Van Aert spalle al muro risponde colpo su colpo

23.09.2023
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Alla vigilia dei campionati europei di Drenthe su strada, dopo la crono chiusa al terzo posto (su 20 podi del 2023, le vittorie sono state “solo” 5), Wout Van Aert ha parlato con la stampa nell’hotel della nazionale belga. In questo finale di stagione, in cui l’europeo ha preso il posto del mondiale e si fa fatica a trovare le motivazioni, al campione di Herentals sono arrivate domande su quattro grossi temi. Il ritiro forzato di Nathan Van Hooydonck, cui è stato impiantato un defibrillatore come lo scorso anno a Colbrelli. La squadra che vola nei Giri e meno nelle classiche. Le poche vittorie a fronte dei tanti piazzamenti. Infine la Vuelta della Jumbo-Visma, vissuta da spettatore mentre era al Tour of Britain.

Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno
Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno

Su Van Hooydonck

Nathan Van Hooydonck si è sentito male mentre era alla guida della sua auto. I soccorsi sono stati immediati, il ricovero in ospedale ha permesso di rintracciare le cause della perdita di coscienza, ma la carriera del gregario belga si è subito interrotta, al pari di quello che accadde a Colbrelli, che sui social gli ha espresso la totale vicinanza.

«Non ho mai pensato di annullare questa trasferta – ha detto Van Aert – così come per fortuna le cose sono andate diversamente rispetto a quando assistemmo alla morte di Mader. Non conoscevo personalmente Gino e ho legato il suo incidente al fatto di essere un ciclista. Anch’io avevo appena fatto la discesa in cui è caduto e a un certo punto ho pensato che sarebbe potuto accadere a me. Nathan si è sentito male in macchina, non in un momento di sforzo. Con lui conta soprattutto l’aspetto personale: è un amico, conosco la sua famiglia.

«Nathan è un ragazzo molto dolce, pensa agli altri più che a se stesso. Inoltre è un professionista in tutto e per tutto. Siamo sempre stati compagni di stanza anche in nazionale, l’unica cosa che non sopporto di lui è quel guardare in continuazione le telecronache di golf (ridendo, ndr). Quando ho saputo che avrebbe dovuto chiudere la carriera ho pensato che è ingiusto. Deve essere un duro colpo per lui non poter portare avanti la sua passione. Sembra brutale. Spero soprattutto che guarisca completamente. Lui e la sua compagna hanno già dovuto affrontare troppi problemi. Spero che la nascita del loro bambino sia l’occasione per essere felici».

Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP
Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP

Sulle classiche

Nel 2023, la Jumbo-Visma ha vinto i tre Grandi Giri, ma nessun monumento. Tanti piazzamenti, corridori spesso protagonisti, ma nei finali si è sempre spenta la luce. Perché l’approccio tanto magnificato nelle corse a tappe non funziona nelle classiche?

«E’ qualcosa cui ho pensato spesso anche io – ha riflettuto Van Aert – anche se a mio avviso abbiamo fatto grandi passi avanti nel preparare queste corse. Sono consapevole anche del fatto che saremmo qui a fare altri discorsi se non avessi bucato alla Roubaix o se non ci fossimo imbattuti in qualcuno più forte, come Pogacar al Fiandre e Van der Poel alla Sanremo. Forse questi corridori, cui sommo anche Evenepoel a Liegi, hanno più talento nelle classiche maggiori. Se invece ci sarà da cambiare qualche programma per arrivarci più fresco, si dovrà valutarlo con la squadra. Potremmo parlarne a lungo.

«Siamo stati spesso vicini alla vittoria, non esserci riusciti potrebbe essere dipeso anche dalla sfortuna? Se così fosse, si potrebbe tenere lo stesso calendario e sperare che le cose vadano meglio. E’ il destino del corridore che arriva secondo. E’ il primo cui viene chiesto che cosa non abbia funzionato e cosa potrebbe cambiare l’anno dopo. Io credo che cambiamenti ci saranno, ma per piccole cose. Magari si potrebbe ridurre l’impegno nelle corse minori, ma io se ho buone gambe, non mi tiro indietro. Forse potrei imparare a risparmiarmi un po’ dopo aver fatto la selezione. Questo è un tema sul tappeto…».

Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP
Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP

Sulla specializzazione

Il guaio è che a lasciarlo fare, Van Aert brilla su tutti i terreni. Gli manca la pista, ma per il resto vince nel ciclocross, in volata, nelle crono, sui muri e va fortissimo in salita. E’ così fuori categoria che finora nessuno gli aveva chiesto di fare delle scelte, invece il 2023 è stato il primo anno in cui si è mostrato battibile. E questo ha aperto il fronte rei ragionamenti.

«Al giorno d’oggi – ha detto – spesso si vince con azioni solitarie, ma molte classiche si decidono allo sprint di un piccolo gruppo. Io sono semplicemente versatile. Potrei provare molte più soluzioni contemporaneamente, ma non lo faccio consapevolmente. Quest’anno ad esempio non ho lottato per la classifica alla Tirreno-Adriatico. Forse non mi concentrerò troppo sulle crono a inizio stagione, perché le ore di allenamento che richiedono sono effettivamente energia sprecata rispetto alle classiche.

«Invece non sono d’accordo sulle critiche dopo il mondiale per aver sprecato troppo al Tour. Stiamo parlando del Tour, la corsa più importante dell’anno. Non penso che potrei mai farlo solo come preparazione. Non sono uno da 90 corse all’anno, per cui tante le farebbe in preparazione. Io corro per vincere e quando attacco il numero sulla maglia, do valore al mio impegno. Spero che la gente mi apprezzi anche per questo. Personalmente la vedo come una grande forza che non vorrei mai gettare a mare. Penso che con il mio modo di correre, puntando sempre al massimo su tanti obiettivi diversi, lascio il segno più che con una vittoria specifica. Fiandre e Roubaix darebbero molto al mio palmares, ma se non arrivano, non sarà un fallimento. Non è questo il punto di partenza con cui voglio correre per il resto della mia carriera».

Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss
Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss

Sulla Vuelta

Infine la Vuelta, vissuta con gli occhi dello spettatore, senza essere perfettamente consapevole delle dinamiche interne, ma sapendone abbastanza per averne un’idea precisa.

«Kuss, Roglic e Vingegaard – ha detto – mi sono davvero piaciuti. Sepp è la persona più educata che conosco. Nello stress della gara, lui sorride sempre. Si diverte, trova tutto bello, mostra sempre apprezzamento per il lavoro degli altri. E’ fantastico che abbia appena vinto la Vuelta. Lui e i suoi suoceri spagnoli pensano che questo sia il grande Giro più importante dell’anno. Certo Roglic ha detto di avere una sua opinione diversa sulla tattica della squadra e magari non è stata l’affermazione più saggia, perché ha solo alimentato la confusione. Primoz ha un background da atleta individuale (lo sloveno proviene dal salto con gli sci, ndr) e talvolta questo affiora. Ma la cosa più importante è il modo in cui sono riusciti ad arrivare in fondo.

«Sono orgoglioso di far parte di una squadra del genere, anche se capisco che la gente ci guardi con circospezione. Capisco che sia un argomento di conversazione, ma le domande devono essere motivate. Quando ne parlo con gli altri corridori e spiego come lavoriamo, nessuno ha cose da dire. Alcune domande invece provengono dal passato di questo sport, ma io resto fedele al mio punto di vista: se per definizione mettessimo in discussione ogni grande prestazione, continueremmo a non trovare la strada».

Oggi l’europeo, ma Sangalli pensa già a Parigi

23.09.2023
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Paolo Sangalli si sta prendendo belle soddisfazioni dalle categorie giovanili agli europei di Emmen, ma la sua mente è già rivolta al 2024. C’è da preparare “la” stagione, perché quella con all’interno l’appuntamento olimpico è un’annata diversa da tutte le altre. Per questo guarda alla rassegna continentale puntando sì al risultato con le sue elite, studiando il percorso e le caratteristiche delle avversarie, la giusta strategia per le sue ragazze, ma dopo un’annata così complicata come questa è già avanti nella disamina di quanto fatto e soprattutto quanto c’è da fare.

Dai mondiali di Glasgow in poi qualcosa è cambiato. Si era abbondantemente detto di come la squadra italiana fosse in quell’occasione troppo debilitata dai problemi che le principali esponenti del ciclismo italiano si erano portate dietro. E’ passato un mese e i segnali positivi ci sono stati, in abbondanza, segnali che qualsiasi epilogo della gara olandese non potrà cambiare.

Sangalli ha già in mente il percorso che dovrà portare a Parigi 2024: «Saranno fondamentali le classiche per formare la squadra. Le ragazze dovranno essere efficienti in quel periodo, mostrarmi che possono fare in percorsi molto simili a quello olimpico, per come è stato costruito, poi è chiaro che ogni gara mi dà indicazioni, anche questa europea così lontana dall’appuntamento che conta davvero, ma il cammino nella mia testa è già definito».

Sangalli con Balsamo. La sfida europea è l’occasione per rilanciare il suo nome dopo la difficile ripresa
Sangalli co Balsamo. La sfida europea è l’occasione per rilanciare il suo nome dopo la difficile ripresa
Anche il prossimo anno sarà comunque complicato dal punto di vista del calendario…

E’ un calendario che non funziona, ne sono convinto perché le gare sono tante e tutte impegnative e importanti, ma i team non hanno un numero sufficiente di elementi per far fronte, così chiedono alle loro atlete un surplus d’impegni. Noi quest’anno l’abbiamo subìto oltremodo. Il mondiale è stato la dimostrazione di come per emergere serva una programmazione adeguata: chi ha fatto solo il Tour era davanti, chi ha fatto Giro e Tour no.

La delusione del mondiale è passata?

Io non cerco scuse, è andata com’è andata, ma abbiamo avuto tutte le nostre big messe fuori gioco nel momento topico della stagione, Balsamo in primis, poi Guazzini con il terribile incidente alla Roubaix, la stessa Bertizzolo con le sue due cadute che hanno influito sulla stagione, i problemi di Longo Borghini da cui si sta faticosamente riprendendo. Non dimentichiamo poi Persico, costretta proprio per il discorso che facevo prima a una stagione intensissima che chiaramente l’ha logorata.

Bertizzolo è in continua crescita. In Romandia ha vinto la prima tappa in una volata di gruppo
Bertizzolo è in continua crescita. In Romandia ha vinto la prima tappa in una volata di gruppo
Dopo i mondiali però sono arrivati buoni risultati. Cominciamo da Elisa Balsamo, tornata finalmente alla vittoria in volata…

E’ stato un segnale morale fondamentale, non solo per questa stagione – afferma sicuro Sangalli – Significa aver chiuso finalmente un cerchio. Elisa è una ragazza molto matura, come ce ne sono poche in giro e non mi riferisco solo alla sua gestione in gara, ma proprio al suo modo di essere. Ha dimostrato con il suo recupero prima del tempo grandissime capacità fisiche e doti morali non comuni.

Ti ha sorpreso?

Non lei, sarebbe stato impossibile fare lo stesso per qualsiasi altra atleta, ma lei può e oggi si troverà a gareggiare su un percorso che le si addice, sia per la parte fuori il circuito di ben 60 chilometri dove ci sarà da sapersi giostrare con il vento, sia per il finale. Io sono molto fiducioso.

Elisa Balsamo ai mondiali, corsi con una condizione ancora non al meglio
Elisa Balsamo ai mondiali, corsi con una condizione ancora non al meglio
La Persico è tornata a farsi vedere anche nelle prove a tappe, con il 5° posto al Romandia…

Non è al 100 per cento, ma vedo che sta arrivando alla miglior forma e anche se la stagione è agli sgoccioli è comunque importante. Sta smaltendo anche una certa crescita iniziata molto prima, anche la sua stagione passata ricca di soddisfazioni, ma che non era facile da assimilare. Silvia ha corso sempre.

Ha già detto che salterà gran parte della stagione di ciclocross, se non addirittura tutta…

Questo mi dispiace moltissimo perché so bene quanto sia portata per questa specialità – sottolinea Sangalli – ma torniamo al discorso di prima. Con il calendario attuale non si può far tutto. Ormai bisogna rendersi conto che non si può più correre allenandosi, ma bisogna allenarsi puntando all’evento specifico. La SD Worx ha fatto questo e i risultati si sono visti.

In Romandia Persico è tornata: quinta in classifica generale e sempre protagonista
In Romandia Persico è tornata: quinta in classifica generale e sempre protagonista
La recente ufficializzazione del percorso olimpico ha fatto dire a quasi tutti gli addetti ai lavori che sembra un percorso disegnato su misura per Elisa Longo Borghini.

E’ così, lo penso anch’io e sono già d’accordo con i vertici della Lidl-Trek per vederci subito dopo la fine della stagione per stabilire un suo calendario condiviso, che la porti alla forma migliore sia per Parigi che per i mondiali di Zurigo, anche quelli adattissimi a lei. Bisogna scegliere bene ogni singola tappa della sua prossima stagione, posizionare al meglio i periodi di altura, ma per la preparazione ho la massima fiducia in Paolo Slongo. Dobbiamo lavorare tutti per portarla all’appuntamento olimpico pronta a giocarsi le sue carte.

La sensazione è che quando lei non è in squadra, la sua assenza si sente fortemente.

E’ verissimo, perché è una vera leader, quindi si fa sentire anche quando non è una gara dove è chiamata lei a fare risultato. E’ una vera capitana, sa muoversi nel gruppo, toglie peso e responsabilità alle compagne. Io sono convinto che se l’avessimo avuta in gara a Glasgow, ora staremmo a parlare di un risultato diverso…

Longo Borghini dovrebbe essere la punta azzurra a Parigi 2024, per la caccia al suo terzo podio
Longo Borghini dovrebbe essere la punta azzurra a Parigi 2024, per la caccia al suo terzo podio
Tu pensi che per la prova olimpica, che avrà un ridotto numero di partecipanti anche se l’Italia dovrebbe riuscire a ottenere il massimo del contingente, si potrà attingere anche alle più giovani, alle U23?

Sinceramente la vedo difficile, anche se tutto è possibile. Il salto verso la categoria maggiore, il confronto fra una 23enne e già una che ha 4-5 anni in più è improbo, c’è un carico di esperienza che fa una differenza enorme. Avessimo avuto un arrivo in salita avrei pensato alla Realini, ma non è questo il caso. Il percorso parigino sarà una vera classica, con tanti strappi ognuno dei quali potrebbe essere decisivo.

Quindi sarai presente per tutto il periodo delle prove franco-belghe…

Come sempre, ma questa volta avrò un occhio di riguardissimo per quello che succederà e trarrò le mie conclusioni.

Consonni per Milan, Bagioli per vincere: Guercilena e la Lidl 2024

23.09.2023
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Luca Guercilena fa il punto della situazione sulla squadra che sta nascendo per la prossima stagione. E’ abbastanza evidente che l’arrivo di Lidl abbia portato più risorse, ma quello che ci interessa approfondire è la compagine italiana. Se infatti Tiberi e Baroncini hanno preso strade diverse, non si può negare che gli arrivi di Milan, Consonni, Bagioli e Felline abbiano rinforzato il contingente nostrano nella squadra che, pur avendo sponsor tedeschi e americani, ha una fortissima componente italiana.

Ad ora gli italiani sono sette, circa un terzo del totale. Da chi cominciamo?

Partirei da Dario Cataldo, un uomo storico del ciclismo italiano. Un gregario che conosce bene la storia del ciclismo. A prescindere dall’infortunio, è una persona che porta equilibrio all’interno del gruppo e sa soprattutto calmare i compagni, consigliarli nei momenti più complessi. Poi abbiamo il rientro di Fabio Felline.

Ciccone con Cataldo, rientrato dopo la frattura di primavera: il leader e il braccio destro
Ciccone con Cataldo, rientrato dopo la frattura di primavera: il leader e il braccio destro
Fabio era già stato con voi per sei anni, tanti…

Abbiamo sempre avuto un rapporto ottimo: fra noi e con la squadra in generale. Ci ha chiesto appunto l’opportunità di tornare con noi ed è stato più che ben accetto, ovviamente con un ruolo diverso da quello che aveva qualche anno fa. Con noi ha vinto delle belle corse, mentre ora insieme a Dario sarà uno degli uomini di esperienza, quelli che ormai vengono definiti “road captain”. Poi abbiamo Jacopo Mosca, che ormai è diventato uno dei pilastri del team. Dal punto di vista sportivo, nel senso che è il classico corridore che si fa trovare sempre pronto, che ha grinta, che lavora. Un gregario che sa fare bene il suo lavoro ed è ancora in crescita. E poi ha qualità, è una persona che riesce a fare veramente gruppo.

Finora sono stati due degli uomini di fiducia di Giulio Ciccone.

Giulio è uno dei nostri leader, con l’obiettivo chiaro di continuare a crescere. Credo che ormai si sia consolidato per le gare di una settimana. Sicuramente per i grandi Giri resta l’obiettivo delle tappe, insieme alla possibilità di fare classifica qualora ci fosse una componente maggiore di salita. Ovviamente Giulio si sta confermando come riferimento e deve continuare in questa direzione. Per noi è un grosso investimento per cui dobbiamo cercare di portare bene a casa i frutti.

Mosca si è scavato il suo spazio da uomo squadra: ha rinnovato fino al 2025
Mosca si è scavato il suo spazio da uomo squadra: ha rinnovato fino al 2025
Fra gli investimenti importanti, a quanto si dice, c’è Jonathan Milan.

Lo apprezzavo da tempo, fortunatamente non ho aspettato il Giro d’Italia. Jonathan ha fatto vedere a tutti un grandissimo potenziale, che chiaramente adesso va incanalato all’interno del gruppo. Ma soprattutto lui deve lavorare per sfruttare tutte le sue qualità, andando a vincere le corse importanti e non solo in volata. Credo infatti che un ragazzo come lui debba avere l’ambizione di essere forte in volata, ma anche nelle classiche. Con i dovuti paragoni, per l’amor di Dio, visto che è tutto da scoprire…

A chi ti fa pensare?

Lo vedo vicino a un Tom Boonen, con cui potevi fare determinati sprint di gruppo, determinati sprint ristretti, però poi la differenza vera andavi a giocarla alle classiche. Io credo che Milan possa avere certe qualità, anche se quest’anno al Nord ha avuto parecchie cadute, per cui è da scoprire. Oltre al fatto che ovviamente fino a Parigi la pista per lui sarà una cosa importante.

Felline torna alla corte di Guercilena, dove ha già corso per sei stagioni
Felline torna alla corte di Guercilena, dove ha già corso per sei stagioni
Simone Consonni, altro arrivo importante.

Con lui abbiamo fatto un’analisi e Simone chiaramente, da persona matura, ha capito che le sue chance di vittoria all’interno di un gruppo WorldTour possono esserci, ma chiaramente ridotte. Il suo desiderio in questo progetto era quello di affiancare Jonathan per fare il suo ultimo uomo, che è un ruolo che a noi effettivamente mancava. Di conseguenza, benvenga. Perché quando un ragazzo ha le idee chiare, abbiamo già fatto il 50 per cento del lavoro.

E poi c’è Bagioli, uno che da junior era fortissimo, poi è finito a fare spesso l’uomo di rincalzo…

Penso che Andrea abbia ancora grandissimi margini. Se si analizza la sua carriera da professionista, da under 23, ma anche delle categorie giovanili, è sempre stato vincente con regolarità. Secondo me, con più libertà in determinate corse, ad esempio Ardenne o altre corse miste, credo che lui possa fare un grande passo, per collocarsi su un livello nettamente superiore. Tutto lo fa presagire.

Bagioli è vincente e alla Lidl-Trek, su rassicurazione di Guercilena, avrà spazio per emergere nelle classiche
Bagioli è vincente: Guercilena gli darà spazio spazio per emergere nelle classiche
Su cosa ti basi?

Sul fatto che anche quest’anno, quando ha avuto le sue opportunità, ha vinto. E’ chiaro che vincere le corse più piccole è meno complicato e quando vai sui livelli superiori è più complesso. Però se il trend è quello e quando gli si dà spazio vince, allora io sono convinto che possa continuare a farlo. Negli ultimi anni abbiamo dimostrato che la nostra politica è quella di dare spazio, a volte forse esageriamo nel dare possibilità agli atleti, anche quando poi non ti mostrano niente. Io credo che con noi Bagioli avrà grandissime possibilità e un calendario ad hoc. Penso che possa realmente dimostrare tutto il suo valore. Sono sincero, secondo me lui è un ragazzo che può veramente fare tantissimo.

Ganna e le volate a 110 pedalate: cosa dicono Cioni e Villa?

23.09.2023
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L’Italia a Drenthe con Ganna capitano: Bennati ne è convinto e il test piace molto anche a noi e a quanti hanno visto in Filippo un atleta di grandezza assoluta. Non solo il cronoman e il grande inseguitore, ma anche lo stradista con il coltello fra i denti. Lo hanno dimostrato le tappe vinte al Giro, l’ultima Sanremo, un paio di giornate di montagna alla Vuelta e le volate in cui il piemontese si è dilettato nelle ultime settimane.

Domani si corrono gli europei e in attesa del riscontro della strada, abbiamo interpellato i due tecnici che probabilmente meglio lo conoscono e ne sono i riferimenti in ogni sfida che Ganna decida di affrontare: Dario Cioni e Marco Villa, l’allenatore di casa Ineos Grenadiers e il tecnico della pista. I due lavorano spesso insieme (in apertura, la serata di Grenchen subito dopo il record dell’Ora): se la benedizione arriva da loro, allora bisogna assolutamente crederci.

Due secondi posti alla Vuelta in pochi giorni. Il primo a Iscar, battuto da Alberto Dainese
Due secondi posti alla Vuelta in pochi giorni. Il primo a Iscar, battuto da Alberto Dainese

Un atleta in divenire

Cioni del cambiamento di Ganna è stupito relativamente, nel senso che l’ha visto crescere di mese in mese e sono tanti gli episodi attraverso cui si poteva intuire il cambio di status del gigante piemontese.

«Secondo me – dice Cioni – questa evoluzione fa parte del progresso totale del corridore, che viene per gradi. In Vallonia, Pippo aveva già vinto una volata su un bel gruppone. C’era la strettoia e uscire bene dalla curva ti permetteva di mettere tutti in fila indiana. Solo i primi tre o quattro potevano giocarsi la vittoria, agli altri restava il piazzamento. Poi c’è stata la Sanremo, in cui è arrivato secondo battendo Van Aert e Pogacar in un testa a testa. Non l’hanno certamente lasciato andare. Prima c’era stata una tappa in Algarve, in cui ha fatto un volatone pazzesco e non ha vinto solo perché Magnus Cort gli era scappato. Probabilmente sta prendendo consapevolezza dei suoi mezzi. Poi chiaramente le volate in un grande Giro sono diverse da quelle in corse più brevi, dove il velocista ha più esplosività e ce ne sono quindici che possono vincere».

Nella tappa di Tavira all’Algarve 2023, Ganna vince la volata di gruppo alle spalle di Cort che ha anticipato
Nella tappa di Tavira all’Algarve 2023, Ganna vince la volata di gruppo alle spalle di Cort che ha anticipato
La pista ci ha messo lo zampino?

Nell’ultima tappa della Vuelta mi risultano 110 rpm di media nella parte finale, con un picco di 116. Al giorno d’oggi, con le velocità che fanno, si finiscono i rapporti. Fanno volate molto veloci e sicuramente Filippo ci riesce anche grazie al lavoro che ha fatto in pista, che lo abitua a esprimere alte potenze con un numero elevato di pedalate. Se avesse fatto solo strada, forse non riuscirebbe. Fino a 100 pedalate lo stradista riesce a spingere, poi perde potenza. Invece avendo nelle gambe l’attività su pista, una delle doti che acquisisci è la capacità di continuare a spingere anche quando finisce il rapporto, nel senso che riesci a farlo con una frequenza più alta rispetto ad altri.

Dopo averlo visto in salita, qualcuno ha immaginato per lui un futuro alla Van Aert.

Pippo è un corridore a sé, quindi può fare azioni simili a quelle di Van Aert, però le fa a modo suo e con la sua personalità. Non vedo perché in futuro non possa puntare a obiettivi simili, ambire a un certo tipo di corse dove adesso Van Aert e Van der Poel fanno il bello e il cattivo tempo. Il lavoro su questo aspetto era già stato iniziato nell’ultimo inverno, tenendo un po’ più di palestra anche durante la stagione. Ovviamente ora è un po’ più pesante di com’era l’anno prima, però questo non è andato a discapito del rendimento. Anzi, gli ha dato più forza nella crono. E alla Vuelta ha dimostrato di essere competitivo, ragione per cui Bennati lo ha portato in Olanda».

L’ultimo piazzamento della Vuelta arriva nell’ultima tappa, anticipato da Kaden Groves
L’ultimo piazzamento della Vuelta arriva nell’ultima tappa, anticipato da Kaden Groves

Il finale di Tokyo

Marco Villa è in sintonia e delle volate di Ganna non si stupisce. Per far capire che cosa significhi sfidare uno così nello sforzo breve ed esplosivo, tira fuori uno dei ricordi più entusiasmanti degli ultimi tre anni.

«La punta di velocità ce l’ha – sorride il tecnico azzurro – non so se Milan, oppure Consonni e Lamon lo ricordano negli ultimi giri del quartetto a Tokyo. La tirata di Pippo dopo 3,250 chilometri è stata di 750 metri e non so se lo stesso Milan, che è veloce, l’avrebbe passato in una ipotetica volata. E’ stato bravo a stagli a ruota, come è stato bravo Simone e sono tutti e due velocisti…». 

Quindi non ti stupisce che si butti nelle volate?

Ho sempre detto che se uno così all’ultimo chilometro prende 10 metri, poi devono andare a pigliarlo. In questi anni è migliorato molto nel guidare la bici e si vede. L’ultima crono della Vuelta è stata uno spettacolo. Passava a destra e a sinistra, dipingeva. Le volate invece ha iniziato a tirarle e probabilmente adesso ha preso fiducia. Anche perché è veloce e quella punta ce l’hanno in pochi.

Gli ultimi 750 metri alle Olimpiadi di Tokyo fanno capire la potenza e la velocità di gambe di Ganna
Gli ultimi 750 metri alle Olimpiadi di Tokyo fanno capire la potenza e la velocità di gambe di Ganna
Ma non è un velocista, giusto?

Non è esplosivo come uno puro, però abbiamo visto che se parte al momento giusto, è dura saltarlo. L’ultima tappa della Vuelta l’ha persa perché è partito un po’ lungo e non è stato scaltro nel tenere la ruota di Kaden Groves. Nel contesto di un grande Giro giorno dopo giorno conta la gamba, in compenso però Ganna ha una grande punta di velocità con cui diventa anche velocista. Penso a una classica di 200 e passa chilometri, dove la sua punta di velocità avvicina quella di un velocista, che però dopo tutti quei chilometri fa meno male.

Si può ancora pensare a Ganna come a un atleta in evoluzione?

Sta migliorando ancora, non è un atleta definito. Sta diventando un corridore fortissimo in tutte le caratteristiche. Anche se ha vinto Evenepoel, Ganna nella crono di Glasgow ha fatto i migliori wattaggi di sempre e ha perso secondo me perché quel giorno c’era vento forte e lui è stato svantaggiato rispetto a Remco che invece è piccolino. A parità di caratteristiche, Pippo poteva avere meno… paracadute.

Ai mondiali crono, Ganna ha fatto i valori migliori, ma ha perso per il vento: notare l’erba alle sue spalle
Ai mondiali crono, Ganna ha fatto i valori migliori, ma ha perso per il vento: notare l’erba alle sue spalle

Quartetto e basta

La curiosità con cui salutiamo Villa è se, visto questo status così brillante del Ganna più recente, in chiave olimpica non valga la pena di giocarlo in pista anche nelle specialità di gruppo. Ma qui Villa alza il piede dal gas. Non saprebbe come chiedere alla squadra di allungare la permanenza di Filippo in pista e tutto sommato va bene così. In primis, perché Ganna non ha i 250 punti per correre le Olimpiadi della madison e per farli dovrebbe girare in cerca di gare. E poi perché Parigi in pista sarà soprattutto per il quartetto. E a ben vedere, non è proprio un obiettivo di poco conto.

Abbiamo pedalato con Hinault sulle strade del Tour 2024

22.09.2023
5 min
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CESENATICO – Alla scoperta del prossimo Tour de France pedalando con la leggenda Bernard Hinault (in apertura con Davide Cassani e Gianmaria Manghi, Capo della Segreteria Politica della Presidenza della Regione Emilia Romagna). Le strade italiane si tingono di giallo e l’Emilia Romagna si è tirata a lucido per presentare la Grand Départ 2024 in un contesto frequentatissimo come l’Italian Bike Festival di Misano Adriatico.

Alcuni media privilegiati poi, hanno potuto persino cominciare a scoprire in prima persona alcuni degli scorci che nel luglio dell’anno venturo si riempiranno di tifosi per una prima volta storica.

Foto ricordo per l’autore con Hinault davanti alle tappe italiane del prossimo Tour
Foto ricordo per l’autore con Hinault davanti alle tappe italiane del prossimo Tour

Base a Cesenatico

Mai avrei pensato un giorno di trovare come compagno di pedalate il Tasso. Così tenace e scaltro quando macinava vittorie su vittorie (5 Tour, 2 Vuelta e 3 Giri per limitarsi alle grandi corse a tappe), tanto disponibile e cordiale nel weekend in cui è stato l’ospite illustre dell’European Media Cycling Contest, la gara per gli operatori della comunicazione di tutto il Vecchio Continente pazzi per le due ruote.

Ci siamo ritrovati nell’accogliente Lungomare Bike Hotel di Cesenatico e nella città del mio mito d’infanzia: Marco Pantani. Anche il primo cittadino Matteo Gozzoli è venuto a farci un rapido saluto e a condividere qualche chilometro con noi, prima di rientrare alla base per non perdersi il Memorial Pantani che si sarebbe concluso a pochi metri da lì proprio quel pomeriggio.

Subito spettacolo

Tra un aneddoto e l’altro di Davide Cassani, animatore del folto plotone e giocherellone con qualche scatto simulato, ci siamo avviati verso la prima asperità di giornata, Montemaggio, una delle salite che i corridori affronteranno il 29 giugno 2024, nel corso della prima tappa da Firenze a Rimini.

«Sono convinto che sarà subito spettacolo», commenta Bernard prima di arrampicarsi sornione sulle rampe inziali. Ancor più affascinante però è la salita successiva verso San Marino, con l’arrivo regale tra le mura: una passerella che Vingegaard e compagni non potranno godersi ma che noi, invece, assaporiamo rifacendoci gli occhi. 

Nonostante i suoi 68 anni, Bernard non molla un colpo e ha la stessa voglia di pedalare di quando si è avvicinato sulle due ruote a 17 anni.

«Ho fatto le prime gare e le ho vinte, così ho proseguito», ci ha raccontato con naturalezza. Dodici vittorie su 20 al primo anno, roba da predestinati, e non a caso oltre ai successi a raffica nei grandi giri già citati, sono poi arrivati anche la consacrazione mondiale, una Roubaix, due Lombardia e due Liegi. 

Il gruppo dei giornalisti europei di ciclismo ha posato con Hinault a Cesenatico per celebrare le giornate romagnole
Il gruppo dei giornalisti europei di ciclismo ha posato con Hinault a Cesenatico per celebrare le giornate romagnole

Fra Evenepoel e Pogacar

Sulla grande partenza del Tour 2024 proclama: «L’Italia è un Paese di ciclisti e sono sicuro che sarà una festa fantastica per i tifosi. Siete fortunati perché il vostro territorio offre di tutto, dalla pianura alle grandi montagne, ce n’è per tutti i gusti. Questa Grand Départ sarà molto insidiosa e, come l’ultima Vuelta, obbligherà i big a fare la corsa sin dalle prime tappe. Stiamo vivendo in una generazione di giovani fenomeni, mai vista, e sono sicuro che daranno vita a uno show favoloso». 

Chi di loro si avvicina di più a Hinault? Il diretto interessato risponde così: «Ce ne sono due. Remco Evenepoel perché è un combattente, capace di vincere classiche e grandi Giri. Ma quello che si avvicina più ai campioni del passato, che mi fa pensare anche a gente come Merckx e Moser, è Pogacar. Vince le classiche a inizio stagione, è protagonista al Tour e poi ancora nelle corse di fine stagione. E’ il più completo».

Sosta con visita allo Spazio Pantani di Cesenatico e incontro con Tonina
Sosta con visita allo Spazio Pantani di Cesenatico e incontro con Tonina

Il vascone di Pantani

Tutti quelli che ci incontrano, lo riconoscono e subito chiedono una foto ricordo. Una delle più belle però è quella che facciamo sulla strada del ritorno, durante la sosta a Sant’Arcangelo di Romagna, dove viene a trovarci Stefano Serra, storico meccanico di Pantani alla Giacobazzi dal 1988 al 1991.

«Non lontano da qui – comincia a raccontare – c’è il vascone dove Marco si lavava tutto dopo le pedalate più calde. Poi lui non portava mai dietro la borraccia. Mi ricordo quando a 15 anni mi ha incontrato e mi ha detto: “Te sei Serra della Giacobazzi? Lo sai che da grande voglio fare il corridore?”. Quando gli ho detto che per farlo doveva andare forte, lui mi ha subito rassicurato. Aveva ragione. Lo sapete che, quando si fermava per una sosta, nascondeva le valvole delle ruote tra le forcelle, per paura che qualcuno gli sgonfiasse le gomme?». 

Anche Hinault ha girato nel velodromo Fausto Coppi di Cesenatico, che sarà inaugurato domani
Anche Hinault ha girato nel velodromo Fausto Coppi di Cesenatico, che sarà inaugurato domani

L’abbraccio con Tonina

La pedalata si conclude a Cesenatico, ma le emozioni proseguono il giorno successivo. Gli instancabili organizzatori dell’Emcc si inventano una cronometro di una dozzina di chilometri all’interno nel nuovo velodromo intitolato a Fausto Coppi, che verrà inaugurato ufficialmente sabato 23 settembre in occasione del weekend della Nove Colli. Un altro regalo poter essere i primi a calcarlo e trovarsi nello stesso ordine di partenza di Monsieur Hinault.

Si diverte eccome Bernard a coprire 10 giri in questo piccolo gioiello d’asfalto che nei prossimi anni consacrerà i nuovi campioni della terra del Pirata. A proposito di Marco, non si poteva proprio non passare allo Spazio Pantani e lì all’ingresso, ad aspettarci, ci sono mamma Tonina e papà Ferdinando.

«Posso abbracciarti?» chiede Tonina a Bernard dopo le strette di mano istituzionali. Il campione francese sorride e annuisce. «Marco è un campione indimenticabile, che ha marcato la sua epoca»: il suo pensiero.

Due fuoriclasse così diversi e così vicini, entrambi nel libro di storia di quel Tour che l’anno prossimo avrà tinte italiane. Stiamo già contando i giorni che ci separano alla festa tutta gialla tra Toscana, Emilia Romagna e Piemonte.

Pellizotti su Landa gregario: «Una scelta che capisco»

22.09.2023
6 min
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Perché un corridore come Mikel Landa, che ha ancora le gambe per arrivare quinto alla Vuelta, di colpo si converte in gregario e passa con Evenepoel? La domanda ce la siamo fatta un po’ tutti e così a un certo punto c’è venuto in mente di porla a Franco Pellizotti, che Landa ha guidato nella corsa spagnola. Anche se di recente il basco è parso meno incisivo, è un fatto che quando trova la condizione sia fra i pochi a cambiare gli equilibri delle corse in montagna. Forse alla Soudal-Quick Step avrà i suoi spazi, ma il passaggio nella squadra belga lo rimette al servizio di qualcuno più grande di lui, come inizialmente fu con Nibali e poi parzialmente con Aru.

«Mikel – dice Pellizotti – ha dimostrato di essere uno dei primi fra i… normali. All’inizio sembrava quasi che avessero trovato l’accordo per restare con noi, ma alla fine è possibile che la scelta di andare con Remco sia stata dettata dalla voglia di avere un po’ meno pressione. Qua era il nostro leader, entrare nella squadra che ha un capitano come Evenepoel, che sta dimostrando di essere uno tra i più forti al mondo, gli permetterà di fare un lavoro che conosce bene. Quindi è una scelta che capisco e magari posso anche condividere…».

Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Landa è stato con voi per quattro anni, secondo te è riuscito a esprimere tutto il suo potenziale o la sfortuna in certe occasioni l’ha frenato?

Prima ho corso contro di lui, poi da direttore sportivo l’ho avuto come corridore. Devo dire che secondo me nella sua carriera avrebbe potuto fare molto di più. Ma lui è così, non per niente tantissima gente gli vuole bene per il suo modo di essere: il famoso “landismo”. Mikel è questo e non puoi farci niente, però ha doti che non hanno nulla da invidiare a quelle di Vingegaard e Roglic. Magari ha il punto debole della cronometro, però in salita ha delle doti fantastiche.

Che cosa significa che Mikel è questo e non ci si può fare niente?

Lo vedo come un’artista. Ha le sue idee, non è un corridore come il ciclismo moderno vorrebbe. Non fa diete assolute e ferree, è ancora un corridore vecchio stile. Gli piace godersi la vita, la famiglia, gli amici e questo magari lo porta ad arrivare alle corse non ai livelli che vediamo al giorno d’oggi.

Perché dici di condividere la sua scelta?

Perché per questo suo modo di essere, va bene così. Con quel ruolo riuscirà a vivere un po’ meglio come qualità della vita. Condivido la scelta perché comunque, per quello che dice, stiamo parlando degli ultimi anni della sua carriera. Oddio, quando vai a metterti a disposizione di un corridore come Remco (senza togliere che anche lui potrà togliersi altre soddisfazioni in corse dove magari l’altro non ci sarà), comunque dovrà essere a livelli altissimi. Se andiamo a vedere, l’ultimo uomo dei leader della Jumbo-Visma ha appena vinto la Vuelta. Oggi l’ultimo uomo di un grande capitano fa il lavoro quando davanti restano veramente pochi, quindi devi essere a livelli molto alti. Mikel riesce ancora a farlo.

Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Tu passasti al servizio di Nibali che ormai avevi 38 anni, ci sono punti di contatto?

Non troppi, Mikel è ben più giovane e con altre qualità. Lui non vede ancora tanti anni di ciclismo davanti a sé, ma tra il dire e il fare passa veramente tanto. Perché adesso la vede così, poi va a lavorare per un leader e magari scopre gli stimoli per andare avanti qualche anno in più.

Gli pesava fare il leader?

Non so neanch’io se sia stato questo. Sinceramente non mi aspettavo che andasse via, ma pensandoci le opzioni erano due. Quella che ha scelto, oppure restare qui facendo il leader e un po’ la chioccia per i giovani. Mi avrebbe stupito di più se avesse scelto di andare a fare il leader in un’altra squadra, alla Lidl o alla AG2R come si era sentito dire. Quello mi avrebbe colpito di più, perché ci ha sempre detto che qui alla Bahrain Victorious si trovava bene. La scelta di andare alla Soudal-Quick Step ha un senso.

Cosa vi lascia Mikel?

Domenica sera, dopo l’ultima tappa abbiamo cenato a Madrid. E Milan Erzen, il nostro capo, ha preso la parola e lo ha ringraziato molto. A questa Vuelta non era arrivato in grandissima forma, però ha dimostrato ancora una volta di aver avuto carattere e di aver lottato fino alla fine. Giorno dopo giorno è stato un esempio per i giovani che c’erano in squadra, il nostro Antonio Tiberi, Govekar e anche Buitrago. Ogni giorno prendeva la parola anche lui dopo le riunioni, quindi è uno che ci metteva del suo anche nella gestione della squadra.

Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Proprio alla Vuelta è andato forte all’Observatorio Astrofisico della sesta tappa e anche sull’Angliru, un fatto di motivazioni o di condizione in arrivo?

Ha sofferto nella prima settimana, perché non è arrivato al 100 per cento per problemi di stomaco. Sapevamo che si era allenato bene, era anche andato a provare alcune tappe, però fisicamente non era al massimo. Per cui nella prima settimana siamo andati un po’ cauti, poi piano piano è cresciuto. E’ entrato nella fuga dei 40 corridori con Kuss, recuperando quello che aveva perso nel primo arrivo in salita ad Andorra. Poi ha fatto una bella cronometro: visto il percorso, una delle più belle della sua carriera. E alla fine ha dimostrato di essere un corridore di fondo. La tappa del Tourmalet è stata dura, corsa a velocità molto alte. Nel finale non usciva più la differenza fra chi aveva 7 watt/kg e gli altri, ma chi aveva più fondo. Lui ha sempre sofferto le tappe piatte con l’arrivo in salita, perché non è esplosivo come gli altri. Però nelle tappe impegnative ha dimostrato di avere ancora grandi attitudini nel soffrire e sempre la solita classe.

Che bilancio fai della vostra Vuelta?

Lo ripeto: la prima settimana abbiamo sofferto perché i ragazzi non andavano come volevamo, però piano piano sono cresciuti. Siamo riusciti a mantenere la calma e nella terza settimana sono usciti molto bene. Tiberi è un ragazzo su cui stiamo lavorando molto e abbiamo visto dei miglioramenti grandissimi dalla prima all’ultima tappa, non solo a livello fisico, ma anche a livello tattico. Abbiamo dovuto lavorare molto per fargli capire che ogni tappa ha una logica e che noi partiamo sempre con un copione diverso. All’inizio aveva qualche difficoltà a entrare in questi meccanismi, correva sempre molto lontano dai suoi compagni. Invece piano piano, anche con l’aiuto di Damiano Caruso (lo abbiamo messo in camera con lui proprio per questo) è venuto fuori. Siamo molto felici. Quello che è riuscito a fare è solo l’inizio di quello che ci aspettiamo da lui. E poi la vittoria di Wout Poels…

Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Importante?

Ha vinto la tappa numero 20, che per noi è stata la ciliegina sulla torta. Abbiamo fatto un’ottima terza settimana, ma col fatto che Evenepoel era uscito di classifica, ce lo trovavamo sempre nelle fughe e non era facile. Come non era facile, quando arrivavi in gruppo sotto le salite, battere quelli della Jumbo. Caruso ha fatto un ottimo secondo posto, ma la vittoria di Poels è stata importante perché, dopo aver vinto due tappe al Giro e tre al Tour, finire la Vuelta senza vincerne una sarebbe stato brutto. Ce l’abbiamo messa tutta, è stata sofferta, ma siamo tornati a casa finalmente soddisfatti.

SD Worx da record: 60 (e passa) vittorie, riviste con Cecchini

22.09.2023
6 min
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«Non ci pensiamo, non è un obiettivo. Ma semmai raggiungeremo le 60 vittorie, vi prometto che ne parleremo assieme». In una delle solite nostre chiacchierate pre-gara al Giro Donne, Elena Cecchini ce lo aveva detto forse con un pizzico di scaramanzia, benché sapessimo bene che per la sua SD Worx il traguardo fosse assolutamente raggiungibile. La cifra tonda è stata toccata al Simac Ladies Tour con la generale conquistata da Kopecky (in apertura, il podio finale).

Intanto al Tour de Romandie grazie a Vollering il… tassametro del team olandese è salito a quota 62 successi stagionali, proprio come la Jumbo-Visma, l’altra corazzata dei Paesi Bassi. Se tra i maschi il divario tra i gialloneri e le formazioni inseguitrici è ridotto sotto le dieci lunghezze, tra le donne ci vuole quasi la somma di quattro squadre per totalizzare i successi della SD Worx. Una differenza evidente nei numeri, ma spesso anche di più in gara. Con Cecchini – ora impegnata agli europei di Drenthe (ieri argento nel Mixed Team Relay) – abbiamo ripercorso i punti chiave, compresa qualche osservazione esterna, che hanno portato il suo team ad un 2023 straordinario.

Vollering trionfa solitaria nella seconda tappa del Romandia, che poi vincerà. Con 17 successi è la plurivittoriosa della stagione
Vollering trionfa solitaria nella seconda tappa del Romandia, che poi vincerà. Con 17 successi è la plurivittoriosa della stagione

Doppio conteggio

Statisticamente per la Sd-Worx sono andate a segno undici atlete oltre ad una cronosquadre. Vollering comanda con 17 vittorie, seguita da Kopecky con 13, Wiebes con 12 e Reusser con 7 poi via via tutte le altre. Nel bottino, tra le tante, ci sono 40 gare WorldTour e 7 classifiche generali. E potremmo sviscerare ancora questi risultati.

«A dire il vero – confessa Cecchini – in squadra teniamo due conteggi distinti e con quello che comprende anche le gare nazionali (all’incirca l’equivalente delle gare open italiane, ndr) saremmo a quota 69, forse addirittura 70. Però avevamo deciso di contare solo quelle UCI disputate con la maglia della squadra, perché a quel punto dovremmo aggiungere il mondiale di Lotte (Kopecky, ndr) ed altri sigilli in pista o nel ciclocross. Sicuramente siamo tutte consapevoli che stiamo finendo di vivere una annata praticamente irripetibile. Ci aspettavamo una quarantina di vittorie, non così tante».

Per Cecchini è importante la vittoria della squadra. Al momento non pensa a quella personale che manca da qualche anno
Per Cecchini è importante la vittoria della squadra. Al momento non pensa a quella personale che manca da qualche anno
Da dove nascono questi successi?

Sono frutto di tanti aspetti messi assieme. Principalmente dai training camp invernali, nei quali ci affiatiamo sia in bici che fuori. Dai carichi di lavoro e dalla intensità che abbiamo negli allenamenti durante la stagione. In gruppo sviluppiamo una mole tale che non puoi fare da solo e lì cresci per forza di cose. Poi lo diciamo fin dalla prima vittoria all’UAE Tour a febbraio che per noi sono importanti tutte le gare. Certo, le classiche del Nord le corri già con una grande motivazione, specie se in squadra hai ragazze belghe o olandesi, così come Vuelta, Giro o Tour, ma anche le altre le abbiamo sempre onorate senza pensare di essere più forti.

Qual è il segreto per mantenere questa fame?

Non ce n’è uno in particolare. Abbiamo sempre pensato a noi stesse e non agli altri team. Stabiliamo le tattiche e partiamo consapevoli che avere una nostra idea di gara ci aiuta tanto. I nostri direttori sono stati bravi ed intelligenti a trovare un status interno molto equilibrato, scegliendo un roster giusto per ogni gara. Le nostre leader hanno corso meno rispetto a quelle degli altri team, quindi arrivavano alle gare cariche e con la voglia di spaccare il mondo in due. Poi bisogna dire che, facendo gli scongiuri, siamo state anche molto fortunate nel non avere infortuni, influenze o cadute.

Reusser trionfa alla Gand-Wevelgem. Per lei 7 vittorie in maglia SD Worx e ruolo da leader sempre più ampio
Reusser trionfa alla Gand-Wevelgem. Per lei 7 vittorie in maglia SD Worx e ruolo da leader sempre più ampio
Avere leader come le vostre poteva essere un’arma a doppio taglio ai fini del risultato?

Metterle d’accordo tutte non è stato un compito facile per i nostri diesse. Credo che non lo sia mai da nessuna parte, ma loro ce l’hanno fatta. L’incomprensione tra Vollering e Kopecky sul traguardo delle Strade Bianche, poi subito chiarita, è stata l’occasione per i direttori di ribadire certe dinamiche visto che eravamo ad inizio stagione. E da quel momento in poi non è più successo nulla di simile. Anzi, direi che Kopecky, Wiebes, Vollering e Reusser, le nostre quattro leader, non si sono mai sentite in concorrenza fra loro e si sono migliorate correndo assieme.

C’è una vittoria alla quale siete più legate? Anche se immaginiamo che risponderai il Tour Femmes…

Beh certo, quello in Francia è stato un successo di squadra incredibile, la ciliegina sulla torta. Personalmente però sono affezionata a due gare. Vado d’accordo con tutte, ma ho un debole per Demi (Vollering, ndr). Abbiamo un rapporto profondo se non altro perché siamo arrivate alla SD Worx nello stesso anno e ci misero subito in camera assieme. Ci sono stata tantissime altre volte e ho condiviso con lei parecchie vigilie. La prima è la vittoria dell’ultima tappa alla Vuelta all’indomani di quell’attacco, mentre era ferma per un bisogno fisiologico. Si è subito riscattata senza farsi distrarre troppo dalla vicenda. La seconda invece è stata alla Freccia Vallone. Tutti le avevano messo pressione addosso dicendo che era la nuova Van der Breggen (che ne ha vinte sette consecutive, ndr) e che doveva vincere per forza. Su questo con me si è confidata, quasi sfogata, nei giorni precedenti. Poi in corsa ha fatto tutto lei vincendo alla grande.

Quest’anno Wiebes ha ottenuto la prima, la decima, la ventesima, la trentesima e la cinquantesima vittoria della SD Worx
Quest’anno Wiebes ha ottenuto la prima, la decima, la ventesima, la trentesima e la cinquantesima vittoria della SD Worx
Nell’ultima intervista con Bronzini ci ha detto che molti team avversari sembravano darvi una mano in gara anziché mettervi in difficoltà. Altri invece vi hanno mosso qualche critica perché vincete sempre. Avete mai avvertito un clima ostile nei vostri confronti col passare del tempo?

In linea di massima direi di no, poi è ovvio che non possiamo piacere a tutti. Diciamo che tutto quello che avviene attorno alla SD Worx è amplificato. Lo abbiamo visto alla Vuelta e al Tour con l’esclusione del nostro diesse Stam. Nessuno ci ha risparmiato nulla. Ho letto ciò che dice Giorgia e tuttavia posso dire con estrema umiltà che forse alcune squadre vedendo il nostro roster al via partivano un po’ demotivate, però noi non abbiamo mai dato nulla per scontato. Sicuramente in molte gare potevamo prenderci qualche pausa perché il nostro bottino stagionale ce lo permetteva. Molte squadre dovevano cercare per forza la vittoria, mentre a noi poteva cambiarci poco. Ma alla fine quando arrivi in fondo ti giochi le tue carte, come è giusto che sia. Anche perché quando è toccato a noi prendere in mano la situazione, lo abbiamo sempre fatto senza problemi.

Cecchini giudica fondamentale l’equilibrio trovato dai suoi diesse nella gestione delle leader e nella composizione delle formazioni
Cecchini giudica fondamentale l’equilibrio trovato dai suoi diesse nella gestione delle leader e nella composizione delle formazioni
Al Giro Donne ci avevi detto che non eri assillata dal cercare la vittoria personale. La pensi ancora uguale oppure vorresti essere la prossima atleta della SD Worx ad andare a segno?

Resto dell’idea di quello che vi avevo detto a luglio. Naturalmente vorrei tornare al successo e forse quest’anno in alcune gare avrei potuto togliermi una soddisfazione. Penso al Thuringen che avrei dovuto correre e dove hanno vinto cinque mie compagne diverse. Oppure allo stesso Simac Ladies Tour. Qualcuno mi dice che dovrei essere più egoista, però io sono molto contenta così. Ero presente in tutte le corse più importanti. A me interessa che vinca la squadra e poi mi sento valorizzata per quello che faccio. Sto lavorando per migliorare e per restare davanti il più possibile con le mie capitane nei finali di gara. Chissà che nel 2024 o prima non ci sia anche per me un’occasione per ritrovare la vittoria.

“Doppietta” Tour-Vuelta, ora Bernal punta al 2024

22.09.2023
5 min
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Sulle strade di Tour de France e Vuelta, in qualche caso sovrapposte, è tornato a pedalare Egan Bernal. Il corridore della Ineos Grenadiers ha portato a termine la sua personale “doppietta”: 42 giorni di corsa in due mesi, non poco considerando da dove partiva e dalla condizione dimostrata. Il colombiano è tornato ad assaporare l’aria dei grandi eventi e questo non può che fargli bene, donandogli nuove aspettative. 

Di questo parliamo con Matteo Tosatto, suo diesse nel team britannico. Lo intercettiamo in uno dei momenti di vita quotidiana, mentre ha accompagnato la figlia a nuoto. Seduto al bar beve un caffè e risponde alle nostre domande. 

Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica
Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica

Due grandi fatiche

Mettere in fila due grandi corse a tappe è stato un bel modo per rispondere a tante domande. Senza nemmeno aver bisogno di sprecare tante parole, Bernal ha corso, si è messo in mostra e ha terminato entrambe le corse.

«Non l’ho seguito personalmente – racconta Tosatto – per scelte tecniche non ho seguito la squadra al Tour e alla Vuelta. Però in squadra, tra tecnici, ci sentiamo tutte le settimane. In più ci siamo confrontati anche con l’allenatore di Bernal. Quindi qualche dettaglio sulla sua condizione lo abbiamo».

Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Tornare al Tour era il primo obiettivo?

Sì. L’idea era di vederlo all’opera sulle strade della Grande Boucle e poi di trarre le prime conclusioni. In Francia il percorso era molto impegnativo, il fatto di averlo portato a termine ci ha dato una grande soddisfazione. Era importante tornare a queste corse, in vista del recupero totale. 

In corsa cosa doveva fare?

Nella prima settimana, quella corsa nei Paesi Baschi, doveva provare a restare con i migliori. Ha risposto bene, non si è scomposto e alla fine ha concesso solo qualche manciata di secondi. Un primo segnale positivo. 

Con il proseguire delle tappe è uscita la fatica, ma era preventivabile, no?

Assolutamente. Quello che mancava a Egan era mettere insieme tanti giorni di corsa e tanta fatica. Di chilometri ne ha fatti, si è messo a disposizione dei compagni e ha speso tante energie. Insomma, un bel modo di riprendere la mano con le corse importanti.

Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
La Vuelta era già in programma o è arrivata dopo?

L’idea era di vedere come avrebbe finito il Tour e trarre le prime conclusioni. Una volta visto che la risposta di Bernal è stata positiva, la Vuelta è arrivata di conseguenza. Tra l’una e l’altra ha anche avuto modo di tornare a casa, in Colombia, e allenarsi in altura. 

Anche in Spagna era a disposizione di Thomas.

La Vuelta dal punto di vista della classifica non è andata come ci saremmo aspettati. Però ha risposto bene anche in quel caso, fin dalla cronometro a squadre di Barcellona. E’ rimasto con i compagni, un segnale positivo per noi e per lui. 

Alla Vuelta nell’ultima settimana è andato meglio…

E’ arrivato settimo in una tappa, la 18ª, quella vinta da Evenepoel, andando in fuga per 170 chilometri. Riuscire a fare uno sforzo del genere alla fine di un grande Giro è un bel segnale in vista del 2024.

Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Che cosa vi aspettate dalla prossima stagione?

Dall’inverno si avrà un’idea migliore di come sta e del lavoro che ci sarà da fare. Queste due corse a tappe ravvicinate servivano per aiutarlo a sopportare meglio la fatica e avere una migliore gestione dei recuperi. Ci si aspetta che più avanti nel tempo possa fare carichi di lavoro sempre più intensi. 

Potrà tornare a puntare ai grandi obiettivi?

Penso proprio di sì. Fare un inverno tranquillo, dove lavorare tanto e bene, sarà il primo obiettivo. Quando si programma la stagione rientrare bene è più semplice, basta focalizzarsi sugli obiettivi. 

Tornando al 2023, come lo hai visto pedalare?

Sereno. Stava in gruppo e spesso era davanti a tirare. Dalla televisione non si vedono tutti i dettagli, ma erano tutti contenti di lui. Non vale la pena stare a guardare i numeri e i risultati. 

Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Le salite tra Spagna e Francia erano dure, un bel test per lui…

Sicuramente certi sforzi è meglio farli in gara che in allenamento. Mettersi in gruppo e seguire gli altri ti porta a fare più fatica, a mollare meno di testa. Questo finale di stagione gli servirà molto. 

Bernal che dice?

Abbiamo parlato con il suo allenatore. Era contento e soddisfatto. Si è visto un netto miglioramento nello sforzo e nei numeri. 

Correrà ancora?

Non sappiamo. Non credo farà le gare in Italia, c’è qualche corsa in Oriente, ma non credo parteciperà. La miglior cosa per lui è riposare e preparare il 2024.

Il nuovo Sierra, dalla delusione scozzese alle feste di Cali

22.09.2023
4 min
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Un mese dopo. Città diversa, maglia diversa in palio, anche aspettative diverse e non potrebbe essere altrimenti visto che da allora Luis David Sierra è diventato una star della categoria juniores. Negli occhi tutti gli appassionati hanno ancora le immagini di quel salto di catena che, nel momento, topico, gli è costato il podio ai Mondiali di Glasgow, quella delusione stampata sul volto quando ha tagliato il traguardo, dimostrando ancora che ne aveva più di tutti.

E’ passato un mese e sembra un’eternità. Sierra è andato ai mondiali su pista di Cali dove ha vinto tutte e tre le medaglie (oro nel quartetto, argento nell’individuale a punti, bronzo nella madison), nell’ultimo weekend ha realizzato una splendida doppietta di successi su strada e ora è pronto per una nuova sfida, sulle strade olandesi, per prendersi quello che gli era sfuggito.

Sul podio di Cali con il quartetto. Una maglia che cancella la delusione di poche settimane prima (foto Instagram)
Sul podio di Cali con il quartetto. Una maglia che cancella la delusione di poche settimane prima (foto Instagram)

«E’ vero che tutto è un po’ partito da quel sabato maledetto – racconta Sierra a poche ore dalla partenza – da quella corsa così sfortunata per i nostri colori con 4 atleti su 6 fuori corsa in anticipo, da quell’epilogo che tutti conoscono. E’ una vicenda amara che nel fondo aveva anche un po’ di dolce, perché tutti hanno visto come ho corso e ripensandoci mi ha dato morale e spinta per andare avanti».

La sensazione è che il Sierra di oggi sia un po’ diverso da quello…

Forse è vero, perché credo di più nei miei mezzi, ho la percezione netta di quel che posso fare. Come persona sono rimasto quello di sempre, ma amo sempre di più correre, mettermi in gioco e credo di poter fare davvero tanto.

In Olanda Sierra vuol cancellare la delusione iridata. Il percorso sembra adatto a lui
In Olanda Sierra vuol cancellare la delusione iridata. Il percorso sembra adatto a lui
Che esperienza è stata quella di Cali?

Qualcosa di eccezionale, che mi ha segnato nel profondo. Io sono per metà colombiano, lì ho trovato casa. C’erano tanti parenti che sono venuti a vedermi, molti non li conoscevo neanche, in Colombia ero stato da ragazzino. E’ stata un’emozione forte e mi è dispiaciuto che con me non ci fosse mio padre, ma doveva lavorare. Sono contento di averli ripagati con bei risultati anche se volevo fare di più.

Che cosa ti rimproveri?

Nell’individuale a punti ho commesso un solo errore, ma in quei contesti ne basta uno che lo paghi amaramente. Nella madison prima sono caduto, poi con Fiorin siamo tornati in testa alla corsa, ma lui ha forato e a quel punto l’oro è sfuggito. Ho comunque dimostrato quel che so fare e per me vale molto proprio perché ero davanti alla mia famiglia.

Per Juan la trasferta a Cali è stata una tappa importante, non solo per i risultati (foto Instagram)
Per Juan la trasferta a Cali è stata una tappa importante, non solo per i risultati (foto Instagram)
Facevano il tifo per te?

In maniera incredibile, quasi esagerata. Si sentivano solo loro, facevano davvero un tifo indiavolato esattamente come per ogni corridore colombiano. Mi sono davvero sentito a casa.

Al tuo ritorno hai sentito benefici dall’attività su pista?

Inizialmente è stata dura. Ho disputato il Trofeo Buffoni che nel calendario italiano è la gara più lunga e ho pagato la distanza, poi però le cose sono andate sempre meglio. Probabilmente rispetto a Glasgow ho perso qualcosa nelle salite, ma ho guadagnato tanto in esplosività e questo sarà utile per la gara, sicuramente meno dura di quella iridata ma con strappi che sono adatti alle mie caratteristiche.

La volata vincente al Trofeo San Rocco di sabato, battendo Cettolin e Bambagioni (foto Pagni)
Quel mondiale ha favorito contatti per il tuo futuro?

Sì, molte squadre mi hanno fatto proposte, soprattutto team Development del WorldTour, ma io ho scelto il team devo della Tudor. Ho parlato direttamente con Cancellara, mi ha presentato il progetto del team e le ambizioni di entrare nella massima serie, il lavoro che vogliono fare con i giovani. Abbiamo trovato molte affinità, alla fine mi ha convinto e ho firmato nei giorni scorsi. Ora posso affrontare l’europeo con la mente più sgombra.