Bahrain addio, Sanchez si riprende l’Astana

30.12.2022
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In un’intervista rilasciata in Spagna poco dopo il ritiro di Valverde, Luis Leon Sanchez ha raccontato che sua moglie Laura ha fatto per lui una previsione. Dato che è sulla bici da quando aveva cinque anni, il momento del ritiro per lui potrebbe essere davvero pesante. E adesso “Luisle”, il sorriso più buono del gruppo su un fisico ogni anno più scolpito e potente, abbassando lo sguardo ammette che potrebbe essere proprio così. Sono gli ultimi giorni del ritiro di Altea, dopo le Feste si ripartirà dal Tour Down Under.

«Quando ero giovane – dice – non mi aspettavo di arrivare a questa età ed essere ancora professionista. Sai, alla fine mi piacciono troppo questo sport e questa vita, ma devo vedere il mio ruolo e devo pensare alla famiglia. Mia moglie è da sola con tre bambini, per lei non è facile. Tanti mi dicono che quando scenderò dalla bici dovrei fare il direttore sportivo. Ma i direttori sportivi passano molti giorni fuori casa e se io smetterò di correre, sarà per stare più tempo a casa. Non so se cercherò un ruolo come quello…».

San Sebastian 2012, vince Sanchez. I complimenti di Vinokourov, suo compagno nel 2006 e oggi suo datore di lavoro
San Sebastian 2012, vince Sanchez. I complimenti di Vinokourov, suo compagno nel 2006 e oggi suo datore di lavoro

Sanchez è passato professionista nel 2004 ed è ancora qui. Vincente, gregario: qualsiasi sia stato il ruolo che gli hanno assegnato, ha saputo interpretarlo senza che qualcuno abbia potuto lagnarsene. Ha lavorato per Valverde, per Nibali e per Aru. Un metro e 86 per 74 chili, ha vinto per due volte la Clasica San Sebastian, 4 tappe al Tour, una Parigi-Nizza e il Tour Down Under. E oggi che è tornato alla Astana Qazaqstan Team dopo il breve passaggio alla Bahrain Victorious, il suo ruolo è quello di dare l’esempio e gli riesce benissimo.

Un anno di contratto e l’opzione per il secondo…

Sono fortunato ad avere l’appoggio della mia famiglia per cui quando sono in ritiro oppure in gara, la tranquillità è sapere che loro stanno bene, che i ragazzi stanno con la loro mamma. E’ la tranquillità che a volte manca al professionista e gli impedisce di fare il suo lavoro al 100 per cento.

Con Valverde (e Fuglsang) sul podio della Valenciana 2018: i due spagnoli sono cresciuti insieme
Con Valverde (e Fuglsang) sul podio della Valenciana 2018: i due spagnoli sono cresciuti insieme
Soffri di… longevità come il tuo amico Valverde?

Alejandro è un corridore che ho visto vicino a me per tutta la carriera. Si è fermato a 42 anni, ma lui è un grande campione che ha vinto più o meno tutto. Alla fine la sua vita è stata sempre quella di un atleta, anche quando andava in vacanza e mangiava solo riso e pollo. Io non riuscirei a fare sempre così, se non quando è necessario.

Vuoi dire che si può durare tanto senza essere attenti in modo maniacale?

Non ho detto questo. Mi prendo cura di me 365 giorni all’anno. Non mi rilasso per un mese, non me lo posso permettere. Preferisco andare in bicicletta tutti i giorni che posso, per muovermi. Cammino e gioco a tennis perché il mio corpo non si addormenti e tornare alla routine di allenamento non diventi pesante. Il fatto che gli atleti professionisti durino più a lungo ha a che fare con la loro professionalità. Ora sono di nuovo all’Astana, vedremo cosa potrò fare.

In fuga verso Sierra de la Pandera alla Vuelta 2022: Sanchez con Champoussin e Lutsenko
In fuga verso Sierra de la Pandera alla Vuelta 2022: Sanchez con Champoussin e Lutsenko
Che cos’è per te questa squadra?

Una famiglia, mi trovo troppo bene. E’ facile lavorare con loro. Se c’è qualcun problema, trovo subito la soluzione. Prendo il telefono e chiamo Martinelli, oppure Mazzoleni o Rachel, la dottoressa, o chiunque altro di cui abbia bisogno. Mi sono trovato bene sin dal primo giorno in cui ci sono arrivato, anche con Vinokourov che tanti anni fa è stato mio compagno alla Liberty Seguros. Sono contento di ritrovarlo nella sua squadra.

Infatti quando Vino fu allontanato, tu te ne andasti…

Andai via perché c’era una situazione diversa. Non c’era grande stabilità economica, tanto che partimmo in 15. Non era più la squadra di Vinokourov, ma la dirigeva una donna che si chiama Yana Seel. Era una situazione troppo diversa e alla fine, quando è finito quell’anno e Vinokourov è tornato, ha parlato anche con me. Ha detto che non era possibile rompere l’accordo con la Bahrain, per cui sono rimasto per un anno di là e ora sono di nuovo qui. Contento di esserci.

Con Landa alla Vuelta in maglia Bahrain: i due avevano già corso insieme all’Astana
Con Landa alla Vuelta in maglia Bahrain: i due avevano già corso insieme all’Astana
I corridori più giovani ti vedono come un punto di riferimento.

Sono contento. Lo so che non sono giovane, ormai sono quasi il più vecchio del gruppo. Per cui sono contento di essere un uomo di riferimento per loro e di poter fare qualcosa per aiutarli. Sono qua anche per questo, per riportare positività e far crescere la squadra.

TI guardi intorno e cosa vedi?

Un ciclismo diverso, come il resto del mondo. Le velocità sono più alte, sono cambiati i rapporti e anche le ruote sono più veloci. Sono dovuto cambiare anche io. Una volta i massaggiatori preparavano il riso o i cereali per dopo la gara. Ora è tutto molto diverso, anche la pasta viene pesata, i carboidrati vengono dosati e si fa tutto perché il corpo possa dare di più. Per questo i corridori giovani hanno numeri incredibili, delle velocità molto alte. Io ricordo di quando sono passato professionista e i primi due mesi andavamo in gara per prendere un po’ di ritmo. Invece adesso arriviamo al Down Under o a Mallorca o in Argentina e si va subito tutti a tutta dal primo giorno.

Al Beghelli del 2017 vince e dedica la vittoria a Scarponi, scomparso pochi mesi prima
Al Beghelli del 2017 vince e dedica la vittoria a Scarponi, scomparso pochi mesi prima
Non avere un grande capitano cambia qualcosa?

La squadra è diversa. In passato il nostro obiettivo è sempre stato vincere un grande Giro con Nibali, con Fabio. Ci siamo arrivati vicino con Landa, con Miguel Angel Lopez. Ora non abbiamo grandi campioni da difendere, vediamo dove arrivano Lutsenko e qualche giovane. Ma il nostro ruolo deve cambiare e un po’ anche la mentalità.

Hai parlato di Nibali e di Aru che ti ricordi di loro?

Sono stati due corridori diversi. Nibali dava la tranquillità di un uomo che ha vinto tutto. E tu accanto stavi tranquillo perché sapevi che quando lui si metteva una gara in testa, si vinceva o si andava vicini a vincerla. Fabio invece era impulsivo, un corridore con cui non era facile stare calmi. Quando ha vinto la Vuelta si è tranquillizzato un po’, ma per il resto erano due mondi completamente diversi.

Ti aspettavi che Fabio smettesse così presto?

No e neanche saprei dare una spiegazione. Alla fine è stata una decisione sua e della sua famiglia, sua e di sua moglie. Ha deciso e ne sarà felice. Io non so se ci riuscirei, ma è la mia mentalità. Io continuo perché ho voglia di farlo, mentre lui ha deciso fermarsi. E’ vero però, come dicevo, che quando smetterò probabilmente non farò il direttore sportivo per stare a casa con la mia famiglia.

Da dove cominci?

Cominciamo in Australia, mi piace cominciare presto. Vivo vicino a Murcia e sono fortunato che il tempo è buono, non piove troppo. Così riesco ad allenarmi bene per cominciare forte l’anno. E se comincio forte, magari non mi peserà essere il nonno del gruppo.

Gambe e carattere: sentiremo presto parlare di Garofoli

29.12.2022
6 min
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Una tazza di camomilla e lo sguardo sul cucchiaino mentre la mescola. La stanza è silenziosa, oltre i vetri le palme ondeggiano per la brezza del tramonto. Garofoli è il più adrenalinico dei neoprofessionisti italiani e nel suo sguardo lampeggia spesso l’inquietudine. Tuttavia, dopo quello che ha vissuto nel 2022, sembra che si sforzi per tenerla a bada. La paura aiuta a crescere e la prospettiva di perdere tutto lo ha scosso più di quanto abbia dato a vedere.

«Come ho anche scritto in un post – dice – voglio ricordare il 2022 per la grinta che ho messo nel rientrare alle gare e l’impegno per farlo in ottime condizioni. Sono stati mesi difficili, ho avuto paura di dover smettere. Quindi porto con me il ricordo di un anno sicuramente importante, in cui ho capito che realmente voglio fare il ciclista. In un anno così difficile, ti passano tante idee per la testa. Rimarrà una grande esperienza su cui chiudo la porta, perché per fortuna è andato tutto bene. I controlli sono andati a posto e posso iniziare il nuovo anno tranquillo».

Una tazza di camomilla e una lunga chiacchierata nel ritiro spagnolo dell’Astana
Una tazza di camomilla e una lunga chiacchierata nel ritiro spagnolo dell’Astana
Maini racconta che ogni volta doveva raccomandarti di stare calmo.

Avevo quest’ansia, la grinta che rispecchia anche il mio carattere. Avevo la fretta di tornare subito e il disagio di aver perso una buona parte della stagione.

Fossi stato Amadori, avresti convocato Garofoli per i mondiali?

La mia convocazione non è stata presa in considerazione, giustamente, perché non ho fatto gare e le convocazioni dovevano essere fatte in anticipo rispetto alla corsa che ho vinto in Puglia. Normalmente non si convoca un ragazzo a scatola chiusa, anche per rispetto degli altri. Condivido appieno la scelta di Marino. Magari se il mondiale si fosse corso in Europa, si sarebbe potuto aspettare di più, vedere come stava Garofoli e poi si sarebbe potuto decidere. Però dovendo fare le convocazioni a scatola chiusa, le decisioni prese sono state più che giuste.

A fine stagione, Garofoli ha corso fra i pro’ il Giro di Toscana, Giro del Veneto e Veneto Classic (foto Astana)
A fine stagione, Garofoli ha corso fra i pro’ il Giro di Toscana, Giro del Veneto e Veneto Classic (foto Astana)
TI sei fermato alla Coppi e Bartali di marzo, sei rientrato e hai vinto in Puglia a metà settembre.

E’ stato emozionante. Rivedi tutto quello che hai passato nell’ultimo anno e l’impegno che ci hai messo. Non è stata la vittoria in sé, ma tutto il percorso che c’è stato dietro. E’ stato il modo di dire: «Okay, ho lavorato bene, sono veramente contento di quello che ho fatto!».

Nonostante un anno così balordo, è arrivato il contratto con la WorldTour: ti ha meravigliato?

E’ stato una sorpresa. Era previsto se fosse stato un anno normale, ma in queste condizioni era tutto in dubbio. Non si sapeva neppure se avrei potuto correre ancora, quindi logicamente anche il mio contratto era in forse. Invece poi, parlandone, è arrivata questa bella notizia. Comunque sia, se questo passaggio non si fosse realizzato, per me sarebbe stata l’ennesima sconfitta del 2022. Per fortuna la squadra ha creduto in me nonostante tutto, quindi sono qua e sono veramente felice.

A fine stagione, Garofoli è volato in Oriente con Battistella e i fratelli Nibali (foto Astana)
A fine stagione, Garofoli è volato in Oriente con Battistella e i fratelli Nibali (foto Astana)
Quale sarà il posto di Garofoli? Ti toccherà portare le borracce?

Nemmeno quelle, sarò ancora più indietro. Sono il classico giovane che dovrà fare la gavetta, sia pure con un occhio di riguardo. Farò esperienza, è giusto che sia così. E’ ovvio che proverò a farmi vedere, mi sto allenando bene, penso a fare tutto nel migliore dei modi per venire fuori. Questo è l’obiettivo. Però non arrivo sicuramente con delle pretese, entro in punta dei piedi, poi semmai saranno i risultati a parlare.

Milesi, Germani, Piganzoli: quelli del 2002. C’è competizione tra voi?

Avendo praticamente saltato il 2022, non ho mai corso con loro. Sarebbe stato bello fare insieme il Tour de l’Avenir, ma purtroppo non si è potuto. Quando corriamo insieme scatta qualcosa, fin da juniores c’è sempre stata rivalità. Correvamo in quattro squadre diverse, era normale che ci fosse questo agonismo. Andando avanti però, si è mitigato, perché tutto intorno è cresciuto il parterre. Prima c’eravamo solo noi 4-5, sempre i soliti. Adesso ce ne sono 100, quindi è tutto diverso. Oggi siamo amici. Io sono felice se loro vincono, ma se ci troviamo in gara nessuno si risparmia.

Val d’Aosta 2021: Garofoli gioisce sull’arrivo di Cervinia, nella stagione con il Team DSM (foto Giro Valle d’Aosta)
Val d’Aosta 2021: Garofoli gioisce sull’arrivo di Cervinia, nella stagione con il Team DSM (foto Giro Valle d’Aosta)
Tutti vi aspettano, ti pesa?

Non ci penso tanto. Il peso più grande, le aspettative più grandi sono quelle che mi metto da solo, non quelle che mi mettono le altre persone. Io sono un ragazzo molto ambizioso, sono sempre stato così. Fin da bambino volevo fare sempre di più. Non trovavo mai pace. Non mi fermavo mai, ero sempre alla ricerca di qualcosa. Chi si ferma è perduto. Ero così a scuola e anche a calcio. Ho una mentalità per cui voglio essere il migliore in quello che faccio. Questo forse me l’ha tramandato anche la famiglia. Ho un bel rapporto con nonno e mio padre. Nonno ha fondato l’azienda di famiglia e a modo mio anche io ho sempre avuto questo spirito da imprenditore.

In questi sei mesi senza bici, hai pensato alla tua vita fuori dal ciclismo?

Non ci ho mai pensato, ero molto triste. Sinceramente non è stato un bel periodo e prima di vedermi in azienda, continuavo a pensare che la mia strada fosse questa e non volevo essere da nessun’altra parte. Avrei dovuto risistemare tutta la mia vita. Per fortuna non è successo, ora sono nel mondo del professionismo, si inizia a fare sul serio e voglio fare i miei passi da solo. 

Sulle strade di Tokyo a ruota di Nibali: ultime pedalate del 2022 (foto Astana)
Sulle strade di Tokyo a ruota di Nibali: ultime pedalate del 2022 (foto Astana)
Classiche o Giri?

Personalmente mi attirano di più le corse a tappe, ma credo che sarà tutto molto lungo. Strada facendo, vedremo anche quale sarà il mio reale livello. Ho vent’anni, posso ancora crescere, posso fare tante cose. L’inverno sta passando abbastanza tranquillo, sto facendo tanto fondo per costruire le basi, che mi serviranno per tutta la stagione. Comunque sia ci tengo a fare subito bene e a partire con il piede giusto. Dopo un anno in cui ho fatto praticamente 10 gare, non voglio più perdere tempo.

Germani parte dal Tour Down Under, tu cosa farai?

Il programma prevede che parta dal Provenza, però potrebbe esserci anche qualche cambiamento. Ho sentito Lorenzo, mi ha detto dell’Australia. Io ho chiesto di non andarci.

Garofoli in posa a Polignano a Mare alla vigilia del suo rientro alle corse dopo il lungo stop
Garofoli in posa a Polignano a Mare alla vigilia del suo rientro alle corse dopo il lungo stop
Come mai?

Dopo le esperienze passate e il brutto Covid che ho preso, ho sperato di non fare gare troppo lontane, con sbalzi di temperatura e lunghi viaggi. Meglio fare un inizio abbastanza tranquillo per andar forte semmai più avanti e quindi per il momento sono stato accontentato.

Cosa diresti se Amadori ti convocasse fra gli U23?

Dipende dalla stagione che farò. Nel 2022 non ho avuto l’opportunità di fare nulla e sarebbe allettante, non solo il mondiale magari anche un Tour de l’Avenir o corse di questo tipo. Bisognerebbe parlare con la squadra e programmare tutto. Però non dico affatto che lo snobberei.

Nervo sciatico e corridori: bella gatta da pelare

28.12.2022
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«Avevo un mal di schiena tremendo, proprio nella zona lombare. Ero piegato in due perché quando non stai bene, sforzi la schiena e la prima cosa che parte è il nervo sciatico».

Con queste parole, pronunciate in Spagna alcuni giorni fa, Gianni Moscon ci aveva raccontato una delle fasi per cui, in abbinamento con l’infezione del sangue causata dal Covid, la prima parte del suo 2022 è stata un calvario. Solo che sentirlo parlare di infiammazione del nervo sciatico ha fatto scattare l’attenzione su un… acciacco che raramente si associa a un corridore professionista. Ragione per cui ci siamo rivolti a Michele Pallini, storico fisioterapista di Nibali. Il toscano è rimasto all’Astana dove avrebbe dovuto occuparsi di Lopez.

Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Michele, anche i corridori rischiano l’infiammazione del nervo sciatico?

E’ un argomento molto vasto, soprattutto volendo parlare di tutti i ciclisti, dal cicloamatore al professionista, e le cause possono essere diverse. Chiaramente bisogna fare subito una distinzione tra lombosciatalgia e sciatalgia. La prima proviene da una lombalgia causata da un’ernia, che ne è la causa primaria. Quando poi vai in bici, non sei allenato oppure fai degli sforzi che vanno al di sopra della tua preparazione, coinvolgi la parte lombare. Questa, contraendosi, accentua le problematiche dell’ernia e causa la lombosciatalgia. Invece nel professionista la causa più comune è la sindrome del piriforme. E sono due cose diverse. Si tratta sempre di sciatalgia, ma la lombosciatalgia colpisce soprattutto il cicloamatore rispetto al professionista. Ci sono anche dei ciclisti professionisti che ci hanno problemi di ernia, ma di solito sono dovuti all’età. 

Parliamo di professionisti allora…

La sindrome del piriforme è la compressione del nervo sciatico da parte del muscolo piriforme (in apertura, nell’immagine del dottor Marcello Zavatta), nella parte posteriore del bacino. Causa dolore ai glutei e occasionalmente, appunto, la sciatalgia. La causa è sempre un sovraccarico che può essere dovuto a degli sforzi eccessivi. Non a caso se ne può osservare l’insorgenza dopo 10-12 giorni di una grande corsa a tappe, se viene affrontata in condizioni non ottimali.

Il muscolo piriforme si trova nella parte posteriore del bacino a contatto con il nervo sciatico (immagine Fisio Science)
Il muscolo piriforme si trova nella parte posteriore del bacino a contatto con il nervo sciatico (immagine Fisio Science)
Solo questo?

Possono esserci degli altri fattori scatenanti. Una tacchetta che si sposta e ti causa una intrarotazione dell’anca, ad esempio. A volte non te ne rendi conto, perché cadi, non verifichi la posizione della tacchetta e magari continui a pedalarci. Se l’anca e il ginocchio sono ruotati, il problema è biomeccanico e può diventare causa di sciatalgia.

Di cosa parliamo?

Anatomicamente quello sciatico è il nervo più grosso che ci sia nel corpo umano e passa proprio sul piriforme. Quando viene “pinzato” tra il piriforme e gli altri muscoletti che ci sono lì intorno e che scorrono paralleli al piriforme, si può avere la sciatalgia. Per capire empiricamente la differenza tra una lombosciatalgia e la sindrome del piriforme, basta sedersi a terra e mettere il tallone del piede sul ginocchio opposto, spingendo in giù. Se hai la sindrome del piriforme senti subito dolore.

Durante un grande Giro, il massaggio quotidiano aiuta a sciogliere le contratture lombari (foto Harima Nazionale)
Durante un grande Giro, il massaggio quotidiano aiuta a sciogliere le contratture lombari (foto Harima Nazionale)
Hai parlato di insorgenza durante un Giro.

Facendo i massaggi tutti i giorni, ti accorgi che a livello lombare c’è un problema di contratture. Quindi ci lavori, ne parli col medico e fai anche dei trattamenti fisioterapici. Poi interviene anche l’osteopata, ma si può risolvere utilizzando la classica Tecar terapia, che abbiamo sempre dietro. 

Con Moscon non ha funzionato…

Se la condizione non ti permette di sopportare certi sforzi, si arriva al ritiro. Quello che è successo a Moscon è un’eccezione. Gianni veniva da un long Covìd e nonostante tutto quello che abbiamo fatto, non riusciva a venirne fuori. L’unica soluzione che ha avuto la squadra è stato fermarlo e poi si è scoperto che il problema dipendeva dal sangue. Però restando sul fronte del nervo sciatico, c’erano delle teorie per cui il Covid potrebbe provocare l’ispessimento della fascia. Perciò, non venendone a capo, con il dottor Magni si è pensato di mandarlo da un luminare di Padova. Un manipolatore fasciale professionista, che ha messo a punto una tecnica specifica. Però non è servita, per lui non era necessario questo di tipo di trattamento, ma bastava il riposo. Quanto invece a quegli studi, come per ogni cosa che riguarda il Covid, la casistica è limitata e non c’è stato il tempo di studiarla.

Nella primavera di Moscon, fra varie sofferenze, c’è stata anche l’infiammazione del nervo sciatico
Nella primavera di Moscon, fra varie sofferenze, c’è stata anche l’infiammazione del nervo sciatico
Come fa un professionista, sempre così monitorato, a finirci dentro?

Tolti i casi patologici come quello di Gianni, una fase a rischio è quando vanno da soli in ritiro a Tenerife. Lassù ogni giorno fai un’ora e mezza di salita, 3.000 metri di dislivello, e se non hai una condizione eccellente oppure fai degli sforzi superiori a quelli indicati dalle tabelle di lavoro, puoi incorrere in questo tipo di problema. La statistica dice che 99 volte su 100 dipende da sovraccarico. I problemi biomeccanici dovuti a una caduta sono invece più ricorrenti durante le gare. Lo spostamento della tacchetta in allenamento è rarissimo. In più tutti i corridori che ho seguito sono abbastanza maniaci delle scarpe e le controllano e ricontrollano mille volte. Ci sta che magari camminando un po’ la tacchetta ruoti leggermente all’interno, ma prima del problema al piriforme, inizi a sentire già qualcosa a livello del tensore. Insomma, prima di fare un danno grosso, ci sono dei sintomi che mettono in allarme. 

L’unica cura è il riposo, non potendo fare infiltrazioni?

Sì, soprattutto se la patologia viene fuori in gara. Se invece ti stai allenando, puoi diminuire l’intensità del lavoro. Vai ancora in bici, ma invece di fare delle sedute di 5 ore, le fai da un’ora e mezza e recuperi lo stesso. A casa durante l’allenamento la cosa è più risolvibile.

I ritiri in altura (qui sul Teide) se fatti in autonomia espongono al rischio di sovraccarichi (foto Astana)
I ritiri in altura (qui sul Teide) se fatti in autonomia espongono al rischio di sovraccarichi (foto Astana)
Forse una tendinite è più facile da capire?

Infatti il nervo sciatico è una problematica più subdola della tendinite. Normalmente l’insorgenza una tendinite ti dà degli avvertimenti. Prima che arrivi al tendine rotuleo, inizi ad avere problemi al vasto mediale. Lo stesso vale per il tendine d’Achille, con il tricipite surale che va in sofferenza. Quindi ci sono dei segnali che dicono di fare attenzione. Invece il mal di schiena è vigliacco, perché potresti pensare che si fermi lì. E la sindrome del piriforme devi saperla riconoscere. Per esempio, può esserci uno che pedala con un ginocchio troppo all’interno. Oppure è caduto e quindi, a livello propriocettivo, cerca di tenere il ginocchio più all’interno per sentire meno dolore. Lui pensa di aver risolto, invece ha appena iniziato ad avere problemi…

Quel fuoco c’è ancora? Scaroni dice di sì. E rilancia…

28.12.2022
6 min
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Uno dei corridori della Gazprom, che alla Adriatica Ionica Race avevano colpito Martinelli per la grinta in ogni corsa, durante l’estate è passato alla Astana Qazaqstan guidata proprio dal bresciano. E’ Christian Scaroni, che nella corsa di Argentin aveva gli occhi iniettati di sangue e vinse pure due tappe. Alla fine di novembre, il team kazako gli ha rinnovato il contratto per il 2023.

Carboni, Scaroni, Malucelli: Christian ha appena vinto la sua seconda tappa alla Adriatica Ionica
Carboni, Scaroni, Malucelli: Christian ha appena vinto la sua seconda tappa alla Adriatica Ionica

Dal Polonia al Lombardia

Dal Polonia in cui ha debuttato e fino al Lombardia, Scaroni ha lottato con le unghie e con i denti. Così, arrivando nell’hotel della squadra sulla costa del Sud della Spagna, ci siamo chiesti se quel fuoco ci sia ancora o sia cambiato in qualcosa d’altro.

«Il fuoco c’è sempre – sorride – e sicuramente per me avere un anno di contratto qua, rappresenta un’opportunità e darò il massimo, come l’ho dato la passata stagione per meritarmi la possibilità. Ecco, per me è fondamentale far bene. E per quello c’è bisogno del fuoco dentro. Il più grande augurio che posso fare ai miei compagni di squadra è di avere lo stesso slancio. Anche l’anno scorso di questi tempi lavoravamo sereni, poi è successo quello che sappiamo. Speriamo che nel 2023 le cose siano normali».

Sul Grappa ha difeso la maglia di leader della Adriatica Ionica. E quando l’ha persa, ha vinto un’altra tappa
Sul Grappa ha difeso la maglia di leader della Adriatica Ionica. E quando l’ha persa, ha vinto un’altra tappa
Con quali obiettivi riparti?

Ne ho tanti nella testa, anche se ovviamente sono difficili da raggiungere. L’anno scorso, il calendario era un po’ diverso. Ho fatto tante corse in Italia dove il livello era leggermente più basso. Quest’anno partirò ancora una volta dalla Valenciana, ma dopo ci saranno gare toste dove vincere sarà difficile. Se ci saranno corridori in condizioni migliori, sicuramente sarò il primo a mettermi in discussione e darò una mano alla squadra, ma nella testa il primo obiettivo è tornare a vincere.

Anche nel 2021 iniziasti una bella preparazione, avete cambiato qualcosa?

Sicuramente, come tutti gli anni, a dicembre si lavora tanto sulla quantità, ma gradualmente si va anche a recuperare la qualità. A gennaio invece faremo un altro ritiro dove l’impronta sarà soprattutto sulla qualità, per arrivare pronti alle corse. Pronti a vincere, insomma.

Dopo la lunga sosta, Scaroni torna a un foglio firma al Giro di Polonia: è arrivata l’Astana
Dopo la lunga sosta, Scaroni torna a un foglio firma al Giro di Polonia: è arrivata l’Astana
Che cosa possiamo aspettarci?

Penso di poter dire che sono un corridore non del tutto da scoprire, ma ancora con molti margini di crescita. Nella riflessione che ho fatto quest’inverno, ho pensato ai miei tre anni da professionista. Nel primo c’è stato il Covid e ho fatto poche corse. Il secondo anno mi è servito un po’ per ambientarmi: ho raccolto qualche risultato e, per questo, il 2022 sarebbe stato fondamentale. Invece è successo quello che è successo e mi ha condizionato, nonostante le due vittorie e qualche piazzamento prestigioso. Io credo che per me il 2023 sarà ancora più importante e voglio dimostrare che valgo.

Le due vittorie erano figlie della rabbia o del livello raggiunto?

Già l’inverno scorso, quando parlammo a Calpe, mi sentivo pronto per fare questo salto. Sicuramente non pensavo di essere così competitivo alla Adriatica Ionica, perché non correvo dal Giro di Sicilia di due mesi prima. Non sapevo cosa potessi aspettarmi, però diciamo che mi sono difeso bene. Quelle due vittorie mi hanno salvato e mi hanno dato visibilità. E l’Astana mi ha offerto questa occasione che per me è stata fondamentale.

Nel 2019, prima di passare, Scaroni ha corso con la FDJ Continental: forte in salita, veloce allo sprint
Nel 2019, prima di passare, Scaroni ha corso con la FDJ Continental: forte in salita, veloce allo sprint
Davi per scontato il prolungamento del contratto?

Di scontato nel mondo del ciclismo ormai non c’è più nulla. Io ho lavorato come se avessi altri anni davanti, sereno e con la testa lucida, pensando sempre all’obiettivo che era fare risultato, ma anche lavorare per i compagni quando serviva. Tutto il resto è venuto da sé. Parlando con Vinokourov, è venuta fuori la complicità giusta per continuare ancora un anno. Potevano essere già due, ma va bene così. Sono consapevole di quello che posso dare e sono sicuro che i risultati arriveranno.

Hai trovato dei riferimenti in squadra?

Lutsenko mi ha impressionato per come lavora e quanto è determinato. Battistella lo conosco dai dilettanti: averlo in squadra sicuramente è un punto di riferimento anche per me. Poi c’è Luis Leon Sanchez, che a vederlo lavorare ha il suo perché. Diciamo che non ho un riferimento fisso, ma tante persone da cui prendere spunto. Anche Felline, un corridore che cerca di insegnare ai giovani. Ho tanti punti di riferimento.

Adriatica Ionica Race, 1ª tappa: a Monfalcone, il primo centro di Scaroni su Zana in pieno inferno Gazprom
Adriatica Ionica Race, 1ª tappa: a Monfalcone, il primo centro di Scaroni su Zana in pieno inferno Gazprom
Martinelli bresciano è un appoggio in più?

Abita anche abbastanza vicino a me, lo sento spesso, ma non c’è solo lui. Ci sono anche altri direttori, come Zanini e Manzoni. Li sento settimanalmente, quindi diciamo che è un gruppo nel quale siamo tutti integrati e ci sentiamo a nostro agio.

Ti abbiamo visto parlottare a lungo coi meccanici…

Quest’anno ho fatto alcune modifiche alle misure della bici. E con Yeyo Corral, il nostro biomeccanico, abbiamo apportato una modifica importante. Abbiamo cambiato le pedivelle, passando da 172,5 a 170. E’ una prova, ma sono sicuro che può darmi qualcosa in più. Sicuramente sto lavorando anche su questo, ma di base cerco di curare bene tutti i fronti. Non devo perdere in salita perché sennò non mi ritrovo davanti coi corridori importante, ma soprattutto non devo perdere lo spunto veloce.

Ti sembra che il cambiamento funzioni?

A livello di sensazioni, le pedivelle più corte mi danno uno spunto migliore, che già prima era buono. In salita invece vedo un’agilità diversa. Questa prova era già stata fatta anche con altri corridori, io ero al limite, ma adesso abbiamo deciso e vediamo come andrà. Se non mi trovassi bene, sarebbe un attimo tornare alle 172,5. Se ci sono adattamenti, meglio provarli qua. Non ti metti a farli in piena stagione. Per ora sembrano buone, vedremo quando i ritmi e l’intensità di allenamento saranno più alti, se sarà stata una scelta azzeccata.

Canola e Scaroni, con Bugno e Mauro Vegni nella conferenza stampa di Salò al Giro, che parve una farsa
Canola e Scaroni, con Bugno e Mauro Vegni nella conferenza stampa di Salò al Giro, che parve una farsa
Cosa resta del gruppo Gazprom?

Sento specialmente Canola. La sua è una situazione particolare perché forse è l’unico che non ha trovato squadra e questa cosa mi rattrista. Lui era stato il mio faro quando arrivai. Vederlo adesso senza squadra mi mette tristezza. Poi sento anche gli altri compagni di squadra come Carboni, Malucelli, Conci Sento anche loro e sicuramente li incrocerò alle corse.

Natale a casa?

Esatto, coi parenti, visto che il ritiro ci ha portato via per 16 giorni. Natale a casa per recuperare il tempo perso, poi ai primi di gennaio si ripartirà per le Canarie, in attesa di tornare ad Altea per il secondo ritiro e da lì si comincerà a correre. Alle Canarie vado con altri compagni di squadra come, Martinelli e Riabushenko. Stare a casa è quello che vorremmo tutti, ma allenarsi con zero gradi è difficile e siccome è un lavoro, si cerca di ottimizzare il tempo al massimo.

Giovani e vecchi, crescita e passione: parla Mazzoleni

25.12.2022
7 min
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Metti una sera con Maurizio Mazzoleni, preparatore della Astana Qazaqstan Team (in apertura, foto Sprint Cycling/Astana), ragionando sulla direzione del professionismo. Parlando dei giovani che arrivano spediti al professionismo e dei… vecchi costretti ad adeguarsi per stare al passo coi tempi.

Nei giorni scorsi, Cataldo ci ha parlato nelle ragioni – fatte di alimentazione e tecnologia – per cui in gruppo si va fortissimo. Pozzovivo ha raccontato che il continuo confronto con gli atleti più giovani lo ha costretto a migliorarsi per non perdere il passo.

Mazzoleni Dorelan
Maurizio Mazzoleni è preparatore dell’Astana da 12 anni ed è testimone diretto dei cambiamenti del ciclismo
Mazzoleni Dorelan
Mazzoleni è preparatore dell’Astana da 12 anni ed è testimone diretto dei cambiamenti del ciclismo
Sembra di vedere due mondi lontanissimi che convivono: la precocità dei giovani genera perplessità nei più esperti…

I ragazzi passano professionisti con delle qualità numeriche più alte rispetto a quello che succedeva una quindicina di anni fa. E’ facile pensare che il delta di miglioramento sia inferiore, ma essendo già ad alto livello potrebbe andare anche bene. Ci si chiede se possano tenere l’alto livello per più stagioni, ma nulla lo vieta. Se si lavora bene, magari è possibile. I corridori più esperti hanno questo dubbio. Vedono i ragazzi che arrivano veramente pronti e si interrogano sulla loro possibilità di crescita.

Si teme che siano troppo spremuti.

Esatto. Secondo loro sono più pressati dal punto di vista psicologico, facendo già questi risultati. La situazione dovrà essere analizzata caso per caso, ognuno avrà il suo percorso. Quando ci sono dei cambiamenti generazionali, anche a livello sociale, si fa sempre il confronto con la propria generazione. Però in realtà ogni generazione ha le sue prerogative. Oggi si è precoci in tanti ambiti, magari c’è da considerarlo anche nel ciclismo.

Il fatto di cominciare a lavorare in maniera più scientifica da juniores incide sulla fisiologia?

Sicuramente sì. Fra gli allievi, la parte della fisiologia deve essere un insegnamento. Da juniores diventa una competenza che l’atleta deve avere, perché il ciclismo è forse l’unico sport in cui l’allenatore non è presente quotidianamente sul campo d’allenamento, ma effettua il suo lavoro spesso in maniera differita. Quindi l’atleta deve acquisire queste capacità di allenamento già da junior. Con l’arrivo negli under 23, la cosa diventa sempre più specifica fino al passaggio al professionismo. In questi anni abbiamo tanti casi di juniores che passano in strutture professionistiche. Non è tutto male, non è tutto bene, a patto che le cose vengano fatte in una determinata maniera. A livello numerico e fisico sono pronti. Poi c’è tutto il resto, su cui bisogna lavorare e stare molto attenti.

Evenepoel ha iniziato a correre tardi ed era un fenomeno sin dagli juniores e non ha smesso di migliorare
Evenepoel ha iniziato a correre tardi ed era un fenomeno sin dagli juniores e non ha smesso di migliorare
Attività giovanile: c’è chi lavora per appuntamenti, facendo corse a tappe e periodi di preparazione. E poi chi lavora all’italiana, correndo molto di più.

Lo schema più simile al professionismo è il primo, cioè quello di preparare l’appuntamento. L’altra tipologia comunque ha portato buonissimi risultati. Il tempo passa veloce e dimentichiamo che l’anno scorso abbiamo vinto il mondiale under 23 con Baroncini e Gazzoli è arrivato al quarto posto, per cui il nostro movimento c’è. La mancanza di un leader italiano nei grandi Giri genera spesso una visione negativa, però secondo me è solo questione di tempo. Perché i talenti prima devono nascere e poi vanno coltivati. Quindi, nella lotteria del nascere, dobbiamo attendere l’atleta giusto per i grandi Giri.

Parliamo di giovani. Come si gestisce ad esempio l’inserimento di Garofoli, che ha appena compiuto 20 anni, nel WorldTour?

Lui viene da due annate un po’ particolari. Il primo anno c’è stato il Covid e quindi ha corso poco fra gli U23. Quest’anno poi ha avuto la miocardite ed è stato tanti mesi fermo, fino al via libera dei medici. Infine ha fatto un buon finale di stagione. E’ un atleta maturo, uno di quelli che lavorava con metodo già da junior ed era un vincente. Quindi non è un pesce fuor d’acqua nel contesto professionistico. D’altro canto, il vantaggio delle development è che già quest’anno ha lavorato con lo stesso sistema, gli stessi materiali, le stesse persone e quindi sarà più facile da inserire. A parte il cambio di categoria, che però è relativo.

In che senso?

Potendo gestire noi i calendari, farà magari la prima gara WorldTour ad aprile. Le altre saranno del livello che ha già affrontato nella development. Quindi ha buoni valori di partenza e verrà accompagnato. Ci aspettiamo che continui nel suo processo di crescita. Ieri gli abbiamo consegnato i programmi per la prima parte di stagione e, nel presentarglieli, ho fatto due volte riferimento alla parola “crescita”. Ci teniamo che il giovane continui questo processo. 

Nel 2022 Garofoli ha corso nella Astana Development e ora approda al WorldTour. Mazzoleni spiega il suo inserimento
Nel 2022 Garofoli ha corso nella Astana Development e ora approda al WorldTour. Mazzoleni spiega il suo inserimento
Il processo di crescita prevede anche gare in cui possa fare risultato?

E’ il discorso che facevamo prima. Ci saranno anche gare di un livello leggermente inferiore, in cui avrà la libertà di provarci. Senza dimenticarci che la nazionale italiana, qualora lo ritenga opportuno, potrebbe anche convocarlo per gare internazionali, come l’Avenir o i mondiali. Quest’anno abbiamo vinto il mondiale under 23 con Fedorov ed è un aspetto importante per il percorso di crescita.

Per voi non è un problema? Guercilena ad esempio è contrario all’eventuale convocazione di Tiberi.

Sono cose che valutiamo col team. Se è un passaggio che ha senso nel processo di crescita, perché no? Se invece non collimasse con i programmi della squadra, si valuterà caso per caso. Però non abbiamo veti particolare.

Cataldo ha tracciato l’identikit del corridore moderno e ci è parso abbastanza al limite: secondo te si potrà crescere ancora?

I margini, come in tutti i settori, ci saranno sempre. E proprio quando si pensa di essere arrivati, in realtà non si è mai arrivati. Ci saranno sempre nuove frontiere nei materiali, nella preparazione, nella nutrizione, in tutto. Quindi penso che siamo arrivati a un altissimo livello rispetto agli anni precedenti, ma sicuro tra 10 anni ci ritroveremo a parlare di aspetti che adesso magari non stavamo considerando.

A Villafranca de Ordizia nel 2021, Sanchez (38 anni) batte Ayuso (18). Secondo Mazzoleni, gli atleti maturi possono stare al passo
A Villafranca de Ordizia nel 2021, Sanchez (38 anni) batte Ayuso (18). Secondo Mazzoleni, gli atleti maturi possono stare al passo
Tanti ragazzi… anziani raccontano di essersi dovuti adattare alle nuove metodiche.

Quelli con più anni che sono rimasti nel ciclismo hanno fatto questo cambio di passo. Abbiamo avuto Cataldo qui in Astana e lavorava già con il nutrizionista, con il calcolo calorico e tutto il resto. Idem per Luis León Sanchez, non è che stiano facendo un ciclismo di vecchia data. Si sono veramente adattati e riescono ad avere performance veramente buone in anni in cui prima non si pensava si potessero ottenere. Frutto di talento, ma anche dell’essere stati al passo con le novità. Sono stati bravi ad adattare il loro talento al passare degli anni, con l’utilizzo di nuove tecnologie. Controllando ad esempio le ore di sonno, la variabilità cardiaca durante la notte, dosare l’allenamento successivo in base al riposo che hanno fatto. Magari prima era una sensazione: ho dormito male, quindi mi alleno di meno. Adesso ci sono dei dati e questi atleti sono stati capaci di utilizzarli per migliorarsi e quindi arrivare anche ad età avanzata.

Quanto deve essere presente un corridore a se stesso per tenere d’occhio questi aspetti?

A livello professionistico è tutto un po’ più semplice – spiega Mazzoleni – perché per ogni settore abbiamo a disposizione l’allenatore e il nutrizionista accanto al corridore. Non è così difficile, ma resta il fatto che correre è un’attività lavorativa quotidiana, che non si ferma al semplice allenamento. Adesso veramente ci sono tanti minuti dalla giornata, che poi sommati diventano ore, che gli atleti devono dedicare a questi aspetti. E’ stato un cambio di passo inevitabile.

Dumoulin ha smesso, è ritornato e poi ha smesso ancora, parlando di fatica nel sopportare la vita da pro’
Dumoulin ha smesso, è ritornato e poi ha smesso ancora, parlando di fatica nel sopportare la vita da pro’
C’è rischio che tutto questo diventi stress?

Se viene fatta nel modo errato, si. Io faccio sempre riferimento alla passione, soprattutto coi più giovani. Il ciclismo è passione, perché è uno sport di fatica e senza la passione è difficile che un ragazzo lo scelga. Se la fiamma resta accesa, non ci sono problemi. Senza passione, davanti a tante incombenze, l’atleta può avere un’involuzione. In effetti è capitato che per alcuni sia diventato tutto troppo pesante. E si leggono anche interviste in cui si usano queste espressioni. Ma se viene tutto alimentato dalla passione, passa tutto in secondo piano.

Battistella lancia la rivincita italiana: svolta nel 2023

24.12.2022
6 min
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Battistella ha ancora i capelli biondi. Aveva deciso di tornare al suo colore naturale, ma la nonna gli ha detto che stava bene e per non contraddirla, li ha mantenuti. Se i punti derivanti dai piazzamenti in gara fanno in qualche modo testo, la sua progressione rispetto al 2021 è stata netta, anche se è mancata la vittoria. Nella stagione di rincorsa, fatta anche del ritorno a casa a poche ore dall’inizio del Tour per un tampone positivo, non sono mancate le occasioni per vincere e forse quella che più brucia è il terzo posto al campionato italiano. I podi in tutto sono stati quattro, le cose buone fatte vedere nelle gare WorldTour restano. E la convocazione per i mondiali è stata una bella ciliegina sulla torta.

Terzo nella volata che valeva il tricolore: questo forse il rammarico maggiore del 2022 di Battistella
Terzo nella volata che valeva il tricolore: questo forse il rammarico maggiore del 2022 di Battistella

Perciò avendolo incontrato nel ritiro di Altea della Astana Qazaqstan Team, la sua voglia di prendersi gli arretrati fa pensare a un 2023 di altissimo livello, che lo vedrà tornare a marzo sulle strade italiane per poi puntare forte sulle Ardenne.

«Sì, penso che nel 2023 se tutto va come deve andare e senza incidenti o Covid – dice – vincere è il mio obiettivo. Anche le gare che non ho vinto quest’anno. Io sono fatto così. Sto cercando di limare tutto quello che posso proprio per iniziare a vincere. Per me e per la squadra. La Astana mi dà fiducia e la fiducia diventa una responsabilità che voglio onorare».

I criterium in Oriente sono stati le vacanze di Battistella (con la mascherina), qui con Antonio Nibali
Che cosa significa limare?

Quest’anno sto lavorando molto di più sull’alimentazione, in allenamento e in gara. L’obiettivo è arrivare a un peso minimo, sempre però avendo forza. Rispetto all’anno scorso mi sono presentato al primo ritiro con lo stesso peso che avevo a gennaio. Sto cercando di fare le cose con calma, non voglio essere magro e svuotato, insomma. Poi sto cambiando qualcosa anche negli allenamenti, per cercare di arrivare alle classiche e alle gare più lunghe con una base migliore.

Come si fa?

Lavoro a intensità diverse e faccio anche più volume, più distanza. Sto cercando di abituarmi al tipo di corse in cui voglio far bene. Abbiamo incrementato i carichi rispetto allo scorso anno, perché nel frattempo è passato un anno e il corpo è cresciuto. Ho fatto un altro grande Giro che sicuramente mi ha fatto maturare ulteriormente.

Si nota la differenza?

Personalmente, dal primo Giro d’Italia ho sentita. E anche dopo la Vuelta, quest’anno, l’ho sentito ulteriormente. Ovviamente si arriverà un limite, non è che andrà avanti sempre così, però sicuramente per gli atleti giovani fare un grande Giro di anno in anno ti aiuta a crescere.

Dopo il Giro 2021, nel 2022 Battistella ha provato la Vuelta. Prosegue il processo di crescita
Dopo il Giro 2021, nel 2022 Battistella ha provato la Vuelta. Prosegue il processo di crescita
Punterai forte sulla primavera?

Il mio programma è incentrato sulle Ardenne. Partirò abbastanza presto, con la Valenciana e poi la Ruta del Sol. Quest’anno invece della Parigi-Nizza, farò Strade Bianche, Tirreno e Milano-Sanremo. E poi ci sarà ovviamente la preparazione alle classiche e al Tour. L’anno scorso non sono riuscito a farlo, quindi ci riproviamo. La cosa vantaggiosa è che dopo il Tour, due settimane dopo, ci saranno i mondiali. Quindi nell’eventualità di essere convocato, avrò la forma del Tour.

Wollongong è stato il ritorno ai mondiali dopo quello vinto nel 2019 da U23: che esperienza è stata?

Bella. Un po’ difficile perché siamo andati là dieci giorni prima, quindi si è trattato di tenere la grinta alta per tanto tempo, allenarsi e fare tutte le cose nel modo giusto. Però penso che abbiamo dimostrato di esserci riusciti. Siamo partiti come la nazionale più sfigata, passatemi il termine, e alla fine abbiamo quasi fatto medaglia con Rota e preso il quinto posto con Trentin. Abbiamo corso bene.

Secondo Elisa Balsamo il percorso è stato sottovalutato, sei d’accordo?

Sicuramente era selettivo. Siamo partiti a tutta perché la Francia ha fatto forte la prima salita e quella era l’incognita della gara. E’ stata tirata fin dall’inizio, quindi alla fine è diventato un percorso a esclusione. Anche perché erano 270 chilometri e quello strappo giro dopo giro ha tagliato le gambe.

Battistella ai mondiali di Wollongong, tre anni dopo averli vinti da U23: una buona prova
Battistella ai mondiali di Wollongong, tre anni dopo averli vinti da U23: una buona prova
Non c’è più Lopez, come si fa senza un leader per i Giri?

Può essere sì un lato negativo, ma cerchiamo di trovare anche il positivo. Ad esempio quando sono andato al Giro e anche alla Vuelta, si andava a caccia di tappe, ma avevo sempre il pensiero del leader dietro, quindi si correva sempre un po’ al risparmio. Adesso magari non è un bene non avere nessuno per la classifica, però saremo più liberi di fare le nostre tappe.

Ti hanno mai proposto di pensare alla classifica di un Giro?

Nelle gare di tre settimane, ho visto che non sono in grado di tenere duro. Può essere che se miglioro ancora un po’ in salita ci si possa fare un pensiero. Ma al momento si tratterebbe di perdere troppo peso per stare al passo con gli scalatori e non so francamente se ne valga la pena.

Sei tra i giovani italiani attesi a un segnale, cosa ti senti di dire?

Sicuramente le critiche vengono perché non ci sono risultati, però alla fine non siamo macchine. La stagione è lunga e difficile e possono capitare tante cose. Non è matematica e se anche un corridore ha valori buoni, può capitare che non faccia risultato. Moscon è stato l’esempio più evidente. A dicembre stava bene, poi ha avuto quel batterio nel sangue che l’ha messo fuori tutta la stagione. Io ho avuto delle brutte cadute e il Covid prima degli appuntamenti importanti. Al Tour c’ero arrivato davvero bene. Però se tutto va come deve andare, secondo me l’anno prossimo daremo una bella inversione.

Prima del via del mondiale, Battistella accanto a Trentin. Davanti c’è Conci
Trentin e Battistella, prima del via del mondiale di Wollongong
Come si vive il rapporto col Covid?

Siamo molto meno in ansia rispetto al 2020 e al 2021. La verità è che ci si può fare poco. In due anni sono sempre stato attento. Anche prima del Tour, mi sono praticamente rinchiuso. Non dico che sia destino a prenderlo, ma prima o poi tocca a tutti. Quindi lo stiamo vivendo con più fatalismo. Ovviamente si sta attenti, si evitano posti dove c’è tanta gente. Però ad esempio i viaggi sono la cosa più pericolosa, perché in aeroporto non si sa mai. Penso che indossando le mascherine, si possa essere tutelati. E tutti noi lo facciamo negli aeroporti e nei luoghi pubblici.

Hai aiutato tuo padre in azienda quest’anno?

Ho lavorato quando è finita la stagione, perché mio papà non riusciva a trovare operai e aveva del lavoro da smaltire (l’azienda di famiglia produce macchine per stirare, ndr). Quindi il mio è stato un periodo di riposo per metà lavorativo. Non ho fatto vacanze, sono rimasto a casa. Ho fatto il Criterium di Singapore e Tokyo, prendendoli come vacanza. Poi, tornando da Tokyo, mi sono fermato quattro giorni a Dubai con la fidanzata che era lì per lavoro quindi ci siamo incrociati. In totale saranno stati 20 giorni di stacco. E poi per il resto sono sempre andato in bici. Ci tengo davvero a fare un grande 2023

L’infezione è guarita, Moscon può rialzare la testa

20.12.2022
5 min
Salva

Dice Martinelli che la Bernocchi è stata la prima corsa del 2022 in cui ti sei sentito Gianni Moscon. Il trentino alza lo sguardo e dentro ci vedi il barlume di un sorriso. Uno così fai fatica a vederlo prostrato, piuttosto si indurisce. Lo abbiamo vissuto abbastanza per ricordarne le reazioni in altri momenti. Eppure il Moscon dell’ultima stagione era arreso, sulla bici e anche fuori, alle prese con un malanno per cui non si trovava la cura. Dall’inizio dell’anno, un crollo dietro l’altro. Fermo dal Fiandre al Giro di Svizzera. Ritirato dal Tour a Losanna e proprio quel giorno venne la decisione di fermarlo due mesi per andare finalmente al fondo del problema.

«La Bernocchi era il 3 ottobre – annuisce – è stata forse la prima gara dove ho avuto sensazioni normali. Ho ripreso a pedalare a inizio settembre e sono arrivato alle prime corse con quindici giorni di allenamento da zero. Perché dopo il Tour avevo iniziato anche a fare qualcosa, ma i medici mi hanno imposto di fermarmi assolutamente».

La Strade Bianche poteva essere un bel passaggio per Moscon, ma si è ritirato: tanta fatica, poca resa
La Strade Bianche poteva essere un bel passaggio per Moscon, ma si è ritirato: tanta fatica, poca resa

Piegato in due

Un mese e mezzo senza bici. E quando ha ripreso, finalmente ha sentito che il fisico rispondeva. Fatica e recupero: quello che per tutti è normale, per lui era diventato un incubo e per la squadra un bel rompicapo.

«Prima non riuscivo neanche andare a tutta – dice Moscon, giocando con le parole – perché ero sempre a tutta. Intendo che ci mettevo anche l’anima, ma il fisico non rendeva. Non arrivavo ad esprimere il massimo, quindi non riuscivo ad allenarmi perché ero sempre più stanco. Ho avuto un’infezione batterica nel sangue da curare inizialmente col riposo. Ero a casa, ma è stato un incubo, perché non se ne veniva a capo. Avevo un mal di schiena tremendo, proprio nella zona lombare. Ero piegato in due perché quando non stai bene, sforzi la schiena e la prima cosa che parte è il nervo sciatico. Avevo appuntamenti e visite quasi tutti i giorni, da Padova fino a Monaco. Finché a forza di girare, ho trovato una direzione». 

Parigi-Roubaix 2021, Gianni Moscon in versione guerriero: solo due cadute gli impedirono di vincere
Parigi-Roubaix 2021, Gianni Moscon in versione guerriero: solo due cadute gli impedirono di vincere

Antibiotici e via

Individuato il problema, s’è trovata la cura ed è stato possibile tracciare un cammino di rientro. Solo che la causa di quella debolezza è saltata fuori dopo quasi tre settimane.

«Trovata l’infezione – prosegue Moscon – è stato definito il protocollo terapeutico. Così finalmente ho avuto una strada da seguire e ho cominciato. Antibiotici e via. Ho trovato la mia routine, ero sempre operativo a casa. Ne ho approfittato per sistemare tutte le cose che poi, riprendendo ad allenarmi, non avrei potuto seguire. Avevo già previsto che avendo perso tutto quel tempo d’estate, il mio fine stagione non sarebbe stato tanto lungo. In questo ciclismo non ti puoi permettere di staccare un attimo, figurarsi un mese e mezzo d’estate. Al Langkawi sono andato perché era utile alla causa, quindi l’ho affrontato col morale giusto ed è servito».

Moscon correrà per la maggior parte della stagione con la Wilier Filante
Moscon correrà per la maggior parte della stagione con la Wilier Filante

Il sangue pulito

Il via libera è arrivato alla fine di settembre con le ultime analisi del sangue, vissute con una certa apprensione.

«Finalmente il sangue era pulito – sorride Moscon – non c’erano più parassiti. C’era ancora qualcosina, ma potevo nuovamente allenarmi in maniera blanda e seguendo le sensazioni. Ho capito che era inutile seguire una tabella, se non sai neanche come stai. E allenandomi così, sono arrivato alle corse anche discretamente. Il Covid aveva causato un’immunodepressione e si sono sviluppati dei batteri. I medici mi hanno detto che il virus e il vaccino possono avere effetti diversi. Magari non ti fanno niente oppure puoi avere un’immunodepressione. Magari nella vita di tutti i giorni, se devi andare in ufficio, accusi un po’ di stanchezza e ci passi sopra. Pensate invece a farci un Tour de France! Un altro effetto del Covid invece sono le malattie autoimmuni, ma con una di quelle sarebbero stati dolori…».

In allenamento con Basso, compagno di lavoro dal 2018 quando arrivò al Team Sky. Dietro, Garofoli (foto Sprint Cycling/Astana)
In allenamento con Basso, compagno di lavoro dal 2018 quando arrivò al Team Sky (foto Sprint Cycling/Astana)

Il tempo perduto

Così ora si va alla ricerca del Gianni perduto, di quel corridore vincente al Tour fo the Alps, poi lanciato verso la vittoria della Roubaix 2021 (ma fermato da due cadute: arrivò quarto), infine sparito dai radar.

«Il miglior Gianni che ho visto negli ultimi tempi – dice – è stato quello della prima parte del 2021, fino al Giro. Determinato e vincente. Mi sentivo bene, ero solido e con una gran condizione. Anche l’anno scorso ero sulla buona strada, a dicembre qui in ritiro stavo bene. Poi ho preso il Covid a gennaio ed è cominciato tutto. Faticavo a rispondere perché non sapevo cosa dire e perché c’era delusione per me stesso e anche per l’Astana che mi aveva dato fiducia. Non è stato facile, però so che posso solo migliorare. Ho questo in testa. Se il fisico mi asseconda, prima o poi la condizione si trova. E quando hai la condizione, si creano le opportunità».

L’Astana dopo Lopez e il ciclismo di Martinelli

16.12.2022
8 min
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Il licenziamento di Lopez è una tegola che ha scosso parecchio l’ambiente Astana. Il colombiano è stato mandato via dopo la scoperta di nuovi elementi che mostrerebbero il suo probabile legame con Marcos Maynar, medico sul quale gravano sospetti di doping. Nel bellissimo hotel con parco e piscina da cui si vede il mare, se ne continua a parlare sia pure ormai con la stessa battuta sommessa: proprio non ci voleva. Di colpo, la squadra che ha vinto grandi Giri con Contador, Nibali e Aru, che ha lottato con Landa, Lutsenko e Fuglsang, si ritrova senza un leader per le corse a tappe. Pensare a Giuseppe Martinelli senza un uomo di classifica dopo tanti anni di carriera, sembra quasi innaturale.

«Effettivamente penso che sia abbastanza strano – dice Martinelli, in apertura fra Zanini e Maini – però mi dovrò abituare. Dovrò cambiare un po’ mentalità, andrò meno alle corse. Anche perché con il tempo che passa, arrivano persone e mentalità nuove, per cui è giusto lasciare spazio».

Lopez è stato licenziato per la probabile frequentazione con il dottor Marcos Maynar: Martinelli parla di tradimento
Lopez è stato licenziato, Martinelli parla di tradimento
Quando succede una cosa come questa di Lopez quali sono i motivi per cui si rimane male?

Sembrerà strano, ma come prima cosa rimani male per il modo in cui ti arrivano le informazioni, che sono troppe e vengono prima che tu, che sei direttamente coinvolto, sappia qualcosa. E’ una cosa che non esiste, purtroppo però il mondo è questo. Del discorso di Lopez, non ho problemi a dirlo, l’unica persona che sa che cosa sia veramente successo è Lopez e nessun altro. Tutto il resto lo abbiamo scoperto passaggio per passaggio, momento per momento. Non puoi aggiungere nulla, perché altri hanno già aggiunto tutto. Il giorno in cui è successo tutto, dei miei amici mi hanno mandato giornali spagnoli, francesi, inglesi, tedeschi e Lopez era partito solo da un’ora.

Come si resta?

Ti va il morale sotto i piedi. Nonostante io ne abbia passate di cotte di crude, perché in questo mondo ci sono da troppi anni, fa sempre male perché vuol dire che la gente non ha ancora capito. E ce ne sono ancora purtroppo. E quando tu pensi che sia l’ultimo, invece, ce ne è sempre un altro.

Lui sarebbe stato una pedina importante per questa squadra.

Veniva dalla stagione 2021 con la Movistar che non era andata come doveva. E’ ritornato qua e l’abbiamo accolto a braccia aperte, convinti di riuscire ancora a tirar fuori qualcosa. Siamo stati traditi, la realtà è questa.

I primi giorni del ritiro sono serviti per la consegna dei materiali. Qui gli occhiali SciCon
I primi giorni del ritiro sono serviti per la consegna dei materiali. Qui gli occhiali SciCon
Hai parlato di nuovo che avanza, cosa salviamo di quel che c’era prima?

Il mondo va avanti, ma non è che i miei pensieri siano distorti da quelli dei giovani. Però si cerca di far collimare sempre queste due anime. Ho la fortuna di essere qua da tanti anni, di conoscere bene il mio ambiente e perciò mi rispettano per quello che sono. Insomma, finché si può, si sta qua.

Si può pensare di iniziare un nuovo ciclo dai giovani? Da Garofoli, per fare un nome…

Secondo il mio punto di vista – precisa Martinelli – non tutti sono Pogacar o Remco. Garofoli arriva da due stagioni un po’ strane. Prima il Covid, poi il problema del cuore. Speriamo che tutto sia in ordine e poi giorno per giorno si cercherà di creare veramente qualcosa. E’ presto per dire se sia un corridore da classiche o da Giri, anche perché corse a tappe vere non le ha mai fatte. Diciamo che secondo me ha una bella testa, ma il ciclismo è veramente cambiato. C’è battaglia dal chilometro zero all’arrivo. C’è gente che va in fuga con la maglia gialla. In certi momenti mi meraviglio che mi meraviglio ancora. Però sono cose che ti fanno pensare. I corridori sono molto più forti, c’è più specializzazione c’è più ricerca…

Non è sempre stato così?

La ricerca del risultato migliore c’è sempre stata, così come le rivalità. Però ognuno aveva il suo orticello da curare. Chi preparava la grande corsa a tappe, del resto si interessava poco. Se adesso vai a fare una corsa, vedi che Vingegaard prepara il Tour, ma intanto vince i Paesi Baschi. O Van Aert che va a fare le classiche, poi ti vince le tappe al Tour come se niente fosse.

Meccanici al lavoro: Tosello e Possoni alle prese con una catena da cambiare
Meccanici al lavoro: Tosello e Possoni alle prese con una catena da cambiare
Fare le squadre è più difficile?

Ne parlavo poco fa con un nostro sponsor e mi chiedeva quali sono le squadre più forti nel panorama mondiale. Alcune hanno prima di tutto il budget per prendere il miglior corridore, il miglior preparatore, il miglior tecnico, il migliore in ogni settore. Ci sono squadre invece che partono magari dai giovani e cercano di tirar fuori qualcosa di importante, che è quello che mi è sempre piaciuto fare. E magari prendono anche un preparatore giovane, lo costruiscono e lo fanno diventare più bravo. Però naturalmente, quando ti scontri con quelle realtà e sei più piccolo, devi cercare di tirar fuori il massimo da quello che hai. E’ un po’ questa la scommessa che forse ci apprestiamo a fare noi dell’Astana. Abbiamo una squadra sicuramente non fra le prime e non voglio dire che saremo in difesa, ma cercheremo veramente di vedere se siamo capaci di tirar fuori il massimo da ognuno.

Una sorta di tutti per uno e uno per tutti?

Ci sono corridori che secondo me erano abituati a fare un determinato lavoro per gli altri e poi a tirare i remi in barca. La sera si brindava perché aveva vinto Vincenzo oppure un altro e andava bene. Adesso vediamo se sono capaci veramente di tirar fuori loro qualcosa di buono. Anche poter dire semplicemente di essere andati in fuga, aver cercato di fare il massimo, centrare un piazzamento… Questo è la scommessa che abbiamo davanti.

Si parla più di un lavoro psicologico che atletico, in questo senso…

E’ un mix, ma sicuramente conta più la testa che le gambe, perché devi veramente creare qualcosa per te stesso. Magari qualcuno ha perso questa attitudine e qualcuno non l’ha mai neanche avuta. Magari un altro è nato gregario. Adesso invece hanno la possibilità di tirar fuori qualcosa per se stessi. Dico la verità, non credo che sarà facile. Non abbiamo la bacchetta magica, però magari scopriamo che qualcosa si può fare.

Racconta Martinelli che la Bernocchi, chiusa al 12° posto, è stato il segnale del ritorno di Moscon
Racconta Martinelli che la Bernocchi, chiusa al 12° posto, è stato il segnale del ritorno di Moscon
Secondo te, al netto dei problemi di salute che ha avuto, Moscon rientra in questa casistica?

Lo abbiamo preso per quello. La prima cosa che gli abbiamo detto quando è arrivato è che in qualunque corsa lui possa andare, avrà carta bianca. Anzi, qualche volta correremo anche per lui. E’ quello che gli è sempre mancato. Peccato che siamo andati incontro a una stagione sfortunatissima. 

Adesso come sta?

Motivato, com’era pure lo scorso dicembre. A gennaio invece era uno straccio e si è tirato dietro così fino a ottobre. La prima vera giornata in cui è sceso di bicicletta e mi ha detto di aver avuto buone sensazioni è stata alla Bernocchi, che era il 3 ottobre. E così lo abbiamo convinto ad andare in Malesia, dicendo che saremmo ripartiti da lì per arrivare qui a ricominciare per bene. Ci sono stati momenti in cui non ti rispondeva neanche ai messaggi, perché non sapeva cosa dire. Ed era anche difficile digli qualcosa per tirarlo su…

Hai parlato dei tanti ruoli nelle squadre: il direttore sportivo può ancora fare la differenza?

Sicuramente meno. Ovviamente non voglio dire che mi trovo con le mani legate, però adesso prima di fare una cosa, ti devi confrontare con tantissime persone. E tutte le volte che tu ti confronti con una persona, ti fa cambiare idea oppure sposi un po’ la sua. Una volta andavo a dormire, mi alzavo la mattina con la strategia che avevo studiato prima di andare a letto. Andavo dai corridori e gli spiegavo come avremo corso. Invece adesso ti confronti con troppe persone e alla fine molte volte ti tolgono un po’ di quello che avevi pensato. E’ capitato anche che me l’abbiano girata completamente al contrario. Perché ti dicono che quel corridore non sta tanto bene, che non conviene fare una certa cosa… E a un certo punto ti chiedi: e adesso cosa faccio?

Tour de France 2017, Martinelli e Shefer, due diesse del team, assieme al preparatore Mazzoleni (a sinistra)
Tour de France 2017, Martinelli e Shefer, due diesse del team, assieme al preparatore Mazzoleni (a sinistra)
Cosa succede se fai come prima e imponi la tua idea?

Io dico che in mezzo a tanti, forse sono ancora l’unico che viene giù ed ha ancora quell’idea. Il problema però è che molte volte ti trovi davanti il corridore che ha parlato con gli altri e quando nella riunione li guardi in faccia, sono perplessi o poco convinti. Prima li portavi dove volevi, perché la sera andavo in camera, parlavo col corridore e al massimo passava il dottore per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa per dormire.

Adesso no?

Adesso appena arrivi in hotel, c’è già l’analisi della corsa. Quanto hai speso, quanto non hai speso. Cosa devi mangiare, cosa non devi mangiare. Passa il dottore e ti porta quello che devi bere perché hai consumato un tot. Serve tutto per migliorare, anche se troppe cose nella testa ti confondono. Secondo il mio punto di vista, quello che il corridore soffre adesso è proprio questa pressione. Il fatto di avere sempre qualcuno che ti dice qualcosa e di tuo ti rimane poco.

Luciano Pezzi, nel presentare la Mercatone Uno del 1997, disse che Pantani ne sarebbe stato il leader, ma il capitano sarebbe stato Martinelli. Non è più possibile?

Questo dipende molto dalla squadra e da quello che sei riuscito a creare. Oppure da quello che gli altri hanno creato intorno a te. Adesso la squadra è fatta di tante componenti, mentre prima c’erano solo l’atleta e il direttore sportivo. L’esempio è quello che succederà domattina…

Due risate tra Felline e il massaggiatore Saturni al rientro dall’allenamento
Due risate tra Felline e il massaggiatore Saturni al rientro dall’allenamento
Che cosa?

Se venite qui domattina, vedrete che sul programma c’è scritto per filo e per segno tutto quello che il ragazzo dovrà fare. Invece quando io consegnavo i fogliettini c’era scritto: sveglia, colazione, allenamento. Il direttore sportivo era proprio il faro, adesso è un componente del team.

Seguirai davvero meno del solito?

Andrò sicuramente meno. Il mio lavoro in questa squadra è diventato un po’ di contorno. Cerco di fare un po’ più la logistica. Certo, quando salgo sull’ammiraglia, sono nel mio regno. Ritrovo il mio modo di fare, il mio modo di agire. Sono ancora un po’ autoritario. Però ci sono tante altre persone che lavorano per me. Non sono io il più bravo, ce ne sono altri molto più bravi. E’ giusto che abbiano il loro spazio. 

Il motore di Moscon è tornato a girare, vero Zazà?

01.12.2022
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Stefano Zannini e Gianni Moscon un anno dopo. Più o meno di questi tempi, lo scorso anno parlammo con “Zazà” dell’imminente arrivo di Gianni Moscon all’Astana Qazaqstan. Aspettative, sogni e la voglia matta di avere tra le mani finalmente un corridore per il Nord di primissimo piano, scaldavano il direttore sportivo varesino.

Poi però si sa, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E il mare in questione si chiama Covid. Il virus ha letteralmente devastato Moscon, che di fatto ha passato l’intera stagione a rincorrere se stesso e la condizione. 

Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi dell’Astana Qazaqstan (foto Instagram – Astana Qazaqstan)
Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi dell’Astana Qazaqstan (foto Instagram – Astana Qazaqstan)

Ragazzo semplice

Ma siamo sicuri che sia solo il Covid ad aver condizionato Moscon, che non ci sia stato anche altro? E’ lo stesso Zanini che ci accompagna alla ricerca di risposte a 360 gradi.

«In questo anno a contatto con Gianni – dice Zanini –  conoscendolo a fondo ho trovato un ragazzo umile e tranquillo, soprattutto rispetto a quel che si diceva di lui, cioè che fosse difficile da gestire. In Belgio soprattutto ad inizio anno abbiamo passato parecchio tempo insieme e posso dire che mi piace.

«Mi piace perché è semplice, ha le idee chiare e quest’anno è stato davvero tanto sfortunato. Ha preso il Covid ad inizio anno e non si è più ripreso. Solo a fine stagione, ma proprio alla fine, è cominciato a tornare quello che è. Però il periodo è stato breve. Lui si stava riprendendo e la stagione era finita».

E’ importante che Moscon corra molto. Non a caso il team lo ha portato al Langkawi a fine anno e lo farà ripartire dall’Australia a gennaio
E’ importante che Moscon corra molto. Non a caso il team lo ha portato al Langkawi a fine anno e lo farà ripartire dall’Australia a gennaio

Ottimismo 2023

Ma è da qui che vuol ripartire Zanini, che trova l’ottimismo per l’anno che verrà.

«Nell’ultimo mese di gare – va avanti il diesse dell’Astana – ha finito in crescendo. Le sensazioni erano buone rispetto a prima. Nel corso dell’anno faceva una gara e non recuperava. Anziché crescere di condizione, accumulava fatica… che finiva per fargli peggio. E’ stato così anche al Tour de France (lo hanno fermato dopo 7 tappe, ndr). Nel finale invece c’è stato un cambio di rotta. Non che fosse ai suoi livelli, ma le cose erano diverse. Iniziava a salire di condizione».

Zanini parla di un Moscon che anche moralmente ha finito in crescendo e questo è molto importante per affrontare l’inverno. Un inverno che dal punto di vista della preparazione sarà importante: il trentino infatti ha già ripreso e bene.

«Ha fatto uno stacco non lungo, l’idea è di farlo partire presto. Gianni andrà in Australia. Deve riprendere a correre in un certo modo, mettere chilometri di gara nelle gambe e farsi trovare pronto per le classiche di primavera».

Il classe 1994 ha sfiorato il successo alla Roubaix del 2021. Moscon è stato nel gruppo Ineos dal 2016 al 2021
Il classe 1994 ha sfiorato il successo alla Roubaix del 2021. Moscon è stato nel gruppo Ineos dal 2016 al 2021

Crescita e team

Prima abbiamo accennato che oltre al Covid poteva esserci altro in questa difficile stagione di Moscon. In un ampio discorso sui giovani di qualche tempo fa, Bragato ci aveva detto di quanto fosse limitante per certi aspetti stare in squadre importanti straniere. Di come queste influiscano sulla crescita dell’atleta.

Nel caso di Moscon, passato alla Sky (poi Ineos-Grenadiers), c’è stato un enorme blocco di lavoro di gregariato. Così non solo ci si disabitua a vincere o a lottare per la vittoria ma, sempre nel caso di Gianni, che all’epoca del passaggio aveva 22 anni, si cresce con certi schemi mentali che portano poi a dei limiti tattici e se vogliamo anche mentali.

«Io non credo – ribatte Zanini – che questo riguardi Moscon. Io credo che lui abbia una voglia di riscatto incredibile. Già in Belgio lo vedevo che era dispiaciuto di non rendere come voleva. Era di sperato. Mi diceva: “Non vado, non vado… Non c’è soluzione”. E invece adesso è diverso. Il motore Gianni ce l’ha e di questo ne siamo certi. Si è visto anche in passato con le belle cose che ha fatto.

«Per quanto diceva Bragato: sì, Gianni ha fatto spesso il gregario e lo ha fatto nei grandi Giri soprattutto, ma si è visto anche che ha avuto i suoi spazi. Non dimentichiamoci che se non fosse caduto probabilmente avrebbe vinto la Roubaix.

«Quel che sostiene Bragato non è sbagliato, ma dipende anche in che squadra si militi. Io credo, anzi dico per certo, che in Astana per esempio tutti hanno le loro possibilità. Poi è anche vero che ci sono dei momenti o delle corse in cui ci si concentra attorno ad un capitano o a quell’atleta che ha determinate caratteristiche per quella corsa. Ma aggiungo anche che se sei furbo e segui bene il tuo capitano, poi avere anche tu le tue occasioni».