Quel fuoco c’è ancora? Scaroni dice di sì. E rilancia…

28.12.2022
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Uno dei corridori della Gazprom, che alla Adriatica Ionica Race avevano colpito Martinelli per la grinta in ogni corsa, durante l’estate è passato alla Astana Qazaqstan guidata proprio dal bresciano. E’ Christian Scaroni, che nella corsa di Argentin aveva gli occhi iniettati di sangue e vinse pure due tappe. Alla fine di novembre, il team kazako gli ha rinnovato il contratto per il 2023.

Carboni, Scaroni, Malucelli: Christian ha appena vinto la sua seconda tappa alla Adriatica Ionica
Carboni, Scaroni, Malucelli: Christian ha appena vinto la sua seconda tappa alla Adriatica Ionica

Dal Polonia al Lombardia

Dal Polonia in cui ha debuttato e fino al Lombardia, Scaroni ha lottato con le unghie e con i denti. Così, arrivando nell’hotel della squadra sulla costa del Sud della Spagna, ci siamo chiesti se quel fuoco ci sia ancora o sia cambiato in qualcosa d’altro.

«Il fuoco c’è sempre – sorride – e sicuramente per me avere un anno di contratto qua, rappresenta un’opportunità e darò il massimo, come l’ho dato la passata stagione per meritarmi la possibilità. Ecco, per me è fondamentale far bene. E per quello c’è bisogno del fuoco dentro. Il più grande augurio che posso fare ai miei compagni di squadra è di avere lo stesso slancio. Anche l’anno scorso di questi tempi lavoravamo sereni, poi è successo quello che sappiamo. Speriamo che nel 2023 le cose siano normali».

Sul Grappa ha difeso la maglia di leader della Adriatica Ionica. E quando l’ha persa, ha vinto un’altra tappa
Sul Grappa ha difeso la maglia di leader della Adriatica Ionica. E quando l’ha persa, ha vinto un’altra tappa
Con quali obiettivi riparti?

Ne ho tanti nella testa, anche se ovviamente sono difficili da raggiungere. L’anno scorso, il calendario era un po’ diverso. Ho fatto tante corse in Italia dove il livello era leggermente più basso. Quest’anno partirò ancora una volta dalla Valenciana, ma dopo ci saranno gare toste dove vincere sarà difficile. Se ci saranno corridori in condizioni migliori, sicuramente sarò il primo a mettermi in discussione e darò una mano alla squadra, ma nella testa il primo obiettivo è tornare a vincere.

Anche nel 2021 iniziasti una bella preparazione, avete cambiato qualcosa?

Sicuramente, come tutti gli anni, a dicembre si lavora tanto sulla quantità, ma gradualmente si va anche a recuperare la qualità. A gennaio invece faremo un altro ritiro dove l’impronta sarà soprattutto sulla qualità, per arrivare pronti alle corse. Pronti a vincere, insomma.

Dopo la lunga sosta, Scaroni torna a un foglio firma al Giro di Polonia: è arrivata l’Astana
Dopo la lunga sosta, Scaroni torna a un foglio firma al Giro di Polonia: è arrivata l’Astana
Che cosa possiamo aspettarci?

Penso di poter dire che sono un corridore non del tutto da scoprire, ma ancora con molti margini di crescita. Nella riflessione che ho fatto quest’inverno, ho pensato ai miei tre anni da professionista. Nel primo c’è stato il Covid e ho fatto poche corse. Il secondo anno mi è servito un po’ per ambientarmi: ho raccolto qualche risultato e, per questo, il 2022 sarebbe stato fondamentale. Invece è successo quello che è successo e mi ha condizionato, nonostante le due vittorie e qualche piazzamento prestigioso. Io credo che per me il 2023 sarà ancora più importante e voglio dimostrare che valgo.

Le due vittorie erano figlie della rabbia o del livello raggiunto?

Già l’inverno scorso, quando parlammo a Calpe, mi sentivo pronto per fare questo salto. Sicuramente non pensavo di essere così competitivo alla Adriatica Ionica, perché non correvo dal Giro di Sicilia di due mesi prima. Non sapevo cosa potessi aspettarmi, però diciamo che mi sono difeso bene. Quelle due vittorie mi hanno salvato e mi hanno dato visibilità. E l’Astana mi ha offerto questa occasione che per me è stata fondamentale.

Nel 2019, prima di passare, Scaroni ha corso con la FDJ Continental: forte in salita, veloce allo sprint
Nel 2019, prima di passare, Scaroni ha corso con la FDJ Continental: forte in salita, veloce allo sprint
Davi per scontato il prolungamento del contratto?

Di scontato nel mondo del ciclismo ormai non c’è più nulla. Io ho lavorato come se avessi altri anni davanti, sereno e con la testa lucida, pensando sempre all’obiettivo che era fare risultato, ma anche lavorare per i compagni quando serviva. Tutto il resto è venuto da sé. Parlando con Vinokourov, è venuta fuori la complicità giusta per continuare ancora un anno. Potevano essere già due, ma va bene così. Sono consapevole di quello che posso dare e sono sicuro che i risultati arriveranno.

Hai trovato dei riferimenti in squadra?

Lutsenko mi ha impressionato per come lavora e quanto è determinato. Battistella lo conosco dai dilettanti: averlo in squadra sicuramente è un punto di riferimento anche per me. Poi c’è Luis Leon Sanchez, che a vederlo lavorare ha il suo perché. Diciamo che non ho un riferimento fisso, ma tante persone da cui prendere spunto. Anche Felline, un corridore che cerca di insegnare ai giovani. Ho tanti punti di riferimento.

Adriatica Ionica Race, 1ª tappa: a Monfalcone, il primo centro di Scaroni su Zana in pieno inferno Gazprom
Adriatica Ionica Race, 1ª tappa: a Monfalcone, il primo centro di Scaroni su Zana in pieno inferno Gazprom
Martinelli bresciano è un appoggio in più?

Abita anche abbastanza vicino a me, lo sento spesso, ma non c’è solo lui. Ci sono anche altri direttori, come Zanini e Manzoni. Li sento settimanalmente, quindi diciamo che è un gruppo nel quale siamo tutti integrati e ci sentiamo a nostro agio.

Ti abbiamo visto parlottare a lungo coi meccanici…

Quest’anno ho fatto alcune modifiche alle misure della bici. E con Yeyo Corral, il nostro biomeccanico, abbiamo apportato una modifica importante. Abbiamo cambiato le pedivelle, passando da 172,5 a 170. E’ una prova, ma sono sicuro che può darmi qualcosa in più. Sicuramente sto lavorando anche su questo, ma di base cerco di curare bene tutti i fronti. Non devo perdere in salita perché sennò non mi ritrovo davanti coi corridori importante, ma soprattutto non devo perdere lo spunto veloce.

Ti sembra che il cambiamento funzioni?

A livello di sensazioni, le pedivelle più corte mi danno uno spunto migliore, che già prima era buono. In salita invece vedo un’agilità diversa. Questa prova era già stata fatta anche con altri corridori, io ero al limite, ma adesso abbiamo deciso e vediamo come andrà. Se non mi trovassi bene, sarebbe un attimo tornare alle 172,5. Se ci sono adattamenti, meglio provarli qua. Non ti metti a farli in piena stagione. Per ora sembrano buone, vedremo quando i ritmi e l’intensità di allenamento saranno più alti, se sarà stata una scelta azzeccata.

Canola e Scaroni, con Bugno e Mauro Vegni nella conferenza stampa di Salò al Giro, che parve una farsa
Canola e Scaroni, con Bugno e Mauro Vegni nella conferenza stampa di Salò al Giro, che parve una farsa
Cosa resta del gruppo Gazprom?

Sento specialmente Canola. La sua è una situazione particolare perché forse è l’unico che non ha trovato squadra e questa cosa mi rattrista. Lui era stato il mio faro quando arrivai. Vederlo adesso senza squadra mi mette tristezza. Poi sento anche gli altri compagni di squadra come Carboni, Malucelli, Conci Sento anche loro e sicuramente li incrocerò alle corse.

Natale a casa?

Esatto, coi parenti, visto che il ritiro ci ha portato via per 16 giorni. Natale a casa per recuperare il tempo perso, poi ai primi di gennaio si ripartirà per le Canarie, in attesa di tornare ad Altea per il secondo ritiro e da lì si comincerà a correre. Alle Canarie vado con altri compagni di squadra come, Martinelli e Riabushenko. Stare a casa è quello che vorremmo tutti, ma allenarsi con zero gradi è difficile e siccome è un lavoro, si cerca di ottimizzare il tempo al massimo.

Giovani e vecchi, crescita e passione: parla Mazzoleni

25.12.2022
7 min
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Metti una sera con Maurizio Mazzoleni, preparatore della Astana Qazaqstan Team (in apertura, foto Sprint Cycling/Astana), ragionando sulla direzione del professionismo. Parlando dei giovani che arrivano spediti al professionismo e dei… vecchi costretti ad adeguarsi per stare al passo coi tempi.

Nei giorni scorsi, Cataldo ci ha parlato nelle ragioni – fatte di alimentazione e tecnologia – per cui in gruppo si va fortissimo. Pozzovivo ha raccontato che il continuo confronto con gli atleti più giovani lo ha costretto a migliorarsi per non perdere il passo.

Mazzoleni Dorelan
Maurizio Mazzoleni è preparatore dell’Astana da 12 anni ed è testimone diretto dei cambiamenti del ciclismo
Mazzoleni Dorelan
Mazzoleni è preparatore dell’Astana da 12 anni ed è testimone diretto dei cambiamenti del ciclismo
Sembra di vedere due mondi lontanissimi che convivono: la precocità dei giovani genera perplessità nei più esperti…

I ragazzi passano professionisti con delle qualità numeriche più alte rispetto a quello che succedeva una quindicina di anni fa. E’ facile pensare che il delta di miglioramento sia inferiore, ma essendo già ad alto livello potrebbe andare anche bene. Ci si chiede se possano tenere l’alto livello per più stagioni, ma nulla lo vieta. Se si lavora bene, magari è possibile. I corridori più esperti hanno questo dubbio. Vedono i ragazzi che arrivano veramente pronti e si interrogano sulla loro possibilità di crescita.

Si teme che siano troppo spremuti.

Esatto. Secondo loro sono più pressati dal punto di vista psicologico, facendo già questi risultati. La situazione dovrà essere analizzata caso per caso, ognuno avrà il suo percorso. Quando ci sono dei cambiamenti generazionali, anche a livello sociale, si fa sempre il confronto con la propria generazione. Però in realtà ogni generazione ha le sue prerogative. Oggi si è precoci in tanti ambiti, magari c’è da considerarlo anche nel ciclismo.

Il fatto di cominciare a lavorare in maniera più scientifica da juniores incide sulla fisiologia?

Sicuramente sì. Fra gli allievi, la parte della fisiologia deve essere un insegnamento. Da juniores diventa una competenza che l’atleta deve avere, perché il ciclismo è forse l’unico sport in cui l’allenatore non è presente quotidianamente sul campo d’allenamento, ma effettua il suo lavoro spesso in maniera differita. Quindi l’atleta deve acquisire queste capacità di allenamento già da junior. Con l’arrivo negli under 23, la cosa diventa sempre più specifica fino al passaggio al professionismo. In questi anni abbiamo tanti casi di juniores che passano in strutture professionistiche. Non è tutto male, non è tutto bene, a patto che le cose vengano fatte in una determinata maniera. A livello numerico e fisico sono pronti. Poi c’è tutto il resto, su cui bisogna lavorare e stare molto attenti.

Evenepoel ha iniziato a correre tardi ed era un fenomeno sin dagli juniores e non ha smesso di migliorare
Evenepoel ha iniziato a correre tardi ed era un fenomeno sin dagli juniores e non ha smesso di migliorare
Attività giovanile: c’è chi lavora per appuntamenti, facendo corse a tappe e periodi di preparazione. E poi chi lavora all’italiana, correndo molto di più.

Lo schema più simile al professionismo è il primo, cioè quello di preparare l’appuntamento. L’altra tipologia comunque ha portato buonissimi risultati. Il tempo passa veloce e dimentichiamo che l’anno scorso abbiamo vinto il mondiale under 23 con Baroncini e Gazzoli è arrivato al quarto posto, per cui il nostro movimento c’è. La mancanza di un leader italiano nei grandi Giri genera spesso una visione negativa, però secondo me è solo questione di tempo. Perché i talenti prima devono nascere e poi vanno coltivati. Quindi, nella lotteria del nascere, dobbiamo attendere l’atleta giusto per i grandi Giri.

Parliamo di giovani. Come si gestisce ad esempio l’inserimento di Garofoli, che ha appena compiuto 20 anni, nel WorldTour?

Lui viene da due annate un po’ particolari. Il primo anno c’è stato il Covid e quindi ha corso poco fra gli U23. Quest’anno poi ha avuto la miocardite ed è stato tanti mesi fermo, fino al via libera dei medici. Infine ha fatto un buon finale di stagione. E’ un atleta maturo, uno di quelli che lavorava con metodo già da junior ed era un vincente. Quindi non è un pesce fuor d’acqua nel contesto professionistico. D’altro canto, il vantaggio delle development è che già quest’anno ha lavorato con lo stesso sistema, gli stessi materiali, le stesse persone e quindi sarà più facile da inserire. A parte il cambio di categoria, che però è relativo.

In che senso?

Potendo gestire noi i calendari, farà magari la prima gara WorldTour ad aprile. Le altre saranno del livello che ha già affrontato nella development. Quindi ha buoni valori di partenza e verrà accompagnato. Ci aspettiamo che continui nel suo processo di crescita. Ieri gli abbiamo consegnato i programmi per la prima parte di stagione e, nel presentarglieli, ho fatto due volte riferimento alla parola “crescita”. Ci teniamo che il giovane continui questo processo. 

Nel 2022 Garofoli ha corso nella Astana Development e ora approda al WorldTour. Mazzoleni spiega il suo inserimento
Nel 2022 Garofoli ha corso nella Astana Development e ora approda al WorldTour. Mazzoleni spiega il suo inserimento
Il processo di crescita prevede anche gare in cui possa fare risultato?

E’ il discorso che facevamo prima. Ci saranno anche gare di un livello leggermente inferiore, in cui avrà la libertà di provarci. Senza dimenticarci che la nazionale italiana, qualora lo ritenga opportuno, potrebbe anche convocarlo per gare internazionali, come l’Avenir o i mondiali. Quest’anno abbiamo vinto il mondiale under 23 con Fedorov ed è un aspetto importante per il percorso di crescita.

Per voi non è un problema? Guercilena ad esempio è contrario all’eventuale convocazione di Tiberi.

Sono cose che valutiamo col team. Se è un passaggio che ha senso nel processo di crescita, perché no? Se invece non collimasse con i programmi della squadra, si valuterà caso per caso. Però non abbiamo veti particolare.

Cataldo ha tracciato l’identikit del corridore moderno e ci è parso abbastanza al limite: secondo te si potrà crescere ancora?

I margini, come in tutti i settori, ci saranno sempre. E proprio quando si pensa di essere arrivati, in realtà non si è mai arrivati. Ci saranno sempre nuove frontiere nei materiali, nella preparazione, nella nutrizione, in tutto. Quindi penso che siamo arrivati a un altissimo livello rispetto agli anni precedenti, ma sicuro tra 10 anni ci ritroveremo a parlare di aspetti che adesso magari non stavamo considerando.

A Villafranca de Ordizia nel 2021, Sanchez (38 anni) batte Ayuso (18). Secondo Mazzoleni, gli atleti maturi possono stare al passo
A Villafranca de Ordizia nel 2021, Sanchez (38 anni) batte Ayuso (18). Secondo Mazzoleni, gli atleti maturi possono stare al passo
Tanti ragazzi… anziani raccontano di essersi dovuti adattare alle nuove metodiche.

Quelli con più anni che sono rimasti nel ciclismo hanno fatto questo cambio di passo. Abbiamo avuto Cataldo qui in Astana e lavorava già con il nutrizionista, con il calcolo calorico e tutto il resto. Idem per Luis León Sanchez, non è che stiano facendo un ciclismo di vecchia data. Si sono veramente adattati e riescono ad avere performance veramente buone in anni in cui prima non si pensava si potessero ottenere. Frutto di talento, ma anche dell’essere stati al passo con le novità. Sono stati bravi ad adattare il loro talento al passare degli anni, con l’utilizzo di nuove tecnologie. Controllando ad esempio le ore di sonno, la variabilità cardiaca durante la notte, dosare l’allenamento successivo in base al riposo che hanno fatto. Magari prima era una sensazione: ho dormito male, quindi mi alleno di meno. Adesso ci sono dei dati e questi atleti sono stati capaci di utilizzarli per migliorarsi e quindi arrivare anche ad età avanzata.

Quanto deve essere presente un corridore a se stesso per tenere d’occhio questi aspetti?

A livello professionistico è tutto un po’ più semplice – spiega Mazzoleni – perché per ogni settore abbiamo a disposizione l’allenatore e il nutrizionista accanto al corridore. Non è così difficile, ma resta il fatto che correre è un’attività lavorativa quotidiana, che non si ferma al semplice allenamento. Adesso veramente ci sono tanti minuti dalla giornata, che poi sommati diventano ore, che gli atleti devono dedicare a questi aspetti. E’ stato un cambio di passo inevitabile.

Dumoulin ha smesso, è ritornato e poi ha smesso ancora, parlando di fatica nel sopportare la vita da pro’
Dumoulin ha smesso, è ritornato e poi ha smesso ancora, parlando di fatica nel sopportare la vita da pro’
C’è rischio che tutto questo diventi stress?

Se viene fatta nel modo errato, si. Io faccio sempre riferimento alla passione, soprattutto coi più giovani. Il ciclismo è passione, perché è uno sport di fatica e senza la passione è difficile che un ragazzo lo scelga. Se la fiamma resta accesa, non ci sono problemi. Senza passione, davanti a tante incombenze, l’atleta può avere un’involuzione. In effetti è capitato che per alcuni sia diventato tutto troppo pesante. E si leggono anche interviste in cui si usano queste espressioni. Ma se viene tutto alimentato dalla passione, passa tutto in secondo piano.

Battistella lancia la rivincita italiana: svolta nel 2023

24.12.2022
6 min
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Battistella ha ancora i capelli biondi. Aveva deciso di tornare al suo colore naturale, ma la nonna gli ha detto che stava bene e per non contraddirla, li ha mantenuti. Se i punti derivanti dai piazzamenti in gara fanno in qualche modo testo, la sua progressione rispetto al 2021 è stata netta, anche se è mancata la vittoria. Nella stagione di rincorsa, fatta anche del ritorno a casa a poche ore dall’inizio del Tour per un tampone positivo, non sono mancate le occasioni per vincere e forse quella che più brucia è il terzo posto al campionato italiano. I podi in tutto sono stati quattro, le cose buone fatte vedere nelle gare WorldTour restano. E la convocazione per i mondiali è stata una bella ciliegina sulla torta.

Terzo nella volata che valeva il tricolore: questo forse il rammarico maggiore del 2022 di Battistella
Terzo nella volata che valeva il tricolore: questo forse il rammarico maggiore del 2022 di Battistella

Perciò avendolo incontrato nel ritiro di Altea della Astana Qazaqstan Team, la sua voglia di prendersi gli arretrati fa pensare a un 2023 di altissimo livello, che lo vedrà tornare a marzo sulle strade italiane per poi puntare forte sulle Ardenne.

«Sì, penso che nel 2023 se tutto va come deve andare e senza incidenti o Covid – dice – vincere è il mio obiettivo. Anche le gare che non ho vinto quest’anno. Io sono fatto così. Sto cercando di limare tutto quello che posso proprio per iniziare a vincere. Per me e per la squadra. La Astana mi dà fiducia e la fiducia diventa una responsabilità che voglio onorare».

I criterium in Oriente sono stati le vacanze di Battistella (con la mascherina), qui con Antonio Nibali
Che cosa significa limare?

Quest’anno sto lavorando molto di più sull’alimentazione, in allenamento e in gara. L’obiettivo è arrivare a un peso minimo, sempre però avendo forza. Rispetto all’anno scorso mi sono presentato al primo ritiro con lo stesso peso che avevo a gennaio. Sto cercando di fare le cose con calma, non voglio essere magro e svuotato, insomma. Poi sto cambiando qualcosa anche negli allenamenti, per cercare di arrivare alle classiche e alle gare più lunghe con una base migliore.

Come si fa?

Lavoro a intensità diverse e faccio anche più volume, più distanza. Sto cercando di abituarmi al tipo di corse in cui voglio far bene. Abbiamo incrementato i carichi rispetto allo scorso anno, perché nel frattempo è passato un anno e il corpo è cresciuto. Ho fatto un altro grande Giro che sicuramente mi ha fatto maturare ulteriormente.

Si nota la differenza?

Personalmente, dal primo Giro d’Italia ho sentita. E anche dopo la Vuelta, quest’anno, l’ho sentito ulteriormente. Ovviamente si arriverà un limite, non è che andrà avanti sempre così, però sicuramente per gli atleti giovani fare un grande Giro di anno in anno ti aiuta a crescere.

Dopo il Giro 2021, nel 2022 Battistella ha provato la Vuelta. Prosegue il processo di crescita
Dopo il Giro 2021, nel 2022 Battistella ha provato la Vuelta. Prosegue il processo di crescita
Punterai forte sulla primavera?

Il mio programma è incentrato sulle Ardenne. Partirò abbastanza presto, con la Valenciana e poi la Ruta del Sol. Quest’anno invece della Parigi-Nizza, farò Strade Bianche, Tirreno e Milano-Sanremo. E poi ci sarà ovviamente la preparazione alle classiche e al Tour. L’anno scorso non sono riuscito a farlo, quindi ci riproviamo. La cosa vantaggiosa è che dopo il Tour, due settimane dopo, ci saranno i mondiali. Quindi nell’eventualità di essere convocato, avrò la forma del Tour.

Wollongong è stato il ritorno ai mondiali dopo quello vinto nel 2019 da U23: che esperienza è stata?

Bella. Un po’ difficile perché siamo andati là dieci giorni prima, quindi si è trattato di tenere la grinta alta per tanto tempo, allenarsi e fare tutte le cose nel modo giusto. Però penso che abbiamo dimostrato di esserci riusciti. Siamo partiti come la nazionale più sfigata, passatemi il termine, e alla fine abbiamo quasi fatto medaglia con Rota e preso il quinto posto con Trentin. Abbiamo corso bene.

Secondo Elisa Balsamo il percorso è stato sottovalutato, sei d’accordo?

Sicuramente era selettivo. Siamo partiti a tutta perché la Francia ha fatto forte la prima salita e quella era l’incognita della gara. E’ stata tirata fin dall’inizio, quindi alla fine è diventato un percorso a esclusione. Anche perché erano 270 chilometri e quello strappo giro dopo giro ha tagliato le gambe.

Battistella ai mondiali di Wollongong, tre anni dopo averli vinti da U23: una buona prova
Battistella ai mondiali di Wollongong, tre anni dopo averli vinti da U23: una buona prova
Non c’è più Lopez, come si fa senza un leader per i Giri?

Può essere sì un lato negativo, ma cerchiamo di trovare anche il positivo. Ad esempio quando sono andato al Giro e anche alla Vuelta, si andava a caccia di tappe, ma avevo sempre il pensiero del leader dietro, quindi si correva sempre un po’ al risparmio. Adesso magari non è un bene non avere nessuno per la classifica, però saremo più liberi di fare le nostre tappe.

Ti hanno mai proposto di pensare alla classifica di un Giro?

Nelle gare di tre settimane, ho visto che non sono in grado di tenere duro. Può essere che se miglioro ancora un po’ in salita ci si possa fare un pensiero. Ma al momento si tratterebbe di perdere troppo peso per stare al passo con gli scalatori e non so francamente se ne valga la pena.

Sei tra i giovani italiani attesi a un segnale, cosa ti senti di dire?

Sicuramente le critiche vengono perché non ci sono risultati, però alla fine non siamo macchine. La stagione è lunga e difficile e possono capitare tante cose. Non è matematica e se anche un corridore ha valori buoni, può capitare che non faccia risultato. Moscon è stato l’esempio più evidente. A dicembre stava bene, poi ha avuto quel batterio nel sangue che l’ha messo fuori tutta la stagione. Io ho avuto delle brutte cadute e il Covid prima degli appuntamenti importanti. Al Tour c’ero arrivato davvero bene. Però se tutto va come deve andare, secondo me l’anno prossimo daremo una bella inversione.

Prima del via del mondiale, Battistella accanto a Trentin. Davanti c’è Conci
Trentin e Battistella, prima del via del mondiale di Wollongong
Come si vive il rapporto col Covid?

Siamo molto meno in ansia rispetto al 2020 e al 2021. La verità è che ci si può fare poco. In due anni sono sempre stato attento. Anche prima del Tour, mi sono praticamente rinchiuso. Non dico che sia destino a prenderlo, ma prima o poi tocca a tutti. Quindi lo stiamo vivendo con più fatalismo. Ovviamente si sta attenti, si evitano posti dove c’è tanta gente. Però ad esempio i viaggi sono la cosa più pericolosa, perché in aeroporto non si sa mai. Penso che indossando le mascherine, si possa essere tutelati. E tutti noi lo facciamo negli aeroporti e nei luoghi pubblici.

Hai aiutato tuo padre in azienda quest’anno?

Ho lavorato quando è finita la stagione, perché mio papà non riusciva a trovare operai e aveva del lavoro da smaltire (l’azienda di famiglia produce macchine per stirare, ndr). Quindi il mio è stato un periodo di riposo per metà lavorativo. Non ho fatto vacanze, sono rimasto a casa. Ho fatto il Criterium di Singapore e Tokyo, prendendoli come vacanza. Poi, tornando da Tokyo, mi sono fermato quattro giorni a Dubai con la fidanzata che era lì per lavoro quindi ci siamo incrociati. In totale saranno stati 20 giorni di stacco. E poi per il resto sono sempre andato in bici. Ci tengo davvero a fare un grande 2023

L’infezione è guarita, Moscon può rialzare la testa

20.12.2022
5 min
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Dice Martinelli che la Bernocchi è stata la prima corsa del 2022 in cui ti sei sentito Gianni Moscon. Il trentino alza lo sguardo e dentro ci vedi il barlume di un sorriso. Uno così fai fatica a vederlo prostrato, piuttosto si indurisce. Lo abbiamo vissuto abbastanza per ricordarne le reazioni in altri momenti. Eppure il Moscon dell’ultima stagione era arreso, sulla bici e anche fuori, alle prese con un malanno per cui non si trovava la cura. Dall’inizio dell’anno, un crollo dietro l’altro. Fermo dal Fiandre al Giro di Svizzera. Ritirato dal Tour a Losanna e proprio quel giorno venne la decisione di fermarlo due mesi per andare finalmente al fondo del problema.

«La Bernocchi era il 3 ottobre – annuisce – è stata forse la prima gara dove ho avuto sensazioni normali. Ho ripreso a pedalare a inizio settembre e sono arrivato alle prime corse con quindici giorni di allenamento da zero. Perché dopo il Tour avevo iniziato anche a fare qualcosa, ma i medici mi hanno imposto di fermarmi assolutamente».

La Strade Bianche poteva essere un bel passaggio per Moscon, ma si è ritirato: tanta fatica, poca resa
La Strade Bianche poteva essere un bel passaggio per Moscon, ma si è ritirato: tanta fatica, poca resa

Piegato in due

Un mese e mezzo senza bici. E quando ha ripreso, finalmente ha sentito che il fisico rispondeva. Fatica e recupero: quello che per tutti è normale, per lui era diventato un incubo e per la squadra un bel rompicapo.

«Prima non riuscivo neanche andare a tutta – dice Moscon, giocando con le parole – perché ero sempre a tutta. Intendo che ci mettevo anche l’anima, ma il fisico non rendeva. Non arrivavo ad esprimere il massimo, quindi non riuscivo ad allenarmi perché ero sempre più stanco. Ho avuto un’infezione batterica nel sangue da curare inizialmente col riposo. Ero a casa, ma è stato un incubo, perché non se ne veniva a capo. Avevo un mal di schiena tremendo, proprio nella zona lombare. Ero piegato in due perché quando non stai bene, sforzi la schiena e la prima cosa che parte è il nervo sciatico. Avevo appuntamenti e visite quasi tutti i giorni, da Padova fino a Monaco. Finché a forza di girare, ho trovato una direzione». 

Parigi-Roubaix 2021, Gianni Moscon in versione guerriero: solo due cadute gli impedirono di vincere
Parigi-Roubaix 2021, Gianni Moscon in versione guerriero: solo due cadute gli impedirono di vincere

Antibiotici e via

Individuato il problema, s’è trovata la cura ed è stato possibile tracciare un cammino di rientro. Solo che la causa di quella debolezza è saltata fuori dopo quasi tre settimane.

«Trovata l’infezione – prosegue Moscon – è stato definito il protocollo terapeutico. Così finalmente ho avuto una strada da seguire e ho cominciato. Antibiotici e via. Ho trovato la mia routine, ero sempre operativo a casa. Ne ho approfittato per sistemare tutte le cose che poi, riprendendo ad allenarmi, non avrei potuto seguire. Avevo già previsto che avendo perso tutto quel tempo d’estate, il mio fine stagione non sarebbe stato tanto lungo. In questo ciclismo non ti puoi permettere di staccare un attimo, figurarsi un mese e mezzo d’estate. Al Langkawi sono andato perché era utile alla causa, quindi l’ho affrontato col morale giusto ed è servito».

Moscon correrà per la maggior parte della stagione con la Wilier Filante
Moscon correrà per la maggior parte della stagione con la Wilier Filante

Il sangue pulito

Il via libera è arrivato alla fine di settembre con le ultime analisi del sangue, vissute con una certa apprensione.

«Finalmente il sangue era pulito – sorride Moscon – non c’erano più parassiti. C’era ancora qualcosina, ma potevo nuovamente allenarmi in maniera blanda e seguendo le sensazioni. Ho capito che era inutile seguire una tabella, se non sai neanche come stai. E allenandomi così, sono arrivato alle corse anche discretamente. Il Covid aveva causato un’immunodepressione e si sono sviluppati dei batteri. I medici mi hanno detto che il virus e il vaccino possono avere effetti diversi. Magari non ti fanno niente oppure puoi avere un’immunodepressione. Magari nella vita di tutti i giorni, se devi andare in ufficio, accusi un po’ di stanchezza e ci passi sopra. Pensate invece a farci un Tour de France! Un altro effetto del Covid invece sono le malattie autoimmuni, ma con una di quelle sarebbero stati dolori…».

In allenamento con Basso, compagno di lavoro dal 2018 quando arrivò al Team Sky. Dietro, Garofoli (foto Sprint Cycling/Astana)
In allenamento con Basso, compagno di lavoro dal 2018 quando arrivò al Team Sky (foto Sprint Cycling/Astana)

Il tempo perduto

Così ora si va alla ricerca del Gianni perduto, di quel corridore vincente al Tour fo the Alps, poi lanciato verso la vittoria della Roubaix 2021 (ma fermato da due cadute: arrivò quarto), infine sparito dai radar.

«Il miglior Gianni che ho visto negli ultimi tempi – dice – è stato quello della prima parte del 2021, fino al Giro. Determinato e vincente. Mi sentivo bene, ero solido e con una gran condizione. Anche l’anno scorso ero sulla buona strada, a dicembre qui in ritiro stavo bene. Poi ho preso il Covid a gennaio ed è cominciato tutto. Faticavo a rispondere perché non sapevo cosa dire e perché c’era delusione per me stesso e anche per l’Astana che mi aveva dato fiducia. Non è stato facile, però so che posso solo migliorare. Ho questo in testa. Se il fisico mi asseconda, prima o poi la condizione si trova. E quando hai la condizione, si creano le opportunità».

L’Astana dopo Lopez e il ciclismo di Martinelli

16.12.2022
8 min
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Il licenziamento di Lopez è una tegola che ha scosso parecchio l’ambiente Astana. Il colombiano è stato mandato via dopo la scoperta di nuovi elementi che mostrerebbero il suo probabile legame con Marcos Maynar, medico sul quale gravano sospetti di doping. Nel bellissimo hotel con parco e piscina da cui si vede il mare, se ne continua a parlare sia pure ormai con la stessa battuta sommessa: proprio non ci voleva. Di colpo, la squadra che ha vinto grandi Giri con Contador, Nibali e Aru, che ha lottato con Landa, Lutsenko e Fuglsang, si ritrova senza un leader per le corse a tappe. Pensare a Giuseppe Martinelli senza un uomo di classifica dopo tanti anni di carriera, sembra quasi innaturale.

«Effettivamente penso che sia abbastanza strano – dice Martinelli, in apertura fra Zanini e Maini – però mi dovrò abituare. Dovrò cambiare un po’ mentalità, andrò meno alle corse. Anche perché con il tempo che passa, arrivano persone e mentalità nuove, per cui è giusto lasciare spazio».

Lopez è stato licenziato per la probabile frequentazione con il dottor Marcos Maynar: Martinelli parla di tradimento
Lopez è stato licenziato, Martinelli parla di tradimento
Quando succede una cosa come questa di Lopez quali sono i motivi per cui si rimane male?

Sembrerà strano, ma come prima cosa rimani male per il modo in cui ti arrivano le informazioni, che sono troppe e vengono prima che tu, che sei direttamente coinvolto, sappia qualcosa. E’ una cosa che non esiste, purtroppo però il mondo è questo. Del discorso di Lopez, non ho problemi a dirlo, l’unica persona che sa che cosa sia veramente successo è Lopez e nessun altro. Tutto il resto lo abbiamo scoperto passaggio per passaggio, momento per momento. Non puoi aggiungere nulla, perché altri hanno già aggiunto tutto. Il giorno in cui è successo tutto, dei miei amici mi hanno mandato giornali spagnoli, francesi, inglesi, tedeschi e Lopez era partito solo da un’ora.

Come si resta?

Ti va il morale sotto i piedi. Nonostante io ne abbia passate di cotte di crude, perché in questo mondo ci sono da troppi anni, fa sempre male perché vuol dire che la gente non ha ancora capito. E ce ne sono ancora purtroppo. E quando tu pensi che sia l’ultimo, invece, ce ne è sempre un altro.

Lui sarebbe stato una pedina importante per questa squadra.

Veniva dalla stagione 2021 con la Movistar che non era andata come doveva. E’ ritornato qua e l’abbiamo accolto a braccia aperte, convinti di riuscire ancora a tirar fuori qualcosa. Siamo stati traditi, la realtà è questa.

I primi giorni del ritiro sono serviti per la consegna dei materiali. Qui gli occhiali SciCon
I primi giorni del ritiro sono serviti per la consegna dei materiali. Qui gli occhiali SciCon
Hai parlato di nuovo che avanza, cosa salviamo di quel che c’era prima?

Il mondo va avanti, ma non è che i miei pensieri siano distorti da quelli dei giovani. Però si cerca di far collimare sempre queste due anime. Ho la fortuna di essere qua da tanti anni, di conoscere bene il mio ambiente e perciò mi rispettano per quello che sono. Insomma, finché si può, si sta qua.

Si può pensare di iniziare un nuovo ciclo dai giovani? Da Garofoli, per fare un nome…

Secondo il mio punto di vista – precisa Martinelli – non tutti sono Pogacar o Remco. Garofoli arriva da due stagioni un po’ strane. Prima il Covid, poi il problema del cuore. Speriamo che tutto sia in ordine e poi giorno per giorno si cercherà di creare veramente qualcosa. E’ presto per dire se sia un corridore da classiche o da Giri, anche perché corse a tappe vere non le ha mai fatte. Diciamo che secondo me ha una bella testa, ma il ciclismo è veramente cambiato. C’è battaglia dal chilometro zero all’arrivo. C’è gente che va in fuga con la maglia gialla. In certi momenti mi meraviglio che mi meraviglio ancora. Però sono cose che ti fanno pensare. I corridori sono molto più forti, c’è più specializzazione c’è più ricerca…

Non è sempre stato così?

La ricerca del risultato migliore c’è sempre stata, così come le rivalità. Però ognuno aveva il suo orticello da curare. Chi preparava la grande corsa a tappe, del resto si interessava poco. Se adesso vai a fare una corsa, vedi che Vingegaard prepara il Tour, ma intanto vince i Paesi Baschi. O Van Aert che va a fare le classiche, poi ti vince le tappe al Tour come se niente fosse.

Meccanici al lavoro: Tosello e Possoni alle prese con una catena da cambiare
Meccanici al lavoro: Tosello e Possoni alle prese con una catena da cambiare
Fare le squadre è più difficile?

Ne parlavo poco fa con un nostro sponsor e mi chiedeva quali sono le squadre più forti nel panorama mondiale. Alcune hanno prima di tutto il budget per prendere il miglior corridore, il miglior preparatore, il miglior tecnico, il migliore in ogni settore. Ci sono squadre invece che partono magari dai giovani e cercano di tirar fuori qualcosa di importante, che è quello che mi è sempre piaciuto fare. E magari prendono anche un preparatore giovane, lo costruiscono e lo fanno diventare più bravo. Però naturalmente, quando ti scontri con quelle realtà e sei più piccolo, devi cercare di tirar fuori il massimo da quello che hai. E’ un po’ questa la scommessa che forse ci apprestiamo a fare noi dell’Astana. Abbiamo una squadra sicuramente non fra le prime e non voglio dire che saremo in difesa, ma cercheremo veramente di vedere se siamo capaci di tirar fuori il massimo da ognuno.

Una sorta di tutti per uno e uno per tutti?

Ci sono corridori che secondo me erano abituati a fare un determinato lavoro per gli altri e poi a tirare i remi in barca. La sera si brindava perché aveva vinto Vincenzo oppure un altro e andava bene. Adesso vediamo se sono capaci veramente di tirar fuori loro qualcosa di buono. Anche poter dire semplicemente di essere andati in fuga, aver cercato di fare il massimo, centrare un piazzamento… Questo è la scommessa che abbiamo davanti.

Si parla più di un lavoro psicologico che atletico, in questo senso…

E’ un mix, ma sicuramente conta più la testa che le gambe, perché devi veramente creare qualcosa per te stesso. Magari qualcuno ha perso questa attitudine e qualcuno non l’ha mai neanche avuta. Magari un altro è nato gregario. Adesso invece hanno la possibilità di tirar fuori qualcosa per se stessi. Dico la verità, non credo che sarà facile. Non abbiamo la bacchetta magica, però magari scopriamo che qualcosa si può fare.

Racconta Martinelli che la Bernocchi, chiusa al 12° posto, è stato il segnale del ritorno di Moscon
Racconta Martinelli che la Bernocchi, chiusa al 12° posto, è stato il segnale del ritorno di Moscon
Secondo te, al netto dei problemi di salute che ha avuto, Moscon rientra in questa casistica?

Lo abbiamo preso per quello. La prima cosa che gli abbiamo detto quando è arrivato è che in qualunque corsa lui possa andare, avrà carta bianca. Anzi, qualche volta correremo anche per lui. E’ quello che gli è sempre mancato. Peccato che siamo andati incontro a una stagione sfortunatissima. 

Adesso come sta?

Motivato, com’era pure lo scorso dicembre. A gennaio invece era uno straccio e si è tirato dietro così fino a ottobre. La prima vera giornata in cui è sceso di bicicletta e mi ha detto di aver avuto buone sensazioni è stata alla Bernocchi, che era il 3 ottobre. E così lo abbiamo convinto ad andare in Malesia, dicendo che saremmo ripartiti da lì per arrivare qui a ricominciare per bene. Ci sono stati momenti in cui non ti rispondeva neanche ai messaggi, perché non sapeva cosa dire. Ed era anche difficile digli qualcosa per tirarlo su…

Hai parlato dei tanti ruoli nelle squadre: il direttore sportivo può ancora fare la differenza?

Sicuramente meno. Ovviamente non voglio dire che mi trovo con le mani legate, però adesso prima di fare una cosa, ti devi confrontare con tantissime persone. E tutte le volte che tu ti confronti con una persona, ti fa cambiare idea oppure sposi un po’ la sua. Una volta andavo a dormire, mi alzavo la mattina con la strategia che avevo studiato prima di andare a letto. Andavo dai corridori e gli spiegavo come avremo corso. Invece adesso ti confronti con troppe persone e alla fine molte volte ti tolgono un po’ di quello che avevi pensato. E’ capitato anche che me l’abbiano girata completamente al contrario. Perché ti dicono che quel corridore non sta tanto bene, che non conviene fare una certa cosa… E a un certo punto ti chiedi: e adesso cosa faccio?

Tour de France 2017, Martinelli e Shefer, due diesse del team, assieme al preparatore Mazzoleni (a sinistra)
Tour de France 2017, Martinelli e Shefer, due diesse del team, assieme al preparatore Mazzoleni (a sinistra)
Cosa succede se fai come prima e imponi la tua idea?

Io dico che in mezzo a tanti, forse sono ancora l’unico che viene giù ed ha ancora quell’idea. Il problema però è che molte volte ti trovi davanti il corridore che ha parlato con gli altri e quando nella riunione li guardi in faccia, sono perplessi o poco convinti. Prima li portavi dove volevi, perché la sera andavo in camera, parlavo col corridore e al massimo passava il dottore per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa per dormire.

Adesso no?

Adesso appena arrivi in hotel, c’è già l’analisi della corsa. Quanto hai speso, quanto non hai speso. Cosa devi mangiare, cosa non devi mangiare. Passa il dottore e ti porta quello che devi bere perché hai consumato un tot. Serve tutto per migliorare, anche se troppe cose nella testa ti confondono. Secondo il mio punto di vista, quello che il corridore soffre adesso è proprio questa pressione. Il fatto di avere sempre qualcuno che ti dice qualcosa e di tuo ti rimane poco.

Luciano Pezzi, nel presentare la Mercatone Uno del 1997, disse che Pantani ne sarebbe stato il leader, ma il capitano sarebbe stato Martinelli. Non è più possibile?

Questo dipende molto dalla squadra e da quello che sei riuscito a creare. Oppure da quello che gli altri hanno creato intorno a te. Adesso la squadra è fatta di tante componenti, mentre prima c’erano solo l’atleta e il direttore sportivo. L’esempio è quello che succederà domattina…

Due risate tra Felline e il massaggiatore Saturni al rientro dall’allenamento
Due risate tra Felline e il massaggiatore Saturni al rientro dall’allenamento
Che cosa?

Se venite qui domattina, vedrete che sul programma c’è scritto per filo e per segno tutto quello che il ragazzo dovrà fare. Invece quando io consegnavo i fogliettini c’era scritto: sveglia, colazione, allenamento. Il direttore sportivo era proprio il faro, adesso è un componente del team.

Seguirai davvero meno del solito?

Andrò sicuramente meno. Il mio lavoro in questa squadra è diventato un po’ di contorno. Cerco di fare un po’ più la logistica. Certo, quando salgo sull’ammiraglia, sono nel mio regno. Ritrovo il mio modo di fare, il mio modo di agire. Sono ancora un po’ autoritario. Però ci sono tante altre persone che lavorano per me. Non sono io il più bravo, ce ne sono altri molto più bravi. E’ giusto che abbiano il loro spazio. 

Bertogliati, l’occhio di Gianetti nel UAE Team Adq

06.02.2022
5 min
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Al momento di rilevare la Ale-BTC-Ljubljana, Mauro Gianetti ha lasciato tutto com’era, ma nel ruolo di team manager, che fino a quel momento era stato di Alessia Piccolo, ha messo Rubens Bertogliati. Lo svizzero, che ha smesso di correre nel 2012, faceva già parte dello staff del UAE Team Emirates come allenatore. Eppure, quando gli è stato proposto il nuovo incarico, ha accettato di slancio con la curiosità che ha sempre accompagnato la sua carriera.

«L’ho saputo a fine settembre – dice – quando Mauro me lo ha chiesto. Avevo ancora da fare il Giro di Sicilia e intanto ci pensavo. Poi quando a fine ottobre c’è stato il meeting di squadra ad Abu Dhabi, abbiamo preso la decisione. Ho detto di sì, perché in ogni caso è un’esperienza in più. Posso portare nel ciclismo femminile il bagaglio dei pro’ e quella che ho maturato nell’ambiente giovanile della Federazione svizzera. E poi non è niente di nuovo. Quando si va fuori con la nazionale, ci sono gli uomini e ci sono anche le donne…».

Bertogliati era nello staff del team emiratino come allenatore (foto UAE Team Emirates)
Bertogliati era nello staff del team emiratino come allenatore (foto UAE Team Emirates)
E come va?

Devo dire tutto bene. Quando si forma una squadra, anche se parte da una base che già c’era, ci sono cose da fare. Le maglie che devono arrivare, le bici, i mezzi… Può cambiare la categoria, ma le cose da fare sono sempre le stesse. Da parte mia, devo abituarmi alla nuova realtà. Sono qui nel ritiro, in questi giorni le abbiamo seguite. E anche se il passo dei professionisti è un altro, a vederle in salita a me è parso che vadano forte.

Il tuo sarà anche un ruolo tecnico?

Non farò l’allenatore, se è questa la domanda, né il diesse. Invece con gli uomini continuerò a lavorare come allenatore, ma farò poche trasferte e solo se la squadra avrà bisogno di una mano.

Posa di gruppo sulla spiaggia di Altea per team (foto Heres-Adq)
Posa di gruppo sulla spiaggia di Altea per team (foto Heres-Adq)
Che cosa ha portato Bertogliati nel team?

Lo schema di lavoro del professionismo. La Alè-BTC-Ljubljana era basata su una casa madre che era anche sponsor, con la presidente che voleva la squadra. Alle spalle della nostra squadra invece c’è un Paese che ci ha dato delle linee guida importanti e degli sponsor molto grandi. Non abbiamo fatto altro che portare la nostra filosofia.

Questo è avvenuto prendendo per buono tutto quello che c’era oppure cambiando qualcosa?

C’è stata prima la fase dell’osservazione e ora quella dell’imposizione del metodo di lavoro, che però in parte già c’era. Il passo successivo è crescere. Se serve un coach per le ragazze, stanziamo il budget e lo prendiamo. E’ comunque un primo anno, anche se il gruppo è ben consolidato.

Marta Bastianelli sarà la leader per le corse veloci (foto Heres-Adq)
Marta Bastianelli sarà la leader per le corse veloci (foto Heres-Adq)
Quanto servirà per andare a regime?

Faremo il fine tuning, come si dice, durante l’anno e dai prossimi si comincerà a crescere. Mi trovo bene. Le persone con cui lavoro sono motivate e lo staff selezionato da Fortunato Lacquaniti è ben assortito. Lavorano e ci supportano bene, sono persone di qualità.

Seguirai le gare?

Cercherò di esserci alle più importanti, ma lascerò ai tecnici la scelta delle atlete, perché le conoscono meglio di me. E’ bene che in questa fase io resti un passo indietro, perché non conosco le avversarie. Per ora mi accontento di conoscere le mie.

Melissa Moncada è la Presidente del team (foto Heres-Adq)
Melissa Moncada è la Presidente del team (foto Heres-Adq)
Che rapporto hai con le atlete?

Le trattiamo come professioniste, anche se in Italia questa figura non è contemplata, per cui tante ragazze sono inserite nei gruppi sportivi militari. Sono professioniste al top e con quei gruppi sportivi si riesce a lavorare, ma occorrerà mettere dei paletti per risolvere la cosa nell’interesse delle ragazze. Spero che dal 2023-2024 l’UCI risolva questa anomalia, il professionismo dovrà essere uguale per tutti. Io ad esempio ho scelto di lasciare Swiss Cycle, tenendo un impegno con la federazione regionale. Non si possono tenere i piedi in tante scarpe.

Gianetti è presente nella gestione oppure fa tutto Bertogliati?

Molto presente, per fortuna. All’inizio mi ha trasmesso il metodo di lavoro ed è venuto anche lui in ritiro per un paio di giorni. Sa che la squadra esiste, ma appena il team degli uomini entrerà nel vivo, anche lui avrà il suo bel da fare.

Dai una mano ai coach della squadra?

Li seguo e li ascolto volentieri per creare buone sinergie.

Lei è Safia Al Sayegh, campionessa degli Emirati (foto Heres-Adq)
Lei è Safia Al Sayegh, campionessa degli Emirati (foto Heres-Adq)
Chi si occupa di cercare nuove ragazze da inserire?

Fortunato ed io, devo dire che la mia presenza alle gare sarà legata proprio a un lavoro di scouting, nonostante i procuratori si stiano inserendo nel movimento. Potrebbe venir fuori una sorpresa. Il ciclismo femminile è legato a meno schemi. Mavi Garcia viene dal triathlon, ad esempio. Ho portato dentro Linda Zanetti, una ragazza svizzera che viene dalla mountain bike e che vuole concentrarsi sulla strada. E poi c’è la campionessa degli Emirati, Safia Al Sayegh, che ha dimostrato di avere dei bei numeri, ma deve crescere. E’ nata nel 2001, è importante per lei e per le ragazze del suo Paese.

C’è rivalità con gli uomini? Vi toccherà vincere il Tour?

Me lo chiedono in tanti (ride, ndr). Dobbiamo puntare a un ottimo risultato e abbiamo ottime atlete. Tadej (Pogacar, ndr) deve essere fonte di ispirazione, ma non di stress. Dobbiamo fare la nostra strada, ma sapendo che si tratta di un altro livello. Di sicuro la concorrenza interna stimola, ma il percorso del Tour non è troppo selettivo. I francesi sono stati cauti per la prima volta, ma credo che la Super Planche des Belles Filles farà selezione. Avremo il nostro percorso di avvicinamento. Di sicuro l’idea di correre il Tour Femmes è anche per noi un bello stimolo…

Mollema sicuro: per Ciccone colpo grosso in arrivo

19.12.2021
5 min
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Si sono ritrovati da qualche anno nella stessa squadra: la Trek-Segafredo. La prima volta che sentimmo parlare di Bauke Mollema fu nella tarda estate del 2017, quando il dottor Daniele, medico nella squadra americana, ce ne parlò di ritorno dal Tour de l’Avenir. L’olandese aveva battuto Tony Martin e il medico romano, al tempo nella nazionale U23, ci raccontò con stupore dei suoi tanti scatti. Prefigurando per lui una carriera luminosa.

Quasi un secolo dopo, Mollema sorride e racconta con il solito tono di voce gentile. Alla vigilia della quindicesima stagione da professionista, l’olandese ha attraversato pezzi di storia del ciclismo. E anche se la sua carriera non è stata quella che Daniele immaginava, le sue tappe al Tour, il Lombardia, le vittorie e il gran lavoro svolto per i vari capitani ne hanno fatto uno dei riferimenti del gruppo.

A 23 anni Mollema era la grande speranza olandese per vincere il Tour
A 23 anni Mollema era la grande speranza olandese per vincere il Tour

«Non sapevo molto del ciclismo in quel tempo – dice – correvo da soli tre anni, dovevo imparare tanto. Avevo il talento, mancavano le altre condizioni. I primi anni da professionista sarebbero potuti essere migliori. Facevo tanti errori. Potevo vincere di più, ma non ho rimpianti perché a distanza di tanto tempo sono motivato come la prima volta. Non so se si possa migliorare ancora, sicuramente nell’esperienza…».

Giorni spagnoli

Le cinque del pomeriggio a margine del primo training camp della Trek-Segafredo, dopo che con un vocale Luca Guercilena da casa ci ha confermato che le cose sono avviate lungo un corso promettente. Mollema dice di sé, ma il suo colpo d’occhio si estende al mondo che lo circonda.

Migliorare a 35 anni si può davvero?

Ho meno dubbi e meno stress di una volta e questo riduce il margine di errore. Sono più solido. Provo cose nuove e quando posso, provo a vincere da solo. Mi piace. Ho sempre vinto così. E’ un modo diverso di farlo, cominci a capire da prima che stai per farcela. La vittoria allo sprint è adrenalina, anche quella una bella sensazione, ma non cambierei le mie vittorie con qualche volata in più. Nelle fughe è un crescendo. Senti che stai per farcela e spingi più forte.

Un modo diverso di farlo…

Non devi avere paura di attaccare. Devi avere capacità da cronoman. Io non lo sono, ma sono capace di andare da solo e forte sia in pianura sia in salita.

La tappa di Quillan nel 2021 è stata la seconda vittoria al Tour dopo quella del 2017
La tappa di Quillan nel 2021 è stata la seconda vittoria al Tour dopo quella del 2017
Sei in una squadra internazionale, con una bella impronta italiana. Ciccone, ad esempio…

Ho corso tanto con lui nel 2020, soprattutto al Giro. E’ uno scalatore, difficile da controllare. L’inverso di Nibali, che è più calmo e ha tanta classe. Giulio è meno esperto, ma sta imparando alla svelta, non mi stupirei se potesse arrivare al grande risultato.

Hai cominciato il 2021 vincendo in Francia e poi a Laigueglia: quand’è così le stagioni cambiano?

Sei più rilassato, acquisti fiducia. Mi piace. Vuol dire che hai lavorato bene e hai la forma giusta nell’avvicinamento a obiettivi più importanti.

Nel frattempo il mondo fuori è cambiato di tanto?

C’è attenzione a tutto, rispetto ai miei inizi soprattutto per l’alimentazione. E’ più importante di quanto fosse solo 5 anni fa. In realtà per me non è mai stata un problema, non mi sono mai sentito di non poter mangiare. Se ho fame, apro il frigo e mangio. E’ cambiata l’attenzione nei miei confronti…

Ad Altea con Paolo Barbieri, addetto stampa del team, investito mentre era in bici
Ad Altea con Paolo Barbieri, addetto stampa del team, investito mentre era in bici
In che senso?

Finché ero nel gruppo Rabobank (Mollema è passato professionista nel 2008 con la squadra olandese ed è rimasto nello stesso gruppo fino al 2014, ndr), avevo attorno molti più media. E poi, sempre tornando alle differenze, le squadre sono più strutturate, c’è una migliore conoscenza dei percorsi. Googlemaps e tutte le applicazioni che ne sono derivate hanno permesso nel tempo di arrivare ai finali senza più sorprese.

A fine stagione non si vede l’ora di staccare: quanto tempo serve perché non si veda l’ora di ripartire?

Un mese esatto, per me è così. E il giorno che riprendo faccio tre ore di bici e mi sembra di essere tornato in un posto che mi mancava. Sento il corpo e la testa che hanno di nuovo voglia di fatica e allora si può ripartire.

Il ritiro è un bel modo per ritrovare lo spirito?

E’ anche divertente, con tutte queste cose da fare. Mi piace ancora lasciare casa, per venire qui. Mi piace stare con gli altri corridori, condividiamo ricordi ed esperienze, ci divertiamo.

Come va col ciclismo olandese?

Non conosco tanto i giovani in arrivo. Ovviamente si parla sempre di Van der Poel, che è ancora giovane. La Jumbo Visma fa pensare alla Rabobank di un tempo, con tanti buoni corridori, anche se non punta solo sugli olandesi com’era ai miei inizi.

Quale vittoria racconterai ai tuoi nipotini?

Bè, le due tappe al Tour sono state momenti indimenticabili, ma per come sono fatto io e la storia da cui vengo, il Lombardia del 2019 resta la più bella di tutte. Sono arrivato e tutti prevedevano per me un futuro nei grandi Giri. Ci ho provato, non si può dire che non l’abbia fatto. Ma ho capito già da un pezzo che non fa per me. Ma avere certe giornate in cui attaccare e sentire che la vittoria sta arrivando, è quello che rende questo lavoro ancora il più bello che ci sia.

Longo Borghini, piedi per terra e sogni importanti

17.12.2021
6 min
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E’ un bel periodo quello che sta vivendo Elisa Longo Borghini, uscita dal periodo del lockdown con un altro punto di vista su se stessa e sulla vita. Con il sorriso e con una serie di nodi finalmente sciolti, che hanno sgomberato il campo. Sono stati mesi difficili per tutti, ma in alcuni casi hanno portato nuova ispirazione. Ad esempio hanno permesso a chi scrive di chiudere una porta e ritagliarsi un’altra dimensione, mentre alla campionessa piemontese hanno donato occhi nuovi sul mondo. E se un’intervista comincia da stima reciproca e basi condivise, per chi legge sarà un viaggio da posizione privilegiata. La stessa in cui ci troviamo su questo divanetto spagnolo durante il primo ritiro della Trek-Segafredo.

Longo Borghini Tokyo 2021
Sul traguardo di Tokyo, Longo Borghini con l’espressione di chi ha dato davvero tutto
Da Elisa Longo Borghini l'unico squillo azzurro nel ciclismo su strada, un bronzo preziosissimo
Sul traguardo di Tokyo con l’espressione di chi ha dato tutto
Che cosa è successo negli ultimi mesi?

C’era una serie di eventi concatenati che mi portavano a essere introversa. Ora invece ho preso coscienza delle mie potenzialità. Non voglio mancare di rispetto alle mie avversarie, ma prima ero insicura, era come se patissi la corsa. Ora invece so di poter dire la mia. Il lockdown è stato una fase in cui ho potuto riflettere molto su quello che volevo e quello che non volevo. Ho tirato le somme e ho capito che potevo essere più determinata e sicura di me.

Un periodo duro, con qualche risvolto positivo…

Ha permesso a tante persone di riflettere sulla propria vita facendogli capire quanto siano fortunate. Prima davamo tutto per scontato, senza capire di essere dei privilegiati. Anche essere qua a parlare è un privilegio. Ci sono persone che non avranno mai interviste. Di più, persone la cui voce nessuno la ascolterà mai

Un cambiamento importantissimo.

Per questo ora non mi voglio porre più limiti. Voglio lavorare sodo e raggiungere buoni risultati, cercando di essere sempre migliore. Non sono quasi mai contenta dei risultati che ottengo e questo a volte è un bene e a volte un male. E’ buono avere accanto persone che te lo facciano notare.

Dopo lo shooting fotografico del mattino, il casco torna dal meccanico
Dopo lo shooting fotografico del mattino, il casco torna dal meccanico
Sai che il percorso del prossimo Tour potrebbe essere molto interessante?

C’è grande voglia di correrlo. Darà prestigio come lo ha dato a tante atlete del passato. Dobbiamo riflettere sul fatto che siamo qui a correre e abbiamo avuto anche la Roubaix, grazie a quelle donne che con la loro passione e la loro fatica ci hanno permesso di rivendicare certe corse.

Credi che in gruppo ci sia questa consapevolezza?

Fra le ragazze più mature, direi proprio di sì. Spero che le giovani non lo diano per scontato, sta a noi fare in modo che ciò non accada. Conoscere il passato è importante per avere un buon futuro.

Professionismo significa anche avere a disposizione figure di riferimento per ogni ambito.

Credo molto nelle persone che mi circondano, è il modo per rendermi un’atleta migliore. Mi piace avere un costante scambio di idee. Devo saper rispondere al nutrizionista o al mental coach. Loro mi danno gli strumenti, sta a me dire cosa penso. Mi piace che si crei sinergia, perché se certe cose, dall’alimentazione all’approccio con le gare, sono imposte, non sei consapevole di te stesso. Più ci si conosce, più si diventa forti.

L’individuo al centro delle operazioni…

I numeri dicono tanto, ma se non sei tu a capire da che parte sei girato, hai poco da fare. Il ciclismo è bello perché è introspezione, scoperta dei propri limiti e la voglia di superarli. A me piace fare fatica in bicicletta. Magari non sono un grande talento, ma lavoro tanto.

Se non avessi un grande talento, non avresti due medaglie olimpiche e tutto il resto…

Per come mi vedo, sento di essere una lavoratrice. Se non dai, non ottieni.

Giorni fa, nel cross di Vermiglio, si parlava con Marianne Vos e il pensiero intanto volava a te, sapendo che ci saremmo incontrati. Hai la stessa forza di Marianne nell’accettare i piazzamenti. Anche questo rende grandi…

Tu vuoi vincere a tuti i costi. Ma se quando stai dando il 110 per cento, qualcuno ti batte, non puoi farci niente. E’ lo sport, ma è anche la vita. E’ lo stimolo per migliorare.

C’è un secondo posto che però ti brucia?

Certo che c’è (dice dopo aver sollevato per qualche instante lo sguardo al cielo, ndr). E’ il secondo posto ai tricolori di Superga nel 2015 dietro Elena Cecchini. Il campionato italiano sembrava una gara maledetta. L’anno prima ero caduta, mentre Superga sembrava l’arrivo perfetto per me. Eravamo solo in due delle Fiamme Oro, mentre le Fiamme Azzurre erano tantissime e portarono via la fuga, arrivando ai piedi di Superga con un minuto e mezzo di vantaggio. Recuperai 1’20” arrivando a 10 secondi da Elena. Glielo dissi…

Che cosa?

Che la detestavo. Ma lei capì lo spirito di quella frase…

La Freccia Vallone è l’obiettivo di Longo Borghini: come cambia senza la Van der Breggen?
La Freccia Vallone è l’obiettivo di Longo Borghini: come cambia senza la Van der Breggen?
Torniamo al professionismo, orgogliosa di esserci arrivata?

E’ una cosa molto bella, ma non dobbiamo pensare che il percorso sia concluso. Finché ci saranno ragazze che guadagnano 300 euro al mese, non potremo dire di essere arrivate dove vogliamo. Non sto puntando il dito contro le piccole squadre, l’argomento è delicato. So benissimo che ci sono piccoli team a conduzione familiare, i cui direttori sportivi cercano di racimolare ogni anno il budget per far correre le ragazze. Ma dobbiamo impegnarci perché anche il loro livello possa crescere.

Come si fa?

A volte guardo Ina Teutenberg, il nostro direttore sportivo. Lei ha avuto una grande carriera (più di 200 vittorie, ndr), gettando le basi per noi che corriamo oggi. In qualche modo ora sta a noi raccoglierne il testimone.

A proposito di direttori sportivi, ti dispiace che Giorgia Bronzini sia andata via?

Mi dispiace molto, ma sono convinta che alla Liv troverà il suo ambiente. Lei è capace di dare grinta e far crescere le giovani. Qui si è trovata in difficoltà in una organizzazione con parecchi schemi. Sono sicura che farà un gran lavoro.

Cosa pensi della stagione con Elisa Balsamo?

La vedo già come una ragazza molto inquadrata, con un entourage che la segue benissimo. Mi piace l’idea di poterla aiutare a crescere ancora.

Il primo ritiro serve per mettere a posto tutti i dettagli, dall’abbigliamento alla bici
Il primo ritiro serve per mettere a posto tutti i dettagli, dall’abbigliamento alla bici
Vabbè, adesso però dichiara un obiettivo.

Se proprio devo dirlo, allora è la Freccia Vallone. Le ho sempre girato attorno e alla fine arrivava Anna Van der Breggen che trovava il modo di vincerla. Ora lei non c’è più e si creeranno tanti scenari e tattiche da capire. Sono davvero curiosa…

Il nostro tempo è scaduto. Paolo Barbieri arriva dalla sala accanto per portarcela via. Si starebbe a parlare ancora a lungo e siate certi che lo faremo. Il sorriso resta negli occhi mentre Elisa si allontana. Grazie per la stima. La stagione si annuncia foriera di grandi racconti.

Fra Santini e la Trek, l’arte e la diplomazia di Leslie

16.12.2021
5 min
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Nella hall del Cap Negret di Altea è tutto un ribollire di americani e frasi in inglese. In un tavolo c’è Monica Santini a colloquio con il numero due di Trek, mentre lo staff marketing dello squadrone americano invade sale e salottini per interviste, foto, video e le iniziative che popoleranno le campagne di tutta la stagione. Perciò quando Paolo Barbieri, responsabile italiano dei media, ci gira il nome di Leslie Zamboni, la prima sensazione è che avremo davanti un’italoamericana, perciò l’approccio è in inglese.

Lei si volta. Risponde. Poi con un sorriso esclama: «Sono italiana, se vuoi possiamo parlare italiano».

Leslie ha gesti che lasciano trasparire sicurezza. Solo quando alla fine del nostro incontro le chiederemo di fare una foto, avrà un attimo di tentennamento. Mai chiedere a una donna di fare una foto senza averla avvertita in anticipo…

Leslie Zamboni è arrivata alla Trek dopo aver lavorato per Nalini
Leslie Zamboni è arrivata alla Trek dopo aver lavorato per Nalini

Fra il team e Santini

Di lei vi avevamo parlato in uno dei primi articoli di bici.PRO quando passammo qualche ora nel maglificio Santini e nel mucchio degli scatoloni di fine 2020 intravedemmo un paio di figure che assortivano le forniture di abbigliamento della Trek-Segafredo per il 2021. Di lei ci parlò Stefano Devicenzi, ma non ci era ancora riuscito di incontrarla.

Leslie Zamboni è la figura di raccordo fra il team e l’azienda di Lallio, dipendente direttamente da Trek Italia, per evitare che i corridori tirino matti i tecnici di Santini con le richieste più estemporanee. Non sareste anche voi curiosi di farle decine di domande?

Come arriva Leslie alla Trek-Segafredo?

Come arrivo… (sorride e riordina le idee, ndr). Ho un background di 20 anni nell’abbigliamento per il ciclismo. Lavoravo da Nalini nel commerciale estero, per cui avevo regolarmente a che fare con le squadre. Ho lavorato con la Kelme, la Banesto, l’Astana. A un certo punto mi trovai a lavorare per Trek, che al tempo non aveva una figura interna che si occupasse dell’abbigliamento. E così un bel giorno, il responsabile del team venne a propormi se mi interessasse passare con loro.

E tu?

E io ho pensato che in Nalini mi trovavo benissimo, era anche vicino casa. Ma ho sentito che fosse arrivato il momento di cambiare, così ho accettato e mi sono trovata a lavorare con lo staff per capire in primis come fosse organizzata la squadra. Ho legato con i massaggiatori, ho scoperto i meccanismi e le varie figure che operano e poi ho cominciato a fare il mio vero lavoro.

Ad Altea ogni corridore ha ricevuto due scatoloni pini zeppi di ogni ben di… Santini
Ad Altea ogni corridore ha ricevuto due scatoloni pini zeppi di ogni ben di… Santini
Che sarebbe?

Raccolgo le informazioni che chiunque può darmi per migliorare l’abbigliamento della squadra. Una volta messo a punto questo cumulo di dati, mi interfaccio con Santini che inizia le sue ricerche per capire se le modifiche valgano la pena e siano di facile utilizzo. 

Ci hanno spiegato che il tuo ruolo è anche filtrare le richieste degli atleti.

Esatto (dice con una risata argentina, ndr). Abbiamo 31 ragazzi e 14 ragazze. Quelli che vengono da squadre più piccole, hanno meno esigenze e davanti alle forniture che ricevono spesso rimangono a bocca aperta. Quelli un po’ più esperti fanno richieste e c’è spesso da ragionare se nascano da vere esigenze o da intuizione del momento che dopo qualche ora sono tramontate. Per fortuna alcuni corridori sono un bel riferimento…

Ci hanno parlato di Stuyven.

Esatto, Jasper è un ragazzo molto attento. Testa tutti i materiali, ha un approccio molto logico e pragmatico e non si fa prendere dal momento. Un altro che sta crescendo su questo fronte è Pedersen. Sono atleti sensibili, attenti al dettaglio e poco emozionali. Vivendo al Nord, le loro relazioni sui vari prodotti sono molto attendibili.

Asbjorn Hellenmose e Filippo Baroncini, con la divisa da allenamento e quella da gara
Hellenmose e Baroncini, con la divisa da allenamento e quella da gara
Che cosa significa poco emozionali?

Ci sono corridori che rientrano da un allenamento in cui hanno avuto un problema e vengono a proporti di cambiare la maglia o la giacca per ovviare al problema. Poi vanno a farsi la doccia e se gli chiedi spiegazioni, l’hanno già dimenticato. A volte, se insistono, si fanno cose sapendo che non funzioneranno. Solo così sentiranno di essere presi in considerazione e si renderanno conto che l’idea non funziona. Non mi va di passare per la mamma cattiva che dice sempre di no… A volte poi il processo è inverso. Monica Santini e il suo staff a volte propongono qualcosa. Noi lo prendiamo e chiediamo il feedback dei ragazzi.

Tu sei sempre presente?

Ci sono al ritiro di dicembre per la consegna del materiale e a quello di gennaio per avere i primi report. Poi li seguo alle corse. E’ bene avere un contatto frequente. Li coccoliamo parecchio, d’accordo con Monica (Santini, ndr). Il materiale è tutto fatto su misura e a me piace stare in contatto con i corridori per il rapporto che si crea.

Quanto ti impegna la fase pre ritiro?

Sono nel magazzino di Santini per giorni interi, ad allestire scatole e valigie destinate ai corridori. E’ il momento più caldo della mia stagione. Porto sempre il buon Stefano Cerea, gran lavoratore, esperto e tanto paziente…

I corridori sono mai sfrontati nel chiedere adattamenti?

No davvero, alcuni sono timidissimi, devi capire tu se vogliono dirti qualcosa, magari sdrammatizzando. Una cosa comune a tutti è che sono molto educati. Su questo Guercilena (team manager del team, ndr) è sempre stato intransigente.

Cucitura giubbini Trek-Segafredo, Santini
Nei laboratori di Santini prendono forma le divise del club. Prima del ritiro, i magazzini traboccavano di materiale Trek
Cucitura giubbini Trek-Segafredo, Santini
Nei laboratori di Santini prendono forma le divise del club
E le ragazze?

Abbiamo iniziato tutto da zero, pur avendo buone basi in Santini. Siamo partiti dalle linee già esistenti e abbiamo iniziato lo sviluppo. La cosa più interessante dell’ultimo periodo è lo sviluppo del body da strada, partendo dalla base di quello per gli uomini. Lizzie Deignan si è fatta portavoce dell’esigenza. Abbiamo fatto la modellatura e ora abbiamo fatto la prima fornitura. Siamo molto curiosi di vedere se andrà bene.

La curiosità è legittima: ti senti più una donna Trek o una donna Santini?

Bella domanda (ride ancora, ndr), sono una donna Trek, ma devo dire che con Santini si è creato un ottimo rapporto. Sono molto ferrati, in più parliamo la stessa lingua. Capiscono velocemente le esigenze dei professionisti, si tratta di uno scambio equo, perché comunque dal team arrivano spesso feedback interessanti per la produzione.