A Lugano quelli della Bardiani si erano ritirati tutti tranne Garosio. Giornata infernale per la squadra di Reverberi e per il resto del gruppo, dato che al traguardo nella corsa vinta da Moscon erano arrivati soltanto in 45. Per questo il mattino successivo, 28 giugno, uscendo in bici Zaccanti non aveva fatto che programmare la seconda parte della stagione. Immaginando un ritiro in altura, ad esempio, come quello fatto con Masnada alla vigilia del campionato italiano. Nell’ultimo periodo era riuscito a fare tre corse filate, novità assoluta per il suo calendario spelacchiato del 2021. Senza idea di quale sarebbe stata la gara successiva era arrivato a casa, trovando nella buca delle lettere una raccomandata. La mandava la Bardiani, la sua squadra. C’era scritto che lo licenziavano per mancanza di impegno e di risultati.
Un cazzotto nella pancia non gli avrebbe tolto il fiato allo stesso modo. Dopo una vita, gli stavano sfilando la bici di sotto, lasciandolo a 25 anni con una vita da reinventare. Filippo Zaccanti, scalatore. Passato alla Bardiani per la chiusura della Nippo-Fantini, in una fusione voluta dagli sponsor ma probabilmente mai accettata sino in fondo da Reverberi. Tre vittorie al secondo anno da professionista. Un Covid interminabile alla terza. Il licenziamento alla quarta.
Acerbo ma generoso
Non è detto che tutti meritino di passare professionisti e poi siano destinati ad avere una carriera gloriosa. Eppure alla Nippo-Fantini in cui ha trascorso i primi due anni di professionismo, Zaccanti era ben considerato. Nella sua relazione a Reverberi, Mario Manzoni, diesse del team giapponese poi passato alla Bardiani e a sua volta non confermato, espresse un parere favorevole.
«E’ un ragazzo che sa vincere – dice ora il tecnico bergamasco – e che all’occorrenza si è messo a disposizione della squadra. Un ragazzo certamente acerbo, anche perché al tempo aveva 23 anni, ma molto generoso. Però se li prendi così giovani, hai quasi l’obbligo morale di farli crescere, anziché alimentare il tritacarne che si è creato da qualche anno a questa parte. Credo se la Nippo non avesse chiuso, Filippo sarebbe stato confermato».
Magari, insomma, Zaccanti non sarebbe entrato nella storia dello sport, ma interrompere un contratto per cause da dimostrare e non previste è un’altra storia.
La vita nuova
Oggi Filippo lavora in un’azienda che realizza serrande e porte basculanti per garage. Si alza ogni mattina alle 6. Va al lavoro. Rientra per pranzo e mangia quello che la sua compagna Silvia gli fa trovare in tavola. Poi torna subito al lavoro e ci rimane fino alle 17,30 oppure oltre se c’è da fare qualche straordinario. Ma la porta non è chiusa e la ferita brucia ancora.
Come stai?
Sono stato fortunato a trovare lavoro. Mi sono sbattuto e alla fine non sono a spasso. Lavoro in provincia di Bergamo.
Come stai davvero?
Come sto… L’ho vissuta male, la vivo male ancora adesso anche se va un po’ meglio. Sono rimasto senza lavoro e senza la mia passione che era diventata un lavoro. E quando ho provato a chiamare Roberto Reverberi, non mi ha risposto.
Si poteva immaginare che finisse così?
Che non tirasse una grande aria lo avevo già visto l’anno scorso. Sono stato positivo al Covid e fra luglio e agosto sono rimasto da solo in casa, perché ho impiegato più di un mese per tornare negativo. La squadra nel frattempo ha fatto il suo ritiro e al rientro non avevo grandi sensazioni per la preparazione saltata. Così non ho finito le tre corse cui mi hanno mandato. Quest’anno la stessa cosa, in più mi rendevo conto che nelle riunioni prima delle corse non venivo proprio considerato. Io ho fatto il possibile, fisicamente stavo bene. Ma è dura che una squadra venga a cercarti se ti licenziano e non hai risultati.
Arrivavi dalla Nippo come Manzoni, forse quella fusione non ha mai funzionato…
Non ho mai pensato a questo, di sicuro non è finita bene. Alla Nippo c’era un ottimo ambiente, con i colleghi, lo staff e i direttori. Là c’era Manzoni, forse il miglior direttore sportivo che ho avuto, senza nulla togliere a Lanfranchi fra gli juniores e Valoti negli under 23. Uno di carattere, che non ha mai avuto problemi a dire quello che pensava.
Guardando il tuo calendario 2021, non hai fatto una grande attività.
Ho fatto una gara ogni due mesi. Sono andato anche al Circuito del Porto, che sarà pure una gara prestigiosa, ma resta una prova per dilettanti completamente piatta, quindi non adatta a me. Però sono stato zitto e ho lavorato per la squadra, con Lonardi che ha fatto terzo. Dopo il Porto, che era il 2 maggio, ho corso nuovamente al campionato italiano di fine giugno.
Nel frattempo ti sei allenato?
Io credo di aver fatto la mia parte. I dati che ho e che posso anche mostrare, perché sono su tutte le piattaforme, dicono che ho lavorato come deve fare un professionista. Ho preparato l’italiano al Livigno. D’inverno sono andato al caldo. Nella raccomandata si parla di mancanza di impegno e di risultati. Sull’impegno non sono d’accordo, i risultati sono mancati perché se non corri, non trovi la condizione e non hai la base. Il mio preparatore era in difficoltà: che cosa prepari se non sai dove correrai?
Sei mai stati richiamato prima perché non lavoravi abbastanza?
Sì alla fine dell’anno scorso. Poi abbiamo fatto gli esami del sangue e da vari controlli era emerso che non stavo bene e avevo un virus in corso.
Che cosa hanno detto i tuoi procuratori?
Sono con Carera e anche loro sono rimasti male. Addirittura è uscito un articolo in cui si diceva che io avessi rescisso il contratto volontariamente. Non so chi abbia messo in giro la voce.
Hai più preso la bici?
Il giorno dopo la lettera, i colleghi della zona mi chiamarono per andare ad allenarci e mi toccò spiegargli la cosa. Rimasero malissimo anche loro. All’inizio avevo voglia di allenarmi, ma quando sei stato abituato a considerare il ciclismo una cosa seria, che senso ha uscire senza un obiettivo? Invece la settimana scorsa ero in ferie dal lavoro, ho visto la bici e ho provato a prenderla. Ma ho fatto una fatica che non avrei mai immaginato…
In quattro anni hai mai visto tra i pro’ lo Zaccanti della Colpack?
Mai del tutto. Il primo anno è stato di ingresso. Al secondo, nonostante le fratture della clavicola e di una mano, ho vinto una tappa al Tour of Korea, poi un’altra tappa e la classifica al Tour of Hokkaido e la classifica della montagna al Tour of Japan, che per la squadra giapponese era importante. Il 2020 non lo posso considerare per il Covid, mentre quest’anno…
A casa come l’hanno presa?
Male la mia ragazza e male la mia famiglia. Ho investito tutta la vita su qualcosa che poi è finita così. Se mi licenziassero dalla ditta di adesso, sarei meno sorpreso. Quando fai il corridore è come se studiassi tutta la vita per avere uno sbocco. E io credo di aver fatto le cose a posto, ma lo sbocco non c’è più stato. E vi garantisco che al ciclismo ho dedicato tanto e per il ciclismo ho rinunciato a tanto…
Risponde Reverberi
Le campane vanno fatte suonare tutte e così abbiamo chiamato anche Roberto Reverberi, cogliendolo al Giro del Friuli. Domanda diretta: perché Zaccanti non è più con voi?
«Perché non finiva le corse – ha risposto – ragione per la quale era stato avvisato già l’anno precedente. Ha corso poco, ma quando è venuto a correre il problema non era che gli mancasse il ritmo, ma che si fermava davvero presto. E poi dalla lettura dei dati, si vede che non si allenava come avrebbe dovuto. E poi altri motivi che non è il caso di dire…».
Le posizioni sono chiaramente agli opposti. Della vicenda si occuperà probabilmente l’Uci: succede così quando un contratto viene rescisso in modo anomalo. Racconta Johnny Carera che Bruno Reverberi non ha voluto sentire ragioni. Nella stessa data, a fine giugno, la squadra ha licenziato anche Kevin Rivera che però ha trovato un accordo e sarebbe già a posto per la prossima stagione. A partire dal 2022 la Bardiani avrà al suo interno anche la squadra under 23 in cui confluiranno atleti juniores. Passare al professionismo non è come andare al parco giochi, la storia di Zaccanti ne è solo un esempio.