Tra vittorie e polemiche, a tu per tu con Thibau Nys

21.11.2023
6 min
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«Sono convinto che col tempo anche Thibau Nys salirà al livello dei “tre tenori”, d’altro canto anche lui fa strada in maniera importante». Parole dell’ex cittì Fausto Scotti pronunciate solo qualche settimana fa. Nel frattempo il figlio d’arte è diventato sempre più un riferimento nell’ambiente, ancor più con l’assenza dei tre grandi, ancora a riposo per smaltire le fatiche della stagione “on the road”. E’ particolare il fatto che, oltre che per i suoi risultati, Nys sia diventato l’uomo più chiacchierato del momento, dopo essere entrato nel mirino degli strali del presidente Uci Lappartient per le scelte legate al calendario.

Tanta attenzione avrebbe anche potuto renderlo refrattario ai contatti con la stampa, anche subito dopo la gara di Coppa a Troyes, a dispetto del suo 7° posto finale era il più ricercato dagli addetti ai lavori. Smaltite le fatiche, Nys si è invece prestato volentieri a una chiacchierata sui vari temi della stagione partendo dalle sue condizioni attuali.

«Penso per ora di potermi considerare abbastanza soddisfatto. Ovviamente sono davvero contento delle tre vittorie che ho già ottenuto, ma le ultime due settimane non sono state come mi aspettavo. Ora ho provato a riprendere lo stesso ritmo di prima e andremo avanti come abbiamo iniziato la stagione, spero con qualche segnale di crescita».

Il belga in trionfo a Waterloo, nella tappa americana di Coppa. Dopo l’inizio la sua forma è andata in calo (foto Uci)
Il belga in trionfo a Waterloo, nella tappa americana di Coppa. Dopo l’inizio la sua forma è andata in calo (foto Uci)
A dicembre dovrebbero arrivare alle gare anche Van der Poel, Van Aert e Pidcock: quanto cambia la loro presenza nell’evoluzione delle gare?

Molto, ormai lo sappiamo bene. Penso che saranno ad un livello davvero alto fin dalla prima gara e questo cambierà l’evoluzione della stessa e delle altre. Per me come per gli altri che abbiamo affrontato la stagione dall’inizio, il compito sarà cercare di seguirli il più a lungo possibile invece di lasciargli fare la gara da soli. Sarà interessante, ma anche molto difficile.

Secondo te, senza di loro, l’attenzione sul ciclocross è la stessa o diminuisce?

Dipende un po’ da come vanno le cose. Penso che abbiamo avuto delle grandi battaglie già nelle prime gare della stagione, gare che hanno fatto spettacolo e chi ci ha seguito, sul posto o in tv, si è divertito. E’ chiaro però che quando saranno alla partenza, ci saranno sempre un po’ più persone che guarderanno e analizzeranno la gara. E se poi riesci a vincere una gara quando ci sono loro, ha molta più importanza.

Agli europei di Pontchateau la sua corsa si è chiusa anzitempo. Ora punta tutto sulle singole gare e sui mondiali
Agli europei di Pontchateau la sua corsa si è chiusa anzitempo. Ora punta tutto sulle singole gare e sui mondiali
A tal proposito molti pensano che tu sia il loro vero avversario, anche per la tua capacità di emergere anche su strada: pensi che potrai raggiungere i loro livelli e quando?

Io non mi sento battuto in partenza, credo anch’io che potrò essere al loro livello, ma non ancora quest’anno. Forse tra uno o due anni avrò fatto quel salto di qualità che ancora manca e sarò alla pari per lottare per la vittoria. Per ora cercherò solo di scegliere le gare che più si adattano a me e di andare avanti il più a lungo possibile e magari provare ad arrivare nelle fasi finali con loro. Ma c’è una differenza tra questo e lottare già per la vittoria. Io non vedo l’ora e cercherò di essere nella migliore forma possibile per correre quando arriveranno.

La tua stagione su strada com’è stata?

Sinceramente non mi aspettavo di ottenere due vittorie già nella mia prima stagione da professionista. D’altra parte, è stata un’annata con molti alti e bassi e ho avuto anche dei brutti momenti. Quindi quello che cercherò di migliorare per il prossimo anno è la costanza di rendimento, dalla quale penso potranno derivare anche più vittorie.

Il corridore della Lidl-Trek ha avuto una buona stagione su strada con 2 vittorie e 12 Top 10
Il corridore della Lidl-Trek ha avuto una buona stagione su strada con 2 vittorie e 12 Top 10
Ti abbiamo visto emergere soprattutto nelle brevi corse a tappe: è quella la tua dimensione ideale?

Sì, penso che sia qualcosa su cui mi concentrerò davvero nei prossimi anni, provando innanzitutto a migliorare il mio rendimento nelle cronometro lavorandoci specificamente soprattutto sulla posizione e la sua resa in termini di potenza. Io credo che gare a tappe più piccole come il Giro di Norvegia e di Ungheria siano nelle mie corde. Forse anche il Romandia ha una conformazione che mi sta bene. Forse non per la classifica generale, ma per le vittorie di tappa. Giro del Belgio, Vallonia, sono gare che non vedo l’ora di fare e che dovrebbero attagliarsi alle mie caratteristiche.

Tornando al ciclocross, quanto pesa portare il tuo cognome vista la carriera di tuo padre Sven Nys?

Tanto, ma più che un peso è una responsabilità che mi porto dietro volentieri, visto il nostro rapporto e tutto quel che lui ha rappresentato per il ciclocross e nel complesso per lo sport belga. Chiaramente quello che faccio assume sempre una connotazione diversa rispetto a quello che fanno i miei colleghi, sia nel bene che nel male, ma non mi lascio condizionare, cercherò semplicemente di seguire la mia strada e non pensare a ciò che mio padre ha ottenuto durante la sua carriera.

Per il belga le continue comparazioni con il padre Sven aumentano la pressione (foto Getty Images)
Per il belga le continue comparazioni con il padre Sven aumentano la pressione (foto Getty Images)
Tecnicamente siete diversi?

Difficile a dirsi. Quando aveva la mia età aveva già vinto tanto anche grazie alla sua abilità tecnica. Rispetto a me era sicuramente più bravo nello sprint, io sono un po’ più esplosivo, ma non mi piace fare paragoni.

Lui aveva scelto la mountain bike come alternativa al ciclocross, tu come sei arrivato al ciclismo su strada?

Sono sempre stato molto interessato anche alla mountain bike, ma è molto più difficile combinarla con il ciclocross, quindi ho sempre fatto la mia preparazione su strada invece che in mtb. Poi a un certo punto stavo vincendo alcune gare su strada e mi è stato chiesto di partecipare ai campionati europei come primo anno under 23 e ho vinto quella gara, a Trento. Quel giorno ha cambiato tutto, passo dopo passo mi sono fatto strada nel World Tour. Tutto è andato davvero velocemente, certe volte me ne stupisco ancora.

Nys in allenamento al Superprestige di Niel, dove la sua presenza è stata seguita dalla rinuncia alla Coppa del giorno dopo
Nys in allenamento al Superprestige di Niel, dove la sua presenza è stata seguita dalla rinuncia alla Coppa del giorno dopo
Che cosa pensi delle parole di Lappartient e della possibilità di dover saltare i mondiali se non si partecipa alla Coppa del Mondo?

Diciamo che lascio parlare (il tono di voce di Nys diventa risentito, ndr) e proverò semplicemente a rispondere con i miei pedali, con i miei risultati. Se non mi sarà permesso di alzare il livello dei campionati del mondo, sarà una loro perdita e non mi sento di dire altro per non rinfocolare la polemica.

Tra Coppa del Mondo, superprestige e le altre challenge, secondo te le gare sono troppe in 4 mesi?

Certamente, è su questo che bisogna discutere. I programmi non possono coincidere, ormai è impossibile competere per tutte le classifiche generali, almeno per le tre challenge principali (oltre alle due della domanda, Thibau contempla anche l’H2O Badkamers Trophée, ndr). Ci sono troppe gare in Coppa del mondo per il momento. Amo ancora correre la Coppa, vincere la Coppa, puntare alla classifica, ma a qualcosa devi rinunciare se vuoi essere in buona forma nel periodo natalizio. Per questo abbiamo scelto di allenarci e concentrarci su altre gare perché quest’anno sarà davvero difficile vincere la classifica generale. Quindi mi concentro solo sulle gare singole per quest’anno. Poi si vedrà…

Team Corratec, tanti acquisti per il salto di qualità

20.11.2023
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Tempo di restyling per il Team Corratec, che non solo ha effettuato finora una campagna acquisti molto profonda, ma sta trasformando la sua stessa intelaiatura. Se prima parlavamo infatti di una squadra giovane, tesa a far maturare nuovi elementi nel mondo professionistico, oggi ci troviamo di fronte a un team che nel ciclomercato ha preso corridori pieni d’esperienza e pronti a portare risultati di vertice, dei quali il team ha forte bisogno.

Francesco Frassi, direttore sportivo del team, chiarisce subito come siamo di fronte a un “work in progress”: «La campagna acquisti è in pieno svolgimento – spiega – abbiamo già 15 nomi, ma dobbiamo arrivare almeno a 20-21 per poter svolgere un calendario ricco, con almeno due team impegnati in contemporanea. Quest’anno è stato discreto, ma dobbiamo fare un salto di qualità, per cui abbiamo fatto una campagna mirata sui punti Uci, cercando uomini d’esperienza che vogliono rilanciarsi e con noi potranno farlo. C’è tanta carne che bolle in pentola, ma partiamo da chi ha già dato la sua disponibilità a venire da noi…».

Sbaragli e il diesse Frassi: foto di inizio rapporto: si parla in dialetto toscano (foto Team Corratec)
Sbaragli e il diesse Frassi: foto di inizio rapporto: si parla in dialetto toscano (foto Team Corratec)
Iniziamo allora da Kristian Sbaragli

E’ un corridore che vanta una lunga carriera fra professional e WorldTour, sempre all’estero. Ha avuto pochi spazi, ma quando ha potuto esprimersi appieno, ha fatto vedere che ha stoffa anche come corridore di vertice, vedi il terzo posto agli ultimi campionati italiani. Da noi potrà avere più possibilità per emergere potendo al contempo trasmettere la sua esperienza ai più giovani.

Con Bonifazio e Mareczko avete rafforzato molto il vostro parco veloce.

Niccolò forse non ha mantenuto le attese che venivano riposte su di lui da giovanissimo, ma le sue capacità sono indiscutibili, la vittoria di tappa al Giro di Sicilia lo dimostra. Da lui ci aspettiamo molto come anche da Mareczko, che conosco benissimo da quando l’ho avuto in forza alla Vini Zabù. E’ uno che garantisce molti punti, ma che per me può anche puntare spesso al bersaglio grosso.

Bonifazio torna in un team italiano dopo un lungo girovagare all’estero
Bonifazio torna in un team italiano dopo un lungo girovagare all’estero
Non c’è pericolo che i due si sovrappongano?

No, perché hanno caratteristiche molto diverse, per questo interpretano bene proprio il principio di cui sopra, avere due squadre egualmente competitive. Ognuno avrà le sue occasioni, ma non ci sono solamente loro. Abbiamo preso ad esempio il britannico Stewart che viene dalla pista dove è argento iridato nella madison, ma in Italia ha già colto il 2° posto alla Per Sempre Alfredo e il 3° al GP Industria e Commercio. Un nuovo acquisto per certi versi è anche l’ucraino Ponomar, ancora 21enne, arrivato da noi a metà stagione. Deve solamente maturare con calma, andrà molto lontano.

L’età media del team è aumentata di conseguenza…

Certo, ma se consideriamo che quest’anno il più “vecchio” era Valerio Conti con 30 anni, si capisce bene che fosse un team molto giovane, che anzi aveva bisogno di un’iniezione di esperienza proprio pensando ai ragazzi presenti. E’ chiaro che con corridori come quelli arrivati aumentano le ambizioni, abbiamo ora 5 corridori che in carriera hanno vinto gare del WorldTour e non è poco, prima c’era solo Conti. Questo servirà anche per cambiare completamente approccio alle corse: farci vedere non basta più, bisogna portare a casa sempre qualcosa.

Per Valerio Conti un’annata segnata dalla sfortuna, ma i segnali di fine 2023 sono incoraggianti
Per Valerio Conti un’annata segnata dalla sfortuna, ma i segnali di fine 2023 sono incoraggianti
C’è ancora tanto da fare però, come sottolineavi.

Sui media la notizia è già stata data e quindi ammetto che contatti ci sono per portare Pozzovivo al Team Corratec. Nonostante l’età, è un elemento che ci può garantire una certa presenza anche in un grande Giro. Oltretutto è professionista come pochi, è sempre davanti, con lui potremmo anche ambire a un posto nella top 10 del Giro d’Italia, ma soprattutto con lui e Conti avremmo due elementi in grado di ben figurare in ogni corsa a tappe. Poi stiamo puntando a un corridore straniero di grosso nome, a quel punto avremmo una squadra realmente competitiva. Ma c’è un altro aspetto che va considerato.

Quale?

Molti corridori vogliono venire da noi perché dicono che alla Corratec si trova l’aspetto bello delle formazioni professional. C’è una forte considerazione per il fattore umano, resta un po’ l’ambiente di famiglia. Anche per questo è importante non arrivare ai livelli delle WorldTour con 30-32 corridori, noi vogliamo seguire tutti allo stesso modo, senza dispersioni.

Il giovane Quartucci (a destra) avrà modo di crescere ulteriormente, con gli altri ragazzi presi lo scorso anno
Il giovane Quartucci avrà modo di crescere ulteriormente, con gli altri ragazzi presi lo scorso anno
Tanti acquisti di nome, ma non vi siete mossi molto fra le categorie inferiori.

Lo avevamo fatto lo scorso anno, abbiamo portato da noi molti ragazzi e non si deve dimenticare che quando prendi un neopro’ devi garantire un biennale. Sapevamo quindi di portarli fra noi con anche il 2024 da considerare. Ora avranno la possibilità di crescere ancora, come ad esempio Lorenzo Quartucci che è un corridore sul quale credo molto.

Quali sono le vostre ambizioni?

Quest’anno abbiamo chiuso al 34° posto nel ranking, dovevamo essere fra i primi 50 e quindi abbiamo centrato l’obiettivo, il tutto senza poter contare sui numeri di Conti a causa della sua sfortunata stagione. Nel 2024 dobbiamo essere tra le prime 40 squadre per avere gli inviti, nel 2025 fra le prime 30, quindi dobbiamo aumentare la portata dei risultati ottenuti. Il mio obiettivo comunque va oltre ed è portare il Team Corratec fra le prime 5 professional al mondo.

Come Sbaragli, anche Mareczko viene dalla Alpecin e cerca un numero maggiore di successi
Come Sbaragli, anche Mareczko viene dalla Alpecin e cerca un numero maggiore di successi
Nello staff è confermata la presenza di Fabiana Luperini come diesse, com’è stato il suo primo anno?

Fabiana si è perfettamente integrata e i ragazzi le hanno mostrato il giusto rispetto, per lei e per il suo ruolo. Fabiana è esattamente come quando correva, tanto gentile quanto determinata sul lavoro, che non si lascia sfuggire nulla, quasi infaticabile. E’ un valore aggiunto. Ma non va dimenticato Parsani che pur essendo il manager spesso è alla guida dell’ammiraglia e segue le corse in maniera diretta, poi Marco Zamparella come altro diesse e vedremo se ci sarà possibilità, budget permettendo, di aggiungere un altro nome.

Viezzi fa la storia a Troyes, ora è caccia alla Coppa

20.11.2023
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Il viaggio di ritorno da Troyes si prolunga: dopo il lungo volo ci sono almeno due ore di macchina per raggiungere casa, ma nella mente di Stefano Viezzi è come se il buio della notte, intervallato dalle luci dei lampioni lungo la strada, non ci sia. Nella mente sfavilla ancora la gioia del successo, la sua prima tappa in Coppa del Mondo. Un successo azzurro che mancava nella categoria dal 28 dicembre 2004, per opera di Davide Malacarne. Viezzi, a quel tempo non era ancora nato…

Al mattino la voce è ancora assonnata e non potrebbe essere altrimenti, ma c’è la consapevolezza che è il mattino di un nuovo Viezzi, ora protagonista assoluto dello scenario internazionale: «Ho rivissuto varie volte la gara, me la sono rivista nella mente in tutti i suoi passaggi. Non era una prova facile, era la mia prima stagionale nelle condizioni classiche del ciclocross, quelle con il fango, dove si vince sì fisicamente, ma anche con la tecnica e soprattutto la strategia».

L’azzurro dietro il campione europeo Sparfel. Era fondamentale essere fra i primi sin dall’inizio (foto Uci)
L’azzurro dietro il campione europeo Sparfel. Era fondamentale essere fra i primi sin dall’inizio (foto Uci)
Pontoni nel giudizio sulla gara sottolineava come tu sia stato ligio alla tattica prevista alla vigilia…

Quello francese era un percorso infido, dove il minimo errore poteva costarti la gara. Inoltre richiedeva il massimo dell’attenzione in ogni singolo passaggio e col passare dei giri e l’aumento della stanchezza, il rischio di sbagliare aumentava.

Come hai costruito la tua vittoria?

Al primo giro avevamo stabilito con il cittì che sarei rimasto guardingo, ma dovevo partire bene perché dopo 300 metri c’era una contropendenza e se non eri nei primi 5-6 dovevi fermarti e scendere di bici. Ho studiato gli avversari e nel secondo giro ho alzato il ritmo per vedere se qualcuno mi seguiva, invece mi sono ritrovato da solo. Al penultimo giro ho visto che il campione panamericano David John Thompson (USA) era vicino, sotto i 10”, ma non ho mai realmente sofferto, nel finale anzi mi sono goduto la gioia del successo.

Viezzi fra lo staff azzurro dopo l’arrivo. Il successo ha riscattato l’europeo andato non come se lo aspettava (foto Uci)
Viezzi fra lo staff azzurro dopo l’arrivo. Il successo ha riscattato l’europeo andato non come se lo aspettava (foto Uci)
Questa era la tua seconda esperienza all’estero quest’anno, che idea ti sei fatto del livello generale?

E’ sicuramente molto alto perché c’è tanta concorrenza. Alcuni già li conoscevo dallo scorso anno, ma ci sono tanti che sono entrati nella categoria quest’anno che vanno già molto forte. Il livello è alto in molti Paesi, più che in altre categorie.

Ora questo successo cambia un po’ le tue prospettive, gli altri ti guarderanno come l’uomo da battere…

A me non cambia nulla nell’approccio alle gare, continuerò ad affrontarle gare come sempre, con grande attenzione per ogni singolo particolare perché questo è l’unico modo per emergere. Non guardo tanto agli avversari che ci sono, quanto ai singoli tracciati e a far bene quel che so fare.

Il podio finale con Viezzi fra l’americano Thompson e il francese Sparfel (foto Uci)
Il podio finale con Viezzi fra l’americano Thompson e il francese Sparfel (foto Uci)
Seguirai ora tutto il percorso della Coppa?

Vorrei tanto. Sicuramente sarò a Dublino e sarà un test importante, poi vedremo per le altre ma vorrei decisamente provare a tenermi questa maglia di leader perché rappresenta tanto. A dir la verità il calendario italiano non l’ho neanche più guardato, temo che non ci saranno molte occasioni per frequentarlo, campionato nazionale a parte.

La vittoria ti consente di partire davanti a tutti…

Già a Troyes avevo diritto alla prima fila, infatti sono riuscito a passare per 3° o 4° alla prima curva, ora però ho punti in più e sono più tranquillo. La stagione è lunga e poter essere davanti è un vantaggio notevole per le prossime gare. Io ci voglio provare…

Fra gli elite nuovo successo per Iserbyt: solo l’olandese Van Der Haar è rimasto sempre vicino
Fra gli elite nuovo successo per Iserbyt: solo l’olandese Van Der Haar è rimasto sempre vicino

Viezzi, ma non solo: parla Pontoni

A dare garanzie a Viezzi è lo stesso Pontoni, anche lui reduce da pochissime ore di sonno: «Ho già parlato con Amadio, seguiremo tutto il percorso di Coppa, perché Stefano merita di giocarsi le sue chance. Ma vorrei sottolineare che è tutta la categoria che sta facendo bene: Agostinacchio e Fantini stavano ampiamente nella top 10 quando un francese è andato addosso al primo che ha colpito il secondo. Risultato: rottura del cambio per Agostinacchio e bici rovinata anche per l’altro azzurro. Ma hanno dimostrato che le possibilità per emergere ci sono».

Stefano ha detto che la tattica giusta l’avevi suggerita tu…

Diciamo che ne abbiamo discusso prima della gara. La sua grande capacità è quella di leggere la corsa prima che si effettui. Dopo la ricognizione del sabato ne abbiamo parlato a lungo e anche dopo il giro domenicale ci siamo confrontati per trovare la tattica giusta. Gli avevo detto che c’erano tanti tratti dove a causa della pioggia del giorno prima e del fango c’era una sola traiettoria disponibile per non cadere, bisognava stare davanti. Lui ha saputo gestire il tutto in maniera precisa, non ho mai temuto per il risultato neanche quando l’americano si avvicinava.

Ancora una grande prestazione per la Casasola, quarta alla fine a 5″ dal podio. Prima la Alvarado
Ancora una grande prestazione per la Casasola, quarta alla fine a 5″ dal podio. Prima la Alvarado
Guardando la gara nel suo complesso, colpisce il fatto che belgi e olandesi siano indietro…

Non è un caso, se si guarda la top 10 c’è una grande diffusione geografica. In ambito giovanile sembra strano, ma i riferimenti sono altri: la Francia che sta facendo bene ormai da 5-6 anni, gli stessi americani, l’Ungheria che ha un paio di ragazzi fortissimi. Ma ci metto anche l’Italia soprattutto quando i primo anno saranno cresciuti un po’. Abbiamo tanti giovani emergenti e tutti avranno le loro occasioni. La vittoria di Stefano non è certo un caso.

EDITORIALE / Juniores con la valigia nel meridione d’Europa

20.11.2023
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«Si è sempre meridionali di qualcuno»: lo disse Luciano De Crescenzo in Così Parlò Bellavista, commedia italiana del 1984. Dal prossimo anno, juniores italiani andranno a correre all’estero e la scelta non è passata inosservata. Anche perché quella che inizialmente poteva sembrare una forzatura, è stata da poco autorizzata dalla Federazione ciclistica italiana. Nel Consiglio federale dell’11 novembre si è infatti reso possibile il tesseramento per società affiliate a Federazioni extra nazionali (in alto la Auto Eder, team U19 della Bora Hansgrohe, in una foto presa da Facebook), a patto che partecipino a un determinato numero di gare regionali.

Suscita clamore già da un paio di stagioni il fatto che emigrino gli under 23 di primo anno, attirati dai Devo Team delle WorldTour del Nord Europa. Ora che se ne vanno i piccoli, il primo istinto è l’indignazione. Un sentimento condivisibile. Partire significa spesso crescere più in fretta, ma non è detto che funzioni per tutti. Il rischio è tornare sconfitti, avendo perso del tempo. Per questo ci aspetteremmo una reazione anche più energica davanti alle cause che li spingono fuori dall’Italia. Perché questi ragazzi effettivamente partono?

Coppa d'Oro 2021
Dal prossimo anno, i migliori allievi potranno correre da juniores anche all’estero (foto Coppa d’Oro)
Coppa d'Oro 2021
Dal prossimo anno, i migliori allievi potranno correre da juniores anche all’estero (foto Coppa d’Oro)

Siamo tutti siciliani

Di certo perché ci sono agenti che glielo propongono e che negli ultimi anni – fra giovani e donne – hanno triplicato il bacino di utenza. I corridori parlano delle poche corse a tappe nel calendario nazionale (nel 2024 ce ne saranno due nuove). Del tipo di attività. Di squadre dedite al risultato e poco alla formazione. Vero o no che sia (sbagliato fare di tutta l’erba un fascio), sarebbe davvero utile parlare delle cause e non limitarsi a perdere la voce di fronte al fatto compiuto. Non è singolare però che nessuno abbia mai detto nulla quando a partire da juniores erano ragazzini siciliani come Visconti o Nibali? Oppure stranieri come i fratelli Vacek, arrivati in Italia da allievi? Forse per averne narrato la storia in un recente libro, il percorso di Visconti continua a sembrarci emblematico di cosa significhi per un ragazzo di 16 anni lasciare casa.

«La necessità di partire – ha detto anche di recente il palermitano – a un certo punto si è fatta impellente, perché giù non c’era più il calendario necessario per emergere. Ho cominciato a viaggiare da allievo. Da un certo punto in poi la mia vita è cambiata. Se non mi fosse piaciuta, probabilmente avrei smesso e non sarei durato troppo a lungo. Però era anche il tipo di vita che faceva la selezione fra i tanti che provarono insieme a me. Perché alla fine, di quei tanti sono rimasto solo io».

E così i siciliani partivano, lasciando gli affetti sull’Isola, anche loro in cerca di squadre migliori e gare più attendibili. Non tutti però sono diventati Nibali e Visconti, l’esperienza di Sciortino lo ha appena confermato. La risposta negli anni è sempre stata debole. Nessun presidente federale degli ultimi 30 anni – da Carlesso a Ceruti, da Di Rocco fino ai giorni nostri – può dire di averci provato seriamente. Il blocco dei siciliani ad opera del Comitato regionale agli inizi degli anni 90. Il Progetto Sud. Il balletto delle affiliazioni plurime, concesse e poi ritirate. I vincoli regionali. E tutto quell’universo di rimedi che hanno coperto per anni la scarsa intenzione di mettere mano al problema.

Forse lo si riteneva normale. Non si è sempre dato per scontato che per trovare lavoro si debba lasciare il Sud e trasferirsi al Nord? Giù non ci sono soldi, d’altra parte, su ci sono le fabbriche. E se invece i soldi finiscono anche al Nord? Succede che anche quelli di su scoprono (in parte) cosa significhi essere siciliani e veder partire i propri figli. Siamo il Meridione d’Europa, lo siamo anche geograficamente. E tutto sommato da una qualsiasi regione del Nord Italia si fa molto prima a raggiungere Raubing, sede della Bora-Hansgrohe, di quanto impieghi un palermitano per raggiungere Pistoia (il viaggio di Visconti).

Nibali da junior, Visconti già da allievo: essere ciclisti al Sud ha sempre comportato la necessità di lasciare presto casa
Nibali da junior, Visconti già da allievo: essere ciclisti al Sud ha sempre comportato la necessità di lasciare presto casa

Ragazzini con la valigia

Lo stesso inaridimento del Mezzogiorno si è prima esteso al Centro e ora sta attaccando il Nord. E la risposta, di fronte al calo dei tesserati, alla difficoltà di trovare squadra da juniores e poi da U23, alla ricerca di un’attività più qualificata, è stata gestire gli effetti senza andare alle cause. Invece di dare il via libera, che in caso di minorenni non è legato al diritto al lavoro, perché non riqualificare l’attività nazionale?

In verità non ci sembra affatto insolito che atleti di 17 anni mettano i sogni nella valigia e li portino dove vedono o credono di vedere una migliore prospettiva per il futuro. Come ai tempi di Visconti. Quello che troviamo disarmante è anche che il fenomeno non sia stato inquadrato a livello internazionale. Ognuno fa quel che gli pare: tanti partono, tanti tornano, qualcuno riesce, tanti smettono.

Alessio Delle Vedove è passato U23 con la Circus-ReUz, pagando da sé il proprio punteggio (foto DirectVelo)
Alessio Delle Vedove è passato U23 con la Circus-ReUz, pagando da sé il proprio punteggio (foto DirectVelo)

Tutti alle urne

Dopo le Olimpiadi si andrà nuovamente al voto e nei programmi elettorali dei vari candidati leggeremo di nuovo le proposte per il Sud e magari anche per l’attività giovanile.

Chi è chiamato al voto legga attentamente quei programmi e poi torni a leggere quelli delle ultime volte. Quindi verifichi quanto di ciò che è stato promesso sia stato effettivamente attuato. E a quel punto voti. Sarebbe curioso, in questa Italia che cerca il cambiamento ma poco fa per cambiare, vedere che cosa succederebbe se la base per una volta votasse con la testa anziché sulla base delle promesse che presto ricominceranno a piovere.

Che rapporto c’è fra i corridori e la loro bicicletta?

20.11.2023
5 min
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La bicicletta è l’oggetto del desiderio. Costosa e tecnologica, avveniristica e legata in modo indissolubile al motore umano, la bicicletta è una passione e anche uno strumento di lavoro che necessita di cura e manutenzione. Che rapporto hanno gli atleti con il proprio strumento di lavoro?

Abbiamo chiesto ad Andrea Guardini che, tolti i panni del corridore, è diventato il meccanico della Nazionale Italiana della pista (con qualche sbirciatina nel mondo della strada). Ci ha incuriosito un suo commento sul nostro canale YouTube, sotto al video che raccontava l’esperienza di Francesca Selva e Miriam Vece alla UCI Champions League: «Dal 2024 – ha scritto Guardini con tanto di emoticon sorridenti – corso base a tutti gli atleti su cambio rapporti e impacchettamento/spacchettemto pre e post gara!».

Andrea Guardini dopo un anno con il nuovo ruolo
Andrea Guardini dopo un anno con il nuovo ruolo
Cosa porti con te dopo la prima stagione da meccanico della Nazionale?

Un anno bellissimo, intenso e particolarmente impegnativo. Lo è stato perché devo costruire il mio futuro lavorativo, lo è stato perché avevo necessità di fare più giornate per accumulare un’esperienza diversificata, spendendo anche delle ore per imparare dai più esperti in materia. Ecco perché ho iniziato dalla pista e ho fatto il servizio tecnico anche in alcune gare su strada.

Nelle tue parole si percepisce emozione, è così?

Onestamente non avrei mai pensato di vivere delle emozioni così intense, ora che non sono più corridore. Le soddisfazioni che ho avuto agli europei su pista e che porterò sempre con me. Abbiamo fatto incetta di medaglie. Anche aver fatto l’assistenza tecnica agli atleti paralimpici, perché oltre a vedere quanto vanno forte, mi hanno trasmesso una visione di vita differente. Emozioni difficilmente quantificabili.

Guardini in Argentina con la nazionale pista al fianco del CT Villa
Guardini in Argentina con la nazionale pista al fianco del CT Villa
Stai toccando con mano l’enorme lavoro che viene fatto dietro le quinte?

E’ così. Quando ero corridore mi rendevo conto di quanto lavoro veniva fatto per mettere in condizione i corridori di avere il meglio, ma si capisce appieno la mole di cose da fare solo quando si indossa il grembiule e si prendono in mano gli attrezzi. Da una parte è bellissimo, dall’altro lato è veramente tosto e pensavo fosse più semplice. E’ pur vero che la strada e la pista sono due mondi paralleli, ma differenti soprattutto per quanto concerne la gestione tecnica della bicicletta.

Quale è in generale il rapporto che i corridori hanno con la bicicletta?

Posso dire che è un modo di vedere soggettivo. Ci sono corridori e ci sono sempre stati che vedono la bicicletta come una prolunga del proprio corpo e altri che non toccano nulla e lasciano fare tutto ai meccanici quando c’è l’occasione. Prendiamo ad esempio la bicicletta da allenamento, quella più sfruttata e lontana dagli occhi del meccanico. Ci sono atleti che la trattano come fosse la fidanzata (io ero uno di quelli), altri che non la toccano per mesi. E quelle infatti sono le bici che non si possono né vedere né sentire per quanto sono sporche e per i rumori che fanno.

Da sintetizzare con la frase “ho il cambio che salta”?

Si esatto e di solito io rispondo, meno male che fa solo quello!

Per meccanica e tecnica, le bici da pista e quelle da strada sono diverse anche nella gestione
Per meccanica e tecnica, le bici da pista e quelle da strada sono diverse anche nella gestione
Ci puoi raccontare un aneddoto?

Quando ero corridore non sopportavo la bici sporca e che faceva rumori fastidiosi. Non ero un meccanico professionista, ma nella manutenzione fatta a casa mi gestivo bene. Ad esempio prima di fare una distanza lavavo la bici. Quest’anno, prima di partire per l’Argentina ho preso in mano una bici da allenamento che gridava pietà. Povera bicicletta, mi sembrava sofferente per quanto era sporca!

Succede anche con le bici da pista?

Con le bici da pista è diverso. Ovviamente non subiscono le incurie dell’ambiente esterno, ma sono comunque soggette a manutenzione. La polvere che si genera con il legno e altre variabili influiscono sulla loro efficienza.

La conoscenza del mezzo potrebbe aiutare anche nelle situazioni più spinose
La conoscenza del mezzo potrebbe aiutare anche nelle situazioni più spinose
Eppure si potrebbe pensare che le nozioni di meccanica facciano parte del mestiere del corridore!

Dovrebbe essere così. A mio parere manca un minimo di formazione meccanica, piccole cose e semplici segreti che potrebbero facilitare la vita degli stessi corridori in qualche situazione, anche nell’ottica di biciclette più complicate, vedi le trasmissioni elettroniche, i freni a disco e altre variabili. Una volta, una delle prime cose che il pistard si teneva una chiave inglese da 15, fondamentale per cambiare i rapporti e altre cose. Per le bici da strada si teneva un forcellino, quello del cambio, di scorta. Un’abitudine che non esiste più, ma è pur vero che gli staff che ci sono oggi una volta non esistevano.

La multidisciplina è una scuola anche in questo?

Aiuta a svegliarsi e ad essere più… sgamati. Di sicuro aiuta nella visione di corsa, ma anche per quanto riguarda la capacità di leggere i comportamenti della bicicletta. Ne sono convinto da sempre.

Gabriele Tosello che all’Astana ha lavorato con Nibali e con Guardini, aiutandoli nelle scelte
Gabriele Tosello che all’Astana ha lavorato con Nibali e con Guardini, aiutandoli nelle scelte
C’è anche una categoria di atleti che invece mastica la tecnica del mezzo?

Sì, certo! Prendi ad esempio Nibali, ma anche Viviani che è un preciso e molto attento ai materiali. Vincenzo era capace di smontare e rimontare la bicicletta. Provava sempre cose diverse, ai ritiri passava due/tre ore con i meccanici. Anche a me piaceva capire cosa stavo utilizzando, non come lui, ma ritenevo questa pratica una parte del mio lavoro di corridore. Mi rendo conto che più si va avanti e più questa tipologia di corridori viene a mancare, ma non è tutta colpa dell’atleta, perché il mestiere è cambiato molto.

Cosa significa?

Significa che oggi è tutto molto più complesso. Il corridore deve stare attento ai dati dall’allenamento, sentire cosa gli dice l’allenatore, controllare sulla app del telefonino se ci sono aggiornamenti nel profilo personale, andare dal motivatore, controllare il peso e la dieta, fare stretching. Tante cose che sottraggono tempo e concentrazione. Capisco quei ragazzi che durante il giorno sfruttano il poco tempo che rimane per disconnettere il cervello.

Bramati lancia l’operazione Moscon. L’obiettivo è vincere

20.11.2023
5 min
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«Moscon è con me – dice Bramati – nei giorni scorsi ho cominciato a guardarlo negli occhi. E’ molto determinato, abbiamo parlato tanto. Sono contento che l’abbiamo in squadra, lo dicevo sin da quando era under 23 che fosse un corridore in grado di fare grandi cose nel professionismo. E adesso cercherò di motivare lui come ho sempre motivato tutti per arrivare a dei grandi risultati. E’ arrivato in questa squadra per ultimo. Abbiamo parlato, ma ora saremo noi a decidere il suo programma. A dicembre a Calpe ci sarà tempo per sedersi e decidere dove iniziare. Dobbiamo conoscerlo meglio, lo vedremo in allenamento e lo vedremo in generale».

Bramati è tornato a casa dal Belgio, dove la Soudal-Quick Step ha festeggiato i 25 anni di attività e il bergamasco è fiero nel dire di esserci stato dall’inizio. Prima come corridore e a seguire come direttore sportivo. Il tempo di tornare a casa ed è cominciato il susseguirsi di videoconferenze per iniziare a parlare dei programmi dei corridori, che saranno sbrogliati definitivamente nel ritiro di Calpe, a metà dicembre.

Bramati è nel gruppo belga dal 1999, quando la squadra si chiamava Mapei-Quick Step. Qui alla Japan Cup
Bramati è nel gruppo belga dal 1999, quando la squadra si chiamava Mapei-Quick Step. Qui alla Japan Cup
Come è stato il primo approccio con Moscon?

Abbiamo avuto questi tre giorni per conoscerci, è stato bello. Abbiamo visitato la sede di Soudal e poi anche Quick Step. I 27 corridori hanno fatto un team building tutti insieme e so che si sono divertiti tanto. In gruppo c’è l’atmosfera festosa come sempre, ma sicuramente da dicembre bisognerà mettersi sotto, iniziare a pedalare per il 2024, sperando che non succeda niente.

Prima che arrivasse da voi, cosa pensavi di Moscon?

Che fosse un predestinato e infatti anche nel professionismo, appena passato, ha fatto veramente delle belle cose. Sono contento che ce lo abbiano proposto.

La vittoria di Bagioli al Gran Piemonte e quella di Van Wilder alla Tre Valli sono state prova di grande reazione
La vittoria di Bagioli al Gran Piemonte e quella di Van Wilder alla Tre Valli sono state prova di grande reazione
Perché Cattaneo ha detto che questa è la squadra giusta per rilanciarsi? Perché Lefevere l’ha paragonato all’esperienza con Cavendish?

Abbiamo sempre preso corridori all’ultimo momento e Mark (Cavendish, ndr) è stato l’ultima nostra scommessa. Cattaneo ha ragione, siamo una squadra vincente. Tanti hanno detto che quest’anno siamo stati sottotono, ma io penso che cogliendo 55 vittorie dietro a due colossi come la Jumbo e la UAE, abbiamo fatto la nostra parte. Abbiamo vinto in tutti i tre Grandi Giri e abbiamo vinto una Monumento. Penso che la squadra abbia dimostrato di avere sempre la mentalità vincente, lo stimolo che da anni riusciamo a trasmettere ai corridori.

Forse si è parlato poco della reazione durante il periodo della presunta fusione…

Esatto. La settimana delle corse italiane e i risultati delle ultime cinque gare di fine stagione sono stati la prova della nostra compattezza, nonostante le tante voci che c’erano in giro. La squadra ha reagito veramente alla grande. I corridori che indossano la nostra maglia portano la mentalità di questo gruppo, che coinvolge anche noi direttori e tutto lo staff. L’ho sempre detto: è una grande famiglia.

Che va avanti da un quarto di secolo…

La settimana scorsa c’è stata la festa dei 25 anni e io ci sono dall’inizio. Penso che questa sia anche la nostra forza e non vogliamo perderla. Vogliamo continuare su questo passo e spero che Gianni si integrerà bene già da dicembre. In questi giorni ha visto la mentalità, a dicembre ci sarà da rimboccarsi le maniche e lavorare, programmando il 2024 che per lui sarà veramente importante. Spero che ottenga il riscatto di tutte le qualità che ha sempre avuto sin da giovane.

Moscon ha sempre avuto bisogno di grandi motivazioni, forse l’ultimo averlo capito è stato Cassani in nazionale. E’ importante per un corridore come lui il fatto di sentire la fiducia della squadra?

Penso che nel ciclismo degli ultimi anni, dove il livello si è alzato tantissimo, i corridori devono arrivare agli appuntamenti preparati alla perfezione. Ma un altro fattore che conta tantissimo è la motivazione. Se la squadra crede in loro, questo diventa un altro punto di forza. Si sa che durante l’anno ci sono dei momenti in cui le cose non andranno bene e in quelle situazioni la squadra deve essere dalla parte del corridore, saperlo seguire, saperlo far reagire nei momenti che non vanno. Penso che noi l’abbiamo sempre fatto e sicuramente continueremo a farlo.

Quarto ai mondiali di Harrogate 2019, mentre consola Trentin giunto secondo. In azzurro Moscon non ha mai deluso
Quarto ai mondiali di Harrogate 2019, mentre consola Trentin giunto secondo. In azzurro Moscon non ha mai deluso
I programmi definitivi si faranno a dicembre, ma intanto come si procede?

Siamo a buon punto, manca solo di parlare con i corridori. Io ho i miei 4-5 da seguire, fra cui anche Gianni. Nei prossimi giorni li chiamerò per farci una prima chiacchierata e avere un’idea ancora più completa, affinché a dicembre si decida nel modo giusto. I programmi saranno poi rivelati il 9 gennaio alla presentazione della squadra. La speranza nel frattempo è che tutto vada bene, che non ci siano incidenti, che nessuno si ammali, che nessuno cada, per avere una programmazione senza imprecisioni. Dicembre, gennaio e febbraio, anche più di un tempo, sono veramente tre mesi molto importanti, sia per il lavoro del singolo, sia per la programmazione degli obiettivi della squadra.

Moscon ha ricevuto anche la nuova bici?

Proprio in questi giorni stanno partendo le mail alle squadre precedenti dei nuovi corridori, affinché dal primo dicembre li lascino liberi di utilizzare i nuovi materiali. Altrimenti non si può. Non dovrebbe nemmeno servire fare una simile richiesta, ma ad ora la situazione è questa. Seguo anche Landa e anche lui è nella stessa posizione.

L’UCI promuove a pieni voti il Giro della Lunigiana

19.11.2023
5 min
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Sui profili social del Giro della Lunigiana è apparso qualche giorno fa l’evaluation report stilato dall’UCI. Per la corsa internazionale juniores c’è stata una promozione a pieni voti. Così, incuriositi da quello che è il lavoro fatto per mettere in piedi un’organizzazione del genere, abbiamo chiesto a Lucio Petacchi, presidente della corsa e ad Alessandro Colò, uno degli organizzatori, che cosa vuol dire per loro tale riconoscimento

Il report redatto dall’UCI che promuove l’organizzazione del Giro della Lunigiana
Il report redatto dall’UCI che promuove l’organizzazione del Giro della Lunigiana

Tutti al lavoro

Non ci sorprendiamo nel venire a conoscenza del fatto che gli ingranaggi si siano già messi in moto per l’edizione del 2024. 

«Tutti quei semafori verdi – dice Lucio Petacchi, direttore del Giro della Lunigianaci fanno solo piacere e dicono che abbiamo lavorato bene. Organizzare la più importante corsa a livello juniores è un lavoro immane, già ora siamo all’opera per la prossima edizione. Sono passato dai Comuni e dalle Amministrazioni per iniziare a costruire il percorso. Contiamo molto sui nostri punti fermi come Regione Liguria, Città di La Spezia, Luni, Pontremoli, Fivizzano, Massa e da due anni a questa parte anche Portofino e Chiavari».

«Nella scorsa edizione abbiamo inserito una figura importante – continua Petacchi – che è quella dell’intermediario tra le squadre e noi dell’organizzazione. Questo ruolo lo ricopre Rino de Candido, ex cittì della nazionale juniores. Lui conosce questo mondo e si interfaccia con le varie selezioni nazionali e regionali per riportare il loro punto di vista».

Sicurezza al primo posto

Ma nello specifico che lavoro c’è dietro al Giro della Lunigiana? Noi abbiamo avuto modo di raccontarvelo da dentro, curiosando nei vari aspetti. Ma è con Alessandro Colò, uno degli organizzatori, che entriamo nello specifico. 

«La sicurezza è il punto più importante per noi – racconta Colò – e per avere sicurezza servono strade libere. Questo vuol dire partire tre mesi prima con la verifica dei percorsi, individuare gli incroci strategici e predisporre così i volontari sul percorso per chiudere il passaggio alle macchine. Per ogni tappa si definiscono quante persone appiedate servono e quante, invece, in moto. Ci sono due persone che si occupano di ciò e sono Marco Casini e Gianluca Buriani.

«Poi bisogna transennare partenza e arrivo – prosegue – e in quel caso una persona si occupa della logistica: posizione transenne, decidere dove mandare le auto, i giudici e le moto. In questo ci aiuta la planimetria del territorio che usiamo come riferimento. Per ultima cosa, il giorno della corsa si devono posizionare i cartelli sui punti pericolosi del percorso. Anticipano in moto la gara, ed è un lavoro che va programmato bene, quindi mesi prima dei volontari visionano le tappe e decidono quali punti sono da segnalare, così fanno una lista dei cartelli di cui hanno bisogno. Per esempio: tre cartelli per ogni incrocio pericoloso, due per le curve a gomito, quattro per i restringimenti».

Pubblico e percorso

La seconda parte evidenziata dall’UCI riporta la voce pubblico e percorso, due fattori che devono combaciare per far sì che la corsa non sia goduta solamente dai ragazzi ma anche dagli appassionati.

«Per il percorso – continua Colò – l’UCI impone, per le corse a tappe internazionali della categoria juniores, un massimo di 400 chilometri in totale. Capite che a livello di territorio e di Comuni non è facile far combaciare tutto, nell’edizione 2023 siamo stati dentro al pelo con 398 chilometri percorsi, trasferimenti esclusi. I trasferimenti servono proprio a noi organizzatori per unire le città di partenza e arrivo. Per questo a volte i trasferimenti sono più lunghi del necessario. Un’altra difficoltà è legata alla modifica dei percorsi, cosa che può accadere. Per esempio quest’anno abbiamo modificato alcune tappe perché tra i sopralluoghi di maggio e il periodo della gara erano cambiate delle cose. 

«La voce pubblico – spiega – è legata a come i tifosi riescono a seguire la corsa. Se ci sono strade alternative per andare alla partenza o all’arrivo. Se c’è lo spazio per far stare la gente a bordo strada, insomma tutta la logistica legata al pubblico».

Il pubblico a bordo strada si è presentato sempre in gran numero ed ha potuto assistere in tutta comodità alla corsa (foto Fruzzetti)
Il pubblico a bordo strada si è presentato sempre in gran numero ed ha potuto assistere in tutta comodità alla corsa (foto Fruzzetti)

Alberghi e media

Non è facile trovare una sistemazione per tutte le squadre che prendono parte al Giro della Lunigiana. Si deve tener conto del fatto che non si possono costringere i team a fare trasferimenti troppo lunghi. Ma i giorni del Giro della Lunigiana coincidono con la fine della stagione estiva, i turisti sono presenti su un territorio a metà tra mare e montagne. 

«l’UCI controlla tutti gli alberghi dove alloggiano i team – dice ancora Colò – ed i servizi devono essere all’altezza. Cucina, spazi per i mezzi e per lavare le bici. Abbiamo già parlato con alcune strutture per prenotare dei posti in vista del 2024. Diamo un numero di persone che intendiamo far alloggiare presso l’hotel e concordiamo un prezzo, perché comunque da noi è alta stagione.

«La parte della copertura mediatica (che ha riguardato anche noi di bici.PRO, ndr) è riferita alla copertura televisiva e non solo. Noi avevamo previsto una differita sui canali Rai la domenica dopo la fine della corsa. In più c’è anche la parte social, dove ci siamo impegnati tanto per mantenere la comunicazione sempre aggiornata. Facevamo una diretta tutte le mattine, post e aggiornamenti sulla corsa, notizie scritte e foto. Senza dimenticare anche la velocità di comunicazione riguardo gli ordini di arrivo e le classifiche aggiornate».

«Gli standard sono alti – conclude Lucio Petacchi – ma per gestire al meglio una corsa importante come la nostra è giusto che sia così. Noi veniamo ripagati con questo tipo di giudizi, perché è quello che ci spinge a migliorare e proporre sempre un prodotto nuovo e ben confezionato».

Un giorno ad Herentals dove tutto parla di Van Aert

19.11.2023
6 min
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HERENTALS (Belgio) – Capita che in una bella (chiaramente un eufemismo!) giornata d’autunno ci si ritrovi ad Herentals, il paese di Wout Van Aert. Pianura, pianura e ancora pianura. Piste ciclabili ovunque. Un campanile in stile gotico-fiammingo e tutto ordinato in un modo che è quasi irritante!

Ci mettiamo, come molti tifosi, in “pellegrinaggio”, vale a dire alla ricerca della casa di Van Aert. Sapevamo che comunque non lo avremmo incontrato. Wout era in Sud America da Rigoberto Uran. Però questo “gioco” non ha fatto altro che portarci ancora di più nel suo mondo.

Campagna “poco” tranquilla

Herentals, paese di 26.000 abitanti nelle Fiandre Orientali, fa parte della provincia di Anversa. Qui si respira ciclismo, nel raggio di 25 chilometri sono nati non si sa quanti campioni. Due su tutti? Eddy Merckx e Tom Boonen. Ed è la patria del ciclismo anche perché tutti vanno in bici e perché il mito non è solo Van Aert. Herentals è la patria di Rik Van Looy, uno dei tre assieme al Cannibale e De Vlaeminck, che è riuscito a vincere tutti e cinque i Monumenti. Anzi, ad essere pignoli questa è più la patria di Van Looy che di Van Aert. 

Il fuoriclasse della Jumbo-Visma è infatti di Lille, non quella francese, ma un paese omonimo poco distante da Herentals. 

E proprio nelle campagne tra Herentals e Lille, ma in territorio di Herentals, c’è la sua casa. Una bella villa. Assolutamente non esagerata, col giardino e il tetto spiovente. La tranquillità in teoria regna sovrana. Campi di rape, di barbabietole e ampi pascoli.

Quando siamo andati noi, pioveva a dirotto e non c’era davvero nessuno in giro, ma giusto qualche tempo fa Van Aert si era risentito. Aveva chiesto pubblicamente di essere lasciato in pace quando era a casa. «Ogni giorno viene da me qualcuno per autografi, selfie o per propormi questo o quell’evento. Ognuno con una sua storia, una richiesta… Ormai non rispondo più», riportava la Gazet van Antwerp. 

E scatta automatico il paragone con Remco Evenepoel, per molti belgi reo di essersi trasferito in Spagna. La metà dei tifosi ama Remco, l’altra metà decisamente no. Ma tutti tifano Van Aert.

E qui è davvero un Vip, come potrebbe essere un calciatore da noi. 

Si legge della nascita del suo secondogenito. Dell’acquisto di una nuova automobile. Del primo giorno di scuola del primogenito, con tanto di foto di mamma Sarah e papà Wout che lo accompagnano.

Nella patria del ciclocross

Da Lille a Herentals ci sono una dozzina di chilometri, forse meno. Van Aert abita nel mezzo come detto. Qui non c’è davvero lo spettro di una salita, neanche uno “zampellotto”. C’è da chiedersi come faccia questo atleta ad essere tanto forte quando la strada sale. Okay esserci portati, ma un minimo di allenamento, di feeling con le pendenze, servirà pure.

Però recupera in quanto ai percorsi di cross. In questi giorni in Belgio, abbiamo visto una quantità spropositata di nuovi percorsi ciclabili, anche gravel, per quella che è una vera rete ciclistica, e badate bene non abbiamo detto ciclabile, ma ciclistica. Van Aert dunque recupera con una zona particolarmente adatta al cross. 

E’ proprio dietro casa sua infatti che c’è la foresta di Bosbergen. Qui qualche lieve avvallamento c’è… relativamente al cross chiaramente. L’area di Bosbergen-Lichtaart è tutta in sterrato, è una roccaforte per la mtb, il gravel e appunto il ciclocross. Van Aert ha una vera palestra naturale. Ci abbiamo messo in naso: era un tappeto di foglie morte, ma i sentieri promettevano bene. Ci hanno detto che nel weekend è un brulicare di rider di ogni tipo.

Ad Herentals con Van Looy

Nei negozi di bici c’erano i poster di Van Aert. Sul vetro di un ufficio c’era Van Aert. In un grande cartello al centro della piazza che annunciava vari eventi, c’era Van Aert. E lo stesso Wout, ma anche Rik Van Looy, Erwin Vervecken e Sanne Cant, i quattro campioni del mondo della città, comparivano stilizzati su un murales nel quartiere Vest (nella foto di apertura).

Nella piazza centrale, la Grote Markt, di Herentals due anni fa andò in scena una super festa in onore del corridore, al ritorno dal Tour de France. Wout aveva vinto una tappa, la maglia verde ed era stato protagonista assoluto nella prima conquista della Grande Boucle del compagno Vingegaard. Si stima ci fossero quasi 40.000 persone e non tutte riuscirono ad entrare nella piazza.

Sempre in Grote Markt c’è la statuta di Van Looy. Lo hanno ritratto in veste borghese e in anzianità, come per sottolineare che Rik era uno di loro. Non c’era bisogno di metterlo su una bici per dire al mondo che quello era Van Looy e cosa aveva fatto.

Magari un giorno di fronte a Rik ci sarà anche la statua di Wout, come quelle di Peppone e Don Camillo a Brescello. Chissà, anche lui sarà riuscito a mettere nel sacco tutti e cinque i monumenti. O magari il Giro d’Italia.

Pensieri e parole di Velasco sulla magia del tricolore

19.11.2023
5 min
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SAN GIOVANNI IN MARIGNANO – Una “Serata di Grande Ciclismo” sulle colline riminesi al confine tra Romagna e Marche. L’occasione creata da Fisioradi e Ca’ Virginia per incontrare i campioni italiani e non solo, per premiarli in nome della bici.PRO Challenge. Arrivata alla sua terza edizione, quest’anno a ricevere la maglia tricolore stampata in 3D da Morfeo Gadget non poteva che essere Simone Velasco.

Il bolognese dell’Isola d’Elba è stato infatti premiato per la sua stagione e per la vittoria conquistata in quel di Comano Terme (Trento). Sul palco Simone ha risposto con tanto orgoglio e un sorriso che lo accompagnerà per 365 giorni. Arrivati quasi al giro di boa, abbiamo chiesto un bilancio di questo suo finale di stagione in tricolore e le ambizioni per il 2024. 

La vittoria al campionato italiano ha riacceso l’entusiasmo nel 2023 di Velasco
La vittoria al campionato italiano ha riacceso l’entusiasmo nel 2023 di Velasco

Piccola rinascita

Per Velasco il 2023 è stato un anno di svolta. Le vittorie sono state “solo” due, ma il significato di quella che gli è valsa la maglia tricolore, ha mosso sicuramente qualche consapevolezza in lui. Magari basata sul passato, quando il professionismo era solo un sogno. 

«Davo segnali di forza e di classe – spiega Velasco – a sprazzi non ero più quello che ero una volta, quando da juniores o da dilettante avevo la mia continuità ed ero sempre ai vertici. Da quando ho vinto la maglia tricolore ho ritrovato questa voglia e si è visto durante tutto il corso della seconda parte della stagione. Questo mi fa ben sperare per il 2024. E’ sicuramente un’iniezione di fiducia e di motivazione.  

«Questo 2023 – dice – si è concluso con la “botta” alla Veneto Classic che mi ha lasciato un po’ di traumi e di residui. Comunque abbiamo ripreso normalmente la preparazione. Adesso stiamo preparando al meglio il 2024 e speriamo che sia un’altra bella annata. Avendo avuto l’infortunio facciale nella zona dentale ed essendo un punto molto delicato, poteva compromettere anche parte dell’inverno. Però in qualche giorno ho recuperato, un po’ di punti ma fortunatamente eravamo già a riposo e non mi ha compromesso niente».

Per Simone Velasco un buon finale di stagione che ha confermato l’ottima annata
Per Simone Velasco un buon finale di stagione che ha confermato l’ottima annata

Oneri e onori

Il ciclismo è da sempre uno sport democratico e paritario. Allo stesso modo ogni anno vengono assegnate le maglie di campioni nazionali che vestono il ciclista che per un anno rappresenterà quella nazione sulle strade di tutto il mondo. Una responsabilità che comporta oneri e onori e questo Simone lo ha già imparato.

«Non sono in tanti – afferma Velasco – che possono dire di aver vinto la maglia tricolore. Quando rappresenti la tua Nazione per un anno intero e lungo tutte le strade del mondo, poi rimani nelle pagine della storia per sempre. Quindi è per me è un onore vestire la maglia di campione italiano. Ti regala quella spinta per dare ancora qualcosina in più e fare sempre il meglio possibile.

«Sicuramente si fa fatica a riposarsi – sostiene Simone – però allo stesso tempo è bello essere in queste manifestazioni. Fino a poche ore fa, ero in tutt’altra parte d’Italia, ho fatto una corsa per esser qui. Ho piacere di prendere parte a questa serata e penso che sia anche doveroso essere presente per chi vuole premiarti e omaggiarti con passione e sorrisi. Vedo sempre tanti giovani ed è importante fare queste cose anche per loro».

L’apertura dello spumante Astoria per il brindisi finale
L’apertura dello spumante Astoria per il brindisi finale

La ciliegina

Salito sul palco per ritirare il premio e mettere in palio le sue maglie (dimenticate a casa, ndr) per la lotteria della serata, Velasco si rivolge a Filippo Zana che siede al suo stesso tavolo: «Vorrei fare come Filippo e vincere magari al Giro in maglia tricolore. Sarebbe la ciliegina sulla torta».

Un auspicio che fa sognare gli appassionati e può essere un obiettivo realizzabile e replicabile in più occasioni, non solo al Giro. Un modo per motivarsi per il 2024 alzando l’asticella e ponendosi standard di nuovo più ambiziosi a cui Simone forse mancavano da un po’.

«La preparazione per il 2024 – conclude Velasco – rimane bene o male la solita. E’ certo che cerchiamo di concederci qualche momento di relax in meno perché gli anni passano anche per me. Quindi ogni anno bisogna fare qualcosina in più e implementare quello che poi riguarda la performance, però comunque non andiamo a stravolgere niente. Quello che faremo sarà focalizzare il programma in funzione di qualche appuntamento importante. Come le classiche di inizio stagione tipo Milano-Sanremo e in prospettiva magari del Giro d’Italia, poi si vedrà».

I trofei realizzati con la stampante 3D da Morfeo Gadget rappresentata da Riccardo Pellegrini
I trofei realizzati con la stampante 3D da Morfeo Gadget rappresentata da Riccardo Pellegrini

Grande ciclismo

Oltre 200 partecipanti, appassionati e praticanti hanno applaudito nel corso della serata anche gli altri campioni presenti: Filippo Zana, Rachele Barbieri, Filippo Baroncini e Giovanni Carboni. Saliti sul palco si sono raccontati. Zana, premiato l’anno scorso con la maglia tricolore Challenge bici.PRO ha portato a termine una stagione ai vertici in più occasioni. Le vittorie al Giro e quella dello Slovenia su tutte. La Barbieri, ha invece spiegato a cuore aperto il suo addio momentaneo alla pista che ha raccontato anche a noi qualche giorno fa. Baroncini, ha rilanciato sulle classiche e sulla voglia di essere protagonista con la maglia della UAE Emirates. Infine Carboni, a cui è andato l’in bocca al lupo della sala per la ricerca della squadra per il 2024

Gli ospiti erano tanti, dai ciclisti più piccoli a quelli d’onore. Tra quelli che hanno sicuramente strappato un sorriso sono stati i tre commentatori di Eurosport. Luca Gregorio e Moreno Moser, dal palco, hanno videochiamato il convalescente Riccardo Magrini in via di guarigione, ma sempre sorridente e con la battuta pronta. Una “Serata di Grande Ciclismo” guidata dalla voce di Ivan Cecchini e gli interventi di Maurizio Radi di Fisioradi e Giacomo Rossi di Ca’ Virginia