di casa, alla larga da confronti troppo severi
Si dice che vincere il Delfinato puntando al Tour sia un rischio.

Però Armstrong, poi Wiggins e Froome lo hanno vinto anche prima. Dipende da come ti gestisci e quanto margine pensi di avere rispetto agli avversari. La corsa di avvicinamento va scelta in base a come ti senti e quello di cui hai bisogno. Se ti serve condizione, vai a Delfinato e Svizzera. Io li ho fatti entrambi e sono stancanti, la Francia più della Svizzera. E’ un mini Tour, pieno di francesi cattivi come bestie. Io staccavo ad aprile, soffrivo le prime tappe, crescevo, poi facevo un periodo di stacco e andavo al Tour.

A Roglic conviene fare un mini Tour prima del Tour?

Bisogna considerare che ha meno stress di tutti, perché con una squadra come quella, nessuno va a rompergli le scatole. E poi magari dopo i Baschi è stato per due settimane senza toccare la bici, può aver preso un paio di chili… Il bello di questa fase è che si vive di supposizioni!

Al Delfinato, Roglic senza stress grazie a compagni forti come Vingegaard, Van Aert e Kruijswijk
Al Delfinato, Roglic senza stress grazie a compagni forti come Vingegaard, Van Aert e Kruijswijk
Puoi fare come Pogacar, se sei certo di essere Pogacar…

Di fatto la sola corsa che ha steccato quest’anno è stata la Freccia Vallone, ma c’era già in ballo il problema della nonna della ragazza. Al Fiandre ha perso per un fatto di tattica, ma per il resto non ha sbagliato un solo appuntamento. Non ha avuto un solo episodio nella sua carriera che l’abbia fatto dubitare di se stesso. Bisognerà vedere come reagirà il giorno che avrà una crisi vera.

Peccato che gli italiani stentino…

Il ciclismo italiano non è in crisi, si è semplicemente alzato il livello degli altri. Ma non è che altrove stiano meglio. La Slovenia domina. Il Belgio ha Remco e Van Aert. L’Olanda ha Van der Poel. La Francia ha mezzo Alaphilippe e qualche lampo di Gaudu, mentre Pinot non va avanti. La Colombia non ha più l’abbondanza di prima. E noi abbiamo appena capito che Nibali sta per smettere. Siamo bravi a darci mazzate da soli, ma Nibali vale quanto Pogacar. Solo che non l’abbiamo mai apprezzato. Trovatemi sennò uno che abbia vinto Giri e classiche come lui…

Troia, unico gregario UAE ai tricolori. E su Molano squalificato…

17.06.2022
4 min
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Dopo il Delfinato, chiuso anzitempo durante l’ottava tappa (in apertura si scalda al via di una delle tante frazioni di montagna), e prima dei campionati italiani, Oliviero Troia è a casa per recuperare le forze. Sullo sfondo si riconosce la voce del figlio Giulio, che ha compiuto un anno a marzo. In Puglia, “Olly” avrà il suo bel da fare, dovendo lavorare per Covi e Formolo. Il giorno sarà caldo e di gregari italiani in squadra non ce ne sono altri.

Quello in corso è il sesto anno al UAE Team Emirates, una squadra che dal suo arrivo ha cambiato decisamente direzione e pelle. Al punto che per un granatiere come lui non c’è stato ancora posto fra Giro e Tour, per i quali s’è scelta da un pezzo la linea degli scalatori.

«Il mio periodo – dice – sarebbero state le classiche del Belgio. Anche questa è stata una stagione particolare fra Covid e cadute. In Belgio ho sempre lavorato per Trentin, dal Fiandre alla Roubaix, facendo anche il lavoro in partenza. E nei momenti giusti ci si è messa la sfortuna. Alla Roubaix ero davanti con Matteo nella Foresta di Arenberg, ma ho bucato e ho dovuto farla tutta con la ruota a terra. E quando ho cambiato la ruota, la corsa era già lontana».

Alla Roubaix era in testa con Trentin nell’Arenberg, poi ha bucato e addio sogni…
Alla Roubaix era in testa con Trentin nell’Arenberg, poi ha bucato e addio sogni…

Molano provocato

Dopo le classiche, lo hanno assegnato al treno di Molano, che però al Delfinato si è fatto squalificare per aver dato una manata a Hugo Page nella sesta tappa.

«Sinceramente – ammette – non ho assistito alla scena. Quel giorno ho tirato per lo sprint e poi mi sono rialzato. Posso però dire che già due giorni prima, Page fece un’entrata su Molano facendolo quasi cadere e lui gli disse di stare attento. In televisione la provocazione non si vede, perché le immagini iniziano dal momento in cui è il nostro a reagire. Ma quel giorno sicuramente si è spaventato e il suo gesto in corsa è stato per difesa. Sono cose che non si fanno, ma anche l’altro non si è comportato da santarellino. Rischiare di cadere a 75 all’ora può rendere nervosi...».

Obiettivo contratto

Quel che manca al momento sono fortuna e fiducia, che camminano spesso a braccetto quando sai di dover rinnovare il contratto e non riesci a fare quel che vorresti.

«Il fatto di non andare al Tour – dice – poteva essere prevedibile, perché Pogacar ha bisogno di scalatori e in squadra c’è la rincorsa per partecipare. Chi va in Francia lo sa da tempo, in modo da poter impostare la preparazione. Mi è dispiaciuto non fare il Giro, questo devo ammetterlo, e spero a questo punto di poter andare alla Vuelta. Il discorso del contratto? Spero di rimanere e di poterlo rinnovare».

Nella tappa di Laval alla Boucle de la Mayenne, Molano abbraccia Troia dopo la vittoria
Nella tappa di Laval alla Boucle de la Mayenne, Molano abbraccia Troia dopo la vittoria

Basta sfortuna

Per questo sarà importante dare una bella sterzata al resto della stagione. Dopo i campionati italiani, il ligure andrà perciò in altura e da lì inizierà a ragionare sul calendario, che lo vedrà in primis impegnato al Giro di Vallonia di fine luglio.

«Bisogna che gli astri si allineino nel modo giusto – dice – perché la condizione ce l’ho. Al Tro Bro Leon ero davanti, ma ho avuto problemi alla bici ai meno 20 e non sono riuscito a rientrare. Ora mi hanno affiancato a Molano e la cosa potrebbe funzionare. Perciò adesso sarà importante fare un bel lavoro agli italiani e poi avere un bel programma per la seconda metà. So quello che posso dare, mi piace quando ho il mio spazio. Serve solo che le cose girino nel verso giusto».

Delfinato a denti stretti, la via di Caruso verso il Tour

13.06.2022
6 min
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Quarto in un Delfinato corso alla velocità della luce, subito dietro Roglic, Vingegaard e O’Connor, gente da Tour in rotta sul Tour: quanto vale il risultato di Damiano Caruso? In attesa di scoprire i verdetti del Giro di Svizzera e di quantificare la forza di Pogacar in Slovenia, in che modo procede il cammino del siciliano verso la Francia?

Lo abbiamo chiesto nuovamente a Paolo Artuso, capo dei preparatori al Team Bahrain Victorious, che a breve raggiungerà Caruso sull’Etna per un altro step di preparazione.

«E’ andato bene – spiega – con i numeri che ci aspettavamo. Al Romandia c’era stata una flessione nell’arrivo in salita, quindi non era riuscito a fare la classifica che volevamo. Per cui ci siamo fermati, Damiano ha staccato la spina per un periodo di recupero, poi è andato direttamente al Teide per i consueti 15 giorni di lavoro in altura. Solo che quest’anno abbiamo cambiato metodo…».

Vale a dire?

Abbiamo intrapreso la via del Block Training, l’allenamento diviso in blocchi. Per cui sul Teide si è fatta tanta base, mentre per l’intensità si è scelto il Delfinato, dove Caruso è andato meglio del previsto.

Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi
Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi

Block training, come funziona

Per capire meglio, l’allenamento a blocchi è suddiviso in una serie di fasi orientate al miglioramento di uno specifico elemento della prestazione. La differenza principale è quindi la composizione di ogni blocco in base a quello che si vuole raggiungere. Le fasi tipiche sono l’accumulo, la trasformazione e la realizzazione.

L’accumulo è un periodo di volume elevato a bassa intensità, in cui l’atleta costruisce la base per il resto del suo allenamento. Nella trasformazione aumenta l’intensità mentre diminuisce il volume e l’atleta si concentra sulle caratteristiche che desidera sviluppare. La realizzazione è la fase di picco, quando l’atleta raggiunge le massime prestazioni. Il volume è basso per consentire al corpo di riprendersi, ma l’intensità è alta per portare l’organismo al massimo livello di forma fisica possibile.

Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Cosa ha fatto dunque Caruso sul Teide?

Prima il solito adattamento, anche se con lui serve meno rispetto alla prima altura dell’anno. Per questo ha iniziato subito a lavorare, senza particolari sessioni specifiche. La prima settimana sono venute fuori 25 ore, nella seconda sono state 28. Niente di esagerato. Di diverso rispetto agli anni scorsi, c’è che anche in allenamento ora diamo il pieno supporto sul piano della nutrizione, come in gara.

Anche Caruso è seguito dal dottor Moschetti?

Esatto, Nicola Moschetti. Anche in allenamento i corridori vengono assistiti sul piano della nutrizione, del recupero, del sonno e della prestazione. Per cui non si tratta solo di mettere insieme una settimana ben fatta, ma si ragiona in termini di consistenza di tutto l’anno. Non andiamo a cercare il peso ideale, perché sarà conseguenza diretta di queste abitudini.

Se il Teide è stato la fase dell’accumulo, il Delfinato è servito per trasformare?

Ha corso sempre al massimo, anche perché parlare di lavori specifici a quelle andature è abbastanza impossibile. Quando conosci le lunghezze delle salite, è anche facile determinare il ritmo giusto per salire, il cosiddetto “pacing”. Per cui nella tappa di ieri, volendo salvare la classifica, a un certo punto Damiano si è lasciato sfilare (è arrivato 6° a 55″ da Vingegaard e Roglic, ndr). Avrebbe potuto tenere duro e per il grande motore che ha, avrebbe fatto un fuorigiri, ma avrebbe compromesso la classifica. Invece così facendo, ha salvato il quarto posto finale. Stesso discorso per la crono.

Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo a 1’25” da Ganna e meno di un minuto da Roglic.

Avevamo stabilito di farla a 390 watt, l’ha fatta a 392. Ci lavoriamo sopra bene da maggio. Era una crono lunga, intorno ai 35-36 minuti, ed era tutta piatta. Uno come lui, che ha nella potenza alla soglia la sua arma migliore, si è trovato avvantaggiato.

Come si passa alla terza fase?

Adesso tre giorni di recupero, fra viaggio e riposo vero e proprio. Poi da sabato, Damiano andrà sull’Etna e lo raggiungerò anche io per fare lavori dietro moto ad alta intensità e arrivare pronti al Tour. Nella prima settimana, oltre alla difficoltà di gara, ci sarà da farsi il segno della croce...

Siamo vicini alla condizione del Giro 2021?

Credo che al Tour avremo lo stesso Caruso, per potenza e peso, un atleta che quest’anno è stato competitivo in tutte le corse cui è andato.

Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
E’ facile ritrovare la forma perfetta? Guardavamo Kruijswijk e non è più sembrato quello del Giro 2016…

Nel suo caso secondo me si dovrebbe parlare di un diverso ruolo in squadra e di qualche infortunio. Lui probabilmente ha gli stessi numeri, ma in una squadra così forte fanno turnover e deve lavorare forte per i suoi leader. Ieri infatti ha fatto un lavoro pazzesco.

Che differenze ci sono fra allenarsi sul Teide e sull’Etna?

L’Etna è leggermente più basso. A livello di strade a Tenerife sono mediamente più dure, mentre in Sicilia ci si può allenare anche in pianura. Il meteo in questa stagione è buono in entrambi i casi, anzi forse l’Etna è più caldo. La logistica degli hotel è buona, forse in Sicilia si mangia troppo bene (sorride, ndr). Per contro, sabato Caruso prenderà la macchina e in un paio d’ore sarà al Rifugio Sapienza, senza tutti i voli che servono per arrivare sul Teide.

Risalite in cima sempre in bici?

Con lui che è scalatore, sempre. Si fanno lavori fino ai 1.200 metri di quota, perché si riesce a replicare l’intensità di gara. Invece sopra i 1.500 comincia a cambiare tutto e il carico esterno inizia a diminuire di un tot ogni 100 metri di quota. Per cui oltre una certa quota, si va senza lavori precisi.

Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Dall’Etna passaggio ai campionati italiani e poi Tour?

Purtroppo Caruso non farà l’italiano, per una questione logistica. Abbiamo valutato la situazione e il fatto che avremmo due soli corridori su un percorso che non gli si addice. Ci sarebbero Damiano e Zambanini, Milan è ormai prossimo al rientro ma il dottore suggerisce prudenza. E di Colbrelli sappiamo la situazione.

Soddisfatto del Delfinato, allora?

Molto, arriviamo giusti al Tour. Avremo davanti quei 2-3 corridori di un altro pianeta, poi però ci siamo anche noi. Damiano avrebbe potuto fare un grande Giro d’Italia, ho provato fino all’ultimo a convincerlo. Ma vedrete che anche al Tour non sarà affatto male…

Roglic è tornato, cresce a vista d’occhio e adesso sorride

12.06.2022
5 min
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Roglic, in maglia gialla al Delfinato, non vede l’ora di mettere mano anche all’ultima tappa, oggi appunto, per capire se potrà portarsi a casa la classifica finale. E se ieri Carlos Verona è riuscito a resistere alla sua rincorsa, sarà difficile che sia il compagno Vingegaard a impensierire lo sloveno, che sta lentamente tornando ai suoi livelli. Anche se proprio Roglic, prima di salutare i giornalisti, ha voluto schiudere una porta su questa eventualità.

Il Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenza
Il Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenza

Rispetto per Verona

Difficile dire se ieri non abbia spinto a fondo per lasciare la vittoria allo spagnolo della Movistar, di certo la sensazione è che non lo abbia mai neppure visto. Oppure, memore della crocifissione per aver ripreso e battuto Mader lo scorso anno alla Parigi-Nizza, Roglic potrebbe aver semplicemente evitato di spingere al massimo.

«Ovviamente volevo vincere la tappa – ha detto dopo l’arrivo – ma non era quello l’obiettivo principale. L’obiettivo principale era riprendere il ritmo. Anche la squadra è stata super forte. Alla fine ci siamo andati molto vicini, ma Carlos Verona si meritava di vincere».

All’arrivo lo ha abbracciato a lungo. E lo scuotere del capo di Vingegaard sul traguardo, dopo il duro lavoro per lanciare il capitano, fa pensare che una vittoria non sarebbe dispiaciuta.

Avvicinamento complicato

L’avvicinamento non è stato dei migliori, lo abbiamo già detto. Il ginocchio lo ha fatto tribolare, tanto che il suo allenatore è stato ben attento ad evitare interviste, rispettando la cortina di silenzio imposta dal Team Jumbo Visma. Tuttavia a partire dal ritiro di Sierra Nevada le cose hanno ripreso a girare nel modo giusto.

Durante la tappa lo si è visto provare la gamba e persino fare quelli che in certi momenti sono parsi dei lavori di forza. Di sicuro, quando il suo gruppo è arrivato all’attacco della salita di Vaujany, la pedalata è tornata agile e potente in tempo per l’attacco.

«In realtà – ha proseguito Roglic – mi sono davvero divertito. Ero già stato qualche anno fa da queste parti e vinsi una tappa. Ora siamo passati dall’altra parte della stessa valle e m’è sembrata ugualmente dura. E’ stata una bella prestazione. E’ andata bene, ho ritrovato le sensazioni giuste». 

Resa Van Aert

La staffetta in casa Jumbo Visma era prevedibile, anche se Van Aert ha provato a tenere duro fino alla Croix de Fer, almeno fino a quando il ritmo in testa al gruppo lo ha fatto la sua squadra. E di colpo tanti ragionamenti sulle sue attitudini in salita sono tornati nei vari cassetti.

«Quando la Groupama ha iniziato ad accelerare – ha dovuto ammettere il campione belga – per me è diventata dura. Sapevo dal via che se avessi avuto difficoltà sulla Croix de Fer, non avrebbe avuto senso lottare alla morte per difendere la maglia, perché in ogni caso mi sarei staccato sulla salita finale. Così non ho neanche cercato di limitare i danni. Penso che ora dovremo cercare di ottenere la vittoria assoluta con Primoz. Ci vorrà molto impegno, ma saremo tutti con lui».

L’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima prova
L’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima prova

Sponda a Vingegaard

A questo punto non resta che aspettare il tappone di oggi, che chiuderà la corsa. E capire se i 44 secondi che dividono Roglic da Vingegaard siano un tesoretto che lo sloveno difenderà o se invece, non volendo forzare troppo i tempi della ripresa, potrebbe lasciare via libera al danese in caso di difficoltà.

«Oggi il più forte ha fatto girare la squadra – ha detto ieri a proposito del compagno – e possiamo essere leader sia io che Jonas. Più forti siamo, più forte è il team. Tutti possiamo trarne vantaggio. Resta la tappa regina. Me ne sono successe tante nelle tappe finali negli ultimi anni, vedremo come va. Finché la maglia gialla rimarrà nella nostra squadra, saremo tutti contenti. Io sono venuto qui per riprendere fiducia ed è stato importante. Mi sento sempre meglio ogni giorno, anche durante la cronometro. Dopo una settimana così intensa, sarò pronto per il Tour de France».

La maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiducia
La maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiducia

Il suo rivale dichiarato, il connazionale Pogacar, ha scelto di arrivare al Tour passando per la corsa di casa: il Giro di Slovenia che inizierà mercoledì prossimo. E se non ci sono dubbi che vi arriverà bene, la tappa di ieri al Delfinato ha fugato dubbi importanti sulla consistenza di Roglic. Che aveva già previsto di correre meno a primavera per arrivare più fresco alla sfida di luglio, ma forse nemmeno lui pensava che ci sarebbe arrivato con più giorni dello scorso anno e finalmente senza dubbi sulle sue capacità.

Van Aert e le ambizioni di classifica? «No, sì, vedremo…»

10.06.2022
4 min
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Glielo chiedono tutti: vincerà il Delfinato? Van Aert però non abbocca. Un po’ perché è realista e un po’ perché se anche lo pensasse, non verrebbe mai a dirlo. Così getta acqua sul fuoco e probabilmente ha ragione. 

«Impossibile – ha detto ieri dopo l’ennesima vittoria – questo minuto di vantaggio sparirà sabato in men che non si dica. Il Galibier, la Croix-de-Fer… Non sono pane per i miei denti. Certamente no, soprattutto se gli uomini di classifica faranno la corsa. In tappe come sabato e domenica giocheremo le carte Roglic e Jonas Vingegaard (in apertura Wout è proprio con il giovane danese, ndr)».

Forse un giorno

Eppure il tema resta sul tavolo. E mentre ad esempio Ganna fa di tutto per starne lontano, Van Aert che pure ne condivide l’imponenza (pur con 2 centimetri e 5 chili di meno), si lascia tentare.

«Forse un giorno ci proverò – ha detto – l’anno scorso alla Tirreno ho cercato di puntare alla classifica finale (arrivò secondo a 1’03” da Pogacar, ndr). E’ stato bello, ma per un corridore con il mio profilo, il Delfinato è una delle corse più difficili da vincere. Ci sono molte montagne. Alla Parigi-Nizza di solito c’è una sola e mi si addice di più. Anche la mia vittoria dell’anno scorso nella tappa del Ventoux non è una misura assoluta. Sono partito che avevo cinque minuti di vantaggio e alla fine ne era rimasto uno. Questo dice abbastanza…».

Ecco la celebre azione sul Mont Ventoux che lo scorso anno permise a Van Aert di vincere a Malaucene
Ecco l’azione sul Mont Ventoux che lo scorso anno permise a Van Aert di vincere a Malaucene

Meglio le tappe

Il bello di questi super atleti è che in apparenza possono fare tutto: girano il selettore su una nuova modalità e diventano imbattibili. Ma sarà sempre vero?

«Dovrei reimpostare i miei allenamenti – ha spiegato – il motivo per cui ho una buona posizione in classifica è perché ho ottenuto molti abbuoni negli sprint e sono andato forte nella crono. Ma se mi concentro di più sulla salita, perdo qualcosa allo sprint. Quindi meno abbuoni e meno potenza nelle crono. Ci sono pro e contro. E io a questo punto della mia carriera, preferisco puntare alle vittorie di tappa. Il Tour è dietro l’angolo. Voglio vincere le tappe e puntare alla maglia verde».

Nella crono di La Batie d’Urfe, Van Aert secondo ad appena 2″ da Ganna
Nella crono di La Batie d’Urfe, Van Aert secondo ad appena 2″ da Ganna

Si corre per vincere

Quel che traspare è però una filosofia di corsa vincente, sul piano della prestazione e del conseguente impatto sul pubblico.

«Non ho particolari segreti – ha spiegato – mi alleno duramente e corro poco. Ma ogni volta che attacco il numero alla maglia, cerco di cogliere ogni opportunità alla mia portata. Anche per questo la squadra non vuole che corra troppo. Preferiscono che io sia forte e veloce quando serve. E quando corro, mi piace dare il 100 per cento. E’ davvero speciale essere lì ogni volta».

Così sul traguardo di Chastreix Sancy Gaudu ha beffato Van Aert
Così sul traguardo di Chastreix Sancy Gaudu ha beffato Van Aert

Un bel regalo

Il ragazzo ha anche senso dell’ironia. E così, dopo aver spiegato tecnicamente la beffa subita da Gaudu (errore che ad Alaphilippe è costata una Liegi e a Zabel una Sanremo), ha strappato un sorriso alla platea.

«Mezza ruota di differenza con Gaudu – ha detto – nel momento in cui ho staccato le mani dal manubrio. Se anche fosse stato indietro di mezza bici, non sarebbe cambiato nulla. C’era vento contrario e anche forte e su un arrivo così in pendenza, è bastato che mi alzassi per perdere immediatamente velocità. Soprattutto con qualcuno che ti pedala a ruota. E’ stato ridicolo, gli ho fatto proprio un bel regalo. Guarderò ancora quelle foto, ma non troppo spesso. Sono curioso di vedere da dove sia spuntato effettivamente Gaudu. Non l’ho mai visto arrivare. Ho guardato alla mia sinistra e ho visto Lafay della Cofidis. E’ stato uno sprint allo sfinimento, non mi era rimasto molto. L’ho praticamente finito con gli occhi chiusi. E poi all’improvviso è saltato fuori lui».

Si rivede Bagioli: prima l’italiano, poi forse il Tour

09.06.2022
5 min
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Quasi due mesi di assenza dalle gare, conditi anche da un pizzico di curiosità e mistero. Non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che il nome in questione è di quelli importanti. Andrea Bagioli, dopo la Freccia del Brabante (il 13 aprile) è rientrato solo il 5 giugno al Criterium del Delfinato.

Mentre è impegnato nella corsa dell’antica provincia francese al confine con l’Italia, abbiamo sentito il 23enne valtellinese della Quick Step-Alpha Vinyl (che oggi ha chiuso al settimo posto la quinta frazione vinta da Van Aert) per capire come sono cambiati i suoi programmi dopo lo stop.

Andrea dove eravamo rimasti?

All’Amstel e al Brabante in cui non stavo bene. La seconda non l’ho nemmeno finita. Dopo il Catalunya ero partito subito per il ritiro a Sierra Nevada ma dopo tre giorni lassù mi sono ammalato. Sono stato fermo qualche giorno, ma quando ho ripreso ad allenarmi mi sentivo sempre stanco. Infatti quelle due gare le ho fatte male. A quel punto abbiamo deciso che era meglio che mi fermassi per capire. Ho fatto due settimane senza toccare la bici e nel frattempo ho fatto un po’ di controlli.

Cosa è emerso?

Tutti gli esiti erano negativi. Non era il covid che già avevo preso a febbraio. Non era mononucleosi, i cui sintomi potevano farlo pensare. In pratica era solo tanta stanchezza. Mi portavo dietro gli strascichi della bronchite che hanno preso in tanti del gruppo dopo il Catalunya. Probabilmente non avevo smaltito a dovere quei residui.

Come li hai vissuti questi due mesi?

Dal punto di vista psicologico inizialmente ero preoccupato, specie dopo la Freccia del Brabante. Poi mi sono tranquillizzato dopo che ho fatto cinque giorni a casa di assoluto riposo. Vedevo che mi sentivo meglio, non mi svegliavo più spossato. Per il resto, oltre che per allenarmi, li ho sfruttati anche per stare con la famiglia e gli amici che in pratica vedo pochissimo.

Considerando la vita intensa che fate voi corridori, questi stop forzati possono fare bene?

Direi di sì, ammesso che non ci siano motivi più seri dietro. Queste pause ti possono aiutare a ricaricare le batterie, soprattutto a livello mentale. Siamo sempre lontano da casa, facciamo viaggi e trasferimenti lunghi. Ad inizio stagione corriamo al caldo, in Arabia o negli Emirati, con diversi fusi orari di differenza. Poi torniamo in Europa per preparare le classiche del Nord con climi decisamente più freddi. Tutto influisce. E poi, almeno nel mio caso, meglio fermarsi subito per non trascinarsi i problemi e risolverli in fretta.

Adesso invece a che punto sei?

Ho ripreso a correre qui al Delfinato, la gara nella quale tutti ritengono si va più forte durante la stagione. Insomma, un bel ritorno di fuoco (ride, ndr). Battute a parte, la condizione è buona. Avverto buone sensazioni in corsa. Significa che il lavoro fatto in altura al Passo del Bernina, vicino a casa, è andato bene.

Cosa ti aspetti dal Delfinato?

Innanzitutto devo ritrovare il ritmo. Sento che manca, anche se pensavo peggio. L’idea di questi giorni è quella di cercare una fuga giusta nelle prossime tappe e magari andare a caccia di una vittoria.

Ti vedremo quindi al Tour de France o direttamente alla Vuelta, che era già in programma?

Ho dovuto rivedere il mio calendario dopo la sosta. Le Ardenne e il Giro d’Italia erano obiettivi che sono saltati. Ovviamente il Tour mi piacerebbe farlo, ma ancora non abbiamo preventivato nulla. Vediamo come esco dal Delfinato. In ogni caso anche se dovessi correre solo la Vuelta prima ci sono tante gare a luglio e agosto in cui fare bene e trovare risultati.

A proposito di obiettivi, immaginiamo che il campionato italiano lo sia. D’altronde con il successo di Barcellona hai rotto il ghiaccio con le corse importanti…

Quella vittoria (settima ed ultima tappa della Volta a Catalunya, ndr) è stata una bella soddisfazione quanto inaspettata. Mi ha dato qualche consapevolezza in più nei miei mezzi. Ho visto l’altimetria del percorso degli italiani in Puglia e si addice molto alle mie caratteristiche. Ripeto, vediamo come esco dal Delfinato ma un pensierino ce lo sto facendo, eccome.

Madiot 2022

Rotta verso il Tour, Madiot lancia una provocazione

08.06.2022
5 min
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La Groupama FDJ per il Tour de France è un “work in progress”, ma questa volta la pattuglia francese non si accontenterà di volate vincenti come è avvenuto al Giro d’Italia. Marc Madiot è stato chiaro, da qui al 1° luglio, giorno di partenza della Grande Boucle, si costruirà la squadra che dovrà essere pronta a scalare la classifica. Vincere? Madiot non è persona da grandi annunci, ma certamente si va per fare classifica. Per salire più su possibile, senza aver paura di guardare la cima…

Le vittorie di Démare al Giro avevano un po’ addolcito un bilancio che era stato fino allora deficitario. Prima della corsa rosa erano arrivati il successo di David Gaudu in una tappa alla Volta Ao Algarve e quello di Thibaut Pinot nella frazione finale del Tour of the Alps, dopo essere stato secondo il giorno prima. Poi, tanti piazzamenti, alcuni anche prestigiosi come i podi di Madouas al Fiandre e di Kung alla Roubaix, ma le aspirazioni erano ben altre.

In un’intervista a Le Quotidien du Sport, Madiot ha fatto il punto della situazione, non lesinando giudizi pesanti ma facendo anche un’analisi molto specifica sull’andamento di questi primi mesi: «Ci sono stati alti e bassi, difficoltà, infortuni, ma per fortuna c’è ancora tanto da fare e il verdetto si darà solo a fine stagione. Quel che è certo però è che esso deriverà dai risultati: Démare non ci ha rimesso sulla giusta rotta».

Gaudu Delfinato 2022
Gaudu in trionfo sul podio della terza tappa del Delfinato, una liberazione per lui…
Gaudu Delfinato 2022
Gaudu in trionfo sul podio della terza tappa del Delfinato, una liberazione per lui…

Tutta colpa del Covid…

Un giudizio che sembra significare come in casa Groupama ci sia stata maretta: «Un capo di una squadra deve essere pragmatico, il resto conta poco. Non potevo essere contento, nelle classiche siamo andati bene e abbiamo fatto il nostro, Kung è stato efficiente e si è messo in evidenza. Ma è nelle corse a tappe che siamo mancati e per noi quelle sono un marchio di fabbrica. Abbiamo pagato la caduta di Gaudu alla Parigi-Nizza e il successivo ritiro al Giro dei Paesi Baschi. Poi Storer si è ammalato al Giro di Romandia».

Sulle cause di tanti acciacchi, Madiot ha portato la sua personale analisi, destinata a generare discussioni: «Il Covid ha colpito duro. Ha lasciato conseguenze pesanti dimostrando che tutta la vicenda è stata gestita male. I corridori hanno minori difese immunitarie perché utilizzando continuamente le mascherine non ne abbiamo più sviluppate. Nel gruppo non solo il Covid, ma qualsiasi virus si diffonde a macchia d’olio proprio perché i fisici dei corridori sono inermi.

Pinot Alps 2022
Per Pinot una bella vittoria al Tour of the Alps, ma sarà pronto per il suo 9° Tour?
Pinot Alps 2022
Per Pinot una bella vittoria al Tour of the Alps, ma sarà pronto per il suo 9° Tour?

I problemi delle mascherine

«Ne ho parlato con i medici della squadra – ha proseguito nella sua disamina Madiot – a dicembre, nei raduni prestagionali, nessuno si è ammalato, ma lì avevamo le mascherine. Nelle prime gare sono fioccati gli ammalati, ma non solo per colpa del covid, ecco che anche influenze, bronchiti e altro si sono diffusi. Probabilmente non avremmo dovuto utilizzare le mascherine in preparazione, i fisici dei corridori forse da una parte si sarebbero ammalati, ma dall’altra rafforzati e difesi meglio per la stagione delle corse».

Storer 2022
Dopo la splendida Vuelta 2021, il neoacquisto Storer (qui con Sivakov) reclama un ruolo di spicco al Tour
Storer 2022
Il neoacquisto Storer (qui con Sivakov) reclama un ruolo di spicco al Tour

Gerarchie dopo la Svizzera

Tutto questo comunque fa parte del passato. Ora Madiot è proiettato con nuova verve sulla nuova avventura al Tour, ma se gli si chiede con che obiettivi e soprattutto uomini, resta abbottonatissimo: «Questo mese sarà fondamentale, voglio vedere come andranno Gaudu e Storer al Criterium du Dauphine con il primo che mi ha già dato segnali più che positivi e poi Pinot al Giro di Svizzera, alla fine avremo le idee più chiare su quali saranno le gerarchie della squadra e gli uomini da inserire per costruirla». Una scelta anche per favorire un po’ di concorrenza fra i tanti galli nel pollaio.

Su un aspetto Madiot si sente comunque sicuro: i suoi ragazzi sono pronti a collaborare come si è visto anche al recente Mercan Tour Classic Alpes Maritimes, dove Pinot, sapendo di non essere ancora al massimo della forma (andrà in Svizzera proprio con quell’obiettivo) si è messo a disposizione dei compagni tirando in maniera veemente per tutta la prima parte per poi passare il testimone a Reichenbach. Alla fine, nella gara vinta dal danese Fuglsang (Israel Premier Tech), Gaudu è stato 3° e il giovane Martinez 8°. A chi gli chiedeva alla fine come fosse andata, Pinot ha risposto serafico: «Gaudu era più avanti di me, era giusto lavorare per lui, peccato solo che non sia arrivata la vittoria».

Stewart Mayenne 2022
Jake Stewart dopo ottime esperienze fra i big è pronto per il GIro U23
Stewart Mayenne 2022
Jake Stewart dopo ottime esperienze fra i big è pronto per il GIro U23

Giro U23, attenti a Stewart…

Già, quella vittoria che rischia di diventare un’ossessione. Intanto però Madiot, coadiuvato da suo fratello Yvon che cura la formazione Under 23, guarda anche al Giro d’Italia di categoria dove conta di portare un team molto competitivo, con il 20enne Paul Penhoet per le volate e i due inglesi rampanti Lewis Askey e Jake Stewart (quasi omonimo dell’ex campione del mondo di formula 1 e che ha fatto molto bene quando è stato chiamato nella squadra maggiore) per la classifica. Considerando l’armata dei rivali dell’AG2R Citroen, anche qui se non arriva qualche risultato…

Leoncini pronti, Tour in vista. Da domani via al Delfinato

04.06.2022
6 min
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Neanche il tempo di archiviare il Giro d’Italia che in qualche modo ecco profilarsi il Tour de France. Da domani infatti scatta il Criterium du Dauphiné, il Delfinato, storico antipasto della Grande Boucle. Cambiano quindi i peluches: dai ghiri ai leoncini! Via la maglia rosa ecco quelle gialle.

Al via ci sono gran parte dei campioni che vedremo al Tour. A cominciare da Primoz Roglic, ma ci sono anche dodici italiani. E tra loro c’è Mattia Cattaneo, che mancava un po’ dalle corse e eravamo curiosi di sentire.

Otto tappe

Prima però una panoramica del percorso.

Saranno otto, come di consueto, le frazioni del Delfinato. E saranno anche piuttosto impegnative. Mosse le prime tappe, una crono, che di questi tempi si potrebbe definire “maxi”, nel mezzo e due tapponi con tanto di Col du Galibier (anche se ad inizio tappa).

In tutto ci saranno da affrontare 1.194,4 chilometri, pari ad una media di 149,3 chilometri a tappa.

Di pianura però non ce ne sarà quasi mai. Avere una buona gamba è vitale, anche per continuare “a fare gamba”, altrimenti il Delfinato rischia di diventare un boomerang tremendo. Visti i ritmi e visto che per molti corridori si tratta dell’ultimo banco di prova per poter essere schierati poi al Tour, tutti hanno il coltello tra i denti.

Mattia Cattaneo in azione nella crono del Romandia. Il lombardo aspetta la quarta tappa di questo Delfinato
Mattia Cattaneo in azione nella crono del Romandia. Il lombardo aspetta la quarta tappa di questo Delfinato

Cattaneo presente

Come detto ci sarà Mattia Cattaneo. Il corridore della Quick Step-Alpha Vinyl sarà una delle nostre punte per la classifica. Si dividerà questo ruolo con Damiano Caruso. Chissà come interpreterà la corsa il siciliano? Di certo Cattaneo avrà le sue possibilità.

«In questo Delfinato – dice Cattaneo – abbiamo più o meno tutti carta bianca in squadra. Da parte mia nei primi tre giorni cercherò di stare attento e di non perdere terreno, poi dopo la crono vedremo.

«Vediamo se fare classifica. Nel caso fossi andato bene sino a quel punto… okay, altrimenti non avrebbe senso tenere duro. Fare classifica per me significa puntare ad una top dieci. Intanto partiamo, poi vediamo. E’ un mese abbondante che non corro.

«Nella crono però vorrei fare bene. Ci tengo davvero, ci ho lavorato molto, la squadra anche ci ha investito parecchio e ha creduto in me».

Cattaneo ci racconta che è soddisfatto comunque della sua condizione, si sente bene. E’ stato un mese in altura, sul Passo Bernina luogo da veri eremiti!

«Sinceramente le sensazioni sono buone e io mi sento fiducioso. Certo, rientrare al Delfinato non è facile. A detta di tutti è una delle corse più dure dell’anno, il livello è molto alto. Io sono qui per fare bene, per puntare poi a fare un bell’italiano e per guadagnarmi un posto per il Tour.

«La squadra non è ancora stata fatta e spero di esserci. Se dovessi andare alla Grande Boucle la interpreterei come lo scorso anno. E la prima cosa sarebbe quella di aiutare la squadra. Poi se dopo metà Tour dovessi trovarmi in buona posizione cercherei di tenere duro per la classifica. Però non ci partirei apposta. Non vorrei precludermi neanche le possibilità di lottare per una tappa».

Superato il problema al ginocchio, Roglic è pronto a dare battaglia
Superato il problema al ginocchio, Roglic è pronto a dare battaglia

Roglic già in fuga

E poi c’è una lunga, lunghissima fila di corridori molto agguerriti. Partiamo da Roglic e dalla sua Jumbo-Visma che schiera anche Jonas Vingegaard, secondo a Parigi lo scorso anno. Roglic ha saltato la Liegi per un problema al ginocchio. Voci a lui vicine ci avevano detto, già prima del Giro, che tutto era rientrato e che lo sloveno si stesse allenando alla grande.

E lo sloveno è il favorito anche per Cattaneo: «Sicuramente è lui il numero uno. E poi basta vedere la Jumbo che squadra ha portato per capire che non sono venuti a fare una passeggiata. Più o meno è la squadra del Tour. Ma in generale il livello è alto. Tolto Pogacar ci sono praticamente tutti».

Ben O’Connor sarà il capitano dell’Ag2R-Citroen al Delfinato
Ben O’Connor sarà il capitano dell’Ag2R-Citroen al Delfinato

Outsider di lusso

Così come Enric Mas, atteso al definitivo salto di qualità. Discorso simile per David Gaudu e se vogliamo anche per O’Connor dell’Ag2R-Citroen, lo scorso anno vincitore della tappa di Tignes e corridore sul quale puntano molto.

Ci sono poi i cacciatori di tappa. Lo scorso anno il Delfinato aprì definitivamente le porte dell’Olimpo a Sonny Colbrelli che raccolse molto meno di quel che fece e poteva: una tappa, ma potevano essere tre… tranquillamente.

Si rivede anche Mark Padun. L’ucraino sin qui ha inanellato appena 12 giorni di corsa, però cogliendo una vittoria a crono.

E parlando di crono, come non pensare a Filippo Ganna. Pippo sarà al via da La Voulte-sur-Rhone, le grand depart del Delfinato. La quarta tappa è un invito a nozze per lui. Un test in vista della crono di Copenaghen dove in ballo ci sarà la maglia gialla, obiettivo dichiarato da tempo.

Non dimentichiamo anche Antonio Tiberi, iridato juniores contro il tempo nel 2019.