Tra i vari ragazzi che Giuseppe Di Fresco ha presentato alla Casano Matec ce n’è uno che ha al suo interno geni ciclistici di qualità: Alessandro Failli è infatti nipote di quel Francesco che dopo essere stato per oltre 10 anni pro’ è ancora apprezzato protagonista nelle granfondo di mtb, alla Cicli Taddei. Un amore, quello del 16enne toscano, nato seguendo proprio le gesta di Francesco, ancora su strada quando nacque Alessandro: «Spesso il papà lo portava a vedere le mie corse e così pian piano si è appassionato, iniziando a gareggiare fra i G5. Io ero stato più precoce, già G1…».
Come sono stati i suoi primi anni?
E’ una forza della natura. Mi ha stupito soprattutto nel periodo del lockdown: veniva in bici con me 3-4 ore e non si staccava mai, ha fatto un cambiamento fisico enorme. Mi dicevo «Ma è lui che va forte o io che sto invecchiando?…». Ha fatto la prima gara da Allievo 1° anno e l’ha vinta e da lì ha iniziato una bella stagione, con oltre 5 successi.
Che tipo è?
Disincantato, prende tutto senza stress. Si diverte in bici e per la sua età è importante. Nel definirlo, io dico che sempre che se casca il mondo, lui si sposta… Quando si allena, neanche guarda le strade, poi mi chiama per andarlo a prendere e neanche sa dov’è… Vive tutto senza grande pressione, almeno finora, perché gli continuo a dire che ora c’è un team che ha investito su di lui e giustamente pretende risultati, si comincia a fare sul serio. Ma è giovanissimo, ci vuole tempo.
Si sente dalle tue parole che gli sei molto legato…
E‘ cresciuto con me. I genitori lavorano, io mi allenavo di mattina e poi andavo a prenderlo a scuola da piccolo e stavamo insieme. Siamo cresciuti insieme.
Parlate mai di ciclismo, delle tue gare, del suo futuro?
Poco. Per ora non ha l’assillo della carriera ciclistica, se non sfonda vorrà dire che si troverà un lavoro (studia all’Alberghiero, ndr). Non sente pressione e questo può essere anche un vantaggio, ma deve capire che i tempi non sono come i miei, il ciclismo ora consuma tutto molto presto. Ora è junior e questi sono due anni fondamentali, nei quali deve farsi vedere.
Come corridore è simile a te?
Non direi, intanto perché ha un fisico via via più imponente, poi perché rispetto a me è un corridore forse anche più completo, molto veloce ma che tiene in salita. Io veloce non lo sono mai stato, forse sugli strappi avevo ancora qualcosa in più.
In allenamento segue particolari tabelle?
Finora non lo ha mai fatto, i suoi allenamenti erano un po’ naif, pensa che quando doveva fare le ripetute di 30” e gli chiedevo come faceva senza alcuno strumento mi diceva che contava a mente… Ora chiaramente è in una squadra, ha un preparatore e gli dico sempre che deve seguire quello che gli dice, anch’io faccio un passo indietro. Ora comincia a usare misuratore di potenza e garmin, deve cambiare ottica e pian piano lo sta facendo.
Dicevi prima che vive in un ciclismo dove non si ha la pazienza di aspettare. Con te la ebbero?
Sicuramente, anche se passai pro’ molto presto. Ma sia da dilettante che agli inizi da pro’ mi diedero tempo per crescere, per imparare. Oggi tutto questo tempo non c’è più.
Tu sei stato sempre molto attento al gioco di squadra, un concetto che hai trasbordato anche nella mountain bike dove si è sempre detto che è uno sport più individualista…
E’ un concetto al quale sono molto legato. Ho fatto da gregario a campioni come Garzelli e Di Luca, ho sempre avuto forte l’idea che bisogna applicarsi nel fare il proprio lavoro, se lo fai bene quella è una vittoria. Nessuno si è mai lamentato, in quei 10 anni mi sono fatto molti amici.
E Alessandro come si trova a fare gioco di squadra?
Glielo stanno insegnando. Lui rispetto a me ha però una mentalità più vincente. Le sue gare le ho viste quasi tutte e ha la gran capacità di non sprecare quasi niente, di gestirsi davvero in maniera esemplare per vincere e questa è una grande dote che mi dà molta speranza.
Veniamo a te. Guardandoti indietro, non pensi di aver chiuso abbastanza presto?
Avevo 31 anni, forse avrei potuto tirare ancora, ma gli ultimi due anni con Citracca alla Vini Farnese ero rimasto deluso dal fatto che preparavo il Giro d’Italia ma rimanevo sempre escluso. Forse a ben guardare quel mondo mi aveva dato abbastanza, avevo bisogno di cambiare. Francesco Casagrande mi propose di passare alla mtb e dissi subito di sì. A gennaio stavo ancora preparando la stagione della strada, a marzo avevo già esordito in mountain bike…
Ti manca quel mondo?
Non tanto le gare mi manca un po’ l’atmosfera di gruppo, l’adrenalina che si sente. Nella mountain bike è tutto molto più tranquillo. Alla Cicli Taddei viviamo le gare pensando proprio all’obiettivo generale, con Francesco ci siamo trovati tante volte davanti e non abbiamo mai discusso su chi doveva vincere, è indifferente. Ora è arrivato anche un altro ex pro’, Riccardo Chiarini, siamo un bel gruppo.
Tu sei alla soglia dei 40 anni, Casagrande ha già superato i 50, sei un ragazzino al confronto…
Facciamo una bella coppia. Lui ha paura che smetto io, io che lascia lui… Ora abbiamo in programma la partecipazione alla Vuelta Andalucia, gara a coppie dell’Uci Marathon Series, ma non correremo insieme. Lui dice che vado troppo forte e vuole prendersela con più calma, correrà con un giovane. Eppure vi assicuro che dà ancora la paga a tutti…