L’anno delle meraviglie: il 2024 di Pogacar letto con Matxin

22.12.2023
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LA NUCIA (Spagna) – Per rafforzare la scelta di Pogacar e inquadrarla nella strategia del UAE Team Emirates, nello stesso pomeriggio in cui lo sloveno ha spiegato la partecipazione al Giro, Joxean Fernandez detto Matxin ci ha messo la faccia

«E’ la prima volta che Tadej affronterà due grandi Giri nella stessa stagione – dice lo Sports Manager della squadra, in apertura sulla destra con Gianetti e Agostini – ha 25 anni e siamo dell’opinione che sia pronto per questa sfida. So bene di aver detto in passato che sia molto difficile o quasi impossibile vincere il Giro e il Tour nello stesso anno, ma abbiamo ridisegnato la stagione, decidendo di non partecipare alle corse sul pavé. Tadej è il miglior corridore che abbia visto nella mia carriera, ma l’unico modo per arrivare in forma al Giro e tenerla per il Tour è non correre troppo nei primi mesi dell’anno. Al Giro arriveremo con una decina di giorni di gara e in ognuna di queste correremo per vincere».

La UAE Emirates è stata già suddivisa fra Giro e Tour: programmazione a lunga scadenza
La UAE Emirates è stata già suddivisa fra Giro e Tour: programmazione a lunga scadenza

Il gruppo del Giro

La stagione di Pogacar inizierà alla Strade Bianche. Da lì si sposterà alla Sanremo, ignorando Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico. Ci saranno poi il Catalunya e la Liegi. E’ stato già definito anche il gruppo dei corridori che scorteranno Pogacar, prima al Giro e dopo al Tour. Correranno con lui al Giro Grosschartner, Majka e Vine, con Novak e Bjerg, più Molano e Rui Oliveira, che si dedicheranno alle volate.

«Non faremo neppure il Fiandre – spiega Matxin – nonostante sia la sua corsa preferita. Lo ha deciso Tadej per primo ed è stato frutto del ragionamento dell’ultimo anno. Abbiamo considerato tutti gli aspetti, cercando di individuare il programma più equilibrato. E’ la prima volta da anni che ci sono più di quattro settimane fra le due corse e per questo penso che sia l’occasione perfetta. Per cui abbiamo valutato di non fare ritiri in altura nell’avvicinamento al Giro, ma di farne uno prima del Tour. Tadej dovrà arrivare al Giro senza aver già stressato il suo corpo. Solo avremo la freschezza necessaria per arrivare fino alle Olimpiadi».

Nonostante quest’anno abbia vinto il Fiandre, Pogacar ha rinunciato alla difesa del titolo
Nonostante quest’anno abbia vinto il Fiandre, Pogacar ha rinunciato alla difesa del titolo

Fino al Lombardia

Quel che sorprende è la ricchezza degli obiettivi. Probabilmente chiunque dopo Sanremo, Liegi, Giro, Tour e Olimpiadi, penserebbe alle vacanze. Invece Pogacar tirerà il fiato per quel che potrà, poi rientrerà alle gare in Canada e da lì farà rotta verso i mondiali di Zurigo (che almeno sulla carta si adattano alle sue caratteristiche) e il Lombardia. Quello che ancora fa pensare è che lo scorso anno la sconfitta del Tour fu attribuita alle troppe corse di primavera: in che modo il Giro prima del Tour non costituisce un eccesso di impegno?

«E’ complicato vincere due grandi Giri nello stesso anno – dice ancora Matxin – ma non impossibile. Tadej è uno dei corridori per cui questo è meno complicato. Credo che con il suo carattere e la sua personalità possa farcela. Lui è quello speciale. Se non fosse così non avrebbe già detto che per lui Giro e Tour hanno lo stesso valore». 

Il Giro avrà due crono lunghe, due banchi di prova importanti per Pogacar
Il Giro avrà due crono lunghe, due banchi di prova importanti per Pogacar

Giro senza italiani

Quando gli facciamo notare che per la prima volta dalla sua fondazione, il UAE Team Emirates non avrà corridori italiani al via del Giro d’Italia, Matxin fa uno switch dallo spagnolo all’italiano e spiega perché Covi e Ulissi non saranno al Giro d’Italia.

«I corridori che verranno al Giro – spiega lo spagnolo – sanno di dover tirare per Tadej. E penso che abbia più senso che a farlo siano corridori che abbiamo preso per questo, piuttosto che altri più vincenti che altrove possono puntare a vincere altre corse. A Ulissi e Covi offriremo la possibilità di lottare per fare risultato in altre corse del calendario, per valorizzarli al meglio delle loro possibilità».

Infine, prima di andarsene, Matxin sciorina anche la formazione del Tour de France, in cui attorno a Pogacar correranno João Almeida, Adam Yates, Juan Ayuso, Pavel Sivakov, Marc Soler, Nils Politt e Tim Wellens. A questo punto, scoperta la strategia di Pogacar, il sogno di ogni tifoso sarebbe che Vingegaard raccogliesse la sfida. Non sarebbe strepitoso avere il danese al via del Giro?

Anche Antonio Nibali se ne va. Con una valigia di ricordi

22.12.2023
5 min
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Le prestazioni al Tour de Kyushu non sono bastate ad Antonio Nibali per trovare un contratto per la prossima stagione. La sua storia di ciclista professionista si chiude qui, almeno con un risultato prestigioso come un secondo posto. Avrebbe scelto un epilogo diverso, avrebbe voluto essere padrone del proprio destino, ma la realtà ha deciso altrimenti.

Si sente dalla sua voce che la decisione non è stata semplice e gli strascichi dilaniano ancora il suo animo. «Non è facile lasciare questo mondo, anche se è evidente che è in atto un cambiamento enorme, è come se questo stia diventando un altro sport, per corridori sempre più giovani. Io mi ci ritrovavo sempre meno, ma questo non significa che lascerò le due ruote perché quando hai nel sangue questa passione non ti lascia più».

Gli ultimi due anni all’Astana sono stati difficili, in un team in profonda trasformazione
Gli ultimi due anni all’Astana sono stati difficili, in un team in profonda trasformazione
Una passione che ti è arrivata da dove?

Mio padre ha molto influenzato sia me che Vincenzo, insegnandoci soprattutto che ciclismo equivale a sacrificio. Quando ho iniziato nel “mondo dei grandi” era il 2014, ma già si andava forte, era già un ciclismo moderno e in evoluzione. Poi dopo il covid le cose hanno preso un’altra piega, si è andati sempre più veloce, è diventato come un frullatore dove i team cercano corridori sempre più giovani. E’ un’attività che richiede sempre di più e temo che questo avrà ripercussioni sulla durata delle carriere.

La tua carriera quanto è stata toccata dalla vicinanza di Vincenzo e delle sue vittorie?

Noi abbiamo fatto parte di una generazione diversa da quella odierna, dove ti veniva dato il tempo di maturare. Io ho vissuto da vicino la sua evoluzione, le sue vittorie come le sue sconfitte le ho sentite sulla mia pelle. Abbiamo vissuto insieme ritiri e quei sacrifici di cui parlavo prima. Anche nel finale, quando però la spinta cominciava a venire meno anche perché vedeva e vedevo che all’Astana le cose stavano cambiando e si prediligeva un’altra strada.

Antonio e Vincenzo Nibali hanno corso insieme dal 2017 al 2022, condividendo tanti momenti unici
Antonio e Vincenzo Nibali hanno corso insieme dal 2017 al 2022, condividendo tanti momenti unici
Tu nel 2021 hai lasciato la Trek Segafredo per seguirlo all’Astana. Quel momento ha rappresentato un po’ una svolta nella tua carriera: la Trek era disposta a tenerti anche senza Vincenzo. Ti sei mai pentito?

Non posso negare di averci pensato spesso in questi mesi. Non era una decisione facile: la Trek mi offriva un altro anno a stipendio ribassato, dall’altra parte c’era un contratto biennale e soprattutto vedevo nel team la voglia d’investire anche su di me. Certo, a cose fatte non so se prenderei la stessa decisione.

Non hai l’impressione che quella sia stata una “sliding door”, quella decisione che segna la tua vita?

Sicuramente, ma che cosa sarebbe successo se avessi deciso altrimenti? Non possiamo saperlo. In quel momento sembrava una scelta matura, in un team con persone con cui Vincenzo aveva già convissuto e vinto. Invece era una realtà che si stava evolvendo. Non è un caso se Martinelli al ritiro non c’era, l’Astana sta spostando il suo baricentro non solo dal punto di vista tecnico, non puntando più alle classifiche delle corse a tappe, ma anche oserei dire geopolitico, identificandosi sempre più in Vinokourov e nel suo Paese.

Il braccio in alto per festeggiare la vittoria di Vincenzo al Giro di Sicilia 2021
Il braccio in alto per festeggiare la vittoria di Vincenzo al Giro di Sicilia 2021
Quando pensi ai momenti belli sono più personali o legati alle vittorie di Vincenzo?

Sono tanti nel complesso, posso dire che in questi 9 anni ho vissuto tante emozioni. I Giri e le Vuelta con lui, lavorando per lui. Una cosa che mi è dispiaciuta e pesata molto nell’ultimo anno della sua carriera è stata il fatto che siamo stati divisi l’ultimo anno, facevamo attività diversa.

Qual è stato l’ambiente migliore dove ti sei trovato?

Ricordo con nostalgia gli anni alla Bahrain, soprattutto i primi due dove si vinceva e ci si divertiva insieme, era un agglomerato di grandi sensazioni. Già nel terzo le cose erano un po’ cambiate, ma vissi con grande partecipazione il Giro di Vincenzo contro Carapaz e Roglic, tirando per lui, condividendo ogni pensiero. Anche alla Trek comunque abbiamo vissuto due annate belle e in un bell’ambiente, molto competitivo e dove c’era voglia di faticare ed emergere.

L’unica vittoria da pro’ è arrivata al Giro d’Austria 2018, staccando tutti gli avversari (foto GDS)
L’unica vittoria da pro’ è arrivata al Giro d’Austria 2018, staccando tutti gli avversari (foto GDS)
Se pensi alla tua carriera quali sono i momenti più belli?

Sicuramente la mia vittoria nella tappa del Giro d’Austria nel 2018. Era una gara di livello, una 2.1, poi la ottenni con le mie forze, andando in fuga e contenendo il ritorno degli avversari. Poi ci sono stati tanti buoni risultati, tanti piazzamenti nei primi 10 in gare del calendario italiano e non solo e aver chiuso con un secondo posto in Giappone rappresenta comunque un bel modo per lasciare.

Vivere una carriera all’ombra di un mito come tuo fratello non è semplice, ma è anche una via preferenziale per capire quel che ha vissuto…

Non è facile raccontarlo a parole. Si sarebbe portati a pensare alle sue vittorie, ma quando a vivere quest’attività è il sangue del tuo sangue è diverso. Io penso a quando si è rotto la vertebra al Tour, a quei giorni così duri, spaventosi, dove convivevi con la paura per il suo futuro, non solo quello legato alla bici. Dove le incognite attanagliavano le nostre notti. Ci sono stati anche i momenti belli, ad esempio la sua vittoria alla Sanremo che pochi si aspettavano. Sì, posso dire di essere stato testimone diretto e protagonista di una grande storia, ma anch’io ho avuto la mia parte importante e i miei momenti.

Gli inizi di Antonio tra i pro’, alla Nippo Vini Fantini nel 2015-16
Gli inizi di Antonio tra i pro’, alla Nippo Vini Fantini nel 2015-16
Ed ora?

Ora attendo che si concretizzi un progetto importante, nelle Marche, con ragazzi che vogliono investire nel ciclismo e che mi hanno proposto idee che mi piacciono molto. E’ ancora presto per parlarne ma quel che è certo è che mi vedrete ancora in giro…

Il nuovo Oldani parla da leader e la Cofidis punta forte

22.12.2023
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DENIA (Spagna) – Damiani si alza quando arriva Oldani. C’è stato da aspettare perché i ragazzi hanno fatto sei ore e Stefano si è preso il tempo per mangiare. Nel frattempo il diesse ha speso parole eccellenti sull’impegno e la sua dedizione.

«Mi ha stupito per quanto è scrupoloso – ha detto – cura i dettagli con un’attenzione che ha colpito tutti. Io lo conosco da quando era ragazzino, perché è delle mie parti, ma non credevo fosse maturato tanto. Vasseur (il team manager della Cofidis, ndr) è molto soddisfatto».

Oldani si siede, con il cappellino e una felpa nera. Ha lo sguardo svuotato dalla fatica, per cui ci impegniamo a fare presto. Fra l’altro in serata è prevista una festa di squadra e ci sarà da essere anche brillanti.

Oldani, classe 1998, è passato nel 2020: due anni alla Lotto e due alla Alpecin
Oldani, classe 1998, è passato nel 2020: due anni alla Lotto e due alla Alpecin
Il ritiro è agli sgoccioli, si può fare un primo bilancio del tuo arrivo in Cofidis?

Sono felice, vedo che c’è tanto coinvolgimento. Vasseur mi piace molto e mi piace molto il rapporto che vuole tenere coi corridori. Con Roberto ci conoscevamo da prima, c’è un bel feeling. Si lavora bene, si pianifica tutto bene, si vede che tengono alla tranquillità del corridore. Un esempio: hanno messo giù delle Playstation per giocarci insieme, piuttosto che lasciarci nelle stanze a guardare Netflix. Ci sono tranquillità mentale e i presupposti per fare bene.

Damiani si è detto colpito dalla tua attenzione per i dettagli. Sei sempre stato così?

Ovviamente da ragazzino ero più tranquillo, prendevo le cose alla leggera. Però col tempo, guardando i grandi campioni e come approcciavano le cose, ho capito che i dettagli fanno la differenza. In questi anni ho imparato tanto. Ad alimentarmi e allenarmi, la gestione di corsa e degli allenamenti. Ho messo insieme un bel bagaglio di esperienza di cui avevo bisogno per arrivare in una squadra che mi desse la libertà per gestirmi e andare alle corse con un’ottica diversa.

Stefano Oldani è quello che vinse la tappa di Genova al Giro del 2022 o c’è dell’altro?

Il giorno di Genova mi ha segnato. Indubbiamente finora è stato il giorno più bello della mia carriera. L’obiettivo è dimostrare a me stesso che posso continuare in quella direzione. La cosa bella è che qua ci sono i presupposti: sento l’appoggio di Vasseur e di Roberto che mi sta molto vicino. Condividiamo idee e programmi, ci siamo trovati non so quante volte per parlare dei calendari anche con il mio allenatore.

Un ruolo completamente diverso rispetto a prima…

Prima ero più un numero. Lavoravo per Van der Poel e Philipsen, ora invece mi sento più sostenuto per provare ad alzare l’asticella e puntare anche io a qualcosa di importante.

Da cosa capisci la fiducia?

Faccio un esempio. A gennaio ci sarà un altro ritiro a Calpe. Prima di firmare, ho detto che per me l’altura è importante e che a gennaio vorrei andare sul Teide. E la squadra mi ha lasciato la libertà di andare lassù e preparare bene la stagione. Avrebbero potuto dirmi di no e obbligarmi a venire in ritiro, invece ne avevamo parlato e Vasseur mi ha appoggiato. Stessa cosa con il programma di corse.

Cioè?

Ho proposto la mia idea, con le alture posizionate in maniera strategica. Lui lo ha appoggiato subito insieme a Roberto e mi ha lasciato la libertà di lavorare con tranquillità e nel modo giusto. Per cui a gennaio andrò sul Teide insieme a Sbaragli. Avrei voluto portare un massaggiatore, ma in quell’hotel è stato impossibile trovare una stanza in più.

Anche a gennaio Oldani tornerà sul Teide: qui ad aprile prima del Giro (foto Instagram)
Anche a gennaio Oldani tornerà sul Teide: qui ad aprile prima del Giro (foto Instagram)
Hai parlato di programmi: tornerai al Giro?

No, adesso sono in lista per il Tour. Il Giro l’ho già fatto per quattro volte, ogni anno da quando sono pro’. Così per il prossimo ho detto che tornarci sarebbe stato mentalmente pesante e ho chiesto di cambiare, anche perché il Tour parte da Firenze.

Come ti trovi con la nuova bici?

La Look è molto bella: veloce, leggera e rigida, molto rigida. Ci ho messo un attimo a trovare le misure, ma subito dopo mi sono trovato molto bene. Anche la Canyon era una bella bici, ma era un pelo più pesante. Questa è ancora più leggera, ottima per uno come me che è nel mezzo, tra essere veloce e resistente in salita. La sto usando con ruote Corima e copertoni da 28. Per ora ho provato sia le ruote da 58 che da 47 e preferisco forse quelle da 58 e credo che le userò per tutto l’anno.

Tubeless o copertoncini?

Non abbiamo ancora i tubeless, però il copertone da 28 ci va molto vicino. Ieri ho provato un po’ di pressioni e mi sono trovato bene con 5,8 atmosfere davanti e 6 dietro. Peso 64 chili, in forma sono sui 62, è la pressione giusta.

Oldani è stto tricolore juniores della crono e vuole lavorare sulla specialità
Oldani è stto tricolore juniores della crono e vuole lavorare sulla specialità
E la bici da crono?

L’ho provata proprio oggi, dopo aver fatto ieri la posizione. Ho già una bella posizione, in più da quest’anno l’avrò anche a casa, mentre finora non era stato possibile. E quando ti trovi a fare una crono a tutta senza averla mai usata a casa, non è mai facile. Da junior sono stato campione italiano, perché non lavorarci un po’ pensando alle corse a tappe di una settimana? Quest’anno capiterà certamente di farne. La Tirreno ad esempio…

Pello Bilbao a tutto tondo. Il Tour, la squadra, il Lombardia

22.12.2023
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ALTEA (Spagna) – Pello Bilbao ha una passione sconfinata per il ciclismo. Non è semplicemente il professionista che pedala. E te ne accorgi quando parla, magari anche a microfoni spenti, di corse, corridori, salite… Il basco ha la “colpa” di essere meno appariscente di molti suoi colleghi nel modo di correre e di essere, ma ha una sostanza incredibile.

Primo spagnolo nella classifica UCI, nella top 20 assoluta. E sempre più leader della Bahrain-Victorious, che è pronto a prendere in mano a partire proprio dal prossimo Tour de France. 

Pello Bilbao (classe 1990) si appresta ad affrontare la sua 17ª stagione da pro’. Eccolo al camp di Altea
Bilbao (classe 1990) si appresta ad affrontare la sua 17ª stagione da pro’. Eccolo al camp di Altea
Pello, Giro o Tour quest’anno? E perché uno anziché l’altro?

Penso proprio che quest’anno per me ci sarà il Tour, più che altro per la situazione che abbiamo adesso nella squadra. Ci sono corridori che vogliono puntare più sul Giro e si sentono meno “comodi” al Tour. E quindi ci dobbiamo dividere il lavoro. Io, così come gli altri, devo prendere le mie responsabilità. E poi l’anno scorso è andata benissimo al Tour per me.

E vorresti dare continuità a quel percorso?

Volevo dire proprio questo. E’ questa l’idea della squadra e anche la mia. Mi spiace dire no al Giro d’Italia. E’ una corsa a cui sono legato e che mi piace molto, ma mi sembra difficile arrivare al 100 per cento al Tour passando per il Giro. L’ho fatto in passato, ma avevo un ruolo diverso (in supporto a Landa o Caruso, ndr). E poi vorrei anche provare a fare la Vuelta, cosa che non ho più fatto negli ultimi anni. La cosa migliore sarebbe fare Giro e Vuelta, chiaramente.

Hai fatto un discorso molto chiaro, però al Giro non avresti più opportunità di vittoria? Il prossimo anno poi c’è un buon percorso per te.

Il livello che hanno Vingegaard o Pogacar è impossibile da raggiungere, ma sul podio ci sono tre posti e credo che anche vincere il Giro sia impossibile. Mentre il podio mi sembra un obiettivo più fattibile.

Il basco, a sinistra in prima fila, è sempre più leader del team (foto Bahrain Victorious)
Il basco, a sinistra in prima fila, è sempre più leader del team (foto Bahrain Victorious)
Cosa ti piace del percorso del prossimo Tour?

Se mi metto ad analizzare il percorso di Giro e Tour, magari scelgo il Giro! Non ho fatto questa scelta pensando al percorso ma, come detto, soprattutto per esigenze di squadra. Però, per esempio, al Tour c’è la tappa di sterrato che mi dà grande motivazione e che può lasciare spazio a delle sorprese, immaginando che la corsa sia più difficile da controllare.

Senza il tuo “fratello basco”, Mikel Landa, ti senti più solo? Cambiano molto le cose per te?

Tante volte voi giornalisti avete provato a creare polemica tra di noi. Chi deve lavorare per chi? Chi è più forte? Ma ci sta, fa parte del gioco. Io credo che alla fine il nostro rapporto sia sempre stato buono. Ci siamo aiutati a vicenda. Tante volte uno ha tolto pressione all’altro. Sicuramente Mikel mancherà alla squadra, tanto più che non arriverà un corridore del suo livello e tutti noi avremmo più lavoro da fare. Più responsabilità.

Gino Mader: tu e lui eravate legatissimi. Durante l’anno hai portato avanti la sua opera di beneficienza ambientale. Continuerai a fare qualcosa?

Non ho un’idea precisa, per ora. La sua storia è per me una lezione di vita e Gino resterà sempre dentro di me. Lui è stato un’ispirazione per vedere il mondo da un diverso punto di vista. Noi siamo dei riferimenti per molta gente, per molti ragazzi, e dobbiamo dare l’esempio. Dobbiamo fare qualcosa per gli altri anche oltre lo sport. Ed è vero: adesso sento più responsabilità in questo senso. Gino era una persona speciale, sempre molto preoccupata per gli altri, qualcosa dovrò fare dunque.

Pello è piuttosto veloce e può pensare anche a qualche classica, anche se lo scorso anno a San Sebastian è stato battuto da Evenepoel (più fresco)
Pello è piuttosto veloce e può pensare anche a qualche classica, anche se lo scorso anno a San Sebastian è stato battuto da Evenepoel (più fresco)
Torniamo al ciclismo tecnico, Pello. Sei molto forte in salita. Ma sei anche piuttosto veloce. Non pensi mai anche a qualche classica?

Sì, ci penso. Nelle ultime stagioni mi sono concentrato più su grandi Giri e corse a tappe. Non sono stato capace di arrivare mai al 100 per cento alle Ardenne. E non so perché. Tante volte mi ero preparato al meglio per i Paesi Baschi, che sono a ridosso di Freccia e Liegi, poi salivo in Belgio e le cose non andavano bene. Altre volte, quando preparavo il Giro, anziché fare le Ardenne preferivo fare bene al Tour of the Alps. Quindi sì, ci penso, ma c’è anche tanto lavoro da fare. Così come per il Lombardia.

Altra classica dura…

Alberto Volpi, che che da quest’anno non è più con noi, mi diceva sempre che il Lombardia era la corsa perfetta per un corridore come me. Magari quest’anno è la volta buona che allungo la stagione e provo a puntare ad una corsa tanto bella quanto importante come il Lombardia appunto. Quindi direi che sia la Liegi che il Lombardia sono due obiettivi. Più Lombardia che Liegi. La Doyenne mi sembra più adatta a corridori come Remco, che riesce a scappare via da solo. Io sono più per arrivi con gruppetti ristretti.

Ultima domanda, Pello: come mai parli così bene l’italiano?

Non so se lo parlo davvero bene – ride Pello – alla fine ho avuto tanti compagni italiani e così come tanti dello staff. Ho iniziato a parlare italiano ai tempi dell’Astana. Scarponi è stato il mio primo maestro. E poi mi piace perché tutto sommato è una lingua abbastanza facile da capire per uno spagnolo.

Alari: un altro italiano (giovane) alla corte di Cancellara

21.12.2023
5 min
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Gli allenamenti di Samuele Alari proseguono sui rulli a causa del buio che l’inverno porta con sé. Gli facciamo compagnia per gli ultimi minuti e intanto scopriamo il secondo italiano, dopo Juan David Sierra, che andrà a correre nella Tudor Pro Cycling U23

«Finisco scuola alle 13 – ci racconta il bergamasco, in apertura nella foto Tudor Pro Cycling U23 dal ritiro di ottobre – e quando devo fare 4 ore di allenamento le divido tra strada e rulli. Mi trovo bene a lavorare da fermo. Alcuni esercizi, come gli interval training o le ripetute, escono anche meglio visto che non c’è il traffico che condiziona».

Ti stai già allenando con i programmi della nuova squadra?

Mi seguono loro da quando ho ripreso dopo l’incidente, quindi da settembre/ottobre. Mi confronto con il mio preparatore di riferimento: Jens Voet. Lui segue una parte dei ragazzi del Devo Team, me compreso. 

Che tipo di infortunio hai avuto?

Ho rotto il bacino a metà luglio, in cinque punti. Sono rimasto a letto per due mesi, è stato un periodo davvero duro, dove però ho capito tante cose. Ero fermo mentre si correvano mondiali ed europei a cronometro. Mi è dispiaciuto, perché a cronometro vado forte e mi sarebbe piaciuto testarmi su un palcoscenico del genere. 

Hai terminato la stagione a luglio, quindi il contatto con la Tudor è stato precedente all’estate?

Ci siamo sentiti poco dopo il Tour de Gironde (corso con la rappresentativa della Lombardia, ndr). Sarà stato tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. Ho parlato con Boris Zimine, che è il capo del Devo Team. Abbiamo fatto prima una chiacchierata e poi è arrivata la proposta, ho firmato nel periodo in cui ero a casa. 

Per la sua crescita sono state importanti anche le esperienza con la nazionale di Salvoldi
Per la sua crescita sono state importanti anche le esperienza con la nazionale di Salvoldi
Hai fatto qualche test?

Nessuno. Hanno voluto visionare i dati degli allenamenti e quelli delle gare. Si sono messi ad analizzare tutti i numeri. 

Come sei entrato in contatto con loro?

Grazie al mio procuratore: Massimiliano Mori e grazie al mio diesse alla S.C. Romanese: Redi Halilaj (squadra dove ha corso nei due anni da junior, ndr). Ero convinto di voler andare all’estero, ne avevo già parlato con Mori. Volevo trovare una squadra con la filosofia di crescita giusta e la Tudor è stata una scelta oculata. Ci sono stati contatti anche con altre squadre straniere e con qualche continental italiana. Ma la Tudor era quella a cui ambivo. 

Il contatto con la Tudor è arrivato dopo il Tour de Gironde corso con la rappresentativa della Lombardia (foto DirectVelo)
Il contatto con la Tudor è arrivato dopo il Tour de Gironde corso con la rappresentativa della Lombardia (foto DirectVelo)
Sei arrivato tardi al ciclismo su strada, solo da allievo di secondo anno, come mai?

Questa è stata la mia terza stagione su strada, prima correvo in mountain bike. Ho iniziato fuoristrada perché i miei genitori avevano la passione e mi portavano a pedalare. Vicino a casa mia (Telgate, in provincia di Bergamo, ndr) c’era una squadra e ho iniziato a correre da G6. La strada è arrivata dopo, come un gioco. Mi hanno fatto provare e mi sono appassionato, per me il ciclismo è sempre stato un divertimento.

Com’è andato l’adattamento?

All’inizio ho fatto fatica, quasi non sapevo andare in bici. Poi gli allenatori della squadra mi hanno insegnato tante cose: come guidare, a sentire il mezzo… Così ho imparato. Da juniores, quindi negli ultimi due anni, ho imparato tanto con Redi Halilaj. Tra me e lui c’è sempre stato un grande rapporto, anche al di fuori della bici. Ci sentiamo spesso. E anche adesso che passo alla Tudor, continuerò a sentirlo. I suoi consigli per me sono preziosi. 

La cronometro nella sua breve carriera su strada è stata l’ennesima sorpresa
La cronometro nella sua breve carriera su strada è stata l’ennesima sorpresa
I due anni da junior come sono andati?

Bene, ho imparato molto. Subito al primo anno, nel 2022, è arrivata anche una convocazione con la nazionale, a conferma del lavoro ben fatto. Nel 2023, fino all’infortunio, la crescita è proseguita sugli stessi livelli. Non ho mai avuto grandi aspettative, mi piace allenarmi e lavorare, questo sì. 

La cronometro, dove vai molto forte, come è arrivata?

Mi ha sempre affascinato come disciplina. Mi piace Remco Evenepoel, e lui a crono è una freccia (nonché il campione del mondo in carica, ndr). Ho voluto “imitarlo” e provare anche io. Mi sono reso conto di andare forte, anche senza allenamenti specifici. Una volta arrivate le prima conferme ci ho lavorato tanto. 

Una foto di tutti i ragazzi che comporranno la rosa della Tudor Pro Cycling U23 (foto Tudor Pro Cycling U23)
Una foto di tutti i ragazzi che comporranno la rosa della Tudor Pro Cycling U23 (foto Tudor Pro Cycling U23)
Alla Tudor c’è un ex cronoman come Cancellara, ti potrà guidare anche lui…

Fabian l’ho conosciuto al ritiro del mese scorso. Non ci ho parlato tanto, perché mi sono interfacciato con i responsabili del Devo Team. Però la mentalità che c’è alla base della squadra si intuisce. Anche come squadra hanno una filosofia di crescita continua nel tempo. Con loro ho visto il naturale proseguimento del percorso che ho intrapreso da juniores.

Il genio di Cavendish, la lucidità di Morkov: non manca nulla

21.12.2023
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ALTEA (Spagna) – Era il 29 giugno del 2021 quando sul traguardo di Fougeres Mark Cavendish vinse la quarta tappa del Tour. Erano passati cinque anni dall’ultima volta e in mezzo il velocista ne aveva passate i tutti i colori. Neanche doveva andarci a quel Tour: riprendendolo come per fargli un favore, Lefevere lo aveva escluso categoricamente. Poi Sam Bennett ebbe problemi a un ginocchio, mentre Mark continuava a vincere corse, così il manager belga decise di dargli fiducia, riaprendo il libro della storia. Fra le prime braccia in cui Cavendish si perse dopo quella prima tappa, ci furono quelle di Michael Morkov, il suo ultimo uomo. Dopo Fougeres, Mark vinse altre tre tappe, ugualmente pilotato dal danese che a Tokyo di lì a poco avrebbe vinto l’oro olimpico della madison.

Perciò, quando si è trattato di affrontare la sfida del record del Tour (avendo già appaiato Merckx a quota 34 vittorie a Carcassonne, foto di apertura con Morkov che lo lancia), Cavendish ha chiesto che l’Astana prendesse proprio il danese. La sua permanenza alla Soudal-Quick Step rischiava di perdere interesse, data la partenza di Jakobsen. E alla fine Vinokourov ha avuto la meglio anche rispetto all’offerta della Ineos Grenadiers, scesa in campo in sostegno di Viviani. I due correranno insieme fino al Tour, partendo da un ritiro e dal Tour Colombia che nel 2019 fu a dir poco balsamico per Alaphilippe.

In ritiro si parla di materiali: qui Morkov con Francesco Sergio, parlando del passaggio da Shimano alle scarpe Nibmb
In ritiro si parla di materiali: qui Morkov con Francesco Sergio, parlando del passaggio da Shimano alle scarpe Nibmb

Morkov ci raggiunge al piano rialzato della hall. Scherzando, dice che parla anche un discreto italiano, ma preferirebbe l’inglese, a meno che il nostro danese non sia migliorato fino a livelli accettabili. Si ride e poi si parte. Morkov ha 38 anni. Gli stessi di Cavendish.

Che cosa significa per te tornare con Mark?

Beh, è emozionante. E’ uno dei migliori velocisti con cui abbia lavorato. L’Astana sta facendo davvero un grande lavoro per sostenere lui e il gruppo di cui faccio parte. Avere un team intero entusiasta del fatto che “Cav” vinca un’altra tappa fa bene a tutti.

E’ solo un ottimo sprinter o anche un buon amico?

A volte è difficile dividere le due sfere. Si può dire che siamo amici, perché lui si è fidato di me al 100 per cento ed è per questo che sono entusiasta di correre di nuovo con lui. Un progetto così non lo vedi spesso nel ciclismo. Il più delle volte, pensando al Tour, le squadre si concentrano sugli scalatori e il velocista deve lottare per trovare posto in squadra. Invece l’Astana sta davvero supportando Mark al 100 per cento e questo vale anche per me.

UAE Tour del 2022, Cavendish ha già saputo che Lefevere non lo porterà al Tour. Morkov è dalla sua parte
UAE Tour del 2022, Cavendish ha già saputo che Lefevere non lo porterà al Tour. Morkov è dalla sua parte
In che modo vi sta sostenendo?

Abbiamo un ottimo calendario, con ritiri e programmi di gara. Ho la sensazione che gli sponsor tecnici spingano al limite per fornirci i migliori materiali. Mi sento davvero fortunato a far parte di questo gruppo.

Ballerini ci ha detto che avete ricreato una sorta di Wolfpack alla kazaka. Ci sono corridori che vengono dalla Quick Step e anche l’allenatore Anastopulos.

E’ importante soprattutto per me che cambio squadra. Vasilis è un grande riferimento, con lui ho già lavorato e anche con Ballerini, che ha contribuito alle vittorie del 2021. Ma ancora più importante è stato capire la vera disponibilità nel prendere nuovi corridori e sposare nuove idee per supportare uno sprinter come Mark

Cosa ricordi dell’ultimo Tour con lui?

Nessuno poteva credere a quello che stava succedendo. E’ stata un’avventura estrema, perché dovevamo andare con Sam Bennett che poi si è infortunato. Mark è arrivato all’ultimo momento e penso che nemmeno lui credesse di poter vincere una tappa. Poi arrivammo al quarto giorno e vinse in modo molto netto. E’ andata avanti così per tre settimane, come in una sorta di sogno che, vincendo gli sprint intermedi, lo ha portato a Parigi con quattro tappe e la maglia verde. Che si faccia la storia oppure no, vincere al Tour è il livello più alto ed è una grande gioia.

Morkov con Lasse Norman Leth nella madison di Glasgow 2023: un quinto posto sulla strada di Parigi
Morkov con Lasse Norman Leth nella madison di Glasgow 2023: un quinto posto sulla strada di Parigi
Che differenze ci sono tra Mark e Jakobsen secondo te?

A essere sincero, sono un po’ deluso dagli ultimi due anni di lavoro con Fabio. Lui mi piace davvero e ho provato a farlo funzionare, ma non ci siamo mai riusciti. Se guardo al passato, Viviani è stato un grande velocista per me, sapeva davvero come utilizzarmi nel miglior modo possibile e abbiamo raggiunto dei grandi successi. Lo stesso con Bennett e Cavendish, il cui talento più grande è la capacità e l’intelligenza nell’usare la sua squadra. Lo ha fatto per tutta la sua carriera, prima con Renshaw. So che lo renderò migliore, ma che lui renderà migliore me.

Dopo il Tour tornerà l’obiettivo olimpico?

Certamente. Lottare per la madison è un grande obiettivo. Il 2021 fu magico anche per questo. Prima vincemmo al Tour, poi andai alle Olimpiadi e vinsi quella medaglia d’oro. Sarebbe un sogno ripetersi, per questo già dalla scorsa stagione lavoro sodo anche in pista. Finito il Tour, ci saranno quasi tre settimane. Ricordo che nel 2021 ero così concentrato sulla pista che il passaggio dalla strada funzionò benissimo e il Tour si rivelò per me la migliore preparazione.

Cavendish agli occhi di Morkov è sereno e molto determinato nella rincorsa al Tour (foto Astana)
Cavendish agli occhi di Morkov è sereno e molto determinato nella rincorsa al Tour (foto Astana)
Che differenze vedi fra il Cavendish di oggi e quello nello stesso periodo nel 2020?

La coincidenza è che anche allora eravamo in questo hotel, perché il Suitopia Suites in cui la Quick Step va da anni, era chiuso per il Covid. Anche allora dividevamo la camera ed è proprio la stessa di adesso. Perciò stare qui mi porta alcuni bei ricordi. Lo vedo meglio oggi, soprattutto sul piano psicologico. Sembra stare molto bene e sembra felice. Penso che ci stiamo godendo il momento con la squadra, non ci sono le pressioni di quella volta e percepiamo il sostegno. In più lo vedo pedalare davvero bene e questo mi dà fiducia.

100KM madison, a Copenaghen una sfida d’altri tempi

21.12.2023
5 min
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A Copenaghen lo chiamano l’appuntamento di Capodanno, è la 100KM Madison del 28 dicembre prossimo. Una prova pressoché unica, quanto affascinante. Cento chilometri in pista. Sembra un’assurdità, una follia… Adriano Baffi nella sua lunga carriera su pista ne ha fatte decine. «Dunque ho fatto 16 Sei Giorni di Zurigo, quindi come come minimo ne ho messe nel sacco 32…».

In basso Adriano Baffi (classe 1962). Il cremasco ha corso fino al 2001. La pista era la sua seconda casa
In basso Adriano Baffi (classe 1962). Il cremasco ha corso fino al 2001. La pista era la sua seconda casa

Evento unico

L’ex stradista e pistard, ora uno dei direttori sportivi della Lidl-Trek, ci guida nella scoperta di questa particolare prova su pista. Sede dell’evento, la Ballerup Super Arena, anello da 250 metri.

«Di certo – dice Baffi – è un evento un po’ anacronistico. Oggi siamo in un momento in cui tempi e distanze delle gare si stanno riducendo sempre più. In carriera ne ho fatte molte di 100KM, ma perché una volta si facevano nell’ambito delle Sei Giorni. E si facevano soprattutto nella seconda parte della settimana». 

A Gand, Sercu ci spiegava come oggi le gare siano tutte più brevi, ma la richiesta delle madison, o americane resta sempre forte. Solo che una 100KM non è facile da inserire nel programma ristretto e “schizofrenico” di una kermesse come la Sei Giorni. «Di 100Km ne ho fatte molte a Zurigo e spesso erano anche ad handicap». Insomma corse vere.

Ma quel che più ci ha incuriosito di questo format sono la preparazione e la gestione. Come ci si alimenta? Come si beve? Non è così scontato. Specie nel ciclismo di oggi che dà, giustamente, molta attenzione a questo aspetto strettamente legato alla prestazione.

«La gestione parte dalla scelta del rapporto – spiega Baffi con passione – dato che sei in pista, dunque hai il rapporto fisso, non puoi cambiare. Solitamente perciò si tende ad utilizzare un dente più leggero rispetto a quello che sceglieresti in una madison normale. Questo ti consente di durare più a lungo. Ma è in una 100KM che davvero emerge il più forte. E il più forte in una madison non è solo chi ha più gamba. Servono occhio e concentrazione fino alla fine. E non facile».

Il velodromo Ballerup Super Arena misura 250 metri. In gara 16 coppie, sia tra le donne che tra gli uomini
Il velodromo Ballerup Super Arena misura 250 metri. In gara 16 coppie, sia tra le donne che tra gli uomini

Dal biberon alle malto

Baffi parla poi dell’alimentazione. Lui è figlio dei suoi tempi e quasi “sminuisce” questo aspetto. Fa capire che ai suoi tempi ci si organizzava prima e che tutto sommato una gara così dura un paio d’ore, non moltissimo.

«Si sfrutta il supporto che si ha a bordo pista. Una volta c’era il biberon – dice Baffi – sì, avete capito bene, quello per dare il latte ai bambini. L’acqua non può stare dentro le borracce o nei bicchieri. Assolutamente non deve cadere sulla pista. Si prende quel sorso durante il “riposo”, cioè mentre si aspetta il cambio dal compagno. Oggi, che invece si usa l’alimentazione liquida tutto è un po’ più pratico. Con le malto bevi e mangi al tempo stesso».

E’ chiaro che un evento così unico e raro non possa prevedere una preparazione specifica. Semmai servono più delle attitudini. Baffi spiega come un pistard che fa velocità, non potrebbe mai fare una 100KM. E neanche una madison standard di un’ora o di 40′ come spesso durano oggi

«I candidati alla vittoria calano di molto. Se in una madison di un’ora possono esserci 10 pretendenti, in una 100KM ce ne sono cinque. Devi essere abituato a stare due ore su una bici da pista con rapporto fisso.

«Quindi a stare sempre in pressione con spalle, braccia, collo… qualcosa che si sviluppa con le ore di allenamento nel suo insieme. Però non è che senti quella stanchezza che ti fa crollare o ti fa male il braccio del cambio: c’è l’adrenalina della gara che ti sostiene. Almeno per me era così».

«Una delle Sei Giorni più belle e che aveva la 100KM madison era quella di Zurigo, come accennavo. Il velodromo era sempre pieno ed era una vera festa. Io venivo dalla strada e quando sapevo che c’erano da fare 400 giri non mi scomponevo, mentre altri pistard, più specialisti, prendevano un po’ di paura. C’era quel senso di avventura, si aveva la consapevolezza di fare qualcosa di diverso dal dal solito».

Qui, Scartezzini e Viviani in azzurro. Entrambi sono annunciati a Copenaghen. «Sto meglio che a Gand», ha detto “Scarte”
Qui, Scartezzini e Viviani in azzurro. Entrambi sono annunciati a Copenaghen

Italiani a Copenaghen

Nella 100KM madison di Copenaghen vedremo anche un po’ d’Italia. Ci sarà Michele Scartezzini, che correrà in coppia con il danese Matias Malmberg. E forse ci saranno anche Simone Consonni ed Elia Viviani, i quali dovrebbero correre insieme. E anche tra le donne sono annunciate Silvia Zanardi, in coppia con Karolina Karasiewicz, e Francesca Selva, in coppia con Amalie Winther Olsen.

«Qualche giorno fa – dice Baffi – abbiamo parlato con Marco Villa sul discorso dell’utilità di fare queste gare. Comunque danno qualcosa, sono un allenamento. In questo caso poi si va a correre in Danimarca, dove l’attività su pista è rinomata e fatta in un certo modo. E’ uno show diverso per la gente che sicuramente sarà presente in massa».

Per dare un’idea, i biglietti partono da 220 corone danesi, cioè 29,5 euro, e arrivano fino a 5.210 corone, cioè 699 euro. 

Il guardaroba di un pro’: apriamo la scatola con Mosca

21.12.2023
5 min
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CALPE (Spagna) – Jacopo Mosca fa quasi fatica, anzi senza quasi, a sollevare lo scatolone del vestiario che Santini gli ha inviato. «E non è l’unico», aggiunge il corridore della Lidl-Trek.

Mosca ci apre la porta della sua camera. Quando ci aveva accennato alla quantità di materiale arrivatogli, quasi non ci credevamo. E allora grazie alla sua disponibilità e alla sua simpatia ci ha mostrato le prove: quel che diceva era vero.

Quanti capi ci saranno in tutto, Jacopo?

Il numero preciso non lo so, anche perché come vedete sono davvero tanti capi. E’ tanta roba, ma se cadi…

Facciamo gli scongiuri insieme?

Okay! Scherzi a parte, la scelta è ampia perché ci sono capi per ogni condizione ambientale. E quando dico ogni, intendo proprio tutte le condizioni ambientali. Da questo scatolone, fa ridere dirlo, ma veramente mancano tante cose.

Tipo?

Per esempio, non ci sono ancora gli “sprint suits”, cioè i body da gara, e anche quelli a crono. Ci deve arrivare un altro scatole, magari non così grande ma quasi. E non ho visto le mantelline, quindi vuol dire che sono in arrivo anche quelle.

Proviamo a fare un inventario di questa prima fornitura?

Normalmente riceviamo cinque maglie estive che sono più traforate, cinque maglie normali, molti più pantaloncini, quattro maglie pesanti, quattro maglie primaverili a manica lunga. Queste le utilizziamo moltissimo, specie in questo periodo. E specie io che reggo bene il freddo. Se le abbini ad un buon intimo e ad uno smanicato pesante o normale a seconda dei giorni, è il set che utilizzo per la netta maggioranza delle volte. E sotto indosso una calzamaglia normale, ma non quella da freddo estremo. Poi metto anche uno scaldacollo e un cappellino da mettere sotto il casco.

E i guanti?

Uso i guanti solo proprio in casi estremi. Non li amo molto a dire il vero. Sotto a cinque gradi inizia a darmi fastidio stare senza guanti, mettiamola così. Non raramente torno a casa con le mani congelate ed Elisa (Longo Borghini, la moglie, ndr) può testimoniare.

Torniamo all’inventario…

Vedo anche due calzamaglie invernali, altre due per le giornate di pioggia che sono più impermeabili. E poi la vera quantità sono i calzini. Ma va considerato che noi abbiamo i calzini bianchi e secondo me un po’ questo incide.

Perché?

Perché se si sporcano col fango, con la terra non tornano mai pulitissimi e non è bello. E poi comunque oggettivamente ne usiamo tanti. Il calzino è un capo importante.

Scusa Jacopo, ma se ogni anno vi danno tutto questo materiale dove lo riponete?

Abbiamo dovuto comprare un armadio nuovo, specifico solo per il vestiario. Con Elisa, essendo lei campionessa italiana, non si mischiano le cose! Ma non è facile sistemarle tutte.

Giusto. Come li dividete?

Io sono il caos totale! Sono ordinato al primo utilizzo, poi mi perdo. L’armadio di Elisa è più ordinato. Mi piace avere un cassetto per le maglie, uno per salopette e calzamaglie e un cassetto che io chiamo “da freddo”, dove ripongo i capi più pesanti che poi sono anche quelli un po’ più ingombranti. E poi in realtà ho anche un quarto scomparto, quello degli accessori, dove ripongo guanti, scaldacollo, cappellini…

Hai parlato di primo invio… durante l’anno vi arrivano altre cose dunque?

Può succedere che cambino le maglie, come quest’anno. O come nel 2022 quando ci fu il 150° anniversario di Pirelli che, cambiando il logo, ci ha fatto ricevere una fornitura extra da Santini. Ma questa l’abbiamo avuta solo noi che eravamo al Giro d’Italia. O per il Tour, dove spesso cambiamo la maglia. Ma comunque se abbiamo bisogno di qualcosa, in squadra abbiamo una referente a cui chiedere eventuali capi e ci arrivano. Un rimpinguo può esserci anche se, per esempio, viene fatto un body più performante per la crono: ecco che dopo un po’ ci arriva la nuova versione.

Prima ti abbiamo visto parlare con altri colleghi per il trasporto di questo materiale sull’aereo. Sembra una cosa banale ma come fate? Pagate un imbarco extra?

Questo è un discorso molto complesso. Rispondo con un esempio. Al primo ritiro che feci con questa squadra nel 2019 arrivai con un trolley e uno zaino e mi sono ritrovato “col mondo”. Tornare fu un problema. Dopo ho imparato che devi partire con una valigia grande più scarica possibile. E comunque non basta. Per riportare tutto servono due ritiri. Qui per esempio lascerò su uno dei mezzi del team, il vestiario che userò nel prossimo ritiro a gennaio. In questo modo, oltre a tornare adesso con meno capi, non ne dovrò portare altri la prossima volta. Pertanto potrò ancora viaggiare con la valigia scarica. Ma questa è esperienza che si acquisisce con gli anni. 

Ayuso e il Tour, un viaggio fra sogno e ambizione

21.12.2023
5 min
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LA NUCIA (Spagna) – A margine delle parole di Pogacar lanciato verso la doppietta Giro-Tour, Juan Ayuso ha osservato curioso la scena, cercando di capire cosa si provi ad essere al centro del mirino. Questi posti li conosce a menadito, perché qui è cresciuto. Il quarto posto dell’ultima Vuelta ha seguito il podio del 2022, in seguito al quale però lo spagnolo si era dovuto fermare per una tendinite che non voleva passare. Forse anche per questo è partito al rallentatore, avendo nel programma il debutto al Tour de France. Assieme a Yates, Almeida e Soler farà parte della guardia scelta per il capitano sloveno.

«Penso che il prossimo anno sia il momento giusto per provare il cambiamento – dice – anche se il risultato della Vuelta non è stato eccezionale. L’ultima è stata peggiore della prima, ma credo che ugualmente sia stata un passo avanti. Spero e credo che quest’anno migliorerò ancora e questo mi fa pensare che io sia pronto per debuttare al Tour. Quando ho iniziato ad andare in bici, il sogno è sempre stato il Tour, guardando Contador, Valverde e Purito. Essere lì come loro e lottare per tirare fuori il meglio senza dubbio è una grande motivazione e una speranza».

Ayuso ha chiuso la Vuelta 2023 al quarto posto, il primo dietro i tre della Jumbo Visma
Ayuso ha chiuso la Vuelta 2023 al quarto posto, il primo dietro i tre della Jumbo Visma
Come procede la preparazione?

Sono indietro, ho iniziato con 3 settimane di ritardo, ma nonostante questo mi sento meglio dello scorso anno, quindi sono davvero felice. Se tutto va come nei piani, inizierò la stagione a Jaen e poi farò l’Andalucia.

Che cosa accadrà se Pogacar dopo il Giro avrà un calo e al Tour non sarà performante?

Non credo che succederà, ma se ne avrò l’opportunità, è chiaro che non mi tirerò indietro. Sarebbe una grande opportunità, mi preparerò al meglio per essere nella migliore condizione.

Che cos’è il Tour per te, che ricordi hai? 

Ricordo alcune estati che andavamo sulle Alpi e sui Pirenei. Viaggiavamo con una roulotte e andavamo nelle tappe di montagna per vederli passare. Da bambino avevo le varie maglie di classifica, ma erano troppo grandi perché non c’erano della mia misura. Provare a lottare per loro è il sogno più grande. Ovviamente, cercherò di vincere una tappa, se le circostanze lo consentiranno. Sarebbe un’emozione grandissima. Ho visto con sana invidia la vittoria di Carlos Rodriguez.

La vittoria di Carlos Rodriguez a Morzine ha ingolosito Ayuso: i due sono rivali sin da piccolini
La vittoria di Carlos Rodriguez a Morzine ha ingolosito Ayuso: i due sono rivali sin da piccolini
Hai parlato degli spagnoli più forti degli ultimi anni: com’è doverli sostituire?

Ci hanno lasciato un compito difficile. Abbiamo avuto delle vere leggende come Valverde, Purito e Contador, un divario difficile da colmare. Però sarà bello provarci con Carlos e con Arrieta, che è qui con noi alla UAE Emirates, e con diversi giovani che stanno uscendo ultimamente.

Cosa ti pare di questi juniores che passano e sono già così professionisti?

La mentalità che avevo da junior di primo anno non era ancora da corridore. L’anno dopo, quando ho firmato il contratto, ho cominciato a rendermene conto. Quando ho vinto il campionato spagnolo ho cominciato a pensare che sarei potuto diventare un corridore. Qui ci sono tanti giovanissimi e hanno un modo di lavorare che anni fa non c’era. I ragazzi della generazione Z fanno le stesse cose di noi professionisti. Ma sto bene come sono, non mi lamento.

La voglia di vincere è passata?

Quando ero piccolo, volevo vincere sempre e quando perdevo la prendevo male e facevo i capricci. Per quello sono migliorato un po’, anche perché adesso perdo più volte di quante vinca, perciò non mi arrabbio più così tanto. D’altra parte, ho un approccio più maturo con il lavoro. Sto sacrificando la mia vita cercando di dare sempre il massimo. Cerco di spingermi oltre il limite, poi una volta fatti tanti sforzi, l’ambizione ovviamente è essere il migliore. Lo otterrò? Non lo so, ma è la motivazione per fare tutti questi sacrifici.

Ayuso ha 21 anni: è passato pro’ a giugno 2021. E’ alto 1,83 e pesa 65 chili
Ayuso ha 21 anni: è passato pro’ a giugno 2021. E’ alto 1,83 e pesa 65 chili
E se un domani ti rendessi conto di non poter essere il migliore?

Sinceramente adesso che ho 21 anni, non mi passa nemmeno per la testa l’ipotesi di non riuscire. Penso solo a una cosa che è vincere ed è chiaro che se fra cinque anni vedrò che gli obiettivi che mi ero prefissato sono irreali e non riesco a raggiungerli, allora ovviamente dovrò cambiare il chip e vedere dove voglio arrivare.

A parte il Tour, quali sono i tuoi obiettivi 2024?

Vincere tutte le gare cui prenderò parte. Speriamo di iniziare la stagione senza problemi e poi qualunque sia la gara che verrà fuori, ci proverò, perché cercare di vincere è quello che faccio meglio.

Che effetto fa pensare che il tuo primo Tour non finirà a Parigi?

Ci ho pensato un po’ ed è un po’ strano. Non proverò la sensazione di pedalare sugli Champs Elysées, ma è anche bello pensare che sarà la prima volta che si finisce a Nizza. Se riuscirò a finirlo, cosa niente affatto scontata, la sensazione sarà comunque enorme. Avrò altre occasioni per arrivare a Parigi, magari proprio con le Olimpiadi (ride e spiega di averle ben chiare nel mirino, ndr).

Il programma 2024 prevedeva il debutto al Giro, ma la scelta di Pogacar ha fatto rivedere i piani
Il programma 2024 prevedeva il debutto al Giro, ma la scelta di Pogacar ha fatto rivedere i piani
Sei nel ciclismo professionistico da poco, sapresti scegliere qual è il meglio e quale la cosa peggiore dell’essere un ciclista?

Bella domanda. Penso che la parte migliore sia tutto quello che viviamo, il fatto che il sacrificio corrisponda a una passione e non lo senta come un lavoro. La cosa migliore è vivere dei tuoi sogni, di ciò che desideri da quando avevi 7 anni. Alla pari con questo, è bellissimo anche alzare le braccia in qualsiasi gara. La parte peggiore, guardando il calendario, è che starò per 4-5 mesi senza mettere piede in casa, tra il Tour e altri ritiri. Stare lontano dalla famiglia e dai tuoi cari è la cosa più difficile.

Sei arrivato terzo e quarto alla Vuelta. Ti rimane la sensazione che tornandoci potresti fare meglio?

Ho fatto la Vuelta per due anni di fila e quando ho firmato per la squadra, il piano è sempre stato quello di debuttare al Tour. Quest’anno si era pensato di fare il Giro, ma visto come sono andate le cose e come mi sentivo, ho detto alla squadra che volevo andare direttamente al Tour. Quest’anno si va al Tour, ormai nella mia testa c’è solo quello.