Fondo lungo: con Notari nei dettagli della famosa “base”

27.01.2023
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Quante volte sentiamo dire: «Quell’atleta sta facendo il fondo lungo». «E’ fondamentale avere una buona base». «In ritiro per costruire la base». Ma cosa significa veramente? Cosa succede al corpo? E perché è così importante?

Ne parliamo con Giacomo Notari, uno dei coach dell’Astana Qazaqstan (in apertura foto Instagram). Giacomo è in Argentina è sta seguendo i suoi ragazzi per la prima corsa della stagione. Anche loro laggiù, dopo aver fatto chilometri e chilometri di fondo lungo, inseriscono i primi fuori giri. Ma senza quel lavoro a monte sarebbe un problema farli. Anche se si fosse magri e con molta forza nelle gambe.

Giacomo Notari al rifornimento durante la Vuelta a San Juan. Il coach dell’Astana ci ha aiutato a scoprire i segreti del fondo lungo
Notari al rifornimento durante la Vuelta a San Juan
Giacomo, base o fondo lungo: cos’è? Cosa accade nel corpo?

E’ la famosa “Zona 2 o Z2” di Andy Coogan. E’ quell’intensità da tenere per tempi medi o lunghi con la quale si va ad aumentare il volume plasmatico, ad aumentare gli enzimi mitocondriali (che sono un po’ le “fabbriche” di energia del muscolo, ndr)… e si aumenta anche la riserva di glicogeno. In Z2, e in parte anche in Z3, s’insegna al corpo ad utilizzare di più i grassi per trarre energia. E un corpo abituato ad usare più grassi, si ritrova con più zuccheri nel finale. E sono questi, i carboidrati, la “benzina” migliore per le alte intensità. Nel corpo umano ci sono circa 700 grammi di zuccheri tra fegato e muscoli e meno ne usi e più ne hai a disposizione. I grassi, benché i corridori sono magri, sono invece “illimitati”.

Perché è così importante questo fondo lungo?

Perché il ciclismo è uno sport di endurance e bisogna lavorare sul fondo lungo per migliorare la capacità aerobica. Torniamo quindi al discorso dei grassi e dei mitocondri. Nella classifica delle zone di intensità dell’allenamento, la Z1 serve solo per lo scarico. E’ un’intensità talmente bassa per un atleta professionista che non apporta nessun beneficio. La Z2 è quella più “usata”: la puoi tenere a lungo, ma resta comunque un impegno non esagerato che invece i benefici li apporta… come abbiamo visto. E fa da base appunto per quelle azioni che servono per poter vincere. Poi ci sono le altre zone man mano ad intensità sempre maggiori.

Tenere sotto controllo i watt è fondamentale in allenamenti che prevedono precise zone d’intensità come la Z2
Tenere sotto controllo i watt è fondamentale in allenamenti che prevedono precise zone d’intensità come la Z2
Quali sono queste azioni?

I lavori intermittenti, la forza, il fuori soglia, gli scatti. E’ qui che si riporta il classico esempio che la preparazione è come la costruzione di una casa. Bisogna partire da fondamenta solide, cioè da una base, per tirare su i piani successivi (resistenza, soglia, fuori soglia, scatti…).

Per questo è importante anche per i pistard, anche velocisti, che fanno sforzi molto brevi?

Sì, anche per loro, anche se è un po’ diversa. Non fanno 5-6 ore con grandi dislivelli, ma negli ultimi anni tendono stare di più in bici, anche 3-4 ore. E questo è dovuto anche al fatto che è cambiato il format delle gare. Oggi con i tempi ristretti si fanno più prove ravvicinate, quindi per recuperare meglio ed esprimersi sempre al massimo serve una grande base aerobica. Non è un caso che la nazionale italiana è qui alla Vuelta a San Juan con i pistard.

Tim Wellens cerca di essere costante con i watt anche in discesa. C’è da giurare che la media oraria dei suoi allenamenti sia alta (foto Instagram)
Wellens è costante con i watt anche in discesa. La media oraria dei suoi allenamenti è alta (foto Instagram)
Facciamo un esempio relativo alla Z2: un atleta che ha 400 watt alla soglia a quanti watt deve allenarsi? E qual è il corrispettivo in frequenze cardiache?

La Z2 corrisponde al 55-75% della soglia (220-300 watt), quindi ha un range ampio. La frequenza cardiaca corrispondente alla Z2 è 70-80% della soglia (esempio: per chi ha una soglia di 180 battiti al minuto parliamo di 126-144 pulsazioni, ndr).

Un range ampio in effetti…

Diciamo che la parte più alta è per la salita, dove fare watt è un po’ più facile. Mentre si sta nella parte mediana o poco sotto in pianura. Poi c’è anche il caso, vedi Tim Wellens, di chi resta in Z2 anche in discesa.

Dovendo fare un lavoro di endurance sarebbe meglio in effetti?

E’ un po’ difficile e per questo in salita si spinge un po’ di più. Dopo sai che recuperi. Comunque sono sottigliezze. Alla fine i due sforzi si bilanciano. L’importante è che a fine allenamento la potenza media e la potenza media normalizzata siano in Z2.

Dombrowski, complice la sua formazione “made in Usa”, è molto attento al rispetto delle zone di allenamento
Dombrowski, complice la sua formazione “made in Usa”, è molto attento al rispetto delle zone di allenamento
Chi è uno dei tuoi atleti che è particolarmente bravo a rispettare questi parametri?

Direi Joe Dombrowski. Lui, statunitense, è più influenzato dalle tendenze USA. Cooganan fa parte di quei fisiologi americani che hanno studiato a fondo i misuratori di potenza e sdoganato determinate teorie. E Joe le segue. Riesce a stare bene in Z2 anche quando fa dislivelli importanti.

E non è così facile?

Un pro’ ci riesce anche perché parliamo di intensità tutto sommato basse. Comunque c’è un’altra cosa molto importante che ci dice la Z2.

Quale?

E’ un ottimo indicatore della capacità aerobica del corridore, un indice del suo stato di endurance. Se nelle prime due ore sta in Z2 con determinati battiti cardiaci e nelle successive due ore mantiene gli stessi battiti significa che sta già bene. Ad inizio stagione, nei primi ritiri, diversi corridori registrano un aumento dei battiti per mantenere la Z2 nella seconda parte di allenamento. Significa che la loro base non è ancora completa.