Il mondo nuovo di Verre tra campioni e staff giganti

19.02.2022
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«E’ tutto un altro mondo, tutta un’altra organizzazione nella squadra, tutto un altro modo di correre e di stare in gruppo». Alessandro Verre ci racconta il suo approccio con il circus dei professionisti e del professionismo. Un mondo che in qualche modo lo ha già rapito.

Il lucano è passato nella fila dell’Arkea-Samsic e ci racconta questi primi passi con entusiasmo. Lo stesso che aveva ai tempi della Colpack-Ballan, anche se con la sua timidezza magari non lo dava a vedere.

Verre (maglia lunga nera) alla Comunitat Valenciana 1969, la sua prima gara da pro’ con l’Arkea-Samsic
Verre (maglia lunga nera) alla Comunitat Valenciana 1969, la sua prima gara da pro’ con l’Arkea-Samsic

Gruppo più rispettoso

«Il modo di correre rispetto ai dilettanti è molto più tranquillo – spiega Verre – in gruppo c’è più rispetto. Ognuno di noi ha un ruolo assegnato prima del via e sa quello che deve fare. Tra dilettanti anche se si fa la riunione prima di partire c’è chi cerca un po’ il risultato, c’è sempre qualcuno che fa il furbo.

«E poi c’è proprio più rispetto tra avversari. Per esempio, quando c’è un ostacolo tutti lo chiamano, tutti lo segnalano. Aumenta la sicurezza e c’è una certa solidarietà in merito».

L’Arkea-Samsic ha già lasciato un po’ di spazio a Verre. E’ accaduto nella tappa del Mont Bouquet all’Etoile di Besseges, nonostante il capitano Connor Swift fosse messo bene in classifica. Eppure questa possibilità di potersi giocare le sue carte così presto non ha sorpreso del tutto Alessandro.

«Me lo aspettavo sì e no – confida Verre – In ritiro avevo visto che stavo bene, ma non sapevo quali fossero i miei limiti, specie in corsa. Però mi ero reso conto che avevo tutt’altra gamba rispetto a quando ero a casa. Lo sentivo quando si alzava il ritmo e rientravo in hotel in buone condizioni. Sarà che stando a casa da solo un po’ mi “finivo” in allenamento. In ritiro invece ci si alterna in testa, a volte si molla un po’».

Alessandro stremato all’arrivo di Le Mont Bouquet all’Etoile de Besseges (foto Instagram – F. Machabert)
Alessandro stremato all’arrivo di Le Mont Bouquet all’Etoile de Besseges (foto Instagram – F. Machabert)

Piedi per terra

Alessandro si è concentrato molto su se stesso. Ha fatto spesso il confronto con le sensazioni rispetto all’anno precedente. E queste sensazioni erano buone. Ma alla Comunitat Valenciana 1969 in cui c’erano molte squadre WorldTour la fatica si è fatta sentire.

«Eh sì – racconta Verre – è cambiata la musica con tante squadre WorldTour in gara. Però è anche vero che essendo noi una professional avevamo meno responsabilità di fare la corsa. Il lavoro spettava ad altri, tuttavia bisognava cercare di fare risultato lo stesso».

Verre ha fatto il suo. Non ha mancato le consegne dategli dal team e in gruppo ci stava benone. E questi sono segnali molto importanti. Segnali che danno fiducia al corridore e al team nei confronti del ragazzo. Magari pensando anche a convocazioni per gare più prestigiose che non erano in programma.

Verre (maglia Colpack-Ballan) durante l’ultimo ritiro ha sentito ottime sensazioni e ha capito di essere sulla strada buona (foto Instagram)
Verre (maglia Colpack-Ballan) durante l’ultimo ritiro ha sentito ottime sensazioni e ha capito di essere sulla strada buona (foto Instagram)

Voglia di Giro

In questi giorni si parla del probabile forfait dell’Arkea-Samsic al Giro d’Italia. Un Giro che piaceva moltissimo a Verre con la settima tappa che passava davanti l’uscio di casa sua. Fare il Giro nell’anno in cui diventi pro’ è un piccolo sogno. E forse un sogno dovrà rimanere.

«Quello che so su questo argomento l’ho letto dai giornali e dai siti – dice Verre – all’interno del team non ne abbiamo parlato. Se lo vorrei fare? Certo che sì! I francesi non so, loro tirano tutti a fare il Tour, ma tutti gli altri ragazzi sono certo vorrebbero facessimo il Giro. Se ci saremo o no, sinceramente non so rispondere a questa domanda».

Ragionando dunque su quel che c’è di concreto rivedremo Verre all’Ardeche e a Laigueglia, che tra l’altro disputò anche lo scorso anno con la Colpack-Ballan.

«Andiamo per gradi comunque. Già nelle ultime gare ero un po’ affaticato, non stavo benissimo. Non ci sono ancora del tutto abituato a fare tante corse e a questa nuova vita. Ormai torno a casa tre giorni e poi riparto».

Già in Colpack-Ballan Alessandro gestiva con cura il pasto di recupero dopogara. Eccolo al Val d’Aosta 2021
Già in Colpack-Ballan Alessandro gestiva con cura il pasto di recupero dopogara. Eccolo al Val d’Aosta 2021

Cuoco, coach e nutrizionista

Torniamo al viaggio del neopro’. Delle sue “scoperte”. Verre riprende il discorso dell’organizzazione così curata. Racconta di quanto tutto sia ben strutturato e ogni cosa ponderata.

«La programmazione della giornata è sempre ben cadenzata e definita – dice il lucano – Il programma arriva già la sera prima e poi in corsa ognuno sa già cosa deve fare, più o meno. Anche il dopocorsa è deciso: i trasferimenti, le navette per dirigersi agli aeroporti, il cibo…

«A Besseges per la prima volta abbiamo avuto il cuoco con il camion cucina al seguito. E i nutrizionisti e i medici che ci seguivano passo passo. Siamo controllati su tutto. Cose che ero abituato a vedere in tv e che mi sono ritrovato a vivere in prima persona.

«Il nutrizionista ci fa un piano strategico personalizzato per l’intera giornata, dalla colazione al pranzo, dalla corsa al dopocorsa per il recupero, coi famosi 6 grammi di carboidrati per chilo a corridore. La mattina dopo ci pesano e ci fanno la plicometria per vedere le variazioni col passare dei giorni di gara».

A livello di alimentazione Verre fa un bel paragone. In linea di massima si gestisce nello stesso modo, ma in corsa, dice, mangia più rice cake.

«Il dopo corsa è molto simile a quel che mangiavo da under 23. Ci sono anche le caramelle gommose! La cosa con la quale stiamo ancora facendo delle prove semmai è la colazione con il porridge e l’avena, ma io sono più da pasta! Mi riempie di più e anche in corsa sento una gamba diversa, più piena.

«In squadra abbiamo la fortuna di avere a tavola anche l’olio extravergine italiano, anche se io comunque mi adatto abbastanza e non ho mai avuto problemi con il cibo e con il peso. Ho notato invece che i francesi utilizzano moltissimo il burro. Quello che per noi è pane e olio, per loro è pane e burro».

Verre (classe 2001) ha firmato questa estate con l’Arkea-Samsic (foto Instagram – F. Machabert)
Verre (classe 2001) ha firmato questa estate con l’Arkea-Samsic (foto Instagram – F. Machabert)

Affacciato sui campioni

Il sogno di Alessandro Verre è appena partito. Il ragazzo di Marsicovetere piano piano si sta affacciando sempre di più nel mondo dei grandi. Si tratta di acquisire sicurezza, fare e rifare, provare, sbagliare, capire. In una parola: esperienza. E a proposito di affacciarsi…

«In queste prime gare – racconta Verre – eravamo nello stesso hotel della Ineos-Grenadiers. Dalla finestra ho visto Ganna e Carapaz e mi sono detto: cavolo, sono a correre con loro. Mi sono emozionato. Poi in corsa per fortuna sono stato più tranquillo e tutto è stato più “normale”.

«Ma c’è una cosa che mi ha colpito. Un giorno, dopo che è partita la fuga, in testa al gruppo si è fatto il “barrage” e anche io sono andato davanti. Mi sono spostato su un lato e sono capitato vicino a Trentin e lui mi ha fatto: “Allora, giovane, com’è? Come ti sembra?”. “Eh – ho sospirato – è un altro mondo”, gli ho detto. E lui si è fatto una risata».

Ecco l’Arkea, “WorldTour mascherata” coi tre Giri nel mirino

18.12.2021
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Ritrovarsi praticamente nei panni di una WorldTour pur essendo una professional. E’ la lieta notizia che qualche giorno fa ha toccato la Arkea Samsic. La squadra francese, la migliore professional dopo la Alpecin-Fenix, in seguito alla revoca della licenza alla Qhubeka da parte dell’UCI, ha di fatto allargato questa opportunità ad un altro team.

E poiché proprio la stessa Alpecin aveva di fatto già gli stessi diritti in quanto era la prima nella classifica delle professional, ecco che “l’invito” è stato esteso al team di Quintana, secondo nel ranking UCI ProTeam.

In questi giorni l’Arkea, come moltissime altre squadre, è in ritiro in Spagna, lungo la costa Valenciana per lavorare a testa bassa… e rifare i programmi. La squadra francese infatti potrà prendere parte a tutti e tre i grandi Giri e avrà le porte spalancate per molte altre gare del WorldTour, ma certo a far gola sono soprattutto Giro, Tour, e Vuelta.

Verre, in maglia Colpack-Ballan, è approdato quest’anno nel team francese (foto Twitter)
Verre, in maglia Colpack-Ballan, è approdato quest’anno nel team francese (foto Twitter)

Onori ed oneri

Di contro, ritrovarsi all’improvviso di fronte ad una situazione di calendario del tutto nuova ha creato dello scompiglio. Bello partecipare ai tre grandi Giri, ma è anche un impegno. Come si dice: onori ed oneri. A volte le stesse squadre WorldTour lamentano la difficoltà di prendere parte ad alti livelli a tutte e tre le grandi corse a tappe, figuriamoci cosa può significare tutto ciò per una squadra più piccola.

L’Arkea conta trenta corridori. Ma non tutti sono di primissimo livello. L‘organico è buono, ma allestire tre formazioni altamente competitive per altrettanti Giri è un’altra cosa. E potrebbe quasi essere controproducente.

Tuttavia sembra già che non si voglia rinunciare a nessuno dei tre grandi appuntamenti e allora cosa dobbiamo aspettarci? Proviamo ad ipotizzare un calendario, partendo dai corridori nella rosa, dai percorsi e da quanto hanno dichiarato i capitani stessi.

Warren Barguil, al Giro per vincere una tappa?
Warren Barguil, al Giro per vincere una tappa?

Occasione Giro?

Con tre grandi Giri da fare e con un italiano in rosa, Alessandro Verre, ecco che la squadra francese potrebbe venire al Giro d’Italia con un team di giovani, ma non solo... L’idea sarebbe quella di fare esperienza, di andare a caccia delle tappe e di mettersi in mostra.

La partecipazione al Giro inoltre sarebbe anche una base per quello che è l’obiettivo dichiarato del 2023 e cioè diventare una WorldTour a tutti gli effetti. A quel punto l’Arkea avrebbe già preso le misure anche con la corsa rosa, a cui non ha mai preso parte, ma soprattutto avrebbe fatto esperienza con il triplice grande impegno nell’arco della stagione.

E questo fa “scopa” con quanto detto qualche tempo fa dal team manager, Emmanuel Hubert: «Il WorldTour nel 2023 è l’obiettivo dichiarato, ma prima dobbiamo diventare una professional molto forte».

Senza contare che l’altro big, Warren Barguil ha espresso il desiderio di venire in Italia. «Mi piacerebbe molto venire al Giro, vincere una tappa nella corsa rosa è quel che mi manca. E mi piacerebbe correre chiaramente anche il Tour», ha detto il 30enne bretone.

Bouhanni, il velocista del team, è uno dei corridori più rappresentativi del team
Bouhanni, il velocista del team, è uno dei corridori più rappresentativi del team

Parigi o morte

E poi c’è il Tour de France. Chiaramente questo è il big goal per il team, tanto più che parliamo di una squadra francese. E’ lecito ipotizzare un approccio al Tour in pompa magna, con l’artiglieria pesante tutta schierata: da Quintana a Bouhanni, da Barguil ad Anacona.

Però ci chiediamo anche che senso possa avere schierare tutti i migliori corridori nella corsa francese, sapendo poi il livello in campo degli avversari. Se pensiamo che lo scorso anno alla fine hanno vinto solo otto squadre, e chiaramente solo WorldTour (Alpecin di Van der Poel a parte, ndr), un po’ c’è da riflettere. 

E’ vero che conta più la visibilità che offre il palcoscenico della Grande Boucle, piuttosto che il risultato, però ci sono anche delle valenze tecnico-sportive da tenere in conto. Specie se si vuole primeggiare nella categoria professional come dichiarato da Hubert. Per l’Arkea vincere delle gare, magari di livello inferiore, è importantissimo.

Quintana (31 anni) è alla terza stagione nell’Arkea (foto Twitter)
Quintana (31 anni) è alla terza stagione nell’Arkea (foto Twitter)

Nairo e la Vuelta

Infine c’è la Vuelta. La corsa spagnola da anni è nelle corde del team francese. La Vuelta è anche un po’ “l’esame di riparazione” per chi non ha raccolto molto durante la stagione, ma è obiettivo primario per altri. C’è chi vi punta sin dall’inizio: pensiamo a Enric Mas della Movistar, per esempio, e pensiamo proprio a Nairo Quintana.

E a proposito di Nairo, molto ruota attorno al colombiano. A prescindere dal fatto che Quintana è in scadenza di contratto, ha espresso – si legge su Marca, giornale colombiano – la volontà di prendere parte alla Vuelta. E in teoria le volontà del corridore non dovrebbero essere secondarie.

I tecnici dell’Arkea si ritrovano così di fronte ad un bel “tetris”. Lavorare con certi obiettivi e certe ambizioni è comunque uno stimolo, specie se questo sembra fuori portata. Stanno sicuramente lavorando a testa bassa e stanno ponderando bene i programmi da fare, visto che alle nostre richieste ci hanno detto che prima di gennaio non si conosceranno i programmi definitivi.

Diamante-Potenza, la tappa dei trabocchetti. Che ne dici Verre?

25.11.2021
5 min
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Giro d’Italia 2022. Tappa numero sette. La seconda sulla Penisola, ma primo vero assaggio di difficoltà per tutta la frazione. Da Diamante a Potenza: 198 chilometri e ben 4.500 metri di dislivello. Una tappa così lascia il segno. Soprattutto lascia il segno un dislivello così. Non si deve scalare lo Stelvio o il Gavia. Qui al massimo si arriva a 1.405 metri di quota. La parola pianura, in pratica non esiste.

E Alessandro Verre, campioncino, nato proprio su quelle strade lo sa bene. L’ex Colpack-Ballan, dal 2022 nelle file della Arkea-Samsic, viene dal cuore di questa interessantissima tappa, da Marsicovetere, lungo la salita più dura, quella di Monte Scuro.

Il centro storico di Diamante è caratterizzato da 80 murales. Anche qui arrivò il Giro. Fu nel 1982 e vinse Moser
Il centro storico di Diamante è caratterizzato da 80 murales. Anche qui arrivò il Giro. Fu nel 1982 e vinse Moser

Diamante: bici e cultura

Partenza da Diamante dicevamo. Questa località in provincia di Cosenza non vedeva l’ora di ospitare la corsa rosa.

«Per noi è un onore – spiega con entusiasmo il presidente del consiglio comunale, Francesco Bartalotta – presto ci sarà il sopralluogo da parte di Rcs e inizierà questa avventura. Stiamo preparando degli eventi collaterali in merito. Per esempio ci sarà un gemellaggio con la città di Potenza. Ci dovrebbe essere un passaggio simbolico del Trofeo Senza Fine tra il nostro sindaco e il loro. E probabilmente Vegni sarà collegato da remoto».

«Per noi il Giro è molto importante. Siamo anche candidati a città Capitale della cultura italiana 2024 e un evento popolare come il Giro si lega molto con la cultura. Il centro storico di Diamante per esempio si è aperto molto. Abbiamo 80 murales dipinti da artisti provenienti da tutto il mondo.

«Ci stiamo aprendo alla mobilità sostenibile e alle potenzialità della bici. Ci sono i primi “albergabici” e il nostro territorio ben si presta alla pratica del ciclismo. Abbiamo le coste e le montagne. In meno di 20 chilometri si passa dal mare a mille metri di quota.

«Da noi si tiene sempre una pedalata per famiglie e bambini, ebbene quest’anno ad aprile ripercorrerà le fasi iniziali della tappa, i quattro chilometri nell’area cittadina». 

Da Rebellin a Verre

Ma lasciate le coste ecco le prime salite. Il Passo Colla e Monte Sirino, dove vinse Rebellin nel 1996, e qui entra in gioco Verre.

«Da questo punto in poi conosco… tutto – dice Alessandro – sono le mie strade. Non le faccio tutte perché alcune sono distanti da casa mia e io sono molto pignolo con gli allenamenti.

«Questa tappa è un’emozione. Troppa emozione! Ho scoperto quasi per caso che il Giro sarebbe passato di qua. Un mio amico mi ha mandato su WhatsApp un messaggio con l’altimetria e la cronotabella. Credevo fosse uno scherzo. Poi mi sono informato e ho visto che era vero, fino all’ufficialità da parte di Rcs.

«E’ dura. Si vede dall’altimetria e dai 4.500 metri di dislivello, che qui al Sud senza vette altissime sono tantissimi. Per me potrebbe arrivare una fuga, non so se di un gruppetto o di un uomo solo, anche perché dentro Potenza c’è un altro strappetto che dall’altimetria non si vede e potrebbe essere decisivo».

Diamante – Potenza: 198 chilometri e 4.500 metri di dislivello
Diamante – Potenza: 198 chilometri e 4.500 metri di dislivello

Occhio a Calvello

«Le salite? Quella che porta a Viaggiano – riprende Verre – già è una salita. Sembra un falsopiano, ma sale. Ci vorranno una dozzina di minuti dal basso per farla tutta. Poi in cima c’è il traguardo volante. Monte Scuro è molto impegnativa. E’ talmente dura che io per esempio ci vado solo se devo fare dei lavori specifici per la salita. Ci sono 6 chilometri al 10 per cento.

«L’imbocco non è facile perché si arriva dopo una breve discesa con due semicurve in paese abbastanza strette e si passa subito sul ripido.

«La scalata dopo, quella che sale da Calvello è molto impegnativa, anche se dall’altimetria non sembra. E non c’è neanche il Gpm. Spesso ci sono tratti al 10-12%. Mentre l’ultima salita, La Sellata, è la più pedalabile. L’ho fatta in allenamento. L’ho fatta prima del Val d’Aosta ed è durata 20′. E lo stesso credo varrà per Monte Scuro.

«Ma strade e salite in corsa sono molto “diverse”».

Monte Scuro punto X

«Se ci sarò? Non lo so – conclude Verre – io lo spero. Fra pochi giorni in ritiro decideremo molte cose, anche perché so che Amadori punta su di me e bisognerà stabilire i programmi. Ma se non dovessi esserci me ne andrò con gli amici ad aspettare la corsa facendo la brace in cima a Monte Scuro, per me il punto più bello.

«Magari non sarà quello decisivo, perché da lì al traguardo manca molto e, come detto, il circuito dentro Potenza non è piatto. Una cosa è certa però: dopo Monte Sirino i big devono stare davanti. Le strade non sono super tecniche e neanche le discese, a parte qualche tratto verso Pignola venendo giù dalla Sellata, però con un dislivello così… bisogna stare attenti, qualcuno potrebbe attaccare. 

«A me ricorda molto la tappa di Sestola del Giro dell’anno scorso. Non quella che facemmo noi al Giro under 23, ma quella dei pro’, anche se lì si arrivava in salita. La paragonerei a quella per la durezza».

Dall’esempio di Verre, riflessioni sul passaggio tra i pro’

22.09.2021
5 min
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Alessandro Verre, under 23 di secondo anno passato a fine 2020 dal Team Casillo alla Colpack-Ballan, diventerà professionista il prossimo anno alla Arkea-Samsic con contratto triennale. Il piccolo lucano, molto forte in salita, è stato in alcuni momenti una delle note liete della stagione. Ha vinto tre volte. A Corsanico, nella tappa di Pollein al Val d’Aosta e al Trofeo Città di Meldola, ottenendo inoltre alcuni piazzamenti interessanti. Secondo le logiche del ciclismo di un tempo, quello in cui si cresceva nella squadra dei dilettanti per essere pronti al grande salto, dopo un primo anno così convincente, prima del passaggio avrebbe avuto bisogno di un’altra stagione per consolidarsi. Secondo le logiche del ciclismo di oggi e vedendo lo sport come un lavoro, perché non dovrebbe passare?

Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola: è il 18 aprile, prima vittoria stagionale
Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola: è il 18 aprile, prima vittoria stagionale

Non ancora vent’anni

Verre compirà 20 anni il prossimo 17 novembre. E’ forte in salita, ma al confronto con compagni già maturi come Baroncini e Gazzoli avrebbe forse bisogno di formarsi ancora.

«A chi lo avrà il prossimo anno – dice il suo direttore sportivo Antonio Bevilacqua – suggerirei di seguirlo con più attenzione negli allenamenti, di parlarci più di quello che si fa abitualmente con un corridore esperto. Lui è forte e talentuoso e per la preparazione si fa seguire da Pino Toni. Magari continuerà a lavorarci ancora. E’ stato un po’ una sorpresa il fatto che abbia deciso di passare, avrebbe potuto fare qualche corsa tra i professionisti anche con noi, ma ha deciso così e per questo gli facciamo i migliori auguri».

Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana. Le sue considerazioni sul passaggio sono molto interessanti
Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia. Le sue considerazioni sul passaggio sono interessanti

Una corsa sfrenata

Verre per gli allenamenti lo segue Pino Toni, si diceva. E a lui ci rivolgiamo per capire se il ragazzo sia veramente pronto per il passaggio.

«Analizziamo i fatti – dice – i procuratori iniziano a collaborare con ragazzi sempre più giovani e chiaramente devono immetterli nel mercato del lavoro. Li propongono alle squadre a discapito di quelli che ci sono già. I posti nel mondo del professionismo sono quelli, per mettere dentro uno nuovo, tolgo spazio a uno che c’è già, che sia mio o di un altro. Il lenzuolo è corto. E magari ragazzi che hanno fatto solo due anni di professionismo e non hanno avuto i risultati che ci si aspettava, ragazzi su cui le squadre potrebbero investire ancora, si ritrovano senza lavoro. Io mi domando, l’atleta che smette è stato “bruciato” dalla precocità atletica o dalla ricerca sfrenata del fuoriclasse? Tutti vogliono proporre il giovane perché sperano di avere il Pogacar e il Bernal che a 20-22 anni vince il Tour. Quindi bruciano quelli passati prima».

Alessandro Verre è uno scalatore molto forte: classe 2001, compirà 20 anni a novembre
Alessandro Verre è uno scalatore molto forte: classe 2001, compirà 20 anni a novembre

Caccia al fenomeno

Il sistema è chiaro, il meccanismo sotto gli occhi di tutti. Se le continental protestano, si ritrovano contro i procuratori che ormai presidiano il fronte e hanno sui corridori maggior ascendente rispetto ai direttori sportivi. E così il meccanismo che si è messo in moto a fine 2018, quando Evenepoel ha sbalordito il mondo, va avanti a tutto vapore.

«Io spero che fra qualche anno cambierà – dice ancora Bevilacqua – perché non tutti sono fenomeni. E magari anche le squadre dei professionisti ci penseranno bene prima di prendere così tanti ragazzini. La sensazione però è che abbiano tutti paura di perdere il fenomeno, per cui continuano a farli firmare giovanissimi. Mi chiedo se chi investe nelle squadre continental o quelle dei dilettanti andrà avanti a oltranza, sapendo che basta un piazzamento per perdere il corridore su cui ha investito».

Lo staff tecnico della Colpack-Ballan al gran completo, con Valoti, Rossella Di Leo, Ayuso, Antonio Bevilacqua e Flavio Miozzo
Lo staff tecnico della Colpack-Ballan al gran completo, con Valoti, Rossella Di Leo, Ayuso, Antonio Bevilacqua e Flavio Miozzo

L’età giusta

A un certo punto, insomma, ti rendi conto che lo standardi per il passaggio al professionismo non dipende dal livello tecnico raggiunto e dalla maturazione dell’atleta, bensì dalla capacità del mercato di assorbire nuovi atleti a scapito degli altri.

«A che età si è pronti per andare a lavorare? E’ un dilemma – riprende Toni – è chiaro che se le squadre continental ti dessero la tranquillità di uno stipendio, anche Verre potrebbe restare ancora nella categoria con i giusti stimoli. Ma come fai a suggerirgli di fare un altro anno con un rimborso spese se di là ti propongono uno stipendio superiore a quello di un impiegato di banca? Se lo seguirò ancora? Non lo so, abbiamo lavorato benissimo e c’è stima di entrambi, ma quando sei professionista devi anche attenerti a quello che ti scrivono sul contratto, per cui vedremo. Difficile dire se sia troppo giovane per passare, ma di sicuro ormai è diventato tutta una corsa al ribasso. Magari c’è anche un aspetto economico, nel senso che un corridore giovane ti costa sicuramente meno e ha meno pretese. La storia dice che tanti si sono bruciati, ma tanti sono andati avanti. Magari arriveranno ai 32-33 anni e poi smetteranno, l’importante è che abbiano preso dal ciclismo quello che potevano, prima di entrare per tempo nel mondo del lavoro».

Verre all’Arkea. «I tempi cambiano, ho colto l’occasione»

28.08.2021
3 min
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La notizia era arrivata durante il Tour de l’Avenir, quando anche noi eravamo in Francia: Alessandro Verre passerà professionista con l’Arkea Samsic. Un passaggio, quello del corridore della Colpack Ballan, che ci ha sorpreso visto che non si tratta una destinazione consueta per i giovani italiani, ma potremmo dire per i corridori nostrani in generale, visto che solo Diego Rosa ne fa parte (ed è in scadenza di contratto). Pertanto, se vogliamo, c’è ancora più curiosità.

Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola, il suo primo trionfo stagionale
Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola, il suo primo trionfo stagionale
Alessandro, cosa ci dici di questo passaggio?

Non è che ci abbia pensato più di tanto: ho scelto e via. Adesso la priorità è finire la stagione. Ora però sono più tranquillo e il prossimo anno si vedrà. E’ tutto da scoprire.

Come mai hai scelto l’Arkea?

Perché è stata l’unica squadra che mi ha fatto una proposta convincente in merito alla mia crescita personale. Penso sia la squadra giusta per me: né troppo grande, né troppo piccola. Un team dove potrò avere i miei spazi. Assieme al mio procuratore Acquadro abbiamo scelto quello che crediamo essere il meglio. 

C’è già qualcuno che conosci?

A dire il vero no. Barguil, Quintana… i grandi nomi sì, ma personalmente non conosco nessuno.

Che ambiente ti aspetti di vivere?

Sicuramente sarà tutto un altro mondo, si ricomincerà tutto da zero. E se all’Avenir mi è sembrato che volavano dal prossimo anno sarà sempre così! 

Hai già parlato con qualcuno della squadra?

Sì. Con il team manager (che in realtà sono due: Emmanuel Hubert e Guillaume Letanneur, ndr). Io parlato con Hubert e con gli addetti stampa. Poi ripeto, adesso sto pensando a finire la stagione e restare concentrato.

Come è andata la trattativa?

Abbiamo concluso tutto prima del del Tour de l’Avenir e sono sincero: alla fine l’Arkea è stata l’unica squadra tra le tante che si sono proposte a mettere nero su bianco. Sì, tante proposte, tante parole… io ho cercato di cogliere l’occasione. Anche perché, sapete, adesso in Italia sta cambiando un po’ il movimento. Vedi gli juniores che passano direttamente al professionismo, passano tutti molto giovani e magari fare un altro anno tra gli under poteva quasi diventare rischioso. Metti un infortunio in inverno, una caduta o una mononucleosi per dire… poteva diventare un bel problema per il futuro.

Verre, classe 2001, è un ottimo scalatore e anche a crono si difende
Alessandro Verre, classe 2001, è un ottimo scalatore e anche a crono si difende
Hai detto di aver avuto più offerte, come mai non hai scelto una WorldTour?

Perché mi piace il progetto dell’Arkea e a volte è meglio andare in squadre piccole, che poi piccole non sono visto il calendario che fa l’Arkea, che in una WorldTour vera e propria. Posso crescere meglio.

Quando dici progetto cosa intendi?

Eh – ride Verre – non posso dirlo…

Beh, proviamo a rispondere noi stessi. Si vocifera, come ormai succede da un po’, che il team francese possa fare il salto nella prima fascia, il WorldTour appunto. E che, a prescindere da questo salto o meno, possa finalmente prendere parte al Giro d’Italia, tanto più che quest’anno ci è andata molto vicina. In tal senso la presenza di un italiano fa gioco alla squadra transalpina.

Noi intanto aspettiamo il lucano di Marsicovetere tra i grandi. Siamo curiosi di vederlo all’opera. Il motore c’è, la grinta anche, ex biker e ciclocrossista sa guidare anche molto bene… Forse gli manca un po’ di costanza, ma magari senza l’assillo di dover dimostrare tutto subito la potrà trovare. Intanto in tasca ha un biennale. Verre è un bel patrimonio del nostro ciclismo: speriamo che l’Arkea lo tuteli bene.

La vittoria di Verre (vissuta dall’ammiraglia Colpack)

16.07.2021
7 min
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«Certo che Pogacar è come Ayuso». Inizia con questa battuta l’avventura (perché di avventura si tratta) nell’ammiraglia della Colpack – Ballan. Siamo al Giro della Val d’Aosta. Dopo una mattina fredda e piovosa splende il sole su Pollein, sede di partenza e di arrivo della prima tappa. 

I consueti saluti con i diesse, qualche domanda tra tecnici e corridori prima del via e l’invito di Gianluca Valoti, diesse proprio della Colpack, a seguire la tappa in ammiraglia. Occasione d’oro. A proposito, l’autore della frase iniziale – tenetela a mente – è proprio Gianluca Valoti. 

Percorso nervosissimo

Si parte. Se la corsa è tranquilla il percorso no. Il Val d’Aosta rivela subito le sue caratteristiche di tracciato ostico, non solo altimetricamente. Curve, stradine, dossi, tornanti, rampe, paesini… è un saliscendi continuo. E spesso c’è spazio per una sola vettura, tanto le strade sono strette. E così che Stefano Casiraghi, il meccanico del team, esclama: «Abbiamo fatto 30 chilometri ma sembra di aver fatto otto Roubaix!».

Si parla del più e del meno: il discorso tra continental e squadre U23, delle radioline che avrebbero fatto comodo su un tracciato così tecnico e forse anche un po’ pericoloso, della durata dei freni e delle gomme delle ammiraglie.

E questi strappi, sempre abbondantemente in doppia cifra, fanno subito tante vittime. La Colpack perde dal gruppo di testa Nicola Plebani. Una volta a valle Valoti lo affianca e gli dice di insistere. Ma più si va avanti e più le vittime sono illustri. Anche stranieri quotati si staccano. E fa fatica Davide Piganzoli, tra i più attivi al Giro U23.

Il diesse della Colpack dà indicazioni ai suoi ragazzi

Rischio e caos a metà corsa

Il percorso è davvero tecnico. Valoti, che ha una calma olimpica (da vero leader), cerca di scrutare Alessandro Verre, il suo uomo di classifica. Ci dice che spesso il lucano “è poco cattivo”, un po’ remissivo. E su percorsi così non te lo puoi permettere… se punti in alto.

E infatti radiocorsa annuncia: «Attacco di Vandenabeele in discesa». E il diesse della Colpack: «Lo stavo per dire: vedrai che Vandenabeele attacca. E’ fortissimo in discesa».

Siamo verso metà corsa e impazza il caos tra le ammiraglie. I corridori vogliono l’acqua, i diesse fanno “a sportellate” per andare in coda e cercare di scambiare una parola con i loro ragazzi oltre che rifonirli. E’ un continuo sfiorarsi. E a volte ci si tocca per davvero.

A valle il gruppo si è spezzato. Verre è dietro. Valoti resta tranquillo, almeno sembra, ma la situazione è pericolosissima. Davanti ci sono dei veri “cagnacci”. E il distacco non è poco. Garofoli (bravissimo) dà menate importanti e alla fine il quasi minuto di distacco in qualche modo viene colmato. Pericolo scampato.

«Adesso – borbotta il diesse della Colpack – inizia la salita. Vai avanti, Alessandro – come se potesse sentirlo – Ieri l’abbiamo provata. Lo sai dove inizia. E com’è…».

Peggio dello Zoncolan

E dire che la frazione odierna doveva essere la più facile. In effetti è così. O almeno questo dicono i numeri. Ma credeteci: siamo stanchi noi che siamo stati in ammiraglia, figuriamoci i corridori. Strappi secchi e discese ripidissime. Tutta così. Una Liegi aostana si era detto in conferenza stampa al mattino. Fanno più male 3.200 metri di dislivello così che fare due volte lo Stelvio.

E poi il bello. Al chilometro 78 inizia la salita di Terreblanche. Il Garibaldi la dà come 2ª categoria. Vogliamo sperare si siano sbagliati. Pendenze anche al di sopra del 20%. Strada strettissima. In un attimo Aosta diventa piccolissima nel fondovalle. La moto del cambio ruote fonde. I corridori salgono a zig-zag. Le ruote davanti delle bici a volte si alzano. Un tornante è talmente stretto che bisogna fare manovra con l’ammiraglia. E lo sapevano. Tanto che c’è un addetto con il giubbino giallo che regola le manovre delle vetture. Incredibile. Mai vista una cosa del genere dal vivo. Il gruppo non esiste più.

Verre ce l’ha fatta. Valoti e Casiraghi si complimentano a vicenda. E’ festa in casa Colpack
Verre ce l’ha fatta. Valoti e Casiraghi si complimentano a vicenda

Triello, duello…

Però la salita in qualche modo in ammiraglia diventa dolce. E sì perché radiocorsa dice che il numero 40, Alessandro Verre, è quarto. Poi terzo, poi secondo. Davanti c’è il neozelandese della Groupama-Fdj Continental, Reuben Thompson. Il Gpm arriva all’improvviso nel bosco. Discesa folle: ripidissima e strettissima (c’è persino il muschio al centro dell’asfalto) e si riprende a salire. 

Stavolta la strada è più larga e la pendenza decisamente più agevole. Il giudice ci dà l’okay per passare. Verre vede Thompson e a sua volta è inseguito alla stessa distanza (una decina di secondi) dal colombiano Didier Cardona. «Non mollare», dice Valoti. «Malto», riesce a sussurrare Verre che vuole le maltodestrine. «Sono 4 chilometri così. All’ultimo chilometro devi chiudere», ribatte il diesse.

Il giudice ci rimanda dietro. La tensione sale. Riusciamo a vedere il duello, anzi il triello, a distanza. Thompson, Verre, Cardona. Poi le curve tolgono la visuale. Ma l’inconfondibile voce di Virgilio Rossi, radicorsa, annuncia: «Verre ha ripreso Thompson». E poco dopo: «Passaggi al Gpm di Les Fleurs: primo il numero 40, secondo il numero 15 (Thompson, ndr)».

Thompson (classe 2001) alle interviste post tappa
Thompson (classe 2001) alle interviste post tappa

E assolo…

Vanno via in due. Il giudice ci fa stare a ruota del colombiano che resta lì ad una manciata di secondi ma non chiude. Eppure spesso il tachimetro segna 80 all’ora. Verso fine discesa un drappello rientra da dietro. Ma davanti quei due sono stati dei falchi. Nel finale resta uno strappetto. Verre che è uno scricciolo in confronto a Thompson non può arrivare in volata. «E così – racconta Verre dopo l’arrivo – ho raccolto tutte le energie rimaste e sono riuscito a staccarlo».

Intanto in ammiraglia impazza la gioia. Il moderato “evvai” del Gpm diventa un grido. Valoti e Casiraghi si abbracciano. «Non pensavo di prenderla subito – dice Valoti riferendosi alla maglia di leader – però! La difenderemo…. Quando ho visto Thompson da solo ho capito che era cotto, mentre Verre spingeva bene». 

La tranquillità di Verre, che pensa già al recupero poco dopo la tappa
La tranquillità di Verre, che pensa già al recupero poco dopo la tappa

Pensieri da campione

Dopo mezz’ora ancora arrivano corridori a Pollein. Il sole quasi quasi va a nascondersi dietro alle montagne. Le ombre sono lunghissime. Verre se ne sta tranquillo dietro al palco a mangiare riso, tonno e mais. Ha già fatto le interviste.

«No, non mi aspettavo di vincere – ci dice – a metà corsa ho rischiato tanto. Il gruppo si era spezzato, io ero dietro tra le ammiraglie. Ci vuole la testa, sempre. Tante volte uno pensa a risparmiarsi per il finale, ma poi si ritrova in quelle situazioni. Per fortuna è andata bene».

E’ stato davvero emozionate assistere all’inseguimento del lucano sulla salita finale. Abbiamo provato a metterci nei suoi panni. Cosa pensava in quel momento? Era lì a tutta, ma c’erano sempre quei 100 metri di distacco. Non è facile mentalmente.

«E’ stata una situazione strana – racconta Alessandro – perché io ero nel mezzo. Non solo dovevo inseguire, ma ero anche inseguito. Credevo che Thompson stesse facendo il furbo. Che mi tenesse lì e che avesse mollato, che volesse finirmi». Poi gli facciamo notare che Valoti gli aveva detto di chiudere nell’ultimo chilometro e lui così ha fatto.

«Sì è vero, ma io ho pensato ad Ayuso e a Pogacar. Loro non lasciano nulla a nessuno. Ho cercato di imitarli. Anche perché non sai nei prossimi giorni cosa può succedere».

La Basilicata, le salite, la serietà: Pozzovivo? No, Verre!

19.06.2021
4 min
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Capelli castano chiari, qualche brufolo, fisico da scalatore e una bella dose di timidezza, ma anche di sensibilità. Di chi stiamo parlando? Di Alessandro Verre, una delle belle sorprese del Giro d’Italia U23. Che poi… sorpresa per modo di dire. Si sapeva che andasse forte, ma forse non si immaginava tanto.

Alessandro Verre mangia il consueto riso post tappa e si confronta con il suo diesse Gianluca Valoti
Alessandro Verre mangia il consueto riso post tappa e si confronta con il suo diesse Gianluca Valoti

Dalla Basilicata a Bergamo

Verre viene dalla Basilicata e più precisamente da Marsicovetere, un piccolo paese incastonato nell’Appennino lucano, in provincia di Potenza. Posto unico, ma anche molto di periferia. Natura selvaggia e poche strutture. Non è facile iniziare a fare ciclismo da quelle parti.

«Io ho iniziato per gioco – dice Verre – c’era una squadra di giovanissimi nel mio paese e alcuni amici mi hanno detto di andare con loro, di provare, anche perché da piccolo, già a tre anni, andavo in bici senza rotelle. Con la bici ci sono cresciuto.

«Non è facile in Basilicata è vero, però è anche una fortuna. Da inizio anno sto quasi sempre a Bergamo e tutto è molto diverso. Laggiù però è più tranquillo. Inoltre c’è meno traffico. Ho tutte le tipologie di salite che voglio, c’è pianura… insomma è perfetto per fare allenamento.

«Quello che manca è il movimento in generale. Non ci sono gare. Proprio durante il Giro stavo pensando che corse di under 23, di elite… non ce ne sono su strada. Stavo parlando con il massaggiatore ed è uscito questo discorso. L’ultima volta che hanno fatto il famoso Giro di Basilicata (gara per juniores, ndr) era il 2017. E questo mi dispiace. Erano gli anni in cui ero giusto uno junior e non ho avuto la possibilità di parteciparvi. Gli arrivi di tappa erano spesso nelle mie zone. Ma questo è il Sud. Siamo più aperti in generale, ma nei confronti dello sport siamo indietro».

Verre è molto abile nella guida e il merito è anche del passato in Mtb
Verre è molto abile nella guida e il merito è anche del passato in Mtb

Timidezza e grinta

Nel team lo descrivono come un ragazzo gentile, educato, ma anche timido. Gianluca Valoti ci aveva detto che questo ragazzo è molto forte, ma che dovrebbe credere un po’ di più in se stesso, tanto più se si pensa al motore che ha.

«Nella tappa di Campo Moro – racconta proprio Valoti – più o meno a metà salita lo vedo in coda al gruppo, che sta per staccarsi. “Non ce la faccio”, mi diceva. Mi sono risentito e gli ho detto che anche gli altri erano stremati. E infatti alla fine è andato forte. Ecco, va un po’ strigliato».

Eppure a noi non è sembrato timido, specie quando sale in bici…

«Dipende – sorride Verre – dipende anche dalle fasi di gara».

Allora ribattiamo: quando è che tira i freni e quando invece li lascia andare?

«Bella domanda – ci pensa un po’ e fa una pausa – bisogna essere cattivi il giusto. Al Giro c’erano corridori molto più forti di me, ma per esempio nei percorsi che si adattano alle mie caratteristiche, come le salite, sono molto più timoroso, sto più attento. Se so che posso fare bene sono sicuro di me stesso, ma è molto raro che accada! Credo poco in me… Me lo dicono in molti».

Verre (classe 2001) ha chiuso il Giro al sesto posto nella generale ed è stato il primo italiano
Verre (classe 2001) ha chiuso il Giro al sesto posto nella generale ed è stato il primo italiano

Scalatore puro?

Verre è un 2001. E’ al secondo anno nella categoria U23 e al secondo Giro U23, il corridore della Colpack-Ballan pertanto può già tracciare un bilancio.

«Tutto è completamente diverso: sia come risultati che come percorso. Il tracciato di quest’anno era molto più duro. I risultati si stanno vedendo e io sinceramente non mi aspettavo di fare così bene. L’ho vissuto giorno per giorno e magari per cercare di migliorare qualcosa. La gamba ha risposto bene però sono giovane, non ho molta esperienza con le corse a tappe. Siamo partiti per aiutare Ayuso e poi mi sono ritrovato in classifica».

«Che corridore sento di essere? Non so, magari sono uno scalatore puro, ma con il mio passato nel fuoristrada anche a crono ho idea che possa difendermi bene. Nella tappa di Guastalla, proprio quella contro il tempo, ho sentito una bella fiducia. La Mtb mi ha aiutato a menare a testa bassa, ritmi molto alti anche se con modi di correre diversi. Ma la multidisciplina serve. Comunque sì: scalatore».

Nel fisico, e non solo in quello, ma anche nel modo di porsi, Verre ricorda parecchio il suo conterraneo, Domenico Pozzovivo. Anche se forte di 170 centimetri (e 58 chili) Alessandro è un po’ più alto.

«Pozzovivo non lo conosco di persona, però conosco suo padre perché ha organizzato alcune corse su strada quando ero esordiente».

Lapeira e Verre dominano la domenica dei dilettanti

19.04.2021
3 min
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Non solo classiche del Nord e professionisti. La scorso weekend ci ha regalato anche tanto sul fronte degli under 23. E l’Italia ne è stata protagonista con due grandi eventi: il Trofeo Città di San Vendemiano e il Trofeo Città di Meldola. Due gare davvero tirate al massimo e che hanno visto al via qualcosa come 342 ragazzi, senza contare che il giorno prima moltissimi dei protagonisti di Meldola sono stati gli stessi della gara del sabato, vinta da Luca Coati. Anche qui altri 188 partenti.

A San Vendemiano Paul Lapeira (Ag2r Citroen) precede Jacopo Menegotto (General Store)
A San Vendemiano Paul Lapeira (Ag2r Citroen) precede Jacopo Menegotto (General Store)

La Marsigliese in Veneto

Partiamo dal Gp Industria e Commercio di San Vedemiano. Ad abbassare la bandierina del via oltre alle consuete autorità locali, anche Moreno Argentin che in questi giorni di classiche delle Ardenne deve aver sentito forte il richiamo delle corse. Con lui anche Bugno.

La gara prevedeva una prima parte più facile e poi il circuito con il mitico Ca’ del Poggio, ormai teatro del grande ciclismo: un piccolo stadio delle due ruote, anche se senza pubblico a causa del Covid. E proprio su questo strappo si delineava il grosso della corsa. Davanti infatti erano in otto, ma tra di loro mancavano tre dei grandi favoriti: Juan Ayuso, Luca Colnaghi e Andrea Pietrobon, rientrati in un secondo momento con altri contrattaccanti. Dopo le cinque tornate si presenta a San Vendemiano questa manciata di atleti e il più veloce di loro è il francese Paul Lapeira, un buon passista al primo successo internazionale.

«Sapevo di stare bene ed ero venuto qui per puntare alla vittoria – ha detto il portacolori della Ag2R Citroen – Quando ho visto che la nostra azione prendeva il largo ho capito che saremmo potuti arrivare. Nel finale sono partito un po’ lungo, ma sono riuscito a resistere fino alla fine». Lapeira sta comunque attraversando un buon periodo di forma. Pochi giorni prima era giunto terzo in un’importante gara in Svizzera.

Da segnalare che Ayuso (Colpack-Ballan) ha aiutato il compagno di squadra Mattia Petrucci, il quale ha chiuso al terzo posto e che lo stesso Lapeira poteva contare sull’apporto di due compagni di squadra. Secondo, Jacopo Menegotto, della General Store.

Rossella Dileo e Alessandro Verre, la linguaccia post vittoria è ormai un rito in Colpack
Rossella Dileo e Alessandro Verre, la linguaccia post vittoria è ormai un rito in Colpack

Verre succede a Pantani

Poco più a sud invece, sulle strade romagnole Luca Coati ci ha confidato che avrebbe cercato il bis dopo la vittoria del sabato a Mordano, ma il portacolori della Qhubeka non è riuscito nell’impresa.

Livello leggermente più basso a Meldola rispetto a San Vendemiano, ma comunque gara tiratissima e di sicuro più dura altimetricamente rispetto a quella veneta, tanto che, nota curiosa, l’ultimo a vincere questo evento fu Marco Pantani. Il percorso era molto nervoso, con la salita di Teodorano a farla da padrona, una scalata posta tra l’altro in posizione strategica: era infatti a 14 chilometri dall’arrivo. E poteva essere un trampolino ideale.

La corsa ha vissuto su un grande tentativo composto da sei uomini, i quali però sono stati riacciuffati all’ultimo giro. Il loro vantaggio non è mai stato elevato e si era capito che le speranze sarebbero state poche. Nonostante la salita posta in quel punto, ai 3 chilometri dal termine il gruppo (quel che ne restava, cioè circa 30 atleti) è tornato compatto, ma proprio in quel momento sono scattati Alessandro Verre e Gianmarco Garofoli. Un vero colpo da finisseur per loro.

Nello sprint finale il corridore della Colpack Ballan però ha la meglio. Garofoli infatti aveva fatto parte dei sei della fuga ed era più stanco. Terzo un buon Antonio Puppio (per l’occasione in azzurro). Con questo successo e dopo la consueta “linguaccia” con la responsabile organizzativa del team, Rossella Dileo (ormai segno distintivo dei successi Colpack) Verre può vantarsi di essere l’unico corridore della nuova generazione ad essere succeduto a Pantani.