Uno che sperava di vincere, l’altro che lo ha sognato per settimane, forse mesi. Wout Van Aert ha pedalato verso l’arrivo della Freccia del Brabante restando alla ruota di Evenepoel. Remco ha corso come sempre, senza voltarsi e chiedendo solo una volta il cambio. Uno si è allenato minuziosamente rincorrendo (invano) la condizione perfetta, l’altro ha dovuto arrangiarsi appena gli hanno dato la possibilità di ripartire dopo l’incidente. Quando hanno iniziato la volata, le motivazioni erano per entrambi fortissime. Forse però nella mente di Van Aert c’era già il dubbio che gli ha impedito di sprintare come ha sempre saputo fare. O forse nelle sue gambe non c’è più quel che serve in situazioni simili. D’altra parte il percorso del Brabante strizza gli occhi agli scalatori.
«Certo che speravo di vincere – ha dichiarato Wout subito dopo la sconfitta – soprattutto in questa situazione, con la corsa che si sarebbe risolta con una volata a due. Ma non mi era rimasto più niente. Nell’ultima ora Remco mi ha lentamente sfinito, è stato già duro resistere nell’ultimo giro del percorso.
«E’ incredibile – ha dichiarato Evenepoel dopo la vittoria – pensavo di non avere molte possibilità contro Wout allo sprint. E’ uno che ha vinto volate di gruppo, ma è stata una gara dura e negli ultimi anni sono diventato un po’ più esplosivo anche io».
Van Aert ha ammesso che l’azione di Evenepoel lo ha sfinitoVan Aert ha ammesso che l’azione di Evenepoel lo ha sfinito
Lo sprint di Remco
Il rompicapo è lungi dall’aver trovato una soluzione. Che cosa sta succedendo a Van Aert? Evenepoel ha ragione: allo stesso modo in cui si pensava che avrebbe fatto un sol boccone di Powless alla Dwars door Vlaanderen, il finale della Freccia del Brabante sembrava scritto perché Wout cogliesse finalmente la vittoria che gli manca dal 27 agosto, dalla decima tappa della Vuelta.
«Mi sentivo bene – ha detto Van Aert – e ho contribuito a far esplodere la corsa. Sono rimasto scioccato dal fatto che ci sia stata una selezione così rapida. Per me sarebbe stato meglio se in finale ci fossero stati più corridori, perché non è stato un gran regalo restare a ruota di Remco. Speravo che dopo l’ultima salita calasse un po’ il ritmo, in modo da poter fare uno sprint esplosivo, ma lui ha tirato dritto. Nell’ultimo giro avevo già capito che fosse lui il più forte e lo ha dimostrato in volata».
«Avevo previsto questo scenario – ha detto Evenepoel – ma mi sono comunque sorpreso. Sapevo di stare bene, ma vincere al rientro non è facile. Ho dovuto impegnarmi a fondo. Durante gli allenamenti il mio cardiofrequenzimetro a volte arrivava a 190 battiti, ma oggi è andato verso i 200».
La vittoria di Remco al rientro ha avuto del prodigiosoLa vittoria di Remco al rientro ha avuto del prodigioso
Lo sprint di Wout
Fra i due non è mai corso buon sangue. Dopo la vittoria di Evenepoel ai mondiali di Wollongong, Van Aert fece una gran fatica a complimentarsi con lui. Wout sembrava il predestinato, il solo e vero avversario di Van der Poel. Il gigante capace di vincere le volate e le crono, poi di tirare in salita come i migliori scalatori. La Jumbo-Visma di quegli anni era una squadra prodigiosa, poi qualcosa si è inceppato. Andate a rileggere i nomi di quelli che c’erano ai Tour del 2022 e del 2023.
«Non sono troppo deluso – ha detto Van Aert – ma come ho detto, puntavamo a qualcosa di più. Per come si era messa, speravo di batterlo in volata, ma a quanto pare non ho più uno sprint. Vorrei anche una risposta alla domanda sul perché sia accaduto. Non abbiamo lavorato in modo diverso, ma è qualcosa che dobbiamo valutare. Non ho idea del motivo. L’unica spiegazione che vedo per oggi è che ho sofferto negli ultimi chilometri ed ero già oltre il limite quando lo sprint è iniziato».
Una spiegazione andrà cercata. Non è possibile che “quel” Van Aert sia sparito nei meandri di una preparazione sempre più cervellotica e in conflitto con il suo essere un uomo per le battaglie. Ha dovuto arrendersi a Van der Poel, così come a Pogacar e Pedersen. E’ stato battuto in volata da Powless e ora da Evenepoel. Il prossimo esame sarà l’Amstel di domani, poi il focus si sposterà sul Giro d’Italia. Ma quale sarà per allora lo scopo di questo immenso campione che ha smesso di trovare la strada?
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«Sto bene. Certamente meglio del 6 aprile». Elisa Longo Borghini parla dal lettino dei massaggi. Domani (oggi, ndr) tornerà in gruppo alla Freccia del Brabante. Non ne poteva più di aspettare, vista la fantastica condizione con cui è arrivata al Nord. E alla fine, seguito alla lettera il protocollo per la commozione cerebrale, ha convinto la squadra a tornare in gara. Sono passati 12 giorni dalla caduta. Un altro ritorno importante, al pari di Remco Evenepoel, sia pure con una storia diversa.
Il 6 aprile, in corsa per vincere il Fiandre, dopo soli 35 chilometri, la campionessa italiana è caduta. Vederla immobile per terra è durato un secolo: una di quelle scene da scacciare presto dagli occhi. Poi si è rialzata. Si è scossa la polvere di dosso ed è salita in bici. C’era con lei Silvia Persico e probabilmente anche lei non vede l’ora di dimenticare. Perché dopo un breve tratto di strada, Elisa si è fermata ed è salita in ammiraglia.
«In realtà ricordo poco o niente – sussurra – cose che sono tornate a galla durante la settimana successiva. Ricordo di aver frenato, la ruota davanti è scivolata sul ghiaino del ciglio della strada, sono caduta e ho battuto la testa sul cordolo. Ricordo che mi hanno passato la bici di scorta. So che c’era con me Silvia, poi più nulla».
La Dwars door Vlaandern ha detto che in salita era lei la più forte: da qui la frustrazione di aver… saltato il FiandreLa Dwars door Vlaandern ha detto che in salita era lei la più forte: da qui la frustrazione di aver… saltato il Fiandre
Due giorni in Belgio
L’ospedale di Gand. Gli esami neurologici e la diagnosi di concussion hanno fatto scattare il protocollo UCI sotto la supervisione di Nele Beeckmans, responsabile medico del UAE Team Adq. Da lì tutto si è svolto secondo uno schema che la piemontese ha potuto solo accettare e applicare, sperando di lasciarsi presto tutto alle spalle.
«E’ difficile da spiegare – ragiona – all’inizio ero piuttosto confusa, non ricordo molto. L’indomani ero abbastanza abbattuta, perché sentivo che fisicamente stavo bene. Sono rimasta per due giorni in Belgio: uno in ospedale e uno in una camera di hotel presa dalla squadra, in cui finalmente ho potuto riposare e ho iniziato a riprendermi. Non mi preoccupavo più di tanto, ma quando sono arrivata a casa, ho iniziato a pensare e non erano pensieri troppo positivi».
La ripresa degli allenamenti di Longo Borghini a casa è stata graduale: prima sui rulli e poi su strada (immagine Instagram)La ripresa degli allenamenti di Longo Borghini a casa è stata graduale: prima sui rulli e poi su strada (immagine Instagram)
Il mercoledi sui rulli
Aveva vinto la Dwars door Vlaanderen, staccandole tutte di ruota. Visto l’esito del Fiandre, in cui nessuna è riuscita a fare la differenza sul Qwaremont, consentendo a una incredula Kopecky di vincerlo in volata, la frustrazione è cresciuta. Nello scambio di messaggi di quei giorni si coglieva la fatica di restare ferma, mentre il suo mondo andava avanti. Non avrebbe dovuto fare la Roubaix, ma l’esito del Fiandre ha avuto per giorni il senso della beffa.
«Ho seguito il protocollo, d’intesa con la dottoressa della squadra – racconta Elisa, nuovamente allegra – finché il mercoledì ho ricominciato con 45 minuti di rulli. Giovedì ho fatto un’ora e un’ora. Venerdì ho fatto tre ore su strada e ho dovuto fornire dei feedback sui cambi di luce e la risposta alla velocità. Sabato ho fatto tre ore e mezza e ho incontrato anche Sobrero. Nella ripresa non ho avuto problemi, ma è stata graduale. Se picchi la testa, serve attenzione. E’ un problema più subdolo, non te ne accorgi. Gli esami rilevano eventuali sanguinamenti, ma non dicono come reagisce il cervello, per cui non avrebbe senso ripartire con la fretta di tornare. Per fortuna quando la condizione è buona, con due giorni di pausa non perdi molto».
Il ritorno in gara alla Freccia del Brabante è stato concordato con il preparatore Slongo e il medico del UAE Team AdqIl ritorno in gara alla Freccia del Brabante è stato concordato con il preparatore Slongo e il medico del UAE Team Adq
Test al Brabante
E’ stato suo marito a capire che fosse prossimo il momento del rientro. Al momento della caduta, Jacopo Mosca era in ritiro a Sierra Nevada e mentre risaliva verso il monte ha iniziato a ricevere un quantitativo sospetto di messaggi, diventando il tramite fra il mondo esterno e l’ospedale di Gand.
«Quando ho iniziato nuovamente a lamentarmi di tutto – sorride adesso Longo Borghini – Jacopo ha capito che fossi ormai pronta per tornare. Se scivoli a 50 all’ora e ti gratti tutta, fa male, ma puoi anche ripartire e andare avanti conciata come sei. Con la testa invece non si scherza. Coi giorni però, uscendo su strada, mi sono accorta di stare bene e ho cominciato a spingere. Così ho parlato con Slongo (il suo allenatore, ndr) e Slongo ha parlato con la squadra, facendo l’ipotesi di rientrare alla Freccia del Brabante. La dottoressa ha dato il suo okay, perciò eccomi qua. Non ho grandi attese, se non capire come sto. Non per il risultato e nemmeno per la squadra, sarò focalizzata soltanto su me stessa, per fare il punto in vista delle Ardenne e del seguito della stagione. L’unico modo per saperlo è provarci. Per cui per altri aggiornamenti, bisognerà aspettare che finisca la corsa».
Lo scorso anno, la Freccia del Brabante fu un’altra perla di Longo Borghini dopo la vittoria del FiandreLo scorso anno, la Freccia del Brabante fu un’altra perla di Longo Borghini dopo la vittoria del Fiandre
La Freccia del Brabante Women partirà stamattina alle 11,25 dalla piazza del mercato di Lennik e si concluderà attorno alle 14,35 e 125,7 chilometri a Overijse. Lo scorso anno vinse proprio lei, dieci giorni dopo aver vinto il Fiandre, staccando di 41 secondi Demi Vollering. Ci sono tutti i parametri per poter dare la miglior valutazione di se stessa. Ovviamente Elisa morde il freno, non è fatta per essere malata. Nulla esclude che possa nuovamente giocarsela, però mai come questa volta la prudenza è d’obbligo.
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Ed eccolo l’ultimo grande di questo 2025 che mancava all’appello: Remco Evenepoel. Oggi tornerà finalmente in gara alla Freccia del Brabante, la corsa che più di tutte lo rappresenta. Un po’ fiamminga, un po’ vallone. Una gara che parla a tutto il Belgio e che tocca i luoghi del cuore del campione della Soudal-Quick Step.
«Domani passo ad un chilometro da casa mia e ad un chilometro dalla casa dei miei nonni», ha detto ieri, facendo subito capire quanto questo rientro non sia solo una questione sportiva, ma anche emotiva. Dopo sei mesi lontano dalle corse, il Remco che si presenta al via non è quello esplosivo che conosciamo, ma un atleta che ha vissuto un lungo travaglio fisico ed emotivo. E che sembra uscirne più maturo.
A dicembre, lo ricordiamo, una caduta in allenamento ha messo tutto in bilico: la preparazione per il Tour, i sogni, la stagione delle classiche e forse anche il futuro del Remco corridore. Ed è lì che il ragazzo di Schepdaal ha dovuto scavare dentro di sé per ritrovare motivazione, forza e obiettivi. Adesso riparte dalla gara di casa. E il modo in cui ne parla dice molto su dove voglia di nuovo arrivare.
Remco è tornato ad allenarsi per bene solo a metà febbraio (foto Instagram)Remco è tornato ad allenarsi per bene solo a metà febbraio (foto Instagram)
Com’è stato affrontare questi mesi lontano dalle corse?
E’ stato il periodo più difficile della mia carriera. Non tanto fisicamente, ma mentalmente. Dopo l’incidente ho passato sei settimane completamente fermo, senza nemmeno poter pedalare sui rulli. Vedevo gli altri correre e allenarsi e io invece dovevo imparare di nuovo a muovere una spalla. Ho avuto paura. Paura di non tornare, paura di dover rivedere i miei obiettivi. Quando sei costretto a stare fermo, ti senti impotente. All’inizio è come se il mondo andasse avanti senza di te.
E’ vero che hai pensato anche di smettere?
Sì, per qualche giorno è stato così. Non perché non volessi più correre, ma perché non sapevo se avrei potuto farlo ancora ad alto livello. Il danno alla spalla era serio: legamenti compromessi, lesione nervosa. Ho iniziato a chiedermi: vale davvero la pena continuare? Poi è scattato qualcosa. Il supporto di mia moglie, della mia famiglia, della squadra. Ho capito che non era finita. Che avevo ancora molto da dare.
Come va con la spalla?
Meglio, anche se non è ancora al 100 per cento. La lesione al nervo ha lasciato qualche strascico. C’è un muscolo che non risponde come prima, ma per fortuna non è uno di quelli fondamentali per pedalare. Uso un tape speciale che aiuta a stabilizzarla, soprattutto quando sono in fuorisella o nelle fasi più concitate. Abbiamo fatto tanti test e finora ha funzionato. Domani sarà un banco di prova vero.
E’ vero, come si dice, che la fede ti ha aiutato in questo percorso?
Moltissimo. E’ una parte della mia vita che ho riscoperto da poco, insieme a Oumi (la moglie, ndr). Non l’avevo mai raccontato pubblicamente, ma la spiritualità oggi ha un ruolo importante per me. Mi aiuta a restare centrato, a non farmi travolgere dalla pressione. Pregare mi ha dato forza nei momenti in cui tutto sembrava buio. E mi aiuta anche ora, a vivere ogni giorno con più autenticità.
La sua ultima gara risale al 12 ottobre scorso, il Giro di Lombardia. Da domani sarà alla Freccia del BrabanteLa sua ultima gara risale al 12 ottobre scorso, il Giro di Lombardia. Da domani sarà alla Freccia del Brabante
A che punto sei della preparazione?
Direi che sono a circa il 75-80 per cento. Dopo il via libera dei medici ho ripreso gradualmente: prima i rulli, poi qualche uscita tranquilla, infine il ritiro in Spagna a Sierra Nevada con la squadra. Lì qualcosa è cambiato. Ho potuto lavorare meglio su fondo e intensità. Non ho fatto test ufficiali, ma le sensazioni sono buone. Sento che la gamba c’è, anche se manca ancora qualcosa per essere al livello dei migliori. Questa settimana servirà per capire dove sono davvero.
Cosa ti aspetti dalla Freccia del Brabante?
Innanzitutto emozione. Questa gara passa vicino a casa mia, è quella che vedevo da ragazzino a bordo strada. Quando correrò domani, ogni curva mi ricorderà qualcosa. Spero che le gambe girino, ma non parto con l’ossessione del risultato. Voglio sentire il ritmo gara, vedere come reagisce il corpo. Se starò bene, potrei anche provare qualcosa, ma l’obiettivo vero è la Liegi.
Quali sono i prossimi passi?
Dopo la Freccia farò l’Amstel Gold Race e poi la Liegi-Bastogne-Liegi. E’ una corsa che sento mia, che ho già vinto e dove mi piacerebbe tornare protagonista. Tutto dipenderà da come reagirà il fisico nei prossimi giorni. Poi valuteremo con il team se fare Romandia, ma questo è già in ottica Tour.
Hai seguito le classiche in TV? Cosa pensi delle prestazioni di Pogacar e Van der Poel?
Certo che le ho seguite! Pogacar alla Roubaix è stato impressionante. Mi ha colpito soprattutto il modo in cui ha gestito la corsa. Non sembrava uno alla prima partecipazione, sembrava uno che l’ha fatta per dieci anni. E Van der Poel… che dire? Non ha sbagliato nulla. La sua primavera è da manuale. Quando vedi certi numeri, certi attacchi, capisci che il ciclismo oggi è a un livello incredibile. Per me è anche uno stimolo. Sapere che là davanti ci sono questi mostri mi motiva a lavorare più duro.
Evenepoel ha ringraziato la squadra, gli amici e sua moglie Oumaima Rayane (in foto) per il supporto psicologico che gli hanno dato in questo periodoEvenepoel ha ringraziato la squadra, gli amici e sua moglie Oumaima Rayane (in foto) per il supporto psicologico che gli hanno dato in questo periodo
C’è un po’ di invidia nel vederli così dominanti?
No, non invidia. Ammirazione. Sono contento quando vedo altri corridori fare cose straordinarie. E mi chiedo: cosa posso imparare da loro? Pogacar è un esempio di completezza, Van der Poel di aggressività. Io cerco di costruirmi il mio stile, ma studiare i grandi fa sempre bene. Se poi un giorno riuscirò a batterli, sarà ancora più bello.
Hai avuto paura che questo stop rovinasse la stagione?
Sì, soprattutto nei primi giorni. Quando salta la preparazione invernale, ti senti perso. Ma ora penso che le cose succedano per un motivo. Magari avevo bisogno di fermarmi, di ricalibrare le energie. Ora mi sento più lucido, più motivato. Se riuscirò a salvare bene la primavera e arrivare al Tour in forma, potrei anche considerarlo un anno di crescita.
E i tifosi? Ti sono mancati?
Tantissimo. In questi mesi ho ricevuto migliaia di messaggi. Persone che mi dicevano di non mollare, di tornare presto. Alcuni bambini mi mandavano disegni con scritto “Forza Remco”. Quando sei a casa, infortunato, questi gesti ti commuovono. Ti ricordano perché fai questo sport. Spero domani di sentire tutto il calore del Belgio. Sarebbe il miglior segnale per dire: sono tornato.
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Da Roubaix a Leuven ci sono 150 chilometri, ma per tutti i corridori che hanno corso sul pavé e oggi partono per la Freccia del Brabante sono molti di più. Ne abbiamo parlato con Andrea Pasqualon, migliore degli italiani nel velodromo francese. Se è vero che la Roubaix ti resta addosso per giorni, come ci si rimette in sesto per ripartire?
«La Roubaix è una corsa davvero dura – spiega il corridore della Bahrain Victorious – penso la più dura delle classiche, per cui arrivare cinquantesimo è un piacere. Vuol dire che a 36 anni sono stato competitivo in mezzo a ragazzi di 20: 15 anni meno di me. Sono ancora competitivo e questo mi fa solamente piacere. In più alla Roubaix ci sono tanti inconvenienti possibili e questa è stata un’edizione particolare…».
Quasi 10 chilometri con le come a terra: così la Roaubaix di Pasqualon ha cambiato faccia (@charlylopez)Quasi 10 chilometri con le come a terra: così la Roaubaix di Pasqualon ha cambiato faccia (@charlylopez)
In che modo?
Proprio ieri sera stavo parlando di questo con i miei compagni. Una volta di solito la Roubaix iniziava da Arenberg, quasi mai prima. Invece questa volta la corsa è esplosa subito e al secondo settore di pavé eravamo sparpagliati in vari gruppetti. D’altra parte, quando si corre con atleti di classe come Mathieu Van der Poel o Van Aert o Pogacar, che hanno veramente una o due marce più di tutti noi, possono crearsi scenari come quello di domenica. Per noi che abbiamo un motore più piccolo, è difficile reggere il passo.
Quand’è così si allargano le braccia o si pensa al modo di tirare fuori qualcosa di più dal proprio motore?
Cosa dire… Se le gambe arrivano fino lì, non hai da inventarti tante cose. Questi ragazzi stanno in gruppo con la sigaretta in bocca rispetto a noi. E’ brutto da dire, ma è la verità. Quando ci si affianca a loro, si capisce che hanno una zona o anche due di differenza. Quando noi siamo al medio, loro sono al lento. Quando uno attacca a 60 chilometri e arriva con 3 minuti di vantaggio, poi ha il tempo di guardare gli altri che fanno la volata per il secondo posto, vuol dire proprio essere di un altro livello.
Finché sono 3-4 del loro livello, c’è un po’ di confronto. Quando sono da soli la differenza sembra anche maggiore, no?
Sì, fanno sembrare tutto molto facile. Ieri ho guardato la corsa in televisione, perché domenica ero dietro e non avevo visto niente. E guardandola, mi sono detto: «Cavolo, ma quanto riesce a spingere questo sul pavé?». Sembra che sia tutto molto facile, ma in realtà di facile non c’è niente. Noi che l’abbiamo corsa sappiamo quanto sia faticoso uscire dalla Foresta di Arenberg, dal Carrefour de l’Arbre o da Mont Saint Pevele. Invece Van der Poel riesce ad andare a 60 all’ora sul pavé, vuol dire che Madre Natura gli ha donato qualcosa che a noi non ha dato.
Per quanto tempo ti rimane addosso una Roubaix così faticosa?
Domenica sera non stavo male, lunedì ero un po’ dolorante. Martedì invece ero ancora malconcio, più che altro perché ci vogliono due o tre giorni per recuperare davvero. Alla fine è stata una Roubaix devastante, corsa a una media mostruosa. Siamo partiti a tutta e siamo arrivati a tutta. E’ vero che i materiali hanno inciso tanto, ma penso che la vera differenza l’abbiano fatta corridori come Mathieu e la sua squadra. I ragazzi della Alpecin sono andati veramente fortissimo. Vermeersch è arrivato sesto, nonostante il lavoro che ha fatto: secondo me è andato più forte di Mathieu.
Questo è il momento di cui parla Pasqualon: cambia entrambe le ruote, passando da 35 a 28 (@charlylopez)I corridori del Team Bahrain Victorious infatti erano partiti con tubeless da 35Questo è il momento di cui parla Pasqualon: cambia entrambe le ruote, passando da 35 a 28 (@charlylopez)I corridori del Team Bahrain Victorious infatti erano partiti con tubeless da 35
In che modo hai passato i due giorni fra la Roubaix e il Brabante? Gambe per aria e riposo assoluto?
No, assolutamente. Si fanno delle uscite di un’ora e mezza, al massimo due, in tranquillità. Si fanno girare le gambe, perché il riposo totale non ci fa bene. Magari si può fare lontano dalle corse, ma durante la stagione non è il massimo. Quindi si fa una sgambata per far circolare il sangue ed eliminare le tossine di una corsa lunga come domenica. Poi si fanno i massaggi e il trattamento con l’osteopata, la routine più o meno è questa.
Il primo massaggio l’hai fatto la sera della Roubaix oppure hai aspettato il giorno dopo?
No, ho aspettato lunedì ed è stato un massaggio davvero pesante. Si sentiva (ride, ndr) che c’era ancora qualche… pietra all’interno dei miei muscoli! E’ stato un massaggio profondo, perché bisogna eliminare veramente le tossine e soprattutto le aderenze. Non scherzo quando dico che è una corsa massacrante. Parliamo di schiena, braccia e mani. Ho le mani ancora gonfie per i colpi della Roubaix, anche perché ci si è messa anche la sfortuna…
In che modo?
Ho forato e ho avuto la sfortuna che la seconda ammiraglia non fosse vicino a me. Perciò sono andato avanti per parecchi chilometri con le ruote bucate. Poi ho trovato dei massaggiatori e le ho cambiate entrambe. Però non avevano le gomme da 35 millimetri con cui ero partito e me ne hanno passate due da 28, gonfiate anche abbastanza alte. A correre la Roubaix con i 28, mi è sembrato di tornare indietro di 10 anni, però alla fine sono arrivato ugualmente nel velodromo.
Si riparte dopo il cambio delle ruote, la Roubaix è ancora lunga (@charlylopez)Si riparte dopo il cambio delle ruote, la Roubaix è ancora lunga (@charlylopez)
Con quelle gomme, la bici e la guida cambiano completamente?
Cambia tutto. Ognuno ha la pressione con cui si trova bene in base al proprio peso. Tutte le marche hanno dei parametri per trovare la giusta pressione e posso assicurarvi che anche 0,1-0,2 bar di differenza possono veramente cambiare tantissimo sul pavé. Per questo, in base alle ruote e al tubeless che si usa, cambiano anche le pressioni. Per questo motivo avevamo optato per un 35, perché abbiamo visto che c’è una grandissima differenza sul pavé, anche se sull’asfalto si ha la sensazione che la bici scorra di meno.
Come è andata a livello di vibrazioni con quelle ruote sottili?
Le vibrazioni sono il vero problema. Proprio per evitare di riceverne troppe, alcuni hanno usato ugualmente il manubrio aerodinamico in carbonio, mentre tanti hanno optato per quelli più classici. Magari in alluminio o anche in carbonio, ma comunque tondi per avere meno vibrazioni nelle braccia. Qualcuno ha utilizzato il doppio nastro, chi il gel all’interno del nastro stesso. Io ho utilizzato dei guantini fatti da Prologo per il pavé e alla fine ne sono uscito senza neanche una vescica e questo fa la differenza. Se succede che a 50-60 chilometri dall’arrivo sei pieno di vesciche, diventa difficile anche guidare la bici.
Dal punto di vista dell’alimentazione, come hai recuperato le forze?
La sera si cerca sempre di reintegrare i carboidrati. Lunedì invece siamo stati abbastanza leggeri, mentre martedì abbiamo iniziato a integrare i carboidrati, in modo di averli per la gara. L’integrazione dei carboidrati inizia dalla colazione del giorno prima e prosegue con pranzo e cena. Il giorno prima si fanno le basi per avere la giuste quantità di carboidrati il giorno seguente. Con gli studi degli ultimi anni, si è visto che è meglio fare il carico di carboidrati dal giorno prima della gara.
Pasqualon ha concluso la Roubail al 50° posto, primo degli italiani (@charlylopez)Pasqualon ha concluso la Roubail al 50° posto, primo degli italiani (@charlylopez)
A livello di sensazioni, secondo te nei primi chilometri di corsa della Freccia del Brabante sentirai ancora la Roubaix nelle gambe?
Può essere che nella prima ora senta un po’ di affaticamento, però confido che poi tutto vada a diminuire fino a sbloccarsi, come diciamo fra corridori. E comunque è sempre meglio partire bloccati e finire la corsa in gran forma che partire bene e spegnersi nel finale.
Dopo il Brabante tiri una riga o continui?
La Freccia del Brabante è l’ultima corsa di questo inizio di stagione, poi andrò direttamente ad Andorra e farò due settimane e mezzo di altura per preparare proprio il Giro d’Italia. Sarà una corsa importante per la squadra e io avrò da fare soprattutto per aiutare il nostro velocista Bauhaus. Essendo il suo ultimo uomo, dovrò recuperare e risparmiare un po’ di forze per il Giro d’Italia. Perciò che altro dire? Ci vediamo a Torino…
Dopo due anni Filippo Ganna torna a cimentarsi con Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix. Come ha preparato questi due appuntamenti? Ne abbiamo parlato con Dario Cioni
Tirare troppo la corda, anche quando si arriva da un buon periodo, rischia di produrre un effetto boomerang sugli impegni successivi. Il ciclismo attuale non regala nulla a nessuno e se si vuole restare in scia ai treni più veloci, ogni tanto si deve scendere a qualche compromesso. Se n’è accorta Silvia Persico che non ha mai mancato di dirci quanto fosse arrivata stanca oltremodo a fine stagione.
La bergamasca del UAE Team ADQ si è divisa tra club e nazionale, tra ciclocross, strada e gravel indossando sempre le vesti da leader. La sua generosità l’ha portata a vincere e cogliere piazzamenti di rilievo, ma anche a chiudere il 2023 con l’esigenza di dover ricaricare le batterie psicofisiche in maniera totale per poter iniziare la prossima annata al meglio, grazie anche a nuove figure. Persico è in una fase invernale inedita, nella quale dovrà rinunciare a qualcosa. Tutto finalizzato per stare più spesso assieme alle big con cui ha dimostrato di saper duellare. L’abbiamo sentita per conoscere quali sono i suoi programmi.
Magnaldi e Persico alla presentazione dei due Tour. Uno dei tanti impegni istituzionali cui partecipare (foto UAE Team ADQ)Magnaldi e Persico alla presentazione dei due Tour. Uno dei tanti impegni istituzionali cui partecipare (foto UAE Team ADQ)
Silvia come stai trascorrendo questo periodo di off-season?
Con molta più calma rispetto agli anni precedenti anche se non sono mancati gli impegni istituzionali. Sono stata al bootcamp della squadra ad Abu Dhabi, poi a Parigi per la presentazione del Tour, infine ho fatto un po’ di vacanze tra Spagna e Malta. Ho ricominciato da poco più di una settimana con palestra, qualche pedalata e corsetta a piedi. Mi ci voleva proprio uno stacco di un mese senza bici.
Praticamente non ti era mai successo prima.
Esatto, ho sempre fatto un breve periodo di riposo e ricominciavo col ciclocross. Bisogna dire però che fino a due anni fa era una attività meno intensa di quella di adesso, anche se io ho sempre dato il massimo. Però quest’anno all’inizio ho fatto molta fatica e ad un certo punto non vedevo l’ora che finisse il 2023 perché ero molto stanca. Mi sono portata addosso un accumulo di stress iniziato lo scorso dicembre.
Nel ritiro di ottobre negli Emirati, Persico ha avuto un’indicazione di calendario per il 2024 (foto UAE Team ADQ)Il bootcamp è il classico appuntamento di fine stagione dove si presentano anche le nuove arrivate (foto UAE Team ADQ)Nel ritiro di ottobre negli Emirati, Persico ha avuto un’indicazione di calendario per il 2024 (foto UAE Team ADQ)Il bootcamp è il classico appuntamento di fine stagione dove si presentano anche le nuove arrivate (foto UAE Team ADQ)
Non hai pensato che potevi chiudere in anticipo la stagione o mollare un po’ in qualche occasione?
Sì, avrei potuto, ma non è nella mia indole. Quando mi prendo un impegno, voglio sempre dare il massimo. Adesso mi rendo conto che la mia stagione è stata condizionata da questo. A fine gennaio al mondiale di ciclocross (dove ha chiuso quarta, ndr) stavo bene, ma subito dopo no. C’era il UAE Tour, la corsa di casa per la nostra squadra, e ho voluto accelerare i tempi per riprendermi. Sforzo che ho pagato dopo anche se laggiù ho chiuso terza nella generale. E’ stata un’annata strana, fatta di alti e bassi.
Ti aspettavi di più?
Onestamente sì, visto che venivo da un bel 2022. I risultati non mi sono mancati, ma non mi sentivo soddisfatta. Ho fatto un periodo nelle classiche col quarto posto al Fiandre e la vittoria alla Freccia del Brabante, però avvertivo un principio di stanchezza. Infatti le Ardenne le ho sofferte un po’ di più e alla Vuelta ho chiesto di non essere la leader. In estate sì, mi aspettavo di fare qualcosa in più, anche se sono molto contenta, ad esempio, di aver aiutato Erica al Giro Donne a curare la classifica (Magnaldi chiuderà quinta e Persico ottava, ndr). L’Italiano perso al fotofinish brucia, ma so che ci può stare. Ad agosto invece ero saltata di testa, mentre a settembre ho recuperato un po’ per gli ultimi appuntamenti (quinta al Romandia e all’europeo, ndr). Ho chiuso col mondiale gravel con lo spirito di divertirmi (finirà comunque seconda, ndr).
Quest’anno Persico ha pagato gli sforzi invernali legati al cross. Per fare un buon 2024 su strada li salterà (foto Leon Verbraecken)Persico nel 2024 lavorerà con un nuovo preparatore e proseguirà il percorso iniziato con una mental coach (foto UAE Team ADQ)Quest’anno Persico ha pagato gli sforzi invernali legati al cross. Per fare un buon 2024 su strada li salterà (foto Leon Verbraecken)Persico nel 2024 lavorerà con un nuovo preparatore e proseguirà il percorso iniziato con una mental coach (foto UAE Team ADQ)
Nonostante tutto, hai ottenuto una vittoria e quattordici top five dimostrando che sei sempre stata davanti. Qual è la ricetta per trasformare quei piazzamenti in qualcosa di più?
Ci sono tanti dettagli che si possono migliorare. Devo prendere spunto dagli errori di quest’anno per evitare di commetterli ancora. Credo che fare un inverno più tranquillo possa tornarmi utile in termine di energie totali. Il cross al momento non rientra nei miei programmi. Sicuramente so che c’è da lavorare tanto e incrementare le ore di allenamento, curando maggiormente alimentazione e stretching. C’è anche un aspetto psicologico. Ad agosto ho iniziato un percorso con Manuela Ansaldo, una mental coach di Roma, per lavorare principalmente sulla Silvia persona prima della Persico atleta. E poi ho cambiato coach.
Racconta pure.
Quest’anno la squadra ha deciso che noi ragazze non potevamo essere più seguite da chi era anche diesse. Quindi dopo otto anni non mi allenerà più “Capo” (Davide Arzeni, ndr) e mi spiace perché era stato lui a non farmi smettere di correre tanto tempo fa. In compenso però conosco già il nuovo preparatore, Luca Zenti, che era nel nostro staff e con cui avevo lavorato per un periodo ristretto. Mi ha già dato tabelle interessanti anche nella corsa a piedi, che è quella che mi aiuta più di tutte a rilassarmi e scaricare tutto. Credo che sia giusto cambiare ogni tanto, perché può essere tanto stimolante.
Persico esulta ed SD Worx battuta. La Freccia del Brabante è sua grazie a sangue freddo e volata di rimonta.Persico esulta ed SD Worx battuta. La Freccia del Brabante è sua grazie a sangue freddo e volata di rimonta.
Quali sono gli obiettivi della nuova Silvia Persico per l’anno prossimo?
Quello principale è guadagnarsi un posto per le Olimpiadi, poi fare un calendario più mirato. Più Fiandre che Ardenne, quantomeno per fare risultato. Vedremo come sarà il Giro d’Italia Women ma so già che vorrei correre il Tour Femmes per puntare alle tappe, perché sarà quasi impossibile per me fare classifica visto il percorso. Poi vorrei fare anche quelle gare di livello inferiore per staccare un po’ mentalmente. Sicuramente quest’anno la SD-Worx aveva una marcia in più, però per ridurre il gap con loro bisogna fermarsi, rifiatare e non farsi prendere dalla foga. Al Brabante l’ho fatto ed è andata bene. Il punto di partenza è quello.
La caduta dell'omnium fa ancora male all'anima. Così Elisa Balsamo si butta sulla strada per superare quei ricordi e mette nel mirino i mondiali su strada
Dopo la trasferta in Olanda con le juniores, Marta Bastianelli ha seguito anche il Liberazione assieme al cittì Sangalli. Come va nei panni del tecnico?
«L’anno scorso sono finito nella famosa caduta della Liegi con Alaphilippe – racconta Godon, dopo aver vinto la Freccia del Brabante – e mi sono rotto la clavicola. Ho dovuto operarmi e poi, prima del Tour, ho preso un virus. Per due mesi non sono riuscito a respirare. Dovevo andare alla Vuelta per vincere una tappa, ma ho fatto un tampone ad Amsterdam mentre andavamo alla partenza di Utrecht e avevo il Covid. Ho chiuso la pagina e mi sono rassegnato…».
La vittoria alla Freccia del Brabante è stata la prima per Godon fuori dalla FranciaLa vittoria alla Freccia del Brabante è stata la prima per Godon fuori dalla Francia
Alle spalle dei fenomeni
La nuova stagione ha portato qualche interessante piazzamento fra il Tour Down Under e il Catalunya, fino alla vittoria nell’ultima classica dei muri, fase di raccordo fra quelle fiamminghe e la settimana delle Ardenne che si aprirà domani con l’Amstel Gold Race. Certo il Brabante non è il Fiandre e nemmeno la Roubaix, perciò quando fra 50 anni il francese di Lione, 1,90 per 73 chili, siederà davanti al camino per racontarla ai nipoti, dovrà fare una bella premessa.
Nel momento in cui le grandi classiche sono appannaggio di pochissimi fenomeni, anche nelle più piccole si muovono campioni come Laporte e Philipsen, Hayter e De Lie che sono capaci di fare razzie. Per questo la vittoria di Overijse assume per il corridore della Ag2R-Citroen un’importanza non banale. Per lui e la sua squadra.
Healy ha portato in Belgio la buona condizione mostrata in Italia fra Coppi e Bartali e LarcianoHealy ha portato in Belgio la buona condizione mostrata in Italia fra Coppi e Bartali e Larciano
La pioggia e la rabbia
A Overijse mercoledì ha piovuto e fatto freddo per tutto il tempo. Il gruppo si era radunato a Louvain, indimenticata sede dei mondiali delle Fiandre, che per buona parte del circuito lungo fuori città avevano percorso proprio i muri della Freccia del Brabante.
«Quelle condizioni di pioggia e freddo – ha raccontato Godon – mi stanno sempre bene. Volevo attaccare, essere davanti. E’ il ciclismo che amo e che spesso mi riesce meglio. Sono uscito a una cinquantina di chilometri dal traguardo e alla fine mi sono ritrovato con Ben Healy, che in questo periodo va molto forte. Ma a me non piace essere secondo, questa volta meno che mai. Ero fiducioso nella mia esplosività in volata, negli sprint a due di solito me la cavo. E il fatto che Healy alla fine non abbia collaborato mi ha fatto arrabbiare ancora di più».
Il forcing di Godon ha piegato l’irlandese della Ef Education, poi battuto allo sprintIl forcing di Godon ha piegato l’irlandese della Ef Education, poi battuto allo sprint
Un cavallo pazzo
Le sue vittorie fino al giorno di Overijse erano rimaste tutte sul suolo francese. Nessuna corsa di immenso prestigio. Due volte la Parigi-Camambert, il Tour du Doubs, due tappe alla Boucles de la Mayenne, fra cui una crono nel 2018 in cui si lasciò alle spalle per 9 secondi l’ancora poco noto (su strada) Mathieu Van der Poel. Eppure secondo i compagni Godon è una forza della natura: quel che fa spesso difetto è la… centralina.
«E’ estremamente forte – ha raccontato dopo l’arrivo il compagno Naesen, ridendo – in termini di potenza pura, è il primo della squadra. Però non ha un master in tattica e visione di corsa. Non sa quanto sia forte, non è mai posizionato correttamente: può andare in fuga, ma non sa limare. Nel Brabante si è salvato perché è stato davanti per i primi 120 chilometri, ma tatticamente a volte fa cose molto strane. Al Tour una volta faceva parte di una fuga di quindici uomini non coperta dalle ammiraglie e ha chiesto se poteva farsi riprendere dal gruppo per prendere una bottiglia di acqua gasata. Era il nostro unico uomo davanti. Se lo avesse fatto, lo avrei ucciso…».
Sul podio con Healy e Cosnefroy, che all’Amstel sarà leader del team, dopo il 2° posto del 2022Dorian Godon è nato il 25 maggio 1996 a Vitry sur Seine. E’ alto 1,90 per 73 chili ed è pro’ dal 2017Sul podio con Healy e Cosnefroy, che all’Amstel sarà leader del team, dopo il 2° posto del 2022Dorian Godon è nato il 25 maggio 1996 a Vitry sur Seine. E’ alto 1,90 per 73 chili ed è pro’ dal 2017
La corsa della vita
Godon in qualche misura ha ammesso che i compagni hanno ragione o quantomeno ha riconosciuto che le occasioni sprecate son più di quelle in cui ha fatto centro.
«Non vinco spesso – ha sorriso – ma so come si fa. Nel ciclismo non vivo sempre bei momenti, ma credo nelle mie capacità. Il mio allenatore mi ha detto che, sulla base dei test che avevo, sarei stato uno dei primi della squadra a vincere, me ne sono ricordato all’arrivo. Ma sin dal via ero fiducioso e pensavo solo a vincere. Nel WorldTour sono spesso gli stessi ad alzare le braccia, perciò è stato bello aver potuto cogliere la mia occasione. In quell’ultimo rettilineo ho fatto la corsa della vita e ho colto la mia più grande vittoria».
Il suo programma prosegue ora con l’Amstel, la Freccia e la Liegi, in cui probabilmente lavorerà per Cosnefroy, che a Overijse sarebbe dovuto essere il capitano e ha chiuso invece al terzo posto. Nella squadra francese ci sarà anche Greg Van Avermaet, che nelle ultime settimane sta masticando amaro, portando a fatica il peso degli anni e la frustrazione per gambe che non spingono come vorrebbe.
Una pausa dopo il cross e Alice Maria Arzuffi ha riattaccato il numero sulla schiena. Debutto mercoledì al Brabante, domani Amstel, poi Freccia e Liegi
Nell’hotel in cui alloggia la UAE Team ADQ la cena va per le lunghe. La squadra ha appena trascorso una giornata piena di emozioni e forse non fa troppo caso all’attesa. La favolosa vittoria di Silvia Persico alla Freccia del Brabante è ancora negli occhi di tutti e il morale è alto.
Il valore del successo della 25enne bergamasca appare subito maggiore perché ottenuto battendo un’atleta della SD Worx, lo stesso team che l’aveva messa nella morsa al Fiandre. Stavolta Persico si prende la rivincita con una prestazione di qualità e un po’ lontana dalla sua indole. Si mette alle spalle Demi Vollering, una che arrivava da due vittorie e un secondo posto su quattro gare disputate. Sul traguardo di Overijse si materializzano una serie di spunti. Ce li appuntiamo e li sottoponiamo a Silvia.
Persico esulta. La Freccia del Brabante è sua grazie a sangue freddo e volata di rimontaPersico esulta. La Freccia del Brabante è sua grazie a sangue freddo e volata di rimonta
Che tipo di corsa è stata?
E’ stata dura per il brutto tempo. Nell’ultimo giro e mezzo è pure peggiorato, con tanta pioggia. La strada era un po’ scivolosa. Tatticamente era stato deciso che sarei stata io la capitana. Sarei dovuta stare tranquilla fino a pochi chilometri dalla fine o quando si fosse mossa la SD Worx. Prima di allora hanno lavorato molto le giovani Ivanchenko e Piergiovanni, poi sono entrate in azione Sofia, Olivia e Mikayla (rispettivamente Bertizzolo, Baril e Harvey, ndr). Le ringrazio tutte perché sono state fantastiche nell’aiutarmi durante tutta la corsa. E ringrazio anche lo staff che si fa sempre in quattro per noi.
A quel punto toccava a te farti trovare pronta…
Sì e ci sono riuscita. A circa 15 chilometri dalla fine siamo rimaste in cinque, tra cui Reusser, Chabbey e Van Anrooij. Ai meno otto sono rientrate anche Vollering e Lippert. La SD Worx era in superiorità numerica, ma ho notato che non c’era molto accordo, né fra loro due né in generale fra noi di testa. Anzi, credo che se ci fossero stati altri 3-4 chilometri probabilmente il gruppo delle inseguitrici ci avrebbe ripreso visto che hanno chiuso a 25 secondi da noi.
Era una situazione simile agli ultimi chilometri del Fiandre?
Sì, anche se là ero da sola in mezzo a tre di loro. Qui ho cercato di non ripetere gli stessi errori. Sapevo di essere in buona condizione, ma non avevo gambe al top. Stavolta il difficile non è stato seguire le atlete della SD Worx quanto invece stare calma e capire cosa poteva essere meglio per me. Di solito sono una generosa, che tende a sprecare. Questa volta mi sono sentita fortenella testa e contemporaneamente sembrava che Demi (Vollering, ndr) non fosse brillante come al solito. Così ho avuto qualche sicurezza in più.
Vittoria di qualità per Persico al Brabante. Vollering e Lippert sono alle spalleVittoria di qualità per Persico al Brabante. Vollering e Lippert sono alle spalle
Poi hai impostato la tua solita volata di rimonta.
Non potevo fare altro (sorride, ndr). Ho sì uno spunto veloce, ma non lungo. Dopo un chilometro di salita, ci siamo trovate il vento contro nel rettilineo finale. Reusser tirava, ma non sembrava per preparare un attacco di Vollering e quando Demi è partita, l’ho sfruttata come riferimento e sono uscita negli ultimissimi metri. D’altronde sapevamo che la corsa si sarebbe potuta decidere anche così. Diciamo che volevo rifarmi della delusione del Fiandre e ce l’ho fatta.
La notizia è che la SD Worx si può battere. Questa gara ti ha detto come si può fare?
Loro finora hanno vinto quasi dappertutto, sono uno squadrone. Senza nulla togliere alle altre o anche a noi stesse, la SD Worx resta la squadra da battere, soprattutto perché nelle fasi che contano sono sempre in superiorità numerica. La differenza spesso la fanno lì. Però abbiamo visto che correndo in altre maniere, magari non sempre in difesa, possiamo batterle. Bisogna trovare e provare il giusto mix tra il restare tranquilli come ho fatto io e il contrattacco. E magari inventarsi qualcosa d’altro.
Fuga decisiva. Ci sono anche Vollering, Reusser, Lippert, Chabbey e Van Anrooij. Persico resta calma e non sprecaFuga decisiva. Ci sono anche Vollering, Reusser, Lippert, Chabbey e Van Anrooij. Persico resta calma e non spreca
Che sapore ha questa vittoria per Silvia Persico?
Naturalmente sono felicissima e spero che sia l’inizio di tante altre. Mi ha fatto piacere il messaggio di congratulazioni del cittì Sangalli. Ripenso che un anno fa in questi giorni dovevo ancora vincere la prima mia gara internazionale (il GP Liberazione, ndr) e rifletto sul salto che ho fatto in tutto questo lungo periodo. Adesso sono in una nuova dimensione qua alla UAE, ma non mi sento arrivata. Sono ambiziosa e voglio migliorare sempre di più. Questa vittoria alla Freccia del Brabante mi dà tanto morale. Spero che come squadra potremo fare bene anche nelle prossime gare.
Quali saranno?
Correrò Amstel, Freccia Vallone e Liegi. Poi andrò a fare la Vuelta in Spagna. Qui sulle Ardenne abbiamo cambiato il gruppo, sono arrivate le scalatrici. Ci serve un po’ di rodaggio, ma sono convinta che già durante le ricognizioni che faremo ci integreremo al meglio. Anche perché io finora ho corso solo otto gare. Per me il trittico che sta per arrivare è tutto nuovo visto che la mia unica partecipazione all’Amstel nel 2018 è durata pochissimi chilometri causa caduta. La mia intenzione è quella di replicare gli ultimissimi festeggiamenti.
Dopo la Jumbo visma, la SD Worx. Le squadre numero uno al mondo del 2022 hanno scelto bici.PRO per presentarsi. Wiebes e compagne in diretta da Anversa
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Si è messo tutto in moto all’inizio della Tirreno-Adriatico, quando il team manager Miholjevic ha chiamato il suo procuratore Scimone per chiedergli se Nicolò Buratti fosse pronto per esordire subito alla Bahrain Victorious. Il friulano si era appena fatto una ragione della grande delusione per il passaggio rinviato al 2024, nonostante il grande finale di 2022, quando la porta si è riaperta.
La sua stagione era già iniziata. Terzo alla Firenze-Empoli. Secondo alla Gand-Wevelgem. Tredicesimo al Piva. E quando il resto del Cycling Team Friuli si avvicinava al Giro del Belvedere e al Palio del Recioto, Buratti ha chiuso la valigia ed è volato in Belgio (in apertura foto Team Bahrain Victorious).
La Freccia del Brabante parte da Leuven e arriva a Overijse, dopo 206,1 chilometriLa Freccia del Brabante parte da Leuven e arriva a Overijse, dopo 206,1 chilometri
Che effetto fa passare dal Belvedere alla Freccia del Brabante?
Più o meno sono la stessa cosa (ride, ndr). Un po’ di emozione la sento. Però comunque sono molto contento, felice ed entusiasta di intraprendere questa nuova avventura.
La notizia è uscita lunedì, ma il meccanismo era in ballo da un pezzo…
Mi hanno contattato più o meno un mese fa, dicendomi che c’era questa possibilità. Ovviamente ho accettato e non potevo essere più felice. Poi si è trattato di fare tutte le pratiche e le formalità. E adesso sono qui (abbiamo parlato con Buratti ieri pomeriggio: oggialle 12,30 prenderà il via da Leuven nella prima corsa da pro’, ndr).
Ti eri rassegnato all’idea di fare un altro anno negli under 23?
E’ stato un fulmine a ciel sereno. Ormai avevo programmato la stagione, mi ero posto i miei obiettivi. All’inizio sono rimasto di sasso, proprio perché devo resettare tutto, reimpostare le tabelle e rivedere i miei obiettivi.
Il 26 marzo, Buratti ha conquistato il secondo posto alla Gand-Wevelgem (foto Instagram CTF)Il 26 marzo, Buratti ha conquistato il secondo posto alla Gand-Wevelgem (foto Instagram CTF)
Il secondo posto alla Gand dice che la condizione è quantomeno decente, no?
Vero, sono in un buono stato e spero che non ci sia troppo divario tra una categoria e l’altra. Sicuramente il salto c’è, però spero di non subirlo così tanto.
Hai già ricevuto un programma delle prossime corse?
Al momento solo la Freccia del Brabante, poi si vedrà. Sicuramente mi daranno presto una bozza di calendario.
E’ stato più semplice abituarsi a questo passaggio o farsi una ragione l’anno passato del fatto che non saresti passato subito?
Me ne ero fatto una ragione, quindi è stato più complicato capire che stavo passando in maniera così veloce. Siamo rimasti tutti a bocca aperta, io per primo.
Buratti è stato il miglior azzurro lo scorso anno ai mondiali di WollongongBuratti è stato il miglior azzurro lo scorso anno ai mondiali di Wollongong
Amadori ha detto che il piano di fare di te il leader del mondiale U23 non cambia.
Sono d’accordo. Si dovrà vedere il calendario col team e quello della nazionale. Avevo in programma qualche gara con Marino, adesso vedremo se riuscirò a rispettare le date. Però comunque al mondiale vorrei esserci.
Che effetto fa ritrovarsi di colpo in ritiro nella squadra WorldTour?
Per fortuna avevo fatto ritiri con loro quest’anno a dicembre e gennaio. Quindi lo staff l’avevo già visto e anche se non li conosco bene di persona, so quali sono le persone di riferimento. Lo stesso con gli altri corridori. C’è Fran Miholjevic con cui ho corso per due anni. C’è Jonathan Milan, che è friulano anche lui. C’è Govekar, che ha 22 anni. Siamo una squadra giovane, però punteremo a fare sicuramente bene.
Fra i risultati migliori del 2022, la vittoria di Capodarco è da incorniciareFra i risultati migliori del 2022, la vittoria di Capodarco è da incorniciare
Hai tenuto la stessa bici?
Ho cambiato modello. Oggi nel giro di scarico (ieri, ndr) ho provato la Merida Reacto, mentre prima avevo la Scultura. Però le geometrie sono le stesse, quindi mi sono trovato subito bene.
Ti aspetti qualche incarico particolare nella prima gara da pro’?
Farò quello che mi diranno di fare e insieme dovrò capire come sarà la gara. Devo ambientarmi, dovrò capire il team e il team dovrà capire me, come mi approccio e come mi gestisco. Insomma, quel che serve si farà.
Dopo il Kemmelberg della Gand, cosa pensi di questi muri?
Le gare in Belgio sono particolari. Recentemente sono andato bene, quindi ho preso un po’ le misure di come si corre qui. Sicuramente da professionista la modalità di gara cambia. E i muri sono duri, niente da dire, bisognerà avere le gambe per superarli.
Buratti ha iniziato l’anno con il Cycling Team Friuli, è passato alla Bahrain Victorious da oggi, 12 aprile 2023 (foto TBV)Buratti ha iniziato l’anno con il Cycling Team Friuli, è passato alla Bahrain Victorious da oggi, 12 aprile 2023 (foto TBV)
Come ti hanno salutato i compagni del CTF?
Sono stati contenti, è proprio un passaggio di testimone. Adesso tocca a loro riuscire a passare e cogliere i risultati che meritano. Mi auguro veramente di incontrarli entro un paio d’anni. Hanno le capacità per farlo e se c’è l’ho fatta io, che non sono un extraterrestre, possono tranquillamente farlo anche loro.
Dovrai cambiare preparatore?
No, sarò seguito ugualmente da Andrea Fusaz e anche questa è una grande cosa.
Si può dire in bocca al lupo?
Si deve dire, grazie. Un po’ di fortuna ci sta sempre bene.
E’ tutto un altro Belgio, pensa Alice Maria Arzuffi pedalando sulle strade dal Brabante alle Ardenne. Per lei che lassù ci passa tutti i mesi d’inverno, il profilo boscoso della regione vallone è uno scenario tutto nuovo. Ma il fatto di ricominciare a correre su strada da queste parti la fa sentire in qualche modo a casa.
Oltre alla campionessa italiana di ciclocross, la Valcar-Travel&Service è sbarcata nuovamente al Nord con Balsamo, Guazzini, Pirrone, Piergiovanni e Malcotti. Nuovamente una casa in affitto e nuovamente Dalia Muccioli in cucina. Arzuffi è rientrata alle corse mercoledì alla Freccia del Brabante. Il lungo stacco dopo la stagione del cross è finito ed è tempo di ricominciare, cercando di mettere chilometri nelle gambe e belle sensazioni negli occhi.
A fine gennaio a Lecce ha conquistato il primo tricolore elite nel crossA gennaio a Lecce il primo tricolore elite nel cross
«Ho fatto l’ultima gara di cross il 24 febbraio – sorride – e poi mi sono concessa una bellissima vacanza di tre settimane a… Seregno. Ho comprato casa l’anno scorso, non si può andare da nessuna parte, ma se riesci a staccare con la testa, va bene qualsiasi posto. Per quest’anno almeno è andata così».
Sono tante tre settimane senza bici…
Infatti sto facendo tanta fatica. Però, dato che il mio obiettivo rimane il cross, da qui comincia un lungo periodo che porterà alla prossima stagione invernale. Per cui non serve avere troppa fretta, anche perché le gare quassù non saranno tanto allenanti, piuttosto saranno delle belle tirate di collo. Perché i percorsi sono duri. Alla Freccia del Brabante c’erano delle belle salite e dei tratti in pavé, ci sono ragazze che vanno a mille per cui darò una mano e starò semmai in gruppo. Spero di andare meglio in Spagna e poi al Giro d’Italia.
Se inizia la rincorsa al cross, con quale spirito correrai su strada?
Cercando di portare a casa dei buoni risultati. Al Giro voglio puntare a qualche tappa, senza guardare alla classifica generale. Pensando di prendere qualche fuga, correndo in modo aggressivo, non aspettando passivamente le salite. Qualche anno fa potevo ambire a una classifica, ma il ciclismo si sta specializzando e non basta fare cross per essere una scalatrice al livello delle più forti.
A Livigno con sua cugina Maria Giulia Confalonieri (foto Instagram)A Livigno con sua cugina Maria Giulia Confalonieri (foto Instagram)
Tanto diverso questo Belgio dalle… tue Fiandre?
E’ un altro posto. Nelle mie gare vedo campi e terreni, qua ci sono altri paesaggi. L’unica volta che si viene di qua, è per la Coppa del mondo a Namur.
Ti sei allenata con Maria Giulia Confalonieri nelle scorse settimane?
La mia cuginetta… Abbiamo fatto qualche uscita in bicicletta prima che lei ricominciasse a correre. Se siamo entrambe a casa, ci alleniamo insieme, ma in questo periodo è difficile beccarci. Al massimo ci incrociamo.
Si sta bene alla Valcar?
Sono molto soddisfatta, mi piace andare in giro per l’Europa con questo gruppo. Sono proprio contenta di essere tornata.
Conosciamo Maria Giulia Confalonieri, cugina di Alice Arzuffi. Fra strada e pista... sceglie entrambe. Tre obiettivi 2021: Nord, Tokyo, mondiali strada