HUY (Belgio) – Spunta persino un raggio di sole quando sta per arrivare la Freccia Vallone femminile. A bordo strada la folla è calorosa come per gli uomini poco prima. Tutti già si fregano le mani per Lotte Kopecky, eroina belga. Invece, quando inizia il Muro d’Huy, l’iridata perde posizioni. Sta per vincere Demi Vollering, la rivale olandese, e invece chi ti spunta? Puck Pieterse, che è sempre olandese… ma non è Vollering, la rivale delle rivali per i belgi.
In tutto questo non va dimenticata la nostra numero uno indiscussa, Elisa Longo Borghini. Terza, di nuovo sul podio alla Freccia. Se abbiamo ben capito, quando ha tagliato il traguardo, mentre ancora il fiatone si impossessava dei suoi polmoni, per radio ha sussurrato alle ragazze: “Sorry”. Ed è arrivata terza. Come diceva Totò: “Signori si nasce”.
Una biker sul Muro
Ma veniamo alla protagonista di giornata. L’atleta della Fenix-Deceuninck non solo ha vinto, ma ha rilanciato con forza un tema che per l’assalto ai Muri circolava persino fra gli uomini, secondo cui biker e ciclocrossisti fossero favoriti da questo segmento così ripido.
Pensate che Remco Evenepoel aveva detto alla vigilia: «Non dobbiamo portare Thibau Nys in carrozza sotto al Muro». E in tantissimi davano per favorito, o comunque rivale numero uno di Pogacar, Tom Pidcock.
«Se sono stupita della vittoria di Pieterse? – spiega Elisa Longo Borghini – Fino a un certo punto. Sì, era più un’outsider, ma questi sforzi di tre minuti, perché tanto dura il Muro, sono molto adatti a chi fa cross o mtb».
E Puck Pieterse non si tira indietro. «In effetti le mie abilità di biker mi hanno aiutato sul Muro. Mi hanno aiutato su certe pendenze e anche a rilanciare la bici. A noi capita spesso di avere a che fare con sforzi violenti e salite così ripide. E’ stato uno sforzo in cui mi sono trovata bene, ma è anche vero che oggi mi sentivo particolarmente in forma. Stamattina mi è stato chiesto quale salita in mountain bike potessi paragonare al Mur de Huy. Ho pensato a una salita molto dura della Coppa del Mondo di Leogang. Mi sono detta: “Faccio finta di essere lì”».
Rivalità “orange”
Pieterse è una ciclista alla Pidcock, se vogliamo: una biker che poi è arrivata alla strada. E che va fortissimo anche nel ciclocross. Ma soprattutto è iridata in carica nella mtb.
«Oggi sono davvero felice. E’ il mio secondo successo su strada (aveva vinto una tappa al Tour de France Femmes, ndr) – ha detto Pieterse – come ripeto stavo bene. Sono partita con grande tranquillità. E lo sono stata per tutta la corsa. La tattica? Era semplice. Aspettare il passaggio finale sul Muro. Devo dire che sono state brave le mie compagne a mantenermi sempre coperta.
«Ho anche rivisto le ultime dieci edizioni. E in più ho ricevuto consigli da Annemiek Van Vleuten. In realtà quando le ho chiesto qualcosa mi ha riempito di dati e analisi. In pratica mi ha mandato un libro!». Lei forse ci credeva eccome.
Qualche giornalista olandese la incalza con il duello interno con Demi Vollering, ma Puck non fa una piega. «Con Demi non c’è una rivalità specifica. Ho pensato a prenderle la ruota, aspettavo che accelerasse di più ma non lo ha fatto. A quel punto, quando l’ho affiancata, ho pensato a dare tutto. E’ davvero incredibile questa vittoria».
Lo zampino di Casasola
Ma in tutto ciò c’è anche un bel pezzetto d’Italia, e questo pezzetto si chiama Sara Casasola. L’italiana è compagna di Pieterse e ha disputato un’ottima Freccia. Tra l’altro, pur lavorando per la capitana, è arrivata 19ª: non male per chi era all’esordio in queste gare.
«Direi che è andata molto bene – racconta Sara mentre si gusta il podio con le sue compagne – Puck ha vinto, quindi meglio di così! Che ce l’aspettassimo magari no, ma eravamo fiduciose, perché già all’Amstel era salita sul podio e aveva dimostrato una buona condizione. E poi come squadra abbiamo corso bene. Siamo sempre state davanti e compatte. Io dovevo cercare di coprire un po’ le fughe, ma non c’è stato poi questo gran movimento. Per il resto, dovevo assistere un po’ nel posizionamento Puck e infatti l’ho portata davanti all’imbocco del Muro d’Huy.
«Ogni tanto le parlavo e ogni volta mi rispondeva: “Bene, bene”. Ma Puck, quando è così davanti, vuol dire che ha davvero la gamba».
Anche con Sara si parla del discorso delle fuoristradiste su questo percorso, visto che anche lei è una specialista del ciclocross.
«Diciamo che siamo una squadra quasi completamente di crossiste. La multidisciplina paga, a quanto pare. Sicuramente sono nella squadra giusta per fare questo. In generale mi trovo bene in Belgio. Il discorso degli sforzi esplosivi è giusto».
Sara sta davvero assumendo una mentalità belga. Alle prime gare classiche si trova a suo agio, non teme il maltempo, passa dalla bici da cross a quella da strada con grande naturalezza.
«Sono le prime volte che faccio delle classiche vere e proprie qua in Belgio. La squadra mi sta dando molta fiducia, mi ha messo in calendario molte gare importanti. Sto imparando molto, correndo sia il cross che la strada ad alto livello. Certo, bisogna trovare un equilibrio. A fine Ardenne riposerò un po’. Faccio ancora un po’ fatica con le posizioni alle alte velocità, ma so che stiamo facendo il lavoro giusto».