Pensando a Gino Mader, le parole del gruppo

17.06.2023
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«Non proprio la performance che speravo qui alla Volta Catalunya. Ma non perdo la speranza, anche la Lamborghini prima costruiva trattori». Spiritoso. Allegro. Sognatore. Ironico. Queste parole di Gino Mader prese da Instagram dopo il Catalunya sono il modo che abbiamo trovato per cominciare il racconto con un sorriso.

Gino Mader è nato il 4 gennaio 1997 a Flawil, è morto il 16 giugno 2023 a Coira
Gino Mader è nato il 4 gennaio 1997 a Flawil, è morto il 16 giugno 2023 a Coira

Sentimenti e social

Ventiquattro ore dopo la morte del giovane svizzero, il mondo del ciclismo fa comprensibilmente fatica a lasciarlo andare. Che le cose non andassero si era capito la sera stessa, dalle risposte insolitamente abbottonate sua squadra. E quando ieri mattina il cuore di Gino ha smesso di battere, c’è stata prima l’incredulità, poi è subentrato il dolore. E a quel punto le dispute sui dilettanti attaccati dello Stelvio sono parse ridicole e vuote.

Come ogni volta che un corridore se ne va, il gruppo si è raggomitolato su se stesso in una posizione quasi fetale. Poca voglia di parlare, zero interviste: solo messaggi fra amici che resteranno tali. Eppure tutti, ciascuno a modo suo, hanno trovato il modo di salutare l’amico scomparso sui social. Quella che vi proponiamo è una galleria di post, per come il gruppo ha voluto ricordare quel ragazzo sorridente, capace di portare allegria e impegnarsi per l’ambiente con lo slancio di un bambino.

Damiano Caruso

«Caro Gino è stato un onore averti come compagno di squadra, ma soprattutto aver avuto il privilegio di conoscere la splendida persona che eri. Intelligente ed educato , razionale e leale come pochi. Ciao Gino, ti voglio bene».

I compagni del team Bahrain Victorious in raccoglimento prima del via
I compagni del team Bahrain Victorious in raccoglimento prima del via

Michele Bartoli

«La cosa che ti ripetevo di più era Gino ridi, qui mi avevi ascoltato. Mi ascoltavi sempre, il confronto con te era sempre costruttivo. Oggi sto pagando con un dolore immenso, ma ringrazio Dio di averti conosciuto e di aver potuto costruire un grande rapporto con una persona speciale come te. Buon viaggio Gino, mi mancherai, non immagini quanto».

Sonny Colbrelli

«Sei stato un amico, un compagno e un motivatore quando ero in difficoltà. Da oggi abbiamo un angelo in più».

Matej Mohoric

«Gino, riposa in pace. Sarai vivo per sempre nei nostri cuori. Ho avuto così tanto rispetto per il tuo impegno per rendere il mondo un posto migliore per tutti. Porterò questo con me oggi, domani e ogni giorno».

Sandra, la mamma di Gino Mader, ha abbracciato i suoi amici corridori
Sandra, la mamma di Gino Mader, ha abbracciato i suoi amici corridori

Fabian Cancellara

«Riposa in pace, Gino. Ci mancherai, sei stato speciale per me per il modo in cui ti ho incontrato. I miei pensieri sono ora con la sua famiglia e i suoi cari».

Romain Bardet

«Come. Perché. Cosa ci resta adesso? I nostri occhi che piangono, i nostri pensieri devastati. Siamo tutti Gino, sfrecciando in ogni discesa sempre più veloci, al limite dell’equilibrio. Sfidando i nostri limiti curva dopo curva. Dopotutto, l’abbiamo già fatto 1000 volte. E’ buio il giorno in cui il destino viene a strapparci uno dei nostri, un nostro simile, acrobata in lycra, con un’ingiustizia che ci lacera e che nessuno può riparare. Coscienti dell’incoscienza solo quando la brutalità ci raggiunge e ci danneggia per sempre. Se solo la sincerità dei nostri pensieri bastasse per confortare coloro che rimangono. Facciamo questo sport per le emozioni, ma mai per vedere la nostra famiglia in lutto. Ad una stella che non smetterà mai di brillare, Gino».

Francesco Villa

«R.I.P. Gino. Eri un ragazzo speciale, non dimenticherò le nostre chiacchierate sul bus. Mancherai…».

Alejandro Torralbo

«Vaaamooos Gino, ora correrai per sempre e sarai vivo nei nostri ricordi».

Evenepoel ha parlato subito della sicurezza dell’arrivo in fondo alla discesa
Evenepoel ha parlato subito della sicurezza dell’arrivo in fondo alla discesa

Adriano Malori

«Oggi è morto un altro ciclista giovanissimo, Gino Mader della Bahrain Victorious, caduto ieri nella discesa che portava all’arrivo. I motivi? Sconosciuti e non serve a nulla cercarli! Posso solo dire un mio parere. Gli organizzatori devono capire che purtroppo il ciclismo è cambiato. I corridori hanno pressioni inimmaginabili, le biciclette sono dei missili super rigidi che non permettono errori. Ad oggi a un corridore pro’ basta accarezzare i pedali per fare in pianura i 35-40 km/h e gli bastano pochi metri di discesa per raggiungere 70-80 km/h. Questo sport che è cambiato del 70% negli ultimi 20 anni quindi anche i percorsi devono adeguarsi.
«Dunque mi associo alle dichiarazioni di Evenpoel che ha dichiarato: «Non è stata un’idea intelligente collocare il traguardo di una tappa così impegnativa al termine di una discesa. Ma ovviamente c’è sempre più bisogno di spettacolo. Detto questo, ciao Gino».

Mark Cavendish

«Assolutamente senza parole per questa notizia devastante. Amico, ci mancherai tu e il tuo sorriso che avrebbe illuminato il gruppo. Invio forza e amore alla tua famiglia, ai tuoi amici e al Team Bahrain Victorious. Riposa in pace, Gino».

Lungo i pochi chilometri percorsi ieri dal gruppo, il pubblico applaudiva e piangeva
Lungo i pochi chilometri percorsi ieri dal gruppo, il pubblico applaudiva e piangeva

Ineos Grenadiers

«Abbiamo il cuore spezzato nel sentire di Gino e i nostri pensieri sono con i suoi amici, la famiglia e tutti al Team Bahrain Victorious. Gino non era solo un ciclista di grande talento e un grande agonista, era anche una persona incredibile e un amico per molti di noi. La sua assenza sarà sentita da tutti nel gruppo e in tutto il nostro sport».

Elke Weylandt

«Senza parole. Sono oltremodo triste nel vedere un’altra famiglia, un altro gruppo di amici, un’altra squadra, un altro gruppo attraversare questo inferno vivente. RIP Gino»

Franco Pellizotti

«Ciao Ginetto, ti porterò per sempre nel mio cuore. Riposa in pace».

Fran Miholjevic

«Oggi ho perso un amico. Caro Gino, sei stato molto più di un collega. Sei stato un amico e un modello. Sono grato e orgoglioso di aver condiviso con te i tuoi ultimi giorni e la strada del tuo ultimo viaggio qui sulla terra. Riposa in pace».

Sul traguardo, uno striscione ha celebrato Gino Mader al passaggio dei suoi compagni
Sul traguardo, uno striscione ha celebrato Gino Mader al passaggio dei suoi compagni

Brent Copeland

«Ho cercato di trovare le parole tutto il giorno per esprimere i miei sentimenti per una giornata così tragica! Difficile trovare le parole, ma una cosa speciale si è evidenziata oggi ed è quanto sia veramente stretta la comunità del ciclismo, sia nei momenti buoni che in quelli cattivi. Possiamo tutti avere le nostre opinioni diverse, ma alla fine siamo tutti qui per supportarci l’un l’altro e questo è qualcosa di speciale! RIP Gino! Ci hai intrattenuto in tanti modi speciali e memorabili!».

Addio Mader: «Grazie per la luce, la gioia, le risate»

16.06.2023
4 min
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«E’ con profonda tristezza e con il cuore pesante che dobbiamo annunciare la scomparsa di Gino Mader. Venerdì 16 giugno, a seguito di un gravissimo incidente durante la quinta tappa del Tour de Suisse, Gino ha perso la sua battaglia per riprendersi dalle gravi ferite riportate. Tutta la nostra squadra è devastata da questo tragico incidente e i nostri pensieri e le nostre preghiere sono con la famiglia e i cari di Gino in questo momento incredibilmente difficile».

Settima tappa del Giro 2021, Gino Mader conquista San Giacomo
Settima tappa del Giro 2021, Gino Mader conquista San Giacomo

L’eroe di San Giacomo

Inizia così il comunicato del Team Bahrain Victorious che ci ha raggelato il sangue, come accadde con Fabio Casartelli al Tour del 1995. Mader era nato il 4 gennaio del 1997 ed era passato professionista nel 2019 alla Dimension Data, spostandosi poi al suo team attuale.

Era salito agli onori della cronaca nell’ultima tappa della Parigi-Nizza del 2021, quando sul traguardo di Valdeblore La Colmiane, Roglic lo aveva superato negli ultimi metri di una lunga fuga. Ma il giovane svizzero, atleta di talento e persona brillante si era rifatto con gli interessi nello stesso anno, vincendo la tappa di San Giacomo al Giro d’Italia e poi quella di Andermatt al Giro di Svizzera. E proprio la corsa di casa gli è stata fatale.

«A seguito dell’incidente ad alta velocità avvenuto durante la discesa finale della tappa di giovedì – prosegue il comunicato – Mader è stato rianimato sul posto dal personale medico che ha anche eseguito la rianimazione cardiopolmonare, prima di essere trasportato in aereo in ospedale.

«Nonostante i migliori sforzi del fenomenale staff dell’ospedale di Coira, Gino non ce l’ha fatta a superare la sua ultima e più grande sfida, e alle 11,30 abbiamo salutato una delle luci splendenti della nostra squadra.

«Gino è stato un atleta straordinario, un esempio di determinazione, un membro prezioso della nostra squadra e di tutta la comunità ciclistica. Il suo talento, la dedizione e la passione per lo sport ci hanno ispirato tutti».

Mader era impegnato nel Giro di Svizzera. Questa foto è del giorno prima dell’incidente
Mader era impegnato nel Giro di Svizzera. Questa foto è del giorno prima dell’incidente

Grazie per la luce, la gioia, le risate

L’amministratore delegato Milan Erzen ha commentato questa mattina: “Siamo devastati dalla perdita del nostro eccezionale corridore. Il suo talento, dedizione ed entusiasmo sono stati fonte d’ispirazione per tutti noi. Non era solo un ciclista di grande talento, ma anche un grande persona fuori dalla bici. Porgiamo le nostre più sentite condoglianze alla sua famiglia e ai suoi cari, e i nostri pensieri sono con loro in questo momento difficile. Il Team Bahrain Victorious correrà in suo onore, mantenendone la memoria su ogni strada che percorreremo. Siamo determinati a mostrare lo spirito e la passione che Gino ha mostrato, e rimarrà sempre parte integrante del nostro team”.

«La famiglia di Gino ha chiesto privacy mentre piange la sua perdita e chiediamo gentilmente che i loro desideri siano rispettati. Il team e la famiglia esprimono la nostra gratitudine per il travolgente supporto che abbiamo ricevuto da tutto il mondo del ciclismo.

«Gino, grazie per la luce, la gioia e le risate che hai portato a tutti noi, ci mancherai come pilota e come persona».

Lo Svizzera si ferma

Dopo un breve conciliabolo con tutte le parti coinvolte, Olivier Senn ha annunciato che la tappa di oggi del Giro di Svizzera non avrà luogo. Il gruppo pedalerà soltanto negli ultimi 20 chilometri, restando compatto per ricordare l’atleta svizzero.

«Siamo tutti devastati – si legge nel comunicato del direttore generale della corsa – noi come organizzazione, le squadre, i corridori, tutti quanti. Quanto successo è davvero terribile, è difficile ora per me parlare, perché Gino era una splendida persona e non meritava di lasciare questo mondo in questo modo. Lo conoscevano tutti e tutti gli volevamo bene. Oggi non correremo ma vogliamo ricordarlo e omaggiarlo con una passerella del finale di gara. Correremo tutti assieme, in gruppo, fino al traguardo in ricordo di Gino».

Zambanini alla Vuelta e l’emozione della prima volta

15.09.2022
5 min
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Con la Vuelta ormai alle spalle il sole inizia a tramontare anche su questa stagione agonistica. Non prima, però, di illuminare gli ultimi impegni, tra cui mondiale e Giro di Lombardia, ultima classica monumento del calendario. In terra iberica è stato definitivamente consacrato il talento cristallino di Evenepoel. Il giovane belga ha indossato la maglia rossa alla sesta tappa e l’ha portata fino a Madrid. Tra i giovani in corsa si è messo in luce anche Edoardo Zambanini, migliore italiano in classifica generale: 36° a un’ora e mezza da Evenepoel. 

Il trentino di Riva del Garda era alla sua prima esperienza in un grande Giro. Si è messo a disposizione della squadra, portando a casa una bella prestazione ed un terzo posto alla nona tappa, che regala tanta motivazione e la voglia di tornare alla Vuelta e riprovarci. 

Edoardo Zambanini si è messo in luce dando una mano alla squadra e andando a caccia di fortuna in altre tappe
Zambanini si è messo in luce dando una mano alla squadra e andando a caccia di fortuna in altre tappe
Cosa fa un corridore quando torna dalla Vuelta?

Dopo tre settimane di corsa ininterrotta mi sono goduto la famiglia. Stare lontano da casa per così tanto tempo è strano, perché quando corri tutto scorre veloce, ma appena ti fermi realizzi che sei stato via un mese. Quindi, in questi giorni poca bici e tanto tempo con amici e parenti, mancavano. 

Qual è la cosa che ti ha colpito maggiormente?

Direi tante, ma quella che mi ha lasciato senza parole è il livello che si trova in corsa. Andavamo fortissimo tutti i giorni, praticamente sono state 21 corse di un giorno raggruppate tutte insieme.

Prima di partire che hai pensato?

Inizialmente ero abbastanza agitato, quando è arrivata la chiamata dalla squadra ero davvero nervoso. I miei diesse: Pellizotti e Florencio, mi hanno tranquillizzato dicendomi di pensare giorno dopo giorno. Così ho fatto, anche se, devo ammettere, che certi giorni pensavo «abbiamo ancora tante tappe davanti e tutte dure» poi mi ricomponevo e cercavo di non pensarci.

Zambanini Battistella 2022
Zambanini sulla ruota di Battistella, i due si sono messi in mostra alla Vuelta entrando in molte fughe
Zambanini Battistella 2022
Zambanini sulla ruota di Battistella, i due si sono messi in mostra alla Vuelta entrando in molte fughe
Quando hai scoperto che saresti andato alla Vuelta?

Pochi giorni prima dell’inizio, da un certo punto di vista è stato un bene, anche perché non ho avuto tanto tempo per tempestarmi di domande e agitarmi ancora di più (dice ridendo, ndr). Uscivo dal Giro di Polonia dove ho lavorato bene con il mio preparatore: Paolo Artuso. Abbiamo trovato un bel modo di fare e grazie a lui sono riuscito ad essere costante per tutta la stagione.

I giorni prima della partenza come li hai vissuti?

Ho realizzato di partire per la Vuelta solamente quando mi sono trovato la valigia vuota davanti. Lì, in quel preciso momento la tensione è schizzata ai massimi livelli. 

Immaginiamo allora in aereo, seduto davanti al finestrino…

Il viaggio l’ho fatto da Venezia, insieme a Franco (Pellizotti, ndr) e Roman Kreuziger, e direi per fortuna. Li ho tartassati di domande e dubbi, loro mi hanno tranquillizzato, mi hanno davvero aiutato molto. 

Qual è stata l’emozione più grande, la prima tappa o l’ultima?

Sono state due emozioni differenti: quella di Utrecht era un mix di agitazione e tensione, la partenza di un grande Giro. Prima lo avevo solamente sognato. Quella di Madrid è stata da pelle d’oca, c’era un mare di gente ad aspettarci nel circuito finale, in quel momento ho realizzato che avevo portato a termine una bellissima esperienza ed una grande corsa. 

Ti sei anche goduto la passerella finale di Nibali e Valverde.

Sì, che roba. Indescrivibile. Nel corso della tappa finale ho avuto anche modo di parlare con Vincenzo. Abbiamo avuto modo di confrontarci: sulle tappe, l’emozione di quel saluto calorosissimo… E’ un momento che ricorderò per sempre. E’ un corridore che ho sempre ammirato, ho il ricordo di me da bambino che lo guardavo vincere queste corse in televisione. Essere presente alla sua ultima è stato davvero particolare.

Con chi eri in stanza?

Con Luis Leon (Sanchez, ndr). Mi ha aiutato molto, soprattutto nella fase iniziale. Anche lui aveva capito che i primi giorni ero agitato, mi ha rassicurato dicendomi che sarebbe stata dura ma che facendo tutto per bene ce l’avrei fatta. 

Zambini in mezzo ai suoi due mentori di questa Vuelta: a sinistra Landa, a destra Luis Leon Sanchez
Zambini con al suo fianco Landa: un esempio da seguire, in corsa e fuori
Correre con Landa come capitano che sensazione ti ha lasciato?

Avevamo già corso insieme, al Tour of the Alps. Lui dietro lo schermo sembra sempre serio ma in squadra è molto gentile e simpatico. E’ un corridore che mi piace davvero molto, un esempio per tutti, soprattutto per me, anche come tipologia di atleta. E’ serio quando deve, insegna sempre qualcosa, e sa cogliere i momenti giusti per una battuta o uno scherzo.

Tappa preferita?

Mi è piaciuta molto quella di Sierra Nevada. Eravamo ben coperti in fuga con Gino Mader. Prima della salita finale ne dovevamo affrontare un’altra di 8-9 chilometri dove il gruppo si è frazionato. Sono riuscito a rimanere insieme ai primi, stare con loro mi ha dato una grande carica. Sulla salita finale sono rimasto fino a quando ho potuto con Landa, poi ho continuato con il mio passo. Avevo anche il tifo da casa, sono venuti a trovarmi i miei genitori e mia sorella, è stata una sorpresa, non ne sapevo nulla. Averli così vicini mi ha dato una carica in più. 

Durante l’ultima tappa Zambanini ha assistito alla passerella finale per Nibali e Valverde: una grande emozione
A Madrid Zambanini ha assistito da vicino alla passerella finale per Nibali e Valverde
Il giorno più difficile?

La 19ª tappa. Mi sono venuti i crampi in cima all’ultima salita, mi sono idratato poco e l’ho pagata. Ero riuscito a rimanere nel gruppo principale e in discesa ero pronto a lavorare per Landa. Ma appena passato lo striscione del Gpm ho sentito le gambe bloccate, ad un certo punto mi sono dovuto fermare a bordo strada dal dolore. E’ la tappa che mi è rimasta più indigesta, avevo praticamente terminato, mancavano solo la discesa e l’arrivo, invece i crampi mi hanno fermato. 

Insieme a Tiberi eri uno dei più giovani in gruppo. 

Era strano, soprattutto i primi giorni. Essere accanto a persone con così tanta esperienza, che sanno gestire queste corse mi ha messo un po’ in difficoltà mentalmente. Tiberi ed io siamo molto amici, negli anni abbiamo condiviso tante esperienze, anche in nazionale. Ci siamo sostenuti a vicenda, dicendoci che in futuro ci riproveremo, anzi magari ci daremo battaglia proprio noi due su queste strade (dice con voce allegra Zambanini, ndr). 

Rispunta Mader. Poche chiacchiere e tanta sostanza

31.07.2022
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Esattamente come Remco Evenepoel, Gino Mader non correva dallo scorso 26 giugno. Anche lui aveva disputato il campionato nazionale e anche lui poi si era fermato.

Solo che il belga, aveva vinto in primavera, tanto da mettere nel sacco la Liegi, Gino invece si era visto poco. Attenzione, è chiaro che non stiamo qui a paragonarli. Remco appartiene a quella elite di 4-5 fenomeni che stanno caratterizzando questa epoca, mentre Mader è un gran bel corridore.

Ma proprio perché è un ottimo atleta, vogliamo sapere come mai si è visto poco sin qui.

Mader (classe 1997) è rientrato ieri a San Sebastian, chiudendo in 29ª posizione
Mader (classe 1997) è rientrato ieri a San Sebastian, chiudendo in 29ª posizione

Rientro basco

Ne parliamo con lo stesso corridore della Bahrain Victorious. Lo scorso anno fu una delle rivelazioni. Vinse al Giro, vestì la maglia di miglior giovane alla Vuelta. Se la giocò in salita con Roglic.

«Mi sono allenato bene dopo la pausa per Covid – dice Mader – Era la prima volta che facevo la Clasica di San Sebastian pertanto non avevo informazioni e l’ho presa un po’ come è venuta. E’ stata una corsa di alto livello. C’erano alcuni che venivano dal Tour e mi aspettavo volassero. Io ho cercato di tenere duro, di essere lì proprio in quel momento.

«E’ vero, lo scorso anno è stato incredibile come le cose siano andate per me. Ho avuto un gran successo, sono molto felice della stagione passata».

Lo scorso anno al Giro d’Italia vinse la tappa con arrivo in salita a San Giacomo
Lo scorso anno al Giro d’Italia vinse la tappa con arrivo in salita a San Giacomo

Alti e bassi

Invece questa stagione non è nata sotto un’ottima stella. Non che sia da buttare, si cresce anche così, però già nelle prime gare qualcosa non girava al meglio.

«All’UAE Tour – riprende Mader – non avevo raggiunto ancora il mio livello. Alla Parigi-Nizza invece mi sono ammalato e non l’ho potuta finire. Mi sono fermato, mi sono rimesso giù e al Giro dei Paesi Baschi piano piano ho ripreso il mio ritmo. Mi sono sentito meglio sopratutto negli ultimi giorni».

Però da lì la condizione è andata ad aumentare e al Romandia, corsa di “casa” Mader è andato benone. E’ stato secondo nella generale alle spalle di Vlasov. Nessun acuto di tappa, ma una corsa di costanza e sostanza.

«Al Romandia sono stato forte. Ma subito dopo mi sono fermato ancora per andare in altura. Per preparare il Tour, ma…».

Per lo svizzero un ottimo Romandia. La regolarità è un punto di forza di Mader
Per lo svizzero un ottimo Romandia. La regolarità è un punto di forza di Mader

Covid sì, Tour no

Ma il Covid ci ha messo lo zampino. Mader era in netta crescita. Un ragazzo in piena: la forma che cresce, la convinzione e l’autostima che vanno di pari passo dopo il Romandia e dopo il 2021.

«Non avendo partecipato al Giro – riprende Mader – quest’anno mi stavo focalizzando sul Tour ma non ci sono potuto andare per il Coronavirus, che ho preso al Giro di Svizzera. Sin lì ero sui mie valori, stavo bene».

In questi casi si rischia davvero molto. Non per il Covid, ma perché ormai abbiamo imparato che se ci sono degli intoppi a metà stagione, e peggio ancora la prima parte non è stata stellare, è facile che le cose non si sistemino.

Nel ciclismo di oggi è complicato andare alle corse dovendo rincorrere la condizione. Non è più come una volta. Gino invece sembra aver superato brillantemente questo ostacolo. La gamba buona, l’entusiasmo anche.

Al Romandia, Mader è stato secondo a 50″ da Vlasov (a sinistra)
Al Romandia, Mader è stato secondo a 50″ da Vlasov (a sinistra)

Crono e.. testa

E quindi può guardare avanti. Il suo calendario appare abbastanza fitto. Dopo San Sebastian ancora molta Spagna per lo svizzero.

«Andrò a Burgos e dopo Burgos dovrei essere pronto per la Vuelta. E poi ancora vedremo…».

Dello svizzero lo scorso anno ci colpì la sua caparbietà (e anche la sua vena ecologista a dire il vero). Gino Mader è un lavoratore serio e metodico. E per questa aveva cercato di lavorare su quelle che erano le sue lacune: vedi la crono.

«Sicuramente – dice Mader – la cronometro è uno dei punti su cui mi concentro sempre, ma lavori di forza, salita, sprint… sono tutti punti fondamentali e non ce n’è uno in particolare da rimarcare.

«Di sicuro mi sono allenato di più su come penso e su come mi comporto in gara. Ho cercato di migliorare la mia capacità mentale. Il lavoro fuori dalla bici, è tanto importante quanto l’allenamento in sella».

Roglic, i pensieri di un ciclista quasi casuale

22.03.2022
6 min
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Forse è destino che la carriera di Primoz Roglic sia così legata alla Parigi-Nizza. Nella domenica della sua conquista, la prima gara del WorldTour vinta in quella Francia dove aveva vissuto cocenti delusioni (l’edizione precedente, senza tornare al terribile Tour de France 2020 perso all’ultima cronometro) una marea di pensieri sono passati nella sua mente, una serie di ricordi che per certi versi contraddistinguono la sua carriera e che abbiamo voluto mettere in fila, prendendo spunto da alcune sue dichiarazioni rilasciate ai giornali d’Oltralpe.

Roglic figlio 2022
Primoz con suo figlio Lev, che a giugno farà 3 anni, sul podio dell’ultima Parigi-Nizza
Roglic figlio 2022
Primoz con suo figlio Lev, che a giugno farà 3 anni, sul podio dell’ultima Parigi-Nizza

Le radici di famiglia

In fin dei conti, se guardo alla mia carriera non posso lamentarmi, ho messo a frutto quel che mi hanno inculcato in casa. Vengo da una famiglia di minatori: i miei nonni facevano lo stesso mestiere e hanno vissuto gran parte della loro vita sottoterra, almeno 12 ore al giorno, sempre. Mio padre stava seguendo la stessa strada, ma non è vissuto poi tanto a lungo. Io sognavo un futuro diverso, ho iniziato a cercarlo fin da bambino e volevo trovarlo nello sport.

Ho iniziato nel calcio, ma se devo dire la verità lo sport di squadra non è mai stato il mio preferito. Certo, sembra strano dirlo appartenendo a un team di ciclismo, ma questo è uno sport strano, che unisce aspetti individuali e collettivi. Il mio sogno era il salto con gli sci, che per noi in Slovenia è una religione, basta vedere il risalto che hanno avuto le nostre vittorie ai Giochi di Pechino: Ursa Bogataj e Nika Kriznar sono famose quanto me e Pogacar. Volevo salire io su quel podio olimpico e quando ho vinto la cronometro di Tokyo, salendoci ci ho pensato: «Veramente non era questo quello che davvero sognavo, ma va bene lo stesso…»

Roglic 2007
Roglic ai Mondiali Juniores di Tarvisio 2007, dove vinse l’oro a squadre nel salto con gli sci (screenshot Eurosport)
Roglic 2007
Roglic ai Mondiali Juniores di Tarvisio 2007, dove vinse l’oro a squadre nel salto con gli sci (screenshot Eurosport)

Lo sport di squadra

Dicevamo che il ciclismo è qualcosa di ben diverso. E’ vero, ma lo imparo ogni giorno e non sono ancora arrivato al termine di questo viaggio. Il rapporto con gli altri è ottimo, ma non è semplice, anche e soprattutto quando sei un leader e devi gestire le responsabilità Con i dirigenti della Jumbo Visma parliamo molto, il confronto è importante e tante meccaniche che potrebbero sembrare scontate per me non lo sono, le sto apprendendo, come nel giorno della vittoria di Laporte, della fuga con me e Van Aert. Era giusto vincesse lui, non c’è stato neanche bisogno di mettersi d’accordo, ma mi sono stupito di me stesso per questo, significa che ho fatto dei passi avanti e ne ero davvero felice.

In tanti mi hanno attaccato, lo scorso anno, per la vicenda del Col de la Colmiane, quando superai Gino Mader a 30 metri dal traguardo. Ci siamo ritrovati, poi, io e lo svizzero e ne abbiamo parlato a lungo. Non mi ha mai accusato, mi ha detto: «Se fossi andato più forte non mi avresti raggiunto». Perché Gino ha capito, conosce questo mondo, sa che ho fatto quel che andava fatto, anche se spesso ho pensato, in seguito, che in fondo potevo anche lasciargli la vittoria. Ma poi penso che no, ho fatto bene e vi spiego perché.

Roglic Mader 2021
Un sorpasso che ha fatto tanto discutere: Roglic passa Mader a 30 metri dal traguardo
Roglic Mader 2021
Un sorpasso che ha fatto tanto discutere: Roglic passa Mader a 30 metri dal traguardo

Gli obblighi verso il team

E’ sempre un discorso legato al team. Se dite che il ciclismo non è uno sport individuale, allora bisogna accettare anche simili epiloghi. Quel giorno tutta la squadra aveva lavorato alla grande per un unico obiettivo: la vittoria. Io dovevo finalizzare tutto quel lavoro, perché non fosse andato sprecato. Se non ci avessi provato, avrebbero potuto dirmi «E allora che abbiamo lavorato a fare? Ci chiedi di tirare e poi non ci provi…». Avevo la maglia di leader, forse quella vittoria avrebbe aggiunto poco, ma dovevo farlo per gli altri, prima ancora che per me stesso.

Il giorno dopo, forse per una sorta di karma, ho pagato, ho perso. Ma non voglio che si dica che sono un egoista. L’ultimo giorno del Giro dei Paesi Baschi 2021, ero con David Gaudu e non ho fatto la volata, era giusto che quel giorno vincesse lui, ma cambiava poco.

Roglic Tour 2020
Tutta la delusione sul suo volto dopo la crisi nella cronometro finale del Tour, che va a Pogacar
Roglic Tour 2020
Tutta la delusione sul suo volto dopo la crisi nella cronometro finale del Tour, che va a Pogacar

La maledizione del Tour

Sembrerà strano, ma il Tour dello scorso anno mi ha fatto più male di quello del 2020, da ogni punto di vista. Ci credevo, anche dopo la caduta, ma la tappa di Le Grand Bornand è stata un calvario vero e proprio. Io pensavo di riprendermi, non per la classifica ma almeno per lasciare un segno, ma poi mi sono accorto che faticavo come una bestia anche solo per rimanere nel gruppo dei velocisti… Molti dicono che sarebbe stato più saggio mollare, ma la gente mi incitava, lo dovevo a loro. Arrivato al traguardo ho preso coscienza della mia situazione e ho mollato, ma volevo andar via dal Tour con un bel ricordo, così il giorno dopo ho preso qualche cassa di birre e mi sono messo fuori dal camper e mi sono messo a distribuirle e condividerle con i passanti. In fin dei conti non ero finito in ospedale, era già qualcosa…

Dovevo partire per Tokyo e non ne avevo alcuna voglia. Con il cittì Andrei Hauptman abbiamo discusso a lungo, ha fatto una grande opera di convincimento, prima della gara in linea dove andavo pure bene, ma la schiena ha iniziato a farmi male. Figuriamoci l’umore dopo: la crono non volevo neanche farla, Andrei è stato ore a parlare, a convincermi che dovevo provarci, a dissipare i miei dubbi. Un bel po’ di quella medaglia d’oro è merito suo.

Roglic Tokyo 2021
Sofferente per la caduta al Tour, Roglic si esalta sul percorso olimpico di Tokyo e vince l’oro a cronometro
Roglic Tokyo 2021
Sofferente per la caduta al Tour, Roglic si esalta sul percorso olimpico di Tokyo e vince l’oro a cronometro

E ora un’altra avventura

Ora sono qui, a preparare altre avventure. Forse la maledizione delle gare francesi è sfatata ed è giusto che sia avvenuto rischiando fino all’ultimo metro, vincendo la Parigi-Nizza quasi come l’avevo persa l’anno prima. Soffrendo, come d’altronde è parte di questo mestiere. Tutta la mia carriera è così, ma devo dirmi fortunato: in quanti potrebbero iniziare la loro a 22 anni, senza quasi neanche saperlo? I miei sogni di bambino erano altri, ma è andata così, attraverso un cammino mai dritto, sempre tortuoso. Nel quale ogni giorno è una scoperta e io sono ancora tanto curioso…

Maglie, vittorie ed ecologia: giù il cappello per Gino Mader

15.09.2021
5 min
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Il suo nome chiaramente già lo conoscevamo, ma a sorpresa era uscito già prima dell’inizio di questa stagione durante il ritiro della Vini Zabù. Voi direte: ma cosa c’entra la Vini Zabù con Gino Mader? Beh, a parlarci di questo ragazzo era stato un altro svizzero in forza alla squadra toscana, Joab Schneiter. Anche lui, viso pulito e grande educazione, era rimasto colpito dal tempo siglato sul Monte Serra. «Ho fatto 8” meglio del mio amico Gino Mader. E lui è nel WorldTour, alla Bahrain Victorious», aveva detto con grande orgoglio.

Giro d’Italia 2021, Gino Mader vince la settima tappa dopo una lunga fuga
Giro d’Italia 2021, Gino Mader vince la settima tappa dopo una lunga fuga

Dalla Svizzera… al mondo

In questi ultimi mesi Gino è andato man mano a migliorare. Fino ad arrivare ad alzare le braccia al cielo al Giro d’Italia, nella dura tappa di San Giacomo, arrivo in salita tra le alture ascolane. Non solo, era già andato forte alla Parigi-Nizza, dove aveva tenuto testa a Roglic. E alla Vuelta è stato protagonista assoluto.

«Mi sono appassionato al ciclismo grazie ai miei genitori, ad entrambi. E questo mi ha davvero aiutato già in giovane età. A dieci anni ho iniziato con delle gare locali e poi è diventato davvero un qualcosa di grande… sempre di più. Vivo in Svizzera, ed è lì che mi alleno la maggior parte dell’anno, almeno quando non sono con la squadra. Ho un sacco di belle strade che posso godermi».

Mader è di Flawil, paesino nel Nord della Svizzera nel cantone di San Gallo. Da una parte pianure più dolci che vanno verso la Germania, dall’altra le grandi salite delle Alpi. Con la sua nazionale è stato coinvolto anche nel settore della pista. Crono e parquet andavano di pari passo nella costruzione dell’atleta. Alto 1,81 per 61 chili è passato pro’ nel 2019 nelle fila dell’allora Dimension Data.

Alla Vuelta Mader ha lavorato anche per Jack Haig. L’australiano ha chiuso al 3° posto e Gino al 5°
Per Mader alla Vuelta quinto posto finale e maglia bianca di miglior giovane

Dedizione massima

E quel bambino magrolino e biondo che scorrazzava per il Nord della Svizzera ne ha fatta di strada, specie quest’anno. Adesso è davvero tra i grandissimi del gruppo. Insomma: protagonista al Giro, maglia bianca alla Vuelta (nella foto in apertura), punto fisso della nazionale svizzera… Davvero una grande crescita.

«Vero, ma non dirò che è stato solo quest’anno – dice lo svizzero – Credo che questa crescita sia iniziata già l’anno scorso alla Vuelta, dove sono arrivato spesso davanti e in una tappa (la penultima, ndr) ho fatto secondo. Se ho cambiato preparazione? Non l’ho fatto, almeno non del tutto. Ho cambiato squadra (era alla NTT, ndr) ho cambiato allenatore okay, ma soprattutto sono stato molto attento a quello che facevo e come. Inoltre non ho avuto grossi contrattempi in questa stagione. Mentre l’anno scorso ho avuto dei problemi al ginocchio per due mesi. E l’anno prima ancora mi ero rotto un polso. Quindi dico che sono solo cresciuto, sono più convinto… E posso fare ancora molto, molto di più».

«Io sapevo sin dalle corse under 23 che avevo nelle gambe certe qualità – riprende Mader – Ma dopo essere passato non ero più riuscito ad esprimermi allo stesso livello. I miei numeri di potenza sono sempre stati vicini alle corse under 23, ma in realtà non li avevo mai più eguagliati. È solo in questa stagione che ho trovato lo stesso livello. Quest’anno ho fatto gli stessi numeri della Vuelta dell’anno scorso, solo che stavolta sono stati abbastanza per vincere. Il che è fantastico!».

La nazionale svizzera è sempre stata la sua “seconda casa” visto che anche nelle categorie giovanili era spesso convocato
La nazionale svizzera è sempre stata la sua “seconda casa” visto che anche nelle categorie giovanili era spesso convocato

Lo zampino di Gasparotto

Un Mader così può pensare di fare classifica, di iniziare seriamente a puntare ai grandi Giri, ma lui, come un po’ ci aspettavamo a dire il vero, con il suo carattere umile vola basso. Il che non significa che non sia grintoso.

«Non cambio nulla per il mio futuro perché ho sempre voluto andare come sto andando adesso. Vado alle corse con un pugno di ferro. Potrei finire adesso la mia carriera e andrebbe bene lo stesso, specie dopo il quinto posto della Vuelta. E’ già incredibile come è andata quest’anno e vediamo cosa succederà in futuro». Insomma, Mader vive alla giornata.

Ma il merito della sua crescita è anche della gente, che tra squadra e nazionale, si è trovato al suo fianco e due di queste persone sono italiane: Damiano Caruso e Enrico Gasparotto.

«Caruso – dice Mader – mi ha aiutato molto in questa stagione. Ma penso che nella mia crescita professionale la mano più grande me l’abbia data Gasparotto. Gaspa mi è stato davvero vicino, sia la scorsa stagione in squadra che quest’anno in nazionale».

Un Mader di qualche anno fa in allenamento sulle strade (e tra i ghiacciai) della sua Svizzera (foto Instagram)
Un Mader di qualche anno fa in allenamento sulle strade (e tra i ghiacciai) della sua Svizzera (foto Instagram)

Amore (concreto) per l’ambiente

Rispetto a molti suoi colleghi, Mader è un po’ “uscito dal gruppo” per quel che riguarda gli interessi post ciclismo. Okay hobby, altri sport, per alcuni la moda e le auto… ma è raro imbattersi in chi intraprende iniziative particolari. Iniziative volte all’ambiente. Questo denota una certa personalità. Il suo “uscire dal gruppo” fa rima con ambiente.

La sua vena ecologica infatti è più che marcata. Gino infatti ha deciso che avrebbe donato un euro per ogni corridore che gli sarebbe finito alle spalle in ogni tappa delle Vuelta e altri 10 euro per ogni atleta messo dietro nella classifica generale. A decidere a chi sarebbe andato il denaro sono stati i suoi follower: l’organizzazione che avrebbe ricevuto più like sarebbe stata la prescelta.

«Era ora di fare qualcosa perché dipendiamo dall’ambiente e non possiamo farne a meno – spiega Mader – Noi veniamo alle corse, andiamo agli allenamenti, gareggiamo… ma non possiamo farlo se ci sono troppe inondazioni, incendi, se la natura si distrugge. Vivendo in Svizzera, abbiamo un sacco ghiacciai che stiamo perdendo. E quindi è super, super importante fare qualcosa o provare a fare qualcosa.

«Alla Vuelta è andata abbastanza bene. In totale abbiamo raccolto 15.000 euro tondi, tondi da dare ad una compagnia ambientalista dei Paesi Bassi». Per la precisione i soldi sono andati a Just Diggit, un’organizzazione con sede ad Amsterdam che lavora sul contenimento dell’aumento delle temperature ripristinando gli spazi verdi in Africa. Ha già ripristinato 60.000 ettari con alberi e piante.

Si chiama Gino, non sa nulla di Bartali, però sa vincere

13.05.2021
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«Ieri è stato un giorno molto triste – dice Gino Mader – ma quasi subito abbiamo trovato nuovi obiettivi. Non abbiamo più Landa da proteggere e così potremo correre in modo più aggressivo. Oggi Mohoric ha fatto una corsa incredibile. Credeva in me già da ieri. Non faceva che ripetermi che questa tappa fosse adatta a me e alla fine aveva ragione lui».

Matej Mohoric si è sacrificato per Gino Mader, risultando decisivo
Matej Mohoric si è sacrificato per Gino Mader, risultando decisivo

La reazione

Sembrerebbe una storia già vista, come quella della Ineos dello scorso anno che, perso Thomas, si rimboccò le maniche e tirò fuori il Giro più bello. Ieri la caduta di Landa ha privato la Bahrain Victorious del suo leader, ma il gruppo ha saputo reagire.

«Nessuna alchimia strana – spiega Alberto Volpi, di ben altro umore stasera rispetto a ieri – si sono guardati in faccia e hanno capito di dover fare qualcosa. I più giovani magari no, ma quelli esperti sanno che queste cose accadono di continuo e si deve andare avanti. Sicuramente stiamo parlando di una squadra di valore. Uomini di qualità selezionati per stare accanto a un leader forte, che ora dovranno fare la loro corsa.

Ganna si è preso in spalla il Team Ineos dal cuore dei Sibillini fino a parte della salita finale
Ganna si è preso in spalla il Team Ineos dal cuore dei Sibillini fino a parte della salita finale

«Mohoric, che oltre alle gambe ci mette tanta testa e oggi ha pilotato benissimo il ragazzino. Caruso, decimo al Tour e sapete meglio di me quale sia la sua storia. Pello Bilbao. Insomma, non proprio gli ultimi arrivati. E Mader, anche se è la prima corsa che facciamo insieme, lo ricordo lottare nelle corse a tappe da più giovane con Hindley e Pogacar. Ha dei numeri, verrà fuori».

La bici e la gioia

Gino Mader ha i capelli ricci e il suo inglese ha le durezze del tedesco. Quando gli dicono che un Gino vittorioso al Giro prima di lui faceva di cognome Bartali, lui forse un po’ arrossisce, ma neanche tanto. Spiega che quella storia del ciclismo è troppo indietro rispetto ai suoi anni e che gli piacerebbe scoprirla, ma che al momento la stessa domanda bisognerebbe farla ai suoi genitori che ne sanno certamente di più.

La sua storia recente parla di alcune beffe. Come quella alla Vuelta del 2020, battuto Gaudu all’Alto de la Covatilla. E quella di quest’anno alla Parigi-Nizza, preceduto da Roglic nel giorno delle polemiche.

Evenepoel e Bernal hanno sprintato per gli abbuoni e ha avuto la meglio il colombiano
Evenepoel e Bernal hanno sprintato per gli abbuoni e ha avuto la meglio il colombiano

«Se c’è una lezione che ho imparato – Gino sorride – è che se in corsa non sei il più forte, per vincere puoi soltanto andare in fuga. E io oggi ho dato tutto me stesso fino alla riga. Se anche sai di avere alle spalle tutti i più forti, il tuo spirito non deve esserne condizionato. Lo spirito fa la differenza. La bici mi sta dando tanto. Ricordo benissimo quando nel 2019 andammo con la Dimension Data in Sudafrica a consegnare delle biciclette ai bambini. Ricordo i loro sorrisi e pensai che anche io voglio la stessa gioia quando vedo la mia bicicletta. Voglio divertirmi a correre, voglio una vita felice e la bicicletta me la può dare».

Giro che passione

Alle spalle c’è la scuola svizzera del ciclismo, che sin da piccoli permette ai ragazzi di provare tutte le discipline e li guida poi nella scelta della più adatta.

Ora è Caruso l’uomo di classifica della Bahrain Victorious: 7° a 39″
Ora è Caruso l’uomo di classifica della Bahrain: 7° a 39″

«Ho avuto dei buoni mentori – dice – come Daniel Gisiger (professionista dal 1977 al 1988 e vincitore di due tappe al Giro, ndr) che mi ha portato in pista e poi su strada e alla fine mi ha aiutato a trovare la mia strada. Non so dove mi condurrà o come proseguirà questo Giro, Nel bus parleremo. Potrei andare ancora in fuga o tirare per un compagno, sarò ugualmente contento di farlo. Voglio godermi il Giro d’Italia, ho sempre pensato che sia la corsa più bella del mondo».

Roglic, Mader: il destino in trenta metri

13.03.2021
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Parigi-Nizza, uno di quei giorni che ti restano dentro. Esiti di una corsa che possono anche influire sul prosieguo della tua carriera. Roglic, quel maledetto responso della cronometro finale dell’ultimo Tour de France se lo porta ancora dentro, un ricordo indelebile, forse un patrimonio che pesa su tutte le sue scelte. A lui, la vittoria nella tappa della Parigi-Nizza a La Colmiane cambiava poco, a Gino Mader, in fuga sin dalle prime fasi, tantissimo. Tutto è cambiato a 30 metri, soli 30 metri dal traguardo (foto in apertura).

Una tappa così non la si può semplicemente raccontare con gli occhi, bisogna entrare nei pensieri dei protagonisti.

Il momento dello scatto di Roglic verso La Colmiane
Il momento dello scatto di Roglic verso La Colmiane

I fantasmi di Roglic

«Sono Primoz Roglic, 31 anni, leader della Jumbo-Visma. Da quel giorno a La Planche des Belles Filles quella sensazione non mi ha mai lasciato, per questo penso che ogni gara, ogni traguardo vada inseguito. E dobbiamo tutti lavorare per quello. Ho vinto ieri ma che sarà domani? Non posso saperlo».

«Sono Gino Mader, 24 anni, svizzero appena arrivato alla Bahrain Victorious. Già, vittoriosa e io di vittorie non he ho. Ma stamattina ho visto partire la fuga di giornata e mi sono messo dentro, chissà mai che…».

Gino Mader all’attacco nella 7ª tappa della Parigi-Nizza
Gino Mader all’attacco nella 7ª tappa della Parigi-Nizza

Il sogno di Mader

Mader: «La tappa sta finendo e io, Gino Mader, sono in testa, da solo. Ho staccato anche Powless. Una quarantina di secondi, basteranno? Mancano 4 chilometri, vado su, ci metto sui pedali tutto quello che ho».

Roglic: «Vogliono farmi la guerra? La maglia gialla ce l’ho io addosso, è normale che sia così, ma tra tutti questi scatti e rallentamenti non ci capisco più nulla. Si avvicina Kruiswijk. Sì Steven, dai un bello strappo, vediamo chi tiene. Grande ragazzo, Steven, era il capitano rima che arrivassi io nel team. Avrà le sue occasioni, ricambierò…».

Mader: «Eccolo, lo striscione dell’ultimo chilometro, non si vede nessuno dietro. Ce l’ho quasi fatta, ci sono, ci sono…».

Roglic: «Questo non lo accetto, Maximilian Schachmann che mi scatta in faccia. Va bene che è il campione uscente, ma il più forte sono io e devo dimostrarlo. Sempre».

Mader: «Il traguardo, eccolo, un ultimo sforzo, ma dietro “lui” sta arrivando. Lo sento che sta arrivando, 50, 30 metri: passa allora, ma questo successo era mio, doveva essere mio».

Roglic: «Sono tre vittorie, di seguito. Un cannibale? Forse, ma quando l’ho visto davanti mi sono detto perché no? Ero lì e sapevo di poter vincere. Domani c’è ancora una tappa difficile, la Parigi-Nizza non è ancora conquistata finché non oltrepassi l’ultimo metro. Lo so bene io, troppo bene».

Storie già viste

La storia del ciclismo ha vissuto centinaia di episodi simili e altri ne vivrà, ma sono proprio questi, o ancor meglio i sentimenti e i pensieri che si annidano in queste vicende che hanno reso lo sport delle due ruote il più epico che ci sia. Uno sport di vincenti e di perdenti e non sempre chi taglia il traguardo per primo vince in toto.

Oggi un quasi sconosciuto svizzero, col suo sguardo perso in quegli ultimi venti metri, è entrato nella memoria di molti, ci si può scommettere.