Carboni e l’agonia della Gazprom, mentre l’UCI fa spallucce

24.03.2022
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Le sette e mezza di una sera ancora fresca sulla costa romagnola. Nello stesso hotel Sarti di Riccione alloggiano la nazionale italiana, la Trek-Segafredo e il team Ineos Grenadiers. Giusto accanto, al civico successivo, riconosciamo il Baltic in cui al Giro d’Italia del 2019 soggiornava la Bardiani nel giorno della crono di San Marino. La coincidenza è singolare. Quel giorno in maglia bianca di miglior giovane partì Giovanni Carboni, in quel momento terzo in classifica dietro Valerio Conti e Rojas, dopo la fuga di San Giovanni Rotondo che valse il primato al romano e la tappa a Masnada.

Siamo qui nuovamente per lui (che in apertura è con i suoi tifosi alla partenza di stamattina), in un momento della carriera che nessuno avrebbe potuto immaginare. In questo contesto storico che suggerisce di stare lontani dal vittimismo, la situazione dei corridori della Gazprom rimane paradossale. Fortunatamente la Federazione si è schierata dalla loro parte e li sta facendo correre con la maglia azzurra, ma a breve anche questo finirà.

Giro 2019, Carboni in maglia bianca e Conti in rosa: per entrambi giorni memorabili
Giro 2019, Carboni in maglia bianca e Conti in rosa: per entrambi giorni memorabili

«Per noi corridori – dice Carboni – essere qua dà una sensazione di sostegno. In queste tre settimane ho abbandonato i social, non sapevo cosa fare. Delusione. Morale basso. Siamo finiti in una questione molto più grande di noi, che non riguarda solo l’Italia. Stiamo parlando di una guerra in Europa che nessuno si sarebbe mai aspettato. Sarebbe banale piangersi addosso e gettare all’aria parole sulla nostra condizione, vista la gente che muore e ha perso tutto. Il 27 marzo, fra tre giorni, scade il tempo che ci ha chiesto la squadra. E a quel punto vedremo cosa fare. Ormai è successo, quello che posso fare è correre e riprendermi del tutto, sperando poi di fare il Giro di Sicilia. Serve un colpo di fortuna. Devo fare il mio, devo lavorare sodo. Per fortuna ho la vicinanza di amici e familiari».

L’UCI non ascolta

L’UCI se ne infischia. La squadra, affiliata in Svizzera, aveva sponsor russo ed è stata privata del titolo sportivo. Non esiste più. In Gran Bretagna, il Chelsea di Abramovich, lui sì squalificato, continua a giocare grazie a una deroga, che a lungo termine porterà alla vendita del club e permette ancora il pagamento degli stipendi.

In nazionale anche Canola e Fedeli, Scaroni e Conci: tutti atleti Gazprom
In nazionale anche Canola e Fedeli, Scaroni e Conci: tutti atleti Gazprom

Nei giorni della Sanremo, Bugno ci ha raccontato dei tentativi del CPA di ragionare con l’UCI che ha sempre mantenuto chiusa la porta. L’unica concessione è legata all’arrivo di un nuovo sponsor. In caso contrario, per Aigle il discorso sarebbe chiuso. La Trek-Segafredo, con cui ha già un contratto firmato per il 2023, sarebbe pronta a prendere subito Vacek, ma così facendo supererebbe il tetto dei 31 corridori. E di deroghe non si sente parlare.

E così tutti i corridori che alla Gazprom-RusVelo avevano trovato occasione di rilancio, ora sono in attesa di conoscere il proprio destino, mentre i procuratori lavorano sotto traccia per cercare di sistemarli.

Quando hai capito che stava succedendo qualcosa di grosso?

La sera prima di Laigueglia. Fino a quel momento, avevo fatto un inverno davvero buono. In due mesi ho passato a casa solo due settimane, per il resto, ritiro, Valenciana e Teide. Si respirava la bella aria di un team quasi WorldTour. Abbiamo anticipato di due giorni il rientro dal Teide per correre a Laigueglia. Dai cellulari, vedevamo quel che stava succedendo in Ucraina, ma non ci aspettavamo di essere coinvolti. Con noi c’era anche Zakarin, che non sapeva cosa dire. Ci sembrava una cosa folle..

Fino alla vigilia di Laigueglia.

La mattina ci hanno detto che avremmo corso con maglie bianche e le bici con le scritte coperte, perché nello stesso giorno Look e Corima hanno ritirato la sponsorizzazione. Poi si è tirata indietro anche Northwave e lì ho capito che si stava mettendo male. Alle 19,30 ci hanno comunicato che non avremmo corso. Quando ho visto che l’UCI aveva sospeso la squadra, ho capito che sarebbe stata lunga.

Carboni è alla quinta stagione da pro’. Fino al 2021 era alla Bardiani
Carboni è alla quinta stagione da pro’. Fino al 2021 era alla Bardiani
Il team manager Renat Khamidulin non si arrende.

Renat si sta rivelando una grande persona e un ottimo professionista. La prima cosa che ha fatto è stato fissare una data limite per recuperare la situazione e anche per questo abbiamo deciso tutti di dargli fiducia.

Il resto della squadra come sta vivendo la situazione?

Ci sono disfattisti e ottimisti, ma è da capire davanti a una situazione che nessuno si sarebbe mai sognato di affrontare. Non c’è mai stato un problema di soldi. Sono passato dalle stelle alle stalle. Avevano appena speso 25 mila euro per mandarci sul Teide e a breve sarebbe arrivato materiale più leggero da Look e Corima. Invece si è fermato tutto.

Con quale testa ti sei allenato in questo periodo?

Psicologicamente è stato devastante. Meglio correre. Ho sempre cercato compagnia, spesso con Malucelli. Lui non è qui perché la Coppi e Bartali è troppo dura. Il pensiero però andava sempre alla situazione.

Cosa si fa da lunedì?

Aspetto domenica prima di pensarci. Voglio credere che sia possibile trovare una via d’uscita. Altrimenti parlerò col mio procuratore e vedremo se sarà possibile ricorrere a una sistemazione alternativa. E sarebbe comunque una situazione molto triste…

Resta un istante in silenzio. L’espressione malinconica. La felpa della nazionale e i jeans. Ricordiamo i buoni propositi di ripartire da quel Giro del 2019 e come adesso sembra tutto lontano. Poi Carboni si alza e va verso la cena. Vivere alla giornata probabilmente è il modo migliore per non diventare matti.

Gazprom, l’invito di Renat è una richiesta d’aiuto

16.03.2022
5 min
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Adesso che la salita si sta facendo troppo dura, Renat Khamidulin, team manager della Gazprom-RusVelo, la squadra che non esiste, fa una riflessione che suona come un giustificato e comprensibile grido d’aiuto.

«Quello che voglio dire – esclama – è che siamo una struttura organizzata come una squadra WorldTour. Siamo in Italia. E se l’Italia vuole una squadra WorldTour, questa è un’opportunità. La struttura c’è già. Per costruire una squadra, oltre all’investimento, servono le persone giuste nei ruoli chiave. Per la mia esperienza, in ogni squadra ci sono persone che non trovi sul mercato. I responsabili del magazzino o della logistica, per esempio. Li abbiamo e sono bravissimi. Sono cresciuti con noi. In Italia non ci sono squadre organizzate così».

Fra i corridori che alla Gazprom in cerca di rilancio, c’era anche Nicola Conci
Fra i corridori che alla Gazprom in cerca di rilancio, c’era anche Nicola Conci

Porte chiuse all’UCI

L’UCI li ha ricevuti e non ha ascoltato né valutato la proposta che la Gazprom-RusVelo aveva messo sul tappeto. Togliere tutti i marchi, inventarsi una maglia bianca portatrice di un messaggio di pace. E salvare la stagione di 21 corridori e dello staff degno appunto di una squadra WorldTour. Pensiamo alle parole di Canola e Conci, quelle di Scaroni e Rivera, Malucelli e Fedeli. Di tutto questo non v’è più traccia.

«Non hanno nemmeno valutato – racconta ancora Renat – in compenso ci hanno spiegato nei dettagli che cosa dovremmo fare per essere riammessi. Dalle cose importanti, come trovare un nuovo main sponsor, a quelle che trovo ridicole. Come il mio indirizzo email: non va bene che abbia il dominio rusvelo.com».

Nei giorni scorsi è venuto fuori che anche la vostra fideiussione bancaria non sia più valida.

Non va bene niente di quello che avevamo prima. La garanzia bancaria è là e copre tutto, ma non si può usare. Secondo loro dovremmo cambiare tutto. Ormai si sa in giro che la squadra ha questi problemi, anche se noi non abbiamo ritenuto di comunicare niente. Dobbiamo risolvere il nodo del main sponsor, anche perché qualche corridore ha già avuto dei contatti. Stiamo cercando di contattare persone interessate, ma non è facile.

I soldi di Gazprom, anche senza marchi sopra, non sono più buoni?

No, non si possono usare. Perciò entro questo mese, si deve arrivare a qualcosa. Per il bene dei corridori, chi avesse ricevuto delle offerte dovrà essere lasciato libero. Non voglio bloccare la loro carriera, questa è la mia regola di vita.

Marco Canola, qui all’Oman, aveva in mente una grande stagione
Marco Canola, qui all’Oman, aveva in mente una grande stagione
Pare che gli italiani correranno con la maglia azzurra le corse italiane.

Lo so. Faranno la Per Sempre Alfredo (Conci e Canola, ndr) e anche la Coppi e Bartali. Ma parliamoci chiaro, per loro è un lavoro, non corrono in bici solo perché gli piace. Devono guadagnare.

Li state pagando o lo stop prevede anche la sospensione degli stipendi?

Li stiamo pagando tutti. Non abbiamo debiti con nessuno, ma non so quanto potrebbe durare. Per l’UCI non siamo più una squadra e stando così le cose, non ci sono più i requisiti per cui Gazprom Germania vada avanti con la sponsorizzazione. Sul contratto c’è scritto che sponsorizzano una squadra UCI, noi non esistiamo più.

E quindi adesso?

Devo cercare qualcuno che ci dia i soldi per finire l’anno e non è facile. Ho attivato tutti i contatti. Conosco tante persone, anche alcuni proprietari di grandi aziende. Ma le compagnie hanno le loro strategie e pianificazioni, si muovono per interesse. I soldi per quest’anno sono stati stanziati nel 2021 e poi c’è da capire se il ciclismo faccia parte delle loro strategie. Se non è così, è difficile che entrino a stagione in corso.

C’era un grande progetto. C’era l’ipotesi WorldTour…

Siamo partiti da squadra di dilettanti fino ad avere 4 inviti in corse a tappe WorldTour di una settimana e altre gare in linea fino a 40 giorni di gara WorldTour, senza fare un grande Giro. E’ tutto qua. Basta venire a parlare…

Nella tarda primavera del 1993, la Eldor-Viner scoprì di non avere più i mezzi per proseguire. Il Giro d’Italia sarebbe partito dall’Isola d’Elba e l’intervento in extremis della Mapei salvò la squadra, che partecipò al Giro e ottenne anche l’invito per la Vuelta, dando l’inizio a una storia ventennale. Il dottor Squinzi mise in atto un vero miracolo e realizzò un capolavoro. Chissà se qualcuno, alle prese con una nuova squadra, starà valutando l’occasione…

Bella, ma amara: la prima da pro’ di Mathias Vacek

06.03.2022
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Il giorno più bello della sua giovane carriera è passato in fretta in secondo piano. Per Mathias Vacek – 19enne della Gazprom-RusVelonemmeno il tempo di gustarsi la gioia della prima vittoria da pro’ a Dubai, che il mondo è stato scosso dalla guerra della Russia in Ucraina. Pochi giorni appena e la sua squadra è stata fermata.

All’interno della preoccupante attualità geopolitica, vogliamo raccontarvi la favola sportiva del ragazzo ceco di Stozice (paese della Boemia Meridionale, più vicino ad Austria e Baviera che a Praga) che si allena con lo sci di fondo in inverno e che è cresciuto ciclisticamente a Torre De’ Roveri, nella bergamasca, sede del Team Giorgi.

Mathias Vacek esulta sul traguardo di Dubai nella penultima tappa del UAE Tour
Mathias Vacek esulta sul traguardo di Dubai nella penultima tappa del UAE Tour

Mathias è arrivato in Italia quattro anni fa, seguendo le orme di suo fratello Karel (classe 2000, di due anni più grande) ed ha praticamente dominato le categorie giovanili anche più di quello che aveva fatto proprio Vacek senior.

In tre stagioni – dal 2018 da allievo di secondo anno e poi nel biennio da junior – ha conquistato 41 vittorie. Numeri da predestinato che trovano conferma non solo col successo negli Emirati Arabi ma anche col contratto firmato (2023 e 2024) da poco con la Trek-Segafredo.

Mathias com’è andato lo scorso 25 febbraio, data del tuo trionfo?

E’ stata una giornata bellissima, che non scorderò mai. Mi sentivo molto bene fin da quando sono sceso dal letto. Avevo dormito molto meglio rispetto ai giorni precedenti. Era la giornata giusta per andare in fuga. Al mattino il nostro diesse durante la riunione aveva solo detto che con Malucelli doveva restare almeno un compagno per l’eventuale arrivo in volata. Tutti gli altri erano liberi di provare azioni da lontano. E così è stato. Siamo partiti al chilometro zero andando a ruota ad un Bardiani, promotore della fuga.

Sembrava che il gruppo vi dovesse riprendere da un momento all’altro, invece lo avete messo nel sacco.

Sì, è stata una mezza impresa, molto dura. Abbiamo sempre avuto lo stesso vantaggio, un minuto e mezzo. Sia a cento chilometri dal traguardo che a 25. A quel punto siamo andati ancora più a blocco perché avevamo iniziato capire che potevamo farcela. Gli ultimi 5 chilometri li abbiamo fatti senza alcuna tattica. Solo menare. Ed io ho iniziato a pensare allo sprint.

Nel finale avevi ancora due compagni di squadra e due avversari. Vi siete parlati per decidere chi avrebbe fatto la volata?

Onestamente no (ride, ndr). Col fatto che avevamo sempre il fiato sul collo del gruppo, non abbiamo mai dialogato fra noi. Zero strategia, altrimenti ci avrebbero ripreso. Solo Pavel (Kochetkov, ndr) si è sacrificato tirando l’ultimo chilometro, è stato bravissimo. In volata sapevo di essere il più veloce dei cinque e così l’ho presa in testa vincendo bene. Ha funzionato tutto giusto, anzi…

Vuoi aggiungere qualcosa?

Sì, quel giorno mi sono alimentato a dovere. Ho mangiato e bevuto con regolarità, andando all’ammiraglia nei momenti giusti. Ho capito quanto sia importante questo aspetto, visto che ogni tanto dimentico di farlo. Sto migliorando e imparando anche queste cose che a volte si danno per scontato.

Quando hai vinto era il secondo giorno di conflitto in Ucraina. Che effetto ti fa ripensarci a distanza di più di una settimana?

Fino al giorno della mia vittoria sapevamo molto poco. Poi il giorno dopo, aprendo i social, ci siamo resi conto di quello che stava succedendo. Quando corri ti estranei da tutto, ma gli ultimi sono stati giorni difficili, di riflessione. Avevo poca voglia di parlare anche per le interviste. Considerando il nostro sponsor e la nazionalità della mia squadra, penso che la mia vittoria sarebbe potuta essere più bella senza quella guerra. Alla fine noi, squadra e atleti, non c’entriamo nulla con questo. Spero che la questione della nostra licenza UCI possa risolversi in fretta e che potremo tornare presto a correre.

Nelle categorie giovanili qualcuno faceva paragoni tra te e Karel, sostenendo che fossi tu quello che avrebbe fatto più fatica. Al momento non è così. Che pensiero hai in proposito?

Sì, è vero, sentivo spesso questo confronto. Ho vinto prima io, ma anche mio fratello sta tornando sui suoi standard. Purtroppo qualche anno fa abbiamo avuto un problema familiare che lui ha patito più di me. Ci era rimasto male, si allenava e correva con meno tranquillità del solito. Ma adesso è tutto passato. Questo inverno l’ho visto allenarsi bene, con grande convinzione. Sono contento per Karel, sono convinto che farà molto bene. Seguite anche lui.

Quali sono le tue reali caratteristiche?

Nasco passista-scalatore, ma devo dire che ho un discreto spunto veloce. Non saprei ancora. Mi piacciono le classiche del Nord, quelle miste, vallonate. Ma la mia gara dei sogni è la Parigi-Roubaix.

Quali obiettivi hai per il 2022, sapendo che dall’anno prossimo andrai nel WorldTour?

Adesso, come dicevo prima, spero di poter tornare a gareggiare. Non ne ho qualcuno in particolare. Con la mia squadra voglio continuare a crescere ed essere utile ai compagni. Diciamo che i miei obiettivi personali sono più legati alla mia nazionale U23. Punto a fare risultati alla Corsa della Pace, al Tour de l’Avenir, agli europei e ai mondiali di categoria. Un successo l’ho ottenuto, ma non voglio fermarmi.

Pochi giorni per ripartire, la missione di Renat Khamidulin

03.03.2022
4 min
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«Come qualsiasi persona – dice Renat Khamidulin – ho una mia opinione. In ogni situazione, in ogni grande lite è difficile che la responsabilità sia da una sola parte, figurarsi in un conflitto. Ma non riguarda noi, noi come squadra non abbiamo fatto niente di sbagliato. Non abbiamo violato le regole. E come tutti abbiamo sempre considerato lo sport come un fattore che può unire e non dividere».

Renat Khamidulin ha 43 anni, è stato corridore ed è il capo della Gazprom-RusVelo
Renat Khamidulin ha 43 anni, è stato corridore ed è il capo della Gazprom-RusVelo

Stop a Laigueglia

Il capo ha la voce scossa. Lo abbiamo sentito ieri sera, dopo un giorno di riunioni e dopo che nel pomeriggio Fedeli ci aveva raccontato la storia del suo compleanno amaro. Colpire tutto ciò che è russo per colpire Putin, mentre Putin fa la guerra in Ucraina: lo schema è chiaro. Ma qual è il senso di fermare un gruppo di atleti? Khamidulin le ha provate tutte per far correre il Trofeo Laigueglia ai suoi ragazzi, ma non è bastato. E adesso?

«Non siamo mai stati fermi – dice – e stiamo ancora lavorando per superare la cosa e andare avanti. C’è stata una decisione e abbiamo poco tempo a disposizione per far ripartire la squadra. Abbiamo cominciato a parlare con l’UCI e ci stanno ascoltando. Stiamo collaborando e andremo in Svizzera per avere i nostri incontri».

La squadra ha iniziato bene la stagione, vincendo con Malucelli ad Antalya
La squadra ha iniziato bene la stagione, vincendo con Malucelli ad Antalya
A che punto hai cominciato ad aver paura che sarebbe successo qualcosa?

Io non ho mai avuto paura. Hai paura se hai fatto cose sbagliate, ma noi siamo stati nelle regole. Abbiamo rispettato tutte le normative dello sport, dall’antidoping a tutte le altre regole. Nessuna paura, la mia era semmai una preoccupazione perché ho cominciato a immaginare gli scenari.

Per questo per Laigueglia avevate tolto tutte le scritte da auto, maglie e bici?

Il giorno prima, martedì, vedendo la situazione, abbiamo fornito ai ragazzi una divisa completamente bianca, ma purtroppo non è stata accettata. La squadra è pronta. Ci sono degli atleti di alto livello che hanno raggiunto la condizione e hanno il diritto di competere. Non possiamo lasciarli così, senza provare a fare qualcosa.

Fra i corridori che alla Gazprom sono in cerca di rilancio, ecco Nicola Conci
Fra i corridori che alla Gazprom sono in cerca di rilancio, ecco Nicola Conci
L’UCI sta acoltando?

Ci sono delle proposte chiare, di cui ancora non posso parlare, per cui la squadra sarà portatrice di un messaggio per tutto il mondo. Leggevo che l’altro giorno un giocatore russo e un ucraino dell’Atalanta si sono abbracciati (Ruslan Malinovskyi e Aleksey Miranchuk, ndr). Lo sport unisce, non fa le guerre.

Il messaggio di cui parlavi riguarda questo?

Vogliamo portarlo in giro, far sì che il ciclismo prima del calcio parli di pace e si smarchi dalla guerra.

Quali sono i prossimi passi?

Stiamo lavorando in silenzio, non faremo comunicati ufficiali. Ci sarà da capire quanto tempo sarà necessario tecnicamente con l’UCI. Credo ci vorrà qualche giorno, spero si arrivi a capo di qualcosa per metà mese.

Anche Piccolo fra i sette azzurri tesserati con la squadra russa
Anche Piccolo fra i sette azzurri tesserati con la squadra russa
In che modo lo avete spiegato ai corridori?

Abbiamo parlato con loro. Siamo in contatto tutti i giorni. I corridori meritano di sapere tutto più e prima di chiunque altro.

Ma nel frattempo alcuni sponsor vi hanno mollato, come si fa?

Non mi nascondo, qualcuno lo abbiamo perso. Ma non siamo rimasti a piedi. Ecco, questo vorrei dirlo: la squadra è pronta e ha tutto quello che serve per ripartire.

Il capo non molla, ma è evidente che i tempi siano stretti. Il progetto di Renat era e resta ambizioso. L’arrivo di Sedun lasciava trapelare l’intenzione di salire nel WorldTour, ma adesso è tutto congelato. I corridori hanno bisogno di certezze, di lavorare per un obiettivo. Prima che comincino a guardarsi intorno e che i loro procuratori inizino a pensare di portarli dovunque ci sia posto, dovunque li facciano quantomeno correre.

Gazprom fuori da Laigueglia, per Fedeli compleanno amaro

02.03.2022
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Alessandro Fedeli aveva in mente tutto un altro compleanno. La giornata prevedeva che giocasse le sue chance nel Trofeo Laigueglia e se ne servisse come rampa di lancio verso la Tirreno-Adriatico e la Milano-Sanremo, i due principali obiettivi della sua stagione. La Gazprom-RusVelo non è stata invitata al Giro d’Italia, pertanto le corse di primavera di RCS avrebbero costituito uno dei punti chiave del 2022. Il modo per scrollarsi di dosso il fallimento della Delko e rilanciare la sua carriera.

La Gazprom-RusVelo è stata privata dello status di team UCI ed estromessa da ogni gara ufficiale
La Gazprom-RusVelo è stata privata dello status di team UCI ed estromessa da ogni gara ufficiale

Squadra fermata

La guerra russa in Ucraina lo ha costretto a rivedere i suoi piani: squadra sospesa, impossibile sapere fino a quando. Non appena il mondo ha iniziato a chiudere le porte alle banche, alle aziende, agli interessi russi nel mondo, si è iniziato a capire che anche la squadra di Renat Khamidulin potesse avere qualche problema.

«L’altro giorno – racconta il veronese – ho fatto 7 ore e 20′ di allenamento preparando la Sanremo. Inizio a pensare che non diventerò mai quel che speravo. I miei sogni sono infranti. Ho compiuto 26 anni, che nel ciclismo di oggi non sono pochi. Magari i più giovani hanno davanti del tempo per ripartire, io a questo punto non lo so. Se anche ci faranno ripartire, le corse più importanti della nostra stagione sono andate».

Mentre Fedeli era a casa, a Laigueglia la Drone Hopper ha mostrato vicinanza a Ponomar indossando la maglia di campione ucraino
A Laigueglia la Drone Hopper ha mostrato vicinanza a Ponomar indossando la maglia di campione ucraino

Via le scritte

Nella mattinata di ieri, dopo la notizia per cui Look avrebbe ritirato la sponsorizzazione al team, i meccanici si sono affrettati a togliere tutte le scritte dalle ammiraglie e dalle biciclette. Gli atleti della Gazprom-RusVelo erano in viaggio verso Laigueglia, altri erano a casa. Malucelli ad esempio era al lavoro per la Milano-Torino e ha avuto il primo sentore di guai al rientro dall’allenamento. La squadra nel frattempo ha provveduto a comprare abbigliamento bianco e senza scritte, portato a Laigueglia da un massaggiatore, per garantire che almeno i corridori non russi potessero correre. Lo sponsor aveva dato via libera, non così l’Unione ciclistica internazionale.

«Non hanno usato il minimo tatto – prosegue Fedeli – vorrei sapere a questo punto perché i corridori russi delle squadre tedesche o britanniche possono continuare a correre. E’ un provvedimento che alimenta l’odio, in un ambiente che è abituato al mescolarsi delle nazionalità. Nella nostra squadra ci sono italiani, russi, ragazzi della Repubblica Ceca come Vacek che ha vinto in UAE e anche del Costa Rica. La sede è in Italia, le ammiraglie hanno targhe italiane e i soldi arrivano dalla Germania. Della mia squadra non posso dire che bene. Fino a ieri sera ce l’hanno messa tutta per farci correre, avrebbero accettato di stare per tutto l’anno senza scritte su maglie, auto e bici. E mentre noi eravamo lì a cercare di capire, alle 16,30 l’Uci si è riunita e alle 19 ci hanno detto di andare via».

Vacek ha 19 anni, viene dalla Repubblica Ceka e ha vinto l’ultima tappa dell’UAE Tour
Vacek ha 19 anni, viene dalla Repubblica Ceka e ha vinto l’ultima tappa dell’UAE Tour

Fuori da tutto

Con un comunicato emesso nella serata di ieri, infatti, la squadra è stata privata dello status di team Uci, venendo di fatto interdetta da tutte le manifestazioni ufficiali. Il testo non ammette grosse repliche. Viene previsto il divieto di mostrare scritte e grafiche di sponsor riconducibili a Russia e Bielorussia, per cui il look improvvisato del team sarebbe stato in linea con il provvedimento. Tuttavia l’esclusione della squadra dal ranking Uci taglia le gambe a ogni trattativa.

Diverso il discorso per gli atleti russi tesserati in squadre straniere, come Vlasov alla Bora e Sivakov alla Ineos. A quel punto il compleanno ha smesso di essere una priorità, Fedeli si è rimesso in macchina e alle quattro del mattino ha fatto ritorno a casa.

Fedeli si era messo in luce nell’arrivo in salita del Tour of Antalya, con il secondo posto
Fedeli si era messo in luce nell’arrivo in salita del Tour of Antalya, con il secondo posto

Delusione da capire

Al di là delle cause che l’hanno scatenato, quello che sta succedendo in Ucraina è esecrabile e non ci sono a nostro avviso attenuanti che alleggeriscano la gravità delle azioni. Nei giorni scorsi, Van Aert e Jakobsen, come pure oggi Sivakov hanno detto parole importanti di solidarietà. Ma un conto è parlare quando si è lontani dal fronte, altro è esserci dentro.

«Io sto dalla parte della squadra – dice Fedeli – e sulla guerra non posso dire nulla. Eravamo pronti per correre, ma ora la voglia di allenarmi è passata. Vediamo cosa accade. Sono tornato dal Tour of Antalya con il Covid. Appena è passato, la squadra ha speso dei bei soldi per mandare quattro di noi sul Teide. Tutto buttato! Se la prospettiva è di non correre per un lungo periodo, tanto vale staccare e recuperare. Sto bene, stavo bene. Ma certo per il mio compleanno immaginavo ben altro finale».

Valenciana, si parte. In gruppo scalpita Conci

02.02.2022
5 min
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Ci sarà da riabituarsi alla bella fatica della gara, con un orecchio alla solita gamba che ha smesso di addormentarsi provocando dolore. Come quando ti svegli dopo giorni di mal di testa e ricominci a fare le solite cose mentre inconsciamente cerchi la spia di quel fastidio, in attesa che la mente lo rimuova. Da stamattina Nicola Conci torna in gruppo alla Volta a la Comunitat Valenciana, corsa di cinque tappe: per lui la prima dal campionato italiano del 20 giugno.

«Voglio ripartire – diceva ieri mattina dal pullman che lo portava in hotel – è talmente tanto tempo… E anche prima dell’italiano non è che l’anno scorso avessi fatto chissà quante corse. Per questo ho ricominciato presto ad allenarmi. Ad agosto mi sono operato. Poi fermo per due mesi e alla fine a ottobre ho ripreso direttamente. E’ stato un lungo inverno. Abbiamo fatto due ritiri in Spagna e per fortuna anche a casa il tempo è stato buono…».

Parte oggi da Les Alqueries la Volta a la Comunitat Valenciana, corsa di 5 tappe (fotoo VCV)
Parte oggi da Les Alqueries la Volta a la Comunitat Valenciana, corsa di 5 tappe (fotoo VCV)

Ce lo siamo già detti. Con 19 vittorie il secondo anno da allievo, sei da junior al primo e sette al secondo, nel ciclismo degli ultimi tempi Conci sarebbe stato tentato di passare professionista da subito. Invece scelse di fare due anni alla Zalf Fior e poi è passato alla Trek-Segafredo. Oggi, con 25 anni appena compiuti e dopo varie vicissitudini fisiche fra cui l’intervento per dicostruire l’arteria iliaca, debutta con la maglia della Gazprom-RusVelo.

Un lungo inverno in cerca della condizione e anche la conferma che sia tutto a posto?

Il punto di domanda lo porterò con me ancora per un po’. Quando ho fatto l’operazione, hanno detto che sarebbero serviti due mesi di stop assoluto e che poi per tornare alla piena efficienza, ne sarebbero passati da 6 a 9. Devo dire però che finora non ho fatto fatica a sostenere i carichi della preparazione. E negli ultimi tempi ho iniziato a sentire la voglia di correre. Andare in bicicletta è bello, ma faccio questo lavoro soprattutto perché mi piace correre.

Ci eravamo lasciati con l’incertezza di come sarebbe andata sotto sforzo.

Per ora bene. Dopo l’operazione ho fatto anche un grosso lavoro di osteopatia, perché l’intervento non è stato facile e c’era da mettere tutto in asse. L’ho fatto per tutto l’inverno e ora il solo fastidio che sento a tratti è nella zona del gluteo, però sono dolori muscolari e non quell’indolenzimento da cui solitamente iniziava tutto.

Lavoro di osteopatia e anche palestra?

Per tre volte alla settimana, avendo anche cambiato preparatore. La squadra viene seguita da Maurizio Mazzoleni e da Marco Benfatto che sta facendo esperienza. E la palestra è stata uno dei passaggi fondamentali, con le mie tabelle e così tanta voglia di ripartire e fare bene, che mi sono divertito anche a fare tutti quei lavori.

La sua ultima corsa risale al 20 giugno, giorno del campionato italiano di Colbrelli
La sua ultima corsa risale al 20 giugno, giorno del campionato italiano di Colbrelli
Nel frattempo come è andato l’ambientamento alla Gazprom?

Si è formato un bel gruppo. All’inizio c’erano gli italiani e i russi, ben divisi come è normale, anche fosse solo per il problema della lingua. Dopo due ritiri però c’è una bella amalgama.

Si parte domani (oggi per chi legge) per fare cosa?

Per fare risultato. Sicuramente è l’obiettivo della squadra e anche mio, è tempo di trovare la soddisfazione personale. Ma in questa prima fase mi basterebbe riuscire a dare il massimo per superare i miei limiti senza essere fermato da fastidi esterni.

Che cosa ha comportato cambiare preparatore?

Tornare a uno schema di lavoro più classico. Con Alberati era tutto più particolare, facevamo tanti lavori specifici. Ora ho ripreso a fare spesso la doppia fila, tanto medio in salita e lavori piramidali. Non ho sofferto e adesso voglio di più.

Da Trek a Look: problemi a trovare la posizione?

Ho avuto la bici nuova a dicembre e per non avere problemi ho dato una doppia occhiata alla posizione. Prima con i biomeccanici della squadra e poi con Vedovati con cui lavoro da tempo. Lui è molto preciso e mi fido.

Debutto alla Valenciana e poi?

E poi due settimane abbondanti sul Teide, scendendo per la Tirreno-Adriatico e il Catalunya. Sarà una bella stagione.

Tirreno vuol dire Carpegna: pronto per lasciare il segno?

Eh, il Carpegna fino al Cippo è duro. Ma certo…

Un sorriso affiora, sottile come il dubbio di essere all’altezza. Questo ragazzo è davvero forte, se tutto in quella gamba funzionerà come deve, presto anche i sogni più coraggiosi potrebbero prendere forma. Adesso la Valenciana, teniamo le dita incrociate…

A tutto Konyshev: Rivera, i giovani della Gazprom e quelli russi

31.12.2021
5 min
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Procedono a tutta velocità i lavori alla Gazprom-Rusvelo. Il team russo, anche esso come l’Astana costituito da una forte matrice italiana, vede la presenza tra i suoi diesse di Dmitri Konyshev. L’ex grande professionista è uomo di ciclismo a tutto tondo. 

Con lui puoi parlare di tutto in merito alle due ruote a pedali. Stavolta ci siamo focalizzati soprattutto sui giovani. Quelli del suo team e, più in generale, su quelli della sua Patria.

Dmitri Konyshev (classe 1966) è oggi un diesse della Gazprom-Rusvelo
Dmitri Konyshev (classe 1966) è oggi un diesse della Gazprom-Rusvelo
In Gazprom avete un bel gruppo di giovani, Dmitri…

Vero, però i nuovi giovani del nostro team li ho visti ancora poco: tre settimane, durante il ritiro in Spagna. Ma poi io sono del parere che per conoscere davvero un corridore devi vederlo alle corse. Posso dirvi qualcosa di più su Scaroni che è cresciuto bene e che speriamo possa essersi tirato su di morale dopo il suo buon finale di stagione. 

E cosa ci dici di lui?

Che ha un bel potenziale. Si è allenato molto bene e l’ho visto davvero in buona condizione.

Nel gruppo avete anche un certo Kevin Rivera. Cosa puoi dirci su di lui?

Dico che dovrebbe imparare ad andare in bici! Scherzi a parte, se lo porti sotto la salita arriva con i primi, sicuro, ma ha dei problemi per arrivarci. Servirebbe una squadra fresca e forte per aiutarlo ad arrivare là sotto davanti. In questo modo può farcela.

Però si dice che questo ragazzo abbia dei valori molto alti…

Vero, ha valori eccezionali, ma non basta. Anche se è molto importante chiaramente. Kevin è un ragazzo serio, talmente serio che neanche sembra un latino americano. Di solito chi viene da quelle parti è molto più vivace.

Christian Scaroni è stato autore di un buon finale di stagione, eccolo alla Veneto Classic, chiusa al 10° posto
Christian Scaroni è stato autore di un buon finale di stagione, eccolo alla Veneto Classic, chiusa al 10° posto
Cosa ti ha colpito di lui?

Lui stesso è stato una scoperta. Mi ha colpito il fatto che in ritiro ha avuto qualche problema intestinale, anche se per fortuna poi ha perso solo due allenamenti, ma nonostante tutto si è mostrato molto forte. E quei problemi debilitano molto. Lui invece ha espresso alti valori ugualmente. Sono curioso di vedere come andrà nelle corse.

Giusto poche ore fa Fusaz ci ha detto che spesso i ragazzi di oggi hanno motivazioni meno accentuate. Anche per te è così? Anche per i giovani ciclisti in Russia è così?

Non solo in Russia, in generale il mondo è meno affamato, anche se penso che chi ha passione ancora ci metta del suo. Quello che vedo è che la grinta arriva quando arrivano le corse. Quando attacchi il numero sulla schiena è tutto diverso. In tal senso noto una grande differenza in effetti, almeno per me era così. Ma oggi il ciclismo è diverso.

Cosa intendi per diverso?

Intendo che per i ragazzi oggi è più complicato allenarsi per certi aspetti. Io facevo da solo, quando dovevo fare tanto facevo 6-7 ore e via. Oggi hanno dei “papiri” sui quali sono scritti tutti i lavori che devono fare.

Rivera è considerato un vero talento per la salita. Ha corso nell’Androni (in foto) e per sei mesi ha militato nella Bardiani
Rivera è considerato un vero talento per la salita. Ha corso nell’Androni (in foto) e per sei mesi ha militato nella Bardiani
E sono svantaggiati?

Per me sì. Se gli togli il computerino, il potenziometro, la maggior parte di loro non sa cosa fare. Non sanno ascoltare se stessi.

Se dovessi fare un paragone tra i ragazzi russi del tuo tempo e quelli attuali che differenze noteresti?

Che sono più viziatelli. Oggi arrivano e hanno tutto pronto, tutto è più facile quando devono prepararsi per un viaggio o per una trasferta. Io già a 12-14 anni dovevo farmi la borsa da solo. Però non c’è scampo, sono loro che devono darci dentro. Resta difficile per i russi farsi davvero largo stando lì. E infatti alla fine oggi ce ne sono solo due che veramente sono forti, ma entrambi sono cresciuti altrove. 

A chi ti riferisci?

Mi riferisco a Sivakov, scuola francese, e a Vlasov scuola italiana. Loro sono cresciuti con una mentalità europea. Ma molti ragazzi che sono fuori vogliono tornare a casa perché c’è ancora un ambiente molto diverso. E in Russia ancora si fa fatica. Da noi ci sono poche strade e ormai sono tutte molto trafficate. Non è così facile. Una volta su cento famiglie, solo cinque avevano la macchina. Adesso tutte ne hanno una. Ma per andare da A a B c’è una sola strada, non è come in Italia che ce ne sono dieci. Va da sé che il traffico è aumentato.

Secondo te vedremo emergere nuovi talenti russi da qui a breve?

Non lo so, ma lo spero. Poi spesso le cose avvengono quando meno te lo aspetti. Io però ci credo poco perché vedo ancora troppe poche corse. E’ vero che adesso qualcosa si sta muovendo per i giovani, ma è lunga… E poi io ho notato che c’è un problema anche di percorsi.

Secondo Konyshev non è facile oggi fare ciclismo in Russia (foto Instagram)
Secondo Konyshev non è facile oggi fare ciclismo in Russia (foto Instagram)
Cioè, spiegaci meglio…

La prima volta che ho portato Alex, mio figlio, ad una corsa, ho visto che c’erano 180 corridori su un circuito di 5-6 chilometri, con curve e controcurve, salite... Da noi per fare una gara chiudi un tratto di strada di 25 chilometri tutto dritto e pianeggiante e fai avanti e dietro. E’ chiaro che quando i nostri ragazzi vengono qui si trovano in difficoltà, non sanno cosa fare e infatti in generale i russi non sono brillanti in gruppo.

Prima hai detto che in Russia qualcosa si sta muovendo…

Diciamo che c’è un movimento, non è ancora ufficiale, che inizierà ad organizzare le gare. Vediamo cosa verrà fuori. Quel che serve sono più team, più scuole. Ai miei tempi quasi in ogni città c’erano 5-6 club ciclistici, adesso non ce ne sono quasi più.

Tornando al discorso della “fame”, in generale non è facile per questi ragazzi. Russi e non…

Non è facile per chi vuole far fatica in effetti. Oggi i ragazzi sono attratti da altro, dalle comodità, dai video su TikTok, cose che hai pronte, facilmente a portata di mano. Andare in bici non è così. E per di più è anche costoso. Una volta se volevo fare ciclismo in Russia andavo da un club, mi davano l’abbigliamento, la bici e iniziavo a fare il ciclista.

Rivera è cresciuto e si toglie l’etichetta di dosso

20.12.2021
6 min
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Era per tutti il terzo gemello di Bernal e Sosa. Un altro fenomeno sudamericano in rampa di lancio, magari da mandare subito alla Ineos. Eppure Kevin Rivera di colpo si è trasformato da oggetto del desiderio in grana difficile da gestire. «Incostante. Caratterialmente instabile»: a sentire quello che dicevano di lui, si poteva pensare che averlo in squadra fosse una condanna più che un privilegio. Perché in questo ambiente funziona così: ti attaccano l’etichetta e te la porti dietro a lungo. E anche se lo scalatorino del Costarica ha il suo bel carattere (in apertura è con Scaroni, Conci, Canola e Fedeli, ndr), dopo averci parlato un po’ più a fondo, è stato bello rendersi conto che limitarsi alle etichette, qualunque cosa ci sia scritto, non sia il modo migliore per capire cosa ci sia nel pacco.

«Sono passato molto giovane – ammette con l’onestà che non tutti riescono a metterci – ed è stato uno sbaglio. Avevo 19 anni, potevo aspettare ancora, ma mi hanno fatto un contratto di 4 anni e l’ho visto come un sogno. Prendere o lasciare. Dopo la Androni, sono andato alla Bardiani. Delle buone squadre, ma prima ho avuto qualche problemino fisico e poi dovevo soprattutto fare esperienza. Mi serve una squadra che mi prepari bene, in cui mi trovi bene con i compagni, in cui possa stare tranquillo».

Come Zaccanti

Il profilo da giovane indio, la pelle olivastra, la parlata cantilenante fra l’italiano e lo spagnolo. La storia di Rivera alla Bardiani è parallela a quella che vi abbiamo già raccontato di Filippo Zaccanti: contratto rescisso per qualcosa che somiglia a scarso rendimento. 

«Avevamo concordato un ritorno per il mese di luglio – disse a suo tempo Roberto Reverberi – poi ci ha detto che non si sentiva e non è tornato. Il tempo gli è stato dato, ma i risultati non sono stati all’altezza».

Così, rescisso il contratto, Rivera ha incontrato Sedun e ha accettato l’offerta della Gazprom-Rusvelo. La sfida è importante, le occasioni a questo punto non si possono più perdere.

Era meglio aspettare cosa?

Il primo anno ho fatto tanta fatica. Era meglio farne uno da under 23 e imparare a stare in gruppo. In Costarica correvo fra gli juniores fra 60 corridori ed ero uno dei più forti. Sono arrivato qua e mi sono ritrovato in mezzo a 180 professionisti tutti più forti di me. Non era il passaggio giusto da fare.

Ti mettevano sullo stesso piano di Bernal e Sosa…

Ma non era giusto farlo. Serviva più pazienza, anche se ammetto che a forza di sentirlo dire, un po’ ci avevo creduto anche io. In salita sapevo e so ancora di avere un buon livello, ma loro in Colombia hanno sempre corso di più. Io correvo una volta al mese. Egan ha fatto i mondiali di mountain bike da junior, io non ero mai uscito dal Paese. E’ vero, ci ho creduto, ma quando mi ritrovavo in corsa, sentivo solo bisogno di imparare e crescere. Puoi anche avere motore, ma serve tempo.

In salita come loro?

Resto uno scalatore, credo di saperlo fare bene, così come credo di essere migliorato anche in pianura. In questi anni ho vinto il tappone in Malesia e la classifica del Sibiu Tour. Un paio di volte sono arrivato davanti fra i big, come alla Milano-Torino del 2019 (9° a 33 secondi da Woods, ndr) e alla Vuelta Burgos quando ho fatto meglio di Carapaz (5° nella 3ª tappa a 33 secondi da Sosa, ndr). Il 2020 poteva essere un anno da fare bene, invece è arrivato il Covid…

Coppi e Bartali 2021, si ritira nella tappa di San Marino: l’avventura Bardiani sta per chiudersi
Coppi e Bartali 2021, si ritira nella tappa di San Marino: l’avventura Bardiani sta per chiudersi
Perché dicono che sei difficile da gestire?

Non è vero, come anche il fatto che fossi discontinuo. Quando uno è giovane, alterna belle prestazioni a buchi clamorosi. Un giorno puoi avere la gamba, l’indomani no. Ho commesso errori, se anche dicevano che fossi un fenomeno, dovevano sapere che non sono Evenepoel.

Perché alla Gazprom sarà diverso?

Perché Sedun fa tutto per farmi stare bene e sentire parte di un progetto. Lavora tanto, non si ferma finché tutto non è a posto. Adesso quel che conta è arrivare nuovamente davanti, perché è tanto che non corro e anche in allenamento si percepisce la differenza dai compagni. Qualche piazzamento sarebbe cosa buona, la vittoria sarebbe fenomenale.

Chi è il tuo tecnico di riferimento?

Lavoro con Konychev. Scherza tanto, ma si vede che è stato un corridore molto forte e capisce che cosa significa. Ho bisogno di uno che mi capisca, perché so come fare per andare forte.

Nel ritiro della Gazprom, dando il calcio di inizio alla stagione 2022
Nel ritiro della Gazprom, dando il calcio di inizio alla stagione 2022
Sei stato in Costarica per tutto questo tempo?

Sono tornato a casa, laggiù con il Covid le cose vanno bene. E’ dispiaciuto a tutti vedermi tornare, ma nessuno ha provato a convincermi a rinunciare, al contrario vogliono tutti che torni. Comincerò dalla Valenciana, cui arriveremo dopo un altro ritiro. E poi vedremo cosa saprò fare. Piano piano sto arrivando. Questi ultimi mesi non saranno stati i più belli, ma di sicuro mi hanno fatto maturare.

Canola, parole da leader e tanta voglia di vincere

20.12.2021
4 min
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«E’ un lavoro difficile – dice Canola – prima vivevo di sogni, ero molto ingenuo. Ho scoperto invece che il professionismo è un continuo rinnovarsi. Ogni anno fai le stesse cose, ti alleni bene, mangi bene… devi essere predisposto. Negli anni sono diventato un riferimento per i compagni, mi piace. Ma giusto stamattina in allenamento ho pensato che vorrei proprio vincerne un’altra. Se tutto va come spero, nel 2022 verrà il momento di alzare le braccia al cielo. L’ho anche sognato tante volte in questo periodo, sapete? Un colpo di mano nel finale e l’arrivo in solitaria. La vittoria dà un senso superiore a questa fatica. E io credo nel destino. Quando insisti tanto per ottenere qualcosa, alla fine la raggiungi...».

Nel 2021 da neopro’, Canola si presenta con una vittoria al Tour de Langkawi
Nel 2021 da neopro’, Canola si presenta con una vittoria al Tour de Langkawi

Rivelazione al Giro

Marco Canola ha 32 anni e in carriera ha vinto 9 corse. La prima a 24 anni in Malesia, la seconda a 26 sul traguardo di Rivarolo Canavese al Giro d’Italia. Dalla Bardiani passò dunque alla United Healthcare, poi due anni con 7 vittorie alla Nippo-Fantini e quando questa chiuse i battenti nel 2020 è arrivato alla Gazprom-Rusvelo. C’era tutto perché il percorso di vittorie riprendesse eppure la caduta di Mallorca, di cui s’è già parlato senza darle la giusta importanza, ha congelato le sue speranze.

«L’anno scorso – racconta – ho avuto un grosso incidente e c’è voluto tanto tempo per riprendermi. Nel 2021 ho avuto il miglioramento che speravo, ma ugualmente mi sentivo lontano dal Marco della Nippo. Non ero andato via di lì senza vittorie, pensavo di arrivare qui e dare la svolta, invece non ero più me stesso. Durante la corsa, ma anche nei finali dove normalmente diventavo una bestia. Ero come… spento. Il meccanismo era come grippato. Ho sentito un mental coach. Ho sentito soprattutto un neurologo e alla fine abbiamo trovato che c’era qualche complicazione a livello clinico che ora è rientrata. Per questo penso che non sarebbe proprio male alzare le braccia. Anzi, mi ci vorrebbe proprio…».

Nel 2014 vince la volata sul gruppetto in fuga. Così Canola si porta a casa la tappa di Rivarolo Canavese al Giro
Nel 2014 vince in volata la tappa di Rivarolo Canavese al Giro
La ripresa arriva al momento giusto, visto il nuovo vento che si respira in squadra, no?

Sedun sta incidendo profondamente, penso si capisca anche da fuori. Abbiamo cambiato pelle ed è merito di Renat (Khamidulin, general manager della Gazprom, ndr) aver colto l’attimo per la svolta. In questa squadra c’è sempre stato grosso potenziale, ma nessuno era riuscito a organizzarla per tirarlo fuori. Ora sembra che grazie al lavoro di tanti, questo stia accadendo. Ci sono stati arrivi importanti grazie ai quali sono certo che prenderemo il volo.

Fra i preparatori c’è Benfatto, una tua vecchia conoscenza…

Siamo stati compagni di squadra e soprattutto avversari e ora mi ritrovo a lavorare con lui. Da allievi e da juniores non passava corsa senza che ce le dessimo. Però non c’è mai stato un battibecco, forse perché sono state di più le mie vittorie delle sue (ride, ndr). 

Quando hai saputo che sarebbe diventato preparatore alla Gazprom?

Un giorno mi scrive e mi dice che vuolle parlarmi. L’ho chiamato e mi ha dato l’anticipazione. Sono contento, è un bell’acquisto. E dopo tanti anni di carriera potrà essere utile.

Giusto, la carriera: a che punto sei?

Un punto importante. Sono passati due anni da quando sono qui. Volevo vincere subito, invece a causa della caduta mi sono ritrovato a fare un bel lavoro con i compagni, costruendo le nuove leve. Mi piace essere riferimento per i giovani. Li sprono. Gli do consigli. Gli suggerisco le decisioni da prendere in corsa. Sono io quello che li aspetta quando sono in difficoltà, che tira e dà l’esempio. Arrivo prima degli altri agli allenamenti. I ragazzi devono capire che non bisogna sprecare il tempo, ma anche che non si può avere tutto e subito (le sue parole rimandano direttamente alla definizione di leader, approfondita nei giorni scorsi, ndr). Ma io di base voglio ancora vincere.

Al Giro di Germania, mettendo la firma su un finale di 2021 più convincente
Al Giro di Germania, mettendo la firma su un finale di 2021 più convincente
Esiste la ricetta giusta?

Ci do dentro. Non mi tiro indietro di un solo metro, martello se vedo che si batte la fiacca. Non si vince da soli, bisogna creare il gruppo. E soprattutto non bisogna dimenticare che oltre al professionismo, c’è una componente di divertimento che non va dimenticata. Altrimenti non duri.

Forse per questo oggi tanti faticano a tenere la motivazione?

Essendo sempre molto tirati, c’è una linea sottile su cui essere in equilibrio ed è molto facile cadere dall’altra parte. Poi risalire non è per niente facile. Il ciclismo non è per tutti, auguro a tutti una bella carriera. Ma adesso mi concentro su di me, so che ho tanto da dare e ho proprio voglia di farlo.