Het Nieuwsblad nel taschino, il Ballero fa sul serio

27.02.2021
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Lo stesso urlo di un calciatore che la butta dentro: quando Davide Ballerini passa sulla riga di Ninove e vince l’Omoloop Het Nieuwsblad, prima mostra la maglia e poi sferra un pugno nel vento che la dice lunga sulla sua carica emotiva. Il lavoro della Deceuninck-Quick Step è stato perfetto e nel cuore della cittadina delle Fiandre, all’ombra di una colossale abbazia medievale, è andato in scena il finale che il Ballero sognava dal mattino.

Durante la ricognizione del giovedì prima dell’Het Nieuwsblad, Ballero in testa al team
Durante la ricognizione del giovedì, Ballero in testa

Per questo motivo, la storia si può dividere idealmente in due parti: prima della corsa e dopo la corsa. E in mezzo il primo combattimento su questi muri mesti che reclamano il loro pubblico. Il Grammont senza tifosi è stato come un concerto senza pubblico.

La mattina a Gand

«E’ bellissimo essere qui con questa squadra – diceva alla partenza il corridore lombardo della Deceuninck-Quick Step – e sto davvero bene. Sono in buona condizione, contento di aver vinto, ma quello è già passato, anche se di sicuro mi dà una grandissima soddisfazione. Adesso siamo all’Het Nieuwsblad con tanta convinzione, soprattutto in questo team che per me era un sogno. Per cui continuiamo a viverlo e cerchiamo di raggiungerne altri».

Al matttino Ballerini aveva già chiaro in testa il possibile finale dell’Het Nieuwsblad
Al matttino Ballerini aveva già chiaro in testa il possibile finale

Poi il discorso era finito su Luca Paolini, ultimo vincitore italiano dell’Het Nieuwsblad, e sul consiglio che gli aveva dato proprio dalle nostre pagine: sbaglierebbe se considerasse quella corsa come una classica minore.

«Qui in Belgio – rispondeva sorridendo – non ci sono piccole corse. Sono tutte grandi e difficili da interpretare e da vincere. Non è niente facile. Oggi ci sono almeno 30 corridori che potrebbero farcela. Di sicuro è meno dura del Fiandre, perché se la corsa supera i 200 chilometri, tutto si complica. Devi gestirti bene, basta mangiare un po’ meno e in un chilometro si spegne tutto. Questa è più aperta, sarebbe bello arrivare in volata ma sarà dura. Potendo scegliere, sarebbe meglio la volata in un gruppo un po’ allungato».

Cielo grigio, temperatura mai sopra i 10 gradi: Het Nieuwsblad in perfetto stile Fiandre
Cielo grigio, temperatura mai sopra i 10 gradi: stile Fiandre

Iride d’assalto

Alaphilippe si è mosso per la prima volta dietro Trentin a 43 chilometri dall’arrivo, poi se ne è andato da solo ai meno 32. Da capire se l’abbia fatto perché sentiva una grande condizione oppure sperando che qualcuno lo seguisse. Dietro, Ballerini faceva buona guardia con il resto della squadra. E quando poi il gruppo ha riassorbito tutti ai piedi del Muur, nella testa di Davide si è accesa la luce verde.

«Con Julian – dice – abbiamo parlato prima di quella salita. Gli ho detto che poteva provare, perché si vedeva che stava bene e dietro ci saremmo stati noi. Ma il fatto che si sia trovato da solo è stato un guaio, niente di buono. Ho provato a rompere qualche cambio, ma il problema è stato il ritorno del gruppo. Quando mi è venuto accanto, mi ha chiesto se avessi buone gambe. Ho annuito e lui si è messo subito a tirare. Sono contento di essere in una squadra così…».

Alaphilippe si è ritrovato davanti troppo presto
Alaphilippe si è ritrovato davanti troppo presto

Guardia Wolfpack

E la Deceuninck-Quick Step che era partita per spaccare la corsa, da quel momento ha chiuso su ogni buco, schivando quasi tutte le cadute, tranne quella di Stybar che probabilmente si è toccato proprio con Ballerini, che però era davanti e forse non se ne è neppure accorto.

«Eravamo partiti per fare la differenza – racconta Ballero, felice di una felicità discreta – anche se non è facile. Eravamo sette possibili vincitori, per cui ogni situazione di corsa sarebbe stata buona. Ma quando si è deciso di lavorare per me allo sprint, sapevo che avrebbero fatto un capolavoro. Non sono mai stato un velocista di gruppo, ma credo in me stesso e quando sto bene mi butto. L’ultimo chilometro lo ricordavo bene e siamo entrati con il treno giusto, nella posizione giusta. Questa squadra era davvero un sogno, fatta al 100 per cento per le classiche. C’è il campione del mondo. Adesso torno a casa, domani niente Kuurne, se ne riparla a Laigueglia».

L’abbraccio con Alaphilippe: missione compiuta
L’abbraccio con Alaphilippe: missione compiuta

Gerva al telefono

Mentre Ballerini si avvia all’antidoping, il telefono squilla, c’è Paolini che avevamo cercato poco fa mentre era dal parrucchiere, per riallacciare il filo con l’intervista dei giorni scorsi.

«Se quelli di lassù non l’hanno capito – dice contento – ditegli che quel ragazzo impareranno a conoscerlo presto. E’ di Como, siamo usciti in bici insieme. Lui di solito va con i ticinesi e qualche volta mi aggrego. E soprattutto parlavo di lui con Zazà (Stefano Zanini, tecnico Astana, ndr) che lo ha avuto due anni fa e me ne parlava già benissimo. E soprattutto è un ragazzo umile, con i piedi per terra. Ed è fortissimo».

Sul podio, con Stewart e Vanmarcke
Sul podio, con Stewart e Vanmarcke

Mesto epilogo

La strada fuori è già vuota. Zero birre. Zero bambini. Zero cori fiamminghi. I pullman ronfano nel recinto di transenne, il cielo è grigio, mentre si annuncia già l’arrivo delle ragazze. Fra tutti coloro che saranno molto felici per la fine del Covid, il pubblico del ciclismo occupa sicuramente una posizione d’avanguardia.

«Alla Vuelta ho rivisto Mattia»: Cattaneo in rampa

10.02.2021
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Nella Vuelta corsa dopo la frattura di una vertebra, che gli ha impedito di fare il Giro d’Italia, nell’arco di tre settimane comunque soddisfacenti, ci sono stati due giorni in cui Mattia Cattaneo si è sentito nuovamente Mattia. La 6ª tappa con arrivo ad Aramon Formigal: 7° al traguardo. La 13ª tappa, cronometro individuale al Mirador de Ezaro: 6° a 46” da Roglic. Le sensazioni di tutta la corsa, unite a quei due giorni hanno dato al bergamasco la tranquillità di affrontare l’inverno con il piede giusto.

«Neppure io – dice – mi aspettavo di essere così competitivo dopo l’infortunio. Mi sono sentito un Cattaneo ad alti livelli, come non capitava da tempo in corse così importanti. E davvero mi ha dato fiducia. Quest’inverno ho lavorato tanto e bene. Già l’anno scorso, essendo nuovo in squadra, mi ero affidato ai preparatori del team e qualcosa era cambiato. Ora le cose fatte sono più o meno le stesse, ma mi sento di dire che è stato l’inverno migliore da quando sono pro’».

Cattaneo
Sull’Alto de Angliru alla Vuelta, per Mattia una fatica bestiale
Cattaneo
Sull’Alto de Angliru alla Vuelta, per Mattia una fatica bestiale
L’obiettivo resta aiutare Evenepoel al Giro?

Proprio quello, con la possibilità semmai di sfruttare qualche occasione personale. Remco è un fenomeno, gli basta poco per tornare in forma, ma forse se avesse aspettato un po’ prima di ripartire, adesso sarebbe con noi.

Quanto ti ha condizionato la caduta dell’Emilia?

Tanto, perché mi ha impedito di correre il Giro. Poi per fortuna nelle corse dopo il rientro sono andato bene, probabilmente perché avevo lavorato tantissimo e il lavoro non si è perso. Difficile dire come sarebbe andato il Giro della Deceuninck-Quick Step con Cattaneo in squadra. Di sicuro sarei stato importante e probabilmente avrei fatto una bella corsa.

Dei due giorni alla Vuelta, quale ti ha gratificato di più?

La crono, senza dubbio. E’ una specialità in cui ho sempre creduto tanto, mi piace essere competitivo anche se non tanti se lo aspettavano. E forse se sono in questa squadra, lo devo anche alla cronometro. Nel Giro del 2019, anche se con materiali diversi rispetto a quelli che utilizzo ora, arrivai 10° nella crono di San Marino e alla fine 8° in quella di Verona.

Pensi mai alla tua carriera?

Quando lo faccio mi rendo conto di essermi già mangiato abbastanza le mani. Sono molto oggettivo nelle cose, so di aver sprecato tanto tempo in passato.

E’ curioso che tranne te e Aru, pur con percorsi complicati, del bellissimo gruppo dei ragazzi del 90 non è rimasto poi molto…

Difficile dire perché. Ci sono stati 2-3 anni in cui eravamo tanti corridori che andavano anche bene e tanti c’erano anche all’estero. Prima che arrivassero i ragazzini di ora, quelli forti erano ragazzi della mia età, compreso Dumoulin che ha smesso. Sarà così breve anche la carriera di questi ragazzi?

Al Giro del 2019, Cattaneo protagonista della crono di San Marino e quella di Verona
Al Giro del 2019, Cattaneo a San Marino e Verona
E’ quello che si chiedono tutti, tu cosa pensi?

Molto dipenderà dalle pressioni e dalle aspettative che riporranno su di loro. Ho risposto a un’intervista su Dumoulin, giorni fa. Ho detto che comunque siamo uomini e tante volte possiamo avere dei problemi che da fuori non si vedono. Il ciclismo è estremizzato. Sai da te se puoi essere competitivo, perché i test ti dicono molto. Ci sono tante pressioni in allenamento, nel tenere il peso. Una volta potevi avere un chilo di più, ma se eri forte, vincevi lo stesso. Adesso con mezzo chilo in più, magari dei 10°. Non è facile, basta un piccolo intoppo e salti.

Crescendo si impara a gestirle?

Fino a un certo punto. A meno che non sei come Remco, che gli scivola tutto addosso. A meno che non hai deciso di fare quattro anni a tutta, battendo il ferro finché è caldo, e poi di mollare. Certo un corridore non è solo una macchina da corsa.

Quali corse hai in programma?

Comincio allo Uae Tour, poi la Parigi-Nizza e il Giro dei Paesi Baschi. A quel punto, forse il Romandia e poi il Giro d’Italia. Niente Ardenne, solo corse a tappe. Nelle corse di un giorno non sono questo granché…

Ballerini, a cosa pensi se ti diciamo Roubaix?

01.02.2021
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Quando il Ballero vinse la prima Roubaix, Davide era venuto al mondo da sette mesi e chissà se a suo padre qualcuno fece la battuta. Poi Franco vinse la seconda nel 1998, ma di fatto la prima volta in cui Ballerini venne a sapere di Ballerini fu quando iniziò a correre anche lui in bicicletta. Quante possibilità c’erano, uno toscano e l’altro lombardo, che oltre al cognome avessero identici gusti ciclistici? Eppure andò così. Sarebbe stato divertente metterli allo stesso tavolo perché uno, tecnico della nazionale, desse consigli all’altro alla vigilia della corsa. Ma il destino così non ha voluto.

L’ultimo show di Ballerini a Roubaix, che nel 2001 salutò così la corsa vinta nel 1995 e 1998
Nel 2001 Ballerini salutò così la corsa vinta nel 1995 e 1998

Quando il Ballero se ne andò, Davide aveva 16 anni. E il fatto che quel soprannome sia passato dalle spalle di Franco alle sue, è parso a tutti normale. Così oggi il Ballero, come il Ballero di allora, sogna di vincere la Roubaix. E come il Ballero di allora, sa che non sarà per nulla facile. Tra le coincidenze, c’è che il suo diesse Wilfried Peeters, quel giorno corse in appoggio di Franco (e di Museeuw) e chiuse al 23° posto. E il manager di quella Mapei-Gb era lo stesso Patrick Lefevere che oggi guida la Deceuninck-Quick Step.

Messa così, non hai scampo. Perché la Roubaix?

E’ un sogno. La corsa più bella che mi piacerebbe vincere e confermo che non è facile.

Confermi anche che di Franco non sapevi nulla?

Ne ho sentito parlare quando ho iniziato a correre, prima non conoscevo molto del ciclismo. Dopo, piano piano, ho scoperto le sue caratteristiche e la sua carriera.

Nella Foresta di Arenberg, nelle prime posizioni con Van Avermaet
Nella Foresta di Arenberg con Van Avermaet
Il primo assaggio di quel pavé?

Da junior, un vero disastro…

Il cittì De Candido ricorda di averti visto risalire da un fossato con le felci nel casco…

Sono caduto. Ho forato. Ma era da poco che correvo, già non era facile stare in gruppo su asfalto, figuratevi là sopra. Era tutto nuovo, l’unica cosa che ricordo era la raccomandazione di prendere i tratti davanti. Come fosse facile…

L’hai riprovata al terzo anno da pro’, come andò?

E’ strano, vorrei vincerla, ma ne ho fatta una soltanto. Comunque ero con l’Astana e non andò male. Peccato perché caddi nel Carrefour de l’Arbre, prendendo uno spettatore che si sporgeva.

In realtà fu lui a prendere te per fare una foto…

Serve tanta fortuna in ogni cosa, ma andai bene. In ogni caso tra farla da junior e poi da pro’ cambia il mondo. Tranne che prendere i tratti davanti resta difficilissimo. E poi devi restare concentrato. Se perdi 10 secondi quando scattano, non rientri più.

«Mi sono messo a ruota di Sagan – dice Ballerini – e ho cercato di rubargli ogni segreto»
«A ruota di Sagan per rubargli ogni segreto»
La chiamano l’Inferno del Nord.

Mi ricordo che già dal ritiro, i compagni mi dicevano che è dura anche per le mani. Invece quando arrivai, avevo l’acido lattico nelle braccia, ma le mani tutto sommato stavano bene.

Possibile?

E’ decisivo avere il giusto comfort in bici e la pressione giusta delle gomme. I pezzi di pavé non sono tutti uguali, alcuni ti permettono di pedalare in banchina e allora cambia molto. Quel giorno, non sapendo che pesci prendere, mi francobollai a Sagan cercando di rubargli il mestiere. A lui e anche agli altri, perché ogni settore ha le sue traiettorie e i suoi segreti.

La pressione delle gomme, dicevi…

Andammo a fare una ricognizione tre giorni prima e le provai tutte fino a trovare quella più adatta. Chiesi molto a Zanini, nostro direttore sportivo all’Astana. Da un settaggio all’altro cambia il mondo e cambia anche da una squadra all’altra. Ai tempi usai una Argon 18 con tubolari da 28. Non so se quest’anno userò la stessa misura o più grandi, non so quali materiali. Comunque con una variazione di pressione di 0,3 oppure 0,5, si hanno bici completamente diverse.

Nel gruppo di testa fino all’Arbre, quando viene fatto cadere da un tifoso
In testa fino all’Arbre, quando viene fatto cadere da un tifoso
Specialized per la Roubaix ha sempre fatto grandi lavori…

Non l’ho ancora usata, perché l’anno scorso la corsa fu cancellata. Sapevo che c’è la bici per il pavé, ma quando ho visto la sospensione, mi sono fregato le mani. Dopo il lockdown facemmo un training camp, ma solo per provare il Fiandre.

Qual è la prima Roubaix di cui hai memoria?

L’ultima di Cancellara, quella del 2013. In fuga con lui c’era anche Stybar e in ritiro abbiamo diviso la camera e me ne ha parlato. Era la prima Roubaix per lui, andò fortissimo.

Hai già un’idea di cosa farai per arrivare pronto al giorno di Roubaix?

Ho parlato spesso con il mio allenatore Tom Steels. Il mio programma prevede Omloop Het Nieuwsblad, Strade Bianche, Tirreno, Sanremo, Fiandre, Harelbeke, De Panne e Roubaix. Al Fiandre saremo tutti per il campione del mondo, per Alaphilippe. Soprattutto dopo quello che ha fatto vedere l’anno scorso. Poi però avrò il mio spazio. Starà alla mia condizione. Siamo in tanti, ma non c’è il Boonen che mette tutti d’accordo.

Ballerini conclude la Roubaix del 2019 in 31ª posizione, malgrado la caduta
Nella Roubaix del 2019, 31° malgrado la caduta
Da solo o in volata?

A vincere da soli ci sono riusciti in pochi e io in pista sono andato un po’ da giovane, ma non mi sono mai giocato una corsa in velodromo.

Andrete su a provare il percorso e i materiali?

Sicuramente faremo dei ritiri, non so ancora quando. Steels mi ha chiesto se voglio andare, l’ho guardato di traverso. Certe cose non vanno nemmeno proposte: si fanno e basta!

Stybar sui mondiali tiene alta l’asticella

27.01.2021
4 min
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I fasti dei titoli mondiali sono ormai lontani, bei ricordi nelle fredde sere invernali, eppure Zdenek Stybar ha ancora voglia e forza per provarci. Senza le stesse ambizioni, senza le stesse forze ora che le primavere sulle spalle sono 35, senza forse lo stesso colpo di pedale, ma il ceko della Deceuninck-Quick Step ha deciso di esserci, domenica a Ostenda, anche se le sue ultime uscite nel ciclocross risalgono a 7 anni fa.

Nel 2015, tre volte iridato di cross, Stybar vince la Strade Bianche-Eroica
Nel 2015, tre volte iridato di cross, vince la Strade Bianche-Eroica

Per il Covid

Una scelta, quella del corridore della Deceuninck ormai da anni passato alla strada (per lui vittorie anche di peso come la Strade Bianche 2015, una tappa al Tour dello stesso anno, alla Vuelta del 2013 e soprattutto la piazza d’onore alla Parigi-Roubaix del 2015, il suo anno migliore) dettata dai tempi che corriamo.

«Il Covid ha influito fortemente anche sulla preparazione e sulle scelte da fare – dice Stybar – viviamo in tempi di grande incertezza su quando e dove potremo correre su strada, così ho pensato che potevo cogliere quest’opportunità. Il ciclocross è rimasto la mia grande passione, ho visto in tivù le principali gare internazionali e sentivo nello stomaco crescere la voglia di esserci ancora. Ne ho parlato col team che ha deciso di supportare la mia decisione, così ho iniziato a preparare i materiali necessari».

Tre mondiali

Stybar vinse i mondiali nel 2010, 2011 (nella foto di apertura) e 2014, ma al suo attivo ha anche due argenti (2008 a Treviso e 2009), due titoli under 23 (2005-2006) e due bronzi da junior. Insomma, il ciclocross ha sempre fatto parte della sua vita.

«I mondiali sono una parte importante nella mia carriera – racconta – certamente non posso partire pensando di poter vincere, ma voglio mettermi alla prova e tirare fuori il meglio che posso».

Nella primavera del 2015, per Stybar arriva anche il secondo posto alla Roubaix, dietro Degenkolb
Nel 2015 arriva anche il secondo posto alla Roubaix

Cari scettici…

Il campione ceko è abbastanza fiducioso, anche verso chi nell’ambiente afferma che dopo tanto tempo non può più avere la tecnica necessaria per competere con gli specialisti.

«E’ chiaro che ci sono due netti favoriti, Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert e la lotta per la vittoria sarà roba loro – dice – ma gli altri, quelli che dovranno contendersi l’ultima medaglia in palio, non è che poi siano così distanti».

Questione di gambe

D’altro canto, chi conosce il corridore di Plana sa che la tenacia è una delle sue principali caratteristiche.

Il 2015 è anche l’anno della vittoria di tappa del Tour a Le Havre
Nel 2015, la tappa del Tour a Le Havre

«Il percorso di Ostenda mi piace – dice – lo conosco e so che non è molto tecnico, per emergere servono soprattutto resistenza e condizione fisica, oltre alla necessaria esperienza. E sono tutti ingredienti che porto sempre con me. Gli ultimi allenamenti in ritiro sono andati bene, so che posso giocarmela».

Certo, quei due saranno là davanti, ma dietro, nella nuvola di belgi e olandesi in lotta per le posizioni di rincalzo, un posticino per lui potrebbe anche saltar fuori…

GALLERY / La banda di Julian, il re di Francia

26.01.2021
7 min
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Quando parla Patrick Lefevere, raramente i concetti sono banali e per questo i corridori, da Julian Alaphilippe al giovane Evenepoel, lo guardano e ascoltano con devozione Per questo si tende a prestare estrema attenzione al grande capo della Deceuninck-Quick Step e così. è stato anche a margine del ritiro del team ad Altea, Spagna

«Speriamo di poter correre il prima possibile – ha detto – continua ad essere una situazione strana, ma proveremo a superare tutto, proprio come abbiamo fatto l’anno scorso, quando abbiamo affrontato una situazione completamente nuova. La scorsa stagione è stata molto imbarazzante e complicata, ma siamo comunque riusciti a fare la nostra parte. Abbiamo riprovato a vincere il più possibile e abbiamo ottenuto qualità e quantità. Speriamo di ripeterci nel 2021».

Per Cavendish è un sogno essere ancora qui (foto Wout Beel)
Per Cavendish è un sogno essere ancora qui (foto Wout Beel)

Remco e il Giro

Uno dei primi a parlare nell’incontro con la stampa è stato Remco Evenepoel, che ha concluso prematuramente la sua stagione nel 2020 dopo essere caduto al Lombardia. Il belga ha annunciato che rinvierà il suo ritorno alle corse, poiché sta ancora provando un po’ di dolore a causa del suo infortunio.

«Non sappiamo ancora quando e dove potrò ricominciare – ha detto – voglio dare a me stesso e al mio corpo il tempo necessario per arrivare al 100 per cento prima di tornare in bici. Non sono nel panico, poiché l’obiettivo è di essere a posto per fine febbraio. Quest’anno punterò ancora una volta al Giro d’Italia. La straordinaria prova della squadra nel 2020 mi ha motivato e voglio essere al via per scoprire la corsa e i suoi fantastici tifosi, ma per il momento il mio obiettivo più grande è recuperare completamente».

Jakobsen c’è

Un altro corridore in via di guarigione dopo la caduta dello scorso agosto è Fabio Jakobsen. L’ex campione olandese, vincitore di 18 gare tra i professionisti, ha parlato del suo recupero e di quanto sia importante per lui tornare con la squadra.

«In questo momento – ha detto – sono di nuovo in sella alla mia bici, facendo allenamenti con i ragazzi. Le sensazioni sono okay e per ora sto procedendo lentamente ma costantemente per sentirmi di nuovo un professionista. Tutti mi hanno supportato e gliene sono grato. Essere ora al fianco di Bennett e Cavendish, del miglior velocista del Tour dello scorso anno e del più grande velocista nella storia della gara, mi dà una grande motivazione. Non so ancora quando tornerò a correre, perché a febbraio ho in programma un altro intervento, ma la cosa più importante è che sono qui con i ragazzi. Non riesco a dirvi che cosa significhi per me dopo la peggiore esperienza della mia vita. Questa squadra è come una famiglia, passiamo del tempo insieme, ci prendiamo cura l’uno dell’altro e sono semplicemente felice di stare con loro».

Il re di Francia

Alaphilippe nella sua bolla iridata ha passato parecchio tempo a sviare le attenzioni da un progetto di classifica al Tour, lasciando intravedere semmai la chance per il 2022.

«Vincere a Imola – ha detto Julian – è stato per me il momento più bello dell’anno scorso e indossare la maglia iridata per dodici mesi mi dà un grande orgoglio. Non vedo l’ora di mostrarla nel maggior numero di gare possibile in questa stagione. Sto ancora recuperando dopo l’infortunio del Fiandre, ma da allora ho fatto dei passi importanti e sono fiducioso che andrà meglio nelle prossime settimane.

«Sono entusiasta di debuttare in Francia – ha aggiunto Julian – dovrebbe essere una bella esperienza. Ho partecipato al Tour de la Provence alcuni anni fa e sono contento di tornarci. Mi piacciono i percorsi, ma ci andrò senza obiettivi precisi. La cosa più importante sarà ricostruire la forma e spero che la Provenza mi aiuti a fare proprio questo prima dei miei appuntamenti primaverili, quando punterò a risultati importanti».

Test a Valencia

Infine i test nel velodromo di Valencia, voluti dal team e ancora di più dalla Specialized per avere il miglior fitting degli atleti sulle bici e provare i materiali, fra cui anche le nuove scarpe.

«Teniamo queste sessioni da diversi anni ormai – ha spiegato Leo Menville – in cui facciamo test aerodinamici. Ai corridori viene fornito un fit Retul prima di arrivare al velodromo, dove cerchiamo di dare loro un buon adattamento sulla bici, oltre a fare dei test di efficienza metabolica per darci una base su cui lavorare. Usiamo queste informazioni per ottimizzare la posizione di ognuno sulla bici, concentrandoci questa volta principalmente sulle loro Shiv da crono. Utilizziamo lo stesso protocollo ogni volta. Il corridore percorre un numero di giri di pista alle velocità impostate. I dati vengono verificati, indicando quali modifiche si possono fare alla posizione del corridore e così a oltranza fino ad avere il miglior risultato».

Si cerca il giusto mix tra velocità e comfort (foto Wout Beel)
Si cerca il giusto mix tra velocità e comfort (foto Wout Beel)

Comodi e veloci

Le regolazioni riguardano il manubrio, più alto o più basso, più lontano o più vicino, appoggi diversi per le braccia e modifiche alla sella. Lo scopo è trovare la posizione aerodinamicamente più efficiente per il corridore durante una crono.

«Quindi accoppiamo questi dati con i test metabolici – ancora Menville – perché a volte si può avere la posizione più aerodinamica e ugualmente il corridore produce meno watt. Quindi, esaminiamo tutte le informazioni e troviamo qual è la posizione perfetta per ciascuno».

Fabio Sabatini, Volta ao Algarve 2020

“Saba” rimette sui binari il treno Cofidis

04.01.2021
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A Saba girano le scatole, non ci vuole poi molto per capirlo. Aveva quasi pronta la valigia per l’Argentina invece San Juan non si farà e questo significa restare ad allenarsi a casa. I ciclisti sono cavalli da corsa, hanno bisogno dell’avversario accanto per dare il meglio. Soprattutto se hai passato i 30 e l’allenamento porta sicuramente qualità, ma poca gioia.

A Saba – Sabatini Fabio da Pescia, classe 1985 – in realtà le scatole hanno cominciato a girare quando quelli della Cofidis lo hanno lasciato a casa dal Tour. Prendi Viviani pagandolo caro e poi nella corsa per te più importante lasci a casa l’ultimo uomo? Come una chitarra senza due corde, non può suonare bene…

Fabio Sabatini, Elia Viviani, Vuelta Espana 2018
L’amicizia con Viviani è iniziata dalla Liquigas. Qui Saba con la Quick Step alla Vuelta 2018: 3 vittorie per Viviani
Fabio Sabatini, Elia Viviani, Vuelta Espana 2018
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Galeotta la Cipressa

«Ma bada che non lo sto dicendo a Enzo Vicennati perché così lo scrive – spiega – prima l’ho detto a loro. Vado diretto, non ho peli sulla lingua. Quello che ho da dire lo dico. Ho parlato con Damiani, con Vasseur non ancora. Non vado a chiedere nulla, non voglio scuse. Durante il Tour si sono accorti di aver commesso un errore e tanto basta. Il perché? Mi hanno detto perché alla Sanremo, seconda corsa dopo la ripresa, mi sono staccato sulla Cipressa. Già, vero. Peccato che avessi dovuto fare avanti e indietro per tre volte assistendo Elia che aveva avuto problemi. Di sicuro con me nella squadra del Tour, non sarebbe andata peggio. Se anche avessi iniziato all’80 per cento, avrei fatto certamente la mia parte. Mi conosco, forse loro non ancora…».

Un altro ritiro

Gennaio è cominciato nel segno della pioggia e di strade asciutte da inseguire a qualsiasi ora del giorno. La Cofidis ha svolto dei mini ritiri prima di Natale, durante i quali si sono fatte le foto e sistemati i dettagli medici e amministrativi. Poi, come ci aveva già spiegato Roberto Damiani, la squadra si sarebbe divisa in tre: una parte a Benidorm, una a Sierra Nevada e il gruppo Viviani in Argentina.

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E adesso?

Adesso si va in ritiro dall’11 al 21 gennaio e si comincerà probabilmente dalla Vuelta Valenciana il 3 di febbraio. Speriamo che nel ritiro il gruppo di Elia sia tutto insieme e poi che si parta. Non mi era mai capitato di fare solo 28 giorni di corsa e stare a casa ad allenarmi, soprattutto dopo un anno come l’ultimo, è davvero pesante. Quest’anno ne faccio 16 di professionismo e vedere tanti ragazzini montare in bici e andare subito forte non è passato inosservato.

Non sembri troppo gasato…

L’esclusione dal Tour mi ha segnato, è stata difficile da accettare. Sono un diesel, mi ci vuole un po’ per partire e il 2020 ha fatto vedere che a tutti quelli della mia età c’è voluto di più. Voglio ricominciare per pareggiare i conti.

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Giro 2019, Gaviria ha da poco lasciato la Quick Step: Saba è stato a lungo il suo ultimo uomo
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Giro 2019, con Gaviria per cui ha lavorato fino all’anno prima
Non credi che si sia chiusa un’epoca?

Ma vi pare? Ne ho parlato pochi giorni fa con Bartoli, che mi segue nella preparazione. Come valori sono migliorato, sia pure di poco. Ma i tre mesi di sosta l’anno scorso hanno scombussolato tutto, non solo a me. Viviani ha sempre vinto, con o senza treno. Dateci un anno normale e alla fine tireremo la riga.

Visto che sei la figura chiave del treno, è tutto pronto?

Pare che adesso abbiano preso anche Drucker dalla Bora, vedremo quando si faranno le prime prove. Sarà che vengo da una squadra come la Deceuninck-Quick Step in cui era tutto chiaro e schematico…

Fabio Sabatini, Tour Down Under 2020
Fabio Sabatini, al Tour Down Under le prime prove del treno Cofidis
Fabio Sabatini, Tour Down Under 2020
Al Tour Down Under il debutto in Cofidis
In gruppo di dice che il velocista che va via da lì poi non vince più…

Perché non è semplice ricreare quell’organizzazione e quella mentalità.

Per capire, Saba… Sei venuto alla Cofidis perché ti hanno coperto di euro, per seguire Elia o perché di là non ti tenevano?

Ho seguito Elia. Ci credo tanto, perché è davvero forte. Fra noi c’è un’amicizia molto profonda, questo è stato il motivo principale. Di là sarei potuto rimanere un altro anno. Ma certo va detto che, avendo questi ragazzini fortissimi da tenersi stretti, Lefevere con i più maturi ha cambiato politica e fa firmare un anno per volta. Qui mi hanno fatto un biennale, anche questo conta. Sono francesi, hanno il loro modo di ragionare.

Come ti vedi nella parte dell’atleta… maturo?

Non mi sento ancora vecchio, smetterò quando farò perdere le volate invece di farle vincere. Il mio lavoro è arrivare al finale e tenere alta la velocità fino ai 200 metri, problemi zero. Solo che nel 2020 non c’è stato modo di farlo, perché prima del Giro mi sono preso il Covid ed è morta lì. Perciò adesso vediamo di ricominciare e di farlo subito col passo giusto.

Julian Alaphilippe, Nizza, Tour de France 2020

Alaphilippe prenota un aprile da cannibale

02.01.2021
3 min
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Julian Alaphilippe è stato il solo a non dover fare il cambio di stagione, dato che sulla sua maglia continuano a brillare il bianco e le strisce iridate. Brillare, esatto. La maglia iridata è un flash che nel bailamme dei colori Deceuninck-Quick Step continuava a richiamare tutti gli sguardi. In corsa la si è vista per tre volte. Alla Liegi, buttata via per l’ansia di vincerla (con la foto a braccia spalancate sull’arrivo a rendere ancor più violenta la beffa). Alla Freccia del Brabante vinta. E al Fiandre, concluso contro la moto per la malizia di Van Aert e con la frattura della mano. Ovvio che la voglia di ripartire sia al massimo e insieme il francese abbia metabolizzato quei colori, per non cadere più nel tranello di doverli onorare costi quel che costi.

«La riabilitazione ha richiesto più tempo di quello che pensassi – ha raccontato a L’Equipe a metà dicembre – per ritrovare il 100 per cento della funzionalità. I medici dicono che è normale non aver ripreso subito la mobilità e la capacità di stringere il manubrio. Non riuscivo a scattare. A lungo ho potuto solo pedalare da seduto e alzarmi in piedi, purché mi limitassi ad appoggiare».

Programmi in arrivo

Le cose stanno migliorando e i programmi sono in arrivo, pur con tutte le incertezze del calendario . I medici si dicono ottimisti, lui lavora sodo con i fisioterapisti. A metà dicembre il ritorno sul pavé gli sembrava improponibile, dopo le ultime due settimane ad Andorra invece, Julian appare decisamente ottimista. E’ stato uno strano Natale quello del campione del mondo, il primo senza suo padre, trascorso nella clausura Covid che da un lato potrebbe aver reso tutto molto malinconico e dall’altro ha certamente portato vie le pesanti incombenze di fine stagione, quando la vita diventa un frullatore di impegni extra sportivi.

Julian Alaphilippe, Marion Rousse, Imola 2020
Dopo la vittoria di Nizza al Tour (foto di apertura), il mondiale ha dato un senso al 2020 di Alaphilippe: qui con Marion Rousse
Julian Alaphilippe, Marion Rousse, Imola 2020
La vittoria di Nizza (in apertura) e Imola, il top del suo 2020

Cav, un fratello

Il ritorno di Cavendish in squadra ha portato a varie reazioni, ma per Julian è stato come ritrovare un fratello maggiore.

«Sono stato super felice di ritrovarlo – racconta Alaphilippe – perché ho dei grandi ricordi con lui. Quando ho vinto la prima corsa della carriera al Tour de l’Ain nel 2014, eravamo compagni di stanza. Lui stava recuperando dopo la caduta del Tour, quindi non aveva obiettivi particolari. Perciò si prese cura di me, pedalavamo vicini e mi portava lui le borracce. Ero solo un neoprofessionista e questa storia mi ha segnato. Abbiamo anche parlato della maglia ridata (Cavendish è stato campione del mondo nel 2011, ndr) che entrambi abbiamo inseguito per tanto tempo. Mark mi ha raccontato che non ricorda di aver iniziato un solo allenamento senza guardare le righe iridate. Per me è lo stesso, solo toccare la maglia è una gioia».

Jualian Alaphilippe, Freccia del Brabante, 2020
Alla Freccia del Brabante, Alaphilippe fa la selezione in salita e batte Van der Poel in volata
Jualian Alaphilippe, Freccia del Brabante, 2020
Forcing al Brabante e volata vincente su VdP

Un mese al top

L’obiettivo è partire subito forte e arrivare come un missile sulle corse del Nord, da quelle fiamminghe fino alle ardennesi.

«Per me è importante far vedere la maglia lassù – dice – dovrò essere forte dalla fine di marzo fino alla Liegi. Un mese a tutta. Per questo va anche bene non tornare in Sud America e cominciare un po’ più tardi, per correre molto in primavera. Ho davanti l’ultimo anno di contratto con questa squadra, con cui ho costruito un rapporto forte. Amo la mentalità del WolfPack e il modo di correre con cui mi identifico. Si adatta perfettamente al corridore che sono oggi, tutto concentrato sulle classiche. Andare via? Forse se decidessi di cambiar pelle e puntare sulle corse a tappe, ma fino alla Liegi non voglio pensare ad altro. Per la mia concentrazione, non perché pensi che una vittoria possa ridefinire chi io sia davvero. I risultati non saranno decisivi per il futuro, perché le squadre conoscono il mio valore».

ALESSANDRO PETACCHI, MARK CAVENDISH, TIRRENO-ADRIATICO 2014

Petacchi, dica lei: come vede la scelta di Cav?

22.12.2020
4 min
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Dal primo agosto del 2013 e l’anno dopo, con il dichiarato intento di aiutare Mark Cavendish, Alessandro Petacchi firmò un contratto con la Omega Pharma-Quick Step. Si trattava del velocista più forte nell’arco delle 10 stagioni precedenti che, riponendo quasi del tutto le proprie ambizioni, si mise al servizio del britannico: 11 anni in meno e ancora tanta forza nelle gambe. In quei 18 mesi lo spezzino vinse una sola corsa, l’ultima della sua carriera: il Gp Cerami del 2014. Cavendish invece ne vinse 15.

Oggi, a distanza di sei anni, Cavendish è tornato a bussare alla porta di Lefevere, convinto di avere questa sola chance per riprendere a volare. Ce l’aveva proprio in testa. Voleva di nuovo correre su una Specialized e Dio solo sa quante volte in passato ne avrebbe voluta una da mascherare con i colori dei team in cui militava. Tuttavia Mark non ha detto che si metterà a disposizione di Bennett, che al momento è ben più forte di lui. E lo ha fatto portando uno sponsor, fatto che rende l’operazione parecchio meno romantica e decisamente controversa. Ci interessava però avere il parere di Petacchi, la sua lettura di questa scelta.

«Probabilmente ci tornerei anche io – dice Alessandro – nel senso che è un ambiente bello, una squadra in cui si sta bene, che dà tranquillità e serenità. Ciò di cui probabilmente Mark ha bisogno».

Alessandro Petacchi, Mark Cavendish, Giro d'Italia 2011, Parma
Alessandro Petacchi, Mark Cavendish, rivali (poco amici) al Giro d’Italia 2011
Alessandro Petacchi, Mark Cavendish, Giro d'Italia 2011, Parma
Petacchi-Cavendish rivali al Giro del 2011
Tu andasti deponendo le armi e mettendoti a sua disposizione…

Lui non so perché lo abbia fatto, se vada perché non ha più niente da dare, ma non credo. Secondo me semplicemente ha perso le motivazioni. Non lo portavano neanche più alle corse e uno così, soprattutto adesso che ha 35 anni, ha bisogno di correre. A casa si rilassa.

Quale può essere oggi la sua motivazione?

Il Tour, è sempre stata il Tour. Mark pensa solo al Tour. L’ho visto cambiare completamente nel giro di 15 giorni. Presentarsi con un altro sguardo e per giunta dimagrito. Concentratissimo. Se non ha questa motivazione, non vede altro. E forse in quella squadra crede di trovarla.

Il guaio, fra le pochissime parole che gli abbiamo sentito dire, è che non ha mai parlato di mettersi a disposizione di Bennett.

Dovrà dimostrare di essere forte abbastanza, poi la scelta sarà di Lefevere. E magari non avendo ancora per un po’ Jakobsen, lo butteranno dentro e lui dovrà farsi trovare pronto. Smettere per smettere, ha più senso farlo in una squadra così. Anche perché ad ora fa persino fatica a farle le volate. E’ nell’ambiente giusto.

Alessandro Petacchi, Giro d'Italia 2018
Alessandro Petacchi dimostrato negli anni anche doti da ottimo opinionista televisivo
Alessandro Petacchi, Giro d'Italia 2018
Per qualche anno, un ottimo opinionista televisivo
Perché?

Ci sono corridori affiatatissimi. Non ci sono mai tensioni. Sono sempre molto sereni, per chiunque ci sia da lavorare. Un gruppo che passa indistintamente da Alaphilippe a Remco, per poi dedicarsi ai velocisti. In quell’anno e mezzo in cui sono stato con loro, veniva davvero tutto facile. C’era un’armonia nel fare le cose che avevo visto forse soltanto con la Fassa Bortolo. Ti alleni. Nessuno ti rompe le scatole. I corridori danno il 110 per cento. Si corre sempre per vincere. E hanno l’esperienza giusta per i finali. Con quei nomi non era e non è così difficile mettere insieme un treno vincente.

Non trovi un po’ triste che sia entrato in squadra solo perché ha portato lo sponsor?

Un po’ triste in effetti lo è. Ma il periodo è difficile per tutti. Si sa che Lefevere non abbia disponibilità illimitata di soldi e per questo negli ultimi anni ha dovuto rinunciare a Gaviria e Viviani. Ha scelto di tenersi Jakobsen, pagandolo magari un terzo di quello che gli sarebbe costato Gaviria e aveva fatto la scelta giusta. Prima dell’incidente, Fabio era avviato a diventare imbattibile. Con i giovani hanno un occhio pressoché infallibile. Spendere soldi su Mark forse era inutile, ma così le cose ovviamente sono cambiate.

Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
Mai visto nel 2020 un Cavendish in forma: qui al BinckBank Tour
Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
Mai visto un Cavendish in forma nel 2020
Credi possa tornare il Cavendish di allora?

Non credo che il suo sia un problema fisico, quanto piuttosto di testa. Sono due anni che non corre e se ricomincia ad allenarsi bene, magari gli danno la fiducia che poi sta a lui ricambiare. Bisognerà capire se la sua reattività e l’esplosività ci sono ancora. Insomma, non è semplice.

Nelle ultime apparizioni non è mai parso particolarmente in forma…

Questo forse sarà il passaggio più delicato. Se per entrare bene nella nuova maglia fa venti giorni ad allenarsi e non mangiare, si rovina definitivamente. Spero invece che sia già un mesetto che si allena bene e che se ne prenda altri due per calare progressivamente. In squadra ci sarà certamente chi lo seguirà su questo cammino.

E tu, Ale, ti tieni in forma?

Bici poca, visto il momento. Sto a casa e faccio un po’ di rulli. Per fortuna c’è Zwift, così posso continuare a sfidarmi con Michele (Bartoli, ndr). In attesa che finalmente si possa tornare a respirare un po’.

Andrea Bagioli

Andrea Bagioli: «Più classiche che grandi Giri»

09.12.2020
5 min
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L’Australia ha avuto Hindley, la Slovenia Pogacar, la Francia Gaudu, la svizzera Hirschi e noi? La nostra sorpresa è stata Andrea Bagioli. Il 21 enne valtellinese ha concluso il suo primo anno nel WorldTour cogliendo due vittorie (tre se si considera la cronosquadre del Coppi e Bartali), debuttando in un grande Giro e soprattutto accumulando tante belle prestazioni mostrando costanza di rendimento.

In un ciclismo sempre più veloce, tecnologico, e se vogliamo anche maniacale, fa piacere vedere un giovane italiano che ne fa parte e che soprattutto può sperare di crescervi ancora. Bagioli era considerato un campioncino già da junior, quando inanellava 8 successi e tanti podi in una sola stagione. La determinazione già c’era, ma non era un assillo.

Andrea Bagioli
Andrea Bagioli è stato azzurro titolare ad Imola 2020
Andrea Bagioli
Andrea Bagioli è stato azzurro titolare ad Imola 2020
Andrea, partiamo da un’osservazione che qualche giorno fa ci ha fatto Ivan Quaranta, sui giovani e anche su di te. Il “Ghepardo” sostiene che le categorie sono slittate: gli allievi di oggi sono i dilettanti di qualche anno fa e dilettanti di oggi sono i professionisti di 20 anni fa. Cosa ne pensi?

In parte gli dò ragione. Tanti ragazzini hanno già materiali al top, sono seguiti dal nutrizionista, hanno il preparatore. E se tutti fanno così ti devi adeguare, il livello si alza ed è più difficile emergere.

Tu come hai vissuto gli anni da junior? Hai vinto molto: è stato stressante?

Devo dire che io l’ho vissuta tranquillamente, l’ho fatto con leggerezza. Al Canturino 1902 nessuno mi ha messo pressione. Poi quando sono passato dilettante alla Colpack la cosa si è fatta più seria. La differenza più grande è che quando uscivo dalla scuola pensavo solo alla bici. Da dilettante ero più concentrato.

E tu hai avuto il contratto da pro’ già mentre correvi tra gli U23…

Al secondo anno. E’ successo dopo la vittoria alla Ronde de l’Isard, Patrick Lefevere mi è venuto a cercare e io ho detto subito di sì.

Quaranta diceva anche che tu eri pronto fisicamente. Cosa intendeva?

Sai che non lo so! Bisognerebbe chiederlo a lui. Posso supporre che fossi pronto perché già facevo le cose fatte bene e già mi impegnavo al massimo. 

E quest’anno dopo quella chiamata di Lefevere hai portato a termine la tua prima stagione nel WorldTour e da professionista. Quali sono state le difficoltà maggiori?

Ad essere onesti pensavo d’incontrarne di più. Le difficoltà maggiori erano nel passare dalle gare non WT a quelle WT: ci sono differenze di velocità notevoli. E abituarsi al ritmo non è facile. La mia prima gara WorldTour è stato il Lombardia. I giorni prima mi sentivo molto bene ed ero super fiducioso. Avevo vinto una tappa al Tour de l’Ain così sono partito bello convinto. Poi mi sono reso conto che gli altri andavano più forte. Sono rimasto impressionato dal Ghisallo. Mi sono staccato dopo 3-4 chilometri, ma soprattuto è stato impressionante l’attacco di questa salita.

Vai per i 22 anni, puoi essere un Pogacar, un Hindley…?

Ah, ah, ah… penso che fenomeni come Tadej ne nascano ben pochi. Paragonarmi a lui lo vedo azzardato. Per adesso preferisco concentrarmi sulle classiche di un giorno o su qualche breve corsa a tappe. Per i grandi Giri devo lavorare molto.

Andrea Bagioli
Bagioli nella crono della Vuelta, chiusa al 29° posto
Andrea Bagioli
Bagioli nella crono della Vuelta, chiusa al 29° posto
Quando dici classiche a quali ti riferisci?

Alla Liegi, alla Freccia, all’Amstel

Hai fatto un campionato italiano davvero brillante: quella buona prestazione è stata un punto di svolta?

Una svolta mentale. Mi sentivo veramente bene. Forse il giorno migliore di tutta la stagione. Mi ha fatto capire che potevo stare davanti con i migliori. Peccato che l’ultima salita (Andrea ha tirato la Rosina dal primo all’ultimo metro, ndr) era lontana dal traguardo e così ho lavorato per Ballerini. Mentre salivo dentro di me ero “arrabbiato col percorso”. Pensavo che se non ci fossero stati quei 30 chilometri di pianura avrei provato un’azione. Avrei parlato con Ballerini e ci avrei provato.

Mentalità vincente! E il chilometraggio ti spaventa?

No, spaventato no. Quel giorno dell’italiano per esempio c’erano da fare 253 chilometri e mi sono trovato bene.

Che margini senti di avere?

Sicuramente devo migliorare a crono, disciplina che negli anni scorsi non ho preso in considerazione. E già ho iniziato a farci dei lavori. Quest’anno ho fatto solo la crono (individuale, ndr) della Vuelta. E poi devo migliorare anche sulle salite lunghe. Fino a 5-6 chilometri le tengo bene, in quelle da 10-15 ancora fatico.

E infatti il giorno dopo la crono alla Vuelta hai pagato. Dipendeva dalla bici, dal tipo di sforzo…?

Sicuramente ho faticato, ma dipendeva dal fatto che mi ero ammalato. Il giorno dopo avevo provato a prendere la fuga ma ho capito subito che qualcosa non andava.

Però la domanda se Bagioli sarà o meno l’Hindley del 2021 te la rifacciamo. Noi siamo convinti che possa essere nelle tue corde…

Non penso nel 2021, magari più in là. Come ripeto mi sento più adatto alle classiche.

Andrai nelle Ardenne con il campione del mondo. Con che aspettative parti?

Con quelle di vincere: si sa che il capitano è lui, ma se Julian dovesse stare male ci sono possibilità anche per altri. Io però credo che su quei percorsi lui sia il migliore del mondo ed è giusto aiutarlo.

Alaphilippe è un modello da seguire?

Sono stato con lui due settimane in Belgio e cercavo di guardare quel che faceva. Mi ha impressionato vedere il suo modo di essere. Solo qualche giorno prima aveva vinto il mondiale, ma non sentiva la pressione: certe cose in gara le paghi. Lui invece era spensierato, sorridente… e questa cosa mi piace.

Ti piace sperimentare, cambiare abitudini della tua vita da corridore? O segui alla lettera preparatori, nutrizionisti e tecnici?

Sì, mi piace fare prove ed esperimenti, poi certo c’è chi ci segue e ci dà dritte preziose. Però fare da solo è bello, provare cose nuove che, se funzionano, ti danno sicurezza.

Hai già una traccia del tuo programma 2021?

Avendo fatto la Vuelta inizierò più tardi, non a gennaio di sicuro. Il Giro? Sì, mi piacerebbe farlo, ma non lo so. Diciamo che le Ardenne sono il primo obiettivo della stagione, poi si vedrà.