Mas ad Andorra ha messo il Tour nel mirino

29.05.2022
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Non c’è solo il Giro. Fuori da qui si lavora alacremente verso il Tour, che sembra lontano, ma è dietro l’angolo. Se non altro perché il 5 giugno comincia il Criterium du Dauphinée e il 12 il Giro di Svizzera, banco di prova per i pretendenti alla maglia gialla, giunti agli ultimi giorni di altura. Fra loro c’è Enric Mas, leader spagnolo del Movistar Team che a 27 anni sta vivendo una stagione cruciale.

Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra
Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra

Questione di esplosività

Non fate caso alle vittorie, poiché non ce ne sono state. Andate però a guardare i piazzamenti. Il settimo posto a Bellante e l’ottavo l’indomani a Fermo, durante la Tirreno-Adriatico. Il doppio quinto posto al Giro dei Paesi Baschi (senza la caduta sarebbe forse salito sul podio). E le Ardenne corse da protagonista in appoggio di Valverde. Il corridore di Mallorca ha scoperto una brillantezza inedita, merito dei lavori specifici svolti dopo anni di allenamento poco approfondito, per non dire casuale. E così, dopo una primavera in cerca dell’esplosività perduta, Mas si è rimesso con la testa e le gambe sulle salite lunghe, con la supervisione di Leonardo Piepoli che da quest’anno ne segue il lavoro.

E noi a lui ci siamo rivolti, per fare il punto su uno dei pochi corridori su cui la Spagna può puntare per le classifiche generali, ora che Valverde pedala verso il ritiro.

Come procede il lavoro?

Direi bene, anche se in ritiro Enric si è ammalato e ha perso quattro giorni di lavoro. E’ il corridore ideale con cui lavorare. Quando sei da qualche anno in questo mondo, ci sono frasi dalle quali puoi capire come finirà la carriera dell’atleta che hai davanti. Lui domanda cosa deve fare, quando dovrà andare in altura e quando dovrà ripartire. Non ha mai chiesto di fare meno. Crede nelle sue potenzialità, ma a questo punto la responsabilità passa a me. Non posso sbagliare, perché allo stesso modo in cui mi ha accettato, potrebbe cancellarmi.

Dicesti che stando ai dati, sembrava si allenasse poco…

L’ho detto anche a lui. Che era sbalorditivo che arrivando ai Giri con così poco lavoro, avesse le doti per crescere regolarmente di condizione sino alla fine.

Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Arriva bene al Tour?

Direi di sì. In questo ritiro prima del Delfinato ha ripreso a lavorare sulle salite lunghe. Prima avevamo puntato a colmare la lacuna negli sforzi brevi e intensi. Ha fatto l’altura ad Andorra, comodo anche per i corridori che vivono lì, perché si trovano vicino alle famiglie.

Salite lunghe?

Tanta resistenza e la giusta quantità di lavori specifici. So che alcuni non fanno lavori, ma propongono allenamenti sempre tirati. E’ vero quello che vi ha detto Moser, osservo quello che fanno gli altri. Molti si allenando dando semplicemente gas, un metodo che secondo me va contro gli studi di fisiologia. Facevano così i russi: il fenomeno veniva fuori e gli altri si perdevano. Io provo a ottenere il meglio per ognuno. Freire con il suo mal di schiena non avrebbe mai vinto le Sanremo e i mondiali, se avesse dovuto lavorare a quel modo.

Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Quindi mantieni le ripetute?

La ripetuta serve a dare un carico adeguato, per migliorare nel tempo. Mi rendo conto che atleti come Pogacar e Van der Poel lavorano diversamente, ma hanno un margine di errore così ampio, che non se ne accorgono nemmeno. Come quando tutti volevano andare agili, perché Armstrong girava a quel modo. O quando tutti andavano duri per imitare Ullrich e Bugno. Ognuno ha le sue idee. Io cerco di mettere l’intensità a inizio salita e poi si va sulla parte aerobica.

Cosa dice Mas davanti a miglioramenti così evidenti?

Si è accorto del cambiamento lo scorso anno a Jaen, alla Vuelta. Arrivò secondo a 3” da Roglic, su una rampa che gliene sarebbe costati 30. Quando ho iniziato a lavorare con lui, dissi che mi sembrava banale dover lavorare sull’esplosività. Faceva una gran fatica per guadagnare 20” sulle salite lunghe e poi li perdeva su strappi di pochi chilometri.

Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Cosa possiamo aspettarci al Delfinato?

Può andare benino, è certamente un esame, ma non mi aspetto che vada forte. Tra il Delfinato e la prima tappa di montagna del Tour, a La Planche des Belles Filles, c’è quasi un mese. Per fare una buona classifica, Mas deve arrivarci con la stessa condizione della Tirreno o dei Baschi. E se la trova per il Delfinato, è sicuro che poi calerà.

La Movistar ha fatto ricognizioni sulle tappe del Tour?

Hanno fatto un primo giro sui Pirenei. Anticiperanno di un giorno la partenza per il Delfinato per vedere il Col du Granon e l’Alpe d’Huez. E faranno in questi giorni la tappa di Foix, ancora sui Pirenei, partendo da Andorra in un giro di 200 chilometri.

Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Ti risulta che anche Mas abbia rischiato di finire in un’altra squadra?

Credo che possa aver ricevuto delle offerte, come sono certo che la sua idea sia sfruttare le proprie chance. Il peggior risultato in una corsa a tappe è stato il sesto posto. Secondo me fa bene a provarci.

Movistar Team, parla Sciandri: «E’ un periodo di transizione»

22.02.2022
5 min
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Maximilian Sciandri è giusto di ritorno da un sopralluogo sul Monte Carpegna, che si scalerà due volte nel corso della sesta tappa della Tirreno-Adriatico. Il direttore sportivo ci parla della sua squadra, la Movistar Team. L’ha già guidata in gara in questa stagione, a partire dalla Valenciana.

Lo storico gruppo di Eusebio Unzue sta vivendo un momento di transizione. In autunno parlammo dell’addio di uno dei suoi direttori sportivi storici, Arrieta, e degli altri cambi nella dirigenza tecnica. Senza contare il viavai di campioni nel corso di questi ultimi anni. Sono andati via Nairo Quintana, Miguel Angel Lopez e Mikel Landa ed arrivato Enric Mas. Mentre il punto fermo resta Alejandro Valverde.

La schiera di giovani però non manca. Su 29 atleti, 16 hanno meno di 27 anni e in cinque potrebbero ancora correre con gli under 23.

Maximilian Sciandri (classe 1967) è alla Movistar dal 2019
Maximilian Sciandri (classe 1967) è alla Movistar dal 2019
Max, che ci facevi sul Carpegna?

Alla Tirreno ci sarà Mas e vuole fare bene. Io il Carpegna non lo ricordavo bene. Lo avevo fatto ad un GiroBio e ad una Coppi e Bartali e così sono partito da casa per andarlo a ripassare. 

Che era sta vivendo la Movistar?

É un momento di cambiamento. Noi crediamo molto in Enric Mas e quest’anno stiamo pensando ad un approccio diverso ai grandi Giri. Un modo di correre meno attendista e più d’attacco, cosa che non ha mai fatto. Cercherà di proporsi un po’ di più, ma dirlo è una cosa, farlo è un’altra. E poi c’è il mitico Valverde, che tra l’altro ha già vinto, che smetterà a fine stagione.

Eterno Alejandro…

Oltre a Mas e Valverde, c’è poi una lunga schiera di giovani, guidati da Ivan Cortina, Alex Aranburu e Ivan Ramiro Sosa: tutti loro hanno potenzialità che per un motivo o per un altro non sono riusciti ad esprimere. Ma il nostro periodo di passaggio passa anche per l’arrivo di Patxi Vila e per la sua figura di performance manager. Lui ha portato tre preparatori e un nutrizionista con la sua “etichetta” e questo per noi è un qualcosa di nuovo. 

Annemiek Van Vleuten vittoriosa alla Comunitat Valenciana Feminas
Annemiek Van Vleuten vittoriosa alla Comunitat Valenciana Feminas
Un qualcosa ormai d’imprescindibile nel ciclismo moderno…

Sì, e poi abbiamo anche la squadra femminile. Una squadra molto importante e che ha già vinto. Una squadra in cui milita la Van Vleuten e questo la dice lunga sul fatto di voler investire da parte del team.

Squadra rimaneggiata, per certi aspetti nuova, ma come si trovano gli stimoli quando in gruppo non ci sono Mas o Valverde?

Ogni diesse ha la sua storia, il suo modo di fare e a me piace essere realista. Se al via di una Sanremo ci sono Alaphilippe, un Sagan in forma e un Van der Poel, non vi dico che siamo limitati, ma è molto probabile che lotteremo per un piazzamento… e neanche troppo alto. E allora si cerca qualcosa di diverso. Si cerca una fuga. So che è poco e questo non vuol dire che ci accontentiamo, però senza il leader di punta ti devi arrangiare e trovare stimoli in altri modi.

Domanda che abbiamo fatto più volte anche ad altri tuoi colleghi con corridori simili: ma un Mas, che tra l’altro è spagnolo, perché non punta forte sul Giro che può vincere e poi alla Vuelta? Tolti i tre tenori, che poi dopo l’incidente di Bernal quest’anno sono due, ci sono lui e Carapaz appena dietro…

Vero, Mas tiene molto bene alla distanza e con la defaillance di un corridore potrebbe cogliere un podio importante e andare un po’ oltre le aspettative. Però il Tour è il primo obiettivo. In passato, con altri sponsor, la Movistar lo ha anche vinto e resta centrale. La Vuelta invece è il secondo essendo un team spagnolo. Al Giro ci verremo con Valverde. Lui si divertirà…

Alejandro Valverde (a sinistra) ed Enric Mas sono i leader della Movistar
Alejandro Valverde (a sinistra) ed Enric Mas sono i leader della Movistar
Valverde che si diverte ci crediamo poco!

Nel senso che vedremo come andrà, come cercherà di dare caccia alle tappe o a quel che vorrà. Correrà in modo spensierato. No, no… so bene che Alejandro va alle corse per vincere. “Killer” come lui ce ne sono pochi. Ho lavorato con Gilbert che è simile e averli in squadra è una lezione di vita.

Avete preso il tedesco Max Kanter per le volate, bravo ma non uno sprinter di primissimo ordine… Non c’è proprio l’idea del velocista in questo gruppo?

No! Non appartiene a questo gruppo. Non c’è nella testa, nelle radici. Io credo che Eusebio (Unzue, ndr) non sacrificherebbe mai una classifica a squadre per un velocista. Poi magari mi sbaglio…

Intendi proprio la classifica a squadre nei grandi Giri, quella per tempi?

Sì quella. Ci tiene particolarmente.

Eppure con le nuove regole del WorldTour quest’anno quasi tutti i team si sono rinforzati col velocista…

In tanti lo hanno preso. Sono bricioline, ma alla fine anche quelle vanno bene per fare punti. Ma Eusebio ci tiene troppo a fare classifica nei grandi Giri.

Aranburu alla prese con i test pre-stagionali (da Instagram – Photogomezsport)
Aranburu alla prese con i test pre-stagionali (da Instagram – Photogomezsport)
Max, prima hai citato Sosa: che programmi avete per lui?

Nel dettaglio non ricordo, ma i suoi appuntamenti più importanti sono la Tirreno-Adriatico e il Giro d’Italia. E più in là, la Vuelta. Sosa è un ragazzo davvero interessante. Lui magari alla Ineos-Grenadiers aveva le ali un po’ tarpate, aveva voglia di cambiare.

E poi ci sono Gorka Izaguirre e Alex Aranburu: con loro si può pensare anche alle classiche del Nord?

Izaguirre è già stato in questo team. E’ un uomo di esperienza, di fondo. Puoi farlo tirare in salita e poi ritrovartelo nel fondovalle successivo. E’ scaltro. Insomma lo puoi utilizzare in un sacco di modi. E Aranburu è un buon corridore. E’ veloce negli arrivi ristretti. Per crescere dovrebbe approfittare della vicinanza con Valverde, magari è uno stimolo in più per lui. E lo stesso discorso vale per Ivan Cortina.

Perché?

Perché anche Ivan doveva fare di più, ha un buon potenziale e ancora non si espresso al massimo. Insieme ad Aranburu potrebbe avere degli stimoli in più. Per quel che riguarda le classiche del Nord che dire: io manco da lassù dai tempi della Bmc e in 3-4 anni non ho la progressione del gruppo sottomano per valutare davvero le possibilità di questi nostri corridori. Insomma avere il polso della situazione, perché abbiamo visto che progressioni ci sono ogni anno, che incrementi di prestazioni. Si è visto come affrontano i grandi Giri, ma anche le piccole corse a tappe ormai. Per ora, quel che posso dire è che spero che Aranburu possa fare bene.

Ma questo Mas è forte davvero? Chiediamolo a Piepoli

23.01.2022
6 min
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Partiti Lopez e Soler, dando per scontato che Valverde farà l’ultima stagione in assoluta libertà e aspettando che Einer Rubio e Ivan Sosa oltre al profumo mostrino l’arrosto, il leader del Movistar Team al Tour e poi alla Vuelta sarà Enric Mas. Ventisette anni, professionista dal 2017, 60 chili e quasi 1,80 di altezza, il corridore di Mallorca da qualche mese ha cambiato preparatore ed è stato affidato a Leonardo Piepoli.

Il ragazzo ha 27 anni, non è più un bambino e frequentando il mondo delle corse si è avuta spesso la sensazione di una certa insicurezza per la quale ha spesso commesso degli errori tattici.

Il secondo post finale della Vuelta ha fatto scattare una molla decisiva in termini di autostima
Il secondo post finale della Vuelta ha fatto scattare una molla decisiva in termini di autostima

«E’ un corridore che in carriera – commenta Piepoli – farà podio al Tour e vincerà un grande Giro. Due volte secondo alla Vuelta, quinto e sesto al Tour non li fai per caso. Ma è vero che non è il tipo che parte da leone, ha bisogno prima di rafforzare l’autostima e poi diventerà anche lui un leone…».

Come si faccia a trasformarlo in leone è quello che cercheremo di capire nei prossimi minuti parlando con Leonardo, da poco rientrato in Puglia dal ritiro della squadra. Anche in questo il mondo Movistar è cambiato parecchio, dagli anni recenti in cui i ritiri venivano ritenuti superflui mentre il resto del mondo ne aveva fatto un passaggio cruciale. L’arrivo di Patxi Vila alla guida dei tecnici ha razionalizzato le abitudini e allineato la Movistar con il resto del gruppo.

A Valdepenas de Jan alla Vuelta tiene testa a Roglic, mostrando un nuovo cambio di ritmo
A Valdepenas de Jan alla Vuelta tiene testa a Roglic, mostrando un nuovo cambio di ritmo
Secondo te Mas è forte davvero?

Adesso posso dire di sì. Prima non lo conoscevo. Lo avevo visto andare subito forte alla Quick Step, appena passato. Due vittorie al secondo anno e un gran lavoro al Nord per Alaphilippe. Finché è arrivato qua e ha chiesto di lavorare con me. Purito Rodriguez mi diceva che è molto forte e ha metodo nel lavoro, così a fine gennaio scorso ho cominciato a lavorarci. Come prima cosa ho guardato i file di allenamento e ho notato che nell’arco di una settimana faceva solo due salite lunghe e per giunta a Mallorca. Gli capitava di fare sei ore per cinque volte all’anno. Lo prendevo in giro dicendogli che non si allenasse e lui mi guardava strano. Infatti nonostante ciò, finiva i Giri in crescendo. All’ultimo Tour ha avuto un giorno storto, ma era con i migliori. E alla Vuelta ha fatto uno step decisivo.

Che cosa significa tutto questo?

Che c’è motore ed è allenabile. Così abbiamo preso la sua preparazione e abbiamo cambiato direzione. Ha margini importanti, ma ha fatto fatica a trovare dei miglioramenti. Al Catalunya ha fatto una gran fatica, stessa cosa al Giro dei Paesi Baschi, stentava a fare il salto di qualità.

Ancora la Vuelta, all’Altu d’El Gamoniteiru arriva 3° dietro Lopez e Roglic
Ancora la Vuelta, all’Altu d’El Gamoniteiru arriva 3° dietro Lopez e Roglic
Come mai?

Ci ho pensato parecchio. Nei primi anni era vincente già in avvio di stagione. Le corse nei dilettanti gli avevano dato brillantezza e cambio di ritmo e correndo molto, la qualità non decresceva. Quando poi da professionista il numero delle corse è andato scendendo, ha perso quella qualità. Di suo ha poco cambio di ritmo. Inquadrata questa caratteristica, abbiamo lavorato per costruirla e a quel punto c’è stata la svolta. Sull’arrivo di Valdepenas de Jaen se l’è giocata e alla fine è arrivato a 3 secondi da Roglic: l’anno prima ne avrebbe presi almeno 20. 

Perché la Vuelta è stata lo step decisivo?

Perché è rimasto a giocarsela con Roglic, sia pure con un distacco in qualche modo falsato dalle crono, dove ancora non ci siamo. Due minuti e mezzo sono troppi da regalare.

E comunque è arrivato secondo dopo il sesto posto del Tour…

Anche di questo si può parlare. Fra le due corse c’erano tre settimane in cui ha fatto poco o niente. E’ tornato a Mallorca, mentre come tutti gli altri sarebbe dovuto andare ad Andorra, dove ha la residenza, per lavorare al fresco e fare salite. Sono gli aspetti su cui intervenire, magari partendo dall’osservazione di quello che fanno gli altri.

Crono di apertura della Vuelta a Burgos, passivo di 18″
Crono di apertura della Vuelta a Burgos, passivo di 18″
Lui è convinto di volerlo fare?

E’ contento, perché la Vuelta gli ha dato fiducia. Ha perso terreno solo ai Lagos de Covadonga, ma solo perché il giorno prima era caduto male. Si è visto brillante in salita e gli è venuto morale. E intanto abbiamo iniziato lavorare sulla crono.

In che modo?

Quest’anno è arrivato Velasco, che era responsabile dei materiali all’Astana. Su lui e pochi altri ci stiamo concentrando, sperando di eliminare o ridurre quel gap.

Un inverno diverso quindi per lui?

Sta lavorando tantissimo, cosa che l’anno prima non si era riuscito a fare. Ma c’è da capirlo, con la Vuelta finita a novembre e la ripresa subito a tutta.

Quando debutterà?

Farà 2-3 prove a Mallorca, casa sua. Poi Volta Valenciana, ritiro a Sierra Nevada, Tirreno o Parigi-Nizza. Baschi. Freccia e Liegi. Altura. Delfinato e Tour. Tolti Roglic e Pogacar, il terzo posto del Tour è aperto a 4-5 corridori e lui è uno di questi. Il trend è di crescita ed è positivo che gestisca bene lo stress e situazioni come i ventagli che per uno scalatore di solito sono ostili. Ma lui è alto, si difende bene.

Come ti trovi nel tuo ruolo?

Bene, molto bene. Patxi ha portato una bella organizzazione. Io seguo i ritiri e quando serve vedere un corridore, vado a trovarlo e si fanno 3-4 giorni assieme. Quest’anno non mi dispiacerebbe affacciarmi alla Tirreno-Adriatico, che viene bene anche logisticamente. Ma resto nei miei panni di allenatore, per l’ammiraglia ci sono i direttori sportivi.

L’inverno di Valverde: riposo, ambiente e… la solita fame

29.11.2021
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Meno di dieci parole per chiuderla definitivamente: «2022 va a ser mi último año, sí o sí». Il 2022 sarà il mio ultimo anno, accada quel che accada. C’è poco da fare però, quando Valverde parla di ritiro, c’è sempre chi dà di gomito. Un po’ come quando si parla di Rebellin, ma con dieci anni in meno. La Movistar ha chiuso il primo ritiro a Pamplona e questa volta il murciano ha tagliato corto con una serenità mai vista prima.

«Intendiamoci – ha detto Alejandro allo spagnolo Marca – il Lombardia è finito a quel modo perché Pogacar ha avuto l’intuizione di anticipare, ma io non mi sentivo inferiore a nessuno. Non smetto perché credo di non farcela più, ma perché ho 42 anni e ho vinto tutto. Fare il professionista è molto esigente, richiede tanti sacrifici. E probabilmente è arrivato il momento di prendermi cura di me stesso e del mio corpo».

Il 16 novembre, al progetto di piantumazione nell’area di Sanguesa. Qui Mas, Valverde, Martin e Oyarbide (foto Movistar Team)
Con Sara Martin al progetto di piantumazione di Sanguesa (foto Movistar Team)

Prima l’ambiente

I suoi tifosi hanno sorriso vedendolo con la zappa in mano, mentre piantava un leccio (foto di apertura). Nei primi giorni di novembre, infatti, la Movistar ha partecipato alla piantumazione di mille alberi nell’area spoglia di Sanguesa, coinvolgendo Unzué e alcuni dei corridori più rappresentativi: Valverde in testa, Mas, Lourdes Oyarbide e Sara Martin.

L’operazione si è svolta anche con il patrocinio di Volvo, che fornisce le ammiraglie al team. Le mille piante dovrebbero neutralizzare circa 200 tonnellate di anidride carbonica per i prossimi 40 anni. E questo consentirebbe a Movistar di compensare le 176 tonnellate di emissioni di carbonio prodotte nel 2019, grazie al calcolo effettuato proprio da Volvo e riconosciuto dal Ministero per la Transizione Ecologica.

Al Lombardia si è sentito al livello dei primi: «Pogacar ha vinto grazie a una grande mossa tattica»
Al Lombardia si è sentito al livello dei primi: «Pogacar ha vinto grazie a una grande mossa tattica»

Dal Belgio al Giro

Il programma già stilato è di tutto rispetto. Giro, Vuelta e niente Tour. Anche se con la consueta generosità dice che se la squadra lo chiedesse, potrebbe valutarlo: «Ma solo per aiutare. Normalmente non mi interessa farlo. Il Giro invece mi ha affascinato nel 2016, per l’affetto dei tifosi e per gli scenari. E la Vuelta… è la Vuelta. Ci sarà una tappa nei dintorni di Murcia e dicono che sarà disegnata come piace a me. Sarebbe un bel modo di salutare».

Passerà da queste parti già a marzo, per la Strade Bianche, dopo il debutto a Maiorca, poi Valencia, Murcia e Andalucia.

«Dopo questo primo blocco – spiega – riprenderò fiato e deciderò se fare Catalunya o Paesi Baschi preparando la Freccia Vallone e la Liegi. L’Amstel è da vedere. Sono corse difficili, dure e imprevedibili. Alla Liegi (vinta 4 volte, ndr), ad esempio, devi essere sempre concentrato perché da un certo punto in poi ogni azione può essere quella giusta. Alla Freccia Vallone (vinta 5 volte, ndr) non puoi sbagliarti di un solo metro, perché il Muro d’Huy non perdona…».

Cercasi erede

La Movistar intanto studia. Dopo la rivoluzione tecnica che ha visto l’allontanamento di Arrieta e la separazione da Miguel Angel Lopez, la squadra spagnola è in cerca di nuovi riferimenti. Il presente parla di Enric Mas e Ivan Sosa. Il primo arriva del secondo posto della Vuelta e il sesto del Tour. Il secondo arriva dal team Ineos Grenadiers dopo tre stagioni di su e giù. In attesa di capire se dalla nidiata dei giovani potrà farsi avanti qualcuno in grado di non far rimpiangere il vecchio murciano, saranno loro gli uomini su cui puntare.

«Enric Mas – dice Valverde, parlando quasi come un dirigente – sembra molto più esperto e fiducioso. Penso che stia facendo passi importanti a poco a poco. Farà sicuramente bene. Per quanto riguarda Sosa, abbiamo grandi aspettative su di lui. Ha molte qualità. Ha vinto due volte a Burgos e nel 2019 mi ha quasi impedito di vincere in Occitania. Farà bene. Sosa è pronto per guidare la squadra».

Se c’è la salute…

Alejandro, della cui squadra giovanile abbiamo raccontato da poco, chiude strizzando l’occhio a se stesso. Ammettendo di smettere per scelta e non perché non si senta più in grado di reggere il confronto.

«Non sto peggio delle altre stagioni – dice – sicuro meglio del 2020. Per tutto quello che è successo al mondo, quello è stato un anno strano e per me in modo particolare. Abbiamo finito con la Vuelta l’8 novembre e abbiamo ricominciato subito ad allenarci per il 2021. Anche l’ultima stagione di conseguenza è stata particolare, con segnali di un buon Valverde (per lui tre vittorie e sette podi, ndr), ma lontano dal migliore. Quest’inverno mi sono preso un mese di riposo e adesso ho ripreso regolare e senza voler forzare i tempi. Sono contento del modo in cui arrivo al debutto. Con allegria, ambizione e tranquillità. Se la salute mi assiste, sarà di sicuro un buon anno».

Juniores, chi gli insegna il ciclismo? Punto dal cuore della corsa

03.09.2021
5 min
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Questi ragazzi vanno forte. La salita di Fosdinovo ha fatto differenze, ma l’hanno affrontata ad un passo importante. E stamattina la semitappa di Marinella di Sarzana di 48,3 chilometri, pur piatta, l’hanno volata in un’ora. Il Giro della Lunigiana juniores decolla. E qualcuno in aggiunta dice che il livello quest’anno non sia particolarmente elevato…

Ai tempi del Polar

Oioli a Fosdinovo è seduto per terra e respira a pieni polmoni la vittoria e guardandolo non sembra neppure uno di quelli tiratissimi e già pronti per i pro’. Nessuno di loro lo sarebbe ancora, ma qualcuno farà il grande salto.

«Ci vorrebbe un po’ di pazienza – diceva alla partenza Marcello Massini, tecnico pur vecchio dei dilettanti, ma di realismo fin troppo moderno – perché se gli si impedisce di finire il processo di crescita con carichi di lavoro eccessivi, andranno pur forte, ma durano poco. E quando arriva più un altro Nibali?».

Nella semitappa del mattino, vittoria di Alberto Bruttomesso del Veneto (foto Roberto Fruzzetti)
Nella semitappa del mattino, vittoria di Alberto Bruttomesso del Veneto

Accanto a lui annuiva Carlo Franceschi, che Nibali accolse in casa sua all’arrivo dalla Sicilia e ricorda esattamente la gradualità di ogni fase.

«Quando eravamo juniores Vincenzo ed io – diceva alla partenza Valerio Agnoli, al Lunigiana con il Comitato Regionale del Lazio – si andava alle corse a dir tanto con il Polar. Oggi hanno tutti il misuratore di potenza, mangiano da professionisti e sono così tirati che fai fatica a vederne i margini».

Oioli con Basso

Oioli s’è rialzato e ha smesso di ingurgitare aria. Il cuore ha ripreso un battito decente e ad ogni arrivo di un compagno di squadra, ha dispensato abbracci e grida. E’ piemontese come Ganna e Sobrero, Elisa Longo Borghini, Elisa Balsamo e anche come Francesca Barale…

Carlo Sciortino, talendo siciliano, all’arrivo con 1’16”
Carlo Sciortino, talendo siciliano, all’arrivo con 1’16”

«E’ stato un anno difficile – dice – e questa vittoria me la merito. Nelle gare junior ho imparato che non vince chi attende. Non sono gare pro’. Ho visto un’occasione e mi sono buttato. Avevo tanta fame ed è andata bene. Non sapevo che dietro fosse partito il francese, pensavo solo a spingere a tutta. Nell’ultimo chilometro mi sono girato davvero tante volte. Sono venuto qua puntando ad andare forte. Avevo un occhio per la classifica, oggi ho recuperato bene. Farò l’europeo probabilmente e, visto che la gamba c’è, spero di fare bene. Aiuterò la squadra se servirà o correrò per me, l’importante è andare forte. E poi spero nella convocazione per i mondiali».

Il prossimo anno correrà con la Eolo-Kometa degli under 23, mentre il cittì De Candido se lo coccola con lo sguardo e fa notare però che ieri lui è uno di quelli che ha dormito. Ma che ha imparato la lezione.

Oioli felicissimo e stremato sull’asfalto dopo il traguardo: «Nelle gare juniores non si aspetta: ho visto il varco e sono partito»
Oioli felicissimo e stremato sull’asfalto dopo il traguardo: «Nelle gare juniores non si aspetta: ho visto il varco e sono partito»

Bruttomesso con Faresin

Al mattino ha vinto Alberto Bruttomesso, vecchia conoscenza di bici.PRO, che nella volata a capo della velocissima… tappetta del mattino, si è lasciato dietro tutte le ruote veloci.

«Vincere una tappa al Lunigiana – dice – è molto prestigioso. Prima dell’inizio della corsa, sapevo che questa era adatta a me. Ho una condizione ottima. Per noi juniores italiani, questo Giro è come quello d’Italia per un professionista. Già partecipare è bello, ma vincere è meglio».

Bruttomesso è un altro di quelli che potremmo vedere al mondiale del Belgio, meno velocista del compagno Ursella, capace di reggere su salite di due chilometri: un corridore su cui costruire. Che il prossimo anno passerà under 23 con la Zalf, mentre il compagno Pinarello, anche lui junior si secondo anno, passerà professionista con la Bardiani.

La proposta di Geremia

Questi ragazzi vanno forte, ma forse gli manca qualcosa. Gianluca Geremia, ex Zalf e poi professionista per due anni alla Ceramica Flaminia, guida da quest’anno gli juniores del Veneto.

«Li vedi che vanno forte – dice – ma gli mancano le basi. Stamattina abbiamo fatto il treno, ma solo perché lo abbiamo provato. Non sanno cosa sia. Non sanno cosa sia una doppia fila e a volte anche prendere le borracce al rifornimento è un problema. Sanno allenarsi con tutte le accortezze tecniche, ma gli mancano le basi. Il saper leggere e scrivere che ti insegnano alle elementari. Qui ci sono ragazzi forti che andranno all’università del ciclismo senza avere i fondamentali. Per questo come tecnico regionale non mi dispiacerebbe organizzare dei ritiri in cui fare formazione. Certo, servirà avere l’autorizzazione dall’alto e anche l’appoggio delle società, ma credo non ci voglia tanto per capire che alla fine ne avranno tutti vantaggio».

Titanic? No, grazie

Questi ragazzi vanno forte, ma tutto poggia su idee, strutture e concezioni vecchie di anni. Si punta tutto sul motore e zero sul cervello. E va anche bene che i tempi sono cambiati e ci si deve rassegnare al fatto che passino sempre più giovani, la diciamoci la verità. Per paura che glieli soffino le WorldTour, i signori dei pro’ si affrettano a puntare sui più giovani con l’appoggio dei procuratori, che vanno a intercettarli sempre più piccoli. Ma se lo scopo è formare talenti che durino nel tempo e trovare in gruppo il rimpiazzo per Nibali, allora forse c’è bisogno di dare una frenata. Sennò si potrebbe consigliare a tutti l’ascolto di una vecchia canzone di Francesco De Gregori. Parla di una grande nave in viaggio dalla Gran Bretagna verso New York: «C’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole – dice l’ultima strofa – andiamo avanti tranquillamente…».

Permetti Unzue? Ci facciamo un po’ i fatti della Movistar

03.09.2021
5 min
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Il giorno dopo la vittoria di Lopez al Altu d’El Gamoniteiru in casa Movistar si respira un’atmosfera più rilassata. La squadra in blu era partita per vincere una tappa e mettere un corridore sul podio e almeno per ora l’obiettivo è raggiunto, con Mas secondo e Lopez terzo alle spalle di Roglic. Unzue si muove come un gran signore, con tutte le movenze del padrone di casa, consapevole che almeno per ora si sta ottenendo il massimo. Al netto di tutte le critiche per le tattiche di giornata, che piovono ormai spesso per partito preso.

«La vittoria è stata una bella luce – ammette con eleganza – in una stagione che finora era stata un po’ arida. Al Giro abbiamo perso Soler per caduta. Al Tour sono caduti Valverde e lo stesso Lopez e lo abbiamo finito con cinque corridori. E qui è caduto Alejandro stesso, che stava bene e poteva essere un uomo importante, e ieri si è ritirato Verona. Diciamo che la vittoria è stata utile per il morale e brillante, per il piglio di Miguel Angel e per averla colta davanti a grandi corridori come Bernal e Roglic».

Unzue, intervistato dal celebre giornalista colombiano Urrego
Unzue, intervistato dal celebre giornalista colombiano Urrego
Soprattutto dice che Lopez sta tornando grande…

Esattamente questo. La parte iniziale della stagione è servita per renderci conto che la frattura dello scorso anno al Giro è stata completamente recuperata. Ma è stato un anno stressante per lui. Ha avuto il Covid e abbiamo dovuto affrettare i tempi e la preparazione. Al Tour non era lui, tanto che abbiamo preferito fermarlo sui Pirenei per farlo recuperare e preparare bene la Vuelta. E qui ha confermato di essere tornato al livello degli ultimi 4 anni.

Ti aspettavi che Marc Soler avrebbe lasciato la squadra per andare al UAE Team Emirates?

E’ stato una pena sapere che andrà via, ma è anche un cambio fisiologico. Ha sempre voluto poter correre da leader, non sopportava tanto di lavorare. Avrà voluto liberarsi da questo peso, anche se è andato in una squadra in cui c’è un leader davvero enorme, che ha bisogno di compagni forte e pronti per aiutarlo. Soler è certamente un grande corridore e di esperienza, dovrà convertirsi a essere un uomo squadra.

Adesso Unzue parliamo di Valverde, come sta?

Si sta già allenando su strada, gli piacerebbe correre un po’ di classiche italiane di fine stagione. Come sempre il suo recupero è stato molto buono e poi, lo conoscete bene, ha bisogno di gare per stabilizzare la testa e il corpo.

Mas sempre con Roglic, ha ceduto soltanto ai Lagos de Covadonga
Mas sempre con Roglic, ha ceduto soltanto ai Lagos de Covadonga
Classiche italiane di fine stagioni oppure l’europeo?

Per l’europeo è presto, i medici lo sconsigliano. E può permettersi di non avere fretta, dato che già al Tour abbiamo concordato che correrà per un anno ancora. Ha recuperato il livello dei 3-4 anni precedenti il Covid. Penso che dopo il 2022 chiuderà, anche se con lui non si può mai dire, e credo che gli piacerebbe farlo alla Vuelta.

Nella sua ombra sta crescendo Mas, un po’ ogni anno…

Analisi giusta, migliora regolarmente. Si sta guadagnando lentamente il suo spazio, diventando sempre più solido. E’ l’obiettivo per cui stiamo lavorando e perché è arrivato in squadra.

Chi dei due, fra Lopez e Mas, potrebbe arrivare prima a vincere un grande Giro?

Una bella lotta. Lopez è già a un grande livello. Ha dimostrato di saper vincere tappe impegnative, è stato terzo alla Vuelta scorsa e non dimentichiamo che nel Tour di Pogarac e Roglic, lo scorso anno, era terzo fino a quell’ultima crono. Mas è stato secondo alla Vuelta del 2018 e l’anno scorso è stato quinto al Tour e alla Vuelta. Il primo potrebbe vincere grazie alla sua imprevedibilità, il secondo se continua a crescere con regolarità. In questa Vuelta è sempre stato con Roglic, tranne l’altro ieri. In tutti gli arrivi selettivi era davanti. Sono due leader che si devono consolidare.

Dopo l’intervento alla clavicola, Valverde si sta già allenando su strada
Dopo l’intervento alla clavicola, Valverde si sta già allenando su strada
Che tipo è Mas?

Forse non è un guerriero, ma è un grande combattente. Un uomo sensibile e meticoloso. E’ sempre molto attento, studia tanto i dettagli.

Quest’anno i due italiani (Cataldo e Villella) purtroppo non sono andati come in passato…

Per alcuni, l’anno trascorso e la pandemia sono stati difficili da superare. Davide (Villella, ndr) ha vissuto bei momenti, ma obiettivamente non era questo l’anno più adatto per valorizzarsi. Credo che difficilmente rimarranno in squadra.

Farete un grande mercato?

Niente di particolare, ci saranno 6-7 innesti, ma di classe media. Aspettando che i leader si consolidino e che i giovani come Rubio, Jacobs e Jorgenson vengano fuori.

Jorgenson e Rubio sono attesi da Unzue a una crescita importante
Jorgenson e Rubio sono attesi da Unzue a una crescita importante
Cosa pensi del ritiro di Aru?

E’ sempre duro quando un corridore brillante, abituato a grandi risultati, si trova a correre in zone cui non è abituato. Fra il 2015 e il 2017 Fabio è stato tra i migliori, facendo numeri bellissimi. Non guardiamo Valverde, che è al top da 20 anni. I cicli dei corridori durano 3-4 anni, oppure 6-7. Credo che Fabio debba essere orgoglioso di essere stato uno dei più forti del suo periodo. Forse davvero continuare come negli ultimi tempi non aveva più senso…

Magrini: «Che determinazione Roglic. E questo Mas…»

25.08.2021
4 min
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«Evidentemente le botte di ieri non si sono fatte sentire per Primoz Roglic», dice subito Riccardo Magrini. Il corridore della Jumbo-Visma non si ferma più. Ieri è caduto e oggi ha subito cercato la “vendetta” persino su un arrivo secco come quello che portava a Valdepenas de Jaén. Un arrivo che, per rendere l’idea, ha visto gente come Michael Matthews arrivare con il primo gruppo.

Uno scatto secco, in risposta al coraggioso Mas (foto in apertura), e lo sloveno ha sigillato la sua seconda vittoria di tappa in questa Vuelta, la settima in totale nella gara spagnola. Uno scatto che ha catturato anche l’attenzione di Riccardo Magrini, commentatore tecnico per Eurosport.

Cort, una tenuta strenua… a lui va il plauso di Magrini (e del pubblico)
Cort, una tenuta strenua… a lui va il plauso di Magrini (e del pubblico)
Riccardo, cosa ti ha colpito della frazione di oggi?

Due cose in particolare: la determinazione di Roglic e la tenuta di Cort Nielsen, poche volte ho visto un corridore resistere così tanto al ritorno del gruppo. In pratica l’hanno preso sull’arrivo, ai 200 metri o giù di lì. Bravissimo.

E Roglic? Anche noi dicevamo della bella risposta alla “figuraccia” di ieri…

Ha voluto dimostrare a tutti che che la caduta e l’errore tattico di ieri erano alle spalle. Ha messo la squadra a tirare. Questa vittoria l’ha proprio cercata. Un messaggio di forza a tutti. E poi c’è un’altra cosa che merita di essere sottolineata: la costanza di Mas.

E infatti proprio di Enric volevamo chiederti…

Lui e forse anche Lopez stanno dimostrando di essere gli unici antagonisti di Roglic. Vanno forte. Oggi hanno tentato di sorprenderlo, ma su un arrivo così Primoz è più forte.

E chi arriva dietro regala un ulteriore show. Clement Venturini impenna e il pubblico impazzisce
E chi arriva dietro regala un ulteriore show. Clement Venturini impenna e il pubblico impazzisce
E poi Unzue è un asso nel giocare la doppia carta nei piani alti della classifica. Ricordiamo i Tour con Valverde e Quintana, il Giro con Landa e Carapaz…

La disdetta per Unzue è aver perso Valverde. Andava forte ed aveva esperienza: uno così poteva dare una grossa mano a Lopez e Mas. Però la Vuelta è lunga e possono fargli scacco macco.

E Bernal e la Ineos? Sono tagliati fuori?

Io Bernal sinceramente non lo vedo brillantissimo. Mi sembra gli manchi il cambio di ritmo. Oh, poi magari ha impostato la preparazione per uscire alla terza settimana e recupera tutto. Ma questo lo scopriremo solo strada facendo. Oggi Adam Yates poteva fare di più. Questi sono i suoi arrivi, anche se forse li preferisce un po’ più lunghi. Lui dà la botta quando ci sono dei momenti di respiro e non quando c’è un’andatura forsennata come quella di oggi. Per me comunque Ineos deve rivedere qualcosa. Anche l’altro giorno quando ha vinto Caruso ha sbagliato i tempi.

Caruso, oggi è stato secondo sul Gpm. E’ sempre più leader della maglia a pois blu
Caruso, oggi è stato secondo sul Gpm. E’ sempre più leader della maglia a pois blu
A proposito di Caruso: un’altra cosa che ci ha detto la frazione di Valdepenas è stata che Damiano punta alla maglia a pois, visto che è andato a cercare i punti del Gpm…

Dopo la vittoria, le sue dichiarazioni dicevano che puntava ad un’altra tappa e non tanto alla maglia, che questa era il secondo obiettivo. E tenerla non sarà facile perché dovrebbe andare in fuga e non so quanta libertà potrà avere con un Jack Haig che va così forte. Se gli viene facile come oggi, che ci si ritrova… okay, altrimenti la vedo più difficile. Con Landa che ha fallito un’altra volta, l’obiettivo della Bahrain Victorious è tenere l’australiano in classifica.

Sembra, Riccardo, che Landa (anche oggi ad oltre 9′) sia arrivato con un chilo di troppo a ridosso della Vuelta e che per sbrigarsi a toglierlo abbia forzato la mano. E sappiamo che nel ciclismo di oggi tutto è al millesimo…

Ci credo poco, visto che ha vinto Burgos, una gara che era appena prima della Vuelta e dove c’era già gente forte. Io ho sempre stimato questo ragazzo, perché in salita è molto forte, ma fare il capitano non è nelle sue corde. Voi dite il chilo di troppo, io vi rispondo che parlando con il suo staff mi hanno detto che sarebbero stati delusi se avesse finito la Vuelta al terzo posto. Questo significa che stava bene. Per come la vedo io è un problema di testa. Finché va tutto bene lui va forte, alla prima difficoltà salta per aria. Essere un campione è altra cosa. Guardate Roglic, ieri aveva detto: non c’è gloria senza rischio. E stamattina: “vamos a ganar” (andiamo a vincere). Servono queste qualità di testa per fare il capitano.

Vuelta, vento (e Angliru) premiano Gaudu

31.10.2020
3 min
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Lo scriviamo praticamente da quando è iniziata: la Vuelta non stupisce mai. E in qualche modo anche oggi non ha tradito le attese. Anche se non nel modo previsto: molto fumo e poco arrosto. Probabilmente la testa era già rivolta a domani, all’Angliru.

Una corsa molto tattica

Se fin qui è bastato un cavalcavia per accendere la miccia. Oggi nel primo grande tappone di montagna quasi “non” è successo niente. A smorzare eventuali tentativi ha inciso anche il forte vento contrario, specie nell’ultima scalata.

Nel finale attaccano David Gaudu e Marc Soler. Nella volata vince il francese della Groupama-Fdj, spalla di Thibaut Pinot, che invece la Vuelta l’abbandonata anzitempo dopo appena due tappe.

Martin che beve e Carapaz (in verde): per loro giornata “tranquilla”
Giornata “tranquilla” per Martin e Carapaz

La gara è bloccata. Tanti tentativi di fuga, ma nessuno in grado davvero di fare la differenza. Si giocano i Gpm persino i big, tanto che Guillame Martin va a rafforzare il suo primato in questa speciale classifica. Attendismo? Sì, ma non in attesa dell’ultima scalata come era lecito ipotizzare, bensì in attesa dell’Angliru.

Angliru in vista.

Questa mitica salita sarà affrontata domani. Avverrà al termine di una tappa che si annuncia folle: quattro Gpm (compreso l’arrivo in quota) in soli 109 chilometri. 

E’ per questo che oggi si sono guardati, studiati, contenuti e forse trattenuti. Quasi quasi spaventa più il chilometraggio breve che la salita finale. In una frazione così può succedere di tutto. Ci si aspetta ritmi folli.

Sulla carta sembra una tappa più adatta a Roglic che a Carapaz. I due sono a pari tempo, quasi come Geoghegan Hart e Hyndley al Giro. Ma qui si parla sempre di loro due e non si bada a Daniel Martin, sornione (neanche troppo) a 25”.

«Aspettiamo domani», dice Carapaz. «Ho avuto belle sensazioni, vediamo domani cosa accadrà», gli fa eco Enric Mas. «Non vedo l’ora di sfidare l’Angliru», commenta Martin.

«Abbiamo controllato bene la corsa – dice Roglic – mi aspettavo qualche attacco nel finale, ma credo che tutti pensassero a domani e abbiano paura dell’Angliru. Lassù mi aspetto un combattimento corpo a corpo. Non ho mai scalato l’Angliru prima, ma anche io non vedo l’ora e sono fiducioso».

Rapporti agilissimi

L’ultimo a trionfare lassù fu Alberto Contador. La sua azione partita da lontano fu anche il suo ultimo successo. Per lo spettro asturiano però non basteranno solo grandi gambe, ma anche nervi saldi e rapporti adeguati.

Stasera i corridori vivranno una vigilia nel segno della tensione, del recupero…E passeranno per le mani dei massaggiatori e dei meccanici. I primi dovranno preparare le gambe perché siano esplosive sin da subito, i secondi dovranno preparare rapporti da Mtb. Sembra che Carapaz monterà un 36×32 mentre Roglic si affiderà addirittura al 34×32.

Dopo l’arrivo è stato curioso vederli, di nuovo “in gruppo” sui rulli. C’erano quasi tutti i big, che dovevano salire sul podio, che facevano defaticamento e continuavano a parlare e a tenersi d’occhio.

Domani però non ci sarà tempo per parlare. L’Angliru con le sue rampe al 23 per cento non lascia scampo.