Seconda tappa del nostro viaggio con Moreno Argentin. Dopo il capitolo sugli juniores, questa volta spaziando dal Belgio che lo ha reso grande, fino al Giro d’Italia del 1984 che lo vide sul podio, alle spalle di Moser e Fignon.
Obiettivo Giri
Senza sfortune o problemi, dopo un anno il corridore lo vedi e vedi anche su quali terreni può esprimersi al meglio.
«Quando un corridore passa professionista – dice Argentin – deve capire subito dove può essere forte e dove può specializzarsi. Non può dire, senza aver mai vinto una piccola corsa a tappe “punto ai grandi Giri”. Io ne vedo tanti che fanno questi ragionamenti, ma uno deve farsi il suo percorso. Se ha le caratteristiche di essere un corridore a tappe, deve passare attraverso le piccole corse a tappe, perché anche lì si aggiungono tasselli su tasselli. Prima di ambire a un Tour, a un Giro o a una Vuelta».
Capire subito
Quante corse a tappa ha disputato Tadej Pogacar, prima di passare professionista? Il Tour conquistato è stato un fulmine a ciel sereno o non era stato annunciato piuttosto dal Tour de l’Avenir e dal podio alla Vuelta del 2019? Stessa cosa per il vincitore della maglia rosa. Andate a guardare: negli anni scorsi Tao Geoghegan Hart ha disputato quasi esclusivamente gare a tappe.
«Il compito di un direttore sportivo è capire quali sono le attitudini dei ragazzi, cercando di farli ragionare. Non esiste l’atleta che può fare tutto. Già ai miei tempi era necessario specializzarsi. Le mie caratteristiche mi consentivano di essere più brillante nelle corse di un giorno. Quindi ho provato a fare la classifica a un Giro d’Italia. Il Giro d’Italia del 1984, abbastanza facile dal punto di vista altimetrico. Mi sono misurato, poi però ho preferito proseguire assecondando la mia indole. E il Belgio mi ha accolto permettendomi di cogliere 8 classiche importanti, cui ho aggiunto un Lombardia e un mondiale».