Il Tour of Britain ha visto sì la Jumbo Visma dominare la scena con le volate di Kooij e la crescita di condizione di Van Aert planato sulla vittoria finale, ma c’è anche stato un ragazzo italiano che si è messo in bella mostra, con quella sua aria un pizzico spaurita di chi sembra l’invitato al pranzo dell’ultimo minuto, sconosciuto ai più. Sulle strade britanniche c’era anche Davide Persico, l’under 23 della Colpack schierato nelle file della Bingoal, con la quale da inizio agosto sta facendo uno stage.
Non capita spesso che uno stagista si metta così in mostra, se avviene è perché c’è del talento che emerge in maniera dirompente. Persico ha colto tre Top 10 e per più giorni è rimasto nelle prime posizioni della classifica, con una prestazione che ha impressionato molti appassionati, pronti anche sui social a mettere in risalto i suoi risultati.
«Questa per me era la terza gara con il team belga – racconta Persico, che farà parte del team fino a fine stagione pur potendo ancora indossare la divisa della Colpack – e in Gran Bretagna dovevo innanzitutto fare esperienza e farmi trovare pronto per le volate. Ho cercato di cogliere più occasioni possibile».
Ti aspettavi di andare così bene?
Sinceramente no. La squadra non era costruita per aiutarmi nello sprint, dovevo un po’ arrangiarmi da solo: nella prima tappa sono rimasto fuori dai giochi, nella seconda mi sono buttato e da allora è andata sempre meglio, con tre piazzamenti dalla quarta alla sesta tappa. Ero sorpreso di questi risultati, anche perché il livello della competizione era davvero alto, con molte squadre WorldTour di primo piano.
Era la prima volta che ti confrontavi con corridori del WorldTour?
C’era il precedente della Coppi e Bartali del 2020 (anche lì colse un 5° posto e anche in quell’occasione a vincere fu Kooij, ndr), ma da allora tanta acqua è passata sotto i ponti… La differenza rispetto alle solite gare che facevo da under 23 è enorme. Il livello è molto più alto e te ne accorgi soprattutto negli ultimi 15 chilometri dove si va fortissimo. Se non hai un team fisso che si dedica a te, non vinci.
Come ti sei trovato nella nuova realtà?
Molto bene, il team belga non è del WorldTour e ha un’atmosfera molto più famigliare, c’è meno staff, ma comunque non ti fa mancare niente, anzi c’è da stupirsi di come con mezzi più limitati tenga testa a squadroni come la Jumbo Visma. La cosa che mi ha impressionato è che fanno davvero un gran calendario, con molte prove della massima challenge e tantissime occasioni per affrontare i più forti.
Prima di questi exploit come giudicavi la tua stagione alla Colpack?
Buona nel complesso, ero partito bene con importanti vittorie alla San Geo e alla Popolarissima, ma tra maggio e giugno mi sarei aspettato qualcosa di meglio, invece sono andato un po’ giù di forma e anche al Giro Next Gen avrei voluto fare molto di più. Comunque nel complesso ho 4 vittorie e tanti piazzamenti, non posso lamentarmi.
Con il team come va?
Alla Colpack sono stato benissimo, ho imparato tanto e sono contento di aver fatto tutta la trafila nella categoria, fino all’ultimo anno. Il team lavora prevalentemente con gli under 23, quindi so che a fine stagione devo andar via, ma d’altro canto ho visto quest’anno che ormai il livello della categoria mi va un po’ stretto, credo di essere pronto per i pro’.
Hai qualche prospettiva di contratto?
Alla Bingoal già mi hanno detto di volermi prendere, ma per ora non c’è nulla di definito, io vorrei qualcosa di più grande. Diciamo che fino a fine stagione mi lascio la porta aperta anche in base ai risultati che farò, ma se dovessi firmare per loro sarei comunque contento, anche perché di base resterei a casa, viaggiando per le gare, com’è la vita del corridore.
Anche tu comunque sei uno dei giovani che cerca e trova il suo futuro fuori dai confini. Per te l’esperienza alla Bingoal era la prima all’estero, ti sei sentito spaesato?
Un po’ sì all’inizio. In Italia siamo tutti abituati a essere coccolati di più, nei team fanno tutto i dirigenti. Quando cambi Paese ti ritrovi a doverti comunque un po’ gestire da solo anche perché sono vere e proprie multinazionali, dove ognuno parla una lingua diversa e in quella babele bisogna sapersi orientare. Ma ci si abitua presto.
Con la Bingoal ti ritroveresti a fare un calendario fortemente improntato alle gare franco-belghe…
A me andrebbe benissimo, sono corse che mi piacciono molto, dove potrei fare risultato perché sono percorsi adatti alle mie caratteristiche.
Che cosa ti attende ora?
Ancora un paio di gare in Belgio e poi torno alla Colpack per le classiche italiane e la Parigi-Tours under 23: l’ho già fatta lo scorso anno ma forai nella parte finale quand’ero nel gruppo davanti di una quarantina di corridori. Per me è una sorta di mondiale dei velocisti, ci tengo a far bene.