Il lavoro del coach in ritiro. Ritmi serrati da mattina a sera

08.12.2021
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Qualche giorno fa abbiamo parlato con Cenghialta del grande lavoro che si svolge in occasione del ritiro pre-stagionale: colloqui con i corridori, foto ufficiali, prove di vestiario… Ma in tutto ciò un ruolo importante lo gioca il preparatore centrale, il “chief coach” come si usa dire oggi.

Restiamo in casa Astana Qazaqstan Team e scopriamo come gestisce il suo lavoro Maurizio Mazzoleni, appunto il coordinatore degli allenatori del team kazako.

«In Astana siamo tre preparatori, Notari, Cucinotta ed io – dice Mazzoleni – abbiamo suddiviso i ragazzi in tre gruppi principali. Ed ognuno tiene sotto controllo il suo. Poi ci sono anche Aurelio “Yeyo” Corral, che è il responsabile dei materiali e della crono e viene dalla UAE, e Marino Rosti che segue la parte posturale e mental coach del lavoro. Lui è una figura molto importante ed esegue spesso sedute individuali».

L’Astana si sta allenando ad Altea, in Spagna (foto Instagram)
L’Astana si sta allenando ad Altea, in Spagna (foto Instagram)

Non solo chilometri

Il capo allenatore è un vero collettore del team, quasi al pari del primo diesse, in questo caso Giuseppe Martinelli. In questa fase dell’anno in particolare Mazzoleni deve raccogliere e coordinare moltissime informazioni tanto con i corridori quanto con il personale. Impossibile impostare il lavoro sul posto. Di fatto Maurizio parte col “foglio” già scritto.

«Tutto è programmato già prima del via – spiega il tecnico – allenamento ed extra allenamento. Questo training camp è il più importante dell’anno in quanto è l’unico in cui si è davvero tutti insieme. A parte il briefing del mattino del primo giorno, poi ognuno ha un suo programma individuale, perché okay l’allenamento al mattino in gruppo, ma poi al pomeriggio c’è chi ha la visita di idoneità, chi deve andare dal nutrizionista, chi ha un test biomeccanico…

«E’ davvero tantissimo il lavoro da fare e infatti lo dico sempre ai ragazzi: non subite il training camp ma sfruttatelo. È il momento dell’anno in cui avete a disposizione moltissime figure professionali per lavorare in un certo modo, per risolvere i dubbi sul campo. Parlate a lungo anche coi meccanici, gli dico.

«Avere il supporto reale è un valore aggiunto, perché poi già quando si è alle corse si è più concentrati sulla prestazione del momento. Insomma sarebbe errato pensare al ritiro solo come un grande volume di allenamento in bici. I tempi vanno sfruttati al meglio. Una volta si “perdeva tempo” con i giovani per farli ambientare, oggi invece un Gazzoli della situazione e già formato. Non devo stare a spiegargli i file o come funzionano certi strumenti».

Martinelli, Mazzoleni e Cenghialta a colloquio
Martinelli, Mazzoleni e Cenghialta a colloquio

Il test è una… foto

Non solo per il grande volume di allenamento, la parte in sella ha un peso specifico molto importante a partire dai test.

«Noi – riprende Mazzoleni – ne facciamo uno già nei primi giorni. E una… foto di come bisogna lavorare, non una valutazione fine a se stessa. Questo test scandisce i ritmi di allenamento degli atleti. Io poi, così come gli altri preparatori, vado in ammiraglia. In questo modo ho l’occasione di vedere dal vivo tante più cose che non vedrei con i soli file da remoto o parlando al telefono con l’atleta. In ammiraglia viaggiano sempre un diesse, un meccanico e appunto un preparatore. E’ la stessa “formazione” che si ha quando si va in altura».

In ritiro si fa gruppo e si affinano anche molte dinamiche che poi ci si ritrova in corsa
In ritiro si fa gruppo e si affinano anche molte dinamiche che poi ci si ritrova in corsa

Ritmi serrati

Tempi scanditi, grande intensità di lavoro non tanto in bici, ma nel complesso. E’ questo il momento più importante dell’anno per gettare le basi del lavoro, anche dal punto di vista logistico. Lo stesso Cenghialta ci disse che non aver fatto il raduno a dicembre l’anno scorso si è sentito, ha inciso negativamente sul resto della stagione.

Mazzoleni, per esempio, di buon mattino, analizza i file del percorso e dà ancora uno sguardo al report della giornata precedente. Se poi è in altura, segue il risveglio muscolare a digiuno dei ragazzi. Altrimenti, come in questo caso in Spagna, terminata la colazione, in attesa che i ragazzi siano pronti, verifica i mezzi e le scorte dell’allenamento con meccanico e massaggiatore. E poi salta in ammiraglia. Spesso salta il pranzo o mangia al rientro al volo. Poi passa al lavoro d’ufficio, quindi va a cena.

In ritiro si hanno a disposizione molte figure: dal massaggiatore al nutrizionista, dal mental coach allo psicologo (foto Righeschi)
In ritiro si hanno a disposizione molte figure: dal massaggiatore al nutrizionista, dal mental coach allo psicologo (foto Righeschi)

Pomeriggio delicato

E a proposito di… ufficio, in questa fase rientra il colloquio con i diesse, passaggio a dir poco importante del lavoro del preparatore in ritiro.

«Questa seconda parte della giornata – dice Mazzoleni – serve per stilare il calendario gare con i diesse, programmi che abbracciano un arco temporale di almeno sei mesi, ma in qualche caso arrivano fino ad ottobre. Chiaramente possono subire delle variazioni ma per l’80-90 per cento vengono confermati. E questo è molto importante ai fini della prestazione. E’ importante per il corridore e per il coach che lo segue ed è importante perché sono frutto di un ragionamento sulla performance (preparatore) e tecnico (diesse) ben preciso.

«A questo punto si parla con l’atleta, si ascoltano i suoi feedback ed eventualmente si fanno delle modifiche, ma generalmente il corridore accetta la decisione dello staff tecnico, perché è una decisione logica e fatta al fine di farlo andare forte. Un buon tecnico capta la volontà del corridore già prima di tirare giù il programma».

Tante ore di ammiraglia, tante ore di scrivania, ma un preparatore quando riposa in ritiro? «Per riposare – conclude Mazzoleni – basta la notte! Il training camp di dicembre è e deve essere un momento proficuo per tutto l’anno».