Soudal-Quick Step: un’evoluzione costante. Parla Bramati

13.01.2025
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CALPE (Spagna) – Davide Bramati non è solo uno degli uomini chiave della squadra belga, ma anche uno dei testimoni più diretti della sua evoluzione. Con 23 anni di esperienza nel gruppo, prima come corridore e poi come direttore sportivo, il “Brama” ha vissuto ogni fase della trasformazione della Soudal-Quick Step, oggi una formazione costruita attorno a quel prezioso gioiello che è Remco Evenepoel, capace col suo nome, il suo appeal e le sue vittorie di rilanciare una squadra che addirittura si pensava potesse sparire solo un anno fa quando si parlava di fusioni o di una sua stessa cessione da parte dello storico manager Patrick Lefevere (in apertura foto Instagram-Soudal Quick Step).

Niente di tutto ciò. La Soudal è forte e viva, anche se diversa. E Bramati ci racconta i cambiamenti avvenuti nel team, le sfide affrontate e le prospettive future, sottolineando come la squadra cerchi di adattarsi alle esigenze di un ciclismo sempre più competitivo e specializzato.

Il mercato è stato importante quest’anno, anche quello ai vertici. Via Lefevere dentro Jurgen Foré alla guida come team manager. E poi l’arrivo di Ethan Hayter su cui investire per le classiche, tanti giovani dal devo team, ma anche scalatori di esperienza come Maximilian Schachmann, profilo impensabile per il Dna di questa squadra fino a solo due o tre anni fa.

La Soudal-Quick Step si presenta alla stampa: obiettivo Tour con Evenepoel, ma sempre con le classiche in testa
La Soudal-Quick Step si presenta alla stampa: obiettivo Tour con Evenepoel, ma sempre con le classiche in testa
Brama, ormai sono un bel po’ di anni che sei in questa squadra?

Ne sono passati ben 23 da quando ho iniziato il mio cammino in questo gruppo: dal 2003 al 2006 come corridore e dal 2006 ad oggi come direttore.

E quanto è cambiata la Soudal? Una volta eravate “la squadra delle classiche”, adesso è evidente questa evoluzione, l’ha detto anche Lampaert durante la presentazione.

Abbiamo perso corridori importanti negli anni. Adesso ci sono altri nomi e uno di questi fa parte di quei cinque o sei atleti che, quando sono alla partenza di una gara, al 90 per cento sono i favoriti. Questo è il ciclismo e la sua evoluzione e noi ci siamo adattati. Anche se è cambiato tanto, però ricordo che la bici è sempre fatta da un telaio, due ruote, un corridore e la sua testa: certi dogmi perciò non cambiano mai.

Anche nel modo di lavorare è cambiato tanto rispetto alla Quick Step di Boonen, tanto per citare un totem del vostro gruppo?

Chiaro, come dicevo l’evoluzione è evidente: materiali più veloci, abbigliamento, nutrizionisti, cuochi, preparatori. Non che prima non fosse così, in qualche modo un certo tipo di ricerca a fare meglio c’era, ma oggi c’è più lavoro specifico su ogni persona e da parte di ogni persona. Ognuno ha il suo ruolo e deve cercare di ottenere e far ottenere il massimo.

Quest’anno avete dato un colpo definitivo: non siete più solo una squadra da classiche. Le partenze di Asgreen e Alaphilippe lo confermano.

Sì, sono partiti due corridori che hanno fatto tanto per questa squadra, ma anche altri in questi anni. Julien ha vinto tanto e anche Asgreen, il nostro ultimo vincitore del Giro delle Fiandre. Sono arrivati Paret-Peintre, Schachmann, Hayter, ottimi corridori. Ma come ho detto, avere uno di quei cinque o sei talenti che dominano oggi è fondamentale. Penso a Van der Poel, Van Aert, Pidcock, Vingegaard: corridori che le squadre vogliono tenersi stretti. Ed è giusto, è normale insistere su questi.

Bramati (classe 1968) con Alaphilippe: i due hanno condiviso moltissime battaglie insieme
Bramati (classe 1968) con Alaphilippe: i due hanno condiviso moltissime battaglie insieme
Con Alaphilippe ci scherzavi tanto, era un po’ un “tuo” corridore. Ci ricordiamo quando proprio qui a Calpe ti rubava le chiavi dallo scooter (mentre si era in marcia) con il quale li seguivi in allenamento…

Eh sì mi ricordo! “Giuliano” l’ho sentito di recente. Mi ha detto che sta bene. Per lui inizia una nuova avventura dopo tanti anni. È andato in una squadra con potenzialità per crescere. Gli auguro di tornare a vincere qualcosa di importante.

Capitolo Evenepoel: come procede il suo recupero? Te lo immagini competitivo per le Ardenne?

Ha avuto un incidente a dicembre, sta facendo gli ultimi controlli. Aspettiamo che i medici ci informino e vediamo. Se sarà pronto per le Ardenne? Io credo di sì, poi non è facile vincere quelle corse. Ma penso una cosa riguardo a Remco, e gliel’ho anche detta: le forze che non sta spendendo adesso se le ritroverà durante l’anno. Sono sicuro che tornerà a un altissimo livello.

Da ex corridore, come vedi Evenepoel dopo la stagione passata? Nel senso: come si trovano gli stimoli per cercare di chiudere il gap in salita con Pogacar e Vingegaard?

L’anno scorso, alla partenza del Tour, non in tanti credevano che potesse arrivare sul podio. Mentre noi abbiamo sempre corso con quell’obiettivo e lo abbiamo raggiunto. Remco ha dimostrato una crescita importante anche sulle grandi salite. Tuttavia sa che deve migliorare ancora per competere con i due che gli sono arrivati davanti, ma è giovane e rispetto a quei due ha il tempo dalla sua parte per crescere.

Remco sarà chiamato ad un grande impegno per ridurre il gap in salita nei confronti di Vingegaard e Pogacar, ma Bramati è fiducioso
Remco sarà chiamato ad un grande impegno per ridurre il gap in salita nei confronti di Vingegaard e Pogacar, ma Bramati è fiducioso
A proposito di giovani, i due ragazzi italiani, Garofoli e Raccagni, che impressioni ti hanno dato?

Andrea Raccagni era nel nostro devo team, Garofoli era già in Astana e ha fatto qualche esperienza in più, è anche un pelo più grande. Arrivano in un gruppo dove avranno gli occhi addosso in ogni gara, ma non devono avere fretta. Gliel’ho detto: «La stagione è lunga, arriverà anche il vostro momento», anche se spesso saranno chiamati ad aiutare. Ma prima o poi tra situazioni di gara, calendari, assenze di qualcuno… avranno spazi personali.

Li vedremo al Giro d’Italia?

Sicuramente Raccagni no. E’ al primo anno, deve migliorare e deve mettere chilometri di gara con i pro’ nelle gambe. Garofoli invece è nella nostra lista lunga. Decideremo dopo i primi due mesi chi saranno gli otto effettivi e le quattro riserve per il Giro d’Italia.

Raccagni lo vedi adatto per le classiche?

Fisicamente mi ricorda un po’ il “Ballero”. Ha 20 anni, è giovane e deve fare le cose con calma, ma ha potenzialità. Una stazza giusta e parecchia potenza. Lo vedremo già quest’anno.

I giovani di oggi guardano alla storia del ciclismo o no? Ti hanno mai fatto domande magari su Boonen, sui corridori dei tuoi tempi…

Troppe domande no, ma sono sicuro che guardano la storia di questo sport. Per esempio, Raccagni è in camera con Pascal Eenkhoorn, che ha esperienza. Ma bisogna lasciar loro il tempo per maturare. Il livello si è alzato tantissimo e il ciclismo di oggi non è facile.

Garofoli e la Soudal-Quick Step: primi passi del rilancio

14.10.2024
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GRASSOBBIO – La singolare coincidenza dello stesso hotel alla vigilia del Lombardia ha fatto sì che l’ufficio stampa della Soudal-Quick Step abbia incontrato Gianmarco Garofoli per realizzare il contenuto pubblicato stamattina alle 11. Dopo la Vuelta le trattative hanno avuto una rapida accelerazione. Nei giorni del mondiale avevamo saputo dell’interessamento della squadra belga, l’accordo è arrivato subito dopo. Dal prossimo anno, Garofoli correrà alla corte di Lefevere, guidato da Davide Bramati. Se c’è qualcosa da tirare fuori, questa potrebbe essere la squadra giusta.

«Sono veramente molto emozionato per questa possibilità – dice Garofoli – perché vado in una squadra che ha anche una grande storia. Le emozioni contano veramente tanto. Mi sembra di vivere il mio sogno di quando ero bambino. Far parte di queste grandi squadre, avere l’opportunità di correre e anche a buon livello».

A San Sebastian dopo il 7° posto di Ordizia, sulla via della Vuelta
A San Sebastian dopo il 7° posto di Ordizia, sulla via della Vuelta
Che cosa è cambiato quest’anno?

E’ stato molto importante. Venivo da annate difficili, soprattutto dopo il periodo del Covid e il mio problema di salute, la miocardite. Questo invece è stato un anno chiave. Ero partito dall’inverno per fare una bella preparazione e mettere tutte le cose in fila. Ho ritrovato me stesso e durante la Vuelta ho avuto delle belle sensazioni. Essere lì e lottare con i grandi nomi mi ha fatto venire i brividi. Dopo tanto tempo ho realizzato che riesco ad andare davvero forte. Ho ricominciato a vivere emozioni che avevo perso da parecchio tempo.

Temevi di averle perse?

No, dentro di me ho sempre creduto in me stesso, anche se sono stati anni difficili. Non nascondo che qualche volta non mi sono sentito all’altezza. Però sono stato forte, ho perseverato e sono riuscito ritrovare queste belle emozioni. Ritrovarmi accanto a Pogacar all’Emilia quando ha attaccato, in qualche modo è stato importante.

La Vuelta è stato il tuo primo grande Giro, fosse stato per te lo avresti fatto prima?

A inizio anno non era previsto che facessi un Grande Giro. Magari non ero ancora pronto, non avevo fatto gli step che servivano. Poi, per diverse situazioni, già durante la seconda parte di stagione si vociferava di questa mia partecipazione alla Vuelta. E verso fine luglio ho avuto la notizia che sarei partito e sono stato molto contento.

Tricolore crono juniores del 2020: 1° Milesi, 2° Garofoli, 3° Piganzoli. Il ciclismo italiano può ripartire da qui
Tricolore crono juniores del 2020: 1° Milesi, 2° Garofoli, 3° Piganzoli. Il ciclismo italiano può ripartire da qui
Come è andata?

Mi ha cambiato. Il Grande Giro di tre settimane ti cambia il motore, ma soprattutto per ora mi ha dato tanta sicurezza in me stesso e consapevolezza dei miei mezzi. Il fatto che non ci abbia provato prima probabilmente è dipeso dai problemi di salute delle ultime due stagioni. Sono rimasto un po’ indietro rispetto alla mia generazione, rispetto a Piganzoli e Milesi, per esempio. Sto facendo i passi che loro magari hanno fatto prima, però sono contento di essere ormai sulla strada giusta.

Le emozioni di stare davanti con i grossi nomi alla Vuelta somigliano alle emozioni di quella prima sfida con Scarponi a Sirolo, tu ragazzino e lui vincitore del Giro?

Emozioni differenti (si commuove, ndr). Quella volta a Sirolo, vedevo Michele come un campione, un sogno, la realizzazione di un mio sogno. Michele era una guida. Invece le emozioni che ho provato alla Vuelta erano legate alla sicurezza in me stesso, alla fiducia che avevo un po’ perso. Emozioni simili, ma diverse.

Che cosa ti avrebbe detto Michele dopo la Vuelta?

Che sono andato forte!

All’Emilia, Garofoli è stato in testa fino all’attacco di Pogacar, poi ha lavorato per Velasco
All’Emilia, Garofoli è stato in testa fino all’attacco di Pogacar, poi ha lavorato per Velasco
Dal prossimo anno sarai con Bramati: che cosa pensi della figura del direttore sportivo?

Secondo me è una figura molto importante, qualcuno di cui potersi fidare. Che ti aiuta e magari fa da mediatore fra te e la squadra. Secondo me il direttore sportivo è anche colui che riesce a indirizzarti e a guidarti verso la strada giusta. Sono uomini che hanno già fatto queste esperienze molto prima. Per il momento ho parlato con Bramati. Prima avevo fatto una videochiamata con Jurgen Foré, il direttore operativo, ed è stato un bel dialogo. Mi è piaciuto come mi ha descritto la squadra, sono contento che siamo riusciti a concludere il tutto.

Ti hanno chiesto qualcosa in particolare?

Per il momento non ancora, è presto. Vado nella squadra di un grande leader: quando c’è Remco, si lavora per lui, come è giusto che sia. E’ quello che cercavo. Secondo me una figura che mi è mancata in queste due stagioni da professionista è stato un leader, una figura a cui potevo ispirarmi e da cui potevo prendere qualcosa. Sono veramente emozionato di poter correre con lui e farò tanta esperienza con la possibilità di vedere una gara differente.

Rimani in una grande squadra: hai mai avuto la sensazione che saresti dovuto andare in una squadra più piccola?

Sono sincero, prima della Vuelta avevo un po’ d’ansia e mi sentivo un po’ sconfortato. Non ero tranquillo. Dopo la Vuelta, parlando anche con i ragazzi, i miei genitori che sanno tutto, ho ritrovato la serenità.

Alla Agostoni, Garofoli ha chiuso al 21° posto a 1’10” da Hirschi
Alla Agostoni, Garofoli ha chiuso al 21° posto a 1’10” da Hirschi
Che cosa è cambiato?

Quello che cercavo erano risposte da me stesso, non dagli altri. E’ importantissimo trovare la squadra e l’ambiente giusto, però dovevo soprattutto ritrovare me stesso e tornare a fare delle belle prestazioni. Perché al di là dei risultati, che magari per un motivo o per un altro non arrivano, in Spagna ho fatto delle belle prestazioni. Perciò dopo la Vuelta, anche se non avevo ancora una squadra, ero sereno per quello che sarebbe stato il mio futuro.

Secondo te tuo padre ha seguito tutta la Vuelta perché ti aveva visto così poco sereno?

Mio padre ha sempre creduto in me, forse più di quanto ci creda io. Ha sempre cercato di starmi vicino e di non farmi dimenticare chi sono. Per me è stato importante averlo vicino. Tante persone mi dicono che per me è una pressione averlo sempre accanto, invece no. Per me è un valore aggiunto.

La Vuelta di Garofoli negli occhi e nei pensieri di suo padre

08.09.2024
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Una foto su Instagram. Garofoli è piegato sulla bicicletta, sfatto dalla fatica sull’arrivo di Villablino alla Vuelta. Alle sue spalle c’è il padre, che gli poggia appena la mano sulla schiena, quasi con la paura di fargli male. Il commento accanto recita: «Sempre al mio fianco. Daddy».

Che cosa spinge un padre a seguire il figlio in un posto così lontano? Perché Gianluca Garofoli ha sentito il bisogno di raggiungere il Nord della Spagna per stare accanto a suo figlio? Glielo abbiamo chiesto. Perché la carriera di Gianmarco di colpo si è fermata e di colpo lo sguardo guascone di quel ragazzino tutto scatti e nervi ha cambiato sfumature. Lo vedi che si è fatto uomo, ma capisci anche che manca qualcosa. La fiducia. La continuità. E anche un contratto per il prossimo anno. Perché un padre parte dall’Italia e suo figlio gli riconosce a questo modo la presenza?

«Da due mesi a questa parte – racconta – lo vediamo veramente in sofferenza per il discorso della squadra. Si sente in crescendo, sente che non ha avuto fiducia. Si sente in un vicolo stretto e vuole liberarsi, ma ancora non ce la fa. Purtroppo negli ultimi due anni ha avuto parecchia sfortuna e per questo ha perso quasi un anno di allenamenti. Di fatto sta un anno indietro con la preparazione. Si è visto qui alla Vuelta che più corre e più le sue prestazioni migliorano. Avrebbe potuto farlo prima un Grande Giro. Penso che quella foto l’abbia messa per ringraziarmi».

Alla partenza della tappa di ieri, con l’idea di andare in fuga: la Vuelta di Garofoli è stata finalmente positiva
Alla partenza della tappa di ieri, con l’idea di andare in fuga: la Vuelta di Garofoli è stata finalmente positiva

Il cuore e la paura

Ripilogando, Gianmarco Garofoli fa parte dell’infornata di Milesi, Germani, Piganzoli, Moro e tutti i 2002 che nelle categorie giovanili si dividevano le vittorie. Trascorre il primo anno alla DSM Development. Vince al Val d’Aosta, ma non si trova bene e nel secondo anno da under 23 approda alla Astana Development, guidato da Orlando Maini e fortemente voluto da Giuseppe Martinelli cui lo aveva consigliato Michele Scarponi in tempi non sospetti. E’ il 2022 e il marchigiano fa appena in tempo a partire, quando gli viene diagnosticata una miocardite, per la quale deve stare fermo a lungo. E’ l’inizio dei problemi.

«Fu un periodo di grande apprensione – racconta Gianluca – e quando di recente con mia moglie abbiamo sentito la notizia della morte del povero Roganti, ci siamo guardati con le lacrime agli occhi. E’ stato come smuovere una cosa molto dura, perché noi quella situazione l’abbiamo vissuta da vicino. La miocardite fu un grandissimo spavento. Fortunatamente il malore che ebbe fu preso per tempo. Il giorno dopo andammo all’ospedale e trovarono un principio di infarto. Fu preso in tempo e trattato. Da lì è stato tutto un buio, fino alla ripresa. Abbiamo vissuto con lui tutte le sue paure e le ansie. Anche se da papà, devo ammetterlo, per certi versi fu pure bello. In quel periodo era fermo con la bici, quindi non sapeva cosa fare e si dedicò a starmi dietro. Venne al lavoro in azienda, andammo in fiera, venne in giro per clienti. Fu pure bello, perché sennò questo spazio con il suo lavoro non sarebbe stato possibile…».

Primavera 2022. Un malore, la corsa in ospedale, la miocardite. Garofoli si ferma. Conseguenza del Covid? (foto Instagram)
Primavera 2022. Un malore, la corsa in ospedale, la miocardite. Garofoli si ferma. Conseguenza del Covid? (foto Instagram)
Dopo il cuore, tutto ha ripreso il giusto corso?

Neanche per sogno, sono continuate ad accadere una dietro l’altra. Anche quest’anno ha avuto la bronchite prima del Giro Italia e ha fatto due settimane di antibiotici. Alla prima corsa, ha iniziato ad avere i crampi allo stomaco. Fatti gli accertamenti, si è scoperto che c’era l’helicobacter in corso, quindi altre due settimane di antibiotico. E insomma alla fine ha perso un sacco di tempo per cause di questo tipo.

Adesso le cose sembrano andare meglio, perché allora la sua presenza alla Vuelta?

Ho seguito la corsa nei weekend, avevo piacere che mi sentisse vicino. Certo il pensiero della squadra non aiuta. Non c’è niente di ufficiale, ma da quando è entrato lo sponsor cinese, vogliono fare giustamente lo squadrone e gli hanno fatto capire che per lui non c’è più posto.

Giro di Valle d’Aosta 2021, Gianmarco Garofoli con il fratello Gabriele: suo primo tifoso
Giro di Valle d’Aosta 2021, Gianmarco Garofoli con il fratello Gabriele: suo primo tifoso
Suo figlio ha sempre avuto l’atteggiamento da guascone, forse le botte prese lo hanno cambiato, perché sembra molto più riflessivo…

In realtà, vivendolo da vicino e seguendolo alle corse anche con sua madre, lo studiamo. Gianmarco è sempre stato molto autonomo e indipendente, infatti noi molto spesso stiamo in disparte. Mi ricordo che da allievo di primo anno vinse il campionato regionale e ordinò da sé la maglia con la scritta della sua squadra. Tanto è vero che l’azienda da cui l’aveva ordinata mi chiamò per farmi complimenti. Non gli capitava spesso che un ragazzino di 15 anni fosse in grado di cavarsela da sé. Addirittura in quel periodo ebbe un incidente e si ruppe la clavicola e il titolare di quell’azienda, venne all’ospedale per conoscerlo. Non era guasconeria, era gioia esplosiva per i risultati che aveva. Però per contro è stato sempre molto altruista.

Ad esempio?

Noi abbiamo un altro figlio che ha la sindrome di down. E questo ha fatto sì che Gianmarco sia sempre stato con i piedi per terra e aiuti le persone più deboli vicine a lui o all’interno delle varie squadre in cui è cresciuto. La svolta ce l’ha avuta quando è andato alla DSM, lì è cresciuto moltissimo sotto tutti i punti di vista. La lontananza da casa e dagli amici. Fu uno dei primi a partire per una devo team straniera. Rimase su per sei mesi, tornando una sola volta e lassù maturò molto in tutti i sensi.

Due top 10 nel suo primo Grande Giro: Garofoli ha iniziato a mettere fuori la testa. Ha solo 21 anni
Due top 10 nel suo primo Grande Giro: Garofoli ha iniziato a mettere fuori la testa. Ha solo 21 anni
Con la DSM vinse delle belle corse: come la prendeste quando decise di cambiare squadra?

Anche sul piano delle squadre, ha sempre fatto da sé le sue scelte. L’ambiente DSM era particolare, ma non mi chiese consiglio, semplicemente a un certo punto disse che sarebbe andato via. C’ero anche io in Olanda quando ruppe il contratto. Loro dissero di non volere più un corridore che non riusciva a osservare pedissequamente le loro regole e che ogni volta che qualcosa non lo convinceva chiedeva spiegazioni. Lui rispose in inglese di non voler stare un solo giorno di più nella squadra che lo aveva inserito nel gruppo del Giro di Sicilia e poi lo aveva tolto dalla lista senza chiamarlo o dargli una spiegazione.

Non ha chiesto consiglio?

Credo che abbia preso una buona decisione. Mia moglie è stata bravissima sin da piccolino a renderlo indipendente nelle sue decisioni, per cui di solito va che lo assecondiamo, cercando però di stargli vicino nei momenti più difficili.

Si è sempre saputo che il nome suo alla Astana lo fece Michele Scarponi, che per Gianmarco è sempre stato un riferimento…

Michele era venuto alla sua comunione e alla cresima. Veniva a prenderlo a casa per portarlo ad allenarsi. Due giorni prima del suo incidente, si erano allenati insieme. Eppure la conoscenza venne per caso.

Ieri, salendo verso Picon Blanco, con Aleotti nella tappa regina della Vuelta
Ieri, salendo verso Picon Blanco, con Aleotti nella tappa regina della Vuelta
In che modo?

Mi pare che Gianmarco fosse ancora nei giovanissimi quando andammo allo Scarponi Day, che Michele organizzava a fine anno, con un pranzo e prima una pedalata da Filottrano a Sirolo, facendo la salita da Numana. Quella volta Gianmarco prese e scattò davanti al gruppo, avrà avuto 12 anni. Michele lo seguì e fecero insieme tutta la salita da Numana a Sirolo. Si conobbero così. Quando durante il pranzo venne il momento della lotteria per vincere le maglie che aveva messo in palio, Michele prese il microfono e disse che il body da gara non sarebbe stato estratto, perché lo avrebbe regalato al migliore di giornata. Chiamò Gianmarco e lo regalò a lui e fu così che nacque l’amicizia. Dopo un po’ che Michele era morto, Gianmarco ebbe un incidente e si ruppe una clavicola. Martinelli chiamò e ci invitò su, perché ci avrebbe pensato lui.

Lo conoscevate bene?

Non ci avevo mai parlato, ma ci raccontò che Michele gli parlava sempre di lui e diceva che avrebbero dovuto prenderlo. E anzi gli aveva detto che quando avesse smesso, si sarebbe dedicato a coltivare le sue grosse potenzialità. Era il lavoro che Michele si era prefissato per il dopo carriera.

Ci sono consigli che gli date in questo momento difficile oppure, visto che è così autonomo, lo osservate e non dite niente?

Il consiglio che gli diamo è di stare tranquillo, perché se c’è valore, viene fuori da solo. Secondo me la tranquillità paga sempre su tutto. Se uno deve andare, andrà di certo. Altrimenti vorrà dire che farà altro. E lui ogni cosa ha dovuto meritarsela. Mi ricordo dei mondiali del 2019, quando era campione italiano juniores e non volevano portarlo perché era troppo piccolino. Finché mio figlio andò ad affrontare il cittì e gli diede un ultimatum: «Dimmi cosa devo fare perché mi porti al mondiale».

Garofoli corre dal 2023 nell’Astana WorldTour. Approdò nel team kazako su indicazione di Scarponi
Garofoli corre dal 2023 nell’Astana WorldTour. Approdò nel team kazako su indicazione di Scarponi
Che cosa gli rispose?

Che lo avrebbe portato se avesse vinto il Trofeo Buffoni.

E lui?

Venne a casa e disse che lo avrebbe fatto. Infatti vinse il Buffoni, andò ai mondiali di Harrogate e si piazzò quinto. Stessa cosa al tricolore juniores. Prima di partire mi disse: «Papà, oggi vinco». E’ partito e ha vinto. Due sole volte mi ha parlato così e in entrambe ha vinto. Quindi sono convinto che la sua tranquillità porterà ai risultati. Sembra in crescita, capace di stare accanto a quelli più forti. Se avesse potuto fare prima un Grande Giro, forse oggi staremmo parlando di un altro corridore. Ha 21 anni, mi sembra strano che si ragioni di lui come di un vecchio. I procuratori gli dicono che deve fare punti sennò è difficile trovare squadra, ma io spero che la squadra venga fuori ugualmente. Stasera torniamo a casa insieme, sperando che i manager guardino i corridori non solo per i punti che portano.

Garofoli rialza la testa: «Tempo di togliere il freno a mano»

31.12.2023
5 min
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ALTEA (Spagna) – E’ una sorta di buco quello in cui si è infilata da un paio di stagioni la carriera di Gianmarco Garofoli, marchigiano dell’Astana Qazaqstan Team. A pensarci bene, lui è stato il primo ad aver lasciato il Team Dsm, prima di Dainese e di Milesi. La squadra olandese lo aveva preso nel suo devo team e con loro Garofoli ha conquistato l’unica vittoria da quando è under 23: la tappa di Cervinia al Giro di Val d’Aosta del 2021. Passato alla Astana Continental, nell’ordine sono intervenuti un problema cardiaco e due volte il Covid. Si è fermato. E’ ripartito. Poi si è fermato ancora. E finalmente quest’anno, nella prima stagione WorldTour e malgrado una condizione fisica ancora da definire, a partire dal Romandia si sono visti i primi segnali di ripresa.

Garofoli fa parte della stessa infornata di Germani, Milesi e Piganzoli ed ha appena un anno più di Pellizzari. Conoscendo la sua ambizione, c’è da scommettere che morda il freno per recuperare il terreno perduto.

Dicembre è stato un mese più intenso del solito per Garofoli, chiamato a debuttare al Tour Down Under
Dicembre è stato un mese più intenso del solito per Garofoli, chiamato a debuttare al Tour Down Under
Con che spirito hai vissuto il primo ritiro?

Con più consapevolezza. Sicuramente quest’anno sono riuscito a crescere molto mentalmente e mi sento più sicuro di me stesso. Ho le idee chiare su cosa voglio fare e insieme alla squadra stiamo cercando di lavorare al meglio per ottenere il massimo.

Fisicamente a che punto ti trovi?

Sto bene e lavoro per il debutto in Australia. E visto che si tratta di correre a gennaio, dicembre è stato un mese abbastanza intenso. Non so se al Tour Down Under sarò già competitivo, però ci arriverò con una buona condizione. Dal 2024 mi aspetto molto. Voglio iniziare a vedere risultati tangibili, perché non sono qua per giocare e prendere lo stipendio.

Usare la sfortuna come scusante non è il massimo, ma certo te ne sono capitate parecchie…

Gli ultimi due anni sono stati veramente duri. Anche in questa stagione, la mia prima da professionista, non ho avuto un bell’inizio con il Covid a gennaio. Ho ricominciato quasi da zero ad aprile in Sicilia e sono andato abbastanza bene. Da lì sono riuscito a finire l’anno senza grossi intoppi, ma logicamente il salto era piuttosto alto e ne sono uscito molto affaticato. Ma adesso voglio far vedere qualcosa di buono.

Finora la sola vittoria di Garofoli da U23 è venuta a Cervinia nel 2021 in maglia DSM (foto Giro Valle d’Aosta)
Finora la sola vittoria di Garofoli da U23 è venuta a Cervinia nel 2021 in maglia DSM (foto Giro Valle d’Aosta)
Ventuno anni sono pochi per capire che corridore potresti diventare?

Direi proprio di sì, non ce l’ho affatto chiaro. La cosa che invece ho ben chiara è quello che non voglio essere, cioè il corridore che sono stato nel 2023: né carne né pesce. Bisogna cambiare le cose e vediamo dove si fissa l’asticella. Sicuramente darò il massimo per farmi trovare pronto quando sarà il momento.

Cosa ti dà fiducia: i test, le sensazioni?

Soprattutto il modo in cui riesco a gestirmi, la crescita mentale. Logicamente anche il fisico poi ne trae giovamento, perché sono più consapevole di come allenarmi. E’ difficile dirlo a dicembre, non abbiamo fatto chissà quali e quanti test e abbiamo solamente 5-6 settimane di allenamento nelle gambe. Non so dire quale sia realmente il mio livello, ma sarà più alto dell’ultima stagione.

Vedere che i tuoi coetanei cominciano a fare qualche risultato è uno stimolo oppure provoca qualche prurito?

Un po’ brucia, è normale visto che abbiamo corso sempre insieme. Vedere Milesi campione del mondo U23 della crono e con la maglia rossa della Vuelta, oppure Piganzoli che comincia ad arrivare davanti come lo stesso Pellizzari, che è anche marchigiano, mi ha fatto capire che devo togliere il freno a mano. Negli ultimi due anni sono stato bloccato, ora è il momento di cambiare e vedere dove posso realmente arrivare.

Grande fatica al Lombardia, suo primo Monumento. Garofoli è alto 1,80 e pesa 63 chili (nel 2023 era 4 sopra)
Grande fatica al Lombardia, suo primo Monumento. Garofoli è alto 1,80 e pesa 63 chili (nel 2023 era 4 sopra)
Il miglior Garofoli andava bene in salita, in volate ristrette e anche a crono: si lavora su tutto?

Voglio tenermi tutte le mie qualità. Voglio andare forte in salita e a cronometro, non concentrarmi solo sulle volate, anche se quest’anno allo sprint ho fatto un quinto posto nell’ultima tappa del Romandia. Quello non sono io o almeno non sono solo quello. Posso essere brillante nei finali, ma non mi piaceva come andavo in salita. Ero cresciuto troppo di massa, pesavo circa 4 chili più. Quest’anno li ho persi, in salita vado molto più forte e questo aspetto voglio valorizzarlo.

E’ arrivato il momento di fare un grande Giro?

Abbiamo iniziato a parlarne, ma è tutto in ballo. Mi piacerebbe fare il Giro d’Italia, perché se non sarà quello, non penso che per me ci saranno altri Giri durante l’anno. Però voglio andare un passo per volta e il primo obiettivo è presentarmi in buone condizioni alla Tirreno-Adriatico, che passa vicino casa. Lì voglio dare il massimo e chissà che a quel punto non si aprano le porte per il Giro.

Cosa faresti se Amadori ti chiamasse nella sua nazionale U23?

Nella seconda parte di stagione, si potrebbe aprire qualche porta in questo senso, dato che sono all’ultimo anno da under 23. Non sarebbe male provare a fare bene al Tour de l’Avenir o al mondiale: Non li vivrei come una retrocessione, ma come veri obiettivi. Negli ultimi anni, tanti corridori del WorldTour hanno corso il Tour de l’Avenir per vincerlo. Mi viene in mente Carlos Rodriguez, che al primo anno con la Ineos fece secondo. Negli ultimi due anni non sono riuscito a partecipare a certe corse: nel 2022 per la miocardite e quest’anno perché ci sono state diverse difficoltà. Perciò, se sarò competitivo, Marino sa che può chiamarmi. Ci sentiamo, lui mi vuole bene e mi considera uno del gruppo.

Davide Martinelli: consigliere, aiutante e un po’ diesse

29.07.2023
5 min
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Davide Martinelli ha già spedito la valigia in Polonia giovedì, destinazione Poznan, sede di partenza dell’80° Tour de Pologne. L’Astana-Qazaqstan ha allestito una squadra giovane, nella quale è stata inserita un po’ di esperienza, tra cui quella del bresciano (nella foto di apertura alla presentazione delle squadre di venerdì). 

«Sono rientrato da poco dall’altura – ci aveva detto poco prima di partire per la Polonia – ho fatto una quindicina di giorni nelle zona di Brescia. Riprendo le gare dopo un mese di assenza (il Baloise Belgium Tour, sua ultima corsa, era terminato il 18 giugno, ndr). Ormai siamo a stagione inoltrata, quindi una volta rientrato in corsa, le sensazioni saranno diverse rispetto a quelle degli allenamenti».

Martinelli torna in gara al Tour de Pologne dopo più di un mese a casa
Martinelli torna in gara al Tour de Pologne dopo più di un mese a casa
Si diceva potessi fare il Tour de France come parte del treno di Cavendish

Era un’ipotesi molto remota di cui si era parlato con la squadra. La verità è che non è stata un’esclusione, non mi aspettavo di partecipare al Tour. “Cav” ha il suo zoccolo duro di uomini di fiducia, è difficile inserirsi. 

Sei al Polonia per preparare la Vuelta? 

E’ una corsa davvero molto dura, dove la squadra viene decisa sempre un po’ all’ultimo perché bisogna fare i conti con le energie rimaste. Il caldo non mi fa impazzire e alla Vuelta è tanto, potrebbe non essere una situazione ottimale. 

Rischia di essere una stagione senza grandi Giri, sei dispiaciuto?

Non troppo. Ci sono molte corse, anche di una settimana, proprio come il Tour de Pologne, che aiutano a mettere insieme tanti giorni di gara. Un grande Giro è certamente una vetrina importante, nella quale però si accumula molto stress ed una fatica mentale e fisica non indifferente. Ti porta davvero al limite. 

Per Martinelli durante le gare tanti avanti e indietro dall’ammiraglia per dare supporto ai compagni
Per Martinelli durante le gare tanti avanti e indietro dall’ammiraglia per dare supporto ai compagni
A 30 anni che tipo di corridore senti di essere?

Uno che dà supporto ed apporto alla squadra, in ogni gruppo ci sono i leader e chi li aiuta a performare al meglio. Ho fatto una prima parte di stagione accanto ai capitani della nostra squadra. Mi sono accorto di essere un corridore che ha un buon colpo d’occhio, anche alla Quick Step, a inizio carriera svolgevo questo ruolo.

Ti piace?

In gruppo ci sono i leader e gli ultimi uomini, poi c’è un universo dietro che è quello dei gregari. Quelli che fanno il “lavoro sporco”, vanno a prendere la borraccia in ammiraglia, tirano fin dai primi chilometri, in TV non si vedono. 

Nei grandi Giri, con le dirette integrali, sì.

E’ vero, lì c’è l’occasione, ma non corro per farmi vedere a casa. I diesse vedono tutti gli aspetti del corridore, sia quando è in bici sia quando è fuori dalle corse. 

La felicità di Martinelli passa anche dalla vittoria dei compagni di squadra, come quella di Velasco alla Valenciana
La felicità di Martinelli passa anche dalla vittoria dei compagni di squadra, come quella di Velasco alla Valenciana
Che tipo di corridore sei lontano dalle corse?

Mi piace essere di supporto ai ragazzi giovani, aiutarli a crescere ed in particolare mi piace dare supporto ai compagni di squadra, dando qualche parola di conforto quando ce n’è bisogno. Diciamo che con la figura di mio padre (Giuseppe Martinelli, ndr), mi ha portato ad avere già la mentalità da diesse (ride, ndr). 

Ti è dispiaciuto non essere stato al Giro a goderti la vittoria di Cavendish?

Essere parte della squadra quando si raccoglie qualcosa è bello, ricevi quel “grazie” che arriva dal profondo del cuore e ti senti bene. Quest’anno mi è capitato con Lutsenko all’UAE Tour, ha vinto in una giornata molto calda. Io gli sono stato vicino portandogli le borracce, il ghiaccio… La felicità del post tappa è qualcosa che ti rimane dentro. 

E per la vittoria di “Cav” a Roma?

Sei parte della squadra anche quando non sei direttamente in gara. Quando un mio compagno vince sono sempre felice. La vittoria di Velasco alla Valenciana è un esempio. Noi eravamo dall’altra parte del mondo, al Saudi Tour. La felicità che abbiamo provato nel sapere del suo successo è stata uguale a quella che avremmo provato stando lì. 

Martinelli si trovo molto bene anche con i giovani come Garofoli (qui in foto), ai quali cerca di essere di supporto (foto Instagram)
Martinelli si trovo molto bene anche con i giovani come Garofoli (qui in foto), ai quali cerca di essere di supporto (foto Instagram)
Dicevi di trovarti bene con i giovani, da voi in Astana ce ne sono molti, anche italiani…

Mi piace condividere la mia esperienza con loro. Ad inizio anno sono andato in ritiro con Garofoli, prima ancora del ritiro ufficiale di squadra. Abbiamo pedalato insieme e parlato molto, mi piace aiutarli perché non voglio far ripetere loro i miei stessi errori. Quando sei giovane hai tanta euforia e vorresti strafare, invece devi essere capace di fermarti ogni tanto. 

Che giorni sono stati quelli insieme a Garofoli?

Eravamo insieme prima del ritiro di Calpe, sapevo che poi avremmo pedalato tanto una volta in Spagna, così nei giorni insieme gli ho consigliato di non esagerare con gli allenamenti. I corridori sono cocciuti, tutti, e a volte credono che vuoi remargli contro, bisogna essere bravi con le parole. Ve l’ho detto, un po’ la mentalità da diesse ce l’ho già. 

L’intervista con Davide Martinelli si chiude con un’altra risata. Oggi parte il Tour de Pologne e il bresciano sarà accanto a tanti giovani, pronto a spendere una parola per loro…

Dal Delfinato scorci (importanti) di futuro per Garofoli

15.06.2023
6 min
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La scorsa settimana Gianmarco Garfoli ha messo un tassello importante per la sua carriera. Ha preso parte e concluso il Criterium del Delfinato, a detta di molti la corsa più veloce e dura dell’intero anno. E’ qui che tanti leader fanno le prove in vista del Tour de France e altrettanti si devono guadagnare un posto in squadra proprio per la Grande Boucle.

E poi c’è chi, come il marchigiano dell’Astana-Qazaqstan, va al Delfinato per capire a che punto sia, per iniziare a scontrarsi con i grandi e prendere parte alle corse di altissimo livello. La classifica finale recita: 75° ad un’ora e 19′ da Vingegaard. Ma solo nell’ultima frazione “Garo” ha incassato mezz’ora.

Dopo il Romandia ancora una gara WT per Garofoli. Al Delfinato però il livello era ancora più alto…
Dopo il Romandia ancora una gara WT per Garofoli. Al Delfinato però il livello era ancora più alto…
Gianmarco, sei appena tornato dal Delfinato: cominci a fare corse davvero grandi…

Eh sì, credo sia una delle corse più importanti del panorama mondiale. Il livello è altissimo, da Tour de France. Per me è stata una prima esperienza in gare di questo livello e sono discretamente contento. Per certi aspetti è stato anche un traguardo riuscire a completarla.

E come è andata?

Purtroppo non è iniziato nel migliore dei modi perché sono caduto ben due volte, nella prima e nella terza tappa. E quelle cadute hanno un po’ condizionato tutto l’andamento del Delfinato: le botte le ho sentite e tuttora ho una costola che mi fa male. 

Eppure nelle prime frazioni sei andato benino. Eri vicino alla testa della corsa…

Nella prima tappa sono caduto in discesa. Grandinava. C’è stato un momento in cui veramente scendeva tantissima acqua e non si vedeva la strada. Pensate che sono cascato su un pezzo dritto. Non so nemmeno come abbia fatto. Quella è stata la botta più forte: andavamo a velocità assurde. La terza tappa invece era per velocisti, però siamo andati così forte che di sprinter ne erano rimasti pochi ed essendo io “velocino” ho provato a buttarmi nella mischia per ottenere un piazzamento. Purtroppo sono caduto all’ultimo chilometro quando ero nelle prime 15 posizioni.

Per il marchigiano una crono all’insegna della regolarità: tanta fatica, ma senza esagerare
Per il marchigiano una crono all’insegna della regolarità: tanta fatica, ma senza esagerare
Che idea ti sei fatto di questo Delfinato dunque?

E’ stato bello confrontarsi con i migliori del mondo. Adesso ho dei dei punti di riferimento. So dove devo lavorare per migliorare. Torno a casa con tanta esperienza e tanta motivazione per fare di più. La tappa dove sono andato un pochino più forte è stata quella che ha visto la prima vittoria di Vingegaard. Sull’ultima salita non ho perso tantissimo da lui e sono arrivato al traguardo intorno alla cinquantesima posizione, ad un paio di minuti. Ero soddisfatto della mia prestazione.

Hai detto che sai come lavorare. A cosa ti riferisci?

Ho capito soprattutto il livello che c’è e dove devo arrivare, perché fino a che te lo dicono puoi solo immaginarlo. E sinceramente mi immaginavo che andassero un pochino più piano! Invece vanno forte, molto forte. Adesso capisco molte cose. Sarà la mia giovane età, ma certe cose devo toccarle con mano. Già al Romandia avevo visto che il livello WorldTour era tutt’altra cosa rispetto alle altre gare professionistiche. Al Delfinato ho visto e vissuto uno step ulteriore.

In cosa devi dunque migliorare?

In salita, perché è lì che che si fa la differenza, e anche nella tattica di gara. O quantomeno nella gestione dello sforzo. In una gara di minor livello ti puoi permettere di sbagliare, di fare un fuorigiri che non serviva: in qualche modo riesci a salvarti. Qui no. Nell’ultima tappa ho fatto un fuorigiri esagerato per provare ad entrare nella fuga, ma poi ero ero completamente finito. Mi sono staccato dal gruppo! Da 100 corridori. E mi sono detto: «Cavolo, adesso come ci vado all’arrivo?».

Nelle ultime due tappe, complici le cadute ad inizio Delfinato e qualche errore tattico, Gianmarco ha pagato dazio
Nelle ultime due tappe, complici le cadute ad inizio Delfinato e qualche errore tattico, Gianmarco ha pagato dazio
E’ una delle esperienze di cui parlavi?

Esatto, ho imparato a conoscermi meglio, a gestirmi in queste situazioni. Logicamente non basta e devo migliorare molto proprio il mio livello generale, ma già solamente facendo questa gara secondo me sono cresciuto. Ho fatto dei passi in avanti.

Adesso Gianmarco hai un obiettivo più concreto: sai dove devi arrivare. Sai quanto manca. Non si tratta di dover andare forte a prescindere… E’ diverso.

E’ molto diverso, so quanto manca e come lavorarci su. So di avere le possibilità di fare una bella carriera e voglio investirci. Ripeto, è stata una prima esperienza positiva, anche se certe volte durante la gara mi sono un po’ demoralizzato proprio perché si va tanto forte.

Ti sei ritrovato con un parterre regale. Ti sarà capitato di stare vicino a Vingegaard e notare che tu eri impegnato e lui ancora doveva iniziare ad aprire il gas?

In realtà la cosa più impressionante non è stato tanto Vingegaard, ma il fatto che proprio tutti vadano forte. Dici il velocista va piano in salita… neanche per idea! Tu sei a tutta, ma proprio a tutta su una salita, poi ti volti e vedi che non si è staccato nessuno. Questo è impressionante. Poi è chiaro che vedere la Jumbo-Visma dominare fa un certo effetto. Io comunque non mi sono sentito fuori luogo, anzi…Quello era il mio posto. Ho vent’anni, devo migliorare tanto, ma è lì che voglio arrivare.

E tu come stai? Abbiamo visto che sei più magro, ma ipotizziamo non sia ancora al massimo…

No, no… non sono ancora al top. L’anno di stop si è fatto sentire. Sono rientrato e ho fatto anche bene, ma quel “buco” adesso si fa sentire, specie se inizi a fare questo tipo di gare. Non puoi permetterti di non essere al 100 per cento. Male non sto, altrimenti il Delfinato neanche lo avrei finito. Dalla Sicilia però ho fatto dei passi in avanti e anche il lavoro sul Teide con Lutsenko è stato utile.

Gianmarco con Lutsenko sul Teide. Tra i due c’è un bel rapporto. Dopo l’italiano il marchigiano tornerà in altura, ma a Livigno (foto Instagram)
Gianmarco con Lutsenko sul Teide. Tra i due c’è un bel rapporto. Dopo l’italiano il marchigiano tornerà in altura, ma a Livigno (foto Instagram)
Adesso qual è l’obiettivo?

Non tanto essere al top per questa o quella gara e poi magari mollare o sfinirsi e ammalarsi, quanto riuscire a finire una stagione fatta bene. Senza intoppi. Fare gare e mettere chilometri di corsa nelle gambe.

E’ condivisibile nel tuo caso: più costanza che prestazione.

E’ proprio quello che mi manca. Lo sento nelle gambe. Tra Covid ad inizio anno, miocardite la stagione passata… si sente. Mi serve la costanza e la costanza per le gare più lunghe, magari anche quelle da 21 giorni, che voglio siano presenti nel mio futuro. Intanto farò l’italiano e poi dovrei andare a Livigno in altura per preparare i prossimi appuntamenti. Il finale di stagione potrebbe riservarmi qualche gara importante.

Idea Vuelta?

Non è da scartare. Vedremo con la squadra se ci sarà questa possibilità.

Garofoli sull’Etna per l’ennesima ripartenza

28.03.2023
4 min
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«Stavolta è stato un duro colpo», Gianmarco Garofoli inizia così il racconto della sua ennesima ripartenza. Il giovane talento dell’Astana-Qazaqstan è in ritiro sull’Etna. Sul vulcano sta ricostruendo il quasi esordio della sua “quasi” seconda stagione da pro’.

Già lo scorso anno infatti il marchigiano era stato fermato dal Covid, dalla miocardite e da altri intoppi. Morale, disputò appena 20 giorni di corsa (comprese le gare U23 con la nazionale) e soprattutto fu a un passo dal dover appendere la bici al chiodo per un certo periodo, quando le condizioni di salute erano incerte e gli era stata sospesa l’abilitazione medica.

In questo 2023 è partito bene. Un buon inverno, ma alla prima corsa, la Valenciana, Garofoli si accorge subito che c’è qualcosa che non va.

Gianmarco Garofoli (classe 2002) quest’inverno sul Col de Rates: fin lì era filato tutto liscio (foto Instagram)
Gianmarco Garofoli (classe 2002) quest’inverno sul Col de Rates: fin lì era filato tutto liscio (foto Instagram)
Gianmarco, come è andata?

E’ andata che alla Valenciana le gambe non giravano bene come in allenamento. Sentivo che qualcosa non era okay. Poi sono subentrati i sintomi: febbre, mal di gola… Ho fatto il tampone ed ero positivo. E da lì sono stato 15 giorni a casa. E sono stati 15 giorni in cui sono stato male davvero, sempre positivo. Sempre a letto. E’ stata peggio dell’anno scorso.

Che sfortuna. E quando hai ripreso?

Una volta tornato negativo, sono rimasto comunque fermo per un’altra settimana. Dopo la miocardite abbiamo deciso di riprendere davvero molto tranquillamente. Molto piano. E’ stato come ripartire da zero, come se fosse di nuovo inverno.

Hai fatto anche palestra?

Sì, sì, ripeto, come se fosse la preparazione invernale. Nelle prime uscite facevo un’ora, un’ora e mezza molto blanda. Poi sempre di più. Poi ancora, ho inserito gli esercizi in palestra… E ora eccomi sull’Etna. Ma non ho mai fatto nessun sovraccarico.

E come va lassù?

Adesso bene. Le cose cominciano a girare per il verso giusto. Sento che mi sto riprendendo. E anche il morale è migliore. Okay che ci sono abituato, ma questa volta è stata brutta… E’ stata una situazione molto simile al rientro in corsa con la nazionale under 23 in Puglia dell’anno scorso. Mi è sembrato di rivivere quei giorni.

Lo scorso anno Garofoli ha esordito in Oman (in foto). In tutto ha disputato una ventina di corse
Lo scorso anno Garofoli ha esordito in Oman (in foto). In tutto ha disputato una ventina di corse
Magari vedevi i tuoi colleghi coetanei farsi e largo e tu fermo… Ti hanno cercato?

All’inizio sì, ma poi io non ero molto propenso a parlare e mi hanno lasciato stare. Mettiamola così. Anche perché la testa era ancora a dove avevo lasciato, ma il fisico no. Durante l’inverno avevo lavorato veramente bene, sapevo come stavo e dove sarei potuto arrivare.

Ecco dunque perché non ti abbiamo visto neanche alla Coppi e Bartali…

In effetti l’idea c’era. Però abbiamo visto che ero indietro, che appunto non era meglio forzare, e in accordo con il dottor Magni e con il resto della squadra abbiamo deciso di rimandare il rientro. 

Che avverrà dove?

Al Giro di Sicilia. Io sono qui sull’Etna da quasi una settimana e ci rimarrò fino all’inizio della gara (11-14 aprile, ndr), ma credo che resterò anche dopo. La squadra mi ha chiesto di restare perché dovrebbero aggiungersi altri ragazzi.

Gianmarco e il suo amico Antonio in una delle camminate a digiuno del mattino. I due si sono divertiti col drone
Gianmarco e il suo amico Antonio in una delle camminate a digiuno del mattino. I due si sono divertiti col drone
Adesso sei lì solo? Ci sono altri pro’?

Per ora sono solo. Ho sentito che forse dovrebbe salire Pozzovivo. Sono qui con il mio amico fraterno ed ex corridore, Antonio Bevilacqua. Lui mi segue in macchina, negli allenamenti. Mi dà morale. Mi aiuta ad ammazzare il tempo. Un grande… Essendo ex corridore capisce bene le mie esigenze. Ed è bravissimo nel farmi fare dietro motore. Senza contare che la mattina si sciroppa 4-5 chilometri di camminata a digiuno con me! 

Camminata a digiuno?

Eh – sospira Garofoli – devo limare ancora qualcosa sul peso.

E per il resto come ti stai allenando? Abbiamo visto che inizia a spingere forte…

Adesso inizio ad andare meglio., faccio anche qualche lavoro. Ogni giorno faccio 4-5 ore e con parecchio dislivello. Sempre sui 3.000, anche 3.500 metri. 

Gambe e carattere: sentiremo presto parlare di Garofoli

29.12.2022
6 min
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Una tazza di camomilla e lo sguardo sul cucchiaino mentre la mescola. La stanza è silenziosa, oltre i vetri le palme ondeggiano per la brezza del tramonto. Garofoli è il più adrenalinico dei neoprofessionisti italiani e nel suo sguardo lampeggia spesso l’inquietudine. Tuttavia, dopo quello che ha vissuto nel 2022, sembra che si sforzi per tenerla a bada. La paura aiuta a crescere e la prospettiva di perdere tutto lo ha scosso più di quanto abbia dato a vedere.

«Come ho anche scritto in un post – dice – voglio ricordare il 2022 per la grinta che ho messo nel rientrare alle gare e l’impegno per farlo in ottime condizioni. Sono stati mesi difficili, ho avuto paura di dover smettere. Quindi porto con me il ricordo di un anno sicuramente importante, in cui ho capito che realmente voglio fare il ciclista. In un anno così difficile, ti passano tante idee per la testa. Rimarrà una grande esperienza su cui chiudo la porta, perché per fortuna è andato tutto bene. I controlli sono andati a posto e posso iniziare il nuovo anno tranquillo».

Una tazza di camomilla e una lunga chiacchierata nel ritiro spagnolo dell’Astana
Una tazza di camomilla e una lunga chiacchierata nel ritiro spagnolo dell’Astana
Maini racconta che ogni volta doveva raccomandarti di stare calmo.

Avevo quest’ansia, la grinta che rispecchia anche il mio carattere. Avevo la fretta di tornare subito e il disagio di aver perso una buona parte della stagione.

Fossi stato Amadori, avresti convocato Garofoli per i mondiali?

La mia convocazione non è stata presa in considerazione, giustamente, perché non ho fatto gare e le convocazioni dovevano essere fatte in anticipo rispetto alla corsa che ho vinto in Puglia. Normalmente non si convoca un ragazzo a scatola chiusa, anche per rispetto degli altri. Condivido appieno la scelta di Marino. Magari se il mondiale si fosse corso in Europa, si sarebbe potuto aspettare di più, vedere come stava Garofoli e poi si sarebbe potuto decidere. Però dovendo fare le convocazioni a scatola chiusa, le decisioni prese sono state più che giuste.

A fine stagione, Garofoli ha corso fra i pro’ il Giro di Toscana, Giro del Veneto e Veneto Classic (foto Astana)
A fine stagione, Garofoli ha corso fra i pro’ il Giro di Toscana, Giro del Veneto e Veneto Classic (foto Astana)
TI sei fermato alla Coppi e Bartali di marzo, sei rientrato e hai vinto in Puglia a metà settembre.

E’ stato emozionante. Rivedi tutto quello che hai passato nell’ultimo anno e l’impegno che ci hai messo. Non è stata la vittoria in sé, ma tutto il percorso che c’è stato dietro. E’ stato il modo di dire: «Okay, ho lavorato bene, sono veramente contento di quello che ho fatto!».

Nonostante un anno così balordo, è arrivato il contratto con la WorldTour: ti ha meravigliato?

E’ stato una sorpresa. Era previsto se fosse stato un anno normale, ma in queste condizioni era tutto in dubbio. Non si sapeva neppure se avrei potuto correre ancora, quindi logicamente anche il mio contratto era in forse. Invece poi, parlandone, è arrivata questa bella notizia. Comunque sia, se questo passaggio non si fosse realizzato, per me sarebbe stata l’ennesima sconfitta del 2022. Per fortuna la squadra ha creduto in me nonostante tutto, quindi sono qua e sono veramente felice.

A fine stagione, Garofoli è volato in Oriente con Battistella e i fratelli Nibali (foto Astana)
A fine stagione, Garofoli è volato in Oriente con Battistella e i fratelli Nibali (foto Astana)
Quale sarà il posto di Garofoli? Ti toccherà portare le borracce?

Nemmeno quelle, sarò ancora più indietro. Sono il classico giovane che dovrà fare la gavetta, sia pure con un occhio di riguardo. Farò esperienza, è giusto che sia così. E’ ovvio che proverò a farmi vedere, mi sto allenando bene, penso a fare tutto nel migliore dei modi per venire fuori. Questo è l’obiettivo. Però non arrivo sicuramente con delle pretese, entro in punta dei piedi, poi semmai saranno i risultati a parlare.

Milesi, Germani, Piganzoli: quelli del 2002. C’è competizione tra voi?

Avendo praticamente saltato il 2022, non ho mai corso con loro. Sarebbe stato bello fare insieme il Tour de l’Avenir, ma purtroppo non si è potuto. Quando corriamo insieme scatta qualcosa, fin da juniores c’è sempre stata rivalità. Correvamo in quattro squadre diverse, era normale che ci fosse questo agonismo. Andando avanti però, si è mitigato, perché tutto intorno è cresciuto il parterre. Prima c’eravamo solo noi 4-5, sempre i soliti. Adesso ce ne sono 100, quindi è tutto diverso. Oggi siamo amici. Io sono felice se loro vincono, ma se ci troviamo in gara nessuno si risparmia.

Val d’Aosta 2021: Garofoli gioisce sull’arrivo di Cervinia, nella stagione con il Team DSM (foto Giro Valle d’Aosta)
Val d’Aosta 2021: Garofoli gioisce sull’arrivo di Cervinia, nella stagione con il Team DSM (foto Giro Valle d’Aosta)
Tutti vi aspettano, ti pesa?

Non ci penso tanto. Il peso più grande, le aspettative più grandi sono quelle che mi metto da solo, non quelle che mi mettono le altre persone. Io sono un ragazzo molto ambizioso, sono sempre stato così. Fin da bambino volevo fare sempre di più. Non trovavo mai pace. Non mi fermavo mai, ero sempre alla ricerca di qualcosa. Chi si ferma è perduto. Ero così a scuola e anche a calcio. Ho una mentalità per cui voglio essere il migliore in quello che faccio. Questo forse me l’ha tramandato anche la famiglia. Ho un bel rapporto con nonno e mio padre. Nonno ha fondato l’azienda di famiglia e a modo mio anche io ho sempre avuto questo spirito da imprenditore.

In questi sei mesi senza bici, hai pensato alla tua vita fuori dal ciclismo?

Non ci ho mai pensato, ero molto triste. Sinceramente non è stato un bel periodo e prima di vedermi in azienda, continuavo a pensare che la mia strada fosse questa e non volevo essere da nessun’altra parte. Avrei dovuto risistemare tutta la mia vita. Per fortuna non è successo, ora sono nel mondo del professionismo, si inizia a fare sul serio e voglio fare i miei passi da solo. 

Sulle strade di Tokyo a ruota di Nibali: ultime pedalate del 2022 (foto Astana)
Sulle strade di Tokyo a ruota di Nibali: ultime pedalate del 2022 (foto Astana)
Classiche o Giri?

Personalmente mi attirano di più le corse a tappe, ma credo che sarà tutto molto lungo. Strada facendo, vedremo anche quale sarà il mio reale livello. Ho vent’anni, posso ancora crescere, posso fare tante cose. L’inverno sta passando abbastanza tranquillo, sto facendo tanto fondo per costruire le basi, che mi serviranno per tutta la stagione. Comunque sia ci tengo a fare subito bene e a partire con il piede giusto. Dopo un anno in cui ho fatto praticamente 10 gare, non voglio più perdere tempo.

Germani parte dal Tour Down Under, tu cosa farai?

Il programma prevede che parta dal Provenza, però potrebbe esserci anche qualche cambiamento. Ho sentito Lorenzo, mi ha detto dell’Australia. Io ho chiesto di non andarci.

Garofoli in posa a Polignano a Mare alla vigilia del suo rientro alle corse dopo il lungo stop
Garofoli in posa a Polignano a Mare alla vigilia del suo rientro alle corse dopo il lungo stop
Come mai?

Dopo le esperienze passate e il brutto Covid che ho preso, ho sperato di non fare gare troppo lontane, con sbalzi di temperatura e lunghi viaggi. Meglio fare un inizio abbastanza tranquillo per andar forte semmai più avanti e quindi per il momento sono stato accontentato.

Cosa diresti se Amadori ti convocasse fra gli U23?

Dipende dalla stagione che farò. Nel 2022 non ho avuto l’opportunità di fare nulla e sarebbe allettante, non solo il mondiale magari anche un Tour de l’Avenir o corse di questo tipo. Bisognerebbe parlare con la squadra e programmare tutto. Però non dico affatto che lo snobberei.

In arrivo dalla Spagna un Piganzoli formato Giri

27.12.2022
5 min
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Piganzoli è di Morbegno, più valtellinese non si può. Eppure quando lo senti parlare, ti rendi conto che l’anno alla Fundacion Contador gli ha lasciato addosso la cantilena spagnola e pensi a uno di là che parli molto bene l’italiano.

I ragazzi del 2002

Il “Piga” passa professionista alla Eolo-Kometa e, come disse Ivan Basso, è il primo assieme a Tercero ad aver sposato e creduto ancora nel progetto della squadra italo/spagnola. Assieme a Milesi, Garofoli e Germani, Piganzoli è uno di quelli da seguire con curiosità, per quel che ha fatto già vedere e l’atteggiamento con cui si affaccia al professionismo.

«Siamo sempre stati rivali in corsa – sorride – ma alla fine siamo anche tanto amici. Abbiamo condiviso bellissime gare e bei momenti. In gara però non si fanno sconti. Nel senso che si prova sempre a staccare tutti. Sapere di essere attesi non la vivo come una responsabilità. Si fanno le cose nel modo giusto, l’importante è lavorare bene e puntare agli obiettivi. Se vengono, bene. Se non vengono, ci sarà da imparare e migliorare».

Mattina in palestra, Piganzoli lavora con Barredo sulla stabilità del ginocchio (foto Maurizio Borserini)
Mattina in palestra, Piganzoli lavora con Barredo sulla stabilità del ginocchio (foto Maurizio Borserini)

«Qualche giorno fa – prosegue Piganzoli – abbiamo fatto una riunione con Alberto Contador. Diceva che si va alle gare per vincere, ognuno deve avere dentro questa cattiveria agonistica. La capacità di dire: “Vado a questa gara e voglio vincere, non solo partecipare”. Voglio arrivare alle corse sapendo di aver fatto tutto in modo perfetto per provare a vincere. Poi ovviamente si corre in 180 e vince solo uno, però si punta a essere quello lì».

Un bel salto

Piganzoli è nato nel 2002, è alto 1,74 e pesa 61 chili. Numeri da scalatore, ma nel 2022 ha vinto anche il campionato italiano a cronometro. Dopo la generale della Bidasoa Itzulia, il quinto posto al Tour de l’Avenir è stato il miglior risultato di fine stagione, con l’arrivo in salita di Saint Francois Longchamps in cui è risalito dalla decima alla quarta posizione, essendo stato il solo ad opporsi al solito Uijtdebroeks, salvo cedere una posizione nell’ultima tappa, nel giorno della vittoria dell’amico Milesi in maglia DSM.

«Mi sento pronto – dice – ho parlato con tutti gli allenatori. E’ un bel salto, però vogliamo provare a farlo tutti assieme. Ci stiamo preparando bene. Finora ho fatto un buon inverno, anche a casa. Il tempo è stato bruttino, era freddo, ma diciamo che mi sono salvato perché nel momento peggiore siamo venuti in Spagna. E qui abbiamo fatto tanti chilometri, facendo anche tanto gruppo. Il gruppo è affiatato e questo è importante».

Davide Piganzoli è stato il terzo italiano a vincere la Bidasoa Itzulia, dopo Mancuso e Orsini
Davide Piganzoli è stato il terzo italiano a vincere la Bidasoa Itzulia, dopo Mancuso e Orsini

Cuore spagnolo

Lo abbiamo incontrato nel primo ritiro della Eolo-Kometa, nel bar un po’ chiassoso dell’Oliva Nova Beach & Golf Resort, dove questa sua parlata spagnola è stata evidente.

«Me l’hanno detto in tanti – sorride – ho imparato la lingua, la parlo abbastanza bene. Credo di avere ormai una parte spagnola, perché mi hanno trattato bene, mi hanno insegnato molto. Ho fatto un bel calendario con loro, in Spagna e in giro per l’Europa. Avevamo cerchiato gli obiettivi a inizio anno. Le classiche italiane e poi il Giro, poi un probabile Tour de l’Avenir alla fine. Le classiche italiane sono andate bene, il Giro un po’ meno di quello che ci aspettavamo, ma solo perché abbiamo trovato qualcuno che andava più forte di noi. Poi abbiamo provato a fare per la prima volta l’altura a Sestriere con la nazionale e i risultati si sono visti. Sia col secondo posto a La Maurienne in Francia (corsa vinta il 6 agosto da Dinham, con 31” sull’azzurro, ndr), sia col quinto all’Avenir».

Milesi e Piganzoli a Sestriere, preparando l’Avenir: per Davide era la prima volta in altura
Milesi e Piganzoli a Sestriere, preparando l’Avenir: per Davide era la prima volta in altura

La novità altura

L’assist è eccellente. Nell’eterno discorso sui margini di crescita, vedere che un corridore ormai professionista non aveva mai lavorato in altura fa pensare a quanto si possa ancora costruire.

«Ci sono tanti italiani – dice – che fanno ritiri molto lunghi in altura, per avere i vantaggi che di sicuro ci sono. Però alla fine, parlando anche con la squadra, se questi vantaggi possiamo spostarli un pochino più avanti, a quando sarò professionista, alla fine sarà un vantaggio per tutti. Ho creduto nel progetto dall’inizio, ho avuto diverse offerte, però alla fine ho deciso di rimanere qua perché conosco la squadra. Conosco il progetto che hanno e so quanto credono in me, quindi ho deciso di premiarli. Allo stesso modo in cui loro hanno deciso di premiare me, permettendomi di rimanere».

Anche per il 2022, le bici del team saranno le Aurum, l’azienda che ha Contador e Basso come soci (foto Maurizio Borserini)
Anche per il 2022, le bici del team saranno le Aurum, l’azienda che ha Contador e Basso come soci (foto Maurizio Borserini)

«Adesso si ricomincia da capo – riprende Piganzoli – quello che è passato non vale più. D’ora in avanti è tutto un nuovo mondo, ma di certo la voglia di farmi vedere c’è. Punterò forte sulla strada, ma cercherò ugualmente di preparare la crono. Mi piacerebbe diventare un corridore da corse a tappe. Ho visto che ho un buon recupero, mi piacciono tanto le salite lunghe e andare bene a cronometro potrebbe essere un punto a favore».