Tutti fanno un passo indietro e l’Eroica Juniores salta

05.04.2025
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Dopo due edizioni l’Eroica Juniores Nations Cup si ferma. A poche settimane dal via la corsa a tappe dedicata ai ragazzi nati tra il 2007 e il 2008 non partirà. I problemi sono stati di natura economica. I due fondatori di questa corsa, Giancarlo Brocci e Franco Rossi non hanno trovato le certezze adeguate per portare avanti un impegno del genere (in apertura foto Eroica Juniores/Guido Rubino). 

«Sono assolutamente dispiaciuto – dice in prima battuta Giancarlo Brocci – questa è la conferma che non ci sono le condizioni di tranquillità per proporre eventi di calibro internazionale in quella che è la categoria di riferimento del ciclismo giovanile. Nessuna delle istituzioni chiamate in causa ci ha potuto dare conferma dell’impegno preso, per motivi diversi. Né Rossi e nemmeno il sottoscritto poteva esporsi ulteriormente per portare avanti una manifestazione che ha dei costi notevoli».

Giancarlo Brocci al via della seconda tappa nell’edizione del 2024 (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Giancarlo Brocci al via della seconda tappa nell’edizione del 2024 (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)

Un passo indietro

Alla luce di quanto appena detto da Giancarlo Brocci è evidente che l’idea e la volontà di portare avanti un evento come quello dell’Eroica Juniores Nations Cup era in mano alla passione dei due fondatori. Nel cercare una soluzione e una stabilità economica si sono imbattuti nel “passo del gambero” da parte delle istituzioni che avevano dapprima dato il via libera per poi fermarsi e ritrattare. 

«Gli enti chiamati in causa – continua Brocci – con i quali avevamo un accordo iniziale non erano in grado di coprire le spese perché anche loro aspettavano finanziamenti che tardavano ad arrivare. Siamo partiti con il cercare supporto da Regione Toscana e dai Comuni che hanno manifestato interesse per le iniziative legate al marchio Eroica. La Nations Cup ha il suo appeal, ma è difficile trovare continuità di spesa. E i bilanci di questi enti alla fine non prevedono risorse da destinare». 

L’Eroica Juniores porta i giovani a conoscere un ciclismo dal sapore antico (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
L’Eroica Juniores porta i giovani a conoscere un ciclismo dal sapore antico (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Insomma, signor Brocci, tutto è legato all’incertezza…

Quando fai una corsa a tappe internazionale ovviamente devi mettere in conto una cifra importante, sopra i 40.000 euro a tappa. Il tirarsi indietro da parte degli enti deriva dal fatto che non possono darti a bilancio le cifre necessarie. Servirebbe una potenza di fuoco maggiore, che ad esempio è propria del Giro d’Italia. Loro possono agire con anticipo e avere già dei fondi. Noi ci muoviamo su bilanci che sono più difficili da gestire, perché siamo sempre nell’arco dell’imprevedibilità.

Cosa che porta a non avere un budget sufficiente…

Arrivi a raccogliere sempre meno di quanto preventivato, per diversi motivi. Rossi e io siamo spinti da un grande spirito, ma quando alla fine ti manca un 20 o 30 per cento del budget previsto non è facile. Negli anni scorsi il marchio Eroica ha coperto le spese rimanenti e lo ha fatto in maniera importante, soprattutto nella prima edizione (il 2023, ndr). Il problema fondamentale è uno…

Quale?

Se non hai una delibera formale (da parte di Regione Toscana e gli altri enti, ndr) dove viene assegnato un fondo sul quale contare cosa si può fare? Io vengo da una storia in cui ho messo cifre astronomiche che mi hanno cambiato la vita proprio per il romanticismo con cui ho proposto il Giro Bio e altri eventi. Sapete bene che non si può continuare a vivere di romanticismo e di imprevisti.

Stefano Viezzi, campione del mondo ciclocross, in azione sugli sterrati della provincia di Siena (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Stefano Viezzi, campione del mondo ciclocross, in azione sugli sterrati della provincia di Siena (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
E’ mancato interesse nella promozione della manifestazione?

Dietro eventi come questi c’è una promozione del territorio che ha una risonanza mondiale. Con Eroica e Strade Bianche abbiamo portato la Provincia di Siena al centro del movimento del ciclismo e del cicloturismo. Lo abbiamo fatto in quella che era la provincia meno ciclistica della Toscana. Abbiamo fatto delle cose che hanno inciso sulla cultura mondiale di questo sport, basti pensare al Tour de France del 2024 con l’inserimento di 32 chilometri di strada sterrata dentro la nona tappa. 

L’arrivo del Giro a Siena, oltre alla Strade Bianche, può aver contribuito nella mancanza di fondi?

Può anche essere, ma questo lo state supponendo voi. L’Eroica Juniores Nations Cup è una manifestazione che ha un costo elevato, vicino ai 250.000 euro ed è sempre stata in mano all’aleatorietà. Cosa che il primo anno è ricaduta in gran parte su Eroica Srl. Ma a un certo punto devono anche essere le istituzioni a fare un passo verso di te e dirti: «Abbiamo individuato questo tipo di risorse». Ma se fino all’ultimo non sappiamo quanto è il contributo come fai a fidarti? Se poi al posto che 80 ti danno 30 chi mette quel che manca?

Gli anni scorsi lo ha fatto il marchio Eroica, come ci dicevi?

Esattamente, come detto prima loro arrivavano a coprire quel che mancava, ma non è un modo sostenibile di andare avanti. 

L’arrivo in Piazza del Campo a Siena vinto dal norvegese Felix Orn-Kristoff (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
L’arrivo in Piazza del Campo a Siena vinto dal norvegese Felix Orn-Kristoff (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Come mai Eroica ha fatto un passo indietro?

Chi gestisce l’utilizzo del marchio deve farlo per le manifestazioni che hanno una resa per i soci. Il marchio Eroica dice che se non ci sono garanzie quest’anno non potremo coprirvi perché il primo anno abbiamo messo 100, il secondo anno 30 ma dal nostro punto di vista possiamo sostenervi soltanto per la corsa di un giorno. 

Eroica prestava il nome, senza quindi un contributo economico fisso?

Sì. Il discorso è stato semplice. Eroica ci ha fornito un contributo economico fisso a fronte della manifestazione di un giorno (che si terrà a maggio, ndr). Che porta anche il nome di Andrea Meneghetti, un socio del marchio purtroppo scomparso. Eravamo noi (Brocci e Rossi, ndr) che vedevamo anche nella corsa a tappe un’opportunità importante. 

Come mai poi non c’è stato un accordo economico fisso sulla corsa a tappe? 

Perché rispetto a un impegno economico di un certo tipo, Eroica ha detto che a quelle condizioni non lo avrebbero sostenuto. Credo sia legittimo, è un marchio che deve rendere conto ai soci della propria produttività. La corsa su quattro o cinque giorni non siamo in grado di garantirla perché non sappiamo quanto ci potrà costare se non ci sono le garanzie istituzionali. 

Permettere ai ragazzi di vivere l’atmosfera del ciclismo dei grandi è un’occasione unica (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Permettere ai ragazzi di vivere l’atmosfera del ciclismo dei grandi è un’occasione unica (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Perché poi alla fine non c’è stata questa garanzia a livello di istituzioni?

Noi a Regione Toscana abbiamo fatto richiesta di un contributo per una cifra e ci hanno risposto che tutta non ci sarebbe stata. Poi quanto ci avrebbero dato non si sa, non siamo stati in grado di avere una risposta. Se poi ti manca anche il contributo del marchio Eroica tutto finisce. Sono scelte legittime. 

Il discorso può essere racchiuso con la frase “Ubi maior, minor cessat” già usata in un nostro editoriale quando si era parlato dell’evoluzione del ciclismo. Le cose non cambiano quando si parla di eventi. L’avvento, gradito, della Sanremo Woman ha portato alla cancellazione del Trofeo Ponente in Rosa. E l’impressione è che il coinvolgimento di Siena per l’arrivo della nona tappa del Giro abbia contribuito a tagliare i fondi per l’Eroica Juniores.

Nel 2024 la città ha ospitato l’arrivo in Piazza del Campo vinta dal giovane Felix Orn-Kristoff, e sempre da Siena erano partite due frazioni della corsa riservata agli juniores. Il rischio è che se si arriva al punto in cui gli eventi di primo livello mangiano quelli più piccoli ci ritroveremo con una casa dal bel tetto ma senza fondamenta.

Capello: ecco il nuovo talento italiano della Grenke-Auto Eder

13.02.2025
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L’eredità ciclistica lasciata da Lorenzo Finn è stata parzialmente raccolta da Roberto Capello. La scelta del ligure, campione del mondo juniores a Zurigo lo scorso settembre, di andare a correre con la Grenke-Auto Eder aveva destato tanti interrogativi. Ora, una volta abbattuto il muro, il fatto che un altro italiano junior vada a correre nel team sviluppo della Red Bull-BORA-hansgrohe non alza così tanti giudizi negativi. Da un lato questo è positivo, dall’altro deve invitarci a riflettere. Non è il caso di lamentarsi, ma di prendere atto che i corridori iniziano a guardare oltre il bordo del nido già in giovane età.

La rosa della grenke-Auto Eder per la stagione 2025
La rosa della grenke-Auto Eder per la stagione 2025

Sugli stessi passi

Certe squadre offrono un cammino e una possibilità di crescita che le nostre squadre non possono garantire? In un certo senso sì, vista la mancanza di una formazione WorldTour italiana, però non è detto che le squadre esistenti non possano essere in grado di offrire un giusto cammino di crescita. Per ora siamo davanti a un altro ragazzo che correrà in un devo team.

«Sto bene – racconta Capello – mi sto allenando per le gare che cominceranno tra un paio di mesi, esordirò all’Eroica Juniores Nations Cup. La squadra correrà anche in Belgio, a marzo, ma quelle sono corse più adatte ai miei compagni, io sono uno dei più leggeri e così abbiamo deciso di partire da gare vicine alle mie caratteristiche».

Roberto Capello sarà il secondo italiano che vestirà la maglia della grenke-Auto Eder, il primo è stato Lorenzo Finn nel 2024
Roberto Capello sarà il secondo italiano che vestirà la maglia della grenke-Auto Eder, il primo è stato Lorenzo Finn nel 2024
Com’è andato il passaggio alla Grenke-Auto Eder?

Il problema più grande, che poi non si è rivelato un problema, è stato la lingua. Essendo una formazione internazionale si parla in inglese, ho cominciato a studiarlo in inverno, prima di fare il ritiro con la squadra. A scuola mi sono sempre destreggiato ma è diverso rispetto a doverlo usare tutti i giorni per comunicare. Il primo incontro lo abbiamo fatto in Austria, lì ho conosciuto tutti: staff e compagni. Senza bici però, era solo un ritiro per conoscersi.

La prima volta che avete pedalato tutti insieme?

Lo abbiamo fatto a Mallorca. Non è stato un ritiro particolarmente intenso, né come volume né per intensità. Però ci siamo conosciuti meglio e abbiamo avuto modo di passare ancora più tempo insieme. 

Facciamo un passo indietro, com’è nato il contatto con la grenke-Auto Eder? 

Intorno a metà luglio, più o meno, ricordo che doveva finire il Tour de France. C’è stata una chiamata a tre tra il mio procuratore John Wakefield, la squadra e il sottoscritto. E’ stato un primo incontro conoscitivo, il giorno dopo mi hanno chiamato e detto che avrebbero avuto piacere se nella stagione successiva (il 2025, ndr) avessi voluto correre con loro.

La formazione di sviluppo juniores ha svolto il primo ritiro in bici a Mallorca (foto Maximilian Fries)
La formazione di sviluppo juniores ha svolto il primo ritiro in bici a Mallorca (foto Maximilian Fries)
Che corridore hanno preso?

Sono uno da salite lunghe, non ho una grande esplosività o uno spunto veloce particolarmente forte. Mi piacciono le gare dove il ritmo è costante. Penso di poter andare bene anche nelle cronometro, aspetto che voglio curare molto quest’anno nel quale avrò modo di usare una bici competitiva e di allenarmi bene per gare di quel genere. 

Com’è stato l’approccio tecnico alla nuova squadra?

Dal punto di vista degli allenamenti non è cambiato tanto, sono sempre stato uno che in generale è abituato a fare tante ore in bici. Chiaramente rispetto allo scorso anno ho cambiato allenatore, prima ero con Mattia Gaffuri, ora sono con il preparatore della squadra: David De Klerk. Rispetto allo scorso anno lavorerò più a blocchi.

Cosa vuol dire?

Che si va di settimana in settimana con blocchi prestabiliti: quattro giorni di carico, uno di scarico e così per quattro settimane. Poi si fa un periodo di tapering, ovvero una riduzione del carico, che in generale dovrà corrispondere con i giorni che precedono la gara. Ora che sono lontano dalle competizioni ho fatto tre blocchi di lavoro da un mese, dove il volume è rimasto più o meno costante ma sono cambiati i lavori.

Quante ore di allenamento settimanali?

Sono sempre intorno alle 20 ore, ma questo già dall’anno scorso (quando era primo anno juniores, ndr). 

Avrai a che fare con un diesse italiano: Cesare Benedetti, come ti sei trovato con lui?

I diesse sono due: Benedetti e Olaberria. Il mio riferimento sarà Cesare (Benedetti, ndr). Avere una figura che parla la mia stessa lingua alla quale appoggiarmi è bello, in più Benedetti è stato per oltre dieci anni nel mondo Bora

Roberto Capello in azione allo scorso Giro della Lunigiana con la maglia della Rappresentativa Piemonte
Roberto Capello in azione allo scorso Giro della Lunigiana con la maglia della Rappresentativa Piemonte
L’esempio di Finn che ha aperto la strada verso questo team ti è stata d’aiuto nella scelta?

Sarei stato comunque dell’idea di venire alla Grenke-Auto Eder. Quando ho avuto la possibilità non ci ho pensato due volte. Alla fine un ragazzo della mia età che corre per una squadra italiana si trova a gareggiare tutte le domeniche, io invece passo molto più tempo a casa. Questo vuol dire che riesco a organizzarmi meglio anche con la scuola, in modo da allenarmi nella maniera corretta. 

Qualche settimana fa eri al ritiro della nazionale con Salvoldi, avete parlato?

Mi è sembrato abbastanza favorevole sul discorso di andare a correre all’estero già da juniores, soprattutto vista l’esperienza positiva di Finn nel 2024. 

Il podio della Olgiate Molgora-Ghisallo, a destra: Roberto Capello 3° accanto al vincitore Lorenzo Finn (Photoberry)
Il podio della Olgiate Molgora-Ghisallo, a destra: Roberto Capello 3° accanto al vincitore Lorenzo Finn (Photoberry)
Sai già che calendario farai?

Farò un primo blocco di gare che è Eroica Juniores e Gran Premio del Perdono. Poi a metà maggio dovrei essere alla Corsa della Pace con la nazionale, ma non è ancora confermato. A giugno sarò alla Classic des Alpes, gara che ho corso nel 2024 con la Comitato del Piemonte, e ai campionati italiani a fine mese. Dopo un periodo di allenamento correrò in Lussemburgo e al Tour du Valromey, che è la gara a cui tengo di più. Agosto sarà un mese di allenamento per arrivare pronto al Giro della Lunigiana,  concluderò il calendario con Trofeo Buffoni e San Rocco. 

Una programmazione ben delineata…

Sapere già cosa farò a settembre e ottobre mi dà tranquillità e mi permette di godermi anche di più gli allenamenti, senza avere paura di esagerare. Tra poche settimane andremo in ritiro a Girona ci staremo fino all’11 marzo, finito quello inizieranno le gare. Non vedo l’ora.

Eroica Juniores 2024, chiudiamo la pagina e guardiamo avanti

28.04.2024
6 min
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SIENA – La tappa finale della seconda edizione dell’Eroica Juniores è servita per fare il punto insieme a Giancarlo Brocci, direttore generale di Eroica Italia SSD, sulla riuscita della corsa e di come prosegue il progetto (in apertura è con il cittì azzurro Salvoldi). Il passo in avanti è stato deciso rispetto alla prima edizione: due tappe in più, per un totale di cinque. I giorni di corsa sono passati da due a quattro (il primo giorno si sono corse due semitappe), inserendo luoghi iconici e di grande impatto. L’arrivo in Piazza del Campo, al pari della Strade Bianche, ne è un esempio concreto

«Sinceramente – ci racconta – questo è uno sviluppo notevolissimo per me, nonostante l’evento della terza tappa di cui già abbiamo parlato. Già nel 2023 l’evento è stato accolto positivamente da tutti, l’UCI lo descrisse come il migliore della categoria juniores. Il passo in avanti quest’anno è arrivato anche dal territorio, perché certe località importanti (come Siena, ndr) hanno capito a che livello volevamo portare la manifestazione. Altre, ad esempio Chiusdino, che già era stata arrivo di tappa nel 2023, hanno voluto continuare ad ospitarci». 

Non solo una gara

La sensazione che intorno all’Eroica Juniores Nations’ Cup ci sia un mondo che va oltre la semplice corsa lo si respira ogni giorno. Gli appassionati non sono mai mancati, anche chi è qui solo per il nome di L’Eroica. Vedere ragazzi giovani interessati e immersi in un ciclismo di altri tempi dà una sensazione di continuità tra passato e presente. 

«Eroica – continua Brocci – è tanto di più. Oltre che al territorio noi facciamo una promozione a livello internazionale. Da noi già dalla prima edizione sono venuti i migliori corridori del mondo. Abbiamo un sostegno a livello di organizzazione incredibile. Anche nella terza tappa, annullata per maltempo, avevamo 17 scorte tecniche e 3 ambulanze al seguito con altrettanti medici. Quella poi è stata una situazione da tregenda dove la corsa è stata investita prima dalla grandine e poi dalla neve. I ragazzi sono stati fermati e preservati perché, come ho avuto modo di scrivere anche sui miei profili social, c’è un limite anche all’eroismo. Il messaggio che abbiamo voluto dare è che noi vogliamo bene a questi ragazzi».

A sinistra Giancarlo Brocci, a destra Franco Rossi presidente di Eroica Italia SSD (foto, Franco Rossi, Giancarlo Brocci, Eroica Juniores/Guido Rubino)
A sinistra Giancarlo Brocci, a destra Franco Rossi presidente di Eroica Italia SSD (foto, Franco Rossi, Giancarlo Brocci, Eroica Juniores/Guido Rubino)
Anche perché ci si trova davanti ad una categoria sempre in crescita. 

Dal mio punto di vista questa edizione ha segnato un ulteriore salto di qualità nei confronti di un mondo bellissimo e importante come quello degli juniores. Oggi forse la categoria principale nell’ambito del ciclismo giovanile.

Cosa si vuole far passare a questi ragazzi dello spirito di L’Eroica?

Il messaggio importante è quello di recuperare le radici autentiche di questo sport. Al tempo stesso di individuare questi ragazzi affinché possano essere un esempio per i loro coetanei. Non è facile nel 2024 scegliere uno sport di fatica come il ciclismo. La comunità deve stringersi sempre di più intorno a ragazzi che possono diventare un esempio formidabile per tutti. 

I ragazzi si sono potuti interfacciare con chi può trasmettere spiegare loro lo spirito di L’Eroica (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
I ragazzi si sono potuti interfacciare con chi può trasmettere spiegare loro lo spirito di L’Eroica (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Sono un modello quindi?

Lo devono essere per quei giovani che non hanno più voglia di fare fatica. E che non sanno nemmeno di quante imprese bisogna fare per arrivare ad un obiettivo. 

Il termine “eroico” lo aveva già utilizzato quando organizzava il Giro Bio, cos’è rimasto di quella definizione?

Dal mio punto di vista, tutto. Tutti quelli che si sono avvicinati al mondo Eroica lo hanno fatto per condividere il messaggio e i valori che volevo dare. Dentro questa organizzazione ci sono tante persone che si sono avvicinate prima a me, poi all’Eroica e poi al mondo dei giovani. Quello che muove l’evento Eroica Juniores è la passione di tutti quelli che partecipano all’organizzazione. 

I messaggi, negli anni, sono cambiati?

Da un certo punto di vista i messaggi che c’erano anni fa nel Giro Bio abbiamo voluto continuare a darli. E’ chiaro che se dovessimo riproporre un Giro Bio faremmo molta attenzione all’alimentazione. Tema che già da giovani viene, a mio avviso, esasperato. Ci sono tanti messaggi rimasti nel tempo, come voler mangiare tutti insieme nel palazzetto di Castiglione della Pescaia. O dormire al Villaggio San Souci tutti insieme nelle casette. 

Un modo per scoprire un ciclismo lontano ma che sta piano piano tornando (foto EroicaJuniores/Guido Rubino)
Un modo per scoprire un ciclismo lontano ma che sta piano piano tornando (foto EroicaJuniores/Guido Rubino)
Un modo per creare comunità.

Sono cose che nessuno propone più e che si stanno perdendo. Noi vogliamo proporre un modello che, se troverà sostentamento, possa diventare sempre più apprezzato. Questo ciclismo, fatto di comunità e di senso di appartenenza, penso possa arrivare ad essere più bello e interessante di quello moderno. Spero di aver la salute di godermelo. So che per L’Eroica è già successo. Vorrei che sempre più persone dicessero: «cavolo ma quanto è bello questo ciclismo?».

Come si fa?

E’ un discorso di business, se si arriverà ad apprezzare di più questo ciclismo lo deciderà il mercato. Però anche tra i professionisti c’è un recupero dello spirito eroico. Pogacar, Van Der Poel, Van Aert e lo stesso Alaphilippe qualche anno fa, sono corridori che stanno interpretando il ciclismo in modo eroico. Le loro azioni non si vedevano da anni e la gente si entusiasma per questo. Vi faccio un esempio.

I ragazzi nelle prime due tappe hanno mangiato tutti insieme nel palazzetto di Castiglione della Pescaia (foto EroicaJuniores/Guido Rubino)
I ragazzi nelle prime due tappe hanno mangiato tutti insieme nel palazzetto di Castiglione della Pescaia (foto EroicaJuniores/Guido Rubino)
Prego. 

Pogacar a livello di immagine ha guadagnato molto di più in quel Tour perso inseguendo tutti, piuttosto che in quelli vinti in precedenza. Se parte, come fatto qui alla Strade Bianche, a 80 chilometri dall’arrivo, trova un mare di gente pronto ad accoglierlo. 

Significa proporre ai ragazzi un ciclismo che non è solo computer e tecnologia?

Esattamente. Far capire che un certo modo di interpretare questo sport fa entrare i corridori nel cuore della gente. Il popolo del ciclismo ha sempre esaltato anche i perdenti. Portare avanti certe filosofie eroiche crea un vantaggio anche “redditizio” per tutti a livello di immagine. Un bellissimo concetto espresso da Peter Sagan fu: «Mi domandate perché sono diverso, ma chiedetevi perché gli altri sono tutti uguali».

Meccia: fedele al progetto di Berti, ora vuole stupire Salvoldi

27.04.2024
4 min
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SIENA – A differenza della corporatura muscolosa e potente, lo sguardo di Leonardo Meccia mostra tanta timidezza. Il corridore della Vangi-Sama Ricambi-Il Pirata ha iniziato il 2024 con una marcia diversa, collezionando tanti buoni piazzamenti e due vittorie di spessore. 

«Rispetto al 2023 quando ero alla Work Service – racconta Meccia – abbiamo continuato il lavoro fatto. La condizione piano piano è cresciuta, i numeri sono saliti, io sono maturato e in questo inizio di stagione ho raccolto buonissimi risultati». 

Meccia in questa stagione ha seguito Berti e Camerin passando dalla Work alla Vangi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Meccia in questa stagione ha seguito Berti e Camerin passando dalla Work alla Vangi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)

Il cammino continua

Forse gli manca ancora il salto di qualità per competere in grandi eventi internazionali. D’altronde l’Eroica Juniores Nations Cup è solamente la terza corsa di questo livello, la seconda a tappe. Lontano da occhi indiscreti, all’ombra di alberi dalle grandi foglie verdi e curato a vista dal suo compagno di squadra Marco Petrolati, conosciamo Leonardo Meccia.

«Un grande grazie – prosegue – va ai direttori sportivi della squadra e a chi mi segue: a partire da Matteo Berti e Fabio Camerin. Sembra che si debba dire chissà che cosa, ma semplicemente in questi primi mesi mi sono trovato ad andare più forte. Berti e Camerin mi hanno aiutato tanto a capire come migliorare in tutto, a partire dal come muovermi in gara».

L’Eroica Juniores Nations Cup è stata la sua seconda gara a tappe di caratura internazionale
L’Eroica Juniores Nations Cup è stata la sua seconda gara a tappe di caratura internazionale
Hai cambiato squadra, seguendo Matteo Berti e Fabio Camerin alla Vangi, come mai?

Per prima cosa perché hanno saputo come spronarmi per fare sempre meglio, mi hanno cambiato. Mi sto scoprendo gara dopo gara, sono un corridore adatto a percorsi mossi con salite brevi. Sono abbastanza pesante, nel senso che ho un fisico sicuramente non da scalatore. 

Però sai anche arrivare da solo.

In Francia alla Bernadeau Junior sono riuscito ad arrivare in solitaria, cosa che sui percorsi di quel tipo mi riesce bene. Non è sempre facile, per questo curo anche lo sprint e quando si è a ranghi ristretti posso dire la mia. 

Questa è la tua seconda gara internazionale della stagione, come ti trovi in gare del genere?

Sicuramente sono diverse dalle gare nazionali o regionali che abbiamo in Italia. Il livello è più alto, si trovano corridori stranieri di grandi qualità. E’ difficile che ci siano momenti di stallo, il ritmo è sempre alto. 

E’ un modo per crescere?

Indipendentemente da quanto un corridore sia forte, in un evento internazionale tutti partono per vincere. E’ una bella mentalità che ti porta a fare una maggiore fatica, ma poi ne esci migliorato. In Italia non è così purtroppo. 

Meccia ha un ottimo spunto veloce che gli permette di vincere le volate (foto Instagram)
Meccia ha un ottimo spunto veloce che gli permette di vincere le volate (foto Instagram)
Ci dicevi che sono aumentati i numeri e le esperienze, vedi un margine di crescita ulteriore?

Un possibile cammino di crescita c’è di sicuro. I margini sono ancora tanti, sia mentalmente che fisicamente. C’è tanto da migliorare e sono felice perché non vedo limiti per il momento. 

Con Camerin hai tenuto lo stesso metodo di lavoro oppure è cambiato?

Per quanto riguarda gli allenamenti non troppo. La cosa diversa è che l’anno scorso (alla Work Service, ndr) avevamo ricevuto le bici a gennaio e non ci eravamo allenati a fondo in inverno. Quest’anno, invece, le bici sono arrivate subito, quindi ci siamo messi subito sotto. La preparazione è stata più strutturata e adatta alle corse che c’erano da fare. 

Quest’anno dovrà difendere il titolo nazionale nella crono a squadre (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Quest’anno dovrà difendere il titolo nazionale nella crono a squadre (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Che obiettivi hai da qui a fine stagione?

Punterò a fare bene al G.P Baron l’11 e il 12 maggio (prova di Nations’Cup), visto che è una corsa adatta a me. Poi ci saranno i campionati italiani strada e crono (della quale è detentore del titolo a squadre vinto con la Work nel 2023, ndr). La speranza è anche di attirare le attenzioni di Salvoldi ed essere convocato in nazionale.

Salvoldi e il nuovo ciclismo fra l’Italia e il mondo

25.04.2024
4 min
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SIENA – Il via dell’ultima tappa dell’Eroica Juniores Nations Cup ci permette di fare un punto con Dino Salvoldi, cittì azzurro alla guida dei ragazzi in questa corsa. Il pullman della nazionale staziona nel piazzale dei Giardini la Lizza dietro i quali si può ammirare la fortezza medicea. Il sole, puntato alto nel cielo, invita il cittì ad indossare i suoi occhiali dalle lenti scure. 

Il gruppo di ragazzi guidato da Salvoldi all’Eroica Juniores (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Il gruppo di ragazzi guidato da Salvoldi all’Eroica Juniores (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)

Un nuovo ciclismo

Salvoldi parla con i ragazzi, mette a punto la tattica che quasi ribalta la corsa e scende. Intorno a lui c’è sempre un bel capannello di persone: diesse di squadre juniores come Pavanello e Scinto, ma anche tanti altri personaggi. 

«Si è visto – dice il cittì – che potenzialmente tra i migliori corridori della categoria non ci manca nulla per essere competitivi. Lo abbiamo dimostrato (ancor di più poche ore dopo sul traguardo di Chiusdino, ndr). I ragazzi sono gasati da questo tipo di competizioni, è il nuovo del ciclismo e della categoria, con un calendario che consente di competere sempre a questo livello. Noi come Italia abbiamo una storia e una struttura diverse ancora. Quei Paesi che non hanno queste caratteristiche storiche si sono coalizzati nell’affrontare un calendario di tali dimensioni». 

I devo team hanno portato un nuovo modo di programmare le corse (qui Salvodi a colloquio con Finn della Grenke Auto Eder-Bora)
I devo team hanno portato un nuovo modo di programmare le corse (qui Salvodi a colloquio con Finn della Grenke Auto Eder-Bora)
Di che squadre parliamo?

Nazioni come Norvegia, Danimarca e Gran Bretagna, ad esempio, che non hanno un calendario nazionale ricco come il nostro, si sono organizzate per far correre i ragazzi in questo tipo di competizioni, sempre. Se poi ci aggiungiamo i devo team del WorldTour abbiamo una situazione simile a quella del professionismo. Noi come nazionale italiana dobbiamo organizzarci affinché i nostri migliori possano diventare appetibili. 

Far correre questi ragazzi con la nazionale vuol dire toglierli dalle squadre di club.

Devo dire che la percezione che abbiamo io e i miei collaboratori, senza alcuna presunzione, è quella di aver instaurato un buon dialogo con le varie squadre. Quello che cerchiamo di mettere in pratica è una programmazione lineare. Chiaramente gli imprevisti ci sono, capita che uno o due posti si riempiano all’ultimo minuto. 

Il livello è alto, ma i ragazzi italiani hanno dimostrato di saper ribattere colpo su colpo
Il livello è alto, ma i ragazzi italiani hanno dimostrato di saper ribattere colpo su colpo
Si lavora con quali ragazzi?

Come abbiamo avuto modo di fare l’anno scorso e come avremo modo di fare quest’anno metà della squadra che partecipa agli eventi internazionali sarà composta dai ragazzi che rappresentano il nucleo di riferimento del gruppo di lavoro.

Parlando di programmazione, si riesce a lavorare con continuità?

Sta diventando difficile fare raduni di preparazione, anche perché in questa categoria c’è la scuola. Nella prima parte della stagione siamo riusciti a fare dei mini raduni mensili, dove abbiamo lavorato con i ragazzi. Programmare allenamenti e calendario in funzione degli eventi condivisi con le squadre ci riesce bene

Cosa servirebbe per fare meglio?

Tutto è migliorabile, se ci fosse maggiore disponibilità faremmo di più. Con il budget che abbiamo avuto siamo stati costretti a fare delle rinunce e a investirlo in un’altra direzione. In previsione degli appuntamenti più importanti, come i campionati del mondo pista e strada, faremo dei raduni prolungati.

In che cosa si è investito?

Partecipazione a gare a tappe, con la motivazione che abbiamo spiegato prima. E con il fatto di voler tenere alto il ranking per portare il maggior numero di ragazzi agli eventi internazionali. Poi c’è la pista, c’è stata fin da subito la volontà di fare un bel lavoro a Montichiari, in maniera continuativa.  

Questa Eroica ha portato la novità Viezzi, al suo secondo appuntamento internazionale su strada, il primo con la nazionale. 

Lui e Proietti, che è un primo anno. Con loro non ho trovato difficoltà di inserimento nel gruppo. Il ciclismo su strada è molto più uno sport di squadra rispetto al ciclocross, ad esempio. Non ho trovato questo tipo di difficoltà e non c’è stata nemmeno a livello coordinativo e tecnico. I ragazzi valgono e sono capaci di passare da una disciplina all’altra, in passato c’erano state maggiori difficoltà. Invece, con Viezzi e Proietti non ce ne sono state.

EDITORIALE / Si poteva evitare lo scempio della Freccia Vallone?

22.04.2024
5 min
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LIEGI (Belgio) – La settimana scorsa eravamo sparsi in ogni angolo d’Europa, la qual cosa ci riempie di orgoglio. Alberto Fossati, appena tornato da un viaggio in Spagna con Ridley, è quello che come meteo se l’è passata meglio. Simone Carpanini e Gabriele Bonetti erano al Tour of the Alps e si sono presi la loro dose di neve e pioggia. Stefano Masi all’Eroica Juniores ha visto l’annullamento di una tappa per la grandine. Infine il sottoscritto, tra Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, ha vissuto una settimana d’inverno in Belgio. In attesa di fare ritorno in Italia, è venuto perciò spontaneo fare una riflessione sul diverso trattamento che le condizioni meteo avverse hanno avuto nelle tre corse in questione.

Eroica Juniores, tappa annullata

In Toscana, vuoi un mezzo sciopero (tutto da capire) dei corridori e vuoi qualche indicazione imprecisa, la Giuria ha ritenuto di annullare la terza tappa, data la presenza di grandine sulla strada, che rendeva impraticabile la discesa finale su Montevarchi. Si poteva passare? Decisione presa e palla al centro: ha vinto l’interesse dei corridori. Se non lo avete ancora fatto, potete leggere tutto nell’articolo di Stefano Masi.

«Probabilmente – ha detto il direttore di corsa Paolo Maraffon – si sarebbe potuto fare l’arrivo in cima a Monte Luco. Solo che a Levane, dove c’è stata l’effettiva neutralizzazione, i corridori sono andati dritti alle macchine. Quindi alla fine la decisione è stata quella di non ripartire, i ragazzi hanno praticamente fatto sciopero. Per carità, tutto legittimo, anche perché avevo quattro ragazzi in macchina e tutti tremavano dal freddo. Uno di loro lo abbiamo dovuto accompagnare in due tenendolo per le braccia».

Eroica Juniores, terza tappa annullata. Un corridore intirizzito cerca di riscaldarsi
Eroica Juniores, terza tappa annullata. Un corridore intirizzito cerca di riscaldarsi

Tour of the Alps, freddo sopportabile

Al Tour of the Alps, i corridori hanno preso freddo, ma evidentemente non c’erano le condizioni per applicare il protocollo sulle avverse condizioni meteo.

«Abbiamo trovato neve guidando sul Brennero per rientrare in Italia – spiega Simone Carpanini – mai sulla corsa. L’unica tappa un po’ al limite è stata la terza, quella di Schwaz, in cui è andato in fuga Ganna e che alla fine ha vinto Lopez su Pellizzari. Era una tappa di 124 chilometri, il freddo c’era, ma soprattutto perché i corridori non se lo aspettavano ad aprile. Alcuni sono andati in fuga per scaldarsi, ma niente di troppo estremo. Ricordo che nei giorni successivi ne ho parlato con Pellizzari, mi sembra, e mi diceva che erano stati fortunati a non avere avuto le stesse condizioni della Freccia Vallone. Le immagini di Skjelmose semi assiderato li hanno colpiti parecchio».

Terza tappa del Tour of the Alps: Pellizzari si congratula con Lopez, dopo la sfida sotto la pioggia gelida
Terza tappa del Tour of the Alps: Pellizzari si congratula con Lopez, dopo la sfida sotto la pioggia gelida

Il caso Freccia Vallone

Già, che cosa è successo alla Freccia Vallone? Le previsioni meteo, che ormai non sbagliano un colpo, dicevano che intorno all’ora di pranzo su Huy si sarebbe abbattuta una sorta di tormenta di ghiaccio. Per questo motivo, Roberto Damiani che rappresentava i gruppi sportivi, ha proposto alla Giuria di valutare la riduzione di un giro: arrivo sul terzo Muro d’Huy, anziché sul quarto. La risposta è stata: «Vediamo» e non lasciava presagire niente di buono. Come spesso accade, nulla ha detto invece Staf Scheirlinckx, rappresentante del CPA per il Belgio.

Quando all’ora di pranzo sulla corsa si è abbattuta la nevicata mista a grandine, con temperatura di due gradi, dalle auto della Giuria non è arrivato alcun cenno. Risultato finale: chi si era coperto alla partenza, sudando come in sauna per le prime due ore di corsa, è riuscito a fare la corsa. Gli altri hanno patito una gelata che non dimenticheranno e che ha condizionato il resto della loro settimana. In ogni caso, la Freccia si è conclusa con 44 corridori all’arrivo, 129 ritirati e 2 che non sono partiti.

Dopo l’arrivo, la rivalsa di alcuni team manager e direttori sportivi si è abbattuta sul loro rappresentante: Roberto Damiani. Il quale ha fatto presente di aver segnalato la cosa per tempo e di aver offerto anche una via d’uscita. Annullare un giro a Huy non avrebbe falsato la corsa: «Ma andava fatto subito – dice Damiani – prima che Kragh Andersen andasse in fuga».

Interlocutori diversi

Qualcuno ha scritto sui social che se i corridori si lamentano per queste condizioni, forse hanno sbagliato mestiere. Altri hanno fatto notare che quando Hinault vinse la Liegi nel 1980, finirono la corsa solo 21 dei 174 corridori partiti.

Tutto si può fare e dire. «Non c’è buono o cattivo tempo – diceva da buon militare Baden Powell, fondatore degli scout – ma solo buono o cattivo equipaggiamento». Alla Freccia alcuni hanno sbagliato materiali e altri no, ma c’erano tutte le condizioni per ridurre la prova. Al Giro del 2020 ridussero una tappa solo perché pioveva forte e non era neanche freddo. Si possono fare tutte le congetture che si vogliono e applicare le proprie convinzioni e spesso le frustrazioni alle vite degli altri.

Quello che tuttavia traspare da questi tre casi (forse due, ritenendo che al Tour of the Alps non si sono raggiunte condizioni estreme) è che la vera differenza la fa il potere dell’organizzatore. Perché una Giuria si sente in diritto di fermare una gara juniores organizzata da Giancarlo Brocci, mentre un’altra si volta dall’altra parte quando davanti ha il Tour de France?

Il prossimo anno, andando al via della Freccia Vallone, avremmo tutti ricordato la saggezza dei giudici e celebrato un vincitore comunque degno dell’evento. In cima al Muro d’Huy, che fossero 197 o 168 chilometri (la distanza con un giro in meno), avrebbe comunque vinto un grande corridore.

Alvarez vince l’Eroica, ma l’Italia le ha provate tutte

21.04.2024
4 min
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CHIUSDINO – La faccia del cittì Dino Salvoldi unisce soddisfazione e un pizzico di rammarico. Oggi i suoi ragazzi hanno provato a ribaltare la classifica e per poco non portano a casa il bottino pieno. Tutti per Andrea Bessega, che parte nono questa mattina da Siena e termina questa Eroica Juniores in quarta posizione a otto secondi dal vincitore. Solo Hector Alvarez, suo compagno alla Lidl-Trek Future Racing il prossimo anno, resiste al ritmo di Bessega e degli azzurri. Lo spagnolo vince la classifica generale, coronando quattro giorni corsi in maniera ottima

«Le sensazioni per questa vittoria – racconta Alvarez con un sorriso larghissimo – sono bellissime. Alla seconda tappa abbiamo perso Pericas e la responsabilità per classifica sono passate tutte su di me. Ho raccolto due secondi posti di tappa e la voglia di vincere la corsa era tanta, così l’abbiamo seguita. E’ stato bello duellare con Bessega, l’anno prossimo saremo in squadra insieme e avremo modo di collaborare per vincere».

All-in azzurro

Quando stamattina abbiamo chiesto a Salvoldi quale sarebbe stato l’andamento della corsa, ci aveva risposto che si aspettava un ritmo elevato fin da subito. 

«Abbiamo corso da protagonisti – dice il cittì con ancora la corsa negli occhi – ma ci è mancato quel pizzico di fortuna che talvolta serve. E’ da un po’ di tempo che la dea bendata non ci sorride, ma tornerà a farlo, basta provarci. Se vogliamo guardare il bicchiere mezzo pieno, anzi a tre quarti, possiamo dire che la consapevolezza dei nostri ragazzi cresce. L’abitudine ad essere squadra continua ad aumentare, ci sono dei dettagli da limare ma fa parte della crescita. Da questo punto di vista mi sento di dire che le radioline sono importanti, hanno un ruolo fondamentale nella formazione». 

La Spagna, perso Pericas, ha corso tutta per Alvarez
La Spagna, perso Pericas, ha corso tutta per Alvarez

Crederci sempre

Salvoldi ha parlato con i suoi ragazzi a caldo, appena finita la tappa. Le pietre medievali di Chiusdino circondano il pullman azzurro e ne cullano i sentimenti di rivincita. 

«Crediamoci – continua – perché il talento o il fenomeno talvolta capita anche per caso. Ma il movimento azzurro c’è. A caldo, con i toni giusti, mi sono sentito di fare subito i complimenti ai ragazzi. In primis perché è quello che mi sono sentito di dire. Poi si analizza un attimo quello che avremmo dovuto fare, cercando in loro il feedback. Ovvero, capire se fossero stati in grado di farlo. Tra i dettagli che sono mancati direi che c’è sicuramente il rompere di più i cambi una volta partita la fuga. Oppure quando il gruppo si allarga è il momento di chiamare l’ammiraglia e comunicare. Tutte cose che in questa categoria si devono imparare. Sono felice alla fine, ci siamo comportati da grande squadra».

Le voci di Donati e Bessega

I tre settori di strada bianca poco dopo la partenza davano spazio alla fantasia. Così i ragazzi di Salvoldi ci hanno provato, e uno dei grandi protagonisti di giornata è stato Andrea Donati. 

«A inizio gara – racconta Donati – sapevamo che quelli della AG2R avrebbero dovuto fare corsa dura. Così, in accordo tra di noi abbiamo deciso di anticiparli. Mi sono fatto quasi 60 chilometri di fuga in totale, con l’idea di dare appoggio a Bessega. Lui doveva rientrare sul primo passaggio a Chiusdino e così è stato». 

«La tattica? Andare insieme a Donati – dice Bessega con ancora le gambe che pulsano dopo la volata per il secondo posto – e spingere a blocco fino alla fine. Donati era uno di quelli meno controllati e aveva maggior libertà di azione. Ho preso un buco nell’ultimo chilometro, ma sono riuscito a ricucire su Alvarez e Kristoff. Alla fine il norvegese è andato per la vittoria e Alvarez e io per il secondo posto. Ci abbiamo provato e siamo felici di quanto fatto in questi giorni».

L’Eroica Juniores si ferma, tra “scioperi” e indicazioni sbagliate

20.04.2024
5 min
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MONTEVARCHI – Le nuvole nere che hanno coperto Siena al nostro risveglio si sono aperte come un sipario giusto per la partenza. Il sole si è affacciato giallo e chiaro, ma orfano del suo solito calore primaverile. La corsa è partita in tempo per godersi il panorama di Siena e delle colline, ma poco dopo il sipario nero si è richiuso, sputando freddo e acqua in testa ai corridori. Al passaggio iconico di Gaiole in Chianti, centro nevralgico de L’Eroica, la grandine ha ricoperto la strada. Nello scendere a Montevarchi l’acqua scorreva nelle canaline come un fiume in piena. Il risultato è l’annullamento della terza tappa.

Il dispiacere di Brocci

A Montevarchi tutto era già pronto per accogliere l’Eroica Juniores Nations Cup, una festa organizzata ma mai celebrata. Appena arrivati nel parcheggio delle ammiraglie abbiamo visto i primi corridori passare tra le macchine infreddoliti e tremanti. Al momento non si era ancora al corrente dell’annullamento della tappa

A parlare dopo l’annullamento della corsa è stato Giancarlo Brocci: «La decisione è come l’arbitro nel calcio – ci spiega – la prendono la giuria e la direzione di corsa. Le condizioni vanno valutate chilometro per chilometro, sapendo che il primo bene da salvaguardare è il benessere dei ragazzi. Questo è il criterio, la giuria è andata in quella direzione, ma anche per il contatto con i corridori. Dopo il traguardo volante di Gaiole sono andato direttamente in cima a Monte Luco, al GPM di giornata. Ho visto che c’erano tre centimetri di grandine che dal versante gaiolese del Monte Luco non mi permettevano di andare avanti. L’ultima discesa, quella che avrebbe portato a Montevarchi, sarebbe stata comunque impossibile da affrontare». 

La giuria 

In gruppo si vocifera di un errore di comunicazione e che i corridori abbiano sbagliato strada nei pressi di Cavriglia. Nel tratto che avrebbe portato ad attraversare il centro di questo paesino il lastricato non permetteva il passaggio in sicurezza dei corridori. Alcuni hanno tirato dritto, evitando il pericolo, altri, invece, sono entrati nel centro storico costringendo la giuria ad una decisione. 

Il comunicato ufficiale della Giuria recita così: “Per ragioni di sicurezza e di condizioni meteo avverse, la tappa è stata inizialmente neutralizzata dopo 56,1 chilometri e successivamente è stato deciso dall’organizzazione e dalla giuria di cancellare la terza tappa in quel punto. I risultati restano quelli acquisiti dopo la seconda tappa”. 

Sciopero

Il volto dei ragazzi e di qualche direttore sportivo era scuro, quasi come il cielo che copriva le loro teste. La decisione finale è stata quella di annullare la tappa, anche se non tutto è stato chiaro. 

«Il problema – ci spiega il direttore di corsa Paolo Maraffon – è che la corsa doveva entrare dentro Cavriglia, ma non c’erano le condizioni di sicurezza per il traguardo volante. In corsa avevamo deciso di andare dritto e saltare il centro storico. Dove dovevamo girare era presidiato da una persona, se non che qualcuno ha letto Traguardo Volante a un chilometro e alcuni corridori, non i primi, sono entrati in paese. Insieme alla giuria non siamo riusciti nemmeno a trovare i numeri e quindi siamo stati costretti a neutralizzare la corsa».

«Fino a quel momento – prosegue Maraffon – non era stato deciso di neutralizzare la corsa per il meteo. Probabilmente si sarebbe potuto fare l’arrivo in cima a Monte Luco. Solo che a Levane, dove c’è stata l’effettiva neutralizzazione, i corridori sono andati dritti alle macchine. Quindi alla fine la decisione è stata quella di non ripartire, i ragazzi hanno praticamente fatto sciopero. Per carità, tutto legittimo, anche perché avevo quattro ragazzi in macchina e tutti tremavano dal freddo. Uno di loro lo abbiamo dovuto accompagnare in due tenendolo per le braccia».

Kristoff, fratello d’arte, conquista Siena e pareggia la sfortuna

19.04.2024
5 min
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SIENA – L’occhio da Cinigiano si perde verso l’orizzonte e scorre veloce verso Siena, sull’arrivo di Piazza del Campo. Qui, dove qualche mese fa Tadej Pogacar ha disegnato una delle sue imprese più belle, i ragazzi sognano di ripercorrere le sue gesta. Per un giovane che guarda al ciclismo con aria sognante e che spera, un giorno, di correre tra i grandi, questo è un bell’assaggio di futuro. 

L’Eroica Juniores Nations Cup nella sua seconda tappa in linea mette in palio un pezzo di storia recente del ciclismo. Ad aggiudicarsi l’arrivo più prestigioso di questa edizione è Felix-Orn-Kristoff, norvegese classe 2006. Regola il gruppo con una volata fatta con le ultime energie rimaste in corpo. 

«E’ qualcosa di veramente bello – commenta a caldo mentre le sue ruote lo accompagnano al podio posto sotto la Torre del Mangia – incredibile direi. Divento pazzo se penso a quanti grandi corridori sono passati qui, che grande occasione. E che bella vittoria!».

Ancora i segni addosso

L’Eroica Juniores Nations Cup si lecca le ferite a meno di ventiquattro ore dalla giornata che ha mandato a casa alcuni dei pretendenti alla vittoria finale. Lorenzo Finn non ce l’ha fatta a ripartire. Con lui abbandona la corsa anche Stefano Viezzi, il campione del mondo ciclocross. I due italiani non sono gli unici nomi illustri a lasciare la corsa, a loro si aggiunge Erazem Valjavec, lo sloveno secondo a Roubaix meno di dieci giorni fa. Anche il vincitore di oggi ha ancora i segni sul corpo, specialmente sulle gambe, dovuti alla tappa di ieri. 

«Stamattina – racconta – mi sentivo bene. Ho qualche livido e dei segni ma nulla di grave. In realtà alcune di queste escoriazioni me le sono fatte alla Parigi-Roubaix (dice ridendo, ndr). La caduta di ieri ha compromesso la classifica generale, quindi rimanevano solo le tappe. Da qui in poi mi concentrerò su queste e mi viene da dire che abbiamo già rimediato bene».

Al riparo dai danni

Le colline che accompagnano la corsa sono carezze morbide agli occhi. Su questi dolci pendii poggiano paesini minuscoli, di una bellezza incantata, tanto che viene da chiedersi se siano stati adagiati da mani invisibili o se siano davvero opera dell’uomo. Troppo dolci per creare un buco, così la corsa diventa nervosa, fatta di continui scatti e allunghi

«Sono entrato nella fuga del mattino – racconta ancora Felix-Orn-Kristoff – per restare al sicuro nei tratti di strada bianca e per anticipare. Ero con ragazzi molto forti, ma ci hanno ripreso perché il vento era contrario e non ci ha favoriti. Una volta ripresi ho deciso di aspettare, provare ad uscire voleva dire tornare subito in gruppo. Tutti gli attacchi sono durati pochi chilometri, se non metri. Ho fatto la scelta giusta, bene così, ora arrivano altre corse».

Oggi quattro settori di strada bianca, per 18 chilometri complessivi
Oggi quattro settori di strada bianca, per 18 chilometri complessivi

Futuro già segnato

Felix-Orn-Kristoff è uno di quei ragazzi con il futuro già scritto, almeno per una piccola parte. Dal 2025 correrà con la Circus-ReUz, il devo team della Intermarché-Wanty. Ha già firmato anche un contratto che lo lega al team WorldTour per le due stagioni successive: 2026 e 2027

«Ho firmato con loro – dice – a gennaio o febbraio di quest’anno. In realtà mi avevano contattato dopo il mondiale di Glasgow (terminato in terza posizione, ndr). Stavano già selezionando i corridori per il team del 2025 e ci siamo avvicinati sempre di più. Un solo anno nel devo team non è poco, avrò comunque l’occasione di crescere anche quando sarò nel WorldTour. Non dovrò andare subito al Tour de France (dice ridendo, ndr). Ci sarà modo di fare corse più impegnative ma anche di gareggiare per provare a vincere».

Tanti attacchi in gruppo ma nessuna selezione
Tanti attacchi in gruppo ma nessuna selezione

Un fratello su cui contare

Il cognome Kristoff riporta alla mente quello di Alexander, corridore della Uno-X. Vincitore, tra le altre corse, di una Sanremo e di un Fiandre. I due sono fratelli, anche se vista la grande differenza di età non si direbbe».

«Dovreste chiederlo ai nostri genitori come mai abbiamo così tanti anni di differenza – scherza – ma siamo fratelli. Avere vicino una figura come la sua è bello e stimolante. Mi piace fargli domande sulle gare, per esempio a quale pressione gonfiare i copertoni per la Roubaix. Siamo anche molto simili come tipologia di corridore, vedremo se riuscirò a seguirlo, ma senza pressioni. 

«Penso di essere uno scattista, un puncheur – incalza ancora prima di farci porre la domanda – per via delle mie qualità tecniche. Mi piacciono le salite corte ed esplosive, più o meno come quella di ieri. Forse era troppo corta e rischiosa, gradisco di più chilometraggio superiori con maggiori strappi. Posso essere un corridore da corse di un giorno, da classiche. Il mio risultato nell’ultima Roubaix è condizionato dalla caduta, ma so che ho di più nelle gambe. Oggi l’ho dimostrato».