Christophe Laporte è un “calibro pesante” del ciclismo francese e della sua squadra, la Cofidis. Non solo perché è alto quasi un metro e novanta e pesa 76 chili, ma perché è un corridore di quelli con la “C” maiuscola: completo, tosto e con le idee chiare. Uno così potrebbe fare il capitano un po’ ovunque, almeno nelle tappe più veloci, eppure da quando l’anno scorso è arrivato Viviani il ragazzo di Provenza si è messo a disposizione di Elia.
Laporte-Viviani. Guarnieri-Demare. Sembra un derby con l’altra storica squadra francese, la Groupama-Fdj. Lì c’è uno sprinter francese e un apripista italiano. E di qua uno sprinter italiano e un apripista francese.
Classe 1992, Laporte ha in bacheca quasi 20 vittorie e non tutte sono da velocista. Ha fatto sue anche due piccole corse a tappe: Tour du Poitou-Charentes ed Etoile de Besseges, entrambe nel 2019. Non solo, ma anche a crono se la cava. L’ultima di queste vittorie è firmata 2021, con la prima tappa proprio a Besseges (foto in apertura).
Elia un perfezionista
«Non sono un velocista puro», dice Laporte. Tuttavia nei finali ci si butta e ci si è sempre buttato. Ha occhio e stazza, se c’è da fare a spallate non si tira indietro. Tutte qualità che non sono passate inosservate a Viviani e al diesse Roberto Damiani che subito ne ha fatto una coppia per i finali di gruppo. E Laporte ha capito questa opportunità
«Penso che Elia – ci dice il francese – sia un grande professionista che presta attenzione a tutti i dettagli della gara, attrezzature e tattiche per l’approccio allo sprint. È importante non lasciare spazio al caso nel ciclismo di oggi. Quando ho saputo che sarebbe arrivato nella squadra ho pensato che fosse una cosa molto positiva, aveva appena fatto una grande stagione ed ero lì per correre al suo fianco.
«Cosa vuole Elia durante uno sprint? Come tutti i velocisti, vuole essere in una buona posizione con il minor sforzo possibile prima di partire». E sta a lui creargli quegli spazi.
Laporte gregario, ma prima…
Grande onestà e consapevolezza da parte di Christophe. Ha impostato la sua stagione dividendo bene gli impegni.
«Penso sia importante che ci siano diversi leader in una squadra – ammette Laporte – soprattutto negli sprint. Ci sono molte gare che finiscono in volata. Al mio team ho solo chiesto di fare un grande inizio di stagione per me (dopo Besseges, Christophe punta al Tour du Haut-Var in programma dal 19 al 21 febbraio, ndr). Dopodiché sarò pronto a mettermi a disposizione di Viviani. Non c’è problema a correre con Elia e a scendere in campo nelle grandi gare dove ci sono sprint di gruppo che, tra l’altro, non sono ciò che preferisco».
E così è andata: per ora i piani sono stati rispettati. A Besseges si è preso una vittoria di forza. Sì, è vero ha preceduto uno sprinter come Bouhanni, ma la sua è stata una volata infinita, più da finisseur che da velocista. Se poi si guarda la classifica di quell’arrivo si può notare come nella top five ci sia gente come Pedersen e Kwiatkowski che di certo non sono sprinter!
Sanremo nel mirino
Come molti “cugini” francesi, Christophe dà molta importanza anche alla storia del ciclismo. Non a caso la sua immagine di sfondo di Twitter è una foto in bianco e nero dei pionieri del pedale. Un corridore così vuol provare ogni gara, anche se al Giro non è ancora mai venuto.
«Mi piacerebbe fare il Giro d’Italia nella mia carriera – dice Laporte – è una gara che mi fa venire voglia di esserci quando la vedo. E poi mi piace correre da voi, ma prima c’è la Milano-Sanremo. Non ho il programma di Elia e non so quando correremo insieme quest’anno, ma di certo saremo insieme alla Sanremo».
Laporte è carico e motivato. Tanto più dopo la vittoria a Besseges, ma non tanto per il trionfo, che dà sempre morale, ma perché quest’anno il livello era davvero alto. E lui lo sa, tanto è vero che è stata la prima cosa che ha dichiarato nel post gara: «Ho lavorato molto e bene durante questo inverno e sono davvero contento perché non avevo mai vinto corse con un parterre di questo livello». Attenzione quindi, stavolta Viviani non sarà da solo. Anche Elia, come Demare, ha il suo “capotreno”.