Il Giappone rilancia Antonio Nibali, in cerca di un futuro

19.10.2023
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Il ritorno della “fase asiatica” della stagione come si è abbondantemente visto in queste settimane ha fornito molti motivi d’interesse, spesso raddrizzando l’annata di atleti che chiedevano un ultimo squillo prima di resettare tutto. Un esempio in tal senso è quello di Antonio Nibali, il portacolori dell’Astana Qazaqstan Team che dopo una stagione oggettivamente difficile, fatta di tanto lavoro ma senza alcun acuto, è emerso al Tour de Kyushu in Giappone con una notevole seconda piazza finale.

Per il “fratello d’arte” è stato un risultato importante, che gli consente di chiudere l’anno un po’ più tranquillo pensando a quel che sarà. Nibali è in cerca di un nuovo approdo e la tre giorni nipponica sicuramente costituisce una valida carta da giocare al tavolo delle trattative.

Nibali premiato per la sua seconda piazza in Giappone, a 25″ da Zeits
Nibali premiato per la sua seconda piazza in Giappone, a 25″ da Zeits

«Diciamo che questo risultato mi ha dato più morale in chiusura della stagione – racconta il messinese, già in vacanza – perché era una gara di qualità, 2.1 nel calendario Uci. L’Astana aveva avuto l’invito e l’abbiamo affrontata con il forte proposito di portare a casa un risultato importante. Erano tre tappe, ma quella decisiva è stata la seconda, con tanti saliscendi e un circuito di 4 chilometri da fare cinque volte, oltretutto sotto la pioggia che ha reso la frazione davvero dura. Lì il mio compagno di squadra Andrey Zeits ha guadagnato un buon vantaggio, io l’ho coperto agguantando poi la seconda piazza e nella terza abbiamo mantenuto le posizioni».

Che tipo di corsa e soprattutto di ambiente avete trovato?

Le differenze con il ciclismo che siamo abituati a vivere sono profonde. I chilometraggi intanto sono ridotti, la tappa decisiva ad esempio era di 107 chilometri. Poi si va sempre a tutta, sembra un po’ di tornare indietro nel tempo, all’attività dilettantistica. Quando ci sono squadre europee di peso tengono unita la corsa, lì invece non c’è legge, è anarchia completa, tutti contro tutti. E’ un modo di correre più difficile da interpretare e l’ultima tappa lo ha confermato.

Il siciliano con Zeits: la coppia ha lavorato benissimo cogliendo una doppietta che è oro per l’Astana
Il siciliano con Zeits: la coppia ha lavorato benissimo cogliendo una doppietta che è oro per l’Astana
Come?

Noi eravamo davanti in classifica e i compagni correvano in protezione. Gli altri ci attaccavano, ma quel che sembrava assurdo è che non facevano gioco di squadra. Magari si facevano la guerra anche corridori dello stesso team. Alla fine sono andati via tre corridori che non avevano peso nella classifica e noi abbiamo tenuto il gruppo per proteggere le nostre posizioni.

Che voto daresti alla tua stagione?

Diciamo che non andrei oltre il 6 e mezzo. Ho avuto alti e bassi per tutto l’anno, ma ho sempre fatto il mio dovere, lavorato per gli altri. Oltretutto ho affrontato una stagione fatta di gare di altissimo livello, quelle davvero difficili. I risultati non sempre arrivano e chiaramente pian piano ti senti erodere, per questo aver chiuso così bene è una boccata d’ossigeno che era necessaria.

Nibali e Zeits non hanno avuto rivali, per il messinese è stato il miglior risultato della stagione (foto Instagram)
Nibali e Zeits non hanno avuto rivali, per il messinese è stato il miglior risultato della stagione (foto Instagram)
Questo era il tuo primo anno senza Vincenzo al tuo fianco: ne hai sentito la mancanza?

Non molto, perché normalmente seguivamo calendari molto diversi, se andate a guardare gli annuari sono pochissime le volte che abbiamo corso insieme. Nel 2022 ad esempio abbiamo fatto una sola giornata di corsa in comune. Diciamo che ho notato come la sua assenza in questo ciclismo si senta, è mancato il tifo nei suoi confronti, questo sì.

Siete in contatto?

Sempre, ci sentiamo spesso e non mi fa mancare mai i suoi consigli. Quando vivi in questo ambiente ti accorgi però di come i valori cambino, è la squadra stessa che diventa la tua famiglia. Con i suoi corridori ma anche lo staff. Condividi giorni, esperienze, anche pensieri.

I fratelli Nibali, compagni di squadra ma raramente impegnati nella stessa gara
I fratelli Nibali, compagni di squadra ma raramente impegnati nella stessa gara
In Giappone avevate un leader conclamato?

No, abbiamo lasciato che la corsa stabilisse le gerarchie, la cosa importante era poter sfruttare quest’occasione per ottenere il massimo possibile, ognuno lavorava per le finalità di squadra. Poi le giornate di corsa hanno assestato la classifica premiando Zeits e me.

Che cosa chiedi alla prossima stagione, soprattutto a che cosa guardi nella scelta di un nuovo team, quali sono le tue richieste?

Io vorrei poter affrontare un calendario più ricco dal punto di vista quantitativo, visto che quest’anno ho affrontato 53 giorni di corsa senza particolari problemi fisici. Posso sicuramente fare di più, ma anche attraverso un calendario diversificato, con gare importanti e altre più alla mia portata, dove possa puntare a fare qualcosa. Ormai alla mia età mi sono inquadrato, ho ben chiare le mie possibilità, quello che posso garantire.

Antonio secondo nella seconda tappa disputata sotto l’acqua (foto Instagram)
Antonio secondo nella seconda tappa disputata sotto l’acqua (foto Instagram)
In quale ambiente hai vissuto, com’era l’atmosfera all’Astana?

Domanda non facile… E’ un team alle prese con molti cambiamenti in un ciclismo che è cresciuto tantissimo e che richiede budget sempre più alti. Un’evoluzione generale che ci ha un po’ penalizzato, in alcune cose come ad esempio gli allenamenti siamo rimasti un po’ indietro. Prima l’Astana era squadra per corridori da grandi Giri, ma ci si è giocoforza dovuti convertire alle corse d’un giorno o alle brevi corse a tappe.

Eppure i nomi ci sono…

Sì, ma secondo me non è normale che gente come Moscon, Ryabushenko, Felline non riescano più a entrare neanche nei primi 10, è gente con talento purissimo. Io credo che questa evoluzione, il lento retrocedere nelle gerarchie – magari anche per acciacchi, incidenti, mera sfortuna – abbia pesato un po’ moralmente, costituendo un fardello difficile da sopportare. Spero che ci sia un’inversione di tendenza perché a questo team sono affezionato, qualunque sia il mio destino.

Ballerini porta da Zanini il tesoro della Quick Step

04.10.2023
6 min
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Tra fusioni ormai inevitabili e quel senso di mancanza di regole, per cui le squadre spariscono come se niente fosse senza che l’UCI dica qualcosa, c’è chi dalla Soudal-Quick Step s’è già affrancato. Davide Ballerini torna all’Astana, la “casa” da cui aveva spiccato il volo per inseguire i suoi sogni in Belgio. Quando parlammo con i quattro italiani della squadra di Lefevere durante la presentazione di gennaio, Cattaneo e Masnada dissero chiaramente che sarebbero rimasti anche per il futuro, Bagioli e Ballerini dissero che avrebbero valutato eventuali alternative. E alla fine entrambi hanno spiccato il volo: il primo alla Lidl-Trek, il secondo nel team kazako.

«Avere più spazio è una cosa fondamentale – spiega il canturino – in più quest’anno Patrick (Lefevere, ndr) mi ha tirato per le lunghe. Sono arrivato a un punto nel quale non potevo più aspettare, quindi ho preso una decisione. Da una parte mi è dispiaciuto lasciare la Quick Step, dall’altra sono contento perché so dove vado, in una squadra in cui mi sono trovato veramente molto bene. Quattro anni fa ero più giovane e volevo fare nuove esperienze. Diciamo che adesso le ho fatte, anche se non sono mai abbastanza. E torno in un gruppo che mi metterà nelle condizioni ottimali di lavorare bene».

Ballerini ha corso alla Astana soltanto nel 2019: proveniva dalla Androni e vinse i Giochi Europei
Ballerini ha corso alla Astana soltanto nel 2019: proveniva dalla Androni e vinse i Giochi Europei
Che differenza c’è fra Davide di oggi e quello di quattro anni fa?

Diciamo che ero quattro anni più giovane. Il mio sogno era quello di approdare alla Quick Step e appena ho ricevuto la loro proposta, ho subito accettato. Sono riuscito a realizzare il sogno. Ho visto come lavorano. Ho fatto tanta esperienza nelle gare del Belgio che mi interessavano di più. Ho imparato molto e adesso posso metterlo in atto.

Hai firmato per quest’aria di fusione o saresti andato via ugualmente?

Mi dispiace per come stanno andando le cose, non si sta capendo molto. Io spero che la fusione non avvenga, ma se così sarà, purtroppo sparirà un gruppo che per anni è stato di riferimento. Il ciclismo è anche questo, gira intorno agli sponsor. E fra quelli che entrano e quelli che escono, le situazioni non sono facili da gestire.

Hai detto di aver imparato il loro modo di lavorare, quindi il tuo approccio con certe gare sarà improntato a quella filosofia? In qualche modo, anche Zanini ha corso in quel gruppo…

Certo. “Zazà” è stato uno dei primi che voleva che tornassi. Con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto, anche quando sono andato via. E’ una grandissima persona e tutti gli anni continuava a chiedermi quando sarei tornato. E alla fine gli ho detto di sì.

L’ultima vittoria di Ballerini è la Coppa Bernocchi del 2022
L’ultima vittoria di Ballerini è la Coppa Bernocchi del 2022
Cosa porti via da questi anni fiamminghi?

Ho imparato tanto. La cosa importante del Belgio, c’è poco da fare, è che devi conoscere la gara a menadito. Devi starci. Vedere come si svolge in base agli anni passati, anche se ultimamente sta cambiando molto anche il modo di correre. Però diciamo che i punti cruciali, bene o male, sono sempre quelli. Quindi la cosa fondamentale è conoscere il percorso, fare le ricognizioni, vedere se sono stati aggiunti nuovi tratti o nuovi muri. E poi c’è la preparazione.

Che va fatta su misura?

I lavori specifici. Cose che ho imparato, facendo in allenamento dei lavori che prima non avevo mai fatto e mi hanno dato la forza esplosiva che non avevo. Negli ultimi anni ho lavorato con il preparatore Quick Step. Sono andato da loro e mi hanno preparato loro. Non so ancora bene adesso da chi sarò seguito.

A Popsaland eri aperto all’ipotesi di partire, come mai?

Quando resti tanto in una squadra, vuol dire che ti trovi bene, questo è poco ma sicuro. Però arrivi anche a un punto in cui hai bisogno di nuovi stimoli. Purtroppo si è visto che da un paio d’anni, la Quick Step non girava come prima e questo non perché i corridori non fossero performanti.

Quest’anno prestazioni opache al Nord: qui alla GP E3 Saxo Bank
Quest’anno prestazioni opache al Nord: qui alla GP E3 Saxo Bank
Perché secondo te?

E’ tutto un insieme di cose, magari non si è fatta la preparazione dovuta o le cose non sono andate bene al 100 per cento. E’ una ruota che gira. Adesso c’è il colosso Jumbo-Visma, ma prima o poi finirà anche quella, come prima c’era Sky, che sembrava inattaccabile. Non so come andrà a finire con questa fusione, ma significherà mettere da un giorno all’altro un sacco di gente sulla strada. 

Hai parlato di problemi di preparazione?

Il problema è che oggi devi essere al 110 per cento in quasi tutte le gare della stagione. Devi prepararle nel miglior modo possibile e per i determinati gruppi di lavoro deve avere una programmazione. Fai il tuo ritiro in altura per due settimane. Scendi. Fai una gara di preparazione. E poi c’è l’obiettivo. La cosa che in questi anni non è mai stata fatta è stata quella di fare altura per le classiche. Loro magari per questo sono un po’ vecchio stampo, mentre tante volte è preferibile arrivare freschi alle gare cui si punta. E poi devi staccare che sei ancora in forma, per iniziare la fase di recupero. E anche questo è difficile da fare.

Non corri dalla caduta del Wallonie, come funzionerà il tuo inverno? 

A dire la verità, il 2023 preferisco archiviarlo così: è stato forse uno degli anni peggiori, ma si impara anche da questi. Ho fatto prima 20 giorni senza bici dopo questo infortunio di fine luglio. Pensavo fosse poca roba, invece non è risultato così. Dopo lo stop ho ricominciato e ho sempre avuto un fastidio al ginocchio. Ho cominciato a fare risonanze magnetiche varie, si è visto che c’era un’infiammazione sotto la rotula che si è accentuata continuando ad allenarmi e ha intaccato anche il tendine rotuleo. Ho sentito vari specialisti e fra i tanti ne ho scelto uno che mi ha aiutato. Ho fatto delle infiltrazioni di acido ialuronico che adesso stanno facendo effetto. Nel frattempo ho continuato ad allenarmi, le mie tre ore al giorno le ho sempre fatte.

Il 2023 si stava raddrizzando al Wallonie: 2° nella prima tappa, 5° nella seconda (qui con Ganna), poi l’infortunio
Il 2023 si stava raddrizzando al Wallonie: 2° nella prima tappa, 5° nella seconda (qui con Ganna), poi l’infortunio
Passerà continuando a pedalare?

Sta andando a posto. Più vado avanti, più vedo che riesco a spingere forte e il fastidio arriva sempre più tardi. Da tre o quattro giorni a questa parte, posso dire di essere recuperato quasi al 100 per cento. L’altro giorno ho detto a Bramati che se vuole posso correre per dare una mano ai compagni e mi ha messo fra le riserve. Però capisco anche che i corridori vogliano correre, anche perché vista la situazione, tanti saranno in cerca di una squadra. Quindi penso che la mia stagione sia finita qui.

Vacanze in vista?

Non mi piace mai programmare cose a lungo termine, magari vado con gli amici due o tre giorni da qualche parte. Per adesso, visto che le giornate sono belle, continuo ad andare in bici, anche senza particolari obiettivi. Meglio tenere una settimana in più adesso e ricominciare una settimana dopo, così se anche a novembre facesse una settimana brutta, non mi cambierebbe la vita.

Pedala con Zazà, un successo di numeri e affetto

25.09.2023
4 min
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«Sono stanco ma contento», Stefano Zanini archivia con un grande sorriso la decima edizione della sua Pedala con Zazà. Il grande ex corridore è un gigante buono e gli amici ancora una volta gli hanno dimostrato tutto il loro affetto.

Quest’anno l’evento del diesse dell’Astana Qazaqstan è cresciuto. Alla pedalata della domenica si sono aggiunte le gare giovanili al sabato: di fatto Gorla Maggiore è diventata il centro di una festa del ciclismo. E non era facile visto che a Cesenatico era di scena la Nove Colli, che recuperava l’annullamento di primavera quando l’alluvione spazzò via la Romagna.

Tra i vari ospiti amici di Zanini anche Davide Ballerini della Soudal-Quick Step
Tra i vari ospiti amici di Zanini anche Davide Ballerini della Soudal-Quick Step

Oltre le aspettative

Erano attesi 600 ciclisti, ebbene i numeri sono stati migliori: 300 alla Pedalata con Zazà, 260 iscritti per i giovanissimi (da G0 a G6), 130 juniores, 70 allievi e 50 esordienti.

«È stata una festa davvero bella – ha commentato Zanini – tanti, tanti ragazzi e al sabato c’è stata la doppia ciliegina sulla torta con la vittoria dei miei nipoti che hanno vinto la prova degli allievi e quella degli juniores».

Zaza’ scherza sempre e quando lo incalziamo dicendogli che ora si dirà che lo ha fatto per loro due, lui ribatte subito: «E’ chiaro che l’ho fatto per loro! Scherzi a parte, l’idea di fare qualcosa di più, qualcosa per i giovani, assieme alla mia Pedalata ce l’avevo già da un paio di anni, ma con il mio lavoro stando sempre fuori non era facile trovare il tempo, il momento giusto. Dovevo quindi per forza sfruttare la finestra temporale della Pedala con Zaza’. Così abbiamo colto l’occasione del decennale per fare questo salto».

Per i giovani

Il ciclismo più di altri sport vive un momento particolare nel reperire nuove leve e gli eventi per i ragazzi sono ormai una manna.

Stefano ha ideato il circuito dove hanno corso dagli esordienti agli juniores, variava chiaramente il numero dei giri.

«Era un anello di 10 chilometri “sotto casa mia” – ha spiegato Zanini – con un paio di salite di 500 metri ciascuna. Inizialmente avevo anche pensato ad un altro percorso per gli juniores. Un circuito di 30 chilometri con una salita più lunga il cui finale è in sterrato, Ma poi era più difficile reperire gente per controllare il percorso. E tutto sommato è andata bene così.

«Gli stessi giudici erano soddisfatti e mi hanno detto della tanta gente a bordo strada». Un bel colpo d’occhio dunque.

Da Barza Design un casco per Zazà
Da Barza Design un casco per Zazà

Dalla Sicilia

A volte è più importante avere un percorso magari meno tecnico ma dai risvolti promozionali più importanti. I ragazzi e l’attenzione al ciclismo si catturano anche cosi. Magari il giorno dopo chi era a bordo strada rispetta il ciclista maggiormente quando poi si trova alla guida. O una bambina e un bambino chiedono ai genitori di voler salire in sella. Ma questo è un altro discorso…

«Pensate che c’era un ragazzo, Domenico Lo Piccolo dell’Asd Imp Group, che è venuto il venerdì dalla Sicilia. Era col papà. Hanno preso un aereo e dopo la gara, che lo stesso Domenico ha vinto, nel pomeriggio è ripartito. Mi ha detto che voleva fare un’esperienza al Nord! Gli ho risposto che per come è andato, è stato lui che ha fatto fare un’esperienza agli altri ragazzi».

Questo comunque ci dice dell’affetto che Zanini nutre in tutta Italia.

«Ripeto – ha detto Zanini – è stata un gran bella festa. Ma per tutto questo devo ringraziare molto i Comuni a supporto della Padala con Zazà, a partire da quello di Gorla Maggiore, sede dell’evento, i team organizzatori Valle Olona e la Società Ciclistica Canavese e anche la Regione Lombardia ci è stata vicina. Senza dimenticare la Polizia Stradale di Varese e Milano, che ci ha fatto la scorta e chiaramente la Sestero Onlus».

Finita la festa Zazà è tornato direttore sportivo. Ora lo aspettano tutte le classiche italiane, fino al Lombardia.

Nella notte, lampi di gran Velasco a Montreal

11.09.2023
4 min
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In Italia era notte quasi alta quando a Montreal il gruppo si è sfidato per tutto il giorno sotto la pioggia, consegnandosi (dopo 227 chilometri e 17 giri del circuito che nel 2026 ospiterà i mondiali) allo sprint fra Adam Yates e Pavel Sivakov. Alle loro spalle, quinto e indomito, Simone Velasco ha provato fino all’ultimo a vincere, sprecando forse troppo. Con il contratto appena rinnovato, il campione italiano ha disputato probabilmente la classica WorldTour più bella da quando è professionista. E soprattutto ha ritrovato il fastidio di perdere, quello che si sopisce quando si va alle corse rassegnati. Invece mentre è sul lettino dei massaggi fra le mani di Michele Pallini, già uomo di fiducia di Vincenzo Nibali, a tratti il tono è seccato. Voleva vincere, non ci è riuscito.

In serata per Velasco il massaggio con Michele Pallini, domani (oggi) il volo di rientro e poi la Coppa Sabatini
In serata per Velasco il massaggio con Michele Pallini, domani (oggi) il volo di rientro e poi la Coppa Sabatini
Diciamo che se non vi fossero scappati Yates e Sivakov, si poteva pensare di riuscirci?

L’errore è stato farmi trovare un po’ indietro sulla salita quando sono partiti. Sono risalito, ma mi sono mancati quei 50 metri finali per prenderli. Comunque sia le gambe erano buone e nell’ultimo giro magari ho sprecato un po’ troppo. Mi sono fatto prendere un po’ dall’euforia, mentre potevo essere magari più furbo. E comunque il quinto posto qui a Montreal, con questo parterre, penso che sia un ottimo risultato.

L’euforia perché pensavi di rientrare?

Sinceramente volevo vincere. Ho detto: «Ci provo, magari davanti si guardano un attimo». Sivakov ha corso all’arrembaggio, tirando sempre. Ho pensato che magari agli ultimi 300 metri si sarebbero fermati. Invece loro sono andati e io ho fatto la maggior parte del lavoro per chiudere su Aranburu e poi O’Connor, per cui quando è stata ora di partire sono rimasto sulle gambe.

La miglior classica WorldTour fatta finora?

Sì, a livello di corse di un giorno, sicuramente. Oggi avevo delle belle gambe, questa è un’ottima cosa per il finale di stagione. Da quando ho vinto l’italiano, ho sbloccato qualcosa nella testa. Mi sono accorto che sono tornato ad essere quello che ero anche da dilettante e da juniores. Quindi sono fiducioso per tutto ciò che rimane del calendario.

Il Grand Prix Cycliste de Montreal l’ha vinto Adam Yates, che ha preceduto Pavel Sivakov
Il Grand Prix Cycliste de Montreal l’ha vinto Adam Yates, che ha preceduto Pavel Sivakov
Quando rientrate in Europa?

Voliamo domani e sarò subito alla Sabatini (14 settembre, ndr) e poi farò il Pantani e il Matteotti con la nazionale. A quel punto valuteremo se farò anche la Adriatica Ionica Race o se saltiamo direttamente fino all’Agostoni, per fare poi tutto il finale italiano.

Ti abbiamo visto al mondiale, come sei arrivato a questa condizione?

Innanzitutto, dopo l’italiano, come da programma ho fatto una settimana di stacco. Sono andato a casa all’Elba a festeggiare un po’ e mi è servita per ricaricare le pile, soprattutto a livello mentale. Poi sono andato a lavorare bene in altura, al passo Costalunga con la famiglia, per farmi trovare pronto subito alle corse in Spagna, quando è stata ora di tornare a correre. Ho cercato di fare un buon mondiale in supporto ai due capitani e successivamente ho fatto un altro breve stacco in vista del finale di stagione. Mi era venuto in mente di tornare in altura, però alla fine abbiamo optato per correre. Saltare la Vuelta e fare queste gare di un giorno e sembra che sia stata la scelta giusta.

Che cosa si è sbloccato all’italiano?

In realtà, già dopo che mi è nata la bimba, ho ritrovato tanta più consapevolezza in me stesso e ho lavorato bene durante l’inverno. Ho vinto subito alla Valenciana, mentre di solito a inizio stagione ho sempre bisogno di un po’ per ingranare la marcia. Quest’anno invece mi son fatto trovare subito pronto. Proprio alla Valenciana ho preso il Covid e quindi mi sono dovuto fermare e magari tirare un po’ il fiato mi ha permesso di fare una bella primavera fino al Giro.

Nell’Astana al via da Montreal, un solo straniero (Laas, a sinistra), poi Nibali, Garofoli, Boaro, Basso e Velasco
Nell’Astana al via da Montreal, un solo straniero (Laas), poi Nibali, Garofoli, Boaro, Basso e Velasco
A quel punto?

A quel punto ho fatto il Giro di Svizzera e poi ho recuperato bene fino all’italiano e ci sono arrivato consapevole e rilassato della gamba che avevo. Ho fatto bene nella crono e ho vinto su strada. Avevo con me la mia bimba e la mia compagna, quindi ero bello sereno e questo sicuramente mi ha aiutato a dare il massimo.

Il rinnovo del contratto?

Qui in Astana, ho trovato subito il mio posto. Sono migliorato molto e ora posso guardare avanti, puntando a qualcosa di più grande e ambizioso. Il tricolore è stato un sogno che si è avverato, per questo ora voglio puntate a traguardi più importanti. Magari questo quinto posto è il segno che qualcosa si sta muovendo.

Gazzoli è già proiettato verso la primavera del 2024

07.09.2023
4 min
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Michele Gazzoli ha fatto capire che vincere gli piace e ci ha preso gusto. Una doppietta ha aperto e chiuso il suo Giro di Bulgaria (foto Instagram in apertura), da quando è tornato a correre ha messo insieme tre vittorie in pochi giorni di gara. Il momento più difficile, però, arriva ora, il corridore della Astana Qazaqstan deve confermare i suoi risultati e proiettare tutto sul prossimo anno. 

«Dopo il Grand Prix de Plouay – spiega Gazzoli da casa sua – mi è venuta un po’ di febbre. Ora sto recuperando e preparo il Giro di Slovacchia, il finale di stagione sarà intenso, se tutto va bene metterò insieme tra i 20 e i 25 giorni di gara. Non male per essere partito a metà agosto».

Hai riallacciato il filo con la vittoria, confermandoti in Bulgaria.

L’obiettivo principale per un ciclista rimane sempre vincere, questi successi hanno riallacciato il filo conduttore. Avere i riscontri della gara serve molto dal punto di vista del morale e per continuare ad allenarsi bene. Diciamo che chiudono un cerchio, la frase “corri in settimana e la domenica ritiri il premio” non è mai stata così corretta. 

Ma guardiamo al futuro, Gazzoli che tipo di corridore può diventare?

Sono un ragazzo giovane (classe 1999, ndr). Sicuramente non da corse a tappe e questo lo so anche io. Però ho da fare ancora tante esperienze, mi piacciono le classiche, le gare di un giorno. Sono ancora da scoprire in quel contesto. 

I primi assaggi di Nord Gazzoli li ebbe da junior in azzurro. Eccolo nella Roubaix del 2016
I primi assaggi di Nord Gazzoli li ebbe da junior in azzurro. Eccolo nella Roubaix del 2016
L’anno scorso, prima dello stop avevi già fatto qualche esperienza da quelle parti…

Sì, ma chiaramente non ero nella condizione fisica e psicologica giusta. Nelle settimane delle gare in Belgio avevo preso il Covid e poi era arrivata la batosta dello stop

Hai voglia di tornare da quelle parti al 100 per cento?

Le ho fatte praticamente tutte, sia da junior che da under 23: Gand-Wevelgem, Giro delle Fiandre e Parigi Roubaix. Nei due anni da junior alla Gand sono arrivato entrambe le volte nono. Mentre al Fiandre terzo e secondo. Sono corse che mi piacciono parecchio e con le Fiandre ho un legame particolare, visto anche il mondiale vinto con Baroncini nel 2021 (dove lui è arrivato quarto, ndr). 

Immaginiamo che tu abbia voglia di finire bene ora per proiettarti sul 2024 al massimo, no?

Come detto, questo finale di stagione serve per ritornare a correre, riprendere le sensazioni giuste e togliermi delle soddisfazioni. Ma la voglia più grande è quella di iniziare la nuova stagione. 

In Belgio uno dei ricordi più dolci per Gazzoli: la vittoria iridata dell’amico Baroncini, coronata dal suo quarto posto
In Belgio uno dei ricordi più dolci per Gazzoli: la vittoria iridata dell’amico Baroncini, coronata dal suo quarto posto
Fare un inverno con la squadra anziché da solo…

Chiaramente, rivedere i compagni, andare a Calpe, pedalare insieme e ripartire. Sarà molto più frenetico, ma allo stesso tempo stimolante.

Questo inverno da solo hai avuto più tempo, cosa hai imparato?

A prendermi il giusto tempo per le mie cose e i miei momenti. Gli ostacoli ci possono essere, come un infortunio al ginocchio (il riferimento è al problema patito durante la preparazione in palestra nell’inverno del 2023, ndr). Tutto però va preso con freddezza, senza panico, c’è tempo per ogni cosa. 

Gazzoli (al centro) non vede l’ora di tornare in ritiro con i compagni, l’ultimo assaggio di “normalità” che manca
Gazzoli (al centro) non vede l’ora di tornare in ritiro con i compagni, l’ultimo assaggio di “normalità” che manca
Delle corse del Nord cosa ti piace particolarmente?

L’ambiente, l’atmosfera e la tipologia di percorso. Sono gare mancate, perché nel 2022 è come se non ci fossi stato. Il filo, forse, si riallaccerà definitivamente quando tornerò da quelle parti. Mi piace il freddo, come si è visto all’Arctic Race, la primavera sarà il mio obiettivo numero uno del 2024

Allora queste gare di fine anno servono proprio a questo?

Servono a tornare pronto e vivere le emozioni del ciclismo. Dopo la fine della stagione mi fermerò comunque, perché mi sono allenato e ho corso con continuità. Una pausa ci vuole, poi la testa sarà già ai primi ritiri, sono uno cui non pesa viaggiare, quindi potrei dire che non vedo l’ora di ripartire.

Gazzoli torna, vince e racconta la rinascita

24.08.2023
6 min
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Dal freddo del Circolo Polare Artico a Caligola, che ti impedisce di respirare riempiendoti i polmoni di aria calda, il passo è breve. Michele Gazzoli è tornato dalla Norvegia lunedì, ora si allena a casa (Brescia) e fa i conti con il grande caldo. «Tra ieri e oggi (martedì e mercoledì, ndr) mi sono allenato poco, un po’ per recuperare e un po’ per il troppo caldo. Il termometro tocca i 39 gradi, non è proprio semplicissimo uscire. Giovedì che ho un lungo da fare uscirò presto, verso le 7, giusto per avere qualche ora di tregua».

Per Gazzoli è arrivata la prima vittoria da professionista, nella seconda tappa dell’Arctic Race of Norway
Per Gazzoli è arrivata la prima vittoria da professionista, nella seconda tappa dell’Arctic Race of Norway

Un cammino lungo 9 mesi

Il ritorno alle corse, nello specifico all’Arctic Race of Norway, è solo la punta dell’iceberg (perdonate il gioco di parole) di un 2023 che per Michele Gazzoli ha significato molto. 

«Devo ringraziare l’Astana all’infinito – dice subito – per aver lasciato accesa questa speranza di poter tornare con loro. Da “Vino” (Vinokurov, ndr) a Martinelli, ma non solo loro, tutta la squadra. Si era parlato di un mio ritorno in squadra già nei mesi precedenti al Giro d’Italia, ma durante la corsa rosa ho avuto la conferma che sarei tornato da loro».

Nei mesi invernali ha curato particolarmente la sessione in palestra, con lavori specifici
Nei mesi invernali ha curato particolarmente la sessione in palestra, con lavori specifici
Da quel momento hai iniziato la tua preparazione?

In realtà è da ottobre dello scorso anno che lavoravo e mi allenavo con l’intenzione di tornare a correre. Ho fatto quella che sarebbe stata una stagione normale, per fortuna, da un lato, senza la fretta di dover tornare competitivo fin da subito. 

Allora come è partita questa tua stagione?

Mi sono concentrato molto sulla palestra, facendo molti più lavori, ma dilatati nel tempo. Mi allenavo per due o tre volte a settimana, da metà ottobre a inizio gennaio. Ho lavorato molto con i pesi andando a curare quelle che potevano essere le mie lacune: principalmente forza ed esplosività. A gennaio mi è uscita una piccola ernia e mi sono dovuto fermare. La fortuna è stata che non dovendo correre da subito ho potuto aspettare e fare rientrare con calma questo piccolo problema. Se avessi avuto il panico e la fretta di tornare ad oggi, probabilmente, mi sarei portato dietro questo dolore. 

Con la bici quando hai iniziato ad allenarti?

Principalmente a febbraio e marzo, in quei mesi ho curato molto il fondo ed il volume, facendo tante uscite in Z2. Mi sono concentrato tanto su questa parte, allenandomi con continuità ed esclusivamente su strada, con qualche richiamo in palestra. 

Gli allenamenti non sono mancati, qui in un’uscita su strada con la nipote
Gli allenamenti non sono mancati, qui in un’uscita su strada con la nipote
Poi hai alzato il ritmo?

Ad aprile. Con l’inserimento di lavori specifici: soglia, fuori soglia, 20/20, forza. Questo fino a maggio, quando sono andato in ritiro a Livigno per 21 giorni. 

Come hai usato i giorni di ritiro?

In maniera un po’ diversa, siccome non avevo corse alle porte potevo osare di più. Ho usato quei 21 giorni per fare tanta fatica ed intensità. Durante la giornata uscivo con altri atleti, mi mettevo alla loro ruota e facevo fatica. 

Con chi ti sei allenato principalmente?

In ritiro ero con “Baro” (Filippo Baroncini, ndr). E’ un mio grande amico, anche e soprattutto al di fuori della bici. Siamo davvero molto legati. 

Il primo ritiro a Livigno lo ha fatto insieme all’amico Baroncini, i due hanno condiviso tante esperienze tra cui il mondiale di Leuven vinto da “Baro”
Il primo ritiro a Livigno lo ha fatto insieme all’amico Baroncini, i due hanno condiviso tante esperienze tra cui il mondiale di Leuven vinto da “Baro”
Il tuo livello in quel periodo com’era?

Secondo me buono, sarei stato quasi pronto per gareggiare. Alla fine nei mesi precedenti ho lavorato tanto e bene, la classica fase di “costruzione” è stata soddisfacente. 

Una volta tornato giù?

Mi sono allenato ancora per una settimana, qualcosa meno e poi ho staccato per qualche giorno. Nel periodo in cui sono tornato a casa faceva un caldo tremendo, quindi ho preferito ridurre le ore di allenamento. Meno volume e più intensità, con qualche doppietta. 

Quando hai saputo che saresti tornato a correre alla Arctic Race?

Un mese prima dell’inizio della gara. In realtà non ero sicuro sarei andato a correre lì, il dubbio era tra Norvegia e Burgos. 

Gazzoli ha condiviso il ritorno in corsa con il suo compagno di squadra e amico Scaroni, aiutandolo a conquistare il podio finale
Gazzoli ha condiviso il ritorno in corsa con il suo compagno di squadra e amico Scaroni, aiutandolo a conquistare il podio finale
Come ti sei preparato per il ritorno in corsa?

Con un secondo ritiro in altura, dal 25 luglio all’8 agosto, una quindicina di giorni. Anche perché trovare un buco a Livigno in quel periodo era praticamente impossibile. Gli allenamenti non sono stati tanti diversi da quelli del primo ritiro. Sono rimasto sui miei valori, senza esagerare, e le sensazioni erano davvero ottime. 

Che sensazioni hai provato al ritorno alle gare?

Quando mi hanno detto che avrei corso è stato gratificante. Ma la cosa migliore è stata riattaccare il numero, andare al foglio firma… Insomma rivivere tutta la routine delle gare. Ho avuto anche la fortuna di aver condiviso questo momento con molti amici: Colleoni, Baroncini, Scaroni. Tutti ragazzi che conosco bene e che sono dei grandi amici

Ed è arrivata anche la prima vittoria da professionista…

Avere questo anno “sabbatico” obbligato mi ha aiutato a estraniarmi da quella sensazione di rincorsa che avevo. Mi trovavo ad essere frenetico e poco sereno, ma non mi accorgevo. Ripartire da zero mi ha permesso di cogliere quello che mi mancava. La vittoria è quella cosa che sai può arrivare, ma quando arriva poi ti sorprende sempre. 

A Gazzoli sono mancati i piccoli momenti della corsa: come il foglio firma e attaccare il numero sulla maglia
A Gazzoli sono mancati i piccoli momenti della corsa: come il foglio firma e attaccare il numero sulla maglia
E cosa ti mancava?

A questa domanda posso rispondere con una frase del film di Arnold Schwarzenegger: “un lupo che scala una collina ha molta più fame del lupo che sta sopra la collina”. Io scalando quella collina mi sono reso conto di avere una fame che mi faceva vedere solo un obiettivo: quel 10 di agosto. 

Quanto ti mancava correre?

Tantissimo, sono un animale da competizione. E’ stato bello ritornare e farlo con l’Astana. Con loro ho un ottimo rapporto e se sono qui è merito di tutta la squadra, non smetterò mai di ringraziarli e farò di tutto per ripagarli. Scusate se sono stato lungo, ma dopo un anno avevo tante cose da dire…

E’ stato un piacere ascoltarti, ci vediamo alle corse.

A presto!

Il ruolo di Leonardo Basso, un diesse già in corsa

19.08.2023
5 min
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Leonardo Basso, 29 anni, al suo secondo anno all’Astana Qazaqstan Team. Perché ci occupiamo di lui? Perché è la perfetta dimostrazione di come anche in questo ciclismo che va a velocità ipersoniche, dove tutto cambia dall’oggi al domani, si possa lavorare per trovare una propria dimensione e chissà, costruirsi anche un futuro remoto, quando la bici verrà appesa al classico chiodo.

Se chiedete risultati a Leonardo, per quest’anno non ce ne sono, o meglio i siti statistici vi diranno che di top 10 neanche l’ombra, ma i numeri non dicono sempre tutto. Perché dietro le vittorie e le soddisfazioni di altri, c’è il lavoro oscuro di gente come il veneto e c’è un esempio, neanche troppo lontano nel tempo, che lo dimostra.

Basso con Velasco. Il lavoro di Leonardo è stato basilare per la conquista della maglia tricolore
Basso con Velasco. Il lavoro di Leonardo è stato basilare per la conquista della maglia tricolore

«Avevo preparato con molta attenzione i campionati italiani – racconta Basso – andando al Tour de Suisse per rodare sempre più la gamba. Avevo compiti precisi, soprattutto dovevo lavorare nella prima parte della corsa per mettere le punte in condizione di dare tutto quando la gara si sarebbe decisa e la vittoria di Velasco è stata la vittoria di tutti noi, il premio per il buon lavoro svolto. Ho tirato per 100 chilometri, fino all’ultima risorsa di energia che avevo, ma alla fine ne è valsa la pena».

E dopo?

Ho tirato dritto verso le gare spagnole, continuando a fare il mio lavoro e vedendo che questo fruttava, ad esempio con la vittoria di Lutsenko al Circuito de Getxo. In totale fino a fine luglio ho fatto 48 giorni di corsa e se vado a vedere, avrò staccato dalla bici non più di 5 giorni.

Dopo i tricolori Basso ha corso le gare spagnole di luglio, dando sempre un importante contributo
Dopo i tricolori Basso ha corso le gare spagnole di luglio, dando sempre un importante contributo
La sensazione è che quello che ci troviamo di fronte sia un Basso diverso da quello che era alla Ineos…

E’ vero, sento dentro di me che qualcosa è cambiato. All’Astana mi trovo davvero bene, ho trovato la mia dimensione nel supporto ai compagni, nel lavorare per gli altri. Spesso chi entra in questo mondo ha un preconcetto nei confronti dei gregari, pensando che siano corridori che valgono meno e quindi sono relegati a ruoli di secondo piano. Quando ti ci trovi capisci quanto il discorso sia molto più complesso e quanto sia importante il lavoro svolto da altri per far vincere le punte del team. Il ciclismo è davvero un lavoro di squadra.

E’ vero, però ormai è opinione comune, quando un team del WT prende un giovane italiano, che questi vada a fare tappezzeria, a imparare sì il mestiere senza però poi avere occasioni per emergere…

Il ciclismo non è così. Entrare in una squadra è sempre uno stimolo e devi metterti in gioco con tutto te stesso, sta a te poi capire piano piano le tue possibilità, quel che puoi realmente dare. Se l’atleta c’è, viene fuori: è interesse del team che ciò avvenga. Ma è anche interesse personale quello di capire che cosa si può realisticamente fare e seguire quella strada. Io come detto ho trovato la mia dimensione e ci sto lavorando sopra.

Il corridore di Castelfranco Veneto ha ormai trovato la sua dimensione nel team
Il corridore di Castelfranco Veneto ha ormai trovato la sua dimensione nel team
Per completare il discorso, tu corri in una squadra kazaka che ha comunque una forte anima italiana, ma davvero nel WorldTour di oggi si guarda alla nazionalità di un corridore, privilegiando quello “di casa”?

Io non credo proprio, tutte le squadre sono delle multinazionali, che vogliono semplicemente emergere e vincere, se il campione è nazionale bene, se viene da fuori bene lo stesso. Che manchi un team italiano nella massima serie è fuori di dubbio, sarebbe comunque un canale privilegiato per far emergere i talenti italiani, ma se hanno qualità si metteranno in luce anche in team straniero. Però c’è dell’altro…

Cosa?

Non guardiamo sempre al discorso prettamente ciclistico. Approdare in un team di questo livello, soprattutto da giovani (io sono andato alla Trek a 21 anni) è un percorso di crescita anche personale. Impari nuove lingue, stabilisci obiettivi e priorità, insomma diventi uomo e in questa maturazione ci sta anche il trovare il proprio ruolo e svolgerlo sempre meglio.

Il veneto è al suo secondo anno all’Astana, ma spera di continuare nello stesso ambiente
Il veneto è al suo secondo anno all’Astana, ma spera di continuare nello stesso ambiente
E tu che obiettivi ti poni? Dalle tue parole, ma anche dal tuo modo di correre si prospetta un futuro in ammiraglia…

Ammetto che mi piacerebbe molto e mi ci sento portato, non so se al massimo livello o occupandomi dei giovani, ma si può fare molto avendo un approccio ampio al mestiere. Io però sono concentrato sull’oggi, mi piace rimanere in questa squadra, voglio continuare a lavorare e a contribuire ai suoi successi.

Ora che cosa ti attende?

Mi sto preparando per la lunga trasferta oltreoceano, con il Tour of Maryland e le due classiche canadesi del WorldTour. Quest’anno non ci saranno grandi Giri per me, ma come si vede le corse da fare non mancano…

Per Basso si profila un futuro da direttore sportivo, un’idea che sembra piacergli
Per Basso si profila un futuro da direttore sportivo, un’idea che sembra piacergli
Hai già molti più giorni in carniere rispetto allo scorso anno…

Il 2022 è stato davvero difficile ed essendo il primo anno all’Astana non nascondo che la cosa mi è pesata. Ho preso per due volte il Covid e la ripresa è stata ogni volta più complicata. Ho pagato fisicamente. Quest’anno è tutta un’altra storia, mi sento più solido, sotto ogni punto di vista e spero che questa progressione non si fermi.

Davide Martinelli: consigliere, aiutante e un po’ diesse

29.07.2023
5 min
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Davide Martinelli ha già spedito la valigia in Polonia giovedì, destinazione Poznan, sede di partenza dell’80° Tour de Pologne. L’Astana-Qazaqstan ha allestito una squadra giovane, nella quale è stata inserita un po’ di esperienza, tra cui quella del bresciano (nella foto di apertura alla presentazione delle squadre di venerdì). 

«Sono rientrato da poco dall’altura – ci aveva detto poco prima di partire per la Polonia – ho fatto una quindicina di giorni nelle zona di Brescia. Riprendo le gare dopo un mese di assenza (il Baloise Belgium Tour, sua ultima corsa, era terminato il 18 giugno, ndr). Ormai siamo a stagione inoltrata, quindi una volta rientrato in corsa, le sensazioni saranno diverse rispetto a quelle degli allenamenti».

Martinelli torna in gara al Tour de Pologne dopo più di un mese a casa
Martinelli torna in gara al Tour de Pologne dopo più di un mese a casa
Si diceva potessi fare il Tour de France come parte del treno di Cavendish

Era un’ipotesi molto remota di cui si era parlato con la squadra. La verità è che non è stata un’esclusione, non mi aspettavo di partecipare al Tour. “Cav” ha il suo zoccolo duro di uomini di fiducia, è difficile inserirsi. 

Sei al Polonia per preparare la Vuelta? 

E’ una corsa davvero molto dura, dove la squadra viene decisa sempre un po’ all’ultimo perché bisogna fare i conti con le energie rimaste. Il caldo non mi fa impazzire e alla Vuelta è tanto, potrebbe non essere una situazione ottimale. 

Rischia di essere una stagione senza grandi Giri, sei dispiaciuto?

Non troppo. Ci sono molte corse, anche di una settimana, proprio come il Tour de Pologne, che aiutano a mettere insieme tanti giorni di gara. Un grande Giro è certamente una vetrina importante, nella quale però si accumula molto stress ed una fatica mentale e fisica non indifferente. Ti porta davvero al limite. 

Per Martinelli durante le gare tanti avanti e indietro dall’ammiraglia per dare supporto ai compagni
Per Martinelli durante le gare tanti avanti e indietro dall’ammiraglia per dare supporto ai compagni
A 30 anni che tipo di corridore senti di essere?

Uno che dà supporto ed apporto alla squadra, in ogni gruppo ci sono i leader e chi li aiuta a performare al meglio. Ho fatto una prima parte di stagione accanto ai capitani della nostra squadra. Mi sono accorto di essere un corridore che ha un buon colpo d’occhio, anche alla Quick Step, a inizio carriera svolgevo questo ruolo.

Ti piace?

In gruppo ci sono i leader e gli ultimi uomini, poi c’è un universo dietro che è quello dei gregari. Quelli che fanno il “lavoro sporco”, vanno a prendere la borraccia in ammiraglia, tirano fin dai primi chilometri, in TV non si vedono. 

Nei grandi Giri, con le dirette integrali, sì.

E’ vero, lì c’è l’occasione, ma non corro per farmi vedere a casa. I diesse vedono tutti gli aspetti del corridore, sia quando è in bici sia quando è fuori dalle corse. 

La felicità di Martinelli passa anche dalla vittoria dei compagni di squadra, come quella di Velasco alla Valenciana
La felicità di Martinelli passa anche dalla vittoria dei compagni di squadra, come quella di Velasco alla Valenciana
Che tipo di corridore sei lontano dalle corse?

Mi piace essere di supporto ai ragazzi giovani, aiutarli a crescere ed in particolare mi piace dare supporto ai compagni di squadra, dando qualche parola di conforto quando ce n’è bisogno. Diciamo che con la figura di mio padre (Giuseppe Martinelli, ndr), mi ha portato ad avere già la mentalità da diesse (ride, ndr). 

Ti è dispiaciuto non essere stato al Giro a goderti la vittoria di Cavendish?

Essere parte della squadra quando si raccoglie qualcosa è bello, ricevi quel “grazie” che arriva dal profondo del cuore e ti senti bene. Quest’anno mi è capitato con Lutsenko all’UAE Tour, ha vinto in una giornata molto calda. Io gli sono stato vicino portandogli le borracce, il ghiaccio… La felicità del post tappa è qualcosa che ti rimane dentro. 

E per la vittoria di “Cav” a Roma?

Sei parte della squadra anche quando non sei direttamente in gara. Quando un mio compagno vince sono sempre felice. La vittoria di Velasco alla Valenciana è un esempio. Noi eravamo dall’altra parte del mondo, al Saudi Tour. La felicità che abbiamo provato nel sapere del suo successo è stata uguale a quella che avremmo provato stando lì. 

Martinelli si trovo molto bene anche con i giovani come Garofoli (qui in foto), ai quali cerca di essere di supporto (foto Instagram)
Martinelli si trovo molto bene anche con i giovani come Garofoli (qui in foto), ai quali cerca di essere di supporto (foto Instagram)
Dicevi di trovarti bene con i giovani, da voi in Astana ce ne sono molti, anche italiani…

Mi piace condividere la mia esperienza con loro. Ad inizio anno sono andato in ritiro con Garofoli, prima ancora del ritiro ufficiale di squadra. Abbiamo pedalato insieme e parlato molto, mi piace aiutarli perché non voglio far ripetere loro i miei stessi errori. Quando sei giovane hai tanta euforia e vorresti strafare, invece devi essere capace di fermarti ogni tanto. 

Che giorni sono stati quelli insieme a Garofoli?

Eravamo insieme prima del ritiro di Calpe, sapevo che poi avremmo pedalato tanto una volta in Spagna, così nei giorni insieme gli ho consigliato di non esagerare con gli allenamenti. I corridori sono cocciuti, tutti, e a volte credono che vuoi remargli contro, bisogna essere bravi con le parole. Ve l’ho detto, un po’ la mentalità da diesse ce l’ho già. 

L’intervista con Davide Martinelli si chiude con un’altra risata. Oggi parte il Tour de Pologne e il bresciano sarà accanto a tanti giovani, pronto a spendere una parola per loro…

La Vuelta a Colombia di Lopez e la pace ritrovata

30.06.2023
5 min
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C’è una nuova favola nella vita di Miguel Angel Lopez. Una sorta di vendetta. Un nuovo modo di percepire e godersi il ciclismo. Ha appena vinto e fatto la storia del Giro di Colombia: 9 vittorie su 10 tappe. Classifica generale, a punti, miglior squadra e montagna. Un capolavoro. L’impresa di Superman è stata una miscela fra il ciclismo antico, selvaggio ed epico, con il ciclismo moderno, quello dei dati, dei materiali sofisticati e del marketing allo stato puro. Il corridore di Boyaca (in apertura sul podio finale con i figli Jeronimo e Guillermo, ndr) si è mosso a cavallo tra quei due mondi e ci ha fatto rivivere i tempi leggendari che a molti di noi colombiani sono stati raccontati, che sono nelle foto e negli articoli, ma che non abbiamo potuto vedere dal vivo.

La vittoria di Manizales, in casa di un grande del passato: Cacaito Rodriguez (foto Federazione Colombia)
La vittoria di Manizales, in casa di un grande del passato: Cacaito Rodriguez (foto Federazione Colombia)

Fra esaltazione e nausea

Ogni vittoria ha riscritto una statistica. Ogni vittoria indossando la maglia gialla è stata un viaggio indietro nel tempo. Il suo predominio travolgente ha risvegliato nomi illustri del ciclismo colombiano e ha dato alla Vuelta un fascino speciale. Miguel Angel non ha corso per vincere, lo ha fatto per entrare nell’olimpo dell’evento e dello sport che gli ha dato tutto, ma gli ha portato anche innumerevoli episodi di incertezza, sventura e in alcune occasioni di nausea.

Il salvagente Medellin

Il risultato è notevole e davanti agli occhi di tutti. Quello che difficilmente si conosce è il contesto e perché un atleta della sua levatura abbia voluto fare di questa corsa un capitolo indimenticabile.

Questa versione di Superman (così chiamato perché respinse un delinquente armato di coltello che voleva rubargli la bici) ha cominciato a prendere forma il 28 dicembre a Medellin. Si era nel mezzo di un quadro oscuro, lasciato a metà a causa dell’allontanamento dall’Astana nel mezzo del controverso caso del dottor Maynar, quando José Julián Velásquez, direttore generale del Team Medellin, si fece avanti senza pregiudizi.

Lo aveva sempre ammirato, ma non lo conosceva. Non si erano mai parlati di persona, ma sono bastate due frasi perché l’approccio spontaneo diventasse un legame professionale e di amicizia.

«Voglio solo un’opportunità e un obiettivo chiaro», gli disse Miguel senza parlare di soldi o contratti.

«Va bene – gli rispose subito il direttore noto come “El Chivo” – il 18 gennaio partiamo per San Juan».

Josè Julian Velazquez ha accolto Lopez al Team Medellin senza pensarci due volte
Josè Julian Velazquez ha accolto Lopez al Team Medellin senza pensarci due volte

L’idea del ritiro

Una scommessa inaspettata, incerta, ma ricca di argomenti e sincerità. E così, senza averlo pianificato, tutto è cambiato.

«In quel dicembre ricordo che stavo prendendo un caffè con te a Medellín – ricorda Lopez – e pensavo addirittura che fosse la fine della mia carriera. Volevo andare in pensione. Pensavo di non aver bisogno di continuare e di potermi ritirare in pace dopo aver fatto cose belle nel ciclismo».

Si era recato nella capitale della regioni di Antioquia per partecipare al matrimonio di Harold Tejada con la sua famiglia.

Nove tappe vinte su dieci: Lopez ha conquistato le montagne e anche la crono (foto Eder Carces)
Nove tappe vinte su dieci: Lopez ha conquistato le montagne e anche la crono (foto Eder Carces)

Le persone giuste

«Invece sono comparse le persone giuste – dice sorridendo – perché potessi continuare a combattere. Nella vita accadono situazioni difficili e forse non si riesce a guardare oltre e non si tiene conto dell’opinione degli altri. Invece è apparso il Team Medellín ed è grazie a loro che sono qui a godermi ogni giorno e ogni momento che abbiamo vissuto. Mi diverto più di un bambino quando apre un giocattolo. Nei miei otto anni da ciclista, non mi ero sentito così supportato e così coccolato».

Appare felice, con un’aria così fresca che fra le sue preoccupazioni non ci sono più la risoluzione dei suoi problemi o il ritorno in Europa a breve termine.

Sul podio finale con Contreras (un tempo anche lui all’Astana) e Wilson Peña (foto Eder Carces)
Sul podio finale con Contreras (un tempo anche lui all’Astana) e Wilson Peña (foto Eder Carces)

Pace e forza

Quel che ha trovato dopo la sua firma inattesa è la pace e con essa una versione ancora più potente della sua essenza di ciclista. Ha vinto allo sprint, a cronometro e ovviamente in montagna.

«Sto scoprendo nuove sfaccettature che non avevo sperimentato. Ho ascoltato un uomo saggio dirmi che avrei vinto tappa dopo tappa, quello che non pensavo era che avrei vinto quasi tutte le tappe (a Gachancipá è arrivato secondo dietro a Jonathan Guatibonza, ndr). Hanno deciso di scommettere su di me e darmi questa bellissima opportunità. Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza il supporto e la gentilezza dei miei compagni di squadra», afferma Miguel, già vincitore della Vuelta a San Juan, Vuelta a Catamarca e ora Vuelta a Colombia.

In totale, finora in questa stagione sono 19 vittorie, più di qualsiasi altro ciclista al mondo. Non importa se fanno parte del calendario nazionale o internazionale, vuole solo vincere e onorare ogni chilometro con un messaggio diretto di forza e fame al livello dei migliori corridori del panorama ciclistico.

Tour de France 2020: si corse prima del Giro, Lopez vinse al Col de la Loze
Tour de France 2020: si corse prima del Giro, Lopez vinse al Col de la Loze

Obiettivo iridato

«E’ uno dei migliori ciclisti al mondo», dice senza esitazione Oscar Sevilla, che dal 14 gennaio, quando il corridore di Boyacá vinse con forza nella Villeta Clásica, completando da solo 13 giri su 15, disse che si sarebbero divertiti.

La sua esperienza gli ha dato ragione. Oggi Miguel Angel Lopez è un corridore nuovo, più forte. Una fuoriserie che avrà come prossima sfida i Giochi Centroamericani e dei Caraibi con la squadra colombiana, e che a fine stagione aspetta di tornare in Europa. Prima ai mondiali di Glasgow, poi con il Team Medellín al Giro di Turchia, dall’8 al 15 ottobre. E la sua favola potrà così continuare.