Trentin non farà il Giro, farà di certo le classiche del Nord su cui punta forte, ma non sa ancora se farà il Tour. E’ bastato collegare i puntini per trovare rispondenze fra le parole di Matteo (foto Fizza in apertura) e quelle di Bennati sul miglior modo per arrivare al mondiale di Glasgow.
«Il Tour non è ancora in programma – spiega Trentin, che a Glasgow nel 2018 vinse il campionato europeo – dipende da un po’ di cose. Vogliamo andare con la squadra più forte possibile per tornare a vincerlo, quindi bisogna mettere tutte le cose al loro posto. Il mondiale? Dalla cartina per adesso non si capisce molto. Ma se devo ricordare il percorso degli europei, dico che era super tecnico. Destra, sinistra e una valanga di curve e rilanci. In più, fu reso ancora più tecnico dal fatto che pioveva, cosa che da quelle parti succede abbastanza spesso anche d’estate. Quella sarà una variabile molto importante. Se il percorso è simile, vedrei corridori da classiche più che velocisti, specialmente in caso di pioggia. Il giorno che vinsi io, fu un tira e molla tutto il giorno e poi si staccò quel gruppetto e andammo via. Anche perché dietro gli altri erano già cotti».
Europei di Glasgow 2018, Trentin precede Van der Poel e Van Aert. Dietro Cimolai esultaEuropei di Glasgow 2018, Trentin precede Van der Poel e Van Aert. Dietro Cimolai esulta
Fiandre con Pogacar
Incontro nel ritiro del UAE Team Emirates con l’italiano che negli ultimi cinque anni è andato più vicino a vincere un mondiale e che a Wollongong è stato il regista in corsa nella prima nazionale di Bennati. Glasgow è un punto, ma prima c’è da pensare alle classiche e alla sua voglia di vincerle, che lo scorso anno si infranse sulla strada della Parigi-Nizza, con il trauma cranico che lo costrinse a fermarsi. La vittoria a Le Samyn era stata un bel lancio, invece si fermò tutto.
«Speriamo bene per quest’anno – dice facendo scongiuri – comincerò a Mallorca e vediamo di portare a casa qualcosa di decente. Al Fiandre avrò accanto Pogacar e sarà un vantaggio, ci sarà anche Wellens. Se guardate la Quick Step, la loro forza è avere più opzioni e la possibilità di far andare la corsa come vuoi tu. Io, dalla mia parte, lavoro per migliorare su quello che effettivamente si può ancora modificare».
Pogacar e Trentin durante il sopralluogo sul percorso dell’ultimo FiandrePogacar e Trentin durante il sopralluogo sul percorso dell’ultimo Fiandre
Allenamenti mirati
L’osservazione di Pozzovivo per cui ogni anno che passa costringe tutti, anche i corridori più esperti, ad alzare il proprio livello, trova ancora una conferma.
«L’esperienza in questo aiuta – dice Trentin – perché non tutti hanno bisogno delle stesse cose. Per gli scalatori contano anche i 100 grammi di differenza, io invece ho bisogno di allenamenti sempre più mirati. Ormai si vanno a cercare anche gli sforzi di 30 secondi, per le corse in cui lo strappo dura quel tempo lì. Perciò ho aggiunto cose e cambiato le tempistiche del lavoro, in base agli obiettivi. Ho ripreso a lavorare bene sulle volate, tornando a un livello degno. Ma al contempo per certe classiche devo anche migliorare un po’ in salita. Non parliamo di allenamenti troppo lunghi, non ho mai fatto miliardi di ore. In proporzione ne faccio di più nei ritiri, anche perché se esci in gruppo è più facile aumentare il tempo di lavoro».
Il 2023 sarà la terza stagione di Trentin nel team di GianettiIl 2023 sarà la terza stagione di Trentin nel team di Gianetti
Tempo di sciare
Da oggi la preparazione di Trentin cambierà però faccia, come avevamo raccontato anche lo scorso anno. La famiglia lascerà Monaco per trasferirsi in Val di Fiemme e la bicicletta rimarrà in cantina.
«Dalla Spagna a Madonna di Campiglio – spiega Matteo – perché Claudia (sua moglie, ndr) farà la speaker alla Coppa del mondo di sci. Poi dal 23 si comincia con il fondo. In Val di Fiemme è più freddo che in Valsugana e non avendo più compagni di allenamento, mi sembra perfetto. Una volta, quando correvano ancora Moreno Moser e Quinziato, andavo con la macchina in Val d’Adige e da lì partivamo in bici. Poi loro hanno smesso e farmi un’ora di macchina per andare ad allenarmi da solo col freddo ha smesso di sembrarmi una buona idea, così sono passato al fondo, con i rulli per far girare ogni tanto le gambe.
«L’anno scorso ho fatto 11 uscite per un totale di 450 chilometri. La capacità aerobica aumenta e per la potenza vai in palestra. Diventa un allenamento strutturato. Mi sono consultato con un allenatore di fondo e ho inserito dei lavori che fanno anche loro. Se fai 50 chilometri, sono due ore di spinta continua. La bici la riprenderò a Monaco. Ma l’anno scorso arrivai al ritiro del 3 gennaio che non la toccavo dal 17 dicembre».
Il punto con Bennati a due settimane dalla partenza per i mondiali. La squadra è pronta, con Bettiol e Trentin. Ma brucia l'impossibilità di chiamare Ulissi
Il ritorno del mondiale ad agosto, com’era sempre stato fino al 1994, diventerà presto un argomento da sviscerare. Ce ne siamo accorti nei ritiri girati in questi giorni e negli incontri di cui continueremo a raccontarvi. Quale potrebbe essere il miglior avvicinamento alla sfida iridata?
Bennati, 42 anni, è il tecnico della nazionale dei pro’ da un anno. Glasgow sarà il suo secondo mondialeBennati, 42 anni, è il tecnico della nazionale dei pro’ da un anno. Glasgow sarà il suo secondo mondiale
L’esempio di Tokyo
Il ricordo va al 2021, quando le Olimpiadi di Tokyo si corsero appena sei giorni dopo l’ultima tappa del Tour e Carapaz si servì della corsa francese, chiusa al terzo posto, per vincere l’oro.Questa volta i mondiali si correranno due settimane dopo la tappa di Parigi: un periodo forse troppo lungo, che andrà gestito nel modo giusto. Per questo e con il pretesto degli auguri di Natale, abbiamo chiamato Daniele Bennati per conoscere il suo pensiero sull’argomento.
«Il percorso del mondiale di Glasgow non è stato ancora ufficializzato – saluta il tecnico azzurro – e aspetto di vederlo, ma per quello che ho potuto capire su Strava, c’è un tratto in linea di 125 chilometri con una salita di 5 o 6 chilometri avvicinandosi al circuito. Questo invece è pieno di curve e continui rilanci e si farà per 10 volte. Serve gente capace di alzarsi sui pedali e uscire forte dalle curve. Ricorda un po’ il percorso degli europei vinti da Trentin. Ci sono strade larghe, che di colpo diventano molto strette. Per questo partecipare al Tour de France sarebbe l’avvicinamento migliore».
I tre del podio di Tokyo (Van Aert, Carapaz e Pogacar) arrivavano direttamente dal Tour de FranceI tre del podio di Tokyo (Van Aert, Carapaz e Pogacar) uscivano dal Tour
Migliore non significa che sia l’unico…
Non è un avvicinamento obbligato. Chiaramente ci sono dei corridori italiani, che potrebbero essere interessati al mondiale e che probabilmente non andranno in Francia. Penso ad esempio a quelli della UAE Emirates. In certe squadre, il posto al Tour de France non è affatto scontato, avendo un uomo come Pogacar.
Si può fare in modo di orientare certe decisioni?
Non posso incidere più di tanto sui rapporti e sui programmi degli atleti. E’ sempre più difficile e non voglio mettermi di mezzo. Sicuramente posso parlare con i direttori sportivi, per cercare di capire quali programmi abbiano per i loro corridori. Ma anche i direttori sportivi alla fine devono rendere conto ai team manager. Certo però gli uomini interessati al mondiale potrebbero chiedere di inserire il Tour nel loro programma…
La corsa dei pro’ partirà da Edinburgo, arriverà a Glasgow e qui entrerà nel circuitoLa corsa dei pro’ partirà da Edinburgo, arriverà a Glasgow e qui entrerà nel circuito
Cosa fare nelle due settimane fra Tour e mondiale?
Non c’è bisogno di fare chissà quali allenamenti, il Tour dà quello che serve. Solo che due settimane non sono un periodo breve, per cui l’opzione migliore è andare a San Sebastian che si corre dopo la prima settimana.
Esiste un’alternativa al Tour?
Chiaramente sì. Potrebbe essere correre il Giro d’Italia e poi immaginare di fare anche il Giro d’Austria (2-6 luglio, ndr) perché è una corsa a tappe di una settimana che finisce in un periodo tutto sommato funzionale alla preparazione del mondiale. Il discorso infatti sarà proprio inquadrare l’avvicinamento al mondiale di quelli che faranno il Giro. Potrebbero staccare completamente dopo l’ultima tappa e prevedere un periodo di altura in avvicinamento al Giro dell’Austria. Oppure potrebbero tenere duro fino ai campionati italiani, arrivandoci tramite il Giro di Svizzera o il Delfinato. E da lì potrebbero tirare dritto fino al mondiale. Si potrebbero anche fare Giro e Tour, ma ho qualche dubbio…
Nel 2018 a Glasgow Trentin vinse il campionato europeo battendo Van der Poel e Van AertNel 2018 a Glasgow Trentin vinse il campionato europeo battendo Van der Poel e Van Aert
Come Dainese quest’anno?
Infatti pensavo proprio ad Alberto. Al Giro è andato fortissimo, tanto che ha vinto una tappa. Poi lo hanno mandato al Giro del Belgio e da lì è andato al Tour. Quando l’ho convocato all’europeo di Monaco, l’ho trovato piuttosto stanco e la sua stagione di fatto è finita lì. Forse il suo programma è stato un po’ troppo ambizioso.
Stradine strette, continui rilanci: non sembra il mondiale da velocisti di cui si parla…
La mia idea è che serviranno uomini da classiche…
Si parla di una distanza intorno ai 280 chilometri per un dislivello di quasi 3.200 metri. Ad agosto dovrebbe essere scongiurato il rischio della pioggia (anche se quando Trentin vinse il campionato europeo, l’acqua non mancò e il periodo era lo stesso), ma ugualmente i dieci giri del circuito di Glasgow e le loro curve potrebbero incidere sul risultato della corsa. Al momento si parla di velocisti, ma dovranno essere velocisti da Nord o da Tour de France. Più probabile l’arrivo dei soliti noti. Nel 2018, sul podio degli europei alle spalle di Trentin, finirono Van der Poel e Van Aert.
Dopo un paio d’ore di bici a ragionarci su, Bennati si fa vivo al telefono. Gli abbiamo chiesto di parlare delle imprese 2022 che gli sono rimaste negli occhi e il tecnico azzurro si presenta puntuale all’appuntamento con il suo elenco, anticipato nel frattempo con un messaggio.
Il finale di stagione è popolato di famiglia, alcuni impegni ufficiali, qualche pranzo con gli amici di sempre e la bici. A breve a Milano si farà un punto della situazione e poi sarà tempo di programmare il 2023.
Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistataStrade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata
«Ero lì a vederla – racconta Bennati – con l’auto nel vivo della corsa. E’ stata un’impresa che solo lui poteva fare, una distanza esagerata. Solo lui o magari Evenepoel. Sono azioni che ti vengono perché non ti rendi conto, a me non è mai capitato. Ti viene da pensare che quelli dietro non andassero così forte e magari è vero che inizialmente, visto anche il vento, non lo hanno inseguito tanto forte.
«Non è stata un’azione come quella di Van der Poel alla Tirreno dell’anno precedente, perché quella volta fu proprio Tadej a voler bene all’olandese. Van der Poel ha dei fuorigiri impressionanti, ma non è tanto calcolatore. Pogacar invece difficilmente sbaglia. Credo però che certe imprese saranno sempre più difficili da fare. Le prime volte chi insegue calcola male i tempi, adesso invece li tieni a tiro e non lasci tanto spazio. C’è da dire che i 184 chilometri di gara della Strade Bianche hanno aiutato, fossero stati 250 forse sarebbe stato diverso».
Sanremo, 19 marzo: Matej Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la ClassicissimaSanremo, 19 marzo: Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima
La Sanremo di Mohoric
La Sanremo di Mohoric è la seconda impresa del 2022 che Bennati ha messo in memoria, colpito dalla lucidità e dalla forza dello sloveno.
«L’idea di usare il reggisella telescopico – dice il toscano – è stata geniale, però magari avrebbe vinto lo stesso. Non credo che abbia fatto la grande differenza grazie a questo. Ha vinto perché oltre a essersi preso dei grandi rischi, aveva anche tante gambe. Per vincere non poteva che fare a quel modo. Tirare le curve al limite e poi spingere forte. Lui usa abitualmente il 55 o il 56 anche su strada…
«Non è stata una vittoria come quella di Nibali del 2018, perché Vincenzo si era avvantaggiato in salita, con un’impresa di quelle che si vedevano vent’anni fa. Mohoric sapeva che l’unica soluzione era attaccare nella discesa del Poggio, perché non ha la sparata di Vincenzo. Ha scelto il momento. Ha rischiato due volte di cadere. Una volta ha preso una canaletta di scolo e se fosse caduto nell’ultima curva, non so come sarebbe finita. Ma evidentemente era scritto che la Sanremo dovesse finire così».
Reggio Emilia, Dainese vince l’11ª tappa del Giro d’ItaliaIl giorno dopo a Genova vince Oldani, battendo RotaCogne, 22 maggio: questa volta la vittoria sorride a CicconeE per finire c’è Covi che doma il Passo Fedaia: è il 28 maggioReggio Emilia, Dainese vince l’11ª tappa del Giro d’ItaliaIl giorno dopo a Genova vince Oldani, battendo RotaCogne, 22 maggio: questa volta la vittoria sorride a CicconeE per finire c’è Covi che doma il Passo Fedaia: è il 28 maggio
I quattro italiani del Giro
La terza tappa di questo viaggio nella stagione secondo il “Benna” è composta dalle vittorie di tappa italiane al Giro d’Italia, proprio nel momento in cui si sparava a zero sul ciclismo italiano.
«Visto che non avevamo ancora centrato grossi successi – dice Bennati – sono state quattro vittorie importanti. La prima, quella di Dainese un po’ a sorpresa, ha dato l’attacco. Poi è venuto Oldani, che ha battuto Rota a Genova. Quindi Ciccone a Cogne e Covi sul Fedaia. Da tifoso, mi hanno colpito tutte. Da commissario tecnico, alla vigilia di un europeo veloce come quello di Monaco, la vittoria di Dainese è stata una bella boccata di ossigeno. Certo, anche lui deve fare un salto di qualità per dare delle garanzie, ma la sua vittoria è stata una bella cosa».
Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugnoCosì Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno
Il tricolore di Zana
Il quarto momento è la vittoria di Zana al campionato italiano, anche se il vincitore non era ancora un grosso nome.
«E’ giusto parlarne – dice Bennati – perché la maglia tricolore merita considerazione, allo stesso modo in cui è stato giusto portarlo al mondiale. Filippo era un po’ in calo, ma la corsa che ha vinto è stata bella e importante. Il prossimo anno passa in una WorldTour e deve fare uno step importante in avanti, per capire dove potrà arrivare. Spero che possa fare il Giro e far vedere la maglia tricolore».
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suoLa vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo
Il Tour di Vingegaard
Il Tour di Vingegaard rientra tra i fuori programma meno attesi. «Tutti si aspettavano Pogacar – dice Bennati – invece è stato un bel Tour. Combattuto con tattiche non sempre comprensibili. Penso all’ultima crono di Vingegaard, che forse avrebbe potuto alzare il piede dall’acceleratore e invece stava per finire contro un muro. A volte fare due calcoli può essere utile. Se Pogacar non fosse andato alla caccia di ogni traguardo, avrebbe vinto nuovamente lui. Ma di una cosa sono certo, della sconfitta del 2022 faranno le spese i suoi avversari il prossimo anno.
«Comunque Vingegaard è stato bravo a restare sempre coperto nella prima settimana, non l’hai mai visto. E aveva accanto la Jumbo Visma che ha sempre creduto in lui, presentandosi con un organico impressionante».
Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciatoWollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato
Il mondiale di Evenepoel
Il mondiale di Evenepoel è la sesta finestra di Bennati sul 2022 e questa volta il discorso si fa personale, dato che a lottare per lo stesso traguardo c’erano anche i nostri.
«La cosa sorprendente – dice Bennati – è che tutti sapevano quello che avrebbe fatto, cioè partire da lontano. Remco ha sfruttato tutto nei minimi dettagli ed è un peccato che Rota non gli stesse attaccato, perché aveva la gamba giusta per rimanere con lui. Quando ha provato a inseguirlo all’ultimo passaggio sotto il traguardo, gli era arrivato a 50 metri poi ha dovuto rialzarsi. Magari Remco lo avrebbe staccato al giro successivo, perché mettendosi al suo livello lui ti logora. Infatti secondo me Lutsenko ha sbagliato ad aiutarlo, ma se Rota fosse andato con loro, almeno il podio era assicurato.
«Dopo un po’ ho smesso di pensarci. Ho fatto tesoro del buono e messo via quel che non serve. In proporzione, ci ho messo più tempo a dimenticare i mondiali di Doha…».
Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemonteseGrenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese
L’Ora di Ganna
Si chiude con il record dell’Ora di Ganna, che Bennati non ha potuto seguire per l’influenza. Il cittì aveva visto Pippo partire dall’Australia alla volta dell’Europa e del tentativo di Grenchen.
«Nonostante tutto quello che era stato detto alla vigilia – racconta – ero sicuro che ce l’avrebbe fatta. E’ stato un avvenimento importante e per lui il coronamento di un sogno. Dopo la delusione del mondiale, ha dimostrato carattere da grande campione».
«Devo essere sincero – dice Bennati dopo una breve pausa – non per sminuire l’europeo, però quello che ho provato quando sono salito sull’ammiraglia al campionato del mondo, quando ho passato il chilometro zero, è stato veramente tutta un’altra cosa. A livello di emozioni, l’ho sentito molto di più. E’ stata una sensazione strana, che rivivo anche adesso nel raccontarla. In quel momento lì, ho detto: “Cavoli, sto veramente guidando la nazionale italiana!”. Mi sono sentito orgoglioso».
E’ passato un mese dai mondiali di Wollongong e quasi un anno dalla nomina di Bennati a guida dell’ammiraglia azzurra (in apertura, il toscano segue i passaggi fra uno schermo e la transenna, non potendo comunicare con i corridori via radio). Ieri sera Daniele ha parlato per quasi un’ora in videoconferenza con l’Università di Medellin, in Colombia, nell’ambito di un incontro chiamato “L’esperienza italiana nel ciclismo”. I colombiani si sono rivolti al CONI e da qui la palla è passata alla Federazione che ha chiesto al tecnico azzurro se fosse disponibile. E Bennati, forte degli anni alla Movistar, ha raccontato la sua esperienza in un ottimo spagnolo.
Ieri pomeriggio, Bennati è rimasto a lungo in una videoconferenza: inizio alle 9, ora di MedellinIeri pomeriggio, Bennati è rimasto a lungo in una videoconferenza: inizio alle 9, ora di Medellin
Tempo di bilanci
La stagione è finita. Ieri è stato presentato il Tour de France, per una volta in ritardo rispetto al Giro. E mentre i corridori recuperano dalle fatiche della stagione, fare il punto con Bennati è un buon modo per mettere i puntini sulle i e semmai togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Come quando hanno scritto che fosse sull’orlo delle dimissioni oppure hanno sottolineato la sua assenza al record dell’Ora di Ganna, per quel gusto di inventare scoop che poi come boomerang ti arrivano giustamente in faccia.
E’ il momento dei bilanci: che anno è stato per te?
E’ stato un anno intenso, perché comunque era la prima esperienza. Alla fine, se faccio rewind, non manca niente. Fondamentalmente sono contento. Insomma, si lavora un anno per andare a fare il campionato del mondo, che era l’appuntamento più importante. Diciamo che sono passato dall’antipasto dell’europeo, che però purtroppo aveva un disegno e un percorso che con noi non c’entrava molto.
Il giovedì prima del mondiale, Bennati in gruppo con gli azzurri sul percorsoNon sempre però ha potuto pedalare con la squadra e la bici è rimasta in hotelIl giovedì prima del mondiale, Bennati in gruppo con gli azzurri sul percorsoNon sempre però ha potuto pedalare con la squadra e la bici è rimasta in hotel
Hai parlato delle sensazioni al chilometro zero…
Il mondiale è il mondiale, è proprio l’emblema, l’essenza di questo mestiere. Chiaro, c’è anche l’Olimpiade, ci mancherebbe altro. C’è anche l’europeo, però il mondiale, io l’ho sentito in quel modo. Dal punto di vista personale, è una cosa che mi porterò sempre dentro.
Una stagione iniziata facendo correre in azzurro i ragazzi della Gazprom.
Indipendentemente dai motivi che hanno portato a fare quel tipo di calendario, dal punto di vista personale e tecnico mi è servito veramente tanto. Ho potuto guidare i ragazzi con la radio. Ti alleni e lavori tutto l’anno usandole, poi al mondiale non le hai più. Sono stati passaggi importanti, perché un conto è arrivare direttamente al mondiale o all’europeo senza mai aver fatto prima una riunione o una tattica, un altro è aver potuto fare esperienza in queste corse. Mettere a punto quello che poi ho attuato in Australia, cercando di sbagliare il meno possibile.
L’esperienza di corridore ai mondiali ha qualcosa in comune con quella del tecnico?
Ti metti completamente dall’altra parte e i ragazzi devono avvertire l’autorevolezza da parte di chi sta sopra di loro. Non è stato subito facile, per il fatto che la maggior parte dei corridori mi vedono ancora come uno di loro. Dalla mia parte, per certi versi mi sento anch’io vicino a loro come età, anche se con alcuni ci sono 20 anni di differenza, per questo non è stato facile creare questo tipo di distacco. Diciamo che ho trovato tutti ragazzi molto intelligenti.
Comunicare a Sobrero e Zana che non avrebbero corso è stato una prima volta impegnativaComunicare a Sobrero e Zana che non avrebbero corso è stato una prima volta impegnativa
I tuoi predecessori hanno sempre parlato della difficoltà di fare le scelte…
E’ chiaro che quando è arrivato quel momento, non è stato facile andare da Sobrero e Zana e dirgli che non avrebbero corso. Personalmente mi dispiace, perché so cosa significa. Ma loro almeno in Australia c’erano, difficile definirli esclusi. Mentre quando ho fatto la telefonata per dire a Pasqualon, Oldani o Albanese che non rientravano nei miei programmi, sapevo esattamente cosa provavano. Sentirsi dire quelle parole, ma anche dirle. Quello scalino è forse il lato più difficile del mio mestiere. Mi ricordo il mio rapporto con Franco (Ballerini, ndr) era di amicizia, era stato mio testimone di nozze. Ricordo quando mi chiamò alla Vuelta del 2007 e mi disse: «Guarda Daniele, preferirei togliermi il fegato, piuttosto che dirti che non ti posso portare». Diciamo che ho avuto esperienze nel bene e nel male che mi hanno fatto capire come ci si debba comportare o quale approccio si debba avere.
Hai scelto in base agli ordini di arrivo?
Se fai la squadra in questo modo, non avrai mai un gruppo che abbia un senso. Devi avere un’idea di squadra. Poi è chiaro che gli ordini di arrivo contano, perché comunque sono il termometro per capire in che condizione sono i corridori. Sicuramente ho valutato tanti altri aspetti, non solo quelli tecnici o fisici, ma soprattutto il lato umano di ognuno di loro.
Rota a un passo dalla medaglia nel mondiale del debutto: sarebbe stata la ciliegina sulla tortaRota a un passo dalla medaglia nel mondiale del debutto: sarebbe stata la ciliegina sulla torta
Poco fa hai parlato del non poter usare le radio in corsa.
L’avevo detto subito, poi qualcuno se n’è accorto e qualcun altro no. Già dall’anno scorso avvisai che l’unica nota negativa di questo mestiere è il fatto di prepararsi per un anno, poi andare a fare il campionato del mondo e sparire nel momento in cui abbassano la bandierina. Il mio lavoro finisce quando parte la corsa, perché comunque puoi dare le indicazioni in gara, fai le lavagnette e cerchi di di tappezzare il percorso con più uomini possibili, però non è mai facile comunicare, mentre i corridori passano a 50 all’ora. Avendo la radio, sarebbe cambiata la nostra corsa.
In cosa?
Sono convintissimo che Remco non avrebbe staccato Rota, per le gambe che aveva. Quando è nata l’azione di Evenepoel, ho cercato di far scrivere su tutte le lavagne e su tutti i muri che Rota non doveva mollare la sua ruota, invece quando Remco è andato via, lui era da un’altra parte. Con la radiolina gli avrei rotto talmente le scatole, che non avrebbe perso la posizione. E anche nel finale, assieme agli altri tecnici gli avrei detto alla radio di collaborare fino ai 300 metri e poi di fare la volata. C’erano due medaglie a disposizione e una poteva essere nostra.
Dopo la corsa, il primo chiarimento con Trentin, punto di riferimento azzurroDopo la corsa, il primo chiarimento con Trentin, punto di riferimento azzurro
Rimpianti?
Siamo stati una nazionale che si si è mossa bene. Ci siamo sempre inseriti nelle azioni che contavano e avevamo sempre due-tre uomini in ogni tentativo. Sono stati bravissimi, in tutte le situazioni che avevamo preventivato loro c’erano. Mi dispiace per la medaglia che è sfuggita. Secondo me non avremmo rubato niente a nessuno. Se avessimo fatto medaglia con Rota, sarebbe stato veramente bingo. Avremmo tirato fuori veramente il meglio da questa nazionale.
Anche perché eravate partiti fra le critiche…
Ci davano per dispersi, sarebbe stato veramente bello, ma questo non cambia il buono che abbiamo fatto. Personalmente per me, per tutto quello che è stato fatto per questo mondiale, essere riuscito a costruire un gruppo e avere dei ragazzi che hanno veramente corso uniti e soprattutto hanno dimostrato di avere un attaccamento molto forte alla maglia azzurra, è la cosa più importante. Certe critiche a oltranza sono state un fastidio, però allo stesso tempo diventano una grande motivazione. Perché alla fine quello che viene è veramente tutto di guadagnato.
Rota, Ballerini, Bagioli: quella di Bennati è stata una delle nazionali azzurre più giovaniRota, Ballerini, Bagioli: quella di Bennati è stata una delle nazionali azzurre più giovani
La sera dopo la corsa vi siete riuniti. Al di là delle cose dette, che sono affar vostro, che clima c’era?
E’ stata una riunione molto serena e tra l’altro per me la soddisfazione più grande, si può anche scrivere, è stata quando ha preso la parola Matteo (Trentin, ndr), che comunque è il punto di riferimento per i ragazzi e per la nazionale in generale. E lui davanti a tutti, Scirea e Velo fra gli altri, mi ha fatto i complimenti, perché ho gestito molto bene questo gruppo. Tra l’altro era un gruppo molto giovane, se non il più giovane di sempre, sicuramente era una delle nazionali più giovani in assoluto. E lui ha detto che non era facile assolutamente creare un gruppo così coeso. Mi ha fatto i complimenti davanti agli altri e per me, insomma, questa per me era già una medaglia.
Ci sono stati giorni di tensione per alcune critiche uscite sui media, soprattutto su Ganna…
Viviamo in un’epoca in cui le critiche sono un po’ più gratuite che in passato. Arrivano da destra e manca. Ci sono degli atleti che ne risentono di più, altri che ne risentono di meno. Nel caso specifico di Ganna, è chiaro che quando vieni da due campionati del mondo vinti, tutti si aspettano il terzo. Ho avuto anche io la percezione che sia rimasto male per qualcosa che ha letto, ma questo credo che sia normale. Però Pippo è un tipo di atleta, un uomo che non si fa scoraggiare per una critica in più. Anzi, ha saputo prendere le critiche e le ha messe da parte con i fatti.
Le critiche dai media hanno colpito Ganna, dato per morto alla vigilia della grande Ora e dell’iride di ParigiLe critiche dai media hanno colpito Ganna, dato per morto alla vigilia della grande Ora e dell’iride di Parigi
Ma tu a Grenchen non ci sei andato…
Fa una risata. Ne avevamo parlato poche ora dopo l’uscita della bufala. Quando scherzando disse che la prossima volta avrebbe mostrato il certificato medico per l’influenza che lo aveva costretto in casa. Come pure per le dimissioni presunte e mai neppure ipotizzate, venute fuori da qualche parte mentre era a casa di Bettiol ragionando sul mondiale. A fare la storia secondo certe fonti, in che mondo contorto vivremmo? Ma adesso è tempo di andare. L’appuntamento è a una generica prossima volta. Anche Benna si concederà qualche giorno di vacanza con Chiara e Francesco, forse durante le vacanze di Natale quando le scuole saranno chiuse. E poi si tratterà di ricominciare. La nazionale, come pure la prossima stagione, si costruisce d’inverno.
Dove è finito Mozzato? E' diventata la curiosità di tutti e così siamo andati a cercarlo. Lavora per Demare e per Parigi. Ed è convinto di arrivarci bene
A Conci e Battistella era stato affidato il compito di entrare nelle fughe. E se il primo non è riuscito a entrare in quella partita sul Monte Keira, Battistella ha preso il largo di buon mattino ed è rimasto allo scoperto per tutto il giorno.
«Personalmente dovevo stare attento già sul Monte Keira – ha spiegato Conci dopo l’arrivo – però in partenza ho fatto veramente fatica. Un po’ il viaggio, un po’ gli ultimi giorni che abbiamo fatto poco, poi non nascondo che l’agitazione un pochino c’era e secondo me anche quella può aver inciso. Quindi ho mancato quella fuga grossa sul Monte Keira, però sapevo che a 6-7 giri dall’arrivo, sarebbe successo qualcosa e così è stato. Poi ci sono stati tanti tatticismi, io non è che avessi grandi gambe, però nel finale sono arrivati gli altri e abbiamo raccolto un buon risultato».
Conci è entrato nella fuga portata via dai francesi, in cui viaggiava anche RotaConci è entrato nella fuga portata via dai francesi, in cuo viaggiava anche Rota
La squadra al coperto
Uscito prima dalla Vuelta per qualche acciacco, Battistella ha trascorso i giorni di vigilia del mondiale cercando di recuperare. Ha corso in Toscana per fare il punto poi ha continuato a crescere nei giorni australiani. E quando ieri si è ritrovato in fuga tanto a lungo, ha avuto finalmente la sensazione di essere tornato.
«Il lavoro che dovevo fare era questo – ha spiegato – stare davanti, entrare nelle fughe importanti e fare in modo che la squadra dietro riposasse. Quindi questo è stato il mio lavoro fin dall’inizio e penso di averlo svolto bene. Avevo una buona gamba, infatti quando il gruppo è arrivato a un minuto, un minuto e mezzo da noi, Daniele mi ha detto di attaccare comunque per smuovere un po’ la situazione e ho visto che le sensazioni erano buone, la gamba c’era ancora. Sennò 230 chilometri di fuga non li facevo».
La condizione di Battistella, qui con Bennati, è andata migliorando con il passare dei giorniLa condizione di Battistella, qui con Bennati, è andata migliorando con il passare dei giorni
L’azione dei francesi
La sua presenza là davanti ha permesso davvero al resto della squadra di gestire le prime ore con relativa calma. Poi, quando il girare nel circuito si è fatto pesante anche per gli uomini di testa, la Francia ha fatto esplodere la corsa.
«Dovevo coprire le fughe dove c’erano le nazionali importanti – ha detto ancora Battistella dopo l’arrivo – e poi, quando la Francia ha attaccato in salita sono entrato subito e siamo riusciti ad andar via. Lì sinceramente, non essendoci le radio, ero convintissimo che ci fossero anche Trentin, Bettiol e Bagioli. Non so come sia stata la dinamica dietro, perché non avendo la radio appunto non ho capito, però fortunatamente poi siamo riusciti a rientrare e fare una top 5 con Trentin».
Casco Limar personalizzato per “Samu Batti”, corridore dell’AstanaCasco Limar personalizzato per “Samu Batti”, corridore dell’Astana
Radio e lavagne
E qui il discorso passa al tema delle comunicazioni in corsa, perché l’assenza delle radio per 2-3 giorni all’anno sembra davvero un grande controsenso. Al punto che Rota davanti non sapeva dell’arrivo di Trentin e Trentin dietro non sapeva di avviarsi allo sprint per l’argento e il bronzo.
«Noi avevamo punti di informazione ai due box – ha spiegato Battistella – poi c’erano Zana e Sobrero sul ponticello ai 4 chilometri, con lavagne su cui scrivevano cosa dovessimo fare. Ma senza radioline è un casino. Quando dopo 250 chilometri provi a leggere una lavagna, di sicuro non è facile. Però sono soddisfatto di me e della squadra. Molti avevano detto che non eravamo all’altezza, però penso che abbiamo dimostrato di esserlo stati. Magari è mancato il podio, però abbiamo lavorato bene tutti insieme».
Domani a Monaco andranno in scena gli europei per i pro'. Parliamo con Trentin, regista e punta azzurra. Che ha la sua da dire anche sul livello delle corse
Le cose dopo la corsa sono diverse da come appaiono dopo che se ne è parlato con la squadra. E sono diverse anche da come te le raccontano da casa basandosi su letture frettolose. Alberto Bettiol al momento sta passando più o meno su questo sentiero, senza rendersi conto che nella continua ricerca del miglior risultato, ipotizzare la sua presenza nella fuga di Evenepoel è il modo di riconoscergli una superiorità oggi lampante. Era il solo per l’Italia in grado di fronteggiare il fenomeno belga.
In salita Bettiol ha dimostrato di essere al livello di tutti i più fortiIn salita Bettiol ha dimostrato di essere al livello di tutti i più forti
E’ chiaro che nessuno poteva saperlo prima, ma il Bettiol visto scattare in faccia a Van Aert avrebbe potuto reggere anche l’azione di Evenepoel. E a quel punto il belga avrebbe fatto come a Trento lo scorso anno davanti a Colbrelli. Avrebbe smesso di chiedere cambi e avrebbe rischiato di tirare a testa bassa verso il suicidio.
Sedici corridori
Ottavo all’arrivo, da chiedersi se sia poco oppure tanto. Senza sapere che cosa si sono detti gli azzurri nella riunione, è facile considerare che quando sei leader, si alzano le aspettative. E se poi viene fuori che gli altri chiamati a condividere con te il peso della responsabilità non hanno le gambe, come probabilmente è stato oggi per Bagioli, il peso aumenta. Al leader si chiedono i risultati. E quando Evenepoel è andato via non da solo, ma in quel gruppo di sedici corridori tirato fuori dai francesi, sarebbe bastato (forse) trovarsi in testa al gruppo per agganciarsi.
Nella volata per l’argento, Bettiol è stato 7° subito dietro SaganNella volata per l’argento, Bettiol è stato 7° subito dietro Sagan
«E’ stato un mondiale strano – le parole di Bettiol dopo l’arrivo – tutti aspettavano la salita e un corridore come Remco ne ha approfittato. Noi non abbiamo un Remco in squadra, quindi non potevamo fare altro che essere presenti in ogni fuga ed evitare di ritrovarci a tirare e non abbiamo mai tirato. Nell’ultimo giro ho provato ad attaccare insieme a Van Aert e l’ho quasi staccato, anzi l’ho staccato. Siamo andati via con lui e Honoré, ma il percorso è molto veloce, da dietro rientravano.
L’attacco di Remco
Alberto è arrivato al mondiale con i gradi sulle spalle. Sappiamo tutti che nella giornata giusta avrebbe potuto tenere testa anche ai più forti e probabilmente quello di Wollongong è stato uno di quei giorni. Il fatto che Bennati abbia immaginato la sua presenza a ruota di Evenepoel deriva dalla stima che nutre nei suoi confronti, avendo capito che oggi il solo a poter far svoltare il mondiale azzurro fosse proprio lui.
Tornati al camper della FCI, ci pensa Federico Morini a dare a tutti una rinfrescataTornati al camper, ci pensa Federico Morini a dare a tutti una rinfrescata
«Purtroppo quando Remco è partito – ha ammesso Alberto a fine corsa – noi dietro ci siamo un po’ riposati e lui ha preso subito tanti minuti e poi il percorso è venuto più facile del previsto. Non avevamo nessuna marcatura a uomo. Solo non ci dovevamo ridurre a tirare, mentre a 100 dall’arrivo si doveva muovere Lorenzo Rota. Il suo attacco è stato più che giusto e poi non ha tirato un metro. Io e “Bagiolino” invece dovevamo farci trovar pronti negli ultimi due giri, mentre Matteo (Trentin, ndr) in caso di volata. Quindi questo è stato, ma purtroppo di Evenepoel ce n’è uno ed è stato più bravo».
La domanda resta e non avrà mai una risposta. Che cosa sarebbe successo se uno dei corridori della nazionale preposti a fare la corsa avesse seguito il belga anziché lasciare che a farlo fossero solo Conci e Rota?
Daniele Bennati qualche chiacchiera con i suoi è riuscito a farla e solo per questo accetta di parlarne. Un attimo fa si è guardato intorno, nell’area piuttosto stretta dei camper delle squadre, chiedendosi come mai ci fossero tante facce lunghe.
Ragionando, si è detto che avevamo tutti gli occhi puntati sulla corsa dei pro’ dopo il bilancio di quelle precedenti, e questo aveva implicitamente fatto aumentare le attese. E’ anche vero però che la nazionale è partita dall’Italia tra voci di sicura disfatta. Invece gli azzurri sono stati protagonisti, arrivando a giocarsi una medaglia.
Nella riunione informale del mattino, Bennati ha ripassato i ruoli: clima distesoNella riunione informale del mattino, Bennati ha ripassato i ruoli: clima disteso
Errore o ragionamento
C’è quell’unica sbavatura che ci gira per la testa ed è il fatto che nessuno dei leader abbia seguito l’azione di Evenepoel e nella fuga siano rimasti soltanto LorenzoRota e NicolaConci. Appena siamo arrivati al camper della nazionale, abbiamo trovato Bennati e Trentin che parlavano proprio di questo (foto di apertura). Matteo non sembrava molto convinto, ma non doveva essere lui a muoversi. Bennati allarga le braccia, la mancanza l’ha colta pure lui.
«Diciamo che se si muoveva Remco – ammette il cittì – e in quella fuga ci fosse stato Bettiol, a quel punto Rota sarebbe stato veramente importante per lui. E’ chiaro che Alberto in quel frangente sicuramente avrà ragionato, perché poi quando sei in corsa fai anche dei ragionamenti. E ti dici che secondo te la corsa potrebbe andare un altro modo. Magari ha visto dei movimenti del Belgio o della Francia piuttosto che di qualche altra nazionale.
«L’Australia comunque è un po’ mancata. Parliamoci chiaro, loro si aspettavano probabilmente che anche l’Australia potesse controllare meglio la situazione, perché Matthews era uno dei favoriti. E lì sono scelte. E’ chiaro però che se perdi l’attimo, poi ti giochi il mondiale».
Bettiol probabilmente avrebbe dovuto entrare nella fuga di Evenepoel: l’attacco era annunciatoBettiol probabilmente avrebbe dovuto entrare nella fuga di Evenepoel: l’attacco era annunciato
L’errore dei quattro
Un secondo di silenzio serve per fare ordine nelle idee. Se non fosse stato per questo mezzo blackout la ciambella sarebbe riuscita col buco, perché il toscano non è così sicuro che Evenepoel avrebbe staccato Bettiol come ha fatto invece con Lutsenko. Ma a quel punto, con i soli Rota e Conci davanti, le cose sono andate fin troppo bene. Fino al grande rimescolamento nel finale.
«Dispiace – dice Bennati – perché comunque in pochissimo tempo ci siamo giocati due medaglie. C’è stato un rimescolamento che… Parliamoci chiaro, non era facile da interpretare, perché era un circuito duro, ma allo stesso tempo veloce. E questo è la dimostrazione del fatto che se hai un po’ di vantaggio davanti ma ti fermi e dietro vanno a 60 all’ora, fanno anche presto a chiudere il gap. Però è chiaro che quando sei li a giocarti una medaglia, i quattro anzi se ne giocavano due…
«Sono stati dei polli. Secondo me sono stati tutti e quattro dei polli, perché comunque quattro corridori che in carriera non si sono mai ritrovati a giocarsi il podio in un mondiale, e tutti giovani, non si fermano a quel modo.
«Dicono che non sapevano nulla dei distacchi? Eh, ho capito, a maggior ragione se non lo so, io cerco di girare fino ai 300 metri e poi faccio la volata. Almeno la perdo sulla linea. Comunque mi dispiace per Rota, perché lui veramente si è fermato, ma gli altri si sono fermati dietro di lui. E dispiace perché nel giro di 200 metri sono svanite due possibilità di medaglie».
Sobrero e Zana su un ponticello con la radio e sotto il sole passavano gli ordini di BennatiSobrero e Zana su un ponticello con la radio e sotto il sole passavano gli ordini di Bennati
Due posti a disposizione
La corsa di Wollongong corre come un film davanti agli occhi del Benna e fra le righe racconta che il sistema di comunicazione radio era così precario che ha preferito fermarsi in un punto lungo la strada, approfittando di uno schermo. Lungo il percorso, a parte le postazioni ai due box, Sobrero e Zana fermi su un cavalcavia con la radio in mano fornivano informazioni aggiuntive. I due dopo la corsa avevano la faccia bruciata dal sole.
E così il debutto iridato di Bennati è ormai alle spalle e si sottoporrà nelle prossime ore al giudizio di appassionati ed esperti.
«Battistella davanti – ragiona Bennati – ha fatto il suo alla grande. E’ chiaro che su otto, qualche defezione ce l’hai sempre. È difficile fare tutto, tutto alla perfezione, però non so se ci sia convenuto che alla fine si sono riuniti. Secondo me il fatto di essere esserci riuniti ci ha precluso magari una possibilità di medaglia. Rota allo sprint se la cava, erano quattro e c’erano due posti a disposizione.
«Poi addirittura per un attimo ho pensato che Trentin avesse fatto quarto, terzo della volata. A quel punto stare giù dal podio di una sola posizione sarebbe stato parecchio fastidioso».
Battistella e Conci sono stati le due teste di ponte degli azzurri. Il primo è rimasto in fuga per 230 chilometri. Il trentino era con Rota ed Evenepoel
Le due riserve azzurre per il mondiale di domenica saranno Sobrero e Zana. Solo che mentre il primo ha corso la crono individuale e poi ha conquistato l’argento nel Team Relay, il campione italiano della Bardiani-CSF-Faizanè andrà via dall’Australia senza aver attaccato il numero sulla schiena. Si potrebbe pensare che sia seccato, di certo è dispiaciuto, ma tutto sommato l’ha presa bene, perché di base Filippo è un bravissimo ragazzo. Esserci, dice, è comunque una grande soddisfazione.
Lo scorso anno, Zana fu il regista del cittì Amadori, nella nazionale che vinse fra gli U23 con BaronciniLo scorso anno, Zana fu il regista del cittì Amadori, nella nazionale che vinse fra gli U23 con Baroncini
Grazie a Bennati
Lo incontriamo dopo pranzo mentre si avvia verso la stanza. La mattina se ne è andata tutta in pioggia e corridori divisi fra rulli e quelli che sono usciti comunque. E adesso che parliamo, fuori spunta un timido sole che se non altro fa sperare per domani e i giorni successivi, quando ci sarà da correre.
«Sicuramente mi sarebbe piaciuto correrlo – ammette con il suo tono educato – però già essere qua è veramente una grande emozione ed esperienza. Quindi mi dispiace, però allo stesso tempo sono già molto felice di essere stato convocato. Penso sia il sogno che avevo da quando ero bambino. E’ la nazionale maggiore, insomma…
«E Bennati è veramente bravo. Diciamo che ha finito da poco di correre, quindi è quasi come avere un altro compagno. E’ bello avere un cittì così giovane, perché riesce a darci dei consigli, almeno a me che sono più giovane, davvero importanti».
La bici di Zana è la sola a non avere il nome scritto, perché è l’unica con il fregio tricoloreLa bici di Zana è la sola a non avere il nome scritto, perché è l’unica con il fregio tricolore
Il più timido
Bennati lo aveva detto in fase di convocazione: Zana deve esserci. Perché è un giovane di ottime prospettive, perché è il campione italiano e quella maglia tricolore merita rispetto. E conoscendo Daniele, c’è da scommettere che abbia sofferto nel comunicargli l’esclusione, in uno di quei passaggi che fa crescere come tecnici e come uomini. Ieri parlando di Zana, Bettiol lo aveva definito un po’ timido, rimarcando però che si stava integrando.
«Sì, dai – sorride – io sono un po’ così. Anche in squadra ci ho messo un po’. Sto sulle mie, ascolto, però questo è un bel gruppo, stiamo bene e spero che domenica si riesca a fare un bel risultato. Mi piace stare qui perché si sta insieme anche finito di mangiare e questa è una cosa bellissima, perché se c’è gruppo va tutto meglio, anche in gara. Sicuramente ti dà qualcosa in più».
Nell’avvicinamento al mondiale, Zana è stato 13° al Giro di Toscana, a 23″ dal vincitore HirschiAl Sazka Tour, Zana aveva ottenuto buoni piazzamenti. Questa è la 3ª tappa, chiusa al 5° postoNell’avvicinamento al mondiale, Zana è stato 13° al Giro di Toscana, a 23″ dal vincitore HirschiAl Sazka Tour, aveva ottenuto buoni piazzamenti. Questa è la 3ª tappa, chiusa al 5° posto
Nuovi stimoli
E così di colpo la stagione, che era iniziata un po’ storta e aveva avuto al Giro un apice negativo (anche a causa di un cambio di preparazione di cui si è parlato poco), si è raddrizzata a partire da giugno. Prima la vittoria alla Adriatica Ionica Race, poi il campionato italiano e più di recente i bei piazzamenti al Sazka Tour e al Tour du Limousin. Di lui, come noto, si erano già accorti da un pezzo i tecnici della Bike Exchange-Jayco che lo hanno fatto firmare fino al 2025.
«Diciamo che la seconda parte di stagione mi ha soddisfatto – sorride – e adesso che la stagione è quasi finita, cerchiamo portarla a casa nel migliore dei modi. Anche per iniziare la prossima con nuovi stimoli e la speranza di crescere sempre di più».
Dopo la prova sul percorso, anche Zana si è convinto della sua velocità: «Ma lo strappo resta nelle gambe»Dopo la prova sul percorso, anche Zana si è convinto della sua velocità: «Ma lo strappo resta nelle gambe»
Più duro del tricolore
L’Australia resterà sicuramente un bel ricordo, senza escludere che la nuova squadra possa portarcelo presto di nuovo, utilizzando il Tour Down Under come battesimo di fuoco, cosa che gli permetterebbe di vedere posti simili sotto il sole torrido di gennaio.
«Diciamo che siamo venuti qui – sorride – in un periodo un po’ così, alla fine dell’inverno. Però sono bei posti, un po’ selvaggi e belli. Potremo dire (sorride, ndr) di essere passati anche di qui! Anche se per noi tutte le attenzioni erano e sono incentrate sul percorso, che è sicuramente veloce. Però quando si entra nel circuito e si inizia a farlo forte, di sicuro la salita resterà nelle gambe a qualcuno. Nelle curve non si frena e lo strappo è duro. I primi 200 metri magari si fanno di slancio, poi però si deve alleggerire il rapporto. Quindi bisogna stare attenti. Perché il percorso può essere anche non durissimo, però sono i corridori che fanno la gara. Bisogna vedere come si muoveranno le altre nazionali. Secondo me il circuito dell’italiano era più facile, perché lo strappo era molto meno duro. Però sicuramente era più caldo…».
Un volo da Montreal a San Francisco, poi uno per Sydney e l’avventura australiana di Alberto Bettiol ha preso il via. Quando si è accorto che sulla stessa rotta viaggiavano Sagan, Matthews e Van Aert, in qualche modo il toscano ha sentito di aver fatto la scelta giusta. E’ arrivato a Sydney mercoledì scorso, ha mandato giù il fuso orario e se lo guardi mentre si muove nell’hotel della nazionale oppure a tavola mentre tiene banco tra il presidente federale e Amadio, capisci che l’umore sia quello giusto.
«Sto bene infatti – sorride – sono arrivato dal Canada in anticipo sugli altri. Siamo andati a vedere il percorso, che è veloce. Le curve si fanno tutte senza frenare. Ci sarà poco tempo fra una salita e la successiva».
La Panoramic Road Oval è stata usata spesso dagli azzurri in allenamentoMacquarie Pass è la salita più gettonata dai ciclisti della zonaLungo la strada, si assiste a un rigoglio di natura australianaSpazio Azzurri, questa bandiera conferma che abbiamo raggiunto l’hotel dell’ItaliaLa Panoramic Road Oval è stata usata spesso dagli azzurri in allenamentoMacquarie Pass è la salita più gettonata dai ciclisti della zonaLungo la strada, si assiste a un rigoglio di natura australianaSpazio Azzurri, questa bandiera conferma che abbiamo raggiunto l’hotel dell’Italia
Volume e recupero
Il Gibraltar Hotel sta sul monte. Per andare verso il mare ci sono poche strade e una è la Tourist Road Oval, che si perde tra prati e foreste di eucalipti. All’imbrunire si incontrano i canguri, durante il giorno frotte di corridori dei team che hanno scelto di dormire nella stessa area e di amatori che ogni giorno scalano il Macquarie Pass che dal mare si inoltra verso l’interno.
«Alla fine c’è solo quella salita lunga – conferma Alberto da perfetto padrone di casa – ma le strade sono tutte vallonate e sono belle, non c’è un metro di pianura. Per fortuna, ad eccezione di questi ultimi giorni, abbiamo sempre trovato bel tempo e sono riuscito a fare prima tutti gli allenamenti di volume. Ho fatto una bella distanza sabato e poi due volte quattro ore, lunedì e martedì. Così di qui a domenica ci sarà solo da recuperare, al massimo farò un richiamo venerdì, ma vediamo il tempo».
Oggi piove, alcuni hanno puntato sui rulli, altri come Bettiol e Trentin sono uscitiFino a martedì il tempo è stato bello, ieri invece ha iniziato a fare bruttoOggi piove, alcuni hanno puntato sui rulli, altri come Bettiol e Trentin sono uscitiFino a martedì il tempo è stato bello, ieri invece ha iniziato a fare brutto
Ultima distanza
Chiacchiere di un pomeriggio quieto. Oggi (ieri per chi legge) gli azzurri hanno fatto cinque ore, l’ultima distanza approfittando del tempo che ancora reggeva, mentre stamattina piove e di certo faranno meno. “Betto” ha la barba lunga e lo sguardo placido.
«Recupero e massaggi – sorride – sono contento di essere arrivato prima, piuttosto che fare scalo a casa per quattro giorni, come ha fatto Bagioli. Ma lui ha prenotato il volo prima di sapere di essere convocato, sennò alla fine avrebbe seguito la mia rotta. Si trattava di arrivare in Italia, stare quattro giorni, assorbire il fuso e poi ripartire e doversi abituare a quello australiano. In fondo sono qua da otto giorni. C’è lo chef italiano, il massaggiatore, il meccanico. Sembra di essere in ritiro a Riotorto come ai tempi della Liquigas, si sta bene».
Bennati ha ancora il linguaggio del corridore e il carisma del tecnico. Ricorda molto BalleriniBergen 2017, Bennati in testa, a ruota c’è Trentin. Poi Puccio, Ulissi e in fondo con il casco bianco, c’è BettiolBennati ha ancora il linguaggio del corridore e il carisma del tecnico. Ricorda molto BalleriniBergen 2017, Bennati in testa, a ruota c’è Trentin. Poi Puccio, Ulissi e in fondo con il casco bianco, c’è Bettiol
Con Massini e Battaglini
La squadra gli piace e in qualche modo si può dire che l’ha vista nascere. Bennati è stato a casa sua per parlare di avvicinamento, in quel pomeriggio in cui fu messa in giro la voce folle delle sue dimissioni.
«Con “Benna” – dice – abbiamo tanti punti in comune. Siamo cresciuti entrambi col Massini e poi con Mauro Battaglini come procuratore e soprattutto consigliere. Mi manca tanto Mauro, chissà cosa direbbe del ciclismo di oggi. Con Daniele siamo anche stati compagni di squadra ai mondiali di Bergen e ci siamo incrociati in più di qualche corsa. Con lui c’è un rapporto sincero, in cui l’amicizia a un certo punto viene messa da parte, senza che io mi aspetti favori o protezione. Ad esempio abbiamo visto entrambi che Bagioli va molto forte, le gare in Canada sono state giuste per capire lo stato di forma. Oggi abbiamo visto il Team Relay in camera mia, anche con Battistella. E Benna è davvero un bel mix. Ha ancora elementi del corridore, ma lo vedi che pensa già da tecnico».
Bettiol conferma che il Bagioli visto in Canada va davvero molto forteBettiol conferma che il Bagioli visto in Canada va davvero molto forte
C’è voglia di correre
Anche il team azzurro è un bel mix, cocktail di giovani, giovanissimi, debuttanti e gente esperta che malgrado il tanto vociare disfattista lasciato in Italia, domenica potrebbe dire la sua.
«Io e Trentin siamo quelli più esperti – annuisce – anzi lui è più grande, però è uno di noi (sorride, ndr). Zana è un po’ timido, ma si sta integrando bene. Si scherza e si ride, ma quando martedì Daniele sul pulmino che ci riportava in hotel dopo aver visto il percorso (foto di apertura, ndr) ci ha chiesto le nostre impressioni, ci siamo animati dello spirito giusto. C’è voglia di correre, forse perché siamo da tanto via di casa. Io di fatto sono partito il 4 settembre, ho corso in Canada il 9 e l’11, poi il 12 sono ripartito e sono qui da mercoledì 14 di mattina presto. E il pomeriggio sono subito uscito a farmi un allenamento con Ganna, Sobrero e Affini che erano già qui. Comunque sono tanti giorni».
Trentin e Zana, il più esperto e uno dei più giovani, definito scherzando “l’erde di Pozzato”Rota non era mai stato convocato per un mondiale, ma la sua continuità ha convinto BennatiTrentin e Zana, il più esperto e uno dei più giovani, definito scherzando “l’erde di Pozzato”Rota non era mai stato convocato per un mondiale, ma la sua continuità ha convinto Bennati
Lo strappo col 40
E poi prima di salutarsi, come per un riflesso o un atto dovuto, il discorso torna sul percorso che li aspetta e che da domani diventerà il teatro delle sfide.
«Mount Keira è una bella salita, anche lunga – riflette Bettiol – ma messa in avvio di gara non penso possa far partire qualcuno. O almeno non qualcuno di quelli buoni. Lo strappo invece è duro e impegnativo, per cui anche se il circuito è veloce, con il passare dei chilometri la corsa viene dura. Dovremo farlo 12 volte, non sono poche. Di sicuro non si farà con il 53, anche perché il 53 non c’è più e toccherebbe semmai usare il 54 (riferimento ai gruppi Shimano 2022, che sono passati dal 53 al 54, ndr). Credo che userò rapporti normalissimi, per cui lo strappo si farà con il 40 e poi vedremo cosa dirà la corsa».
Fuori è buio. L’Italia ha centrato l’argento nel Team Relay vinto dalla Svizzera. A breve Ganna sarà in hotel e chiuderà la valigia. Per i ragazzi di Bennati invece il mondiale sta appena entrando nel vivo.