Nasce la MBH Bank-Colpack-Ballan, professional dal 2025

14.02.2024
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BERGAMO – La struttura del Life Source e i suoi salotti interni accolgono la nuova MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb. La novità del 2024 è l’ingresso nel team continental bergamasco, come sponsor principale, dell’istituto bancario ungherese. Le voci riguardo questa novità circolavano da mesi, ma sono diventate ufficiali solamente qualche settimana fa. Ora che tutto è stato portato a buon termine, gli animi sono sereni, distesi. Non solo quelli dei dirigenti del team, ma anche di chi ci lavora: «Tutto era previsto e programmato – ci ha detto prima della presentazione uno dei meccanici – il progetto c’era, ma tutto diventa concreto al primo bonifico».

In un mondo, quello dello sport, dove i soldi e gli sponsor sono sempre più importanti, questo scetticismo era quasi obbligatorio. Poi tutto è andato per il verso giusto e oggi, poco fuori Bergamo, è andata in scena quella che si potrebbe definire una festa. Tanti volti, tutti coinvolti e sorridenti, il caldo fa pensare alla primavera, ma alle prime gare manca ancora più di una settimana. 

Al centro Gabor Deak, presidente di MBH Bank, alla destra Gilberto Simoni, uno dei fautori del progetto
Al centro Gabor Deak, presidente di MBH Bank, alla destra Gilberto Simoni, uno dei fautori del progetto

Il vecchio e il nuovo

In quella che è stata, fino al 31 dicembre 2023, la Colpack-Ballan-Csb, si è sempre distinta una forte impronta bergamasca. Lo storico team continental ha fatto da tramite tra il territorio e lo sport. Ma il mondo del ciclismo cresce, si evolve, ed ora è diventato un fenomeno mondiale. I pedali raccolgono interessi e consensi, anche in Paesi con una tradizione meno forte: come l’Ungheria.

La presentazione del nuovo progetto passa dalle parole e dalle emozioni di chi ha vissuto e fatto diventare grande questa squadra. Il primo a parlare è stato Beppe Colleoni, compagno di Antonio Bevilacqua in ammiraglia per 25 anni. E’ proprio l’azienda di Colleoni, la Colpack, che è stata il principale sponsor del team per anni. Ora questo ruolo viene meno, ma toccherà a loro far innamorare del ciclismo i nuovi arrivati. Trasmettendo passione e tradizione, senza aver paura di aprirsi alle novità.

I ragazzi del team MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb sono appena stati in ritiro a Calpe (foto NB Srl)
I ragazzi del team MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb sono appena stati in ritiro a Calpe (foto NB Srl)

La visione di Bevilacqua

Il ruolo di team manager spetterà, come successo fino ad adesso, ad Antonio Bevilacqua. Con lui presentiamo l’idea e lo spunto che ha fatto nascere la nuova MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb.

«E’ una strada lanciata – spiega – con un progetto di cinque anni. Il passo più importante sarà la creazione del team professional a partire dal 2025. Il mondo del ciclismo è cambiato, le squadre WorldTour con i loro devo team fanno sempre più gola ai ragazzi. Era diventato difficile per noi risultare appetibili e competitivi. Vogliamo tenere il focus sempre sui giovani, perché è l’impronta del team e lo è sempre stata, ma serve un cambio di marcia. Lavoreremo in sinergia con l’Ungheria, tramite il nostro staff seguiremo dei team di ragazzi allievi e juniores. Proprio con quest’ultimi abbiamo già pianificato delle trasferte in Italia: saremo al Giro del Veneto, Giro del Friuli e Giro della Lunigiana».

La voce degli sponsor

Colleoni e Bevilacqua scherzano su questi 25 anni di matrimonio, festeggiati, caso vuole, proprio il giorno di San Valentino. La Colpack ha dato tanto al ciclismo e per continuare a farlo ha avuto bisogno di allargare i propri confini. All’interno della sala, circondata da vetrate lucide, hanno preso parola tutti gli sponsor. Ha iniziato Beppe Colleoni con la sua Colpack, tra lacrime e un video che ha fatto commuovere tutti i presenti. Forse, in quei quattro minuti, sono raccolte tutte le motivazioni che spingono un’azienda ad entrare nel ciclismo. Sarebbe bello fosse a disposizione di tutti. 

Si sono poi aggiunte le voci di Alessandro Ballan, CEO dell’omonima azienda, e di Renato D’Aprile, direttore commerciale di Csb. Dalle loro parole si è capito come il ciclismo possa essere un veicolo di emozioni e di economia. Un modo per far conoscere la propria azienda. «L’obiettivo – ha dichiarato Alessandro Ballan, imprenditore padovano – è sempre stato quello di fare il salto nel professionismo. Siamo contenti di far parte di questa nuova avventura e speriamo che la nuova partnership ci possa aiutare a far circolare ancor di più il nostro nome nel mondo del ciclismo».

Matteo Bianchi, fresco campione europeo del chilometro da fermo ha donato la maglia a Beppe Colleoni
Matteo Bianchi, fresco campione europeo del chilometro da fermo ha donato la maglia a Beppe Colleoni

I progetti di MBH Bank

E’ poi è toccato ai nuovi arrivati presentarsi, e lo hanno fatto attraverso le parole di Gabor Deak presidente di MBH Bank.

«Siamo orgogliosi e onorati di essere qui – ha detto – MBH Bank è una realtà nata da poco, dalla fusione di tre istituti bancari ungheresi. Siamo la seconda banca del nostro Paese e ci consideriamo giovani, dinamici e ambiziosi. Tutti valori che fanno parte del mondo dello sport, con il quale già collaboriamo. Abbiamo una partnership con la squadra olimpica e con diverse realtà del mondo del calcio. Ora alla nostra avventura aggiungiamo anche il ciclismo, con la speranza di far crescere il nostro movimento e di portarlo ad un livello superiore. La Colpack-Ballan-Csb ci è sembrata la realtà giusta sulla quale investire. Il progetto è a lungo termine e prevede tanti passi, oggi è stato fatto il primo».

Martinelli e il ritorno (da diesse) nel progetto Colpack

27.01.2024
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Davide Martinelli ci ha messo davvero poco a rimboccarsi le maniche e a rimettersi in gioco. La sua carriera in sella alla bici è terminata alla Coppa Bernocchi il 2 ottobre. Mentre la nuova avventura come diesse alla Colpack (dal 2024 diventata Team MBH Bank Colpack Ballan) è iniziata presto, proprio in questi giorni. Un modo per ripartire rapido e indolore, tanto che questo inverno senza bici è stato diverso, ma comunque vorticoso. Il ritorno nella squadra che lo ha lanciato nel professionismo (in apertura la vittoria ai tricolori crono del 2014, immagine photors.it), questa volta nei panni del tecnico.

Dopo otto stagioni da pro’ Martinelli ha chiuso la sua carriera in maglia Astana
Dopo otto stagioni da pro’ Martinelli ha chiuso la sua carriera in maglia Astana

«Quelli invernali – racconta Davide Martinelli – sono stati mesi diversi ma comunque divertenti, mi sono mosso tanto. Non ho avuto molto respiro, visti tutti i progetti che sono iniziati, ho avuto poco tempo per pensare alla fine della carriera. La bici l’ho presa in qualche occasione, una quindicina di volte in tre mesi. Pedalo con qualche amico e professionista della zona e mi difendo ancora bene, in salita soffro un pochino di più, ma fino alle 3 ore riesco a reggere.

«Ho approfittato di questo periodo – continua – per andare a seguire la mia ragazza Rebecca (Gariboldi, ndr) nelle sue gare di ciclocross in Belgio. Siamo stati via una decina di giorni e sono andato a pedalare sul percorso del Fiandre, godendone appieno».

Un inverno diverso, godendosi la bici insieme alla fidanzata Rebecca Gariboldi
Un inverno diverso, godendosi la bici insieme alla fidanzata Rebecca Gariboldi

La finestra Colpack

Il filo che collega Davide Martinelli e la Colpack non si è mai spezzato. Quindi, una volta smesso di correre è stato facile riallacciare legami vecchi ma mai consumati. 

«Con Rossella Di Leo, Gianluca Valoti e Antonio Bevilacqua ho un ottimo rapporto da sempre. Ho corso con loro nel 2014 e nel 2015 – spiega Martinelli – e mi hanno lanciato nel professionismo. Nel tempo ci siamo sempre tenuti in contatto, così quando ho rivisto Rossella e Gianluca, mi hanno parlato del nuovo progetto. Il mio ingresso in squadra non è nato subito, ma è arrivato pian piano, come persone che si conoscono e pensano di fare cose assieme».

Due le vittoria in carriera di Martinelli, entrambe nel 2016: una tappa al Tour de La Provence e una (nella foto) al Polonia
Due le vittoria in carriera di Martinelli, entrambe nel 2016: una tappa al Tour de La Provence e una (nella foto) al Polonia

Una nuova figura

Quella che entra nel Team MBH Bank Colpack Ballan è una figura diversa dal classico diesse. Martinelli ha già il tesserino, ma a parte questo porta un’esperienza fresca e di spessore. 

«Ho fatto tutti i tre i livelli del tesserino – ci dice – durante il Covid. Quindi sono abilitato per lavorare anche con squadre professional, sono giovane per questo ruolo e la cosa che mi ha entusiasmato è il progetto a lungo termine del team. Il fatto che dal 2025 nasca una nuova professional ha fatto sì che la squadra avesse bisogno di una figura che arrivasse dal mondo dei pro’. Ho un’esperienza maggiore con un ciclismo più evoluto e che cresce anche dal punto di vista psicologico. Sono in grado di utilizzare tutta la tecnologia richiesta, come Training Peaks o Veloviewer. Ricoprirò il ruolo di collante tra i preparatori (Giovine e Fusi, ndr) e i diesse».

MBH Bank Colpack Ballan (foto NB Srl)
L’ingresso di MBH Bank porterà la Colpack Ballan a diventare una professional nel 2025 (foto NB Srl)

Primi contatti

Il senso delle parole di Martinelli esprime continuità, un senso ritrovato nell’avere un progetto diverso, ma comunque stimolante. Un qualcosa che apre a nuove idee con una sfumatura diversa. 

«E’ un progetto bello – prosegue l’ex Astana – e molto stimolante. L’opportunità che mi ha offerto la Colpack è grande. Non è facile, appena sceso dalla bici, trovare un qualcosa di così interessante. Ho sempre pensato che la strada del diesse sarebbe stata quella che avrei voluto percorrere, e iniziare da qui è uno stimolo immenso a fare bene.

«Ho già visto alcuni dei ragazzi, ma il primo vero incontro sarà a Calpe il 29 gennaio, quando saremo in ritiro. Mi rivedo in loro, hanno un sogno, che è quello di diventare professionisti. Allo stesso tempo hanno una grande occasione, perché la squadra diventerà professional nel 2025, hanno una finestra, sta a loro non farla chiudere. Farò tanto leva su questo, e credo che lo spirito sarà di collaborazione, tra tutti».

Per Davide l’esempio di papà Giuseppe è importante per imparare a muoversi da diesse
Per Davide l’esempio di papà Giuseppe è importante per imparare a muoversi da diesse

L’esempio di papà Giuseppe

Per Davide, cresciuto con il ciclismo a portata di mano, continuare la sua vita nel ciclismo è stato naturale. Il ruolo da diesse lo sente suo, ma allo stesso tempo riconosce di avere con sé una fonte inesauribile dalla quale abbeverarsi: suo padre Giuseppe. Prendendo spunti e idee su come affrontare questo ruolo. 

«Da mio padre ho imparato tanto – conclude Davide Martinelli – da piccolo passavo il tempo con lui commentando le gare. Anche quando crescevo ed ero junior, avevo sempre il suo parere e questo mi ha fatto entrare nel mondo dei pro’ preparato. Lui ha quella capacità di vedere le cose e di aggiungere un dettaglio che poi diventa determinante. Una cosa che mi piacerebbe prendere da lui è la sicurezza. Non ha mai pensato di vedere cosa fanno gli avversari, se ha una tattica la porta fino in fondo. La corsa si prende in mano e si prova a fare quel che ci si è detti. Spero di avere solo il 10 per cento del suo carisma, sarebbe già molto».

Masciarelli continua a crescere: parola di Bevilacqua

01.05.2023
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Lorenzo Masciarelli continua fare esperienza con la Colpack Ballan: nei giorni scorsi era in Toscana insieme a Bevilacqua per correre. Abbiamo deciso di sentire proprio il suo diesse per farci raccontare come stanno andando questi primi mesi bergamaschi. Masciarelli, intervistato da noi tra Belvedere e Recioto, si è detto sereno, non è questo il periodo per raccogliere i frutti del suo lavoro. Insomma, tempo al tempo. 

Dopo l’esordio nel ciclocross Masciarelli si è preso un periodo di pausa per poi iniziare la preparazione su strada
Dopo l’esordio nel ciclocross Masciarelli si è preso un periodo di pausa per poi iniziare la preparazione su strada

L’adattamento

Il corridore abruzzese arriva dal mondo del cross e questo cambio improvviso di disciplina si fa sentire ancora un po’. Non si può pretendere di passare da un impegno all’altro senza gettare delle solide basi.

«Masciarelli – racconta Antonio Bevilacqua – ha sempre lavorato per il cross ed i suoi allenamenti erano tutti di natura esplosiva. La prima cosa che abbiamo notato in lui era una mancanza di resistenza, allora insieme al nostro staff performance: Fusi, Giovani e Mazzoleni si è deciso di cambiare la preparazione. La cosa più importante era fare tante ore in bici, così da incrementare la resistenza. Abbiamo iniziato a lavorare in quest’ottica fin dal ritiro di febbraio a Calpe (foto Instagram di apertura). Non si è allenato sempre in gruppo, anzi, aveva praticamente un suo programma dedicato. Per tutto il tempo in cui siamo stati in Spagna ha fatto tantissimo fondo senza mai superare una certa soglia di intensità».

Masciarelli si è allenato più volte da solo, mentre la squadra seguiva altri programmi (foto Colpack)
Masciarelli si è allenato più volte da solo, mentre la squadra seguiva altri programmi (foto Colpack)

Allenamenti separati

Bevilacqua ci spiega molto bene quale fosse la condizione di Masciarelli appena arrivato alla Colpack. Tanta energia, ma di breve durata, com’è giusto che sia quando il tuo periodo di sforzo si concentra nell’inverno del ciclocross.

«Già dalle prime uscite – continua – si vedeva una buona condizione. Fuori dal comune per chi deve correre su strada, anzi, per meglio dire, troppo precoce. Quando i ragazzi si mettevano a “giocare” sugli strappetti di Calpe, Masciarelli è sempre stato il più pimpante, poi però si spegneva. Una volta costruita la base, abbiamo aggiunto qualche lavoro di forza, questo verso marzo, poco prima che iniziasse a correre. Poi si sono aggiunte delle ripetute al medio ed al medio-soglia. Infine l’ultimo passaggio sono stati gli interval training, quindi 40-40 e 30-30». 

A marzo ha esordito, tante gare per fare fondo e prendere dimestichezza con le corse su strada (foto Colpack)
A marzo ha esordito, tante gare per fare fondo e prendere dimestichezza con le corse su strada (foto Colpack)

Subito in corsa

L’esordio in gara per Masciarelli non si è fatto attendere, il 19 marzo a Montecassiano, aveva già attaccato il numero sulla bici. Una scelta dettata dalla necessità di trovare subito il ritmo ed il feeling con la strada. 

«Nelle prime gare è andato bene – continua a raccontare il diesse – ma ce lo si poteva aspettare. D’altronde Masciarelli arrivava da un grande periodo di forma visti gli impegni nel ciclocross. Tuttavia non dovevamo farci ingannare, si trattava di un momento positivo che non sarebbe durato molto. Un esempio può essere quello che è successo tra il Piva e il Belvedere. Alla prima corsa è andato bene, è arrivato nei primi quindici, una settimana dopo, al Belvedere, la condizione era già in calo. Ma è normale che sia così, la cosa importante per il ragazzo ora è correre, fare esperienza. Non deve pensare al risultato, quello arriverà in futuro, alla classifica penseremo da giugno in poi.  L’obiettivo dei primi mesi era quello di prendere confidenza con l’asfalto, prima d’ora aveva disputato poche corse su strada».

La condizione crescerà di corsa in corsa, gli obiettivi che contano arriveranno nella seconda metà di stagione (foto Colpack)
La condizione crescerà di corsa in corsa, gli obiettivi che contano arriveranno nella seconda metà di stagione (foto Colpack)

Giro? Forse

Uno degli impegni che potrebbero attendere il giovane abruzzese è il Giro d’Italia Under 23, il percorso dovrebbe uscire a breve, da quel momento in poi i programmi saranno più chiari.

«La prima parte di stagione – conclude Bevilacqua – era dedicata ai corridori veloci, ora si pensa alla seconda metà del calendario. Le corse diventano più dure, in questo momento è facile vedere ragazzi che vanno forte. Man mano che i mesi avanzeranno verranno fuori i corridori davvero in condizione, ci aspettiamo che Lorenzo venga fuori da giugno. Il Giro d’Italia dovrebbe essere un suo obiettivo ma sarà difficile, fino a quando non abbiamo il percorso non possiamo scegliere i corridori. Se viene fuori un percorso duro come quello dello scorso anno potremmo lasciare a casa i velocisti. I posti sono limitati: cinque, ed i ragazzi ambiscono tutti a far parte della rosa del Giro. Il 3 maggio dovrebbero presentare il percorso, con la speranza che ci aiuti ad avere le idee più chiare. Per Masciarelli le occasioni per mettersi in mostra ci saranno, se non dovesse fare il Giro avrà comunque a disposizione il Giro della Valle d’Aosta».

Scalatori merce rara. Ma la Colpack ne fa incetta

21.11.2022
4 min
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Scalatori no, scalatori sì. Come la mettiamo con questa figura sempre più particolare nel ciclismo? Da sempre lo scalatore è colui che con le sue imprese in montagna ha esaltato le masse, ma c’è ancora? Giovanni Visconti qualche giorno fa ha espresso qualche (lecito) dubbio sul futuro del corridore da 55 chili.

E in effetti le imprese in salita restano, ma cambiano gli interpreti. Prendiamo Alessandro Covi. Il Puma di Taino si è mangiato la Marmolada e gli altri passi dolomitici, ma non è certo uno scalatore.  O al contrario prendiamo chi, come la Colpack Ballan Csb invece ha deciso di puntarci.

Ne parliamo con Antonio Bevilacqua manager e storico direttore sportivo dello squadrone bergamasco.

Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua è una colonna portante del gruppo di patron Colleoni (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua è una colonna portante del gruppo di patron Colleoni (foto Scanferla)
Il mondo va in una direzione e Colpack in un’altra! Scherzi a parte, la volta scorsa Gianluca Valoti ci aveva detto che 4 dei 6 nuovi arrivati dagli juniores erano degli scalatori. Come mai questa scelta?

Perché fa parte della nostra storia e della nostra politica. Abbiamo sempre voluto avere in squadra degli scalatori. Vedi Masnada, Ciccone e non ultimi Ayuso e Verre.

Però di corse adatte a questo profilo sembrano essercene sempre meno…

In Italia in effetti sono poche. A parte il Palio del Recioto, che è davvero duro, e alcune tappe del Giro under 23, non ci sono percorsi davvero per scalatori. Anche per questo penso che servirebbero gare più dure. Affrontare grandi salite serve ai ragazzi poi quando passano.

Beh, per esempio c’è la Bassano-Montegrappa…

Sì, ma è una. Le corse stanno cambiando. Lo scorso anno l’abbiamo vinta noi con Luca Rastelli, che però non è uno scalatore. E poi è una corsa di un giorno. Le salite vere alla fine le fanno al Giro under 23 e al Valle d’Aosta, almeno in Italia. Poi ci sono meno scalatori perché i team preferiscono il velocista per andare alla ricerca del numero di vittorie, ma non è il nostro obiettivo, la nostra filosofia.

Nespoli è uno dei giovani scalatori che ha ingaggiato la Colpack. Eccolo vincere a Gussago (foto Rodella)
Nespoli è uno dei giovani scalatori che ha ingaggiato la Colpack. Eccolo vincere a Gussago (foto Rodella)
In apertura si è accennato ai ragazzini scalatori che avete preso. Cosa ci dici di loro?

Abbiamo sei atleti di primo anno: Diego Bracalente, Lorenzo Nespoli, Leonardo Volpato, Pavel Novack, Nicolas Milesi e Gabriele Casalini. Anche se gli ultimi due non sono scalatori. Bracalente è un marchigiano e in salita ha mostrato dei bei numeri. Nespoli è un lombardo che ha vinto un paio di cronoscalate. Novack è un ceco che ha vinto la Strade Bianche e in salita ha fatto molto bene lo scorso anno. E Casalini anche ha mostrato ottimi dati.

Quando diciamo che questi ragazzi sono scalatori di che peso parliamo? 

Bracalente che è il più leggero è sui 60 chili. Nespoli ne fa già 65.

Allora anche voi non avete lo scalatore puro, puro da 55 chili…

No. Non si trovano più. O magari ci sono, ma andrebbero cercati diversamente. Oggi i ragazzi sono sempre più “fisicati”.

E come mai secondo te “andrebbero cercati”? Se fosse una figura ancora super presente “si troverebbero da soli”…

Io credo che un po’ sia dovuto ai percorsi che come abbiamo detto non presentano grandi salite. E un po’ perché tutto è diverso, si va poi forte. Anche i materiali, sono diversi… Le velocità più alte consentono a chi è più potente di andare meglio. Lo scalatore magari oggi, con le velocità che ci sono, arriva sotto la salita stanco e non riesce ad emergere, a dimostrare le sue caratteristiche. 

Josè Rujano è stato l’esempio massimo dello scalatore vecchio stile (piccolo e sui 50 chili). L’ultimo baluardo è Pozzovivo
Josè Rujano è stato l’esempio massimo dello scalatore vecchio stile (piccolo e sui 50 chili). L’ultimo baluardo è Pozzovivo
Quindi ha ragione Visconti: scalatore puro addio?

Ripeto, bisognerebbe trovarli. E avere anche più pazienza. Magari essendo così piccoli non andrebbero forte al primo anno e forse neanche al secondo. Ma non è facile oggi fare questo discorso. Restano poco. Si ragiona sui numeri dei test. Passano pro’ da juniores e tu non ci puoi lavorare. Prendiamo l’esempio del canadese Leonard. Lo ha preso la Ineos-Grenadiers dopo aver visto i suoi numeri. Tutti cercano il fenomeno, ma di Ayuso ce n’è uno.

Voi allora perché avete preso degli scalatori?

Perché ci crediamo. Anche noi abbiamo visto i test e sappiamo che questi atleti più leggeri hanno comunque dei buoni numeri e poi perché vogliamo fare bene nelle corse a tappe. Vogliamo aiutarli a tirare fuori queste loro caratteristiche.

In tanti anni di direttore sportivo qual è stato lo scalatore più scalatore che ricordi tra le tue mani?

Stefano Locatelli – ribatte secco Bevilacqua – in salita andava davvero forte. Solo che poi aveva altre lacune, come la discesa. Ricordo che Reverberi mi disse: «Io non ho mai visto un corridore appena passato andare così forte in salita». Al Giro dell’Appennino per esempio staccò tutti, ma poi in discesa cadde. E devo dire che anche Ciccone era un gran bello scalatore.

Della Lunga vuole prendersi la Colpack, guidato da Bevilacqua

15.07.2022
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Il Giro del Veneto ha portato alla luce qualche nome interessante: uno è quello di Riccardo Lucca, vincitore di una tappa e della classifica generale. Il secondo nome è quello di Francesco Della Lunga, ventunenne toscano del Team Colpack Ballan (foto Instagram di apertura). Un corridore che nei suoi tre anni nel team bergamasco si è visto poco, soprattutto nelle corse di spicco. Il suo diesse Antonio Bevilacqua però è fiducioso delle capacità atletiche di Francesco ed in lui crede, anzi ha addirittura una visione più ampia di tutto l’insieme.

Antonio Bevilacqua è convinto che ai giovani serve tempo per maturare ed imparare, qui con Padun
Antonio Bevilacqua è convinto che ai giovani serve tempo per maturare ed imparare, qui con Padun
Allora Antonio, intanto come è arrivato da voi Della Lunga?

Ce lo hanno segnalato quando era juniores, lo abbiamo visionato e successivamente sottoposto a dei test ed i risultati sono stati molto incoraggianti. In lui abbiamo sempre creduto molto, e lo continuiamo a fare, complici anche delle difficoltà iniziali abbiamo tuttavia preferito fare le cose gradino dopo gradino.

Che difficoltà?

E’ arrivato da noi nel 2020, al suo primo anno da under 23 si è ritrovato in mezzo alla pandemia e tra scuola e Covid ha corso davvero poco. L’anno scorso ha preso quel maledetto virus proprio ad inizio stagione complicandosi l’avvio e non ingranando nella maniera migliore. 

Quest’anno, invece, sembra essere uscito dal guscio.

Sì, nella prima parte di stagione è stato molto utile per noi e per i suoi compagni. E’ stato uno degli ultimi uomini più importanti per Gomez nei primi mesi del 2022 riuscendo a ritagliarsi anche il suo spazio. Si è riuscito a sbloccare a Gambellara, poco prima del Giro del Veneto, vincendo la sua prima corsa tra gli under 23. 

A proposito di compagni di squadra, la concorrenza è alta da voi: ci sono Gomez, Persico, Umbri, Meris…

Noi abbiamo questa filosofia secondo la quale puntiamo a far crescere un corridore gradualmente. Parliamo dei velocisti: Francesco, i primi due anni ha dovuto imparare a lavorare per la squadra e per i suoi compagni più grandi o in condizione migliore. Tra gli under 23 si è persa la voglia di fare fatica, di mettersi in gioco per gli altri. E’ diventata una categoria molto più egoista rispetto a qualche anno fa. Vi faccio un esempio.

Dicci.

Quando Consonni correva da noi i primi due anni ha tirato le volate a corridori più grandi ed esperti, ha preso aria in faccia. Alcuni ragazzi, anche primi anni, stanno a ruota tutto il giorno poi escono per fare la volata e si piazzano. In questo modo pensano di mettersi in mostra e di passare tra i professionisti più facilmente.

Consonni prima di affermarsi in Colpack ha fatto tanta gavetta lavorando per i compagni più grandi
Consonni prima di affermarsi in Colpack ha fatto tanta gavetta lavorando per i compagni più grandi
Ma non funziona così, giusto?

Certo che no, ditemi voi se è normale. Quando vai tra i pro’ devi imparare a prendere il vento in faccia, a farti le fughe di 150 chilometri. Se queste cose non le impari da ragazzo poi di là duri ben poco. Della Lunga ha fatto così, ha preso tanta aria in faccia e gli ha fatto bene, noi crediamo in lui, è forte e per dimostrarlo vi faccio un altro esempio: alla Popolarissima doveva tirare la volata per Gomez, è andato talmente forte che è arrivato secondo. Anni fa avevo un ragazzo di primo anno con il quale ho discusso più volte perché lui voleva fare le volate e non tirarle. Pensava che facendo i piazzamenti si sarebbe messo in mostra, ora è ancora tra i dilettanti e senza esperienza di corsa. Quanti ragazzi vediamo passare e poi tornare indietro perché non sono ancora maturi? 

Tanti…

Le squadre professionistiche non hanno pazienza di far maturare il corridore, e non dovrebbe neanche essere il loro compito. Lasciamo ai ragazzi il giusto tempo di maturare, Consonni e Masnada, che hanno corso da noi, sono passati pro’ quando erano elite. Ora i ragazzi passano alla fine del secondo anno, poi non vanno e ritornano tra i dilettanti.

Francesco è al suo terzo anno alla Colpack Ballan e dopo qualche difficoltà iniziale si sta ritagliando i suoi spazi (foto Instagram)
Francesco è al suo terzo anno alla Colpack Ballan e dopo qualche difficoltà iniziale si sta ritagliando i suoi spazi (foto Instagram)

Francesco cosa dice?

Le parole di Antonio Bevilacqua riecheggiano ancora nella nostra testa quando sentiamo Della Lunga. Quella con gli under 23 sembra una piega difficile da raddrizzare, anche se sarebbe bello vedere i ragazzi correre in bici per amore di questo sport e non per “rubarsi” il posto a vicenda. Anche se, alcune domande ci frullano nella mente, è vero che c’è bisogno di maturare, ma in questi anni Francesco non ha mai corso il Giro d’Italia Under 23 o il campionato italiano. Corse che comunque fanno parte dello sviluppo dell’atleta.

«Il Giro d’Italia non era la corsa più adatta alle mie caratteristiche – racconta il ragazzo – quindi si è deciso, insieme ai direttori sportivi, di non correrlo e di fare gare più adatte alle mie caratteristiche. La squadra voleva fare bene nell’ottica della classifica generale, per questo si è puntato su una squadra più “leggera”. Infatti sono andato all’Adriatica Ionica Race».

In pochi mesi Della Lunga ha raggiunto quota tre successi stagionali (foto Valentina Barzi)
In pochi mesi Della Lunga ha raggiunto quota tre successi stagionali (foto Valentina Barzi)
I percorsi delle grandi corse a tappe però sono ormai tutti tosti, i velocisti sono chiamati a grandi sforzi, non è meglio abituarsi gradualmente a questa cosa già da under 23? 

Da un punto di vista sì, fare 10 giorni di corsa del Giro rispetto ai 5 dell’Adriatica Ionica Race sarebbe meglio ma il roster è ristretto e la squadra numerosa. In qualche modo ci si deve adattare e comprendere che ci sono delle scelte da fare. Quando è stata selezionata la squadra per il Giro non ero in buona condizione, per cui è stato anche giusto così.

La concorrenza in squadra ti spaventa? Non sarebbe stato meglio correre in un team che ti avrebbe dato più spazio?

La concorrenza tra compagni fa bene e fa crescere, in allenamento è bene anche confrontarsi con gente forte. Non nascondo che quando sono venuto alla Colpack l’ho fatto anche per una questione di prestigio, se un corridore fa quel che deve fare qui poi ha più possibilità di passare. Reggere il confronto tra compagni di squadra tempra il carattere, bisogna essere giusti e disponibili ma farsi sentire in corsa, quando il momento lo richiede.

Della Lunga (a destra in maglia Dover) è stato notato dalla Colpack quando era junior (foto Scanferla)
Della Lunga (a destra in maglia Dover) è stato notato dalla Colpack quando era junior (foto Scanferla)
In questi anni sei stato a disposizione di ragazzi più grandi o in migliore condizione, come vi gestite?

Io sono consapevole che un mio compagno più grande debba avere più spazio rispetto a me, è giusto così. Gomez, che è al quarto anno, ha corso più gare da “protagonista” ma lui deve ritagliarsi il suo spazio e giocarsi le sue chance di passare professionista. Questo non vuol dire che si corra sempre per lui, tutti siamo a disposizione l’uno dell’altro a seconda dei periodi di forma e degli obiettivi stagionali.

Insomma, questa competizione non ti spaventa, anzi…

No no, non bisogna aver paura. Nel 2020 non ho corso, quindi mi sono trovato l’anno successivo con 12 mesi in più sulle spalle ma nessuna esperienza. Così ho preso consapevolezza della situazione e ho dato il mio contributo alla squadra, all’inizio del 2022 uguale. Ora, in questa seconda parte di stagione è arrivato il mio momento e l’anno prossimo sarò pronto a far vedere quanto valgo.

Passaggi precoci, un danno per i ragazzi: parola dei diesse

30.04.2022
7 min
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Corridori che passano troppo giovani, o quantomeno che non sono pronti: non è la prima volta che ne parliamo. Ma visti gli ultimi casi, vedi Trainini, Romano… vale la pena ritornarci. Diversi ragazzi come loro, per scelta o per “demeriti” in quanto non erano maturi, hanno smesso.

Senza contare poi i campioncini che sembrava dovessero spaccare il mondo e che invece stanno faticando più del previsto. Cerchiamo di fare il punto con alcuni diesse del settore U23 che hanno sottomano questi ragazzi.

Antonio Bevilacqua è uno degli storici tecnici alla corte di Beppe Colleoni (foto Colpack)
Antonio Bevilacqua è uno degli storici tecnici alla corte di Beppe Colleoni (foto Colpack)

Parola a Bevilacqua

Partiamo da Antonio Bevilacqua, della Colpack-Ballan. Bevilacqua ne ha visti di corridori nella sua lunghissima carriera, in bici prima e in ammiraglia poi.

«Sono tutti alla ricerca del Pogacar e dell’Evenepoel – dice Bevilacqua – Noi abbiamo avuto Antonio Tiberi e Andrea Piccolo, anche se lui va detto che è rimasto impigliato nel caso Gazprom, però stanno attraversando delle difficoltà. Un anno con noi e sono subito passati. Nella storia c’è stata qualche eccezione di ragazzi che sono passati precocemente, ma adesso sembra essere la norma. E infatti ormai conviene andare forte da juniores. Li alleni come bestie, vanno forte e passano pro’. Ma chi facciamo passare? Non certo un corridore formato».

«Tutti, team e procuratori, hanno paura. La frase ricorrente è: questo è forte, se non lo prendi tu, lo prende qualcun altro. E quando è così alla lunga anche la nostra continental non ha più senso di esistere. Il bello e lo scopo di una squadra come la nostra era di introdurre i ragazzi al professionismo con gradualità. Portarli a fare un Laigueglia, un Coppi e Bartali, un Larciano… Oggi vincono una corsa e via: campioni, professionisti. Quando passai io avevo nel sacco 6 vittorie, 11 secondi posti e quasi mi vergognavo. 

«Certo, il ciclismo è cambiato da allora e oggettivamente i giovani vanno più forte, ma resta le necessità di tempo per farli maturare».

Tiberi 2021
Per Bevilacqua, Tiberi sarebbe dovuto passare alla Trek-Segafredo un anno dopo: avrebbe accusato meno il salto di categoria
Tiberi 2021
Per Bevilacqua, Tiberi sarebbe dovuto passare alla Trek-Segafredo un anno dopo: avrebbe accusato meno il salto di categoria

Tiberi? Arriverà

«Torniamo a Tiberi – riprende Bevilacqua – Un anno in più gli avrebbe fatto bene. Premesso che Antonio è un ottimo corridore e verrà fuori, ma se fosse rimasto con noi per un’altra stagione avrebbe fatto un programma di gare importante con i pro’ e magari avrebbe vinto un Giro del Belvedere. E sarebbe passato anche in altro modo. Sarebbe stato subito vincente e magari avrebbe anche guadagnato di più. Perché se vinci da giovane, guadagni di più. Dal mio punto di vista non avrebbe perso un anno, ma lo avrebbe guadagnato».

«Perché poi un ragazzo che fa fatica in tutto, nei risultati, ad ambientarsi… alla fine rischia di perdere stimoli, di disamorarsi. L’ultimo dei nostri grandi che è rimasto quattro anni con noi è stato Consonni».

Luciano Rui, colonna portante della squadra veneta (foto Scanferla)
Luciano Rui, colonna portante della squadra veneta (foto Scanferla)

Il pensiero di Rui

Da un veterano dell’ammiraglia all’altro: Luciano “Ciano” Rui, della Zalf Euromobil Desirée Fior. Anche lui ha le idee chiare.

«E’ il solito discorso che sostengo da tempo – dice Rui – non puoi andare all’università senza prima aver fatto le medie e le superiori. Poi uno si laurea pure, ma uno, non cento. Per me ancora oggi si dovrebbero fare come minimo due o tre anni tra gli under. Devo dire che quasi tutti i miei ragazzi hanno osservato questo periodo. Sì, magari firmavano al secondo o al primo anno, ma poi restavano con noi ancora una stagione».

«In merito a questo discorso mi viene in mente Nicola Boem, uno dei ragazzi più talentuosi che abbia mai avuto. Ad un certo punto c’è stata fretta di farlo passare, anche se aveva fatto due anni con noi, ma poi una volta tra i pro’ non gli è piaciuto quel mondo. Lui aveva anche un carattere particolare, derivante da una situazione familiare non facile e di là non lo hanno capito. Andava accompagnato, ma c’era fretta di risultati. E così ha smesso. E non si tratta di squadre WorldTour o meno. Si tratta di passare in team che credano in te».

«Tra i pro’ sei solo. L’atleta che deve passare non deve solo essere pronto fisicamente ma anche mentalmente. Adesso ho Alberto Bruttomesso, un primo anno che ha già vinto tre corse. Se ne vince un’altra vedrai cosa succede. Lo avvicineranno e gli diranno che deve passare subito. Dobbiamo imparare a convivere con i procuratori, ma ci vorrebbe più sinergia fra tutti: team dilettantistici, procuratori e squadre dei pro’».

Per Pozzovivo una lunga gavetta alla Zalf prima di passare, ma è ancora in gruppo (e tra gli italiani migliori)
Per Pozzovivo una lunga gavetta alla Zalf prima di passare, ma è ancora in gruppo (e tra gli italiani migliori)

Pozzovivo un esempio

«Una volta prima di passare si doveva fare il militare- dice Rui – E non era cosa da poco. Passava un altro anno, finivi che ne avevi 20 e avevi una testa diversa rispetto a quando ne avevi 18-19, un’altra visione di vita. Oggi passano da ragazzini e quanto durano? Secondo voi perché Daniel Oss o Domenico Pozzovivo sono ancora lì? Pozzo con noi ha fatto cinque anni, Oss quattro. Daniel quando incontra i corridori della Zalf ancora gli dice: “Ciano è stato il mio maestro di vita”. 

«E poi è semplice: un ragazzo raggiunge la sua maturazione ormonale e quindi di equilibrio mentale tra i 24 e 26 anni. Sono dati medico-scientifici, supportati dal parere degli psicologi».

Leonardo Scarselli, da anni dirige i ragazzi della Maltinti
Leonardo Scarselli, da anni dirige i ragazzi della Maltinti

Scarselli…

Leonardo Scarselli è uno dei diesse della Maltinti Lampadari, storica U23 toscana. Anche a quelle latitudini si è verificato più di un caso di passaggi precoci, il più eclatante è stato quello di Daniel Savini. Due vittorie al primo anno, quattro al secondo e via alla Bardiani Csf Faizanè. Adesso, dopo due anni col Greenteam, milita nella Mg.K-Vis, squadra continental. 

«Io – dice Scarselli – penso che ci sia troppa esasperazione nelle categorie giovanili. Soprattutto tra gli juniores i ragazzi spesso non sono gestiti nella maniera più corretta nei confronti della loro crescita. A 17 anni gli fai fare dei carichi di lavoro che vanno al di là di quel che può supportare il loro fisico alla lunga. Poi sono giovani, si allenano e vanno forte. Ma come esplodono si spengono».

«Senza fare nomi, in passato ne ho avute di delusioni. Ragazzi anche che avevano vestito la maglia azzurra da juniores e poi si sono persi».

«Se avrei fatto passare Savini? Assolutamente no. Non era pronto dal punto di vista mentale, non si tratta solo di quello fisico. Non aveva quella maturazione che richiede il mondo dei pro’, una maturazione che è essenziale. E infatti ecco le conseguenze… Perdi il primo anno, perdi il secondo e alla fine perdi anche la fiducia: quella in te stesso e quella da parte del team».

Daniel Savini (classe 1997) passato alla Bardiani adesso milita nella continental Mg.K-Vis
Daniel Savini (classe 1997) passato alla Bardiani adesso milita nella continental Mg.K-Vis

E il caso Savini

Quando Scarselli parla di maturazione per il mondo dei pro’ si riferisce alle responsabilità, agli orari, all’alimentazione. Insomma alle cose concrete.

«Parlo di orari, di puntualità da rispettare, all’invio dei dati degli allenamenti – spiega Scarselli – Per esempio all’epoca chiesi a Zanatta (allora diesse alla Bardiani, ndr) come andasse il mio corridore e lui mi disse che ogni volta c’era una scusa per non inviare i files, in ritiro si era presentato sovrappeso… era partito col piede sbagliato. E infatti lo avrebbero fatto correre quando si sarebbe rimesso in sesto».

«Mi dispiace, perché Daniel poteva essere davvero un buon corridore. Un anno in più tra gli U23, tanto più con l’accordo con i Reverberi in tasca, gli avrebbe fatto bene per quella quotidianità che poi è quella che ti fa fare la differenza nel bene o nel male nel professionismo. In squadra con noi avrebbe avuto delle persone che magari gli sarebbero andate contro. Gli avrebbero parlato a brutto muso nel caso non avesse fatto le cose a modo. Ma se poi ero il solo a pensarla così…

«Io ho fatto il corridore, la mia esperienza conta, sono stato anche in team importanti come la Quick Step, so come funzionano le cose di là».

Dall’esempio di Verre, riflessioni sul passaggio tra i pro’

22.09.2021
5 min
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Alessandro Verre, under 23 di secondo anno passato a fine 2020 dal Team Casillo alla Colpack-Ballan, diventerà professionista il prossimo anno alla Arkea-Samsic con contratto triennale. Il piccolo lucano, molto forte in salita, è stato in alcuni momenti una delle note liete della stagione. Ha vinto tre volte. A Corsanico, nella tappa di Pollein al Val d’Aosta e al Trofeo Città di Meldola, ottenendo inoltre alcuni piazzamenti interessanti. Secondo le logiche del ciclismo di un tempo, quello in cui si cresceva nella squadra dei dilettanti per essere pronti al grande salto, dopo un primo anno così convincente, prima del passaggio avrebbe avuto bisogno di un’altra stagione per consolidarsi. Secondo le logiche del ciclismo di oggi e vedendo lo sport come un lavoro, perché non dovrebbe passare?

Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola: è il 18 aprile, prima vittoria stagionale
Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola: è il 18 aprile, prima vittoria stagionale

Non ancora vent’anni

Verre compirà 20 anni il prossimo 17 novembre. E’ forte in salita, ma al confronto con compagni già maturi come Baroncini e Gazzoli avrebbe forse bisogno di formarsi ancora.

«A chi lo avrà il prossimo anno – dice il suo direttore sportivo Antonio Bevilacqua – suggerirei di seguirlo con più attenzione negli allenamenti, di parlarci più di quello che si fa abitualmente con un corridore esperto. Lui è forte e talentuoso e per la preparazione si fa seguire da Pino Toni. Magari continuerà a lavorarci ancora. E’ stato un po’ una sorpresa il fatto che abbia deciso di passare, avrebbe potuto fare qualche corsa tra i professionisti anche con noi, ma ha deciso così e per questo gli facciamo i migliori auguri».

Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana. Le sue considerazioni sul passaggio sono molto interessanti
Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia. Le sue considerazioni sul passaggio sono interessanti

Una corsa sfrenata

Verre per gli allenamenti lo segue Pino Toni, si diceva. E a lui ci rivolgiamo per capire se il ragazzo sia veramente pronto per il passaggio.

«Analizziamo i fatti – dice – i procuratori iniziano a collaborare con ragazzi sempre più giovani e chiaramente devono immetterli nel mercato del lavoro. Li propongono alle squadre a discapito di quelli che ci sono già. I posti nel mondo del professionismo sono quelli, per mettere dentro uno nuovo, tolgo spazio a uno che c’è già, che sia mio o di un altro. Il lenzuolo è corto. E magari ragazzi che hanno fatto solo due anni di professionismo e non hanno avuto i risultati che ci si aspettava, ragazzi su cui le squadre potrebbero investire ancora, si ritrovano senza lavoro. Io mi domando, l’atleta che smette è stato “bruciato” dalla precocità atletica o dalla ricerca sfrenata del fuoriclasse? Tutti vogliono proporre il giovane perché sperano di avere il Pogacar e il Bernal che a 20-22 anni vince il Tour. Quindi bruciano quelli passati prima».

Alessandro Verre è uno scalatore molto forte: classe 2001, compirà 20 anni a novembre
Alessandro Verre è uno scalatore molto forte: classe 2001, compirà 20 anni a novembre

Caccia al fenomeno

Il sistema è chiaro, il meccanismo sotto gli occhi di tutti. Se le continental protestano, si ritrovano contro i procuratori che ormai presidiano il fronte e hanno sui corridori maggior ascendente rispetto ai direttori sportivi. E così il meccanismo che si è messo in moto a fine 2018, quando Evenepoel ha sbalordito il mondo, va avanti a tutto vapore.

«Io spero che fra qualche anno cambierà – dice ancora Bevilacqua – perché non tutti sono fenomeni. E magari anche le squadre dei professionisti ci penseranno bene prima di prendere così tanti ragazzini. La sensazione però è che abbiano tutti paura di perdere il fenomeno, per cui continuano a farli firmare giovanissimi. Mi chiedo se chi investe nelle squadre continental o quelle dei dilettanti andrà avanti a oltranza, sapendo che basta un piazzamento per perdere il corridore su cui ha investito».

Lo staff tecnico della Colpack-Ballan al gran completo, con Valoti, Rossella Di Leo, Ayuso, Antonio Bevilacqua e Flavio Miozzo
Lo staff tecnico della Colpack-Ballan al gran completo, con Valoti, Rossella Di Leo, Ayuso, Antonio Bevilacqua e Flavio Miozzo

L’età giusta

A un certo punto, insomma, ti rendi conto che lo standardi per il passaggio al professionismo non dipende dal livello tecnico raggiunto e dalla maturazione dell’atleta, bensì dalla capacità del mercato di assorbire nuovi atleti a scapito degli altri.

«A che età si è pronti per andare a lavorare? E’ un dilemma – riprende Toni – è chiaro che se le squadre continental ti dessero la tranquillità di uno stipendio, anche Verre potrebbe restare ancora nella categoria con i giusti stimoli. Ma come fai a suggerirgli di fare un altro anno con un rimborso spese se di là ti propongono uno stipendio superiore a quello di un impiegato di banca? Se lo seguirò ancora? Non lo so, abbiamo lavorato benissimo e c’è stima di entrambi, ma quando sei professionista devi anche attenerti a quello che ti scrivono sul contratto, per cui vedremo. Difficile dire se sia troppo giovane per passare, ma di sicuro ormai è diventato tutta una corsa al ribasso. Magari c’è anche un aspetto economico, nel senso che un corridore giovane ti costa sicuramente meno e ha meno pretese. La storia dice che tanti si sono bruciati, ma tanti sono andati avanti. Magari arriveranno ai 32-33 anni e poi smetteranno, l’importante è che abbiano preso dal ciclismo quello che potevano, prima di entrare per tempo nel mondo del lavoro».

La forza, l’herpes, la religione: Bevilacqua ci racconta Padun

11.06.2021
5 min
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Quando Mark Padun arrivò in Italia era il 2015. Era un ragazzo di neanche 19 anni. Aveva lasciato la sua Donetsk, città ucraina ad un centinaio di chilometri a Nord del Mar Nero, per fare il corridore. Un anno al Team Palazzago poi il passaggio in quella che è diventata la sua seconda famiglia, la Colpack.

Antonio Bevilacqua con Padun. Mark è stato alla Colpack per due stagioni (2016-2017)
Antonio Bevilacqua con Padun. Mark è stato alla Colpack per due stagioni (2016-2017)

Vittorie sì, sorpresa no

Oggi questo potente passista (poi vedremo se è corretto definirlo così) è alla ribalta in quanto vincitore di due tappe al Giro del Delfinato. E non due tappe qualsiasi, quelle più dure di montagna. Due trionfi ottenuti di forza. Con due attacchi da lontano ma finalizzati con andature degne dei migliori uomini di classifica. Chi lo conosce bene, come Antonio Bevilacqua, uno degli storici diesse della squadra bergamasca va oltre…

«A dire il vero questo exploit me lo aspettavo molto prima perché Mark è un corridore molto forte. Non dimentichiamo che lui ha già vinto una tappa al Tour of the Alps al primo anno tra i pro’. Poi ha avuto tanti problemi, soprattutto un herpes. 

«Gli venivano questi sfoghi sul viso ma anche su tutto il corpo, che indirettamente generavano problemi di peso. Era costretto a fermarsi, doveva prendere degli antibiotici. E questo gli era successo già quando correva con noi. Si tratta di un problema che si portava dietro da quando era ragazzino. Piano piano lo sta risolvendo. Ne abbiamo parlato recentemente e pare sia sulla strada giusta.

«E’ un corridore veramente forte. Queste due vittorie mi hanno colpito perché sono arrivate una dietro l’altra ma il fatto che abbia alzato le braccia al cielo no: non è stata una sorpresa per me».

Al Delfinato l’ucraino ha dedicato le sue vittorie a Gesù
Al Delfinato l’ucraino ha dedicato le sue vittorie a Gesù

Padun scalatore?

Il corridore della Bahrain-Victorious ha vinto in salita, ma non ha certo un fisico super longilineo da farlo etichettare come scalatore. E’ stato anche campione nazionale a crono nel 2019.

«Però – riprende Bevilacqua – vorrei ricordare che questo ragazzo con noi ha vinto tappe al Giro della Val d’Aosta, al Giro d’Italia U23. Ha conquistato il Gp Capodarco. Non solo, ma proprio in un Giro U23 ha lottato per la vittoria. Era l’anno in cui vinse Pavel Sivakov

«Piuttosto – e punta l’indice verso l’alto come a sottolineare ciò che sta per dire – ha messo un po’ di peso, però credo che se continua a sistemare i suoi problemi fisici possa andare ancora più forte. Io almeno l’ho visto così e mi è sembrato un po’ gonfio. Non è ancora tirato come dovrebbe essere e per questo dico che per me ha dei margini di miglioramento».

I numeri mostrati in salita in Francia sono paragonabili a quelli di un uomo di classifica, magari non da podio, ma tranquillamente da primi dieci. E infatti quando chiediamo a Bevilacqua che corridore è Padun e cosa può vincere, lui risponde secco: «Può vincere un Giro. Con noi fece quinto. Ebbe un problema con la bici da crono anche lui – ride pensando a quanto accaduto pochi giorni fa ad Ayuso – comunque sì, per me un passista-scalatore».

A Bevilacqua fa eco Gianluca Valoti, altro diesse della Colpack: «Fisicamente Mark è fortissimo, però la sua testa è il punto forte per me: è sempre concentrato e gli appuntamenti importanti non li sbaglia. Se può vincere un Giro? Per adesso sulle tre settimane ancora è presto forse, ma se finirà di risolvere i suoi problemini fisici ce la potrà fare».

Al Giro U23 del 2017 Padun vince la terza frazione a Barnara di Romagna
Al Giro U23 del 2017 Padun vince la terza frazione a Barnara di Romagna

Subito in fuga

Ma chi è davvero Padun? Antonio Bevilacqua ne ha visti passare di ragazzi e di ognuno sa vita morte e miracoli.

«Una cosa che mi colpì di lui – ricorda Bevilacqua – è che appena arrivò da noi vinse subito una gara, a La Torre. Sarà stata anche una corsa regionale, solo che lui andò via a 40 chilometri dall’arrivo e non lo ripresero più! Fu un bel momento. Ma già lo avevo notato l’anno prima che era forte, che aveva del potenziale.

«E poi è un ragazzo molto religioso, prega sempre… davvero il classico bravo ragazzo. Quando venne con noi gli diedi un appartamento che praticamente era di fronte casa mia, a Bergamo. Lui non aveva la macchina e per fare le commissioni usciva da solo. Gli chiedevo: Mark ti devo accompagnare? E lui rispondeva sempre di no. Andava a piedi: faceva due, tre chilometri ma non chiedeva mai, non voleva disturbare. Andava al supermercato e tornava carico con il suo zainetto pieno di cose e le bottiglie d’acqua nelle mani, le borse della spesa… Un ragazzo d’oro».

I titoli nazionali a crono sono due per Padun: quello del 2016 tra gli U23 (in foto) e quello del 2019 tra i pro’
I titoli nazionali a crono sono due per Padun: quello del 2016 tra gli U23 (in foto) e quello del 2019 tra i pro’

Più peso nella Bahrain

E adesso queste vittorie potranno influire sul suo cammino? Avrà un altro peso in seno alla Bahrain? Come abbiamo detto non sono state solo due vittorie, ma è il come sono arrivate che conta.

«Sicuramente sarà più considerato adesso – dice Bevilacqua – e anche Mark avrà più stimoli e certezze. Alla fine dell’anno scorso posso dirvi che ha avuto dei dubbi, quasi voleva smettere… però alla fine il lavoro paga sempre. Magari era stanco dei suoi problemi. Ci sentiamo di tanto in tanto. A volte ci viene a trovare in sede, nel magazzino. E’ rimasto un bel rapporto. Mark adesso vive a Lovere, ma è da solo e lui sa che noi ci siamo sempre».

«E’ vero – ribatte Valoti – si è affezionato molto a noi».

Team Colpack, Coppi e Bartali 2020

Bevilacqua, la Colpack e il ballo dei procuratori

30.12.2020
5 min
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Il Team Colpack-Ballan sta ancora masticando un paio di bocconi indigesti e si prepara per ripartire, ancora come continental, con il team manager Antonio Bevilacqua che fa il punto della situazione e solleva obiezioni su certe cattive abitudini, di cui aveva parlato anche Rossella Di Leo in una precedente intervista, che è obiettivamente difficile non condividere.

«Si riparte da un gruppo giovane – dice Bevilacqua – la politica è questa. Ce ne sono 3-4 buoni, sono curioso di studiarmi il calendario. Vorremmo seguire il programma italiano con le corse che potremo fare, da Laigueglia in poi. Se ci sarà posto. Tante WorldTour all’estero non ci vogliono andare, un po’ di corse saltano e magari al Coppi e Bartali sarà difficile essere invitati. Con Amici abbiamo un buon rapporto, spero non ci saranno problemi».

Juan Ayuso, 2020 (foto Instagram)
Juan Ayuso, classe 2002, ha vinto i due campionati spagnoli strada e crono (foto Instagram)
Juan Ayuso, 2020 (foto Instagram)
Ayuso, 18 anni, super talento spagnolo (foto Instagram)
Quali nomi hai cerchiato di rosso?

Gazzoli e Baroncini sono due begli atleti, che si sono affermati quest’anno. Su Gazzoli puntavo tantissimo. Ha preso sicurezza e si è sbloccato. Il Del Rosso lo ha vinto andando via in salita, sullo strappo. E’ veloce per corse impegnative, con gruppetto di 20-30 corridori. Un bel ragazzino è anche Persico, qui di Bergamo, di secondo anno. Sua sorella Silvia è alla Valcar, sono cinque figli e tutti e cinque hanno corso. Poi abbiamo Juan Ayuso, lo spagnolo di 18 anni che ci ha affidato la Uae Team Emirates.

Giusto, lo avete già incontrato?

Per ora lo abbiamo visto solo su Zoom. Dicono tutti che sia un fenomeno, dai test che ha fatto sembra così. Se la Uae Team Emirates lo ha preso per 5 anni, avrà qualcosa di buono. Verrà qui a gennaio, sempre se ci potremo muovere. Sta facendo una scuola inglese, per cui finirà gli esami a gennaio e poi è libero. Vivrà qui in casetta, da noi.

Che impressione ti ha fatto?

Un ragazzo di carattere. E’ serio, si vede che sa quello che vuole. Si presenta bene. Lo gestiremo noi, però sempre sotto la loro osservazione. Ci saranno degli incontri mensili per parlare di lui, perché giustamente ci tengono. La sua preparazione sarà concordata, anche perché dal 2021 oltre a Mazzoleni con noi ci sarà anche Antonio Fusi. Le nostre idee e la nostra preparazione alla Uae stanno bene, quindi seguiremo una linea concordata.

Perché hanno scelto voi?

E’ un po’ di tempo che parliamo con Matxin. Gli abbiamo dato Covi e prima ancora Consonni, Ganna e Troia. Gianetti ha corso con la Polti, ci conosce. Gazzoli fra poco andrà in ritiro con loro. Matxin ci aveva già dato Gomez, il velocista colombiano, che si è fatto il lockdown a Bergamo da solo.

Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua, team manager Colpack in uno scatto del 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Bevilacqua, team manager Colpack (foto Scanferla)
Tornando agli italiani?

Abbiamo preso Verre, di secondo anno: viene dalla Casillo, è uno scalatore. Poi Petrucci dalla Francaise des Jeux. Lui è un carattere preciso, un ragazzo meticoloso e non stava bene con quello che gli dicevano. E’ un po’ particolare, va avanti per la sua strada. Gli eravamo stati dietro per due anni.

Perché alcune squadre hanno rinunciato a essere continental?

Per il lato economico e alcune cose da rivedere. E’ una bella esperienza, ma la partecipazione alle corse deve essere più sicura. Io non ho problemi, ma se fai una squadra così, con tutti i criteri giusti, devi dare la possibilità ai ragazzi giovani di provare con i professionisti.

I ragazzi giovani…

Li cercano e si fanno passare subito. Il caso di Trainini è incredibile. Come fai a prendere un ragazzino che non ha mai corso e che ha avuto dei problemini, senza nemmeno chiederci informazioni? A Reverberi ho detto: «Come mai?». Lui ha risposto che poi magari glielo portavano via. Ha firmato senza dirmelo, me lo ha detto dopo. Ma che comportamenti sono? A Reverberi ho chiesto: «Ma non vuoi sapere che corridore è? Se ti interessa, potevi chiedermi di tenerlo per un anno, gli fai firmare il contratto. Lo porti in riviera, gli fai fare lo stagista…».

Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020 (foto Scanferla)
Filippo Baroncini, primo alla Vicenza-Bionde 2020: ultimo acquisto (foto Scanferla)
Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020 (foto Scanferla)
Baroncini arriva dal Team Beltrami (foto Scanferla)
Perché non ti ha chiesto informazioni?

Perché ormai comandano i procuratori. E i team manager si prendono i corridori senza sapere chi siano, per paura che li portino a un’altra squadra. Tutti vanno alla ricerca del fenomeno. Anche Piccolo e Tiberi avrebbero avuto bisogno di un altro anno.

Bisogno per voi o per loro?

Per entrambi. Mi sono salvato perché Gazzoli e Baroncini hanno rifiutato di passare in qualche squadra per rimanere qui e parto con due corridoi un po’ esperti e di livello. Ma di certo, se mi fossi presentato con Tiberi al Giro d’Italia, noi saremmo stati più coperti e lui avrebbe potuto mettersi alla prova. Che problema c’era se restava fino a giugno? Faceva Laigueglia, faceva il Coppi e Bartali, poteva andare con loro in ritiro e correva il Giro d’Italia. Se lo vinci o vai sul podio, passi anche con una bella cartolina.

Forse dei due, è più Piccolo che avrebbe avuto bisogno di altra gavetta?

Piccolo avrebbe avuto bisogno di mettersi alla prova da protagonista in mezzo a ragazzi del suo livello, ma quando un procuratore ti mette in testa che ti farà passare subito, hai chiuso. Il regolamento prevede che debbano fare due anni, io non ho voluto mettergli i bastoni fra le ruote e ho firmato una carta per dire che erano pronti per passare professionisti. A Guercilena ho chiesto di lasciarmi Tiberi ancora un anno, mi ha risposto che bisognava parlare con il procuratore.

Ci sono rischi?

Magari per Tiberi no, perché si è comportato bene ed è un corridore. Ad altri non danno tempo di crescere. Passano in tanti, poi che fine fanno? Adesso 4-5 che avevano smesso li ha presi Giuliani. Firmano giovanissimi, fanno due anni e chi non è Van der Poel resta a piedi. Consonni il primo anno non ci pensava a passare, nemmeno al secondo. Iniziò a parlarne al terzo. Adesso il procuratore gli dice: «Fatti vedere». Quindi il ragazzo pensa ai fatti suoi, preferisce fare quinto anziché aiutare il compagno a vincere. Non dovrebbe essere proprio l’Uci a scrivere queste regole?