Davide Martinelli ci ha messo davvero poco a rimboccarsi le maniche e a rimettersi in gioco. La sua carriera in sella alla bici è terminata alla Coppa Bernocchi il 2 ottobre. Mentre la nuova avventura come diesse alla Colpack (dal 2024 diventata Team MBH Bank Colpack Ballan) è iniziata presto, proprio in questi giorni. Un modo per ripartire rapido e indolore, tanto che questo inverno senza bici è stato diverso, ma comunque vorticoso. Il ritorno nella squadra che lo ha lanciato nel professionismo (in apertura la vittoria ai tricolori crono del 2014, immagine photors.it), questa volta nei panni del tecnico.
«Quelli invernali – racconta Davide Martinelli – sono stati mesi diversi ma comunque divertenti, mi sono mosso tanto. Non ho avuto molto respiro, visti tutti i progetti che sono iniziati, ho avuto poco tempo per pensare alla fine della carriera. La bici l’ho presa in qualche occasione, una quindicina di volte in tre mesi. Pedalo con qualche amico e professionista della zona e mi difendo ancora bene, in salita soffro un pochino di più, ma fino alle 3 ore riesco a reggere.
«Ho approfittato di questo periodo – continua – per andare a seguire la mia ragazza Rebecca (Gariboldi, ndr) nelle sue gare di ciclocross in Belgio. Siamo stati via una decina di giorni e sono andato a pedalare sul percorso del Fiandre, godendone appieno».
La finestra Colpack
Il filo che collega Davide Martinelli e la Colpack non si è mai spezzato. Quindi, una volta smesso di correre è stato facile riallacciare legami vecchi ma mai consumati.
«Con Rossella Di Leo, Gianluca Valoti e Antonio Bevilacqua ho un ottimo rapporto da sempre. Ho corso con loro nel 2014 e nel 2015 – spiega Martinelli – e mi hanno lanciato nel professionismo. Nel tempo ci siamo sempre tenuti in contatto, così quando ho rivisto Rossella e Gianluca, mi hanno parlato del nuovo progetto. Il mio ingresso in squadra non è nato subito, ma è arrivato pian piano, come persone che si conoscono e pensano di fare cose assieme».
Una nuova figura
Quella che entra nel Team MBH Bank Colpack Ballan è una figura diversa dal classico diesse. Martinelli ha già il tesserino, ma a parte questo porta un’esperienza fresca e di spessore.
«Ho fatto tutti i tre i livelli del tesserino – ci dice – durante il Covid. Quindi sono abilitato per lavorare anche con squadre professional, sono giovane per questo ruolo e la cosa che mi ha entusiasmato è il progetto a lungo termine del team. Il fatto che dal 2025 nasca una nuova professional ha fatto sì che la squadra avesse bisogno di una figura che arrivasse dal mondo dei pro’. Ho un’esperienza maggiore con un ciclismo più evoluto e che cresce anche dal punto di vista psicologico. Sono in grado di utilizzare tutta la tecnologia richiesta, come Training Peaks o Veloviewer. Ricoprirò il ruolo di collante tra i preparatori (Giovine e Fusi, ndr) e i diesse».
Primi contatti
Il senso delle parole di Martinelli esprime continuità, un senso ritrovato nell’avere un progetto diverso, ma comunque stimolante. Un qualcosa che apre a nuove idee con una sfumatura diversa.
«E’ un progetto bello – prosegue l’ex Astana – e molto stimolante. L’opportunità che mi ha offerto la Colpack è grande. Non è facile, appena sceso dalla bici, trovare un qualcosa di così interessante. Ho sempre pensato che la strada del diesse sarebbe stata quella che avrei voluto percorrere, e iniziare da qui è uno stimolo immenso a fare bene.
«Ho già visto alcuni dei ragazzi, ma il primo vero incontro sarà a Calpe il 29 gennaio, quando saremo in ritiro. Mi rivedo in loro, hanno un sogno, che è quello di diventare professionisti. Allo stesso tempo hanno una grande occasione, perché la squadra diventerà professional nel 2025, hanno una finestra, sta a loro non farla chiudere. Farò tanto leva su questo, e credo che lo spirito sarà di collaborazione, tra tutti».
L’esempio di papà Giuseppe
Per Davide, cresciuto con il ciclismo a portata di mano, continuare la sua vita nel ciclismo è stato naturale. Il ruolo da diesse lo sente suo, ma allo stesso tempo riconosce di avere con sé una fonte inesauribile dalla quale abbeverarsi: suo padre Giuseppe. Prendendo spunti e idee su come affrontare questo ruolo.
«Da mio padre ho imparato tanto – conclude Davide Martinelli – da piccolo passavo il tempo con lui commentando le gare. Anche quando crescevo ed ero junior, avevo sempre il suo parere e questo mi ha fatto entrare nel mondo dei pro’ preparato. Lui ha quella capacità di vedere le cose e di aggiungere un dettaglio che poi diventa determinante. Una cosa che mi piacerebbe prendere da lui è la sicurezza. Non ha mai pensato di vedere cosa fanno gli avversari, se ha una tattica la porta fino in fondo. La corsa si prende in mano e si prova a fare quel che ci si è detti. Spero di avere solo il 10 per cento del suo carisma, sarebbe già molto».