Mathieu Van der Poel, vacanze 2025, California (immagine Instagram)

Torna Van der Poel e Namur diventa il centro del mondo

13.12.2025
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Sarà il periodo dell’anno e magari anche la sensazione che mancasse qualche pezzo, il ritorno di Van der Poel nel ciclocross fa pensare alla fine di un’attesa messianica, che sarà completa sabato prossimo, quando ad Anversa tornerà anche Van Aert. E quello sarà il primo derby nel fango, il primo dei cinque scontri fra i due giganti.

Van der Poel è tornato a inizio settimana dalla Spagna e il fatto che per debuttare abbia scelto Namur fa pensare che il suo livello sia davvero molto alto. L’olandese non è uno che corre sapendo di essere battuto ed evidentemente i suoi riscontri sono all’altezza della situazione.

«Fino a qualche anno fa – commenta il suo team manager Christoph Roodhooft – non avrebbe osato ripartire da Namur. Ma come atleta, si è evoluto a un livello tale che è pronto per debuttare su un percorso così impegnativo. Avrebbe potuto rendersi le cose molto più facili scegliendo il prossimo fine settimana, con Anversa e Koksijde. Inizialmente, era quello il punto di partenza della sua stagione, ma Mathieu si sente bene e ha abbastanza fiducia in se stesso per affrontare questa sfida. Mi aspetto che vinca? In ogni gara di ciclocross a cui Mathieu partecipa, ci aspettiamo che vinca. Se lo aspetta lui stesso, se lo aspettano tutti».

L'ultima vittoria 2025 di Van der Poel è quella di Geraardsbergen al Renewi Tour: che fatica battere De Lie!
L’ultima vittoria 2025 su strada di Van der Poel è quella di Geraardsbergen al Renewi Tour: che fatica battere De Lie!
L'ultima vittoria 2025 di Van der Poel è quella di Geraardsbergen al Renewi Tour: che fatica battere De Lie!
L’ultima vittoria 2025 su strada di Van der Poel è quella di Geraardsbergen al Renewi Tour: che fatica battere De Lie!

Quattro settimane di stop

Sembra di rileggere le parole pronunciate ieri da Giuseppe Martinelli, sia pure nel diversissimo ambito delle corse a tappe. La filosofia però è la stessa e la capacità e la facilità di prepararsi alla gara non correndo, unite all’immensa classe dell’atleta in questione, fa sì che la vittoria sia la prima delle opzioni. Non l’unica, ma quasi.

Van del Poel ha chiuso la stagione estiva a metà settembre con l’amaro in bocca per il 29° posto ai mondiali di mountain bike di Crans Montana, su cui invece puntava molto. La mountain bike continua a respingerlo, il gap tecnico sembra incolmabile. Sarà curioso vedere se presto o tardi deciderà di metterci una pietra sopra, concentrandosi sul ciclocross dove vincere invece gli viene molto più… facile.

«Ho riposato per un periodo più lungo del solito – ha spiegato ieri – la mia stagione si è conclusa prima rispetto agli anni precedenti (la foto Instagram di apertura lo ritrae in California, ndr). Questo mi ha dato l’opportunità di prendermi quattro settimane di riposo, poi ho ripreso ad allenarmi in Belgio. Due settimane dopo mi sono trasferito nella mia base in Spagna per continuare a potenziarmi e aumentare gradualmente l’intensità».

Nel passaggio alla MTB, Van der Poel non è ancora riuscito nella magia di colmare il gap tecnico dagi avversari (foto Alpecin-Deceuninck)
Nel passaggio alla MTB, Van der Poel non è ancora riuscito nella magia di colmare il gap tecnico dagi avversari (foto Alpecin-Deceuninck)

Gareggiare per non allenarsi

Il cross per allenarsi meno: questa è l’unica concessione che specialisti di questa grandezza fanno ai vecchi concetti della preparazione, eccezione all’infallibilità delle tabelle.

«Il fatto di avere un programma di 12-13 gare di ciclocross – ha spiegato – ha un senso. La seconda metà di dicembre offre sempre più opportunità di gara e finché sono in Belgio, preferisco gareggiare piuttosto che allenarmi. Ho guardato i percorsi e ho scelto le gare che mi sono sempre piaciute di più. Il fatto che molte di queste si svolgano nei dintorni di Anversa è un bel vantaggio».

Lo stesso ragionamento fatto da Van Aert. Le energie sono un capitale da salvaguardare e ridurre i viaggi gli permette di continuare con il cross, prendendone solo il positivo.

L’ottavo mondiale

L’obiettivo principale sono i mondiali di Hulst, che in caso di vittoria porterebbero a 8 il suo bilancio iridato. Sentendolo parlare, la sensazione è che fosse stanco di allenarsi e che non vedesse l’ora di riattaccare il numero sulla schiena.

«E’ passato molto tempo dall’ultima volta che ho corso a Namur – ha raccontato – e il percorso mi è sempre piaciuto. Mi sento pronto. Finora non ho fatto una grande preparazione specifica, ad eccezione di due sessioni: una martedì e l’altra giovedì. Gli ultimi due giorni invece sono stati più blandi. Dopo l’allenamento di giovedì, ne ho programmati due più facili per essere fresco e riposato sulla linea di partenza. Non è molto, ma l’anno scorso è bastato. Le aspettative sono alte. Forse sono un po’ al di sotto del livello del 2024, ma credo che possa bastare per giocarmi la vittoria».

Campionati europei ciclocross 2025 - Middelkerke, Thibau Nys
Thibau Nys (qui agli europei) quest’anno ha già vinto due volte in Coppa del mondo: a Tabor e Flamanville
Campionati europei ciclocross 2025 - Middelkerke, Thibau Nys
Thibau Nys (qui agli europei) quest’anno ha già vinto due volte in Coppa del mondo: a Tabor e Flamanville

Il confronto con Nys

Immaginiamo la pressione che il suo ritorno stia mettendo addosso a coloro che sono stati protagonisti fino a questo momento. In particolare sarà molto interessante assistere al primo confronto di stagione con Thibau Nys, indicato da più parti come il possibile sfidante.

«Mi pare di aver capito che Nys sia diventato il nuovo punto di riferimento – ha detto Van der Poel – mentre Nieuwenhuis continua a confermarsi. A Namur, in particolare, bisogna stare attenti a Michael Vanthourenhout (vincitore della Coppa del mondo di Marceddì, ndr) e Toon Aerts. E Cameron Mason ha chiaramente fatto un passo avanti. Ci sono molti sfidanti. Come ogni anno infine, presto troverò anche Van Aert. Ognuno di noi ha la sua preparazione, soprattutto in vista delle classiche di primavera. Questo significa che ci incrociamo di tanto in tanto. Come ci confronteremo quest’inverno sarà presto chiaro, basterà aspettare una settimana. Speriamo di poter offrire un bello spettacolo ai tifosi».

Francesco Busatto è nato l'1 novembre 2002 a Bassano del Grappa ed abita a Mussolente (foto Fan Club Busatto)

Busatto tra fan club e compleanno prima di partire con la Alpecin

06.11.2025
5 min
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La serata col fan club di venerdì scorso ha tirato la volata al suo 23esimo compleanno del giorno successivo. Ad inizio novembre la modalità “off season” di Francesco Busatto è già ben attivata, apposta per trascorrere qualche ora assieme a tifosi ed amici. Da Liegi è arrivato pure il mitico Florio Santin, riferimento imprescindibile in Belgio per gli italiani e che cura la sezione locale dedicata al pro’ veneto. Il tempo dei bilanci è anche l’occasione stavolta anche per guardare al futuro che sarà con i colori della Alpecin-Deceuninck.

Manca ancora l’annuncio da parte della nuova squadra ed è singolare che ancora non sia arrivato, ma il suo trasferimento è un segreto di Pulcinella che ormai circola da diversi mesi. Incontrammo Busatto al Tour de Pologne e ci confidò che il passaggio nel team di Van der Poel e Philipsen era cosa fatta, però l’Intermarché-Wanty aveva in quel momento (ed ha tutt’ora) altre questioni più scottanti da risolvere legate alla fusione con la Lotto.

Forse in tutto ciò, tutte le parti in causa stanno attendendo che si sblocchi qualcosa per ufficializzare il passaggio di Francesco. Nel frattempo lui ha salutato e ringraziato la ex squadra attraverso un post su instagram, ricordando come l’esperienza di tre anni, prima nel devo team poi nella formazione WorldTour, sia stata indimenticabile e fondamentale per la sua crescita.

Busatto aveva trovato l'accordo con la Alpecin prima che ad agosto si parlasse della fusione Lotto-Intermarché
Busatto aveva trovato l’accordo con la Alpecin prima che ad agosto si parlasse della fusione Lotto-Intermarché
Busatto aveva trovato l'accordo con la Alpecin prima che ad agosto si parlasse della fusione Lotto-Intermarché
Busatto aveva trovato l’accordo con la Alpecin prima che ad agosto si parlasse della fusione Lotto-Intermarché

Giocata d’anticipo

Lo spettro dell’unione tra Lotto ed Intermarché ha cominciato a profilarsi attorno a metà stagione. Una fusione tra due team, lo abbiamo detto tante volte e a maggior ragione di questa entità, non è mai una notizia necessariamente positiva. Al di là dello status che prenderà il nuovo team (si lavora per mantenere la licenza WorldTour), il grosso guaio sono gli esuberi di atleti e staff da gestire, tenendo conto che entrambe hanno un devo team. In questo senso Busatto è riuscito ad oltrepassare l’ostacolo.

«Avevo il contratto in scadenza – spiega il ragazzo di Mussolente – ed avevo iniziato a guardarmi attorno, anche perché avevo ricevuto diverse proposte per il 2026. Personalmente non ho avuto troppe preoccupazioni per la chiusura della Intermarché, perché in pratica avevo già trovato la sistemazione prima delle voci relative anche alla fusione. Tuttavia mi è dispiaciuto vedere e vivere quel clima di poca serenità tra compagni, meccanici, massaggiatori e altre figure.

«Non è bello né semplice andare avanti – prosegue – quando non sai bene come sarà il futuro. Mi sono messo nei loro panni e non è una bella sensazione, anche perché non ci si aspettava una situazione del genere. E’ vero che abbiamo sempre avuto qualche problema di budget, ma è anche vero che la squadra è sempre stata in crescita. Ora spero per chi ancora non è sistemato che la situazione si risolva per il meglio».

Ottimizzare la crescita

Se il presente per Busatto parla ancora di recupero psicofisico, il prossimo biennio in Alpecin sarà focalizzato sulla definitiva consacrazione. I numeri ci sono tutti, ad esempio, per cercare la sua prima vittoria da pro’ e non solo.

«Quando abbiamo parlato – racconta – mi hanno spiegato le loro intenzioni nei miei confronti. Sono stati abbastanza chiari e diretti. Vorrebbero farmi diventare un corridore per le classiche più impegnative e dure laddove non ci sarà Van der Poel. Diciamo che dall’Amstel in poi, loro puntano su di me. Naturalmente sono molto contento della considerazione e spero di poterli ripagare in fretta.

«Credo – continua Francesco – che la Alpecin sia l’ambiente giusto per fare un bel salto di qualità. L’Intermarché è stata perfetta per crescere, però ora so che posso raccogliere di più o fare ulteriormente meglio. Avrò tanti campioni al mio fianco ed una squadra più improntata sulle classiche adatte a me e in generale. Ovviamente so che devo essere pronto ad essere un supporto importante per i compagni e anche questo è bello stimolo».

La Alpecin punta su Busatto per le classiche più dure in cui non sarà presente Van der Poel
La Alpecin punta su Busatto per le classiche più dure in cui non sarà presente Van der Poel
La Alpecin punta su Busatto per le classiche più dure in cui non sarà presente Van der Poel
La Alpecin punta su Busatto per le classiche più dure in cui non sarà presente Van der Poel

Ritiri e debutto

Nei reiterati paradossi del ciclismo ipermoderno, contrattualmente Busatto è ancora della Intermarché fino al 31 dicembre, ma in pratica può già partecipare ai raduni e ritiri della Alpecin che inizieranno fra qualche settimana pedalando sulla nuova bici ed indossando la divisa della ex squadra.

«Prima di firmare – aggiunge – avevo sentito qualche collega che corre già in Alpecin o che ci era stato. E’ stato però giusto uno scrupolo perché ero già convinto di aver fatto la scelta giusta, vedendo anche i tanti ragazzi che sono andati lì e hanno fatto un bello step in avanti. Insomma, tutto tornava perfetto per me.

«Il primo ritiro – conclude Busatto – lo faremo in Spagna a Benicasim dall’8 al 18 dicembre. Laggiù dovremmo anche stilare una bozza del mio calendario e molto probabilmente il mio 2026 potrebbe iniziare dall’Australia, proprio come ho fatto quest’anno. Sono pronto e motivato per cominciare col nuovo gruppo».

L’addio di Sbaragli, fra tanti ricordi e un bel progetto

L’addio di Sbaragli, fra tanti ricordi e un bel progetto

23.10.2025
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Tra i tanti che hanno chiuso la loro attività quest’anno c’è anche Kristian Sbaragli che a 35 anni appende la bici al chiodo. Il suo è un addio “soft”, al quale stava pensando già da tempo, conscio di aver regalato a questo sport gran parte della sua vita. Il corridore empolese chiude senza rimpianti, soddisfatto per quel che ha ottenuto in oltre 10 anni di carriera da professionista, un lasso di tempo lungo, che forse col passare degli anni diventerà una chimera per tanti.

Il più grande giorno nella carriera di Sbaragli, la vittoria del 2015 alla Vuelta, sul traguardo di Castellòn
Il più grande giorno nella carriera di Sbaragli, la vittoria del 2015 alla Vuelta, sul traguardo di Castellòn
Il più grande giorno nella carriera di Sbaragli, la vittoria del 2015 alla Vuelta, sul traguardo di Castellòn
Il più grande giorno nella carriera di Sbaragli, la vittoria del 2015 alla Vuelta, sul traguardo di Castellòn

La scelta non è stata un fulmine a ciel sereno: «Durante quest’anno avevo deciso che a fine stagione mi sarei ritirato. E quindi l’ho vissuta bene, anche se c’è sempre un po’ di dispiacere perché alla fine vado in bici da quando avevo 7 anni. Ma è stata una mia scelta e sono orgoglioso di poter avere avuto il privilegio di poter decidere quando fermarmi e capire che era il momento di voltare pagina».

E’ dal 2013 che sei professionista e ne hai viste tante in tutti questi anni. E’ un ciclismo che ancora rispecchia i valori che avevi tu?

Penso che i valori alla fine il ciclismo li mantiene sempre. E’ sempre questione di vittorie, di lotta da parte di tutte le squadre per ottenere il miglior risultato possibile. 13 anni fa come oggi. E’ cambiato tanto lo sport in sé, ho vissuto sulla mia pelle un cambiamento culturale davvero profondo.

Gli anni alla Qhubeka sono stati speciali, poi Sbaragli ha cambiato prospettive mettendosi al servizio di grandi sprinter
Gli anni alla Qhubeka sono stati speciali, poi Sbaragli ha cambiato prospettive mettendosi al servizio di grandi sprinter
Gli anni alla Qhubeka sono stati speciali, poi Sbaragli ha cambiato prospettive mettendosi al servizio di grandi sprinter
Gli anni alla Qhubeka sono stati speciali, poi Sbaragli ha cambiato prospettive mettendosi al servizio di grandi sprinter
Due vittorie da professionista, tutte e due nella Qhubeka. E’ stata quella la squadra dove ti trovavi meglio?

Sicuramente è stata la squadra che devo ringraziare più di tutti perché è quella che mi ha dato la possibilità di passare professionista e mi ha dato la fiducia di iniziare una carriera. Ho passato i miei primi 5 anni lì, credevano molto in me e mi hanno fatto crescere, quindi ho avuto il supporto per cercare di fare il massimo anche a livello di risultati personali. E’ stata la squadra dove sono riuscito a esprimermi meglio e dove comunque tante volte partivo per fare il leader e ho ottenuto tanti risultati, anche se ho vinto solo due corse.

Due vittorie, ma una di grosso peso, una tappa alla Vuelta. Che ti è rimasto di quella giornata?

E’ stata oggettivamente la più importante della mia carriera, perché venivo da un periodo dove avevo fatto tantissimi risultati, quella vittoria lì è stata un po’ la ciliegina sulla torta e la consacrazione di una stagione che comunque è stata molto positiva. Poi c’è stata una proiezione un po’ diversa a livello personale, per gli anni successivi, per quello che avrei potuto fare. Io avevo 25 anni, ero ritenuto giovane per un’età che oggi invece è già da corridore maturo, con magari già un quinquennio di esperienza fra i professionisti.

Sbaragli al fianco di Merlier, del quale per molto è stato l'ultimo uomo nelle volate
Philipsen e Merlier, per Sbaragli tante corse al servizio dei due velocisti di punta della Alpecin
Sbaragli al fianco di Merlier, del quale per molto è stato l'ultimo uomo nelle volate
Philipsen e Merlier, per Sbaragli tante corse al servizio dei due velocisti di punta della Alpecin
Tu da lì hai iniziato un lungo cammino che ti ha sempre tenuto, o nel WorldTour o nelle professional, in procinto di salire nella massima serie. Per farlo ti sei dovuto specializzare, hai dovuto magari anche mettere un po’ da parte le tue ambizioni personali e pensare alla squadra?

Sì, dalla vittoria alla Vuelta in poi, c’erano delle aspettative, ho fatto degli ottimi risultati. Oggettivamente però non ero un campione, non ero un super vincente perché ero veloce, ma mi piazzavo bene, non avevo lo spunto per vincere. Così mi sono specializzato nell’essere di supporto in determinate situazioni, non fare più le volate di gruppo e soprattutto quando poi sono andato alla Alpecin, lì il mio lavoro era quello proprio di arrivare nel finale della corsa e di aiutare i leader. Ho contribuito alla vittoria in tantissime gare e quelle vittorie le ho sentite un po’ mie.

Quanto è contato per te aver vestito la maglia azzurra?

Io non sono uno che conserva tantissime cose, ma a casa, in palestra, ho attaccato una maglia, quella della nazionale con cui ho fatto il mondiale nel 2023. Dove Bennati mi ha dato fiducia, in un ruolo di supporto alla squadra. Per me rappresentare la nazionale al mondiale è stato sicuramente un coronamento di una carriera. Sono stato riserva mondiale altre tre volte, ma senza correre. Mi ha dato una grandissima soddisfazione personale, quasi il coronamento di una carriera.

Il toscano a sinistra, quarto alla Coppa Sabatini 2024, il suo miglior risultato di fine carriera
Il toscano a sinistra, quarto alla Coppa Sabatini 2024, il miglior risultato di fine carriera
Il toscano a sinistra, quarto alla Coppa Sabatini 2024, il suo miglior risultato di fine carriera
Il toscano a sinistra, quarto alla Coppa Sabatini 2024, il miglior risultato di fine carriera
Tu hai ottenuto tutti i tuoi principali piazzamenti e vittorie prima del 2020, però poi c’è il quarto posto alla Coppa Sabatini del 2024. Come la dimostrazione che comunque certe qualità c’erano ancora…

Sì, sicuramente gli ultimi due anni ho cercato di fare la mia gara molte più volte rispetto a quando ero alla Alpecin dove c’era gente come Van der Poel, Philipsen e Merlier. Il 2024 è stato un anno dove oggettivamente a livello personale penso di essere stato sempre molto competitivo. Quel giorno a Peccioli, che fra le altre cose è anche una gara “di casa” perché è a 30 chilometri da casa mia, se avessi fatto podio sarebbe stato ancora meglio. Ma è stata una bella dimostrazione che ero ancora in grado di fare risultato.

Il capitano con cui ti sei trovato meglio?

Van der Poel, alla fine abbiamo fatto due Tour de France in camera insieme e oltre a essere un grande campione è comunque anche una persona molto umile e che ha il grande merito di saper tirar fuori il 110 per cento dalla squadra, sa motivarla come nessun altro. Ti fa vedere che anche lui, anche quando non ha la giornata super, comunque è in grado sempre di dare il suo massimo.

Kristian con suo figlio Lorenzo. Ora il toscano si dedicherà proprio ai più piccoli, per avvicinarli al ciclismo
Kristian con suo figlio Lorenzo. Ora il toscano si dedicherà proprio ai più piccoli, per avvicinarli al ciclismo
Kristian con suo figlio Lorenzo. Ora il toscano si dedicherà proprio ai più piccoli, per avvicinarli al ciclismo
Kristian con suo figlio Lorenzo. Ora il toscano si dedicherà proprio ai più piccoli, per avvicinarli al ciclismo
Ora dove ti troveremo?

A livello di ciclismo professionistico vorrei staccare un po’. Vorrei invece dare una mano al ciclismo e rilanciare la società ciclistica a Castelfiorentino dedicata ai giovanissimi, la squadra del mio paese. Dal prossimo anno me ne occuperò personalmente e cercherò di riportare in bici il più grande numero di bambini possibile, perché la mancanza dei più piccoli secondo me è un grosso problema, alla base della crisi del nostro movimento.

Van Der Poel: i passi verso il mondiale di mountain bike

12.09.2025
6 min
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L’appuntamento iridato di Mathieu Van Der Poel si avvicina, il corridore olandese cercherà la vittoria al mondiale di mountain bike in Svizzera questa domenica, il 14 settembre. La caccia alla sua quarta maglia iridata si è aperta già da qualche mese. Van Der Poel ha rinunciato all’idea di andare a correre in Rwanda, così come tanti altri atleti, e tra sé e sé avrà fatto i conti con gli obiettivi che ancora può raggiungere in una carriera unica. Il fuoristrada è il suo grande amore. E’ arrivato dal ciclocross, dove ha saputo conquistare tutto, per poi passare alla strada e replicare. Un altro tassello è arrivato con il gravel, dove Van Der Poel ha conquistato il titolo iridato lo scorso anno. 

La nuova, o per meglio dire vecchia sfida è la mountain bike. L’atleta dell’Alpecin-Deceuninck si era messo alla caccia di un titolo importante alle Olimpiadi di Tokyo 2021, andando però lontano dall’ottenerlo. Tuttavia la sensazione è che il campionato del mondo in palio in Svizzera domenica prossima sia qualcosa sul quale Van Der Poel non è disposto a scendere a patti. 

Van Der Poel è tornato a correre in mtb a Les Gets dopo un periodo di pausa (foto Alpecin-Deceuninck)
Van Der Poel è tornato a correre in mtb a Les Gets dopo un periodo di pausa (foto Alpecin-Deceuninck)

Stop e ripresa

Se l’obiettivo era già settato da parecchio tempo non lo è stato il cammino di avvicinamento. L’iridato di Glasgow si è dovuto ritirare dal Tour de France a causa di una polmonite, uno stop forzato che lo ha costretto a rivedere i suoi piani di allenamento. 

Una volta ristabilito è tornato in corsa al Renewi Tour. In Belgio ha fatto vedere di essere in crescita, conquistando un secondo posto finale alle spalle di un ottimo Arnaud De Lie. Sull’ammiraglia della Alpecin, in quei giorni c’era, Christoph Roodhooft, sport director del team. A lui ci siamo rivolti per farci raccontare questi ultimi mesi di Van Der Poel, dal ritiro al Tour al mondiale di Valais 2025

Al Tour l’olandese è stato costretto al ritiro da una polmonite (foto Leon van Bon)
Al Tour l’olandese è stato costretto al ritiro da una polmonite (foto Leon van Bon)
Ripartiamo dal Tour, come si è ripreso Van Der Poel dalla polmonite?

Ha dovuto prendersela comoda per diversi giorni. Riposo, allenamenti leggeri quando possibile e grande attenzione al recupero sono stati fondamentali. Soprattutto, è stata una questione di pazienza: il suo corpo aveva bisogno di riprendersi completamente prima di poter tornare a gareggiare ad alti livelli.

Come si è allenato durante quelle settimane? Che tipo di allenamento ha fatto? Più specifico per la mtb?

E’ andato in Spagna, la sua solita base di allenamento, dove ha combinato lunghe uscite di resistenza con alcuni lavori a intervalli man mano che progrediva. Non c’era abbastanza tempo per fare allenamenti specifici in vista degli impegni di mountain bike, per questo abbiamo aspettato dopo il Renewi Tour. 

Nel mese di agosto Van Der Poel si è riposato e ha ricostruito la condizione (foto Instagram)
Nel mese di agosto Van Der Poel si è riposato e ha ricostruito la condizione (foto Instagram)
Quanto è stato importante il Renewi Tour per le sue future gare? E perché?

Il Renewi Tour lo ha aiutato a ritrovare il senso del ritmo e l’intensità della gara. E’ stato importante per ricostruire la competitività e la fiducia senza rischiare immediatamente con una gara in mtb. In altre parole, è servito da ponte verso una preparazione più specifica per il fuoristrada.

La forma era quella che vi sareste aspettati?

Per un ciclista che stava tornando da una polmonite la sua forma era già abbastanza buona. Non al massimo come a luglio, ovviamente, ma fisicamente era vicino al suo miglior potenziale. Mentalmente, ritrovare la fiducia sulla bici era altrettanto fondamentale.

Il ritorno in gara è avvenuto a fine agosto al Renewi Tour, dove VDP ha vinto una tappa a Geraardsbergen (foto Rhode Photos)
Il ritorno in gara è avvenuto a fine agosto al Renewi Tour, dove VDP ha vinto una tappa a Geraardsbergen (foto Rhode Photos)
La vittoria a Geraardsbergen è stata importante?

Assolutamente sì. Ha confermato che era tornato competitivo e in grado di vincere. E’ stata una spinta sia fisica che mentale, che gli ha dato fiducia per i suoi obiettivi più ambiziosi, ovvero il mondiale di mountain bike.

La decisione di partecipare al campionato del mondo di mtb è stata condivisa con la squadra?

Sì. In una squadra come la Alpecin-Deceuninck, queste decisioni vengono sempre discusse. Gli atleti, in questo caso Van Der Poel, la direzione e il management della squadra valutano insieme i rischi e le opportunità. È una decisione di squadra, mai individuale.

Van Der Poel ha corso a Les Gets come ultima gara prima del mondiale arrivando sesto (foto UCI MTB World Series)
Van Der Poel ha corso a Les Gets come ultima gara prima del mondiale arrivando sesto (foto UCI MTB World Series)
Quanto è stata importante la gara di Les Gets in vista del mondiale di domenica?

Les Gets è stata importante. Il percorso era tecnico e impegnativo, paragonabile a quello del prossimo campionato del mondo ( in apertura foto UCI MTB World Series). E’ stata un’occasione per ritrovare la fiducia e le capacità tecniche, cosa che ha fatto. Ha anche affrontato la gara con cautela, costruendo un buon risultato senza correre rischi inutili.

Van Der Poel ha mostrato alcune lacune tecniche rispetto ai corridori che si concentrano regolarmente sulla mountain bike, riuscirà a colmare questo divario?

Dipende da un po’ più di allenamento tecnico, più tempo sulla mtb ed esperienza su percorsi simili. Impara in fretta, ma serve tanta concentrazione. I migliori biker sono tecnicamente molto forti, ma questo può essere compensato da una condizione fisica ottimale. E non è che Mathieu non sia tecnicamente capace!

Il percorso iridato sarà molto tecnico, per VDP sarà importante arrivarci al top della condizione (foto UCI MTB World Series)
Il percorso iridato sarà molto tecnico, per VDP sarà importante arrivarci al top della condizione (foto UCI MTB World Series)
L’assenza di ciclisti di alto livello come Pidcock apre la strada a Mathieu per vincere l’ultima maglia iridata che gli manca?

Sicuramente aiuta, ma non è una garanzia. Il parterre che si troverà ad affrontare domenica è eccezionalmente forte e imprevedibile. Le condizioni del percorso, il tempo e i piccoli errori sono tutti fattori importanti. Anche se l’assenza di Pidcock aumenta le possibilità di Mathieu, il resto della concorrenza non deve essere sottovalutato. Dovrà essere al top della forma, ed è proprio su questo che ha lavorato nell’ultima settimana prima della gara.

Un tuffo con Bennati nello spirito della Alpecin-Deceuninck

02.08.2025
5 min
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Con gli occhi ancora pieni della magia del concerto di Jovanotti ai Laghi di Fusine, Daniele Bennati si presta volentieri a parlare di una squadra che se ne è andata dal Tour con tre tappe vinte e la maglia gialla (con due corridori diversi).

La Alpecin-Decenunick dei fratelli Roodhooft non è la squadra più ricca del WorldTour e da quelle vette resta suo malgrado lontana. Eppure nonostante ciò, il suo campione di riferimento e il morale che sa trasmettere ai compagni ne fanno un approdo molto ambito. Vedere Mathieu Van der Poel mettersi al servizio di Philipsen per vincere una tappa al Tour o la Milano-Sanremo fa pensare a ciascun atleta che tutto sia possibile.

«Hanno vinto tre tappe – dice Bennati, l’ex tecnico della nazionale – con Philipsen che si è ritirato dopo tre giorni, sennò magari erano anche di più. Un bottino importante, ma poteva essere sicuramente superiore, anche se poi di volate vere e proprie non ce ne sono state tante».

Secondo Bennati, Philipsen dovrebbe dedicare un monumento a Van der Poel per ogni vittoria che ha propiziato
Secondo Bennati, Philipsen dovrebbe dedicare un monumento a Van der Poel per ogni vittoria che ha propiziato
Da corridore, a Bennati sarebbe piaciuto correre in una squadra così?

Mi è sempre piaciuta, fin dai loro inizi. Nonostante non avessero e non abbiano tutt’ora un budget esagerato, in corsa io li ho sempre visti muoversi molto bene. Se avessi una squadra mia, li prenderei sicuramente come esempio. Chi li dirige è molto bravo, perché sanno cavarsela sempre bene, soprattutto nelle volate. Se guardiamo i singoli e togliamo dal mazzo VdP e Philipsen, non è che ci siano nomi altisonanti, però nel loro caso è l’atteggiamento che fa la differenza.

Il fatto che Van der Poel si metta a disposizione dei compagni può essere un esempio anche per gli altri?

Non è che si limiti a tirare le volate, in certe occasioni lui diventa proprio determinante. Se ripenso alla Sanremo dello scorso anno, alcune tappe al Tour e alle gare più importanti, Philipsen dovrebbe fare un monumento a Van der Poel. E’ chiaro che quando un corridore così ha questa attitudine e si mette a disposizione di un capitano, fa la grande differenza. Chi non vorrebbe un ultimo uomo così? Eppure secondo me fa tutto parte della linea della squadra. Sicuramente però Mathieu è generoso, non pensa solo a se stesso, ma al bene di tutti.

Il fatto che lui abbia firmato a vita forse lo rende ancora più partecipe dei destini della squadra?

Questo sicuramente è un altro aspetto da tenere in considerazione. In qualche modo Van der Poel si sente riconoscente nei confronti della squadra, però anche prima di estendere così tanto il suo contratto non si è mai tirato indietro. A me personalmente piace non solo perché vince, ma perché si mette a disposizione.

Tappa di Chateauroux, Van der Poel e Rickaert in fuga per 173 km tra vento e pianura: azione eroica, ma folle secondo Bennati
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Può dipendere da una mentalità di squadra che altrove non hanno?

Chi è in macchina è sicuramente bravo, ma per arrivare a vincere una tappa in fuga come ha fatto Groves, sicuramente alla base c’è proprio una mentalità di squadra. Non ti svegli la mattina e trovi un direttore che ti motiva, c’è un modo di andare in corsa che è tutto loro e che gli permette di cercare una fuga a due per 173 chilometri, a 49,6 di media, arrivando quasi a vincere la tappa.

Azioni belle, magari prive di grande logica, ma splendide…

Un’azione che forse con un finale diverso sarebbe potuta andare in porto. Ci fosse stata qualche curva in più, dietro avrebbero faticato a chiudere. Si sono sciroppati talmente tanti chilometri e hanno accumulato talmente tanta fatica, che forse quel giorno la generosità di Van der Poel è stata anche esagerata. La cosa bella è che Mathieu è un trascinatore per tutto il resto della squadra.

Sembra di capire che tu quella fuga non l’avresti fatta…

Esatto, avrei risparmiato l’energia per vincere qualche altra tappa. Secondo me quel giorno ha raschiato il fondo del barile e poi infatti si è ammalato. Però l’appassionato apprezza queste cose e l’ho apprezzato anch’io. Ha portato con sé Rickaert e voleva regalargli la soddisfazione di un podio, che sportivamente è molto bello.

Groves vince a Pontarlier e diventa uno dei 114 corridori di sempre ad aver vinto almeno una tappa nei tre i Grandi Giri
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Anche lui dà la sensazione di cercare sfide che lo divertano, come il suo amico e grande rivale Pogacar. Ogni volta che si scontrano, se ne vedono davvero delle belle…

Soprattutto grazie a Tadej, il ciclismo degli ultimi anni sta diventando più spettacolare. Non penseresti di trovare uno come lui in certe gare del Nord, invece si è buttato prima sul Fiandre e poi sulla Roubaix, scommettendo su se stesso e rendendo quelle gare più spettacolari.

Ci fosse stato Van der Poel nella tappa di Parigi, oltre a Van Aert, Ballerini e Pogacar, ci avrebbero fatto ballare…

Forse sarebbe arrivato da solo. Ma lui non c’era e sono contento che abbia vinto Van Aert, perché aveva un credito con la cattiva sorte e credo che il suo successo sia piaciuto a tutti. Obiettivamente il maltempo ha un po’ falsato l’ultima tappa, la neutralizzazione ha cambiato il finale. Al primo scatto sono rimasti in cinque e se la sono giocata loro.

Ma davvero pedalando con Jovanotti ogni giorno seguivate il Tour?

Assolutamente! E quando facevamo tardi, io piazzavo il telefono sul manubrio e ascoltavamo la cronaca, perché guardare non si poteva. La tappa che ha vinto Milan, la seconda, siamo arrivati che mancavano 4 chilometri all’arrivo e siamo andati davanti alla TV dell’hotel a guardare.

Fra Bennati e Jovanotti l’amicizia è di vecchia data: c’era anche lui nel viaggio dell’artista ai Laghi di Fusine (immagine Instagram)
Fra Bennati e Jovanotti l’amicizia è di vecchia data: c’era anche lui nel viaggio dell’artista ai Laghi di Fusine (immagine Instagram)
Hai scritto belle cose su Lorenzo e la bici.

Ho scritto che la bici non è solo un mezzo di trasporto. E’ un modo di vedere il mondo. E questo viaggio con Lorenzo ne è stata la dimostrazione più bella. E se i ragazzi vogliono fidarsi e lo ascoltano, lui che è un influencer potentissimo, forse davvero qualcosa si può iniziare a cambiare.

ABUS: accordo esteso al 2028 con Van Der Poel e compagni 

30.07.2025
3 min
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Nel competitivo mondo del ciclismo professionistico, dove la velocità e la prestazione catturano l’attenzione globale, la sicurezza delle attrezzature e dei team è fondamentale. Dalle biciclette da corsa ultra-leggere, ai sofisticati veicoli di supporto, ogni singolo elemento richiede difatti una protezione ineccepibile. Dal 2024, ABUS, realtà tedesca e leader mondiale nelle tecnologie di sicurezza, ha assunto il ruolo di Partner Ufficiale per la Sicurezza dei team WorldTour Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck (in apertura foto ABUS). Questa collaborazione, mirata a salvaguardare le preziose attrezzature di atleti del calibro di Mathieu van der Poel, Jasper Philipsen e Puck Pieterse, è stata recentemente estesa per ulteriori tre anni.

La partnership tra ABUS e i team Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck ha già prodotto risultati importanti. Il team ha celebrato numerosi successi, tra cui le due maglie di Campione del Mondo nel Gravel e nel Ciclocross conquistate da Mathieu Van Der Poel, il titolo di Campionessa del Mondo Mtb di Puck Pieterse, e vittorie in prestigiose Classiche Monumento come la Milano-Sanremo, il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix.

A questi trionfi di grandissimo prestigio si aggiungono diverse vittorie di tappa nei Grandi Giri e molte altre vittorie. In tutti questi frangenti, ABUS ha giocato un ruolo cruciale dietro le quinte, garantendo che le attrezzature che hanno contribuito a queste vittorie fossero sempre al sicuro, sia presso il quartier generale del team quanto durante le competizioni e i ritiri di allenamento in giro per il mondo.

Alpecin-Deceuninck che al Tour de France ha vinto tre tappe, qui quella di Van Der Poel a Boulogne-Sur-Mere (foto Leon van Bon)
Alpecin-Deceuninck che al Tour de France ha vinto tre tappe, qui quella di Van Der Poel a Boulogne-Sur-Mere (foto Leon van Bon)

La visione sulla sicurezza integrata

«Noi di ABUS – ha commentato Christian Rothe, membro del management dell’azienda – siamo entusiasti di poter continuare a supportare i team Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck come in qualità di Official Security Partner. Formazioni di così alto livello, con i loro atleti e le loro atlete stellari, sono costantemente sotto i riflettori e necessitano quindi di un elevatissimo livello di sicurezza, spesso con requisiti molto complessi. Mettere in sicurezza una singola bici da corsa di Mathieu Van Der Poel durante una sosta caffè è una cosa. Proteggere efficacemente un intero service course, inclusa la flotta di veicoli utilizzata in tutto il mondo, è una sfida particolare e completa il ciclo di sicurezza. Questa collaborazione evidenzia come ABUS sia in grado di integrare perfettamente le sue due principali aree di business: la sicurezza mobile e la sicurezza domestica, offrendo un concetto complessivo ben arrotondato per la sicurezza mobile e stazionaria».

Il team femminile, la Fenix-Deceuninck, è impegnata ora nel Tour de France Femmes avec Zwift (foto Tornanti CC)
Il team femminile, la Fenix-Deceuninck, è impegnata ora nel Tour de France Femmes avec Zwift (foto Tornanti CC)

Un reale partner strategico

«ABUS è per noi un partner importante – ha ribattuto Philip Roodhooft – team manager della Alpecin-Deceuninck – e questo sia sulla bici che lontano dagli allenamenti e dalle gare. Se si considera che spesso operiamo contemporaneamente su diversi eventi ciclistici e ritiri di allenamento, che si svolgono anche in luoghi completamente diversi del mondo con esigenze individuali per i corridori, il team e la logistica, si può forse immaginare la complessità di ciò che facciamo.

«La sicurezza gioca un ruolo cruciale in ogni passo che compiamo – conclude – siamo lieti di continuare a lavorare con ABUS come partner che ci supporta in ognuno di questi passaggi e che vanta una vasta esperienza nel mondo della sicurezza. Che si tratti del service course, delle gare, dei ritiri o dei viaggi, ABUS si conferma un partner competente e affidabile, capace di fornire supporto e protezione in ogni scenario, assicurando che i nostri team possano concentrarsi esclusivamente sulla performance, sapendo che le loro preziose risorse sono al sicuro».

ABUS

Polso rotto e accoglienza timida: il ritorno di VdP non è stato super

28.05.2025
5 min
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Ipse dixit. Marco Aurelio Fontana era stato più che profetico sul ritorno di Mathieu Van der Poel nella mtb. Chiaro, non aveva previsto che il fenomeno olandese si sarebbe rotto lo scafoide e avrebbe riportato anche una lesione al legamento del polso, ma di certo aveva intuito che VdP avrebbe incontrato delle difficoltà tecniche.

Andiamo con ordine e vediamo come sono andati i fatti. E anche come è stato accolto Van der Poel dal circus della mtb (in apertura foto UCI Mtb).

VdP in azione in gara (foto @sythartha)
VdP in azione in gara (foto @sythartha)

Il ritorno amaro di VdP

Van der Poel torna in gara nella mtb a quasi due anni di distanza dall’ultima apparizione, mondiali di Glasgow 2023. Ad inizio stagione non aveva negato che il suo obiettivo era di vincere l’unico titolo iridato che gli manca: quello nella mountain bike, appunto.
Doveva quindi rientrare dapprima in un cross country, la specialità olimpica, in Germania a metà maggio, poi il tutto è stato posticipato a domenica scorsa, direttamente nella massima competizione: la Coppa del mondo.

Chi segue la mtb sa bene che le gare di Coppa sono di un altro livello rispetto a tutte le altre. I percorsi, oltre che duri, sono anche molto tecnici. E la tecnica, sia del mezzo che della guida, nella mtb è in evoluzione costante. Così ecco che dopo un via tumultuoso, l’atleta della Alpecin-Deceuninck cade. Alla tornata successiva cade di nuovo e da lì arriva il ritiro, dolorante.

Su strada abilità impressionanti per VdP, in mtb deve acquisire la stessa scioltezza di guida
Su strada abilità impressionanti per VdP, in mtb deve acquisire la stessa scioltezza di guida

L’avvertimento di Fontana

Fontana, quando aveva commentato con noi il ritorno di Mathieu, aveva detto che sarebbe stato fondamentale per lui usare la mtb. Usarla e usarla ancora. Allenarcisi, passarci delle ore, perché avrebbe trovato gente che gli sarebbe passata sopra e di fianco. Ed esattamente così è andata.
Van der Poel, invece, prima del via aveva dichiarato di aver utilizzato la mtb solo due volte… un po’ pochino.

Forse, e sottolineiamo il forse, VdP ha sentito un po’ di pressione. In tanti lo aspettavano al varco e più di qualcuno sui social lo ha sbeffeggiato. Cosa alla quale non è certo abituato.
Fatto sta che la prima caduta è stata quasi un copia e incolla di quella di Glasgow. Un incidente che ha coinvolto anche David Valero, biker importante: lo spagnolo è infatti salito sul podio olimpico di Tokyo. La seconda caduta, se vogliamo, è stata ancora più goffa per come è arrivata, spettacolare per come è avvenuta. Mathieu è caduto su un salto. Nel cercare di recuperare stava risalendo il gruppone e la foga lo ha condotto al secondo errore. A quel punto ha insistito ancora un po’ e all’inizio del terzo giro ha detto basta.

Ecco un frame che gira sui social della seconda caduta di Van der Poel. Si intuisce l’atterraggio sulle mani. Da lì la frattura
Ecco un frame che gira sui social della seconda caduta di Van der Poel. Si intuisce l’atterraggio sulle mani. Da lì la frattura

Frattura e rispetto

Ha detto basta anche perché il dolore alla mano evidentemente si faceva sentire. Un comunicato stampa della squadra ha poi confermato che Van der Poel ha riportato “una lieve frattura da avulsione dello scafoide, indicativa di una lesione legamentosa al polso”.

Questa sua apparizione, per quanto criticata o osannata, non è stata mal vista dai rivali in mtb, ma neanche festeggiata. Proprio Valero ha scritto sui suoi social: «Apprezzo che partecipino e diano visibilità alla Coppa del mondo mtb, è molto importante. Ma lo è anche il rispetto!».
Non ha citato Van der Poel, ma il riferimento è chiaro.

Van der Poel sui rulli con il tutore al polso destro: la sua stories di ieri su Instagram

E ora?

E’ chiaro che i programmi dell’olandese cambiano. Cambiano di certo nel breve termine.
Se il Tour de France non sembra essere a rischio (in fin dei conti lui non deve fare classifica), è in forte dubbio la sua presenza al Delfinato, in programma dall’8 al 15 giugno. Non solo: Mathieu non sarà presente nemmeno al ritiro in quota con la squadra, previsto a La Plagne. Almeno per la prima settimana non si vedrà da quelle parti.

Tra l’altro, secondo nostre informazioni, a La Plagne avrebbe dovuto affinare qualcosa anche con la mtb in vista della sfida iridata di Crans Montana a settembre e degli appuntamenti in mtb post Tour de France.

Van der Poel giusto ieri ha pubblicato un video che lo vede già pedalare. E’ sui rulli e indossa un tutore. Secondo Joris Duerinckx, il chirurgo che ha operato anche Pogacar due anni fa dopo la caduta alla Liegi, il Tour non dovrebbe essere a rischio per VdP. Tuttavia, per un completo recupero della frattura servono sei settimane e per questo vede praticamente impossibile (se non controproducente) una sua partecipazione al Delfinato.

La domanda che tutti si pongono adesso è: Mathieu Van der Poel ha capito che è una sfida impossibile (e per lui pericolosa ai fini dell’attività su strada) e getterà la spugna? Oppure insisterà?
Dalle sue parole non sembra proprio voglia finirla qui: «Mi sono divertito un mondo a tornare in mountain bike la scorsa settimana. Non è andata proprio come previsto, ma la vita sarebbe noiosa se tutto andasse alla perfezione, no? Non vedo l’ora di tornare presto sui sentieri!».

Casa Alpecin, sera di festa e qualche puntino da aggiungere

14.04.2025
4 min
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ROUBAIX (Francia) – Philip Roodhooft si avvicina alla transenna da cui il nutrito manipolo di giornalisti belgi lo sta chiamando da cinque minuti. Non si capisce se il mananger della Alpecin-Decenunick non abbia voglia di parlare preferendo godersi da vicino la vittoria di Van der Poel, ma alla fine arriva. E arrivano anche le domande. Sarà la traduzione di un paio di colleghi fiamminghi a permetterci di capire che cosa abbia detto.

«Siamo felici, questo è chiaro – comincia – è una gioia, è molto speciale essere qui con la Roubaix di Mathieu. Questo velodromo è un luogo molto speciale nella storia del ciclismo. Da bambini sognavamo di essere qui e ora ci siamo davvero per la terza volta a dare il benvenuto al corridore e alla nostra Alpecin vincitori della Parigi-Roubaix, quindi è molto speciale. Anche un po’ difficile da credere. Sapevamo che Mathew fosse tornato a una buona condizione, ma questo scenario non era assolutamente prevedibile».

Alla partenza da Compiegne, Van der Poel sapeva di aver recuperato la miglior condizione
Alla partenza da Compiegne, Van der Poel sapeva di aver recuperato la miglior condizione
Qual era il piano?

Sapevamo di dover provare con lui e Jasper (Philipsen, ndr), con il piano di arrivare il più avanti possibile, in modo che le possibilità di vittoria fossero sempre più concrete. Sapevamo che l’uscita su asfalto dopo la Foresta di Arenberg sarebbe stata un momento difficile, poi è cominciata la sfida a due che avevamo già visto alla Sanremo e al Fiandre. Per un po’ c’è stato anche Jasper, diciamo che c’è stato da ragionare più dell’anno scorso.

Mathieu è tornato, da cosa lo si capisce?

Dal fatto che è parso molto più forte che al Fiandre. Penso che ci sia stata una differenza rispetto alla settimana scorsa, come se le cose siano tornate tutte al loro posto. Per seguire Pogacar doveva stare bene, perché ha dovuto fronteggiare attacchi molto violenti. Finché Tadej ha scelto un momento difficile per scattare e credo che abbia commesso il suo errore prendendo quella curva troppo forte. La corsa si era chiusa ben prima, ma quello è il momento che l’ha decisa. Tadej ha impiegato un tempo eterno per ripartire, ma anche quel tipo di reazione fa parte della gara.

In serata Van der Poel e l’ammiraglia Alpecin sono stati multati per rifornimento irregolare
In serata Van der Poel e l’ammiraglia Alpecin sono stati multati per rifornimento irregolare
Dopo questa gara, abbiamo scoperto che ora c’è uno sfidante molto serio per Van der Poel alla Parigi-Roubaix…

Sì, penso che tutti debbano essere contenti che Tadej sia venuto qui per fare la corsa e per il modo in cui l’ha fatto. Ha dimostrato ancora una volta il suo livello, il campione e l’uomo che è.

Che impressione ti ha fatto Pogacar sul pavé?

E’ molto veloce, anche perché ha una grande sensibilità di guida. Ma nel momento in cui ha sbagliato, rendendosi conto di non poter correggere la traiettoria, ha spalancato la porta a Mathieu. A quel punto, ha dovuto continuare, non c’era niente di diverso da fare. Non c’erano tante soluzioni, perché il vantaggio di 15-20 secondi imponeva di andare a tutta. Ma sono certo che parlandone con lui dirà che quel margine era molto superiore a causa del vento contrario.

Cosa pensi del lancio di oggetti e liquidi contro Van der Poel? Come squadra intendete fare qualcosa?

Al momento prendiamo tempo per dare modo alle autorità di provare a fare qualcosa. Speriamo che ci sia abbastanza controllo sociale per evitare che ci siano ogni volta delle persone che fanno questi gesti che danneggiano tutti. E’ spiacevole ed è anche pericoloso, ma soprattutto non è la prima volta. Forse è un problema sociale e non un problema della gara, ma servono regole che permettano di controllare la situazione.

Una foto Alpecin del 2022, da sinistra il diesse Christoph Roodhoft e dalla parte opposta suo fratello Philip: Mathieu è uno di famiglia
Una foto Alpecin del 2022, da sinistra il diesse Christoph Roodhoft e dalla parte opposta suo fratello Philip: Mathieu è uno di famiglia
Potete aiutare Mathieu in qualche modo?

Non lo so, se vedi quante persone felici e entusiasti ci sono sulle strade, ti viene da pensare che non puoi penalizzare loro per dare attenzione a pochi idioti. Sarebbe bello che la stessa gente isolasse chi fa simili gesti.

Mathieu ha agganciato Moser nel suo record delle tre Roubaix consecutive.

Si dice sempre che i record sono lì per essere battuti, ma non bisogna soffermarsi troppo a lungo su di essi. Quello che voglio ricordare è quanto sia stato speciale quello che abbiamo vissuto in questi giorni e in questi momenti.

ULTIM’ORA: Stando a quanto riportato da Het Nieuwsblad, il tifoso che ha lanciato la borraccia contro Van Der Poel si sarebbe consegnato oggi alla Polizia belga, in seguito alla testimonianza di un altro spettatore e ad una campagna tra tifosi perché aiutassero a identificarlo.

Philipsen, qualche dubbio da scacciare per la sfida del pavé

11.04.2025
3 min
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Gli anni non sono mai uguali, ma questo sembra il meno uguale di tutti. Quelli forti sembrano ancora più forti e gli altri, che nel 2024 erano parsi alla loro altezza, sono alle prese con varie vicissitudini. Se nel 2024 la Alpecin-Deceuninck era arrivata alla Roubaix con Philipsen vittorioso alla Sanremo e Van der Poel al Fiandre, questa volta la sensazione è che l’olandese dovrà fare da solo. Philipsen infatti c’è, ma al pari di Van Aert non dà la sensazione di solidità che lo scorso anno gli permise di vincere la Classicissima e arrivare secondo nel velodromo francese.

Mercoledì alla Scheldeprijs, Philipsen è stato secondo dietro Merlier
Mercoledì alla Scheldeprijs, Philipsen è stato secondo dietro Merlier

Caduta alla Nokere Koerse

Nella squadra dei fratelli Roodhooft una spiegazione se la sono data e sono convinti che la situazione sia ormai recuperata. Alla radice di tutto ci sarebbe la brutta caduta che Philipsen ha subito alla Nokere Koerse. Si correva due settimane dopo la sua vittoria di Kuurne e tre giorni prima della Sanremo. E proprio nel giorno della Classicissima, Philipsen sembrò davvero lontano dalla baldanza dell’anno precedente.

«Sono caduto piuttosto violentemente battendo il viso – ha raccontato mercoledì dopo il secondo posto nella Scheldeprijs – e sento ancora dolore. Non voglio cercare scuse, la caduta è avvenuta tre settimane fa, ma non voglio sottovalutarla. Subito dopo ho avuto un vero e proprio contraccolpo, credo di aver subito un piccolo colpo di frusta. L’osteopata ha lavorato molto sui muscoli che dal collo vanno verso il cranio, perché ho sofferto parecchio di mal di testa e non mi sono sentito bene in diverse occasioni. Non mi sono sentito bene nemmeno durante gli allenamenti della scorsa settimana».

Alla Sanremo, tre giorni dopo la caduta alla Nokere Koerse, di cui porta i segni sul mento
Alla Sanremo, tre giorni dopo la caduta alla Nokere Koerse, di cui porta i segni sul mento

Nuovi dubbi a Waregem

Ci sono stati sicuramente medici chiamati a valutare la sua situazione e non può essere il racconto dell’atleta a far suonare qualche campanello d’allarme, ma certo la scelta di correre la Sanremo dopo una caduta così violenta potrebbe non essere stata la più azzeccata. Pensiamo a Elisa Longo Borghini, appena fermata per una settimana, dopo la caduta al Fiandre.

«Alla Gand-Wevelgem – aggiunge – sono stato bene (Philipsen è stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, perdendo poi contatto per una foratura, ndr), ma pochi giorni dopo, alla Dwars door Vlaanderen, ho avuto ancora una brutta sensazione e mi sono fermato. Quindi dovremo aspettare e vedere se sarò di nuovo in forma alla Parigi-Roubaix. Ci abbiamo lavorato duramente e speriamo che domenica saremo ricompensati. La Roubaix è in ogni caso la classica che più mi si addice. Faremo la valutazione dopo domenica».

Dopo essere stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, la Gand di Philipsen si è chiusa per una foratura
Dopo essere stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, la Gand di Philipsen si è chiusa per una foratura

L’avvicinamento di Philipsen alla Roubaix procede. Anche lo scorso anno era stato battuto da Merlier alla Scheldeprijs, ma non doveva fare i conti con i postumi della caduta. E’ certo che avere in gruppo il miglior Philipsen potrebbe dare a Van der Poel la leggerezza per accettare lo scontro frontale con Pogacar, contando sulla volata del compagno casomai gli attacchi non portassero a nulla. Anche se quest’ultima ipotesi suona davvero improbabile. Quelli forti sembrano così più forti degli altri, che difficilmente un attacco a due di quei due potrebbe cadere nel vuoto.