Giaimi: una vittoria per scacciare i brutti pensieri

29.03.2025
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Luca Giaimi ha iniziato la sua seconda stagione nel devo team della UAE Team Emirates-XRG con un piglio diverso. Dopo le fatiche del primo anno nella formazione di sviluppo della squadra emiratina, il ligure ha trovato la vittoria in Portogallo. Un successo importante non tanto per il parterre presente al Troféu Internacional da Arrábida, ma per il significato che racchiude. Giaimi era arrivato al UAE Team Emirates Gen Z con gli occhi puntati addosso, per quanto fatto vedere fra gli juniores, ma anche per l’investimento fatto su di lui da parte della squadra numero uno al mondo: un contratto di sei anni, con scadenza quindi nel 2029

Lo stesso Giaimi, quando lo abbiamo incontrato la prima volta al ritiro del team nel gennaio del 2024 ci aveva detto: «Un contratto così lungo comporta meno stress legato alla scadenza, ma sento un po’ la pressione di dimostrare che me lo sono meritato».

Al Troféu Internacional da Arrábida è arrivato il primo successo con il devo team della UAE (foto Instgram Luca Giaimi)
Al Troféu Internacional da Arrábida è arrivato il primo successo con il devo team della UAE (foto Instgram Luca Giaimi)

Le pressioni

Da qui ripartiamo con Giacomo Notari, preparatore del UAE Team Emirates Gen Z e dello stesso Giaimi. Una sua storia su Instagram dopo la vittoria del suo atleta in Portogallo aveva acceso la nostra curiosità, questa diceva: “Un traguardo meritato dopo i sacrifici dell’inverno”. Ma quali sono questi sacrifici fatti?

«Giaimi arrivava da noi forte delle prestazioni fatte nella categoria juniores – racconta Notari – e non credo pensasse che tutto potesse risultare semplice. Sicuramente si immaginava di ottenere qualche risultato in più. Invece ha faticato, nonostante negli allenamenti non ci fosse niente da dire e lo scorso anno abbia messo insieme tante esperienze importanti, migliorando piano piano e finendo la stagione bene. Alla Crono delle Nazioni ha colto un ottimo secondo posto, è stata una bella iniezione di fiducia in vista del 2025. Però aveva capito che se voleva fare un salto di qualità ed essere più competitivo doveva cercare di perdere un po’ di chili. Quando ho scritto “sacrificio” mi riferivo a ciò che ha fatto da questo punto di vista».

Giaimi ha iniziato il 2025 dopo un inverno di grandi cambiamenti. Il primo? Il peso
Giaimi ha iniziato il 2025 dopo un inverno di grandi cambiamenti. Il primo? Il peso
Un “nuovo” Giaimi…

I chili persi gli hanno portato anche un miglioramento negli allenamenti: recupera meglio e si affatica meno. Tutto questo ha fatto sì che iniziasse la stagione con grosse motivazioni. Non nego che lui stesso si fosse messo delle pressioni, magari inconsciamente, e i primi appuntamenti lo hanno messo alla prova dal punto di vista mentale. Quello che gli mancava era collocare il tassello che gli potesse dare la giusta fiducia nei suoi mezzi. Quando vinci, poi ti sblocchi a livello mentale, sei più tranquillo e dopo puoi osare ancora. Tutti in squadra hanno visto un altro corridore.

Nei lavori in bici è cambiato qualcosa?

Non ha perso praticamente niente in termini di potenza, va un po’ meglio in salita, ma alla fine a livello di allenamento ha cambiato poco.

Quindi era un lavoro psicologico?

Sì, gli dicevo di stare tranquillo perché sapevamo che aveva lavorato bene e più che altro era un suo blocco mentale. Quando uno vuole una cosa e vede che non arriva, inizia ad autosabotarsi o a mettersi in dubbio. E’ una cosa che succede a tutti. Per questo sono felice che sia riuscito a vincere. Nei giorni prima di andare in Portogallo ha corso in Belgio con il team WorldTour. Insieme a Baldato avevamo studiato un piano per farlo recuperare ed essere pronto per le corse portoghesi

In Portogallo il suo coraggio è stato premiato, entrato nella fuga si è poi giocato la vittoria allo sprint (foto Instagram Luca Giaimi)
In Portogallo il suo coraggio è stato premiato, entrato nella fuga si è poi giocato la vittoria allo sprint (foto Instagram Luca Giaimi)
Lo hai sentito?

Il venerdì sera prima della gara, abbiamo parlato di un po’ di cose tra le quali la pista che ora tornerà a curare di più insieme a Salvoldi. Poi gli ho detto: «Domenica prova ad andare in fuga perché alla fine è l’unico modo che hai per vincere. Visto che ora stai bene bisogna provare». 

E poi ha vinto.

Dopo la gara gli ho scritto per sapere come fosse andata, sapevo già della vittoria, ma volevo sentirlo dire da lui. Mi ha risposto dicendo: «Ho fatto come mi hai detto, sono andato in fuga». A volte con i giovani c’è bisogno di spronarli, di osare.  

Dopo un anno con voi e il cambiamento fatto in inverno che corridore può essere Giaimi?

E’ ancora relativamente presto perché è abbastanza versatile. Secondo me, in maniera buona, non l’ha capito neanche lui che corridore è, sicuramente non uno scalatore. E’ un ottimo cronoman e inoltre è abbastanza veloce, ma non un velocista puro, anche se per le volate entrano in gioco altri meccanismi tecnici e tattici. Visti i suoi trascorsi in pista con l’inseguimento a squadre e individuale può essere un finisseur. Se trova il momento giusto di fare la sua sparata ha buone doti negli sforzi medi e medio lunghi

Giaimi ha corso già con il team WT sul pavé, il passo successivo sarà la Roubaix U23
Giaimi ha corso già con il team WT sul pavé, il passo successivo sarà la Roubaix U23
Nel tuo lavoro c’è tanto anche questo aspetto psicologico e di scambio?

Quando si è alle gare, spesso si va nelle camere a parlare faccia a faccia. Il lavoro da fare richiede di trovare un certo equilibrio, l’obiettivo è crescere, ma anche qualche risultato non fa male. Vincere aiuta a mantenere la concentrazione alta, a credere nel progetto e in se stessi. Se un corridore arriva a mettersi in dubbio è pericoloso. Poi, come dicevo, tornerà ad allenarsi con maggiore frequenza in pista, abbiamo già iniziato a parlare per capire qual è il miglior approccio da avere.

Stella: sprint vincente nel deserto, buona la prima!

28.01.2025
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La prima vittoria italiana della stagione 2025 porta la firma del giovane Davide Stella, velocista al suo primo anno nella UAE Team Gen Z. Un esordio coi fiocchi per il pistard classe 2006 che alla quinta e ultima tappa del Tour of Sharjah mette in fila tutti (in apertura foto Tour of Sharjah). Il talento della pista azzurra, che nel mondiale juniores dello scorso settembre ha portato a casa due ori e un argento, ha cominciato con il piede giusto anche su strada. 

Nel deserto, tra moschee e sabbia fa un gran caldo. Al termine della tappa raggiungiamo Stella al telefono. Lui e i compagni del devo team della UAE Team Emirates si trovano al Dubai Mall per festeggiare. Un giro per salvarsi dal caldo e per trovare un po’ di svago alla fine di dieci giorni impegnativi. 

«Siamo arrivati negli Emirati – dice Stella al telefono – il 18 gennaio per correre una gara inaugurale. Poi è iniziato il Tour of Sharjah. Nei primi giorni sono stato male, ho preso un virus intestinale che mi ha debilitato parecchio. Ho perso quattro chili di liquidi. Man mano che le tappe passavano stavo sempre meglio (lo testimonia il quinto posto nella seconda tappa, ndr)».

Stella ha conquistato il titolo iridato con il quartetto azzurro, per loro è arrivato anche il record del mondo
Stella ha conquistato il titolo iridato con il quartetto azzurro, per loro è arrivato anche il record del mondo

Energia ritrovata

I chilometri sono passati e la forza è presto tornata a impossessarsi delle gambe di Stella, che nella volata di oggi ha chiuso in bellezza il viaggio negli Emirati Arabi.

«Come sviluppo di gara – spiega il velocista – mi sono trovato bene, in queste gare il gruppo controlla l’andamento della tappa. Tutto è più lineare. La volata di oggi è stata abbastanza nervosa, non è stato facile gestirla, tanto che all’ultimo mi sono trovato solo. Dopo l’ultima rotonda ero rimasto indietro, così ho lanciato lo sprint ai 400 metri. Piano piano sono risalito, fino a superare il primo. E’ stato uno sforzo abbastanza simile a quello che faccio in pista, dove siamo chiamati a fare tanti secondi con picchi alti di potenza. Prima di partire per venire qui a correre sapevo di stare bene, per quanto riguarda il picco di potenza massima ero su ottimi livelli. Non ho ancora metabolizzato bene il successo, magari tra qualche ora sarò più consapevole. Però iniziare così è bello, molto».

Nella prima volata del Tour of Sharjah Stella ha ottenuto un quinto posto, serviva solo prendere le misure (foto Tour of Sharjah)
Nella prima volata del Tour of Sharjah Stella ha ottenuto un quinto posto, serviva solo prendere le misure (foto Tour of Sharjah)

La parola del coach

Al Tour of Sharjah, insieme ai ragazzi del UAE Team Gen Z, c’era anche Giacomo Notari. Il preparatore del devo team non è andato con i ragazzi a festeggiare, per lui e lo staff è tempo di fare le valige e preparare il rientro di tutti i materiali. 

«Che corridore sia Stella – racconta Notari mentre è indaffarato con le ultime cose da sistemare – lo abbiamo visto fin dai primi test e anche da ciò che ha fatto su pista. Con lui abbiamo impostato un lavoro che ci permettesse di mantenere e migliorare l’esplosività, tanto che ha continuato ad allenarsi su pista durante l’inverno. A livello anaerobico è tanto, tanto, ma tanto forte. Si tratta di un velocista puro e lo si è visto fin dal primo ritiro, quando faceva le volate con Molano e se la giocava. Ma uno juniores forte può giocarsela con un corridore più maturo nello sprint secco. Quello che deve migliorare Stella è la resistenza».

Davide Stella ha impressionato Notari per la sua potenza nello sprint (foto Tour of Sharjah)
Davide Stella ha impressionato Notari per la sua potenza nello sprint (foto Tour of Sharjah)

Cammino misurato

Quello che ha intrapreso Davide Stella con il UAE Team Gen Z è un cammino lungo. Oggi, e in generale in questi primi mesi, ha fatto il primo passo. Che poi questo abbia portato già a una vittoria è un segnale che fa ben sperare e mette tutti di buon umore. Ma il percorso è ancora lungo

«L’equilibrio da trovare – continua Notari – è delicato. Stella deve mantenere lo spunto veloce, quindi una fase anaerobica forte. Tuttavia per esprimersi al suo massimo nelle volate deve riuscire ad arrivarci fresco, per questo si deve migliorare nella parte anaerobica. Durante l’inverno ci siamo concentrati su tutte e due le fasi, con tante ore in Z2 per aumentare la resistenza e i lavori sulle volate e in pista per mantenere lo spunto.

«In queste tappe le distanze non erano proibitive, sono distanze che uno junior può reggere, si parla di 120 0 130 chilometri per tappa. Ciò su cui dovremo lavorare sarà arrivare dopo 150 o 170 chilometri con lo stesso spunto veloce. L’ho detto ieri ai ragazzi, voi siete nel devo team per crescere, nessuno vi chiede di vincere dieci gare, ma di arrivare pronti per il salto nel WorldTour. Poi se si vince meglio (dice con una risata, ndr) ma non deve essere un’ossessione».

Sambinello e Stella: il primo impatto con il mondo UAE

24.12.2024
5 min
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Enea Sambinello e Davide Stella stanno già assaporando le emozioni del loro primo anno da under 23. I due ragazzi italiani, classe 2006,  sono diventati parte del UAE Team Gen Z e hanno passato due settimane in Spagna. Un ritiro introduttivo ma con l’obiettivo già di pedalare insieme ai nuovi compagni.

Sulle calde sponde iberiche hanno trovato ad accoglierli il preparatore dei futuri campioni del UAE Team Emirates: Giacomo Notari. In questi giorni il team emiratino ha radunato tutti sotto lo stesso tetto: campioni affermati, giovani promesse e atleti esperti. 

Enea Sambinello a destra in prima fila, aveva già fatto qualche giorno di ritiro con il team UAE Gen Z nell’inverno della scorsa stagione (foto Instagram)
Enea Sambinello a destra in prima fila, era già stato in ritiro con il team UAE Gen Z nel 2023 (foto Instagram)

Un veloce ambientamento

Li abbiamo contattati l’ultimo giorno di ritiro, per farci raccontare in un’intervista doppia, in che modo si sono ambientati e che sensazioni hanno provato nell’indossare la maglia del team numero uno al mondo.

SAMBINELLO: «E’ andato tutto benissimo. Queste due settimane sono volate e non posso che essere contento di quello che abbiamo fatto. Anzi, è andato tutto oltre le mie aspettative. Arrivare nella squadra numero uno al mondo mette un po’ di timore. Soprattutto se arrivi da una realtà juniores a una internazionale». 

STELLA: «Sono arrivato in Spagna con un po’ di timore per i ritmi della preparazione. Qui c’è tanta salita e avevo paura di soffrire, invece ho retto bene. Quasi oltre le mie aspettative e ne sono felice».

Davide Stella, al centro, ha colpito per i risultati ottenuti su pista e per i suoi valori nei test
Davide Stella, al centro, ha colpito per i risultati ottenuti su pista e per i suoi valori nei test
Che impatto è stato?

SAMBINELLO: «Bello! Alla fine ti trovi a parlare con dei corridori che hai visto solamente in televisione. Però non ci sono barriere, è stato come se li conoscessi da sempre. Mi aspettavo che il salto fosse più disorientante, ma la grande organizzazione della squadra non ti fa mai sentire solo. Hai una figura di riferimento per ogni ambito: nutrizione, preparazione, massaggi, medici…».

STELLA: «Per me il primo impatto è stato forte, entrare in una squadra così grande inizialmente mi ha fatto sentire un po’ spaesato. Non sapevo bene dove fossi. L’ambientamento poi è proseguito bene, la fatica maggiore forse è con la lingua ma ci si abitua. Durante gli allenamenti, chilometro dopo chilometro ti sblocchi e tutto va meglio».

Come ti senti ad essere parte del team numero uno al mondo?

SAMBINELLO: «Quando mi fermo e ci penso è strano. E’ come realizzare un sogno che avevi fin da bambino. Da un lato vedi che è tutto vero e provi tanto entusiasmo. Con la UAE Gen Z avevo già firmato a inizio 2024, quindi ero sereno, con la mente libera».

STELLA: «Il contatto è arrivato verso maggio, quando ho fatto un bel salto di qualità sia in pista che su strada. Mi hanno chiesto di mandare i miei dati e sono rimasti piacevolmente sorpresi. Non ho vinto molto durante il 2024 ma i valori ci sono. Il salto è grande, per budget e capacità di lavoro, ma tutto è confortevole».

A sinistra Giacomo Notari, preparatore del devo team della formazione UAE Gen Z
A sinistra Giacomo Notari, preparatore del devo team della formazione UAE Gen Z
Con chi ti sei confrontato?

SAMBINELLO: «Con il nostro preparatore al team Gen Z, Notari. Con lui lavoravo già da fine ottobre. Mi sono trovato bene fin da subito anche perché essendo italiano c’è una migliore capacità di dialogo. Non che l’inglese sia una problema, ma parlare la propria lingua aiuta». 

STELLA: «Anche io con Notari. Non lo conoscevo ma da fine stagione mi ha preso in gestione. E’ una persona estremamente professionale che però riesce a metterti subito a tuo agio».

In che modo vi siete allenati?

SAMBINELLO: «Abbiamo fatto tante ore, una media di 20 o 22 ore a settimana. Si è deciso di sfruttare il clima favorevole per fare volume, c’è stato anche il tempo di fare qualche lavoro. Giusto per gettare le basi. 

STELLA: «Ci siamo messi subito in gruppo, non ero abituato a pedalare con così tanti compagni. E’ bello andare in gruppo, ci si diverte. Abbiamo fatto tanto dislivello durante le due settimane. Mentre l’ultimo giorno ci siamo dedicati alle volate, finalmente il mio terreno!».

Tra i nuovi compagni di Sambinello e Stella c’è Marcos Freire, figlio d’arte e junior molto promettente (foto Instagram)
Tra i nuovi compagni di Sambinello e Stella c’è Marcos Freire, figlio d’arte e junior molto promettente (foto Instagram)
Hai visto anche i corridori del team WorldTour?

SAMBINELLO: «Una sera a cena mi sono seduto accanto a Grosschartner, mi ha raccontato tante cose e mi ha dato qualche consiglio. Avere un contatto diretto con la prima squadra è bello perché ti rendi anche conto di cosa c’è dietro».

STELLA: «Proprio durante l’ultimo allenamento, nelle volate, c’erano anche i corridori del WorldTour. Ho fatto qualche sprint contro Molano. Pensavo di fare più fatica, invece un paio di volte l’ho battuto. So che non vuol dire molto ma ne sono uscito comunque soddisfatto».

Hai conosciuto anche i compagni della formazione Gen Z…

SAMBINELLO: «In queste due settimane si è creato un bel gruppo. Con gli spagnoli come Pericas e Freire mi sono trovato subito bene. Loro li conoscevo già visto che ci ho corso contro qualche volta. I primi di gennaio torniamo in Spagna per allenarci insieme».

STELLA: «Cambia solo la lingua, per il resto siamo ragazzi che condividono la stessa passione e con l’obiettivo di diventare professionisti. E’ strano pensare alle diverse nazionalità o che comunque arrivino da ogni parte del mondo, ma alla fine sono come noi. Però un pochino si vede la differenza, quelli che arrivano dal nord sono abituati a ritmi più elevati».

I consigli dei corridori del WT è importante per i giovani, come è successo tra Molano e Stella (foto Instagram)
I consigli dei corridori del WT è importante per i giovani, come è successo tra Molano e Stella (foto Instagram)
Quando inizierai a correre?

SAMBINELLO: «A gennaio, in Spagna con tre gare a Maiorca. Sarò già con i professionisti. Matxin ci ha detto che avremo spazio per fare esperienza visto che i corridori del WorldTour sono 29. Faremo un pochino di gare in meno con gli under 23».

STELLA: «Anche io partirò con i professionisti, ma dal Tour of Sharjah. Sarà tosta, le tappe finiranno in volata probabilmente ma la fatica si farà sentire comunque. Molano mi ha dato qualche consiglio su come affrontare gli sprint tra i grandi, speriamo di metterlo in pratica»

Come ritornano in forma gli atleti? Ce ne parla Notari

27.11.2024
5 min
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Di recente abbiamo visto come i ciclisti ripartono con la palestra dopo la pausa invernale e il meritato riposo. Un periodo di inattività comporta sempre del relax e qualche viaggio, giorni nei quali la mente non pensa ad altro che al divertimento, alla leggerezza. Succede quindi, giustamente, che i corridori facciano una vita “normale” per delle settimane, questo comporta il fatto che si possa ingrassare di qualche chilo. A pochi giorni dai primi ritiri, alcune squadre iniziano i primi di dicembre, è giusto capire anche come si rientra in forma. O almeno in che modo si riparte per acquisire una condizione che possa permettere agli atleti di affrontare bene i primi allenamenti ad alta intensità (in apertura foto Fizza). 

Le camminata in montagna sono un ottimo modo per tenere in forma l’apparato cardiorespiratorio e circolatorio (foto Instagram Gal Glivar)
Le camminata in montagna sono un ottimo modo per tenere in forma l’apparato cardiorespiratorio e circolatorio (foto Instagram Gal Glivar)

Inizio soft

Le risposte alle nostre domande ce le fornisce Giacomo Notari, preparatore del UAE Team Emirates Gen Z. La formazione di sviluppo della squadra più forte al mondo. 

«Nelle due o tre settimane di pausa che si fanno a fine stagione – spiega Notari – i ciclisti riducono l’attività a zero, o quasi. Dipende un po’ dalle abitudini di ognuno e dalla necessità di recuperare. Anche le vacanze vanno un minimo responsabilizzate. Eccedere sì, ma non troppo. Altrimenti quando si riparte non è facile ritornare in forma. Riprendere l’attività dopo le vacanze non vuol dire solo andare in bici, ma anche fare camminate in montagna o correre. Noi come preparatori lavoriamo insieme ai nutrizionisti per stabilire un piano alimentare corretto che possa aiutare l’atleta a tornare in forma».

In che modo si perde peso?

E’ abbastanza semplice, attraverso l’attività aerobica. Questa può consistere in tre tipologie: andare in bici, camminare in montagna o correre. Le ultime due sono fatiche diverse che aiutano il corpo a rimettersi in moto. Soprattutto la camminata in montagna è utile per mantenere allenato il sistema cardiorespiratorio e circolatorio. Ma il dimagrimento avviene maggiormente andando in bici. 

Spiegaci meglio.

Pedalare a intensità bassa, diciamo in Zona 2, permette al nostro fisico di utilizzare i grassi. Questi diventano la nostra fonte di energia. Non a caso la Zona 2 corrisponde a quella di Fat Max. Si tratta della zona in cui il nostro corpo consuma maggiormente i grassi per mantenere un determinato sforzo. 

I corridori devono arrivare al ritiro di dicembre già in buona condizione (foto Instagram UAE Team Emirates)
I corridori devono arrivare al ritiro di dicembre già in buona condizione (foto Instagram UAE Team Emirates)
Prima parlavi anche del nutrizionista.

Sì, perché non è solo andando in bici che si perde peso. Ma anche con la giusta dieta. In Zona 2 il fisico utilizza maggiormente i grassi per produrre energia. Tuttavia va educato, perché continuerà ad usare comunque una parte di carboidrati.

Cosa vuol dire?

Che nelle prime uscite di stagione se sono un corridore devo ricalibrare l’assunzione dei carboidrati per ora. Se un atleta allenato consuma 120 grammi di carboidrati l’ora durante questo periodo diminuirà le dosi. Questo discorso vale anche giù dalla bici, è una fase cruciale. 

Yates Barcellona
La corsa a piedi è un buon modo per allenarsi in fase di ripartenza dopo la pausa invernale, ma non si può improvvisare
Yates Barcellona
La corsa a piedi è un buon modo per allenarsi in fase di ripartenza dopo la pausa invernale, ma non si può improvvisare
Perché?

Il tempo per tornare a un peso giusto per l’attività agonistica è abbastanza limitato. Nel primo ritiro, quello di dicembre, si deve avere un buon peso, vicino a quello ideale. Questo perché da quel momento in poi si andrà ad aumentare l’intensità dell’allenamento e il corridore dovrà tornare a consumare i suoi 100 o 120 grammi di carboidrati l’ora. Il grosso lavoro di perdita di peso si fa tra novembre e dicembre. 

La palestra gioca un qualche ruolo?

Non in maniera diretta. La palestra aiuta ad aumentare la forza, di conseguenza crescono la massa muscolare e il metabolismo basale. Non è un modo diretto per perdere peso, ma aiuta nel rimettersi in forma. Per perdere peso si deve fare attività aerobica. 

Una sessione di rulli a digiuno, la mattina, aiutano a riattivare il metabolismo
Una sessione di rulli a digiuno, la mattina, aiutano a riattivare il metabolismo
Ripresa graduale?

Io sono un preparatore vecchio stile, se così vogliamo dire. Quindi credo che uno dei principi fondamentali sia la progressività del carico. Ai miei ragazzi consiglio di partire con un’ora e mezza, massimo due. Fino ad arrivare a pieno regime con le classiche quattro ore e mezza. 

Quante settimane servono per tornare al massimo carico di volume?

Dalle due alle tre settimane. In questo arco di tempo consiglio di non guardare i watt ma il cuore. Un atleta è abituato a vedere certi numeri durante l’anno, se si parla di potenza. Questi però non sono replicabili all’inizio della stagione. Se si guarda ai battiti, invece, si può capire quando il cuore torna a stabilizzarsi. Diciamo che se si parla di frequenza cardiaca non bisogna mai andare oltre la Zona 3, che corrisponde al 75/80 per cento della frequenza massima. 

Glivar nel WorldTour, ma con la Alpecin: «Cerco i giusti spazi»

17.11.2024
5 min
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Tra i corridori che nel 2025 cambieranno squadra c’è anche Gal Glivar (in apertura foto DirectVelo/Nicolas Mabyle), lo sloveno arrivato quasi da sconosciuto nel devo team del UAE Team Emirates e che dopo una sola stagione ha già dovuto cambiare il proprio destino. Quello di Glivar è uno spunto interessante per continuare il discorso fatto sui giovani del UAE Team Emirates e lo spazio che possono trovare all’interno di una rosa estremamente competitiva. 

Se gli scout hanno evidenziato il talento del giovane sloveno un motivo ci sarà stato, vederlo andare via dopo un solo anno lascia un senso di incompiuto. Come se qualcosa di già scritto poi fosse stato improvvisamente cancellato. Non è detto che tutti i corridori dei team di sviluppo andranno a rimpolpare gli organici della prima squadra, questo è un dato di fatto sul quale si potrebbe (o si dovrebbe) aprire un altro discorso. 

Glivar lascerà il mondo UAE dopo appena una stagione nel devo team (foto DirectVelo/Nicolas Mabyle)
Glivar lascerà il mondo UAE dopo appena una stagione nel devo team (foto DirectVelo/Nicolas Mabyle)

Sempre WorldTour

Tuttavia vedere andare via un corridore come Glivar, per lo più in un team rivale come la Alpecin-Deceuninck, fa capire che a volte il rischio di intasare il sistema sia abbastanza concreto. Così il team di Van Der Poel e Philipsen ringrazia e senza troppi sforzi coglie i frutti del lavoro di qualcun altro. 

«In attesa di ripartire con la nuova stagione – spiega Glivar – sono a casa mia, in Slovenia. Sono andato cinque giorni a Mallorca in vacanza e per il resto del tempo sono rimasto qui. Da poco ho anche iniziato a pedalare e fare i primi allenamenti tra palestra e bici. A volte inserisco qualche sessione di corsa, giusto per riattivare il fisico. Sarò nell’ordine delle 13-14 ore di allenamento a settimana, non di più. Al momento non serve accelerare troppo.

«Con la Alpecin – dice – faremo il primo ritiro tra poco, sono molto contento di iniziare. Entrare nel mondo WorldTour è un sogno che si avvera, un obiettivo che avevo e sono riuscito a raggiungere».

Glivar a inizio 2024 ha corso e vinto il Tour of Sharjah, gara classificata 2.2
Glivar a inizio 2024 ha corso e vinto il Tour of Sharjah, gara classificata 2.2
Qual è il motivo che ti ha portato lontano dalla UAE?

E’ molto semplice, in realtà. Non eravamo sulla stessa lunghezza di pensiero a causa del contratto, non tanto per una condizione economica, quanto per le occasioni di correre e migliorare. Da quando ho intuito che difficilmente sarei andato avanti con loro, ho iniziato a cercare altri team. La Alpecin si è fatta avanti e la cosa è andata in porto subito. 

Secondo te mancava qualcosa per continuare con la formazione emiratina?

Ero al mio ultimo anno nel devo team visto che sono un classe 2002 e quindi dal 2025 non sarò più under 23. Continuare con la formazione di sviluppo non era un’opzione. Probabilmente sono mancati i risultati nelle corse importanti, vincere ti dà modo di avere maggiore confidenza e fiducia. 

Al Lombardia U23 l’ultimo podio di stagione, terzo dietro Rolland e Savino (foto Facebook)
Al Lombardia U23 l’ultimo podio di stagione, terzo dietro Rolland e Savino (foto Facebook)
Qualcosa poteva essere fatto meglio in questo 2024?

Tutto può essere migliorato con il senno di poi. Ho collezionato tanti secondi e terzi posti, l’ultimo dei quali al Giro di Lombardia U23. In certe gare avrei potuto rischiare qualcosa in più per cercare la vittoria, ma alla fine ho ottenuto un totale di 10 podi in stagione. La gara che mi ha sorpreso di più, in positivo, è stato proprio il Lombardia U23. Il percorso era difficile e movimentato, con tante salite, ma stavo bene e il terzo posto finale è un grande risultato. 

Glivar è stato uno dei protagonisti della primavera italiana degli U23, qui trionfa al Belvedere (photors.it)
Glivar è stato uno dei protagonisti della primavera italiana degli U23, qui trionfa al Belvedere (photors.it)
Quest’anno hai corso comunque con i professionisti, come ti sei visto in quel tipo di gare?

E’ stato bello correre con la maglia della UAE e supportare i miei compagni di squadra. Dare il massimo per cercare poi di vincere la gara è qualcosa di speciale e bello, soprattutto nel WorldTour. Mi sono sempre messo a disposizione, difficilmente ho avuto spazio per correre in prima battuta. 

Pensi che il livello sia giusto per te?

SIcuramente ci sono i corridori più forti al mondo, ma sarò felice di scontrarmi con loro e crescere. L’inizio di stagione sarà più morbido, con gare non troppo impegnative per prendere le misure. Per il tipo di corridore che sono ci saranno delle buone occasioni e penso che saprò coglierle al meglio, anche perché in Alpecin ci sarà maggior spazio.

Lo sloveno ha già corso tra i professionisti, eccolo alle spalle di Bax alla Milano-Torino
Lo sloveno ha già corso tra i professionisti, eccolo alle spalle di Bax alla Milano-Torino
E che tipo di corridore sei?

Un puncheur, vado forte nelle corse mosse e con salite brevi ed esplosive. In più ho un buono spunto veloce negli sprint, soprattutto se ristretti. Se dovessi paragonarmi a qualcuno direi che somiglio, per caratteristiche, a Tom Pidcock. 

Che cosa ti ha spinto verso la Alpecin?

Penso che sia un team veramente dedicato a un certo tipo di corse, con due o tre corridori sopra gli altri: Van Der Poel, Philipsen e Groves. Però d’altro canto non ci sono tante superstar e quindi per noi giovani c’è il giusto spazio per crescere e avere le nostre occasioni. La UAE mi ha dato tanto, con il mio allenatore Giacomo Notari ho instaurato un grande rapporto. Mi dispiace lasciarlo, ma a volte il ciclismo funziona così. 

Un obiettivo per il 2025?

Provare a vincere la mia prima corsa da professionista.

Ancora su juniores e carichi di allenamenti. Parola a Notari

18.09.2024
6 min
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Torna prepotente il tema degli allenamenti e degli juniores, categoria sempre più cruciale nel ciclismo, almeno in questa fase storica. 

L’età degli juniores è un momento spesso decisivo. In questo contesto sono ancora fresche le parole di Stefano Garzelli e quelle di Eros Capecchi dopo il Lunigiana.

E poiché l’argomento è caldo ne abbiamo parlato con un preparatore, Giacomo Notari, che tra l’altro è a stretto contatto con i giovani, in quanto coach della UAE Team Emirates Gen Z. E proprio lui aveva qualche sassolino da togliersi dopo il secondo posto del suo Pablo Torres al Tour de l’Avenir. Ma andiamo con ordine.

Il preparatore della UAE Emirates Gen Z, Giacomo Notari
Il preparatore della UAE Emirates Gen Z, Giacomo Notari
Giacomo, ripartiamo dal discorso delle ore di allenamento e le 25 ore che oggi fanno gli juniores…

Le ore di allenamento dicono tutto e niente: bisogna vedere cosa si fa in quel tempo. Fare 25 ore e portare a spasso la bici non ha senso. Una cosa che per me è, e resta, fondamentale è il modello prestativo per cui ci si deve allenare. Una gara juniores dura al massimo 2 ore e mezza, 3 in qualche caso. A cosa serve fare 5 ore? Se glielo si fa fare due volte l’anno, perché il ragazzo è curioso, vuole provare, va bene. Non è quello che incide. Ma se diventa la prassi no. Si va solo ad attivare un sistema che porta a bruciare le tappe sotto ogni punto di vista: tecnico e fisico.

Qual è dunque secondo te lo standard a cui dovrebbe attenersi uno junior? Ammesso che questo standard esista…

Anche in questo caso mi viene da dire: dipende. Quando un ragazzo fa 3 ore, 3 ore e 30′ al massimo è più che sufficiente. Anche perché fino a giugno va a scuola e pertanto ha già un impegno importante. Io direi che 12-14 ore a settimana possono andare bene.

E il giorno di scarico deve esserci?

E’ fondamentale ed è quello che si fa fatica a far capire ai ragazzi, che troppo spesso vanno troppo forte quando dovrebbero fare scarico. Questo poi non gli permette di recuperare veramente. Un recupero che non è solo fine a se stesso, ma che va pensato in vista delle fasi intensi, cioè i lavori specifici che dovrà fare. Le sessioni intense, quelle che magari simulano la prestazione in gara, servono e vanno fatte. E’ lì che bisogna andare forte. E se tu hai recuperato riesci a lavorare bene, migliori e vai più forte. Altrimenti se fai fatica a fare certi allenamenti non migliori molto.

Spesso i social portano ad emulazioni dai risvolti non sempre positivi
Spesso i social portano ad emulazioni dai risvolti non sempre positivi
Il recupero ti permette di assimilare il lavoro. E’ la supercompensazione, giusto?

Esatto. Poi ci possono essere dei periodi medio-brevi programmati di carico in cui si decide di recuperare meno, ma poi bisogna mollare e far respirare l’organismo. Specie quando si è giovani.

Il recupero, quando si parla di juniores, riguarda anche la crescita, non solo la condizione fisica?

Sì, ma se sto in bici 24-25 ore a settimana e in più ho la scuola e gli interessi che si possono avere a quell’età, non è facile recuperare. Sicuramente almeno un giorno a settimana di riposo totale serve. Lo fanno anche i pro’ ormai, figuriamoci i ragazzi.

Facciamo la parte del diavolo, Giacomo. E’ vero che bisogna rispettare i tempi di crescita e quant’altro, però è anche vero che se i ragazzi non raccolgono i risultati in questa fase, poi rischiano di restare a piedi. Forse spingere non è poi così sbagliato da un certo punto di vista.

E’ un’obiezione legittima. Oggi viviamo in un’epoca nella quale ognuno pensa di dire la sua, pur non avendo le conoscenze per farlo. E’ il mondo dei social media, ma quello che mi preme sottolineare, almeno nel caso italiano, è che diciamo sempre che non ci sono giovani. Ma in realtà è che non ci sono i tecnici validi. Tutto è nelle mani dei tecnici delle squadre giovanili.

Vai avanti…

Oggi i ragazzi vedono sulle varie piattaforme, per esempio Strava, quel che fanno i campioni o un loro coetaneo che va forte e cercano di replicarlo. Ma non sono sempre buoni esempi. Non è detto che le 25 ore di allenamento vadano bene per quel ragazzo. Ognuno ha i suoi tempi di crescita. Per questo dico che servono tecnici che sappiano individuare le giuste fasi dei carichi di lavoro e del recupero. Magari trovo un ragazzo che regge le 6 ore, gliele faccio fare e va forte. Poi passa under 23 si ritrova un tecnico che magari non gliele fa fare e finisce per “allenarsi di meno” e quindi non ha più margini di miglioramento.

E’ importante che i ragazzi e i tecnici gestiscano al meglio i carichi di lavoro in allenamento (foto Instagram – team Vangi)
E’ importante che i ragazzi e i tecnici gestiscano al meglio i carichi di lavoro in allenamento (foto Instagram – team Vangi)
Come la mettiamo con questa corsa ad anticipare i tempi?

Viviamo certamente un momento complicato. Ci sono meno squadre e si fa sempre più fatica a passare nella categoria successiva. Un allievo oggi fa fatica a passare junior ed è normale per certi aspetti che un ragazzo sia costretto a fare risultato, però per me è difficile accettare tutto ciò. Da tecnico oltre al volume di ore che accumuli è importante quel che fai, come ho detto prima. Porto l’esempio di Pablo Torres (under 23, ndr). Nella settimana che ha fatto di più quest’anno ha accumulato 20 ore e 30’… ed è arrivato secondo all’Avenir, non in una “corsetta”. Posso dire che a Livigno ho visto degli juniores, quindi ragazzi più piccoli di lui, fare 25 ore a settimana. Quindi è vero che c’è questa rincorsa ad anticipare i tempi per fare risultato e trovare una squadra buona (magari un devo team, ndr) ma non deve essere una scusa. Per questo insisto molto sui tecnici. Loro devono capire che non sono bravi se i ragazzi gli vincono 5-6 corse, ma sono bravi se fra 5 anni quelle vittorie le colgono tra i professionisti. Noi ci focalizziamo sull’albero e non sulla foresta che c’è intorno.

Però spesso questi tecnici lungimiranti militano nei migliori team, quelli che ti consentono di crescere con minor fretta…

Il problema per me è che nel ciclismo c’è gente che non è aggiornata. E’ nei giovanissimi, negli esordienti che serve un tecnico bravo. Ma per questo servono soldi e allora ci si appoggia ai pensionati. E, potrà sembrare una contraddizione, per fortuna che ci sono: altrimenti chi porterebbe avanti queste squadre? Però alla fine ci ritroviamo in questa situazione. Da noi Giaimi ha un contratto fino al 2026, io non gli tiro il collo. Che vinca la domenica mi importa relativamente. A me importa che maturi, che cresca come atleta a tutto tondo.

Correre va bene secondo Notari, purché con tempistiche ben ponderate (foto Giro Lunigiana)
Correre va bene secondo Notari, purché con tempistiche ben ponderate (foto Giro Lunigiana)
Ma Giaimi a quel punto in qualche modo è già “sistemato”. Sono i “non Giaimi” il problema. Lui è già in un devo team. Torniamo alla domanda di prima.

Infatti la coperta è corta. E’ un cane che si morde la coda. Il ragazzo vuole passare in un devo team e vuole anticipare i tempi. Ma il Lorenzo Finn della situazione andrebbe forte anche se facesse 18 ore a settimana. Lasciamogli il margine per l’anno dopo. Magari al primo anno da under 23 farà 20 ore, al secondo 22 e così via…

La soluzione?

La Federazione deve fare di più. I corsi per i tecnici sono fatti bene, molto bene, anche sul piano della preparazione, ma proprio per questo bisogna accertarsi che chi esce da questi corsi sia veramente preparato.

Chiaro…

Che s’imbastisse una tavola rotonda con i soggetti interessati per parlarne bene. E poi penso che il correre tutte le domeniche, come spesso si fa da noi, possa diventare un limite alla crescita dei ragazzi.

Perché?

Perché correndo tutte le settimane si ha una mentalità che è maggiormente orientata al risultato e contestualmente non permette di fare adeguati carichi di allenamento per migliorare, perché a quel bisogna recuperare per poter essere poi pronti alla domenica. Ci vorrebbero blocchi di gare di 3-4 settimane, magari anche con una gara a tappe, e blocchi di allenamento di 2-3 settimane senza gare. In queste settimane si può lavorare per la vera crescita dei ragazzi. Alla fine quello che ti fa migliorare veramente è l’allenamento, la gara è una cartina al tornasole.

Pablo Torres, il racconto di un’impresa (quasi) totale

29.08.2024
5 min
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Non ce ne voglia l’inglese Joseph Blackmore, ma in qualche modo Pablo Torres esce come vincitore morale del Tour de l’Avenir. Lo spagnolo ha infiammato la corsa francese: ha vinto due tappe, la maglia bianca e soprattutto è stato autore di un epilogo al cardiopalma sul Colle delle Finestre.

Anche il suo coach, Giacomo Notari, lo seguiva con apprensione da casa. Sapeva ciò che poteva fare e quanto avevano lavorato sodo. Vedersi sfumare il grande obiettivo per dodici miseri secondi non deve essere stato facile, neanche per chi era da casa appunto. Soprattutto perché Torres era stato secondo già al Giro Next Gen e aveva ben figurato al Giro della Valle d’Aosta.

«Però – ci racconta Torres – io alla fine sono stato contento. Ho vinto due tappe, la maglia di miglior giovane ed è stata una grandissima esperienza che mi servirà moltissimo per il futuro». Una risposta simile dice già molto sulla mentalità innata da campione che può avere un ragazzo. Non pensa a quello che non è stato, su cui non può fare nulla, ma a quello che potrà essere.

Disastro a Condove

Il Tour de l’Avenir Pablo Torres non lo ha perso sul Finestre, ma il giorno prima. Nella tappa che arrivava in Italia, a Condove, lo spagnolo era rimasto sorpreso dall’attacco in testa al gruppo ad inizio frazione. Un attacco propiziato tra l’altro dagli azzurri.

«C’era una discesa molto veloce – riprende Torres – e c’erano molti attacchi. Ho pensato di stare coperto. Non ho risposto subito io ma ho pensato di stare con la squadra. Poi però sono rimasto con un solo compagno. Sulla seconda salita, un Gpm di seconda categoria, eravamo arrivati a 30”. La fuga dopo la discesa ha continuato a prendere spazio. Io ci ho provato anche da solo ma non sono riuscito a rientrare».

E infatti, all’imbocco del lunghissimo Moncenisio, il ritardo di Torres dalla fuga, dove dentro c’era anche Blackmore, era quasi di 3′. Lui, tutto e completamente da solo (e con due borracce, senza ammiraglia dietro almeno nella prima parte) è riuscito ad arrivare fino ad un minuto dalla testa. Ma una volta in cima iniziava la lunga discesa e il fondovalle: si capisce bene che uno scalatore da solo non può fare molto. A Condove l’orologio segnava 4’58” di ritardo.

«Quella sera, quando ho perso la maglia gialla ero un po’ deluso in effetti. Durante la corsa sapevo che la situazione era complicata. Ma era difficile fare di più. A quel punto abbiamo parlato con la squadra e speravamo almeno di riprendere il podio il giorno dopo, di fare il massimo possibile».

Finestre da record

E da qui nasce l’impresa del Colle delle Finestre. Pablo dà fondo a tutto quello che ha e sigla un tempo che lo vede fare il record assoluto della scalata: quasi 2′ meglio di Rujano, che deteneva il primato siglato nel 2011, e oltre 4′ meglio di Froome nel 2018. Si stima abbia sviluppato 6,3 watt/chilo per 60′. Roba da elitaria da Giro e Tour.

«Se quel giorno pensavo alla maglia gialla? Quello che sapevo è che stavo bene, mi ero preparato in altura (Sierra Nevada, ndr) e che il Colle delle Finestre era una salita dura e lunga. Una salita che sarebbe durata almeno un’ora, quindi ci sarebbe stato dello spazio per recuperare, almeno per il podio. I miei compagni hanno tirato molto prima della salita e io ho cercato di fare il possibile. Ma per recuperare tanto terreno bisognava scattare presto e con un ritmo molto alto sin da subito. Quando sono partito mi facevano male le gambe. Ho pensato che avrei dovuto superare quel momento. Così ho rallentato e ho cercato un ritmo con cui sapevo che sarei potuto arrivare sino in cima».

Il podio finale dell’Avenir: 1° Jospeh Blackmore (Gran Bretagna), 2° Pablo Torres (Spagna) a 12″, 3° Tijmen Graat (Olanda) a 50″ (foto Tour de l’Avenir)
Il podio finale dell’Avenir: 1° Jospeh Blackmore, 2° Pablo Torres a 12″, 3° Tijmen Graat a 50″ (foto Tour de l’Avenir)

Tra presente e futuro

Ma chi è Pablo Torres? Madrileno, è un classe 2005 (di novembre). Fino allo scorso anno correva nell’US Ciclista San Sebastian de los Reyes. Da piccolo si barcamenava tra calcio e ciclismo, ma poi a forza di guardare le gare in tv con il nonno e stando in una famiglia in cui la bici era già presente, il ciclismo ha preso il sopravvento.

E’ curioso notare come Pablo abbia qualcosa in comune sia con Remco Evenepoel, il calcio, che con Tadej Pogacar, la squadra. Torres corre infatti per il UAE Emirates Gen Z. «Ma Tadej è il mio idolo. Ancora non ci sono stato, ma spero di arrivare presto nella prima squadra».

Come accennavamo e come si confà ai campioni, Pablo Torres già guarda avanti e di questa sfida mette in tasca il meglio. «E’ stata un’esperienza molto bella e in cui ho imparato tanto. Mi servirà certamente per il futuro». Tra l’altro, proprio ieri uno dei tecnici e talent scout della UAE Emirates, il noto Matxin, ha detto che a fine Vuelta valuteranno se far passare subito in prima Torres, o lasciarlo alla Gen Z ancora una stagione come previsto. Due podi nei “grandi Giri under 23” cambiano le carte in tavola. Come fu l’anno scorso con Del Toro del resto…

Adesso per Torres si profilano le altre gare.

«Sarò in Italia: prima al Giro del Friuli e poi, più in là, farò anche il Piccolo Giro di Lombardia. Il mondiale? Spero di essere selezionato. In quel caso lo preparerò al massimo».

Notari: una settimana con Del Toro e la Vuelta dietro l’angolo

09.08.2024
5 min
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Sulle cime che circondano Andorra i ragazzi del UAE Team Emirates lavorano per preparare il finale di stagione. Al loro fianco, per qualche giorno, c’è stato Giacomo Notari preparatore del devo team che ha portato la sua esperienza anche agli atleti del WorldTour. Andare in altura serve, tra le altre cose, per scappare dal caldo soffocante della pianura. 

«Si stava parecchio bene a livello di clima – dice Notari che nel frattempo è tornato a casa – ad Andorra le temperature erano alte, superiori ai 30 gradi. Più in alto, dove dormivamo noi, si abbassavano parecchio. Il grosso vantaggio è che si riposa davvero molto bene. Io sono stato lì per i primi otto giorni, poi è arrivato un altro allenatore a darmi il cambio. Con me c’erano Baroncini, Del Toro e Ayuso, oltre al gruppo Vuelta».

I ragazzi del UAE Team Emirates in ritiro ad Andorra
I ragazzi del UAE Team Emirates in ritiro ad Andorra

Un puzzle da comporre

La Vuelta, terza ed ultima grande corsa a tappe della stagione, partirà tra poco più di una settimana: il 17 agosto. Comporre una squadra che possa arrivare pronta non è facile, i corridori sono stanchi e la stagione è stata lunga. Tra acciacchi e voglia di rivalsa la gara spagnola diventa l’ultimo grande banco di prova per gli uomini di classifica

«Il primo gruppo che è salito ad Andorra – spiega Notari – è quello che non ha corso al Tour de France. A loro si è aggiunto Ayuso, che ha abbandonato la Grande Boucle per Covid, il quale però stava preparando le Olimpiadi di Parigi. Gli altri che saranno alla Vuelta: Yates, Almeida, Sivakov e Soler, non vengono in ritiro. Hanno la fortuna di abitare ad Andorra, quindi dormono a casa e si allenano con noi. Un buon compromesso per non stressarli e non tenerli troppo lontani dalle famiglie».

Del Toro ha esordito al meglio nel WorldTour, prima corsa e prima vittoria al Tour Down Under
Del Toro ha esordito al meglio nel WorldTour, prima corsa e prima vittoria al Tour Down Under
Gli otto giorni passati in altura ti hanno permesso di lavorare fianco a fianco a Del Toro, che cosa hai visto?

Che dire, si è presentato bene a inizio stagione. La vittoria al Tour Down Under e la Tirreno-Adriatico hanno dimostrato che il talento c’è. In parte donato da Madre Natura e in altra parte ben coltivato da chi lo allenava prima, ricordiamoci che ha vinto il Tour de l’Avenir nel 2023. Del Toro è uno scalatore molto forte, e questo lo si è visto, ma è anche tanto esplosivo. Ha una sparata incredibile con potenze elevate in brevi periodi. E’ il prototipo del corridore vincente, prendete tutto con le pinze ma un po’ ricorda Pogacar. 

I primi passi del messicano nel vostro team come li hai visti?

E’ un ragazzo che parla volentieri, dal punto di vista atletico ha fatto prestazioni di livello e i dati lo dimostrano. Ha tanta voglia di imparare, il che lo aiuta a essere tanto curioso, però allo stesso tempo si fida di chi ha intorno. Chiaro che ci sono delle lacune, ma ben vengano, altrimenti non avrebbe i margini di miglioramento che ci prospettiamo. 

Ad aprile il giovane messicano ha vinto la Vuelta Asturias, la sua prima corsa a tappe da pro’
Ad aprile il giovane messicano ha vinto la Vuelta Asturias, la sua prima corsa a tappe da pro’
Nel rapporto con lo staff com’è?

Si fida totalmente di tutti: dei preparatori, dei nutrizionisti, dei meccanici… E’ bello che un corridore così giovane abbia tutta questa fiducia. A volte i ragazzi si fanno mille domande e rischiano di consumare energie mentali che sarebbe meglio incanalare sulla bici. Del Toro invece chiede perché è curioso, ma poi esegue quel che gli viene detto. 

Vi immaginavate potesse partire così forte?

Sicuramente nemmeno lui se lo sarebbe aspettato. L’esplosività però lo ha aiutato a subire meno il salto di categoria e poi le poche pressioni addosso gli hanno permesso di correre come avrebbe voluto. 

Del Toro ha un grande talento, aiutato da una mentalità vincente
Del Toro ha un grande talento, aiutato da una mentalità vincente
Come mai dici che l’esplosività gli ha dato una mano?

E’ normale sia così. I giovani arrivano da un ciclismo diverso, dove non ci sono regole di gestione della gara, si va sempre a tutta. I professionisti, invece, hanno un copione. Tanti giovani con caratteristiche esplosive che passano tra i grandi hanno un vantaggio

Dal punto di vista psicologico pensi sia consapevole del suo grande potenziale?

A volte ti viene da pensare che sia lui stesso a doverci credere di più, ma è una questione di indole. Giù dalla bici ha un carattere tranquillo e pacato, piacevole da avere intorno. Poi attacca il numero alla schiena e si trasforma, diventa più determinato e sa quel che deve fare e quel che vale. 

I suoi numeri fanno capire il grande potenziale che c’è dietro, serve però pazienza
I suoi numeri fanno capire il grande potenziale che c’è dietro, serve però pazienza
Tanti lo danno già presente alla Vuelta, è così?

A gennaio l’idea era di non fargliela fare, poi hanno visto i risultati e si è deciso di mandarlo… in ottica futura. Sarà un’esperienza che lo aiuterà a crescere, d’altronde correrà con Soler, Yates, Almeida… Gente dalla quale puoi solo imparare. 

Nessuna pressione?

Nemmeno una. Poi i giovani forti sono sempre un’incognita ma non ci sono aspettative di classifica o altro. Scenderà dall’altura l’8 agosto e correrà a San Sebastian, poi da lì diretto a Lisbona per iniziare la sua prima grande corsa a tappe della carriera.

Notari presenta Glivar, altro sloveno da mettere sul taccuino

02.07.2024
4 min
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Al campionato nazionale sloveno, ha tagliato il traguardo in seconda posizione, dietro a Damen Novak e davanti ad un certo Matej Mohoric. Stiamo parlando Gal Glivar, giovane atleta della UAE Emirates Gen Z, la devo della UAE Emirates di Pogacar e, in questo caso, proprio del “compagno maggiore” Novak. Il ventiduenne di Novo Mesto si è dunque inserito tra i grandi. Ha incassato una ventina di secondi da Novak, ma ne ha rifilati ben due ad un campione quale Mohoric.

A parlarci di lui è Giacomo Notari, coach della proprio della UAE Emirates Gen Z, che lo segue ogni giorno passo, passo.

Gal Glivar (classe 2002) è arrivato 2° al campionato sloveno, piazzamento che gli ha consentito di vincere il titolo U23 su strada e di bissare quello a crono
Gal Glivar (classe 2002) è arrivato 2° al campionato sloveno, piazzamento che gli ha consentito di vincere il titolo U23 su strada e di bissare quello a crono
Insomma, Giacomo, chi è questo ragazzo, questo Glivar che fa quel numero al campionato sloveno?

E’ un ragazzo all’ultimo anno della categoria under 23, non è iper giovane dunque. Ma io penso che nell’era di questi baby fenomeni ci si faccia prendere un po’ la mano e non so se sia sempre un bene che emergano così presto. Ognuno ha i suoi tempi di maturazione e Gal ci sta arrivando adesso.

Chiaro…

Prima di tutto lasciatemi dire che al netto dell’atleta, è un bravissimo ragazzo: umile, educato. Anche dal punto di vista delle personalità in qualche modo è un leader, è una guida anche per gli altri della squadra e non lo è solo in virtù della sua esperienza. E’ proprio una questione di carisma. In gruppo è furbo. Si sa muovere bene, vede la corsa. Si fa trovare al posto giusto, nel momento giusto. Poi chiaramente ha anche un buon motore.

In fuga con Novak e Mohoric (foto Instagram)
In fuga con Novak e Mohoric (foto Instagram)
Ecco, quali sono le sue caratteristiche tecniche?

E’ un buon passista esplosivo direi. Infatti al campionato sloveno è andato bene anche perché il percorso era adatto a lui. Va molto bene sulle salite di 5′-7′, dato che è abbastanza leggero. Quindi può fare l’azione di attacco, come può arrivare da solo. Per esempio al Giro Next Gen alla seconda tappa ha battuto in volata Teutenberg, che è praticamente un velocista, ma certo non è per le salite lunghe. 

In Slovenia, Roglic ne è l’esempio classico, non tutti i ragazzi arrivano al ciclismo che conta con la strada classica, ma c’è chi faceva altri sport, questo vale anche per Gal Glivar?

No, no… lui è cresciuto a pane e ciclismo. Suo papà Srecko è stato un corridore e anche un direttore sportivo dell’Adria Mobil (una squadra storica slovena, ndr) e forse anche per questo è così scaltro in gara. Magari più o meno direttamente ha incamerato le direttive del padre.

Secondo al campionato nazionale: ti aspettavi che andasse così forte?

In parte sì. Mi spiego: Gal usciva bene dal Giro Next Gen. Lui era il faro di una squadra nella quale ha aiutato Torres, tra l’altro torna il discorso di prima. Un suo pregio è quello di saper aiutare gli altri, di trovare le parole giuste. Dicevo del Giro Next, ha fatto bene, ha corso in appoggio e ne è uscito con una buona gamba. In più il percorso era adatto alle sue caratteristiche anche perché in Slovenia non essendo tantissimi accorpano gli elite con gli under 23, anche per questo la distanza non era impossibile, poco più di 150 chilometri.

Glivar tra due campioni come Novak e Mohoric, questo ultimo giunto a 2’51”
Glivar tra due campioni come Novak e Mohoric, questo ultimo giunto a 2’51”
Ma assegnano due maglie, giusto?

Sì, una per categoria. 

UAE Emirates e UAE Gen Z, alla fine ha corso come una squadra unica?

Più o meno sì. E infatti Glivar ha lavorato moltissimo per Novak. Anche perché poi da un certo punto era praticamente sicuro di aver vinto il titolo under. Ma da qui a battere gente come Mohoric… non era così scontato! Tra l’altro lui e Novak sono anche compagni di allenamento, abitano vicini. Ed è stata una fuga tra amici.

Ora quali saranno i programmi di questo ragazzo?

Corre stasera al Città di Brescia, poi farà il Medio Brenta e quindi il Valle d’Aosta che per lui è un po’ duro… ma sarà comunque importante.