Pablo Torres, il racconto di un’impresa (quasi) totale

29.08.2024
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Non ce ne voglia l’inglese Joseph Blackmore, ma in qualche modo Pablo Torres esce come vincitore morale del Tour de l’Avenir. Lo spagnolo ha infiammato la corsa francese: ha vinto due tappe, la maglia bianca e soprattutto è stato autore di un epilogo al cardiopalma sul Colle delle Finestre.

Anche il suo coach, Giacomo Notari, lo seguiva con apprensione da casa. Sapeva ciò che poteva fare e quanto avevano lavorato sodo. Vedersi sfumare il grande obiettivo per dodici miseri secondi non deve essere stato facile, neanche per chi era da casa appunto. Soprattutto perché Torres era stato secondo già al Giro Next Gen e aveva ben figurato al Giro della Valle d’Aosta.

«Però – ci racconta Torres – io alla fine sono stato contento. Ho vinto due tappe, la maglia di miglior giovane ed è stata una grandissima esperienza che mi servirà moltissimo per il futuro». Una risposta simile dice già molto sulla mentalità innata da campione che può avere un ragazzo. Non pensa a quello che non è stato, su cui non può fare nulla, ma a quello che potrà essere.

Disastro a Condove

Il Tour de l’Avenir Pablo Torres non lo ha perso sul Finestre, ma il giorno prima. Nella tappa che arrivava in Italia, a Condove, lo spagnolo era rimasto sorpreso dall’attacco in testa al gruppo ad inizio frazione. Un attacco propiziato tra l’altro dagli azzurri.

«C’era una discesa molto veloce – riprende Torres – e c’erano molti attacchi. Ho pensato di stare coperto. Non ho risposto subito io ma ho pensato di stare con la squadra. Poi però sono rimasto con un solo compagno. Sulla seconda salita, un Gpm di seconda categoria, eravamo arrivati a 30”. La fuga dopo la discesa ha continuato a prendere spazio. Io ci ho provato anche da solo ma non sono riuscito a rientrare».

E infatti, all’imbocco del lunghissimo Moncenisio, il ritardo di Torres dalla fuga, dove dentro c’era anche Blackmore, era quasi di 3′. Lui, tutto e completamente da solo (e con due borracce, senza ammiraglia dietro almeno nella prima parte) è riuscito ad arrivare fino ad un minuto dalla testa. Ma una volta in cima iniziava la lunga discesa e il fondovalle: si capisce bene che uno scalatore da solo non può fare molto. A Condove l’orologio segnava 4’58” di ritardo.

«Quella sera, quando ho perso la maglia gialla ero un po’ deluso in effetti. Durante la corsa sapevo che la situazione era complicata. Ma era difficile fare di più. A quel punto abbiamo parlato con la squadra e speravamo almeno di riprendere il podio il giorno dopo, di fare il massimo possibile».

Finestre da record

E da qui nasce l’impresa del Colle delle Finestre. Pablo dà fondo a tutto quello che ha e sigla un tempo che lo vede fare il record assoluto della scalata: quasi 2′ meglio di Rujano, che deteneva il primato siglato nel 2011, e oltre 4′ meglio di Froome nel 2018. Si stima abbia sviluppato 6,3 watt/chilo per 60′. Roba da elitaria da Giro e Tour.

«Se quel giorno pensavo alla maglia gialla? Quello che sapevo è che stavo bene, mi ero preparato in altura (Sierra Nevada, ndr) e che il Colle delle Finestre era una salita dura e lunga. Una salita che sarebbe durata almeno un’ora, quindi ci sarebbe stato dello spazio per recuperare, almeno per il podio. I miei compagni hanno tirato molto prima della salita e io ho cercato di fare il possibile. Ma per recuperare tanto terreno bisognava scattare presto e con un ritmo molto alto sin da subito. Quando sono partito mi facevano male le gambe. Ho pensato che avrei dovuto superare quel momento. Così ho rallentato e ho cercato un ritmo con cui sapevo che sarei potuto arrivare sino in cima».

Il podio finale dell’Avenir: 1° Jospeh Blackmore (Gran Bretagna), 2° Pablo Torres (Spagna) a 12″, 3° Tijmen Graat (Olanda) a 50″ (foto Tour de l’Avenir)
Il podio finale dell’Avenir: 1° Jospeh Blackmore, 2° Pablo Torres a 12″, 3° Tijmen Graat a 50″ (foto Tour de l’Avenir)

Tra presente e futuro

Ma chi è Pablo Torres? Madrileno, è un classe 2005 (di novembre). Fino allo scorso anno correva nell’US Ciclista San Sebastian de los Reyes. Da piccolo si barcamenava tra calcio e ciclismo, ma poi a forza di guardare le gare in tv con il nonno e stando in una famiglia in cui la bici era già presente, il ciclismo ha preso il sopravvento.

E’ curioso notare come Pablo abbia qualcosa in comune sia con Remco Evenepoel, il calcio, che con Tadej Pogacar, la squadra. Torres corre infatti per il UAE Emirates Gen Z. «Ma Tadej è il mio idolo. Ancora non ci sono stato, ma spero di arrivare presto nella prima squadra».

Come accennavamo e come si confà ai campioni, Pablo Torres già guarda avanti e di questa sfida mette in tasca il meglio. «E’ stata un’esperienza molto bella e in cui ho imparato tanto. Mi servirà certamente per il futuro». Tra l’altro, proprio ieri uno dei tecnici e talent scout della UAE Emirates, il noto Matxin, ha detto che a fine Vuelta valuteranno se far passare subito in prima Torres, o lasciarlo alla Gen Z ancora una stagione come previsto. Due podi nei “grandi Giri under 23” cambiano le carte in tavola. Come fu l’anno scorso con Del Toro del resto…

Adesso per Torres si profilano le altre gare.

«Sarò in Italia: prima al Giro del Friuli e poi, più in là, farò anche il Piccolo Giro di Lombardia. Il mondiale? Spero di essere selezionato. In quel caso lo preparerò al massimo».

Notari: una settimana con Del Toro e la Vuelta dietro l’angolo

09.08.2024
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Sulle cime che circondano Andorra i ragazzi del UAE Team Emirates lavorano per preparare il finale di stagione. Al loro fianco, per qualche giorno, c’è stato Giacomo Notari preparatore del devo team che ha portato la sua esperienza anche agli atleti del WorldTour. Andare in altura serve, tra le altre cose, per scappare dal caldo soffocante della pianura. 

«Si stava parecchio bene a livello di clima – dice Notari che nel frattempo è tornato a casa – ad Andorra le temperature erano alte, superiori ai 30 gradi. Più in alto, dove dormivamo noi, si abbassavano parecchio. Il grosso vantaggio è che si riposa davvero molto bene. Io sono stato lì per i primi otto giorni, poi è arrivato un altro allenatore a darmi il cambio. Con me c’erano Baroncini, Del Toro e Ayuso, oltre al gruppo Vuelta».

I ragazzi del UAE Team Emirates in ritiro ad Andorra
I ragazzi del UAE Team Emirates in ritiro ad Andorra

Un puzzle da comporre

La Vuelta, terza ed ultima grande corsa a tappe della stagione, partirà tra poco più di una settimana: il 17 agosto. Comporre una squadra che possa arrivare pronta non è facile, i corridori sono stanchi e la stagione è stata lunga. Tra acciacchi e voglia di rivalsa la gara spagnola diventa l’ultimo grande banco di prova per gli uomini di classifica

«Il primo gruppo che è salito ad Andorra – spiega Notari – è quello che non ha corso al Tour de France. A loro si è aggiunto Ayuso, che ha abbandonato la Grande Boucle per Covid, il quale però stava preparando le Olimpiadi di Parigi. Gli altri che saranno alla Vuelta: Yates, Almeida, Sivakov e Soler, non vengono in ritiro. Hanno la fortuna di abitare ad Andorra, quindi dormono a casa e si allenano con noi. Un buon compromesso per non stressarli e non tenerli troppo lontani dalle famiglie».

Del Toro ha esordito al meglio nel WorldTour, prima corsa e prima vittoria al Tour Down Under
Del Toro ha esordito al meglio nel WorldTour, prima corsa e prima vittoria al Tour Down Under
Gli otto giorni passati in altura ti hanno permesso di lavorare fianco a fianco a Del Toro, che cosa hai visto?

Che dire, si è presentato bene a inizio stagione. La vittoria al Tour Down Under e la Tirreno-Adriatico hanno dimostrato che il talento c’è. In parte donato da Madre Natura e in altra parte ben coltivato da chi lo allenava prima, ricordiamoci che ha vinto il Tour de l’Avenir nel 2023. Del Toro è uno scalatore molto forte, e questo lo si è visto, ma è anche tanto esplosivo. Ha una sparata incredibile con potenze elevate in brevi periodi. E’ il prototipo del corridore vincente, prendete tutto con le pinze ma un po’ ricorda Pogacar. 

I primi passi del messicano nel vostro team come li hai visti?

E’ un ragazzo che parla volentieri, dal punto di vista atletico ha fatto prestazioni di livello e i dati lo dimostrano. Ha tanta voglia di imparare, il che lo aiuta a essere tanto curioso, però allo stesso tempo si fida di chi ha intorno. Chiaro che ci sono delle lacune, ma ben vengano, altrimenti non avrebbe i margini di miglioramento che ci prospettiamo. 

Ad aprile il giovane messicano ha vinto la Vuelta Asturias, la sua prima corsa a tappe da pro’
Ad aprile il giovane messicano ha vinto la Vuelta Asturias, la sua prima corsa a tappe da pro’
Nel rapporto con lo staff com’è?

Si fida totalmente di tutti: dei preparatori, dei nutrizionisti, dei meccanici… E’ bello che un corridore così giovane abbia tutta questa fiducia. A volte i ragazzi si fanno mille domande e rischiano di consumare energie mentali che sarebbe meglio incanalare sulla bici. Del Toro invece chiede perché è curioso, ma poi esegue quel che gli viene detto. 

Vi immaginavate potesse partire così forte?

Sicuramente nemmeno lui se lo sarebbe aspettato. L’esplosività però lo ha aiutato a subire meno il salto di categoria e poi le poche pressioni addosso gli hanno permesso di correre come avrebbe voluto. 

Del Toro ha un grande talento, aiutato da una mentalità vincente
Del Toro ha un grande talento, aiutato da una mentalità vincente
Come mai dici che l’esplosività gli ha dato una mano?

E’ normale sia così. I giovani arrivano da un ciclismo diverso, dove non ci sono regole di gestione della gara, si va sempre a tutta. I professionisti, invece, hanno un copione. Tanti giovani con caratteristiche esplosive che passano tra i grandi hanno un vantaggio

Dal punto di vista psicologico pensi sia consapevole del suo grande potenziale?

A volte ti viene da pensare che sia lui stesso a doverci credere di più, ma è una questione di indole. Giù dalla bici ha un carattere tranquillo e pacato, piacevole da avere intorno. Poi attacca il numero alla schiena e si trasforma, diventa più determinato e sa quel che deve fare e quel che vale. 

I suoi numeri fanno capire il grande potenziale che c’è dietro, serve però pazienza
I suoi numeri fanno capire il grande potenziale che c’è dietro, serve però pazienza
Tanti lo danno già presente alla Vuelta, è così?

A gennaio l’idea era di non fargliela fare, poi hanno visto i risultati e si è deciso di mandarlo… in ottica futura. Sarà un’esperienza che lo aiuterà a crescere, d’altronde correrà con Soler, Yates, Almeida… Gente dalla quale puoi solo imparare. 

Nessuna pressione?

Nemmeno una. Poi i giovani forti sono sempre un’incognita ma non ci sono aspettative di classifica o altro. Scenderà dall’altura l’8 agosto e correrà a San Sebastian, poi da lì diretto a Lisbona per iniziare la sua prima grande corsa a tappe della carriera.

Notari presenta Glivar, altro sloveno da mettere sul taccuino

02.07.2024
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Al campionato nazionale sloveno, ha tagliato il traguardo in seconda posizione, dietro a Damen Novak e davanti ad un certo Matej Mohoric. Stiamo parlando Gal Glivar, giovane atleta della UAE Emirates Gen Z, la devo della UAE Emirates di Pogacar e, in questo caso, proprio del “compagno maggiore” Novak. Il ventiduenne di Novo Mesto si è dunque inserito tra i grandi. Ha incassato una ventina di secondi da Novak, ma ne ha rifilati ben due ad un campione quale Mohoric.

A parlarci di lui è Giacomo Notari, coach della proprio della UAE Emirates Gen Z, che lo segue ogni giorno passo, passo.

Gal Glivar (classe 2002) è arrivato 2° al campionato sloveno, piazzamento che gli ha consentito di vincere il titolo U23 su strada e di bissare quello a crono
Gal Glivar (classe 2002) è arrivato 2° al campionato sloveno, piazzamento che gli ha consentito di vincere il titolo U23 su strada e di bissare quello a crono
Insomma, Giacomo, chi è questo ragazzo, questo Glivar che fa quel numero al campionato sloveno?

E’ un ragazzo all’ultimo anno della categoria under 23, non è iper giovane dunque. Ma io penso che nell’era di questi baby fenomeni ci si faccia prendere un po’ la mano e non so se sia sempre un bene che emergano così presto. Ognuno ha i suoi tempi di maturazione e Gal ci sta arrivando adesso.

Chiaro…

Prima di tutto lasciatemi dire che al netto dell’atleta, è un bravissimo ragazzo: umile, educato. Anche dal punto di vista delle personalità in qualche modo è un leader, è una guida anche per gli altri della squadra e non lo è solo in virtù della sua esperienza. E’ proprio una questione di carisma. In gruppo è furbo. Si sa muovere bene, vede la corsa. Si fa trovare al posto giusto, nel momento giusto. Poi chiaramente ha anche un buon motore.

In fuga con Novak e Mohoric (foto Instagram)
In fuga con Novak e Mohoric (foto Instagram)
Ecco, quali sono le sue caratteristiche tecniche?

E’ un buon passista esplosivo direi. Infatti al campionato sloveno è andato bene anche perché il percorso era adatto a lui. Va molto bene sulle salite di 5′-7′, dato che è abbastanza leggero. Quindi può fare l’azione di attacco, come può arrivare da solo. Per esempio al Giro Next Gen alla seconda tappa ha battuto in volata Teutenberg, che è praticamente un velocista, ma certo non è per le salite lunghe. 

In Slovenia, Roglic ne è l’esempio classico, non tutti i ragazzi arrivano al ciclismo che conta con la strada classica, ma c’è chi faceva altri sport, questo vale anche per Gal Glivar?

No, no… lui è cresciuto a pane e ciclismo. Suo papà Srecko è stato un corridore e anche un direttore sportivo dell’Adria Mobil (una squadra storica slovena, ndr) e forse anche per questo è così scaltro in gara. Magari più o meno direttamente ha incamerato le direttive del padre.

Secondo al campionato nazionale: ti aspettavi che andasse così forte?

In parte sì. Mi spiego: Gal usciva bene dal Giro Next Gen. Lui era il faro di una squadra nella quale ha aiutato Torres, tra l’altro torna il discorso di prima. Un suo pregio è quello di saper aiutare gli altri, di trovare le parole giuste. Dicevo del Giro Next, ha fatto bene, ha corso in appoggio e ne è uscito con una buona gamba. In più il percorso era adatto alle sue caratteristiche anche perché in Slovenia non essendo tantissimi accorpano gli elite con gli under 23, anche per questo la distanza non era impossibile, poco più di 150 chilometri.

Glivar tra due campioni come Novak e Mohoric, questo ultimo giunto a 2’51”
Glivar tra due campioni come Novak e Mohoric, questo ultimo giunto a 2’51”
Ma assegnano due maglie, giusto?

Sì, una per categoria. 

UAE Emirates e UAE Gen Z, alla fine ha corso come una squadra unica?

Più o meno sì. E infatti Glivar ha lavorato moltissimo per Novak. Anche perché poi da un certo punto era praticamente sicuro di aver vinto il titolo under. Ma da qui a battere gente come Mohoric… non era così scontato! Tra l’altro lui e Novak sono anche compagni di allenamento, abitano vicini. Ed è stata una fuga tra amici.

Ora quali saranno i programmi di questo ragazzo?

Corre stasera al Città di Brescia, poi farà il Medio Brenta e quindi il Valle d’Aosta che per lui è un po’ duro… ma sarà comunque importante.

Alla scoperta di Torres: il giovane spagnolo che ha sorpreso la UAE

19.06.2024
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FORLIMPOPOLI – Al bus della UAE Emirates Gen Z, scherzando con Giacomo Notari, preparatore dei ragazzi, si diceva che il Giro Next Gen di Pablo Torres rischiasse di passare in secondo piano viste le prodezze di Widar. Questi due, Torres e Widar, sono stati coloro che hanno animato la corsa rosa under 23 dall’inizio alla fine. Entrambi classe 2005, forti e spavaldi, sono accomunati dalle grandi doti e dalla giovane età. 

Un netto miglioramento

Se di Widar si era vista la grana del campione anche dalla categoria juniores, non si può dire lo stesso per Torres. Tante corse a tappe, ma tutte in Spagna, tranne per una toccata e fuga in Francia e Italia. Il secondo posto sorprende ancora di più se lo paragoniamo con i risultati del passato. Torres ha vinto tanto quando si è confrontato nelle gare nazionali, ma nel momento in cui si era spostato a livello internazionale i risultati non erano stati gli stessi

«E’ stata una gara fin da subito molto dura – racconta mentre si scalda con una giacca refrigerante all’ombra del bus – con un ritmo alto. Quando sono arrivato qui i primi giorni non sapevo quale sarebbe stato il mio livello. Mi stavo allenando molto bene in altura, ma non sapevo come sarebbero stati i miei rivali. Però fin dalle prime tappe ho avuto delle ottime sensazioni e sono arrivato a giocarmi il secondo posto». 

Pablo Torres da juniores ha corso in una squadra di club spagnola prima di passare alla UAE Gen Z
Pablo Torres da juniores ha corso in una squadra di club spagnola prima di passare alla UAE Gen Z
Come ti sei avvicinato al ciclismo?

Quando ero piccolo guardavo il Tour de France e la Vuelta con i miei nonni. Era un bell’intrattenimento, mi piaceva, ma restava pressoché un passatempo. Non mi allenavo ancora, giocavo a calcio, poi un dolore al ginocchio mi ha portato ad usare la bici. Mi è piaciuto molto fin da subito pedalare, e di lì a poco è diventato un impegno sempre più serio. 

Sei alla UAE Emirates Gen Z, come ti trovi?

La squadra è una meraviglia, la migliore del mondo. Sono super felice per l’opportunità che mi hanno dato e sto lavorando per sfruttarla al massimo e imparare tutto quello che è possibile.

In questo breve periodo hai già corso con i professionisti, che ci racconti?

Il ritmo è davvero veloce ma avevo tanta grinta e tanta voglia di dare il massimo per la squadra. Apprendendo dai più grandi che mi hanno insegnato tanto in quelle esperienze.

Pablo Torres in azione al Giro d’Abruzzo dove ha lavorato egregiamente per Adam Yates
Pablo Torres in azione al Giro d’Abruzzo dove ha lavorato egregiamente per Adam Yates
Stai accumulando tante esperienze internazionali e dei buoni risultati…

Credo che la motivazione, correndo in una squadra del genere, cambi molto. C’è un’altra maniera di correre, di vedere la corsa. L’anno scorso non ho avuto modo di fare tante gare fuori dalla Spagna, posso dire che c’è un ritmo molto diverso. E’ difficile, in queste categorie, conoscere i propri rivali, cosa che si nota molto in gara. C’è meno tatticismo. 

Il Giro Next Gen è stata la seconda corsa a tappe di otto giorni, come ti sei trovato?

Mi piace, credo che alla fine tenere un ritmo più elevato per molto tempo mi dia dei benefici. Sono un corridore che si esprime meglio negli sforzi di lunga durata e questo tipo di gare mi si addicono maggiormente.

Sei migliorato tanto in salita, in che modo ti sei allenato?

In inverno ho lavorato duramente con lo staff quando eravamo in ritiro e anche durante la stagione. Devo dire che ottenere questi buoni risultati dà tanto morale per il futuro. Quindi spero di continuare con questa motivazione.

Da sinistra: Giacomo Notari (preparatore del team Gen Z) Pablo Torres e Matxin (responsabile anche del progetto giovani)
Da sinistra: Giacomo Notari (preparatore del team Gen Z) Pablo Torres e Matxin (responsabile anche del progetto giovani)

Le parole di Notari

Parte del merito per la crescita così rapida di Pablo Torres va attribuita a Giacomo Notari. Il preparatore che da quest’anno lo sta seguendo nel progetto giovani della UAE Emirates. 

«Inizialmente non lo conoscevamo tantissimo – spiega coach Notari – anche perché da junior non aveva fatto molto. Però è il ragazzo che tutti vorrebbero allenare, parla poco e fa i fatti. Fin da subito ci siamo accorti che aveva dei numeri buoni durante tutto l’arco dell’allenamento. Nei test fatti in ritiro prima del Sestriere avevamo visto dei buoni numeri, ma non aveva mai corso per così tanti giorni. Nella tappa di Fosse ha fatto gli ultimi 28 minuti di salita a 6 watt per chilo. Con noi deve imparare l’attitudine mentale per vincere e capire come si fa. E anche nel 2025 sarà qui per essere competitivo».

Notari, il punto sui Gen Z: come crescono i più giovani?

12.04.2024
4 min
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COL SAN MARTINO – Vedere una figura come quella di Giacomo Notari tra gli under 23 fa un bell’effetto. Il coach del UAE Team Emirates Gen Z lo abbiamo prima incrociato al Palio del Recioto, poi al Trofeo Piva. 

Tra le colline patrimonio dell’Unesco, Notari si è messo in ammiraglia per seguire i suoi ragazzi. Uno su tutti Gal Glivar, che dopo aver vinto al Belvedere era il grande atteso di giornata. Per lo sloveno un quinto posto finale, complici anche dei problemi meccanici nel momento sbagliato della corsa.

Notari dal 2024 lavora con il team UAE Emirates Gen Z
Notari dal 2024 lavora con il team UAE Emirates Gen Z

I giovani campioni

Notari ha tra le mani i futuri talenti del team WorldTour che nel 2023 ha occupato il primo posto nel ranking UCI. Un bell’impegno e anche uno stimolo per un coach come lui che si è trovato a lavorare con ragazzi provenienti da tutto il mondo. 

«Partendo da Glivar – racconta Notari – sicuramente è un buon prospetto, non è più un giovane di primo pelo. Questo è dovuto anche al ciclismo di oggi, che etichetta come “vecchio” un ragazzo di 22 anni. Gal è un bell’atleta, furbo, bravo a correre e a posizionarsi in gruppo, caratteristiche che in gara lo aiutano molto. Ha dei buoni numeri, ma la cosa principale è la sua capacità di lettura delle dinamiche di corsa. E’ abbastanza veloce e in salita tiene anche se non è uno scalatore (unendo queste qualità ha portato a casa la vittoria al Belvedere, ndr)».

I giovani sono aggiornati su metodi di allenamento e nutrizione (photors.it)
I giovani sono aggiornati su metodi di allenamento e nutrizione (photors.it)
Abbiamo parlato spesso di Giami e Glivar, ma tu come preparatore che situazione hai trovato nel team?

Un po’ di diversità a livello di preparazione e di metodi di lavoro ne ho trovata. Essendo ragazzi di nazionalità diverse ognuno si porta dietro dei blocchi “culturali”

Cosa intendi?

Che un corridore americano spesso si allena in maniera diversa rispetto a un italiano o a un belga. Quello che ho visto è che, pur essendo giovani, sono sul pezzo già in tutto: alimentazione, allenamento, ecc…

Non sono da formare?

Magari da indirizzare, ma non è come 5 o 10 anni fa quando non c’era questa grossa cultura sportiva. Ad esempio ragazzi juniores di secondo anno sanno già quanti carboidrati assumere in gara. 

C’è un metodo di lavoro “standard” che si adatta a corse e obiettivi di stagione (fotobolgan)
C’è un metodo di lavoro “standard” che si adatta a corse e obiettivi di stagione (fotobolgan)
Le differenze che vedi a livello di preparazione quali sono?

Da quello che ho visto dai file degli anni precedenti, posso dire che i corridori belgi spesso si allenavano con lavori specifici ad alta intensità e ogni tanto facevano distanze. Al contrario, l’americano Cole Owen si allenava su distanze astronomiche, più di un professionista (in apertura photors.it). 

E come avete organizzato il lavoro?

La nostra visione di squadra è quella di fare una buona base soprattutto in inverno. Una volta costruite le fondamenta, puoi inserire dell’intensità. Il tutto, chiaramente, incastrando il calendario e gli obiettivi. 

Come ti stai trovando?

Bene, sono molto contento. Lavorare con i giovani mi piace parecchio, perché puoi plasmarli di più rispetto ad un corridore professionista. Lavorare con corridori maturi, a volte, ti porta anche a scontrarti perché hanno le loro idee e convinzioni. 

I giovani sono più propensi all’ascolto, lo testimonia la vittoria di Glivar al Belvedere (photors.it)
I giovani sono più propensi all’ascolto, lo testimonia la vittoria di Glivar al Belvedere (photors.it)
Con i giovani questo non c’è?

Si riesce a incidere maggiormente sulla loro crescita, naturalmente si deve creare quel feeling tra corridore e preparatore, ma una volta instaurato ti seguono in tutto e per tutto. Ho avuto un bello scambio di battute con Maini, dopo che Glivar ha vinto al Belvedere. Mi ha fatto i complimenti per il risultato, gli ho risposto che ero più contento per l’avvicinamento che ha fatto. 

Perché?

Gal dopo la Coppi e Bartali era stanco, ha seguito per filo e per segno il programma che gli ho dato, che era davvero minimo. Ad un altro corridore magari sarebbe venuto qualche dubbio, invece lui mi ha ascoltato. Quello che ho detto a Maini è stato: «Sono contento perché il ragazzo si è fidato al 100 per cento. Che abbia vinto non è stato merito mio, quel che mi è piaciuto è che si è totalmente affidato a me».

Verso l’Australia: rulli al caldo per abituarsi prima

04.01.2024
4 min
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Otto giorni per le donne, dodici per gli uomini e dall’Australia scatterà la nuova stagione del WorldTour. E il tema caldo… è proprio il caldo. Si passa dall’inverno europeo all’estate australe. E’ vero che sin qui, da noi, non sono mai state affrontate temperature super rigide, ma è anche vero che il solleone aussie è feroce.

La parola adattamento è quindi fondamentale. Nel ciclismo che cura ogni “millimetro” ecco che si viene a sapere persino di gente che fa i rulli in sauna. E non sarebbe la prima volta. Tempo fa adottarono questo protocollo i corridori della Dsm. Ma anche della Alpecin-Deceuninck in vista del Tour e della Vuelta. Di recente ce ne ha parlato Manlio Moro.

Per l’heat adaptation i rulli sono fondamentali in questa fase dell’anno
Per l’heat adaptation i rulli sono fondamentali in questa fase dell’anno

Rulli al caldo

Giacomo Notari, che da qualche giorno è ufficialmente uno dei preparatori del gruppo giovani della UAE Emirates Gen Z e che prima era stato in casa Astana-Qazaqstan, ci aiuta a comprendere meglio certi aspetti di tale adattamento, comunque necessario.

«Solitamente – dice Notari – in Australia c’è un caldo incredibile. Forse questa volta paradossalmente la sua morsa dovrebbe essere leggermente meno dura, ma resta il fatto che le squadre vanno giù 8-10 giorni prima proprio per una questione di adattamento climatico. E chiaramente anche per questioni di fuso orario».

In effetti nella zona del Santos Tour Down Under si stanno accarezzando i 30 gradi centigradi, per di più con qualche piovasco. Ma proprio questi acquazzoni estivi fanno aumentare vertiginosamente l’umidità. E le temperature sono comunque previste in aumento per i giorni successivi.

Alberto Dainese, Felix Gall che si fasciava persino con dei sacchi di plastica e, come ricorda il dottore stesso, Tony Martin, sono o erano soliti eseguire la pratica dei rulli in condizioni di caldo.

«Oltre alla sauna – prosegue Notari – per eseguire una sessione di adattamento al grande sbalzo termico, e non solo al caldo estremo, è sufficiente già una stanza chiusa a 20-21 gradi. Se infatti non c’è ricircolo di aria la temperatura corporea sale molto di più rispetto ad una pedalata all’esterno o ventilata. Quindi bastano un termosifone acceso, una giacca invernale addosso e puoi iniziare la tua “heat adaptation”».

Una sauna finlandese come quelle utilizzate dalla Dsm tempo fa. Ma molti altri atleti, specie quando sono nei ritiri e ci sono le saune negli hotel, cercano di sfruttarle
Una sauna finlandese come quelle utilizzate dalla Dsm tempo fa.

Heat adaptation

S’inizia quindi questa sessione particolare. Secondo Notari, senza dover andare per forza in sauna, cosa che poi non è così facile da avere a portata di mano, si possono ricreare certe situazioni ambientali. Appunto con la stanza calda, l’abbigliamento invernale e la totale assenza di ricircolo d’aria. Muoversi in queste condizioni “crea” il caldo australiano.

«Solitamente – spiega Notari – il protocollo di heat adaptation si fa a fine allenamento. L’atleta rientra a casa e passa direttamente ai rulli. Trova la sua stanza già pronta e ci pedala per un tempo che va dai 30′ ai 50′.

«Sostanzialmente non si eseguono lavori. Basta pedalare in modo non troppo blando, ma si possono inserire delle sessioni di 3′-4′ al medio intervallate da brevi recuperi. Questo per aggiungere stress all’organismo e creare le condizioni di surriscaldamento».

Il sensore Core è uno dei sistemi per monitorare la temperatura corporea. E’ molto utile per l’heat adaptation (foto da web)
Il sensore Core è uno dei sistemi per monitorare la temperatura corporea. E’ molto utile per l’heat adaptation (foto da web)

Maneggiare con cura

Chiaramente sono pratiche particolari e da eseguire con criterio. Bisogna seguire le indicazioni sia del coach che del medico. I rischi sono dietro l’angolo.

«Questo protocollo – dice Notari – si fa per adattarsi al grande sbalzo termico. E per adattarsi ad un clima estremo bisogna mettere il corpo sotto stress, ricreargli situazioni simili. Con l’aumento della temperatura e la disidratazione si perde performance: riprodurre queste situazioni fa sì che una volta in Australia il gap di questa perdita di efficienza sia ridotto. Il corpo infatti ci è abituato o comunque riconosce meglio certe situazioni».

«Però bisogna stare attenti. Già quando si sale sui rulli in condizione di normalità i battiti aumentano, in super over heating questi aumentano ancora di più. E più si va avanti con la seduta e più aumentano, al pari della temperatura corporea. Anche per questo si utilizzano quei sensori grazie ai quali i corridori possono monitorare la temperatura sul computerino al pari di watt e frequenze cardiache».

«E’ poi chiaramente importante idratarsi, anzi è fondamentale. Si beve sia durante la sessione sui rulli che dopo. C’è un piano di reintegro che prevede anche l’assunzione di sali minerali. E questo aspetto è affidato al nutrizionista».

Insomma “maneggiare con cura”: rulli al caldo sì, ma con una grande attenzione ad ogni aspetto perché quella lama tra beneficio e danno è davvero sottile.

Tre performance 2023 e tre coach. Spuntano VdP e Groves

06.11.2023
5 min
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Tre performance che abbiano colpito tre preparatori nella stagione appena archiviata. Molti hanno in mente i duelli fra Pogacar o Vingegaard sulle vette del Tour de France. Chi c’è stato ricorda il giorno memorabile del trionfo al Giro d’Italia di Roglic sul Lussari davanti alla sua gente, ma i coach guardano altro. Guardano i numeri, è vero, ma non si fermano alle emozioni di determinate azioni.

A Paolo Slongo, Giacomo Notari e Pino Toni abbiamo chiesto quale performance li avesse più colpiti. Sul piatto abbiamo anche messo diversi momenti clou dell’anno. Per esempio, la crono di Vingegaard al Tour, esaltata per valori e preparazione al dettaglio. La Liegi di Remco o le sue cavalcate in Spagna. Le volate in rimonta di Milan. La Roubaix di Van der Poel… Ma loro avevano già le idee chiare. 

Ai mondiali di Glasgow, Mathieu Van der Poel scatta a 23 chilometri dal traguardo e distrugge dei super campioni
Ai mondiali di Glasgow, Mathieu Van der Poel scatta a 23 chilometri dal traguardo e distrugge dei super campioni

Toni: VdP a Glasgow 

Partiamo da Pino Toni. Il tecnico toscano non ha avuto dubbi: la sua performance preferita? Il mondiale di Van der Poel, ci ha detto immediatamente. 

«Al di là che c’erano tutti e tutti erano al top e volevano vincere – spiega Toni – l’olandese ci è arrivato benissimo. In una corsa di un giorno tutti sono al massimo. Questo vale anche per i grandi Giri, ma è diverso. Mathieu mi ha stupito soprattutto per la facilità con cui ha fatto quei 5′ “a blocco” in cui ha staccato tutti. Ed era lontano dal traguardo, 23 chilometri se ben ricordo. E dietro aveva quattro corridori fortissimi, tutti con caratteristiche diverse: chi era più esplosivo, chi per le salite lunghe, chi velocista… segno che si trattava di un mondiale duro. Per quel calibro di motori mancava solo Ganna, ma lui forse ha una mentalità diversa».

Per Toni quei 23 chilometri sono stati un mix di tattica, potenza e preparazione azzeccata. Ha rifilato oltre un minuto e mezzo a Van Aert, Pogacar e Pedersen, il più veloce in teoria, ma poi il più stanco nel finale. E quasi 4′ al quinto, Kung.

«Non conosco di preciso i suoi numeri. Uno sguardo gliel’ho dato, ma il file reale è un’altra cosa e sarebbe bello averlo! Ma di certo sono stati valori fuori dal comune».

Sembra una volata di gruppo, in realtà Ganna (a sinistra) e Groves (al centro) erano i “reduci” della fuga a Madrid, finale della Vuelta
Sembra una volata di gruppo, in realtà Ganna (a sinistra) e Groves (a destra) erano i “reduci” della fuga a Madrid, finale della Vuelta

Notari: Groves a Madrid

Giacomo Notari, preparatore dell’Astana Qazaqstan  ci stupisce, ma poi ripensandoci, neanche troppo, e la sua perla è la vittoria di Kaden Groves a Madrid, nell’ultima tappa della Vuelta. Vale la pena ricordare che di solito la frazione finale di un grande Giro è una passerella, quel giorno invece per “colpa” di Evenepoel le cose non sono andate così.

«Vedere un velocista andare in fuga con dei campioni, dei cronoman come Ganna ed Evenepoel è stato particolarissimo. E sì che stando in gruppo – spiega Notari – lui avrebbe vinto al 99 per cento, perché non era “un velocista”… Era il velocista più forte della Vuelta».

Groves aveva già dimostrato in altre occasioni di essere più di un velocista, ma con altri andamenti tattici. E infatti anche sul Montjuic aveva fatto secondo, ma stando coperto in gruppo. Uscire allo scoperto è stato davvero insolito per uno come lui.

«Io quel giorno ero in ammiraglia. Sono andati talmente forte che la gente si staccava dal gruppo. Il circuito di Madrid poi non è piattissimo, anzi…. Groves in volata ha numeri importantissimi, sta sui 1.600-1.700 watt e tutto sommato visto che in fuga erano in sei, quei 10”-15” di trenata riusciva a digerirli bene, fisicamente. Ma se si pensa che hanno fatto oltre 50 di media e nel finale è riuscito ugualmente a sprintare, per me è la performance dell’anno».

Van der Poel ha attaccato nella seconda parte del Poggio, gli altri (si notano sullo sfondo) erano in riserva lui no
Van der Poel ha attaccato nella seconda parte del Poggio, gli altri (si notano sullo sfondo) erano in riserva lui no

Slongo: Vdp sul Poggio

Chiudiamo quindi con coach Paolo Slongo, in forza alla Lidl-Trek. Paolo “torna in Italia” e lo fa con Van der Poel anche lui, ma alla Sanremo.

«Di episodi interessanti ce ne sono stati tanti in questa stagione – dice Slongo – ma le performance che più mi sono piaciute sono state quelle di Van der Poel, perché quel che ha dichiarato è poi riuscito a vincere. Dai mondiali di cross a quelli su strada».

In ballo con il mondiale anche lui, alla fine Slongo ci ha parlato della Sanremo. E del Poggio in particolare. Ci è arrivato con una preparazione al millimetro.

«Era qualche anno che non si vedeva un numero del genere sul Poggio. E’ stato un numero di forza: Mathieu è riuscito a fare la differenza quando tutti erano stanchi, ha avuto una sparata in più. Ed questa la prestazione. Vero, c’era vento e Pogacar ha tirato molto, ma Pedersen, Van Aert… non sono riusciti a dare la botta ulteriore.

«Per fare quell’azione sul Poggio significa che ci arriva spendendo meno degli altri. Oltre ad avere un’enorme soglia aerobica, questo implica che ha anche una grande efficienza: il suo motore consuma poco. Se è frutto di un allenamento sui 20”-40”? Non lo alleno io e questo non lo so, ma di certo VdP tiene bene i 40”, anche 45” di attacco a tutta… anche dopo tantissime ore».

Stagione agli sgoccioli, come cambiano i carichi di lavoro?

28.09.2023
4 min
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Siamo a fine stagione e nel vasto campo della preparazione qualcosa inizia a cambiare. E cambia per due motivi principali. Il primo, più fisiologico, è che a fine anno ormai le condizioni tendono a livellarsi. Altrimenti se così non fosse la crescita dei valori sarebbe infinita. Il secondo motivo, è che i fisici mediamente sono più stanchi, pertanto “meno propensi alla fatica”, per dirla in modo molto spicciolo.

Di questo aspetto della preparazione autunnale ne parliamo con Giacomo Notari, coach dell’Astana Qazaqstan (in apertura foto Instagram), attualmente impegnato in Asia, per il Tour de Langkawi penultima corsa a tappe della stagione.

Giacomo Notari (classe 1988) è coach dell”Astana e ha anche un suo centro di preparazione, l’NG Training
Giacomo Notari (classe 1988) è coach dell”Astana e ha anche un suo centro di preparazione, l’NG Training
Giacomo, dunque, come cambiano i carichi di lavoro a fine stagione?

E’ una risposta ampia e difficile. Diciamo che il carico dipende soprattutto dal calendario gare dell’atleta. Dopo la Vuelta, ci sono quasi solo corse di un giorno, spesso molto fitte come quelle in Italia e in questa fase, ripeto, con l’ultimo grande Giro alle spalle, la stanchezza fisica e mentale si fa sentire. Pertanto i carichi calano un po’.

Quanto? Chiaro che ci riferiamo ad una stima e non a numeri precisi…

Io credo che diminuiscano di un 20 per cento, anche 25. Proprio perché ci sono corse di un giorno si va a ricercare la brillantezza e si è brillanti se si è freschi. E per essere freschi serve il recupero. In questa fase perciò si tende molto a sfruttare la gara e a scaricare nei giorni tra un impegno e l’altro.

Si dice, proprio in virtù della stanchezza, che i lavori più intensi vengano assimilati meno: è così? Per esempio l’altura ormai non si fa più…

Per me no, semmai questa componente dell’assimilazione è molto legata all’aspetto mentale, cioè quanto un corridore è stanco e propenso a lavorare. Perché se la testa c’è, è motivato, e chiaramente di base sta bene, il lavoro viene assimilato normalmente.

Anche in questo periodo della stagione la fase intensa dei lavori è molto importante
Anche in questo periodo della stagione la fase intensa dei lavori è molto importante
E quali sono i lavori più intensi che si fanno?

Si tende a fare qualche sessione dei classici 30”-30”, 40”-20” o 15′ in sessioni di 5′ di Vo2Max con recuperi completi. O ancora una salita lunga partendo dal medio e facendo il finale fuori soglia..

E per il resto?

Dipende anche quanto tempo si ha a disposizione tra una gara e l’altra, se si deve arrivare al Giro di Lombardia o si stacca prima. Nel caso si faccia “la classica delle foglie morte” ci sta che si facciano un paio di allenamenti lunghi, curando ancora un po’ la parte aerobica, e poi si passa a qualche lavoro di brillantezza. Ma per il resto in questa fase sono soprattutto le sgambate a tenere banco. Considerando che ci sono parecchie corse come accennato.

Dopo lo stacco estivo Lutsenko (qui primo al Memorial Pantani) ha inanellato una serie di corse di un giorno e sarà così fino a fine stagione
Dopo lo stacco estivo Lutsenko (qui primo al Memorial Pantani) ha inanellato una serie di corse di un giorno e sarà così fino a fine stagione


E invece il metodo del preparatore cambia o è sempre lo stesso? Per esempio, come inviate i programmi durante questo periodo?

Questo dipende da team a team. Noi per esempio inviamo i programmi in Pdf, come nel resto della stagione. TrainingPeaks lo utilizziamo per analizzare i file di gare e allenamenti. Quel che cambia è che rispetto ad inizio stagione il programma va rivisto più spesso, si tende a parlare molto più anche con il corridore per sentire come sta. Il programma lo devi adattare, rimodulare. E infatti nel pieno della stagione di solito inviamo programmi di due settimane, in questa fase di una sola settimana.

Rispetto al passato, in linea di massima, in questa fase si affronta l’autunno in un altro modo?

Di base direi di no, ma come è ormai noto essendo cambiato il modo di correre, oggi in allenamento, anche in questo periodo, si tende a fare più intensità. E questo perché non puoi più permetterti di andare alle corse per allenarti. Il livello è alto anche nelle gare più piccole e quindi ci devi arrivare ben preparato.

I “mezzi alternativi” nel giorno di scarico

14.08.2023
5 min
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Utilizzare un “mezzo alternativo” nel giorno di scarico: il variegato mondo della preparazione propone anche questo. In frontiere sempre più evolute, che cercano il capello, non sono pochi gli atleti che nel giorno del riposo attivo scelgono di salire su una Mtb, sulla bici da crono o in qualche rarissimo caso anche di nuotare (vedi Wurf che spesso è impegnato nei suoi triathlon) o chi inforca la gravel bike.

Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana-Qazaqstan
Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana-Qazaqstan

Andare piano

Giacomo Notari, preparatore dell’Astana-Qazaqstan ci spiega i perché di tali scelte. «Partiamo dal presupposto che il giorno di scarico e quello di riposo totale sono importanti, se non di più, dei giorni di allenamento o di carico, perché se non recuperi bene poi anche i successivi lavori non verranno bene, né si assimileranno quelli precedenti, quindi qualsiasi attività si faccia questa va intrapresa bene.

«Se mezzi alternativi alla bici da corsa – spiega Notari – come la Mtb o la bici da crono piacciono è giusto usarli. Oggi rispetto a qualche anno fa è diverso. Si è più aperti a certe variazioni. Una volta non si doveva camminare, stare in piedi… Oggi una camminata di 30′ si può anche fare. Ma certo se nel bel mezzo della stagione si fa una scarpinata in montagna o si va a correre non è il massimo. Parliamo sempre di uno sport di elite, estremamente specifico».

«Mtb, gravel e bici da crono vanno benissimo, a patto che, soprattutto in mtb, non si faccia troppo dislivello. Perché per quanto si vada piano, alla fine le salite specie quelle offroad, fanno faticare. E lo stesso vale per la bici da crono, ma in relazione alla velocità. Ci si può stare anche un’ora e mezza, ma a ritmi blandi».

Riguardo al nuoto Notari non si dice contrario, ma anche in questo caso vige la regola delle basse intensità. «E conta molto l’attitudine che ha il corridore con il nuoto, perché se è bravo e lo fa abitualmente può anche starci una nuotata, altrimenti meglio evitare. Specie se si è nel pieno della stagione. Sarebbe un gesto troppo diverso».

Gli “altri” muscoli

E quest’ultimo concetto relativo al nuoto ci proietta verso il tema dell’utilizzare muscoli differenti. Quali vantaggi ci sono nel salire in sella ad una bici da crono, ad una Mtb o, come accade sempre più spesso, in sella ad una gravel?

Anche se la gravel in virtù di una posizione pressoché identica a quella da strada è la migliore per certi aspetti, come quello mentale e la tecnica di guida, è meno efficiente per altri, come quello muscolare… se si ha l’obiettivo di variare chiaramente.

«Il vantaggio – prosegue Notari – è quello di variare la propria attività abituale. Si dice che vengono chiamati in causa altri muscoli, ma questa definizione non è precisa. Se utilizzo la bici da crono o la mtb i muscoli sono quelli, ma in virtù di angoli diversi possiamo dire che gli stessi muscoli vengono utilizzati in maniera differente. In Mtb, ma tutto sommato anche con la bici da crono, stando più avanzati si utilizzano di più i quadricipiti».

Notari insiste soprattutto sulla bici da crono. Secondo lui utilizzarla nel giorno di scarico è importante in quanto l’atleta si abitua a cambiare bici: un passaggio utile nelle corse a tappe. Il giorno dopo la crono infatti non è raro che i corridori ne risentano, che abbiano dolori ai muscoli e se si tratta di uomini da corse a tappe, non va chiaramente bene. Ma non va bene neanche se si è dei cacciatori di tappe e il giorno dopo la crono c’è una frazione adatta a quel corridore che sia un attaccante o un velocista.

Felline durante una tranquilla uscita in Mtb: gambe e testa si rigenerano anche così (foto Instagram)
Felline durante una tranquilla uscita in Mtb: gambe e testa si rigenerano anche così (foto Instagram)

Dai muscoli alla mente

Ma come ci spiegava recentemente Germani (e non solo lui), o ascoltando in passato i racconti di Ballerini, utilizzare un altro mezzo, in questo caso la Mtb, è anche uno scarico mentale. Non a caso per la foto di apertura abbiamo scelto Germani durante un’escursione zaino in spalla con la ruote grasse. Si percorrono nuove strade, non è quello il “proprio sport” e tutto si vive in modo diverso. In molti casi non si utilizzano né cardio, né potenziometri.

«Utilizzare un altro mezzo – dice Notari – è anche uno scarico mentale e va bene. Spesso si pensa che noi preparatori lobotomizziamo i ragazzi con i numeri e tabelle… ma perché tutto funzioni ci vuole la testa, la motivazione e questa si trova anche così. Altrimenti se contassero solo i numeri, basterebbe capire chi ha la soglia più alta e si potrebbe stilare l’ordine d’arrivo già prima del via.

«Va bene quindi utilizzare un mezzo alternativo, in questo caso mi riferisco più alla mtb che varia di più rispetto al quotidiano. Ma vado oltre, se un atleta conosce bene questo mezzo, può anche farci dei lavori specifici o uscite di endurance (vedi Ballerini, ndr). Ben venga dunque il mezzo alternativo a livello di testa».