«In quello sguardo li si vede il massimo della gioia che un genitore ha nel vedere la figlia felice». La foto in apertura sta girando da una settimana sul web. Racchiude un padre e una figlia. Orgoglio. Amore. La stessa passione per la bicicletta. Sergio e sua figlia Elisa. Un’istantanea scattata qualche metro dopo l’arrivo vittorioso di Elisa Balsamo alla Gand-Wevelgem.
Abbiamo deciso di farci raccontare direttamente da Sergio Balsamo quello scatto partendo dal percorso della figlia campionessa del mondo. Ripercorrendo rispettosamente i ricordi più intimi di gioia, crescita e momenti difficili.
Un’istantanea d’amore
«Dico la verità. Noi preferiamo stare nell’ombra. Lo siamo stati fino adesso, lei è la protagonista. Chi ha fatto quella foto è stato bravo a cogliere il momento. Lei sa che noi ci siamo. Ci siamo sempre. Facciamo prima a contare le gare a cui non siamo andati che viceversa. E sono davvero poche. I genitori diventano dei punti di riferimento per qualsiasi situazione che una figlia richieda che siano belli o brutti».
Da questa affermazione che ci viene detta da Sergio pochi secondi dopo che ci ha risposto al telefono, si capisce quanto papà e mamma siano rispettosi della figlia in ogni momento della sua carriera.
Nata sull’ammiraglia
Da ogni frase detta da Sergio spicca sempre la parola “noi”. Proprio così, nessuna frase che descriva il percorso di Elisa viene detta in prima persona. La famiglia infatti conta tre. Mamma Silvia è l’altra colonna portante della famiglia Balsamo che supporta la figlia da sempre.
«Noi ci siamo conosciuto attraverso la bici. Io ho corso fino a dilettante. Mia moglie è sempre andata in bici. Siamo direttori sportivi di terzo livello entrambi. Siamo stati diesse della SC Vigor Piasco per undici anni. In quel periodo è nata Elisa e chiaramente fin dai primi mesi l’abbiamo portata sull’ammiraglia. E’ nata sull’ammiraglia. Dietro alle gare non possono salire minori sulle macchine della carovana e noi la nascondevamo tra i sedili dove giocava spensieratamente. Era diventata la mascotte della gara».
Finestra sul passato
Parlando con il padre viene naturale chiedersi come una campionessa del mondo si sia approcciata alla bicicletta. «Noi non l’abbiamo mai forzata – racconta il papà – anzi volevamo che praticasse altri sport. L’avevamo iscritta ad uno sci club e d’inverno faceva sia fondo che biathlon. Lei cominciava ad andare in bici a marzo quando finivano le gare di sci. Era molto brava anche nel nuoto, infatti volevano che entrasse nella squadra agonistica».
«Da piccoli è importante che i bambini e ragazzi sviluppino le capacità coordinative e si divertano senza pensare ad un futuro nello sport. La prima gara che fece a sei anni è caduta e quello è stato il suo battesimo alle corse. Fino ai dodici anni faceva gare per divertirsi. C’erano i suoi cugini i suoi amici. Era una festa continua, giocavano di continuo».
Agonismo innato
Dietro a ogni campione c’è sempre una dose di agonismo che scorre nelle vene. E’ forse una delle caratteristiche che accomuna gli sportivi di tutto il mondo. «Lei è un’agonista incredibile. Se non vince – racconta Sergio – si arrabbia, ma quella è una caratteristica innata. A livello mentale su quel lato lì è sempre stata così, è un suo tratto distintivo fin da quando era piccola».
Da allenatori a genitori
Un passaggio importante per la crescita di un’atleta, ma in generale della pratica sportiva nell’adolescenza, è sicuramente come viene vissuto lo sport dalla famiglia.
«Abbiamo capito presto che a lei bastava allenarsi poco per vincere – spiega papà Sergio – e abbiamo sempre voluto tutelarla in rapporto alla sua età. Lei si confrontava con altre ragazze e posso assicurare che si allenava la metà. Usciva in bici un’ora al giorno e poi si dedicava allo studio. Vedevamo che a lei piaceva e che voleva impegnarsi. Dal nostro lato non l’abbiamo mai caricata di agonismo o aspettative. Ci limitavamo ad assecondarla e accompagnarla. Mamma natura ha pensato a darle un’abilità che non aveva bisogno di altro».
Una mentalità devastante
Che Elisa sia forte ormai lo si capisce dall’arcobaleno che cintura la sua maglia Trek-Segafredo. Ma per un’atleta che conquista questo tipo di risultati i motivi dei successi vanno oltre al fisico.
«A livello fisico è forte. Secondo noi a livello mentale è davvero incredibile. Se si mette qualcosa in testa non glielo togli. Una cosa che ci ha impressionato è stato il periodo post Olimpiadi di Tokyo. E’ uscita da quell’esperienza distrutta. Non per la caduta. Ma mentalmente era a terra. E’ arrivata a casa e non voleva sentire parlare di bici. Non l’ha toccata per una settimana. Alla domenica ha resettato la mente e si è focalizzata su un nuovo obiettivo. Il mondiale. In quattro settimane ha preparato un campionato del mondo di 160 chilometri dopo aver passato gran parte dell’ultimo periodo in pista. Siamo rimasti impressionati».
Crescita graduale
Il palmares di Elisa inizia ad essere sempre più ricco di classiche e successi di spessore. Tutti questi risultati però sono arrivati in maniera costante con una continua crescita delle prestazioni.
«Lei di anno in anno è cresciuta – dice papà Balsamo – senza bruciare tappe o con exploit casuali. Fortunatamente ha trovato un preparatore come Davide Arzeni che l’ha capita fin da subito. Tant’è vero che lei quando è passata juniores ci siamo subito tirati indietro e ci siamo messi dietro le quinte».
«Ovviamente sempre a sua disposizione perché è lei la prima a venirci a domandare. Una cosa che ci dava fastidio quando facevamo i direttori sportivi, erano i genitori che si intromettevano tra atleti e allenatori. Per tornare ad Arzeni, lui la pensa come noi. Sia come ore in bici che come preparazione. Le ha dato un carico di lavoro che non è straordinario. Anzi, lavora spesso in pista per i lavori specifici. Alla Valcar l’hanno fatta crescere con calma e serenità e questo ha giovato al suo percorso. A completare il cerchio, tre anni fa ha preso una nutrizionista che l’ha aiutata a fare un ulteriore salto di qualità».
Vivere il presente
Siamo ormai alla chiusura di una telefonata che ci ha fatto percorrere i passaggi più intimi che due genitori hanno vissuto nella carriera della figlia. Una domanda sul futuro per quanto scontata è però doverosa.
Papà Balsamo ci risponde così: «Non faccio voli pindarici, ci piace vivere nel presente. Quello che vogliamo noi è vederla sorridente e felice come in questo periodo. Vedere una figlia che fa quello che le piace, che si impegna e non le pesano i sacrifici per questo sport è il massimo. Due genitori non possono chiedere di meglio. Per il resto, tutto quello che arriva è un regalo. Non si sente superiore e sa che quello che raccoglie è dovuto per la maggior parte alla squadra che le dà la possibilità di giocarsi le sue carte».