La Classicissima di Verre, debuttante curioso

22.03.2023
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Alessandro Verre (in apertura foto Getty) ha esordito nella Milano-Sanremo, la sua prima classica monumento. Certo, sapere che uno scalatore prenda parte alla Classicissima fa un po’ sorridere. Ma è italiano, pieno di entusiasmo e tutto sommato ci aveva incuriosito ciò che ci aveva detto prima del via.

Ad Abbiategrasso di fronte al suo esordio avevamo chiesto al corridore lucano della Arkea-Samsic se avesse provato il finale e lui aveva replicato che non ci aveva messo ruota. Che quel che sapeva della Sanremo lo sapeva dalla tv, dalle tante gare viste quando era bambino. E nel ciclismo dei dettagli, del “si sa tutto prima”, ci aveva un po’ colpito.

Verre la Sanremo l’ha finita. Ha completato il suo “viaggio” in 166ª posizione ad oltre 13′ da Van der Poel. Alla fine è stata una bella avventura.

Alessandro Verre (classe 2001) è pro’ dallo scorso anno. Era alla sua prima Sanremo
Alessandro Verre (classe 2001) è pro’ dallo scorso anno. Era alla sua prima Sanremo

Alessandro, allora come è andata? Cosa ti è sembrato? La percezione della tv è stata diversa dalla realtà?

Di solito dalla tv e dai social si guarda il finale, Cipressa e Poggio. Mi sono ritrovato nel gruppetto quando sono arrivato al Poggio. E anche se l’ho fatto dietro, è stato abbastanza duro. Non per la salita, che non è durissima, ma perché arrivava nel finale.

E invece la prima parte? Tutto quel primo tratto di pianura cosa ti è perso?

Che è lunga! Ma c’era tensione, il che è strano, no? Perché comunque sai che sono 300 chilometri, tanta pianura, strade larghe… 

Come mai?

Proprio perché è così lunga, un po’ tutti vanno di riserva e cercano di limare il più possibile. E anche dal mio punto di vista ci sono state situazioni particolari. Per esempio, quando un corridore magari si ritrovava al vento, vedevi subito che si spostava. Che voleva coprirsi. Poi però anche quello che era dietro di lui si spostava e così via… E quindi tu eri, per dire, in decima, ventesima ruota, ti ritrovavi davanti senza sapere perché. La parola perfetta per la prima metà dunque era limare.

Il lucano (a destra) a colloquio con Barguil (foto Getty)
Il lucano (a destra) a colloquio con Barguil (foto Getty)


Si aspettava il Turchino oppure tutto sommato era una normalità?

Diciamo che è stata la normalità. Poi comunque un po’ di differenza l’ha fatta anche il vento. Dalla macchina ci dicevano come era previsto e quanto forte fosse. Ed era previsto anche un po’ contrario. Anche io ho preferito stare più sulle ruote.

Qual era il tuo compito?

Quello di portare Barguil davanti, specie sul Turchino. Dovevamo portarlo più avanti, ma col vento contro, ci siamo parlati e lui è voluto restare più indietro e quindi siamo rimasti di più sulle ruote, tranquilli. Mancavano più di 150 chilometri… ed eravamo ancora a metà.

Quando si è accesa la corsa in gruppo?

In fondo alla discesa del Turchino. E ancora, dopo l’ultima pausa pipì a 70-80 chilometri dall’arrivo. Quasi tutto il gruppo si è fermato: anche i big Van der Poel, Van Aert, Pogacar…  Si sono fermati tutti contemporaneamente. Però già si andava forte, eravamo tutti in fila indiana.

Una volta in Riviera, dice Verre, il ritmo è aumentato sensibilmente
Una volta in Riviera, dice Verre, il ritmo è aumentato sensibilmente
E questa seconda parte in Riviera come l’hai vissuta?

Il ritmo come detto è sempre stato alto. E quando passavi nei paesi non sapevi mai cosa ti aspettava, anche se guardavi le mappe sul computerino. E poi tutte le squadre iniziavano a portare i capitani davanti e di conseguenza il ritmo è aumentato.


Hai detto di essere rimasto con il gruppetto: dove ti sei staccato?

Su Capo Berta. Si andava davvero forte, dopo il Turchino ho visto che abbiamo fatto 2 ore a 50 di media. Io tutto sommato sono rimasto tranquillo, anche perché sapevo di non stare benissimo. La settimana prima mi ero ammalato e non avevo le stesse gambe della Strade Bianche. E anche alla Milano-Torino avevo visto di non stare benissimo. L’ho presa più per fare esperienza. Come avevo detto prima di partire era la corsa più facile, ma non da portare a termine.

Su Capo Berta, ti sei staccato perché non avevi le gambe o perché si è aperto un buco, un ventaglio?

Non avevo le gambe. Salivamo sui 30 all’ora, credo. Viaggiavo a circa 75-80 rpm con il 54×21, credo… Ed è duretto. E’ la Sanremo: è particolare, lunghissima, devi stare attento a tutto, all’alimentazione soprattutto. Io ho mangiato… forse anche troppo. Che poi non è troppo. Ho mangiato il giusto per la Sanremo, ma proprio perché è lunga. il giusto è tanto. E io non sono abituato a mangiare così tanto. Mi sono sentito appesantito.

Grande tensione nell’ingresso dei vari paesi e delle varie cittadine. Gruppo allungato
Grande tensione nell’ingresso dei vari paesi e delle varie cittadine. Gruppo allungato
Sapevate poi in corsa chi aveva vinto?

Stavamo attaccando il Poggio, se ben ricordo. Dalla radio ci hanno detto Van der Poel, Van Aert, Pogacar… Non ho capito se il nome di Ganna mi fosse sfuggito, ma quando sono arrivato e ho visto l’ordine d’arrivo è stata una sorpresa vedere Pippo secondo.


Dopo esserti staccato, nel gruppetto in cui viaggiavi giravate tutti regolari o c’era qualcuno che tirava di più?

Cavendish e infatti alla fine ci ha staccato sul Poggio.

Se dovessi rifarla, che cosa hai imparato da questa esperienza?

Che la Sanremo è lunga! Che bisogna limare su tutto e che se dovessi ritornarci di sicuro farei almeno un allenamento più lungo. Ma in questo senso credo che faccia una grande differenza l’aver fatto un grande Giro. Come si dice: quello ti cambia un po’ il motore.

E la sera cosa hai fatto? Una pizza te la sei concessa?

No, sono andato a Nizza. Ho aspettato il volo per Napoli e da lì in auto fino a casa, dove sono arrivato a notte fonda.