Pellizzari: il “bimbo” è pronto a diventare uomo

16.09.2024
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MISANO ADRIATICO – Il sorriso di Giulio Pellizzari nel mezzo della confusione dell’Italian Bike Festival ti fa capire quanto siano vivi i suoi ventuno anni. Parla con tutti, nella musica e nel divertimento trova la sua dimensione. Tanti corridori quando passano da queste fiere, per incontrare sponsor e gente, hanno la faccia di chi non vorrebbe mai essere lì. Pellizzari invece ha l’entusiasmo della novità e della gioia di stare insieme a chi sta imparando a conoscerlo: il pubblico del ciclismo.

Lo stand di Wepere diventa, per una decina di minuti, il teatro di incontro con il giovane della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè. L’anno prossimo lascerà il nido di chi lo ha preso e fatto diventare grande, la famiglia Reverberi. Lui si gode le ultime gare di una stagione che fino ad ora è stata lunga e intensa. 

«Il 2024 – dice ridendo – è partito presto e ancora deve finire, però è stato gestito a blocchi. Ho corso in maniera intensa fino al Giro d’Italia, poi ho fatto Slovenia, campionato italiano e Giro d’Austria. Al Limousin, ad agosto ho ripreso a correre ma alla terza tappa mi sono ritirato perché sono stato male. Il Giro del Friuli, corso a inizio mese serviva per mettere ritmo nelle gambe in vista del finale di stagione. Ora mi aspettano il mondiale under 23, Agostoni, Emilia e Lombardia».

All’IBF Pellizzari ha parlato e scambiato sorrisi con tutti coloro che lo fermavano
All’IBF Pellizzari ha parlato e scambiato sorrisi con tutti coloro che lo fermavano
Hai corso spesso tra gli under 23 e poi tra i professionisti, com’è stato “salire e scendere”?

E’ stato bello. Sono uno che non si fa problemi a “tornare indietro”, non mi demoralizzavo perché andavo a correre con gli under. Anzi, per me era uno stimolo per provare a vincere, poi non ci sono ancora riuscito, ma è stato utile in vista della mia crescita. 

Ti sei piazzato spesso nei primi 10, in corse diverse passando dall’ottavo posto del Recioto al secondo al Giro.

Al Giro d’Italia ho trovato davvero quello più forte di me. Nella altre corse mi è mancata la cattiveria nell’ultimo chilometro. Anche al Friuli ero il favorito, avevo staccato tutti in salita, ma poi negli ultimi mille metri manca l’istinto. Il problema è che quando arrivo a capire che mi gioco la vittoria vado nel “panico”. Al Giro non ci ho mai pensato, era quasi troppo grande come cosa. 

La gare tra gli U23 (qui al Recioto) servivano per imparare a giocarsi la vittoria
La gare tra gli U23 (qui al Recioto) servivano per imparare a giocarsi la vittoria
E’ un fattore mentale che negli anni ti è mancato?

Esattamente. Non sono mai stato abituato a vincere quindi da piccolo fino allo scorso anno avevo un solo obiettivo: dimostrare di essere il più forte, non di vincere. 

Cosa cambia?

Per me la cosa più importante è stata dimostrare di essere il più forte, poi magari non vinco. Da piccolo ero scarso, per me l’obiettivo era far vedere di essere forte. Anche ieri (il riferimento è al Memorial Pantani, ndr) per me la gara finiva in cima alla salita. Andavo a tutta e quando mi sono girato e avevo tolto tutti i forti di ruota io ero a posto. Al Friuli uguale, volevo staccare in salita Torres che due settimane prima aveva vinto l’Avenir con grandi numeri. 

Al Giro la dimostrazione che le qualità ci sono, ora serve lo step mentale
Con il senno di poi non fare l’Avenir ti è dispiaciuto?

Ora sì. Prima no. La stagione sarebbe cambiata un poco, ma il fatto che Torres e Widar siano andati forte mi avrebbe stimolato molto. Correre tra gli under serve per imparare a vincere. Al Friuli mentre ero con Nordhagen la motostaffetta mi diceva: «Hai vinto, dai che è tua». Alla fine non ho vinto, sale la pressione e bisogna convivere con quella. Al Giro non c’era, ero esordiente. 

Dall’anno prossimo crescerà la pressione, non sarai più il giovane da scoprire, gli altri ti guarderanno. 

Sono contento di questo, è una sfida che mi stimola e mi piace. 

Pellizzari vuole diventare l’idolo dei bambini, chissà se un giorno sarà lui a regalare la maglia rosa a un giovane promettente
Pellizzari vuole diventare l’idolo dei bambini, chissà se un giorno sarà lui a regalare la maglia rosa a un giovane promettente
Come ti senti nel lasciare la squadra che ti ha fatto diventare grande?

Alla Bardiani mi sono trovato bene, quindi non sarà facile lasciarla. Però credo sia un passo fondamentale, sarà tutto nuovo e vedremo come. In questi tre anni ho fatto tutto quello che dovevo fare, è il momento di aprire le ali.

Cosa ti mancherà di più?

La spensieratezza che c’è in squadra. 

Con il senno di poi il marchigiano si è detto dispiaciuto di aver rinunciato all’Avenir dopo il 2° posto del 2023
Con il senno di poi il marchigiano si è detto dispiaciuto di aver rinunciato all’Avenir dopo il 2° posto del 2023
Dall’altra parte qual è lo stimolo maggiore?

Provare a diventare il corridore che è l’idolo dei bambini. Dal 2025 mi sento di poter dire che da grande farò il ciclista, prima ci pensavo e non ci pensavo, ora ci credo. 

Avevi l’occasione di fare il mondiale anche con i pro’?

Ero nella lista di Bennati, aspettavamo queste gare in Toscana per decidere cosa fare. Non sono andate come speravo, dalla Vuelta sono usciti tanti nomi forti. Ieri (sabato, ndr) mi ha chiamato Amadori, il cittì della nazionale under 23, e mi ha chiesto cosa volessi fare. Lui mi ha detto che se avessi scelto il mondiale under mi avrebbe messo sicuramente in squadra e avrei corso. E’ il primo mondiale, c’è emozione. 

Un giro tra i pensieri

Alla fine della chiacchierata chiediamo a Pellizzari di fare un giro di pista in sella alla sua De Rosa. I ragazzini lo riconoscono, lo fermano e gli chiedono se sia davvero lui. Giulio sorride e pedala con loro con la naturalezza che speriamo rimanga invariata. Il resto sono parole che scorrono, il mondiale, la stagione che finisce e cosa si aspetta dal confronto con la nuova realtà della RedBull-Bora-Hansgrohe. Pensieri che meritano forse un approfondimento, ma avremo tempo nei prossimi giorni, o mesi.

Spezialetti in Bingoal ha trovato la sua dimensione

18.10.2023
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La Tre Valli Varesine ha chiuso la prima stagione in Bingoal WB di Alessandro Spezialetti, il diesse arrivato a stagione in corso nel team belga, dopo l’esperienza con Savio e una carriera radicata in Italia. 

«Mi preparo per le vacanze – racconta da casa Spezialetti – da qualche giorno ho firmato il contratto per la prossima stagione, quindi parto sereno. Avrei dovuto chiudere la stagione con le due gare in Veneto, ma poi la squadra ha deciso di andare in Turchia e al seguito dei corridori sono andati altri due diesse».

Arriva Persico, per Spezialetti un corridore che potrà dire la sua nelle corse veloci (foto NB srl/Jacopo Perani)
Arriva Persico, per Spezialetti un corridore che potrà dire la sua nelle corse veloci (foto NB srl/Jacopo Perani)

La novità 2023

L’anno ancora in corso per Spezialetti ha portato la tanto attesa novità di un’esperienza all’estero. Il Belgio lo ha accolto e lui ha preso le misure con un ciclismo diverso, cosa ha visto in questi suoi mesi valloni?

«Dopo le prime gare ho iniziato a fare conoscenza con lo staff ed i corridori – dice – sono entrato pian piano nei meccanismi del team. Mi sono trovato bene fin da subito, ho perfezionato l’inglese e mi sono ambientato nella maniera giusta. Devi entrare in contatto con la loro cultura e la loro mentalità, che è diversa dalla nostra. Sono molto più tranquilli e schematici di noi, hanno un modo di approcciarsi alla corsa molto differente dal nostro. Nel 90 per cento delle corse piove, questo però non modifica le tattiche in corsa. Altrimenti ogni settimana dovresti avere un piano diverso».

Villa è un corridore interessante, dalle caratteristiche che si avvicinano molto alle corse del Nord (foto Boldan)
Villa è un corridore interessante, dalle caratteristiche che si avvicinano molto alle corse del Nord (foto Boldan)
C’è tanta differenza tra una professional italiana e una belga?

Non così tanta come ci si potrebbe aspettare. Cambia principalmente l’approccio alla gara, loro non hanno l’assillo di andare in fuga per “mostrare la maglia”. Chiaramente essendo una professional, dove non arrivi con i risultati lavori per altri obiettivi, come può essere la fuga. Alla Coppa Agostoni, al Giro dell’Emilia abbiamo fatto così. 

La Bingoal WB è una squadra che però nel frattempo ha accolto tanta Italia…

Vero, anche il calendario si è allargato tanto, io alla fine ho fatto Wallonie e Austria, per il resto ho seguito tutte le corse in Italia. Abbiamo De Rosa come marchio di bici e due corridori italiani (Tizza e Malucelli, ndr). 

L’anno prossimo arriveranno altri due ragazzi: Davide Persico e Giacomo Villa.

Ho consigliato io di portarli da noi, ne abbiamo parlato con la squadra e ho detto la mia sui ragazzi. 

Alla Bingoal i due nuovi giovani troveranno Tizza, che ha chiuso la sua seconda stagione nella professional belga (foto Simone Panzeri)
Alla Bingoal i due nuovi giovani troveranno Tizza, che ha chiuso la sua seconda stagione nella professional belga (foto Simone Panzeri)
Cosa hai visto in loro?

Persico è un bel velocista, che ha già fatto lo stage con noi in questa stagione ed è andato bene. Può crescere ancora molto e darci tante soddisfazioni, in gare come il Giro di Turchia o il Saudi Tour avrà le giuste chance. Deve migliorare sul fondo, come tutti i ragazzi che passano professionisti, le gare in Belgio potranno aiutarlo molto a crescere e mettere fatica nelle gambe. 

Per Villa, invece?

Per le caratteristiche della Bingoal e per come siamo strutturati può trovare la sua dimensione nelle gare in Belgio, Francia e Italia. Lo vedo come un corridore adatto a gare simili alla Freccia Vallone, alla Liegi o all’Amstel. Non gli si chiederanno subito i risultati, ma con il tempo imparerà e crescerà. E’ un bel corridore, l’ho visto in azione e appena ho potuto sono andato da Milesi con il mio capo per fargli una proposta

Persico lo avete visto in azione nello stage, quando vi siete convinti di prendere Villa?

Tra Poggiana e Capodarco. Io ho fatto anche il Giro Next Gen con la nostra Devo e l’ho visto in azione anche in quel caso (in apertura alla presentazione della corsa rosa under 23, foto LaPresse). E’ emerso tanto nella seconda parte di stagione, con una bella prova pure al Tour de l’Avenir. 

Per il team belga non solo corridori e diesse italiani, ma anche le bici, fornite da De Rosa (foto Instagram)
Per il team belga non solo corridori e diesse italiani, ma anche le bici, fornite da De Rosa (foto Instagram)
Come ti sei trovato a lavorare con i giovani?

Mi è piaciuto molto: seguirli, vederli crescere e soprattutto insegnarli la fatica. Con Michiel Lambrecht proprio a Capodarco, abbiamo fatto una bellissima prestazione. E’ facile vincere con i campioni, a me piace prendere i giovani, formarli e vedere arrivare i risultati pian piano. 

Quindi sarai il mentore dei due nuovi italiani in “Erasmus”?

Assolutamente, non vedo l’ora di lavorarci insieme. Non manca poi molto: a novembre faremo un mini ritiro e poi da dicembre si ripartirà ufficialmente.

Giù i veli dalla 70, la De Rosa più evoluta di sempre

01.05.2023
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«L’abbiamo chiamata 70, come gli anni che celebriamo dalla forgiatura della prima creatura di Ugo», con queste toccanti parole in De Rosa lanciano la 70, l’ultimo gioiello della casa lombarda. Il primo nel “dopo Ugo”, patron della grande casa ciclistica.

«Questa – continuano dall’azienda milanese – è la bici De Rosa che racchiude ogni singola goccia di passione versata da Ugo e tutta la sua famiglia, per tutti coloro che vivono ogni giorno con una bici nel cuore».

De Rosa 70 è stata presentata questa mattina
De Rosa 70 è stata presentata questa mattina

Un lungo progetto

I veli sulla De Rosa 70 si sono alzati questa mattina. Si tratta di un progetto lungo 22 mesi in cui si è curato ogni singolo dettaglio, ogni singolo componente per realizzare una bici senza compromessi. Una bici in cui leggerezza, rigidezza e aerodinamica sono state portate al massimo dell’efficienza. Così come il design, grazie alla collaudata collaborazione con Pininfarina.

E allora scendiamo nei dettagli della De Rosa 70. Il suo telaio è un monoscocca il cui peso è di appena 730 grammi nella misura 54. Già al primo sguardo emerge una bici estremamente elegante, ma al tempo stesso aerodinamica. 

Le linee sono “tradizionali”, se così possiamo dire. Una geometria leggermente sloping, che abbassa il peso del telaio stesso ed esalta il fuorisella. 

E a proposito di fuorisella, il reggisella è di forma esagonale. In questo modo ancora una volta ne guadagnano sia l’aerodinamica che la rigidità (soprattutto).

I tubi sono profilati. Due “lame” per fendere l’aria. Ma anche due lame d’importanza strutturale. Sono queste tubazioni a rendere la 70 super rigida, merito ovviamente anche del carbonio utilizzato e della sua posa. Si va dal 5K del carro, passando all’1K che sfuma in unidirezionale sul corpo del telaio, nella sua interezza. 

Aerodinamica first

Molto curata la parte anteriore. Il tubo sterzo non presenta spigoli proprio per favorire l’aerodinamica. Sempre seguendo la direttrice dell’efficienza con l’aria, ma anche estetica, tutti i cavi sono integrati.

Forcella che, chiaramente, è full carbon e che pesa appena 280 grammi. Sempre guardando la bici “da davanti”, i flussi dell’aria sono stati studiati assieme a quelli del carro, per far sì che la stessa aria possa scappare via più rapidamente possibile e con minor impatto sul pacchetto bici+ciclista.

Tuttavia il profilo della forcella e dei foderi alti del carro non sono solo “aero”, ma danno anche un senso di robustezza. E in effetti la 70 promette di essere sì rigida, ma anche comoda per quel che concerne le sollecitazioni verticali. Anche se in tal senso un grosso ruolo lo giocano anche le gomme e le ruote che poi vi si monteranno.

Sempre in merito alla rigidità, anche la scatola del “movimento centrale” è alquanto robusta, pur non avendo dimensioni massicce.

Tutto al top

In quanto a montaggi, una bici di questo livello merita solo il top. La De Rosa 70 può montare tutti e tre i gruppi elettromeccanici top di gamma di Sram, Campagnolo e Shimano. Per le ruote è proposta con le Campagnolo Hyperon o Bora Ultra WTO, le Fulcrum Speed e le Vision SL.

Il manubrio è un Vision/FSA dedicated, mentre per quel che concerne le selle si è pescato ancora in Italia tra Selle Italia o Fizik. Le gomme scelte sono le Vittoria Corsa NEXT.

Così hanno commentato dalla casa: «Il risultato: la De Rosa più evoluta di sempre».

De Rosa

De Rosa, il futuro del ciclismo passa ancora dall’Italia

25.11.2022
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Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Cristiano De Rosa, toccando diversi temi, non ultimo la sponsorizzazione del Team Green Project-Bardiani CSF-Faizané.

Uno sguardo al futuro e alla voglia di vivere un progetto italiano concreto, senza dimenticare la storia. La voglia e l’entusiasmo di fare parte di questo ciclismo moderno che tanto fa appassionare, come non succedeva da tempo.

«Stiamo vedendo un ciclismo talmente bello, spettacolare e con degli attori superbi, che meriterebbe davvero il pagamento di un biglietto». Questa frase dice molto della passione di Cristiano De Rosa.

Negli ultimi 3 anni, De Rosa ha sponsorizzato la Cofidis: qui Consonni vince la Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Negli ultimi 3 anni, De Rosa ha sponsorizzato la Cofidis: qui Consonni vince la Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Quanto è importante per De Rosa una sponsorizzazione come quella del Green Project-Bardiani-CSF-Faizané?

Per De Rosa investire in una squadra italiana è fondamentale. Se poi consideriamo che il progetto dei Reverberi è lungimirante, lo è sotto molti punti di vista, allora dico che la sponsorizzazione diventa importantissima. Lo dico con forza e con passione. Credo in questo bel progetto, considerando anche che De Rosa non ha iniziato da oggi a seguire i team. Personalmente mi occupo delle sponsorizzazioni dal 1985 e il primo supporto tecnico di De Rosa risale al 1972. Serve un progetto credibile, servono dei capitali da investire e qui c’è tutto questo, con una importante connotazione italiana.

Una delle prime bici fornite ai ragazzi di Reverberi (foto Bardiani-Csf)
Una delle prime bici fornite ai ragazzi di Reverberi (foto Bardiani-Csf)
Quindi si torna a parlare in modo concreto di una connotazione italiana nel mondo del ciclismo?

Il ciclismo anglosassone è ben definito, grazie a tanti capitali che sono stati investiti, ma anche per merito di un progetto a lunga gittata e di idee concrete. Tante parole, ma anche tanti fatti. E’ quello che serve a noi: arrivare al dunque, senza per forza dire le solite cose. Nel progetto dei Reverberi ci sono degli sponsor importanti e un produttore di bici che ci crede. E poi si vuole investire sui giovani e sulla qualità.

Giovani: perché tanti vanno nelle squadre estere?

I giovani migrano principalmente perché in Italia non ci sono stati dei progetti veri e propri a lungo termine e questo si riflette anche sugli sponsor. Noi arriviamo da tre anni di sponsorizzazione al Team Cofidis, che è tornato a crescere e nel World Tour proprio grazie ad un progetto credibile. I ragazzi vanno via dall’Italia perché vedono delle opportunità e allora mi viene da pensare, che è ora di tornare a creare delle opportunità anche qui in Italia. Il ciclismo professionistico ha sempre parlato italiano e lo zoccolo duro parla molto italiano ancora oggi.

Si lavora incessantemente per fornire la dotazione al completo (foto Bardiani-Csf)
Si lavora incessantemente per fornire la dotazione al completo (foto Bardiani-Csf)
Eppure De Rosa è un’azienda conosciuta ovunque…

Nel mondo c’è voglia di italianità, ma c’è anche la necessità di valorizzare le sponsorizzazioni tecniche. De Rosa esporta le bici in 38 Paesi, abbiamo un team professionistico anche nel Nord Europa, la Bingoal e costantemente facciamo delle azioni di marketing in Asia, tramite i distributori. Per un’azienda come la nostra è fondamentale alimentare la cultura ciclistica e farlo anche nel Paese di nascita. Non è una questione di patriottismo, ma non mi va di pensare solamente che un marchio come il nostro deve per forza investire solamente al di fuori dell’Italia. Bisogna metterci la faccia.

Cristiano De Rosa all’epoca della Vini Fantini-Nippo
Cristiano De Rosa all’epoca della Vini Fantini-Nippo
Quindi è ancora possibile investire in Italia e in un team italiano?

E’ possibile e bisogna farlo. Voglio fare un esempio riprendendo una considerazione del presidente del colosso Nippo, all’epoca della nostra sponsorizzazione della Nippo-Vini Fantini. Nippo scelse di sponsorizzare in Italia per imparare dagli italiani, sicuri di condividere dei valori di qualità, cultura e un’ottima scuola. E’ passato qualche anno, neppure troppi a dire la verità, ma questa considerazione è più che valida e attuale.

Quanti e quali squadre pro’ avrete per il 2023?

Due squadre maschili pro’ e due femminili.

Volendo fare una sovrapposizione, la sponsorizzazione del Team Green Project-Bardiani-CSF-Faizané è paragonabile a qualcun’altra della storia De Rosa?

Ogni sponsorizzazione e ogni approccio che si ha con team è una cosa a sé. Al termine del progetto si possono fare dei paragoni, dei confronti e delle sovrapposizioni, ma solo alla fine, non all’inizio. Si impara qualcosa ad ogni esperienza e si porta a casa qualcosa di buono dopo ogni partnership.

Quante bici avrà in dotazione la squadra dei Reverberi e quali modelli?

Ad ogni atleta verranno fornite 5 biciclette: 4 da strada e una da crono. I modelli saranno Merak, SK e la Disco TT03 per le cronometro e poi vedremo durante l’anno, la ricerca, lo sviluppo ed i test non si fermano.

In che modo viene deciso il modello di bici da destinare al corridore?

Si cerca di fare un’analisi del corridore, delle sue caratteristiche e in base alle valutazioni fatte con il tecnico del team viene identificata la bicicletta giusta per l’atleta.

Viaggio nel tempo con Moser, fra invenzioni, bici e trofei

29.04.2022
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Maso Villa Warth, è questa la fantastica cornice in cui vive Francesco Moser, dove ci sono il cuore del suggestivo podere e la cantina di famiglia. Nel piccolo paese trentino di Gardolo, “Lo Sceriffo” produce vini insieme ai suoi figli e nipoti. Oltre alle pregiate vigne, tuttavia, è presente un museo che ripercorre tutta la carriera del campione, fra trofei, maglie e bici.

Moser è considerato da molti un “innovatore” che ha segnato un prima e un dopo nell’evoluzione del ciclismo. Dalle vittorie sulle proprie bici, alle trovate tecniche originali per le cronometro e i Record dell’Ora. Un uomo che ha scritto pagine di storia di questo sport e che ancora oggi è un riferimento per i suoi tentativi di innovare sotto il punto di vista atletico e tecnico. Per l’occasione gli abbiamo rivolto domande e provocazioni tra il ciclismo di oggi e quello passato. Riprendendo il filo di un discorso che la settimana scorsa ha acceso gli animi, in tema di Roubaix, gambe e materiali.

Il museo si trova all’interno del Maso Villa Warth a Gardolo (TN)
Il museo si trova all’interno del Maso Villa Warth a Gardolo (TN)

L’innovazione su strada

Seppure le sue scoperte tecniche abbiano rivoluzionato un modo di interpretare questo sport, per quanto riguarda il ciclismo su strada nelle corse in linea lo sviluppo era in linea con i tempi.

«Quando correvo io – racconta Moser – non c’erano studi mirati per le corse da un giorno o le classiche. Sì certo, si facevano modifiche specifiche per alcune gare. Per esempio per la Parigi-Roubaix, montavamo delle forcelle specifiche rinforzate e uno strato di gomma piuma sul manubrio, aumentandone la sezione. Le pressioni delle gomme venivano adeguate. Oggi vengono fatti studi anche per singole corse». 

Passato e presente

L’albo d’oro della Roubaix vede il nome di Francesco Moser per tre volte di fila, dal 1978 al 1980. Oltre ad alcuni accorgimenti tecnici c’era una talento naturale che andava oltre ogni innovazione possibile. 

Il modo di correre di oggi è così distante da modo di correre di una volta in una corsa come la Parigi-Roubaix?

No. La Roubaix è una corsa senza tempo, ci vogliono gambe e talento sempre. I cambi di ritmo dovuti agli allenamenti che ci sono oggi sono sicuramente differenti, ma nel complesso no. 

Oggi vediamo corridori fare tutti i tratti del pavè a bordo strada…

E’ normale. Si è sempre fatto, anche quando correvo io con l’asciutto si cercava la lingua di terra sul lato per guadagnare scorrevolezza. La vera Roubaix è bagnata. Come quella che ha vinto Sonny Colbrelli. In quel caso devi stare a centro strada per ottimizzare il più possibile la scorrevolezza delle pietre. Nel suo caso poi avevano corso prima le donne quindi si era creata anche un’ulteriore patina che di certo peggiorò le condizioni del manto stradale. 

Moser ha vinto tre Parigi-Roubaix consecutive dal 1978 al 1980
Moser ha vinto tre Parigi-Roubaix consecutive dal 1978 al 1980
Che bici utilizzavi quando hai vinto le tre Roubaix consecutive?

Dopo la prima Roubaix vinta con la Benotto, iniziai ad usare le mie bici. Il telaio era realizzato da De Rosa con tubi Columbus appositamente più robusti per affrontare il pavè. Il cambio era il Campagnolo Super Record, mentre le ruote erano Mavic. Il peso oscillava tra i 9 e i 10 chili.

Se i corridori di oggi corressero con le bici di una volta cambierebbe qualcosa?

I tempi cambiano, ma l’atto fisico rimane lo stesso. In certi ambiti come la cronometro e i Record dell’Ora i materiali facevano la differenza, ma nelle corse di un giorno ancora adesso le differenze sono minime. 

Anche la preparazione è molto differente da quella di una volta. Pensi si stia arrivando ad un limite?

Oggi si corre e ci si allena tutto l’anno. Ci sono corridori belgi che non smettono mai di correre. Fanno anche il ciclocross. Vincono e quindi hanno anche un ritorno. Ho dei dubbi per quanto tempo possano andare avanti a farlo. Noi l’inverno nemmeno ci allenavamo. 

Hai visto la vittoria di Evenepoel alla Liegi?

Sì, mi ha stupito il modo in cui è scattato. Sembrava dovesse vincere il gran premio della montagna. Gli è slittata la ruota due volte. Mi è piaciuto e mi ha impressionato. 

La bici utilizzata per il doppio Record dell’Ora di Messico 1984
La bici utilizzata per il doppio Record dell’Ora di Messico 1984

Contro il tempo

Passeggiando nel fantastico museo dedicato alla sua carriera, spiccano tra le bici marchiate Moser, i prototipi utilizzati per le prove contro il tempo. E’ già, perché oggi a volte si polemizza e si fanno dibattiti su trovate tecniche come reggisella telescopici, tubeless e per anni sui freni a disco. Ma negli anni ’70 e ’80 “Lo Sceriffo” ha vinto corse e conquistato record anche grazie alle sue intuizioni tecniche (i racconti di Francesco sulle soluzioni tecnologiche di quegli anni sono raccolti in “Francesco Moser. Un uomo, una bicicletta”, libro a cura di Beppe Conti).

Oggi i regolamenti sono sicuramente più stringenti e vedere test di quel tipo è impensabile. Ma guardandosi indietro e vedendole a pochi centimetri, si assapora un ciclismo che non si poneva limiti e che non aveva paura di spingersi oltre ogni barriera fisica

Le due bici innovative usate per Stoccarda ’87 (con la ruotona) e Messico ’94 (in primo piano)
Le due bici innovative usate per Stoccarda ’87 (con la ruotona) e Messico ’94 (in primo piano)

La bici per il Record dell’Ora 51,151, che dà il nome anche al suo spumante più pregiato, è quella che spicca in mezzo alle altre. Forse per la sua vernice lucida e le curve futuristiche. Fatto sta che anche Francesco, quando ne parla, prova un trasporto che fa capire l’importanza di quell’opera d’arte a due ruote

Infine le altre due famosissime bici utilizzate per gli altri due record. Quella di Stoccarda 87’, caratterizzata dalla “ruotona”. Per chiudere con la bici utilizzata per Messico 94’, nella posizione lanciata dallo scozzese Graeme Obree e poi replicata con telaio Moser, caratterizzata dalla “Superman Position”.

De Rosa è anche abbigliamento. E a febbraio…

10.12.2021
4 min
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Milano, 1953: sono queste le due coordinate simbolo che identificano il luogo di nascita e l’anno di avvio dell’attività di De Rosa. Dopo 69 anni di autentico servizio reso al mondo del ciclismo, in modo particolare al mondo delle corse professionistiche, il bike brand italiano con sede storica a Cusano Milanino prosegue nella propria marcia di crescita sul mercato internazionale. Un’espansione che si declina però anche nella diversificazione del prodotto… Ad attirare la nostra curiosità è stata proprio la recente implementazione della collezione “Apparel” (abbigliamento e accessori d’abbigliamento, sia tecnici che casual per capirci meglio…) a marchio De Rosa: fortemente arricchita sia nel numero di capi proposti al pubblico quanto nella diversità grafica e cromatica degli stessi articoli.

E’ da poco disponibile la nuova collezione delle biciclette per il 2022
E’ da poco disponibile la nuova collezione delle biciclette per il 2022

De Rosa? Uno status

Per capire meglio questo trend di sviluppo, fortemente agevolato dalla possibilità di vendere in tutto il mondo ed in tempo reale grazie al predisposto shopping online gestito attraverso il portale ufficiale del brand, abbiamo approfittato per scambiare quattro chiacchiere – come si dice in gergo – con Cristiano che di De Rosa è il CEO: «Dopo tanti anni di conoscenza e di presenza sui mercati internazionali, pensiamo che la nostra azienda oggi possa permettersi di andare anche oltre quello che è propriamente bicicletta».

Prosegue poi Cristiano: «Per noi essere un cliente De Rosa non è solo ed esclusivamente possedere una bicicletta. De Rosa condivide difatti un nostro modo di vivere, uno stile di vita. E’ condividere il piacere di possedere un bene prezioso, disegnato, ingegnerizzato e prodotto in Italia, condividere con il gusto delle cose belle e realizzate con estrema cura: col cuore, come piace dire a noi… Proprio questa è stata la scintilla che ci ha spronato a creare e ad estendere questa collezione d’abbigliamento di qualità. Per condividere uno status forte, e sempre con De Rosa ricamato sul petto».

Che cosa propone questa collezione?

Quello che offriamo è oggi una ricca collezione di felpe, sia girocollo che con il cappuccio, cappelli per il tempo libero, magliette. Tutti prodotti di qualità realizzati in cotone organico. Ma quello che proponiamo sono anche capi altamente tecnici che Santini produce in esclusiva per noi: tra questi voglio ricordare in modo particolare le maglie ed i pantaloncini, sia estivi che invernali, con i loro accessori, della collezione RESPECT for all cyclists… un tema quello della sicurezza in strada di tutti i ciclisti al quale siamo particolarmente sensibili.

Per il futuro cosa ci possiamo aspettare?

Questa domanda è perfetta, proprio in questi giorni stiamo definendo gli ultimi aspetti per un lancio – che avverrà il prossimo febbraio – di una vera e propria piccola linea di abbigliamento De Rosa. Camicie, maglioni e altri splendidi capi tutti prodotti 100% in Italia e confezionati mediante l’impiego dei migliori tessuti in circolazione. Una speciale capsule collection di altissima gamma che vorrà sempre più veicolare nel mondo il nostro spirito e la nostra estrazione. La collezione d’abbigliamento De Rosa è sempre disponibile online, presentata all’interno dell’apposita sezione sul sito ufficiale dell’azienda, oppure ordinabile presso la rete dei rivenditori autorizzati.

De Rosa

Champions League, primo round: sentiamo la Zanardi

09.11.2021
5 min
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Il panorama del ciclismo si è arricchito di una nuovissima competizione. La Champions League della pista. La neonata creatura dell’Uci è iniziata sabato 6 novembre a Palma de Mallorca ed in programma ci saranno altri quattro round fino all’11 dicembre tra i velodromi di Panevezys (Lituania), Londra (due date) e conclusione a Tel Aviv.

A Mallorca, Harrie Lavreysen ha vinto le prove di velocità / ©SWpix.com
A Mallorca, Harrie Lavreysen ha vinto le prove di velocità / ©SWpix.com

All Star Game su pista

Un evento internazionale con un format moderno e coreografie spettacolari. Una concezione di ciclismo da puro entertainment in stile All Star Game dell’NBA. Una serata da trascorrere all’interno di un’arena dove in meno di tre ore si concentra uno show con i migliori interpreti della specialità. Un modo per promuovere il ciclismo su pista, avvicinare pubblico, anche quello meno appassionato, e farlo divertire.

Ricapitolando, il programma sarà lo stesso per ogni round, suddiviso in due discipline: sprint ed endurance. Ognuna di queste ha due tipi di gara in cui si prenderanno punti. Velocità e keirin nella prima categoria, eliminazione e scratch nella seconda. Maglia di leader per le quattro specialità. Un totale di 72 corridori tra i migliori al mondo distribuiti equamente tra maschi e femmine. Stesso discorso per i premi, divisi in modo uguale

De Rosa per Zanardi

Una delle protagoniste della Uci Track Champions League è Silvia Zanardi, in gara con il suo sgargiante body – che richiama i colori della nazionale, il logo della BePink e della manifestazione – e in attesa di ricevere per il round del 20 novembre una De Rosa con una livrea ad hoc

Dopo la prima giornata la 21enne piacentina è decima con 11 punti nella classifica guidata a quota 33 dalla fenomenale britannica Katie Archibald, oro europeo nella corsa a punti nel 2020 proprio davanti alla Zanardi.

«E’ una grande soddisfazione far parte di questo gruppo – racconta – sono una delle poche under 23 a gareggiare. Non me lo aspettavo. Prima dei mondiali di Roubaix mi avevano fatto avere un pre-invito, che io avevo accettato ben volentieri. La conferma mi è arrivata qualche giorno dopo».

Com’è andato questo primo round?

Benino, sapevo di non essere al top perché dopo il mondiale avevo staccato per un breve periodo. Ho tempo per recuperare nelle prossime giornate.

Per il primo round della Champions League, ecco la sua De Rosa. Per il prossimo si lavora a una livrea da campione d’Europa
Per il primo round, ecco la sua De Rosa. Per il prossimo si lavora a una livrea da campione d’Europa
Dal punto di vista invece della manifestazione cosa ci dici?

Mi è piaciuta tantissimo. Un bellissimo gioco di luci, spettacolare. L’ho vissuta dal vivo, ma me ne sono resa conto anche meglio riguardandola in tv. Avendo studiato grafica, osservavo tutto con ancora più curiosità. E’ una gara che ha tanti motivi di interesse.

Quali?

Attirare gli spettatori con una formula più semplice da capire, sia per chi corre sia per chi guarda. Infatti lo speaker spiega in modo chiaro le gare sia a noi che al pubblico. Le gare sono ridotte, veloci. Il totale dura come un film al cinema, quindi possono essere una valida alternativa per passare la serata. Poi serve anche per eguagliare i premi tra maschi e femmine, sperando che sempre più gare e organizzatori prendano esempio da questo. Infine è utile per fare ulteriore esperienza per crescere, anche perché qua bisogna sapersi arrangiare.

Spiegaci meglio.

Noi corridori viaggiamo da soli, senza lo staff della squadra o della nazionale. L’organizzazione mette a disposizione due/tre meccanici per tutti per sistemare la bici, però io prima di partire avevo chiesto a Walter (Zini, il suo team manager nella BePink, ndr) di farmi vedere meglio dove mettere le mani. Ho fatto tutto da sola, alla fine è stato piuttosto semplice.

I 72 atleti della Uci Champions League 2021 nel velodromo di Mallorca / ©SWpix.com
I 72 atleti della Uci Champions League 2021 nel velodromo di Mallorca / ©SWpix.com
Aerei, soggiorno e trasferimenti. Come è gestito tutto quanto durante quelle giornate?

Hotel e spostamenti sono a carico degli organizzatori. I voli invece ce li prendiamo noi. Il loro costo va a scalare da un bonus di partecipazione di 1.500 euro a persona che però ci daranno solo alla fine dei sei round. Abbiamo la possibilità di guadagnare punti e denaro, in base ai piazzamenti, durante le varie gare.

Che obiettivo ti sei data in questa manifestazione?

Vorrei riuscire ad entrare nelle prime cinque anche se non sarà semplice. Sono tra le più giovani, ma cercherò di farmi valere in gruppo.

Che effetto ti fa, dopo una stagione che ti ha vista vincitrice di tre titoli europei in pista ed uno su strada, essere stata chiamata per questa manifestazione?

Direi che è stata la classica ciliegina sulla torta. Far parte di questo ristretto gruppo di corridori chiamati mi riempie di orgoglio, anche perché di italiani ci sono solo Michele Scartezzini e Miriam Vece. E’ senza dubbio un bel modo di chiudere il 2021. 

Avvistata la nuova De Rosa TT Disk nelle vie di Torino

09.05.2021
4 min
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Ieri, nella gara contro il tempo di Torino abbiamo visto una nuova bici: la De Rosa TT Disk, la bici da crono del marchio milanese. In realtà una piccola anteprima c’era stata al Tour de Romandie e ad utilizzarla era stato Elia Viviani. Ieri invece il debutto ufficiale in società, nel grande palcoscenico del Giro d’Italia.

«Il progetto della TT Disk – dice Cristiano De Rosa – è tutto nuovo. Nasce 18 mesi fa esatti. La base di partenza era il precedente modello, che comunque ci ha dato grandi soddisfazioni in quanto a geometrie telaistiche, ma come ripeto è una bici completamente nuova, ideata esclusivamente per freni a disco. Avevamo tre obiettivi: la rigidità, l’aerodinamica e la riduzione del peso». E tutti, numeri alla mano, sono stati raggiunti.

Spigoli addio

La fluidità nel rotolamento ma soprattutto nella penetrazione dell’aria sono migliorati grazie al grande lavoro in galleria del vento.

«E anche grazie ai software di Pininfarina. La collaborazione con loro – riprende De Rosa – ci ha aperto un mondo. Sono stati eliminati dal telaio e dalla forcella tutte le superfici angolari, quelle più spigolose, che creavano turbolenze». Il risultato è stato un notevole incremento del Cx (coefficiente aerodinamico).

Ma non solo numeri. Una parte attiva dello sviluppo sono stati i feedback dei corridori della Cofidis, la squadra WorldTour che è supportata da De Rosa. E questo aspetto rende orgoglioso non poco “patron Cristiano”.

«Abbiamo la fortuna di avere un corridore sensibile come Elia Viviani, che non solo è molto attento agli aspetti tecnici, ma è anche appassionato. Inoltre abbiamo svolto dei test a Parigi tra pista e galleria del vento prima con Guillame Martin e poi con Laporte. Ma è stato soprattutto il rapporto diretto (e con tempistiche più rapide) con i nostri ragazzi, Viviani e Consonni a portare avanti lo sviluppo. Avevamo dei feedback molto più veloci. Il nostro lavoro? Software, pratica, correzioni».

Viviani ha contribuito allo sviluppo della nuova De Rosa
Viviani ha contribuito allo sviluppo della nuova De Rosa

Avantreno più pulito

Da un punto di vista del design, la maggior parte degli interventi riguardano la zona anteriore della bici e la forcella in particolar modo, la De Rosa JW, ad arco ampliato. Questa consente un passaggio più fluido dell’aria. Le turbolenze, e quindi le resistenze tra ruota e steli della forcella stessa, vanno a diminuire sensibilmente.

In generale si è lavorato sui profili delle parti frontali, non solo la forcella dunque. Anche il tubo di sterzo è stato oggetto di interventi importanti. Quello della nuova TT è integrato con il manubrio, il Vision TFA. Anche questo manubrio punta tutto sull’aerodinamica. Forme “fluide” e passaggio dei cavi completamente interno.

«Bellissima la collaborazione con Fsa-Vision. Lo sviluppo di quel manubrio è stato frutto di una sinergia entusiasmante», ha commentato De Rosa. In effetti manubrio e tubo di sterzo diventano una linea unica con l’orizzontale: il risultato sono forme armoniche e un grande senso di fluidità, di penetrazione dell’aria.

Guillame Martin durante i test in galleria del vento
Guillame Martin durante i test in galleria del vento

Carro corto

E la parte posteriore? Di certo lo studio aerodinamico non è stato concentrato solo sull’avantreno. Bisogna lavorare anche sul retrotreno e su come l’aria viene scaricata nel modo più veloce (e pulito) possibile. E la parte posteriore della bici parte dal tubo piantone. Questo segue una curva continua che va a fondersi con il carro, inglobando, se vogliamo, anche il fulcro di tutta la bici cioè la scatola del movimento centrale. Un carro che oltre ad essere molto corto consente di montare coperture fino a 30 millimetri, secondo le più moderne tendenze.

Edet con la De Rosa TT Disk nella crono di Torino
Edet con la De Rosa TT Disk nella crono di Torino

Operazione dieta

Infine il peso, uno dei tre obiettivi di questa De Rosa TT Disk. Se l’aerodinamica è stata raggiunta con linee sinuose e “fluide”, la rigidità e il peso sono state raggiunte con materiale di elevatissima qualità e resine speciali che la rendono anche confortevole. In particolare, l’operazione “dimagrimento” è stata effettuata con l’utilizzo di un carbonio ad alto modulo. Il telaio pesa 1.250 grammi, la forcella 420 grammi e il reggisella 180. «Ma nella colorazione nera lo stesso telaio supera di poco i 1.100 grammi. L’abbiamo alleggerita di circa 200 grammi rispetto al precedente modello», conclude De Rosa.

La nuova De Rosa TT Disc sarà disponibile (al pubblico) dopo il Tour, vale a dire a partire da fine luglio 2021.

Elia Viviani De Rosa SK Pininfarina

De Rosa, due capolavori per Viviani e compagni

20.04.2021
3 min
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Per la stagione 2021 De Rosa rifornisce il Team Cofidis di Elia Viviani e lo fa con ben due modelli di biciclette ad alte prestazioni: la SK Pininfarina e la Merak. Ovviamente a queste due specialissime si aggiunge la TT03 per le cronometro.

Riferimento fra le aerodinamiche

Iniziamo dalla bicicletta preferita da Viviani, vale a dire la SK Pininfarina (nell’immagine di apertura). Due eccellenze del Made in Italy (De Rosa e Pininfarina) si sono incontrate e hanno dato luce alla seconda versione di questa bicicletta che vuole essere un punto di riferimento fra le biciclette aerodinamiche. La nuova SK Pininfarina presenta un tubo orizzontale più piatto e un reggisella con una pinna ridotta del 20% per massimizzare l’efficienza aerodinamica. Il carro posteriore, con i foderi obliqui con innesto basso nel tubo verticale, è molto compatto per dare la massima reattività nei rilanci. Anche la scatola del movimento centrale generosa è perfetta per supportare la potenza che Viviani esprime nelle volate. Il tutto con un peso del telaio che è di 950 grammi.

La De Rosa Merak
La De Rosa Merak
La De Rosa Merak
La De Rosa Merak del Team Cofidis per il 2021

Per tutti i percorsi

La Merak è una bicicletta che strizza l’occhio alle salite e in generale a tutti i percorsi vallonati, in quanto il peso del telaio è inferiore agli 800 grammi. Questo risultato si deve alle forme dei tubi ben proporzionate e alla lavorazione di ben quattro tipi diversi di fibra di carbonio che sono stati utilizzati in maniera specifica per ogni zona del telaio. I foderi obliqui posteriori hanno un design molto sfinato che rendono la Merak molto reattiva e, aggiungiamo noi, anche molto elegante.

Ruote sviluppate da Viviani

Il manubrio e l’attacco manubrio sono forniti da FSA e da Vision, infatti è facile trovare l’attacco e il manubrio K-Force di FSA sulla Merak e il manubrio integrato Metron 5D o 6D sulle SK Pininfarina. Le ruote sono fornite da Fulcrum in cui spiccano le nuove Speed 40 e Speed 55 CMPTZN DB sviluppate insieme a Viviani e su cui è possibile montare anche i pneumatici tubeless.

Elia Viviani sulla TT-03 nella cronometro del Romandia
Elia Viviani sulla TT-03 nella cronometro del Romandia
Elia Viviani sulla TT-03 nella cronometro del Romandia
Elia Viviani sulla TT-03 nella cronometro del Romandia

Linee estreme e forcella nuova

Per le cronometro i corridori del Team Cofidis possono contare sulla De Rosa TT Disc, l’evoluzione della TT-03. Questo vero e proprio bolide è frutto di anni di ricerca e sviluppo coniugato ad intensi test in galleria del vento. La nuova versione con i freni a disco ha anche una nuova forcella con gli steli più larghi che permettono un migliore passaggio dell’aria e quindi un’aerodinamica più efficiente. Da notare il design del tubo verticale che segue fedelmente la curvatura della ruota posteriore per migliorare l’efficienza aerodinamica e rendere molto compatta la bicicletta. Risultato che si traduce in un carro posteriore rigido e super reattivo. Non male anche il peso del telaio che si ferma a 1.250 grammi.

Due-misure-Fulcrum-Speed-CMPTZN
Le Fulcrum Speed CMPTZN nei due profili
Due-misure-Fulcrum-Speed-CMPTZN
Le nuove Fulcrum Speed CMPTZN nei due profili da da 40 e 55 millimetri

La scheda tecnica

GruppoCampagnolo Super Record EPS
RuoteFulcrum
PneumaticiMichelin
ManubrioFSA/Vision
Sella Selle Italia
ReggisellaFSA/De Rosa
PedaliLook

Campagnolo e tanta Italia

Per quanto riguarda la componentistica c’è tanta Italia, ad iniziare dal gruppo Campagnolo Super Record EPS, mentre per le selle sono fornite da Selle Italia. Come abbiamo detto le ruote sono Fulcrum con i pneumatici Michelin. Francesi anche i pedali con Look, mentre torniamo in Italia per i portaborracce Elite.