La prima gara del 2024 di Alessandro Fancellu, con indosso i nuovi colori del team Q36.5 Pro Cycling, ha lasciato intravedere un lieve raggio di sole. Al Tour of Antalya, che ha parlato tanto italiano, c’è stato spazio anche per il comasco. Un terzo posto di tappa, nell’ultima frazione, e il decimo posto finale sono una base buona dalla quale ripartire dopo anni difficili. Il suo diesse nella professional svizzera, Gabriele Missaglia, lo sa bene. A lui, lombardo come Fancellu, è stato riservato il compito di far tornare il ragazzo suoi suoi livelli.
«Fancellu – racconta dalla Vuelta a Andalucia – è stata l’ultima firma per il team del 2024. Lui era nei nostri pensieri durante gli ultimi sei mesi del 2023, poi con un susseguirsi di cose si sono liberati dei posti ed è arrivato da noi. E’ una scommessa, dobbiamo e vogliamo riportare Fancellu sui suoi livelli, ci crediamo. Soprattutto noi della parte italiana del team».
La volata dell’ultima tappa all’Antalya e il terzo posto alle spalle di De Vries e van Den BosscheLa volata dell’ultima tappa all’Antalya e il terzo posto alle spalle di De Vries e van Den Bossche
Il suo 2024 è iniziato bene, almeno in gara…
Sì, per essere il risultato della sua prima gara con noi siamo soddisfatti. Ha avuto degli intoppi durante l’inverno, qualche influenza che lo ha fermato un po’. Considerando gli stop subiti nella fase di preparazione alle corse questa top 10 ci soddisfa. Era da tanto che non vedeva dei risultati del genere in una tappa e nella classifica generale.
Gli ultimi risultati paragonabili a questi sono arrivati al Tour de l’Avenir del 2022.
Un corridore che fa dei risultati del genere all’Avenir (quattro piazzamenti in nove tappe e il sesto posto nella generale, ndr) non può fermarsi così. Purtroppo, concedetemi di dire che le nuove generazioni sono un po’ deboli di testa. Molti ragazzi si fanno influenzare tanto dai dati, ma alla base deve esserci l’attitudine al mestiere del ciclista. La grande differenza tra chi ce la fa e chi no arriva in corsa, quando bisogna superare il famoso momento critico. Se si passa quel livello allora si è tra i primi, altrimenti no.
Sulle rampe di Tahtali Fancellu ha pagato 1’06” dal vincitore PiganzoliSulle rampe di Tahtali Fancellu ha pagato 1’06” dal vincitore Piganzoli
Che idea ti sei fatto su Fancellu?
E’ sulla buona strada, lo vedo con il giusto atteggiamento, si pone in modo positivo. Sta lavorando con Luca Quinti come preparatore, sono contento e fiducioso. Alessandro è un ragazzo che mi piace: è intelligente e ha trovato un ambiente e dei compagni giusti. Di lui ho parlato anche con Basso, prima di prenderlo.
Cosa vi siete detti?
Ivan ha creduto tanto in lui quando Fancellu era alla Eolo. Si augura che da noi possa tornare il corridore che era e raggiungere il suo massimo.
Avete un percorso in testa?
Sono due anni che non riesce a esprimersi, per un motivo o per l’altro. Mi aspetto che ci possa far vedere il suo meglio in sei mesi. Non gli abbiamo messo un calendario troppo impegnativo, alla Valenciana e alla Vuelta a Andalucia non è stato portato. Il Tour of Antalya era una corsa sulla carta più semplice, poi ho guardato i dati e sono notevoli, quasi da WorldTour.
Ad Antalya, Fancellu ha provato a riaprire la corsa nell’ultima tappa, ma non ci è riuscitoIl podio nell’ultima tappa del Tour of Antalya è il miglior risultato da quando è pro’Ad Antalya, Fancellu ha provato a riaprire la corsa nell’ultima tappa, ma non ci è riuscitoIl podio nell’ultima tappa del Tour of Antalya è il miglior risultato da quando è pro’
Vi siete sentiti dopo la corsa in Turchia?
Ci sentiremo più seriamente nei prossimi giorni, ma ho avuto modo di fargli i complimenti via messaggio. Mi è piaciuta tanto la sua risposta: mi ha detto che ha provato a fare il colpaccio (il riferimento è all’attacco nell’ultima tappa, ndr). Sono dell’idea che se un corridore dà il 110 per cento in gara, va a letto soddisfatto, altrimenti la notte fatica a prendere sonno. Lo vedo concentrato.
Da cosa lo capisci?
Dalle sue parole e dall’atteggiamento. Per esempio, dopo il ritiro a Calpe, Fancellu è rimasto in Spagna, a Sierra Nevada, per preparare le gare. Da lì è andato direttamente in Turchia, quindi ci sta che fosse un po’ “imballato”. Vedrete che dai prossimi impegni andrà ancora meglio. Non vedo l’ora di seguirlo dall’ammiraglia.
Tiralongo ce l’ha fatta e da stasera la sua nuova squadra, il Team Bike Sicilia, è realtà. La presentazione al Palazzo del Vermexio in Piazza Duomo a Ortigia (Siracusa) ha dato il via al nuovo progetto del corridore avolano.
I ragazzi si erano già radunati una decina di giorni fa nel resort Agua Beach, sul mare vicino Siracusa, fra Noto e Pachino. Le prime parole Paolo ce le aveva confidate un paio di anni fa, ma i siciliani sono bravissimi a dire e non dire. Ci eravamo perciò lasciati con la promessa che, non appena avesse avuto tutto pronto, saremmo stati i primi a saperlo. E così eccoci qua.
Paolo Tiralongo ha creduto fortemente nel progetto in cui ha coinvolto forze fresche sicilianePaolo Tiralongo ha creduto fortemente nel progetto in cui ha coinvolto forze fresche siciliane
La Sicilia che pedala
Tiralongo ha sempre avuto a cuore le sorti dei ragazzini delle sue zone. Che nel siracusano ci fosse fermento lo aveva capito in occasione della partenza del Giro d’Italia 2022 da Avola verso l’Etna: la sua bravura è stata quella di intercettare le giuste frequenze, proponendo un progetto sportivo e sociale. Gli sponsor che hanno dato sostegno all’iniziativa sono fortemente radicati sul territorio e hanno tutto l’interesse a spingere affinché il ciclismo porti turismo e supporto per le giovani generazioni. E così la macchina si è messa in movimento.
«E’ un progetto che avevo in mente sin da quando correvo – racconta Tiralongo dopo il primo allenamento – perché volevo aiutare questi ragazzi. Per fortuna la tappa del Giro generò l’euforia che mancava. Andammo avanti a parlarne per tutta l’estate e a settembre 2022 decidemmo di partire. L’idea è sempre stata quella di fare la squadra. Però alla squadra sarà collegato tutto quel che riguarda il cicloturismo su queste strade. Vogliamo rilanciare la bicicletta in Sicilia, invogliare la gente a pedalare. Saranno realizzate delle piste ciclabili, alcune sono già in costruzione. Il nostro presidente ha un albergo ed è a capo degli albergatori. Hanno capito l’importanza di questo movimento».
Sulla maglia gli sponsor e il logo della Regione SiciliaMaglie fornite da Dama: sulle spalle c’è Multicar di Amarù, che fornisce le autoAnche la salopette è prodotta da Dama, con il logo Prologo nella parte anteriore della gambaNella parte posteriore del pantaloncino, il marchio Equistasi di Giacomo Frassica, da sempre amico di TiralongoNomi importanti sul fianco destro: ERG e ICS sono due marchi di primissimo piano nazionaleSul lato sinistro, oltre a ICS torna Amrù, che fu a sua volta corridoreSulla maglia gli sponsor e il logo della Regione SiciliaMaglie fornite da Dama: sulle spalle c’è Multicar di Amarù, che fornisce le autoSalopette prodotta da Dama, con il logo Prologo nella parte anteriore della gambaNella parte posteriore del pantaloncino, il marchio Equistasi di Giacomo Frassica, da sempre amico di TiralongoSul lato sinistro, oltre a ICS torna Amrù, che fu a sua volta corridoreNomi importanti sul fianco destro: ERG e ICS sono due marchi di primissimo piano nazionale
Qual è il primo obiettivo?
L’obiettivo per il primo anno sarà crescere come team. Solo poi, si potrà creare un movimento che coinvolga le squadre juniores di qui, affinché continuino a fare ciclismo con il nostro appoggio. Non deve finire tutto al momento di passare U23. Chi se lo merita e ha voglia potrà venire nel nostro team e proseguire l’attività agonistica, restando in Sicilia nel periodo della scuola e venendo su durante l’estate.
La trafila per emergere è la stessa che toccò a te?
Fare il corridore è uguale a quando cominciai io. In Sicilia al momento ci sono poche corse. La più bella, che è anche nazionale, la organizza Salvatore D’Aquila a Monterosso Almo. Per il resto, c’è un panorama di corse piccole per cui a un certo punto si deve partire. Io farò la mia parte, però ci sono altre strutture che devono mettersi a disposizione per far crescere il movimento al Sud Italia. Da Roma in giù non c’è niente.
Chi sono i tuoi sponsor?
Aziende siciliane, importanti a livello nazionale. Penso a ICS Group che realizza pale eoliche, oppure a Dacia Italia che mi dà una grande mano tramite Multicar Amarù, di Riccardo Amarù che a sua volta è stato un corridore. Hotel Il Tiranno è del nostro presidente, mentre Ga.di opera nella produzione diyacht. E poi ho coinvolto vecchi amici con cui sono rimasto in contatto, che non si sono tirati indietro. Tutti imprenditori di qui, insomma, a parte Equistasi che si trova a Milano ed è un’azienda che mi sostiene da tanti anni.
Come li hai convinti?
Sono persone che hanno fatto sport. Chi viene dal canottaggio, chi dal tennis, chi dalla bicicletta. Tutta gente che ha passione e ha apprezzato il progetto. Ci tengo a dire infatti che ci sarà una ricaduta nel sociale, perché abbiamo intenzione di andare nelle scuole a promuovere la bicicletta e lo sport in genere. I ragazzi stanno sempre seduti con telefonini e videogiochi. Rispetto a noi sono più avanti mentalmente, però nel momento di concludere qualcosa, non hanno inventiva. Spento il telefonino, si spengono anche loro e non è bello.
I ragazzi si sono radunati una settimana fa nel resort Agua Beach di NotoI ragazzi si sono radunati una settimana fa nel resort Agua Beach di Noto
Sapendo che nasceva la squadra, hai ricevuto tante candidature?
Ci sono tantissimi juniores a cui ho dovuto dire di no, perché non posso prendere solo giovani. Ho optato per aiutare i ragazzi siciliani e per ora non è una squadra che avrà l’obbligo del risultato. Dobbiamo avere una bella immagine e farci vedere nelle corse cui parteciperemo. Ora l’importante è partire, restando umili e con i piedi per terra. Stiamo calmi, creiamo la struttura e prendiamoci il primo anno per capire se siamo pronti per fare altri passi.
Ci sarà un ritiro al Nord?
Terremo quello della Palazzago, ma sto vedendo per una base in Toscana e ci sarebbe anche un progetto interessante a Parma. Io farò il manager e il direttore sportivo, perché mi piace stare a contatto con i ragazzi, essere presente, seguirli, motivarli, spronarli e soprattutto farli diventare uomini prima che atleti. Tanti sono dei bambini, sono viziati. Ci sono ancora i genitori che ti chiamano quando i figli hanno problemi, una cosa che mio papà non ha mai fatto. Noi stavamo muti, non avevamo pretese: dovevamo solo menare.
Come immagini la struttura del team?
Avremo un preparatore, che è Paolo Alberati. Un meccanico fisso a Palazzago. E come direttore sportivo mi piacerebbe coinvolgere Leonardo Giordani, che ha il terzo livello, ha lavorato con gli juniores e secondo me se lo merita.
Team Bike Sicilia, 2024, squadra di Paolo Tiralongo
Sponsor tecnici?
Team Bike Sicilia, 2024, squadra di Paolo Tiralongo
Abbiamo comprato da Rosario Fina le biciclette Look montate con il 105 elettronico e ruote Corima. Ho provato a cercare uno sponsor, ma il momento non era agevole per una cosa del genere. Vediamo se cambierà l’anno prossimo, quando magari avremo una buona immagine. Dama ci dà l’abbigliamento. Salice i caschi e gli occhiali. Prologo ci dà le selle. Le ammiraglie sono Dacia. Piano piano abbiamo sistemato tutti i tasselli e non è stato facile. Di una cosa sono certo: ora che è venuta fuori la maglia, tanti vedendo quelle scritte si mangeranno le mani.
Come è andato il ritiro?
Bene, siamo riusciti a lavorare molto bene nel Resort Agua Beach, che è diventato anche nostro sponsor. Partiremo dalla Firenze-Empoli e una cosa che posso dire è che non faremo la doppia attività, perché ci sono tanti ragazzi che vanno a scuola e la priorità è che la finiscano. Perciò fino all’estate, i più vecchiotti tireranno la cinghia per dimostrare il loro valore. Sono ragazzi di terzo-quarto anno, sono loro quelli che devono mettersi in mostra. Mi aspetto che siamo protagonisti. Fra i giovani, segnatevi Militello che è andato a fare i test a Montichiari, è un ragazzo di secondo anno ed è molto interessante. Insomma, abbiamo tutto. Non resta che partire.
«Vi confesso che non mi aspettavo la vostra chiamata, però mi fa piacere anche se in questo inizio di stagione non compaio molto negli ordini d’arrivo». Prendiamo in contropiede Martina Alzini che ci risponde in modo divertito, incuriosito e sincero come sempre. Talvolta si può andare oltre i piazzamenti cercando di leggere fra le righe ciò che esprime una gara o una prestazione.
Siamo andati sul sicuro perché Alzini ha sempre qualcosa da dire. Finora ha corso europei, Nations Cup e UAE Tour raccogliendo subito dei riscontri per ciò che sarà il suo 2024. In pista sta provando a rimettersi in gioco su discipline per lei desuete per strappare un biglietto per Parigi 2024. Su strada è alla terza stagione con la Cofidis Women Team, con cui vorrebbe salire un ulteriore gradino di crescita. Di questo ed altro abbiamo chiacchierato con la legnanese, che nel frattempo ha festeggiato i 27 anni in gara negli Emirati Arabi.
Alzini in coppia a Martina Fidanza durante la madison di Nations Cup in Australia. Una disciplina che ha ripreso a fare da poco Alzini in coppia a Martina Fidanza durante la madison di Nations Cup in Australia. Una disciplina che ha ripreso a fare da poco
Com’è nata la tua partecipazione alla Nations Cup visto che il quartetto non c’era?
Ne avevamo iniziato a parlare già da tanto tempo con Villa e Bragato. Principalmente l’anno scorso Marco (il cittì Villa, ndr) mi aveva chiesto di fare qualche gara di gruppo in vista di quest’anno. Ero sia stimolata che spaventata perché era un po’ che non ne facevo. Così mi sono confrontata anche con Martina Fidanza con cui avrei dovuto fare la madison e mi sono resa disponibile per andare giù ad Adelaide. Compatibilmente agli impegni con le nostre squadra, tra gli europei e il viaggio in Australia ci siamo trovate a Montichiari per qualche allenamento.
Che effetto ti ha fatto prepararti per questa disciplina?
Innanzitutto dovevo raccogliere i punti necessari per farla. Li avevo ottenuti agli italiani di Fiorenzuola dove Martina ed io abbiamo vinto la madison (oltre ad altri tre tricolori, ndr). Poi ho fatto punti in Repubblica Ceca correndo in coppia con Fiorin. Però potete capire bene che si trattava di contesti diversi rispetto ad una Nations Cup. Nei primi due casi ho corso su velodromi all’aperto, ad Adelaide eravamo al chiuso. I riferimenti da prendere sono altri e ne escono gare completamente differenti. Poi diciamo che per prepararmi meglio ho sfruttato “Benjo” (sorride riferendosi al suo fidanzato Benjamin Thomas, plurimedagliato in pista, ndr).
Amicizia. Il 10 febbraio al UAE Tour Fidanza, Consonni e Guazzini hanno preparato la torta di compleanno per Alzini Amicizia. Il 10 febbraio al UAE Tour Fidanza, Consonni e Guazzini hanno preparato la torta di compleanno per Alzini
In che modo?
Sapete che anche lui ama la pista ed è uno che si riguarda più volte le gare per capire dove sbaglia o dove deve sfruttare meglio le situazioni. Quindi un po’ ho chiesto io, un po’ si è proposto lui di aiutarmi e così ci siamo ritrovati a vedere tanti filmati di madison un pezzo alla volta. Anzi, ad un certo punto sembrava un’interrogazione (ride, ndr). Benjo metteva in pausa la gara e mi chiedeva se avessi notato errori da parte di qualcuno o azioni buone. In entrambi i casi mi ha spiegato cosa si doveva fare e perché. Studiare la madison mi ha fatto bene, correrla ancora di più perché mi è stato tutto molto più chiaro.
Alla fine avete chiuso con un sesto posto. Te lo aspettavi?
Sapevamo che non potevamo fare molto di più. Marco e Martina (Fidanza, ndr) con me sono stati molto pazienti e comprensivi. Martina poi ha fatto quasi gli straordinari perché si è ritrovata a compensare i miei errori. Entrambi li ringrazio infinitamente per l’opportunità che mi hanno dato.
Farai anche le altre prove di Nations Cup?
Ho voglia di riscattarmi, sicuramente. Per Milton (dal 12 al 14 aprile, ndr) mi sono resa disponibile anche per il quartetto. E nei giorni precedenti ho già dato la mia parola che sarò in pista ad allenarmi. Invece salterò la prova di Hong Kong (15-17 marzo, ndr) perché correrò con la Cofidis al Tour de Normandie, dove l’anno scorso avevo ottenuto due secondi di tappa e il terzo nella generale. Vorrei migliorare quei tre podi.
Alzini all’europeo di gennaio ha disputato l’inseguimento individuale chiudendo al quinto posto. E’ un vagone del quartetto ed ora disponibile per la madisonGiro d’Onore. Alzini (qui con Fidanza, Guazzini e Paternoster) con la divisa dell’Esercito, corpo nel quale è entrata a fine 2023Alzini all’europeo di gennaio ha disputato l’inseguimento individuale chiudendo al quinto posto. E’ un vagone del quartetto ed ora disponibile per la madisonGiro d’Onore. Alzini (qui con Fidanza, Guazzini e Paternoster) con la divisa dell’Esercito, corpo nel quale è entrata a fine 2023
Sembra evidente che il gruppo pista femminile abbia recepito le “strigliate” del cittì Villa, giusto?
Assolutamente sì. Dopo Glasgow abbiamo avuto un cambio di rotta e credo si sia visto subito nei ritiri. Abbiamo capito cosa Marco vuole da noi. L’oro del quartetto agli europei è frutto del nostro maggior impegno, del nostro ulteriore salto di qualità. Il gruppo sostiene le singole e viceversa. Noi siamo amiche prima giù dalla bici che in sella. Al UAE Tour, dove siamo quasi tutte avversarie, le altre ragazze della pista mi hanno fatto una bellissima sorpresa per il compleanno.
Raccontaci pure.
Negli Emirati tutte le squadre alloggiavano nello stesso hotel, quindi a cena ci si vedeva con tutti. La sera del 10 febbraio al tavolo della mia squadra si sono presentate Martina, Chiara e Vittoria (rispettivamente Fidanza, Consonni e Guazzini, ndr) con una torta preparata apposta per me. Non me lo aspettavo ed è stata davvero emozionante. Questo per dire quanto siamo unite e quanto può far bene questo aspetto.
Ex Valcar. Alzini e Consonni hanno disputato il UAE Tour con diversi ruoli e compiti nelle rispettive squadreEx Valcar. Alzini e Consonni hanno disputato il UAE Tour con diversi ruoli e compiti nelle rispettive squadre
Il UAE Tour invece com’è andato a Martina Alzini?
Avevo il compito di aiutare Valentine Fortin nelle volate. Principalmente ho fatto la leadout per lei e avevo la responsabilità di fare il treno. Posso dire che le gare di gruppo in pista mi hanno dato quel qualcosa in più per questo tipo di lavoro. La squadra mi riconosce il ruolo di regista in corsa e ne sono orgogliosa perché mi piace analizzare le gare. Stiamo crescendo come team e penso che nella seconda tappa abbiamo fatto il miglior lavoro allo sprint di questi tre anni. Poi ovvio che vorrei avere un po’ di spazio, anche se sto facendo di tutto per guadagnarmelo.
Gli obiettivi del 2024 quindi non sono solo legati alle Olimpiadi?
Parigi resta sempre un grande obiettivo. Tuttavia non guardo più indietro e non penso più a Tokyo. Guardo piuttosto i piccoli passi in avanti, anche perché rispetto a tre anni fa sono cambiate tantissime cose. Il ciclismo è fatto di tante sconfitte e poche vittorie, pertanto le apprezzi maggiormente. Anche grazie all’Esercito (corpo nel quale è entrata da fine dello scorso anno, ndr) riesco a fare bene due attività. Nel 2023 mi è mancato qualcosa dal punto di vista mentale e quest’anno vorrei tornare ad alzare le braccia al cielo, dove non importa. Spero che il mio lavoro venga ripagato. Mi concedete però un’ultima riflessione?
Alzini è alla terza stagione in Cofidis. La squadra le ha assegnato il ruolo di regista in corsa, però lei vorrebbe ritagliarsi qualche spazio in piùAlzini è alla terza stagione in Cofidis. dove è regista in corsa, ma vorrebbe ritagliarsi qualche spazio in più
Certamente…
E’ una riflessione romantica, diciamo. Magari mi attirerò le antipatie di qualcuno e per qualcuno potrebbe essere giustamente opinabile ciò che dico, ma ci pensavo proprio mentre eravamo al UAE Tour guardando le volate. La SD Worx-Protime è la formazione dominante su tutti i terreni e nessuno ne mette in discussione la forza. Anzi, merito loro. Però pensavo che sfida sarebbe stata allo sprint con la vecchia Valcar, tenendo conto adesso di quante di noi sono sparse in giro. Adesso sarebbe una formazione WorldTour che terrebbe testa a loro senza problemi. Che potenziale che c’era lì dentro…
Scartezzini ha resettato i pensieri e ripreso a lavorare per i mondiali. Villa gli ha detto di farsi trovare pronto, ma ci sarà posto davvero nel quartetto?
Nella nostra recente intervista a Davide De Cassan, sul suo ambientamento nel mondo dei professionisti, è emersa la difficoltà di reggere i loro ritmi in pianura. «Ho avuto modo di vedere quanto vanno forte – ci aveva detto – e questo mi ha impressionato. La differenza tra le due categorie è davvero tanta (under 23 e pro’, ndr). In inverno ci ho lavorato tanto, anche con allenamenti specifici come ripetute lunghe all’inizio e alla fine degli allenamenti. Oppure sprint e partenze da fermo».
Siamo andati a verificare con Andrea Fusaz, allenatore del team Bahrain Victorious e del CTF Friuli. Lui, che lavora a cavallo tra queste due categorie, ci può fornire una visione d’insieme e aiutarci a comprendere le difficoltà nel riuscire a pedalare a certi ritmi.
«In prima cosa – ci dice Fusaz – bisogna dire che il passaggio è più difficile per i corridori leggeri, come De Cassan. Nel mondo dei professionisti, e in particolare nel WorldTour, ci sono dei motori impressionanti. Di categoria in categoria le velocità medie aumentano, ma il vero gradino è tra U23 e pro’».
Un corridore leggero, come De Cassan (61 chili), fatica molto in pianura rispetto a atleti più strutturatiUn corridore leggero, come De Cassan (61 chili), fatica molto in pianura rispetto a atleti più strutturati
Questione di muscoli
Nonostante ci si ostini a far arrivare nel mondo WorldTour, e non solo, corridori sempre più giovani, ci si deve ricordare che spesso si parla di ragazzi di 19/20 anni. La maturazione fisica per alcuni di loro è già arrivata, mentre per altri no.
«Un atleta professionista navigato – prosegue Fusaz – è molto più strutturato: ha una maggiore potenza e, di conseguenza, maggiore velocità in pianura. In salita i giovani faticano meno a tenere il passo, sono leggeri e meno strutturati. Questo li aiuta. E’ anche una questione di abitudine a certe velocità. Da under 23 in gara fai sforzi più brevi e intermittenti. Quando passi professionista lo sforzo aumenta e diventa una costante».
Nel WT ci sono motori dalle cilindrate elevatissime, come Van Aert, che in pianura fanno la differenzaNel WT ci sono motori dalle cilindrate elevatissime, come Van Aert, che in pianura fanno la differenza
Perché la differenza maggiore si ha in pianura e non in salita?
Il tipo di pedalata che si fa in salita è tanto diverso rispetto a quello che si fa in pianura. La prima potremmo definirla un carico passivo: ovvero che la pendenza mi obbliga a fare uno sforzo, per questo in salita si fanno più watt. Al contrario, in pianura, lo sforzo è attivo, è l’atleta che deve decidere di aumentare l’andatura.
Facci un esempio…
Il fondo: Z2 e Z3. Per migliorare in pianura bisogna allenare tanto queste zone e “alzarle”. La grande differenza tra un allenamento di un U23 e di un pro’ è la velocità media. Lo stesso percorso il primo lo fa ai 32 chilometri orari di media, il secondo a 35. Capite che quei 3 chilometri orari di differenza, nell’arco di 4-5 ore di allenamento, sono tanti.
La salita attiva dei meccanismi diversi di pedalata, la falcata si allungaLa salita attiva dei meccanismi diversi di pedalata, la falcata si allunga
Che tipo di allenamenti si fanno per alzare il ritmo?
Per prima cosa direi che si devono aumentare le ripetute in pianura. Se chiedete agli atleti quando fanno le ripetute, il 90 per cento vi dirà che le fa in salita. Questo è utile se si hanno davanti gare con tanto dislivello, ma se ci si appresta a fare gare “piatte” serve a poco. La dinamica della pedalata tra pianura e salita è tanto diversa. La cosa migliore che un ragazzo può fare è allenarsi con ripetute lunghe in Z2 e Z3.
In che senso?
In salita si fanno pedalate più “lunghe” perché si devono sfruttare anche i momenti morti. In pianura nei punti morti non spingi, quindi la pedalata è più breve. L’atleta si trova a scaricare sulle pedivelle tutta la potenza in un breve periodo. Un’attività che insegna molto da questo punto di vista è la pista, dove una pedalata dura 100 millisecondi.
La strada per diminuire la differenza di potenza passa dagli esercizi in palestraLa strada per diminuire la differenza di potenza passa dagli esercizi in palestra
Quindi sarebbe utile portare i ragazzi in pista, per fare lavori specifici?
Lo sarebbe, se ci fossero le strutture per farlo, ma in Italia questo non è possibile. Se avessimo qualche velodromo in più, specialmente coperto, vedremmo molti più ragazzi in pista ad allenarsi. E saremmo noi allenatori i primi a portarli.
Fuori dalla bici, invece?
La palestra è un grande aiuto, sia con i macchinari che a corpo libero. Qui entra anche in gioco il discorso di prima dello sviluppo fisico. Se un ragazzo non ha finito la crescita muscolare certi lavori li assorbirà meno. In determinati esercizi buona parte la gioca il peso dell’atleta, inteso come massa muscolare. Se a livello ormonale un ragazzo non è pronto gli effetti si vedranno di meno.
La pista tornerebbe molto utile per imparare a ottimizzare la pedalata in pianuraLa pista tornerebbe molto utile per imparare a ottimizzare la pedalata in pianura
Che macchinari si usano?
Squat, a corpo libero e con sovraccarichi oppure stacchi da terra. Questi esercizi aiutano ad aumentare la forza e hanno una ricaduta sul fisico.
Da venerdì scorso, Karel Vacek è un corridore della Burgos BH, squadra professional spagnola. Per il ragazzo ceko è l’ennesimo team, il sesto in sei stagioni per un corridore di appena 23 anni che si è fatto la fama di giramondo senza volerlo, perché chi conosce la sua storia sa delle traversie attraversate, come lo scioglimento della Qhubeka ad esempio.
Anche l’ultima non è male, perché a dir la verità nessuno si sarebbe aspettato che Vacek fosse costretto a cercarsi un’altra squadra dopo il suo 2023, illuminato dalla seconda piazza nella tappa del Gran Sasso al Giro d’Italia. Invece il Team Corratec non lo ha confermato e Karel si è messo a cercare un team che credesse in lui praticamente fuori tempo massimo. Risultato: contratto firmato il 9 febbraio e il giorno dopo era già in gara.
Firmato il contratto e chiamato per la prima corsa: Vacek è il terzo da destra (foto Instagram)Firmato il contratto e chiamato per la prima corsa: Vacek è l’uomo al centro (foto Instagram)
«Il Team Burgos mi ha potuto mettere sotto contratto grazie a una deroga dell’Uci perché il ciclomercato è già chiuso. Molti corridori della squadra sono al momento infortunati, così appena firmato mi hanno mandato subito a correre a Murcia, solo che non avevo il materiale a disposizione. Così ho corso con una divisa più grande della mia taglia e una bici fuori misura. Risultato: un mal di schiena che te lo raccomando… Ho fatto quel che ho potuto, nelle prossime corse, dopo aver settato la bici, andrà sicuramente meglio».
Hai avuto paura di rimanere fuori dall’ambiente?
Sì, molta. Sinceramente non mi aspettavo di dovermi rimettere su piazza, credevo che quanto fatto durante l’anno mi garantisse la prosecuzione del contratto. Ero tranquillo, per questo la mancata conferma mi ha preso proprio di sorpresa. Al Giro ero andato senza neanche essere stato preselezionato, eppure ho portato a casa un risultato prestigioso, poi nella stagione ho preso punti per il team. D’altronde anche chi ne ha raccolti di più, come Dalla Valle o Konychev si sono ritrovati nella mia stessa situazione. Così mi sono trovato a passare tre mesi d’inferno, un Natale davvero triste.
Il ceko con Bais e Petilli nella tappa del Gran Sasso, dove si è lanciato in fuga finendo a 9″ da BaisIl ceko con Bais nella tappa del Gran Sasso, dove si è lanciato in fuga finendo a 9″ dal rivale
Com’è stato allenarsi durante l’inverno senza alcuna certezza?
Io non ho mai mollato, ma quando ti ritrovi in una situazione simile paghi dazio. Non ho fatto ritiri con il team, mi sono dovuto allenare sempre da solo, chiaramente ora sono indietro. Devo però dire solamente grazie ai dirigenti spagnoli che hanno comunque creduto in me. E’ una squadra professional e per me era importante almeno rimanere nello stesso livello, visto che speravo davvero di trovare un contratto per una formazione WT. Almeno così posso continuare a lottare per raggiungere il mio obiettivo. Sinceramente, se non fosse arrivata questa chiamata avrei smesso e mi sarei messo a lavorare in un altro ambito.
Ti sei chiesto che cosa non abbia funzionato?
Sì, ma non ho risposte. Le ho cercate, ho provato a contattare i dirigenti, il presidente, gli ho anche scritto, ma non mi è arrivata alcuna reazione. Io praticamente non ho mai saputo ufficialmente di essere stato escluso dal team, vorrei tanto sapere il perché. Mi sarei aspettato almeno una telefonata. Ora comunque non è neanche più così importante, posso finalmente girare pagina.
L’anno alla Qhubeka era stato positivo, in un ambiente dove Vacek aveva trovato davvero casaL’anno alla Qhubeka era stato positivo, in un ambiente dove Vacek aveva trovato davvero casa
Hai cambiato sei squadre in sei stagioni. Ti pesa questa fama e dove ti sei trovato meglio e peggio?
Partiamo dalla prima domanda: sì, un po’ mi pesa perché non era questo che speravo approdando al ciclismo internazionale. Credevo anzi che alla Corratec era arrivato il momento di un po’ di stabilità, dopo quello che avevamo fatto in primavera. Per il resto, non mi sentirei di condannare nessun team perché dappertutto trovi cose buone e altre un po’ meno. Spesso influisce molto la fortuna.
Alla Qhubeka ad esempio non ne hai avuta molta…
Lì eravamo tutti convinti di avere un futuro luminoso davanti a noi, so che non ci sarebbero stati problemi per la mia riconferma: è stata una delusione generale. All’Hagens Berman Axeon ero al mio primo anno, dovevo ancora imparare tante cose, ma fu comunque una bella esperienza e lo stesso potrei dire delle altre squadre, della Colpack dove il Covid ha davvero tarpato le ali a tutti, della stessa Corratec perché il gruppo che si era formato era molto unito, si lavorava bene insieme. Per questo sono rimasto così sorpreso.
Karel dal 2019 ha corso in 6 team, quasi un record per un corridore di 23 anni. Qui alla Tirol KtmKarel dal 2019 ha corso in 6 team, quasi un record per un corridore di 23 anni. Qui alla Tirol Ktm
Ora comunque hai una nuova maglia e devi solo lavorare per recuperare il tempo perduto…
Sono più tranquillo, lo stesso team ha specificato come l’evento principale della stagione è la Vuelta, per la quale manca ancora tanto tempo, quindi posso lavorare con calma per farmi trovare pronto quando servirà. Io d’altro canto già da tre anni sono in Spagna, in Andalusia, ma ormai sono tantissimi i ciclisti che stazionano lì. Se tutto va bene prenderò anche la residenza in Spagna, come avevo fatto in Italia i primi tempi, quando c’era anche mia madre a badare a me e Matthias (suo fratello che corre alla Lidl-Trek, ndr). Vedremo come andrà, certo un po’ di stabilità non guasterebbe…
Lotte Kopecky è la Wout Van Aert delle donne? Ormai affermalo non è più così un azzardo. La belga della Sd Worx oltre a vincere le classiche, qualche corsa veloce e ad essere una donna squadra, ci sta abituando ad andare anche molto forte in salita. Esattamente come il suo illustre connazionale. Entrambi fanno una doppia attività, uno il cross, lei la pista.
Ma se il nostro parere può essere corretto finché si parla di risultati, per far sì che trovi un riscontro tecnico ha bisogno anche di un parere più “tecnico”da dentro”. E chi meglio di Marta Bastianelli, delle Fiamme Azzurre, ce lo può dare? L’atleta laziale ha corso fino a pochi mesi fa ed è notizia freschissima che da quest’anno lavorerà accanto al cittì Sangalli. Conosce tutte le ragazze del gruppo e ha un’esperienza unica. Proprio con Kopecky tra l’altro ha battagliato in molte classiche e le loro caratteristiche non erano poi così differenti.
In maglia gialla, Kopecky tiene duro sul Tourmalet. Arriva sesta e stupisce tutti, forse anche se stessa. Da lì scatta qualcosa nella sua testaTour 2022, Hautacam, Wout Van Aert addirittura arriva terzo alle spalle di Vingegaard e Pogacar. Forse anche per lui è cambiato qualcosa quel giorno. Lo scopriremo al GiroIn maglia gialla, Kopecky tiene duro sul Tourmalet. Arriva sesta e stupisce tutti, forse anche se stessa. Da lì scatta qualcosa nella sua testaTour 2022, Hautacam, Wout Van Aert addirittura arriva terzo alle spalle di Vingegaard e Pogacar. Forse anche per lui è cambiato qualcosa quel giorno. Lo scopriremo al Giro
Quindi Marta, cosa ne pensi. E’ azzardato il nostro paragone tra Kopecky e Van Aert?
No, no… Lotte è cresciuta molto, non solo dall’anno scorso. Era già una grande atleta. Fino a qualche tempo fa aveva sempre corso “da sola”, in quanto era in squadre più piccole tipo la Lotto, era più difficile per lei mettersi in mostra.
Van Aert fa terzo ad Hautacam, Pirenei, al Tour. Kopecky lo scorso anno è andata forte sul Tourmalet e quest’anno ha vinto in salita…
E quello è stato uno step. Partiamo dal fatto che è una grande atleta. Ha un grande motore. E’ indiscutibile. Sicuramente ha lavorato tanto per migliorare anche in salita. Ma poi c’è un’altra cosa da dire: lei, complici anche gli Europei in pista, sta attraversando un periodo di grande forma. E questo, soprattutto in questa fase della stagione, le consente di fare una grande differenza contro atlete che sono alla prima gara della stagione.
Tiene meglio le botte di acido lattico, chiaro…
Esatto. E c’è un’altra cosa da dire. Quella salita all’UAE Tour, analizzandola da Marta, quindi da non scalatrice, è stata fatta in maniera che lei potesse rimanere a ruota. Se fossi stata io al suo posto, in estrema forma, probabilmente l’avrei retta anch’io. E’ stata fatta ad una velocità controllata, con dei wattaggi sicuramente altissimi, ma regolari. Wattaggi che a ruota, un’atleta in grande condizione riesce a tenere. Ciò non toglie che comunque sia migliorata tanto in salita, altrimenti non vai forte in quel modo sul Tourmalet. Però penso che se al UAE Tour fossero salite con scatti e controscatti, avrebbe sofferto un pochino di più.
Insomma che Kopecky vada così forte anche in salita, per te non è poi così una sorpresa?
No, l’ho sempre detto che era una grandissima atleta. Non a caso è la campionessa del mondo. Ha vinto la corsa iridata praticamente da sola… E anzi, mi viene da pensare che tutto questo sia soltanto l’inizio. Gli altri anni andava forte sui “suoi” percorsi, altrove tirava subito i remi in barca. Io almeno l’ho sempre vista così e di conseguenza non conosco i suoi limiti e fino a che punto possa arrivare. Mi aspetto che possa comunque migliorare ancora di più in salita. Tuttavia mi viene anche da pensare che perderebbe un po’ di esplosività.
Marta Bastianelli a ruota di Lotte, era il Fiandre 2023Marta Bastianelli a ruota di Lotte, era il Fiandre 2023
Secondo te è dimagrita un po’ per fare questi exploit anche in salita?
Sì, l’ho vista molto bene fisicamente già dallo scorso anno, però non è quel quel magro da spaventarsi. E’ un magro bello da vedere, un magro definito. Lei a livello personale è sviluppata bene anche mentalmente: ha seguito una linea precisa, equilibrata e di conseguenza il fisico le ha risposto immediatamente. Sì, fisicamente c’è e la vedo molto bene.
La vedi anche per le corsa a tappe a questo punto?
Credo di sì. Però se fossi in lei non ci insisterei. Non starei a concentrami sui grandi Giri, quelli da 10 giorni, ma più sulle corse di 3-4 tappe, che poi saranno sempre di più. Mi sembrano più adatte alle sue caratteristiche. Poi è ovvio, se un giorno volesse puntare al Tour Femmes, è in una squadra che le può permettere tutto, tanto più che non deve più scontrarsi con la Van Vleuten. Ma non starei snaturami troppo.
In genere le grosse trasformazioni, quando le abbiamo viste, non sono andate benissimo…
Anche Van Aert o Van der Poel, vanno forte dappertutto, ma poi restano loro stessi quando davvero devono puntare. Van Aert ha quelle caratteristiche che si adatta un po’ a tutto, perché è un grande campione, ma non si stravolge. Migliorare sì, diventare una scalatrice no. Secondo me non avrebbe senso.
Tanto più che il livello nelle donne si sta alzando e la specializzazione è sempre più. Inevitabile…
Un’atleta che ha fame di risultato vuole andare bene ovunque. Io anche ero così. L’anno che ho vinto il Fiandre, facevo le volate, volevo arrivare tra le prime tre nella tappe al Giro, però ad un certo punto mi sono resa conto di dover essere carne o pesce.
UAE Tour: verso Jebel Hafeet ritmi alti ma regolari. Kopecky resta a ruota e nel finale sfodera la sua potenzaUAE Tour: verso Jebel Hafeet ritmi alti ma regolari. Kopecky resta a ruota e nel finale sfodera la sua potenza
Marta, prima hai detto: «Lotte è in una squadra che le consente di fare tutto». Quanto conta davvero il team nella sua situazione? E quanto incide la competizione interna?
Parliamo di una grande squadra che la pensa in un modo molto simile ad un team maschile a partire dai materiali, dall’allenamento, dall’alimentazione, dalla nutrizione. La Sd Worx non lascia nulla al caso. Lavora tanto e ci crede tanto. Dalla prima all’ultima atleta. Mi ricorda un po’ la Quick Step dei tempi d’oro che, al netto di alcune situazioni particolari, aveva gli atleti più forti e vincere per loro era più facile.
Cosa ti aspetti dal 2024 di Kopecky? Le Olimpiadi saranno un cardine per lei?
Mi auguro per che possa essere un anno da godersi nel migliore dei modi con la maglia da campionessa del mondo. E che si tolga tutte le le soddisfazioni possibili con quella maglia. L’Olimpiade è una gara strana per tutti, abbiamo visto cosa è successo a Tokyo. La gara è più difficile da gestire e nessuno vuole andare a chiudere. Ci sono situazioni che vanno oltre la prestazione e la forma fisica, quindi vedremo. Di certo quello di Parigi è un percorso che si adatta parecchio alle sue caratteristiche, così come alle caratteristiche delle italiane. Ora stiamo parlando di Lotte e non vado fuori tema, ma ci tengo a dire che le azzurre non sono da meno in questo anno così importante. Spero possano togliersi e farci togliere, grandi soddisfazioni
Tu ci hai corso di fianco in gruppo: Lotte è una leader come Van Aert?
E’ stata sempre un’atleta eccezionale. Nei miei confronti ha sempre portato tanto rispetto. Veniva a salutarmi, a chiedermi questo o quello e anche quando ho smesso mi ha scritto. E questo è bello perché mi rendo conto che oltre i risultati, rimane molto la persona che sei stata.
Da un punto di vista tecnico invece hai notato delle differenze rispetto a qualche tempo fa? Magari pedala più agile. Ha alzato la sella…
Lotte ha un colpo di pedale che ha preso tanto dalla pista. E’ molto agile. Almeno così l’ho vista in questa gara all’UAE Tour anche in salita. Ma era una caratteristica che aveva anche in passato e in altre corse. In generale è leggera. La vedo molto bene in bici. La vedo proprio se stessa.
«Per me andare in Colombia è stato come fare un tuffo nel passato. C’ero stato nel 1995 per i mondiali di Duitama, mondiali ai quali sono legatissimo. Per Pantani, per i campioni che emersero in quella gara, per il calore incredibile della gente. Ma era tutto diverso. Era la Colombia di Escobar. Ci dissero di stare attenti, che c’erano rischi e tensioni. Invece fu esattamente il contrario. Ci fu un’accoglienza unica. Quel calore non è cambiato». A raccontare tutto questo è Ilario Biondi, fotografo dell’agenzia Sprint Cycling, inviato all’ultimo Tour Colombia.
Da oltre 40 anni, Biondi fotografa il ciclismo in tutto il mondo. Dalle pellicole in bianco a nero alle più moderne camere digitali. Da Moser a Pogacar, dal più piccolo dei gregari al campione affermato… persino juniores e dilettanti sono finiti nel suo obiettivo. Ilario ci racconta quindi il suo Tour Colombia visto e vissuto dalla macchina fotografica.
Duitama oggi (foto Biondi)…E 29 anni fa. Era il 1995 e andava in scena una delle edizioni più belle della prova iridata (foto joanseguidor.com)A Tunja la presentazione della corsa 2024, poi vinta da Contreras su Carapaz e CaicedoDuitama oggi (foto Biondi)…E 29 anni fa. Era il 1995 e andava in scena una delle edizioni più belle della prova iridata (foto joanseguidor.com)A Tunja la presentazione della corsa 2024, poi vinta da Contreras su Carapaz e Caicedo
Che tifo
Sei tappe nel cuore della Nazione andina. Sei tappe che hanno toccato le località simbolo del ciclismo e dei corridori colombiani. Duitama, appunto. Zipaquirà, casa di Bernal. Tunja quella di Quintana… La corsa mancava dal 2020, poi il Covid ci ha messo lo zampino. Ma senza più la gara in Argentina, San Juan, ecco che il Tour Colombia è divenuto il grande appuntamento del ciclismo sudamericano.
«Ho ritrovato un amore sconfinato per il ciclismo – racconta Biondi – specie nella zona di Boyaca. Lì, in tanti, ma veramente in tanti, vanno in bici… Magari alcune non sono super bici perché la situazione economica non è facile per tutti, ma la quantità di ciclisti che ho visto è qualcosa che mi ha colpito. Così come mi ha colpito il tifo: mi sento di dire che è ai livelli del calcio per calore ed intensità. E quanta gente a bordo strada: spesso sembrava di essere ad un tappone delGiro d’Italia o del Tour de France».
L’abbraccio della folla è sempre stato potente verso tutti, ma chiaramente gli idoli di casa erano i più osannati. E per questa gente, che certo non naviga nell’oro, dedicare delle ore al ciclismo, magari incide nella loro economia spicciola più che altrove. Ma si sa, alla passione non si comanda.
«Se dovessi stilare una classifica di popolarità – dice Biondi – il più acclamato mi è sembrato Nairo Quintana, poi Rigoberto Uran ed Egan Bernal. Anche Esteban Chaves aveva il suo bel seguito. Ma il fatto che Nairo fosse così sostenuto, nonostante la sua recente vicenda e non abbia corso nell’ultimo anno, non me lo aspettavo proprio. E’ considerato un Dio».
La bandiera colombiana non mancava mai (foto Biondi)Gli scatti che raccontano. In Colombia si vive ancora molto lungo le strade (foto Biondi)Quintana, Chaves e un cane. Se ne trovano molti a zonzo per la Colombia (foto Biondi)La bandiera colombiana non mancava mai (foto Biondi)Gli scatti che raccontano. In Colombia si vive ancora molto lungo le strade (foto Biondi)Chaves e un cane. Se ne trovano molti a zonzo per la Colombia (foto Biondi)
Caos e colori
Un bel caos dunque. E tanti colori. Sveglia all’alba per dirigersi alla corsa. Start verso le 10 e arrivi per le 13,30-14. Il tutto con un’organizzazione mossa e spinta da un grande entusiasmo.
«Per andare alle tappe – prosegue Biondi – c’era un bel traffico. La sveglia spesso era alle 6,30 e tra il fuso orario e anche la quota, visto che eravamo quasi sempre sul filo dei 2.500-2.600 metri, non era così facile. Non si riposava benissimo a 2.500 metri e qualche mal di testa da montagna non è mancato a noi europei. Un giorno ci siamo ritrovati a 3.100 metri e ammetto che muoversi a quelle quote con l’attrezzatura fotografica sulle spalle si faceva sentire».
Le stesse quote però secondo il fotografo romano incidevano anche sulle foto vere e proprie. Aspetti tecnici che solo un occhio esperto può cogliere a fondo.
«In effetti c’era un’altra luce e questo è fondamentale per i colori. Immagino dipendesse dall’alta quota. L’aria era più pulita e rarefatta, il cielo era limpido, di un azzurro intensissimo. Tutto ciò accendeva i colori. Ed emergevano forti: il giallo, il blu, il rosso della bandiera colombiana. Colori davvero brillanti».
«Non essendo un fotografo colombiano non cercavo per forza, o solo, la cronaca della corsa. Cercavo quelle cose caratterizzanti, che raccontassero di più. La faccia particolare, la frutta a bordo strada, gli indios».
Alto del Vino: Carapaz attacca tra due ali di folla (foto Biondi)Il Team Medellin con un bus tipico. La Movistar (che in Sudamerica è un colosso) era l’unica squadra ad avere il bus tradizionale, ha detto IlarioQuintana? Il più accalmato di tuttiAlto del Vino: Carapaz attacca tra due ali di folla (foto Biondi)Il Team Medellin con un bus tipico. La Movistar (che in Sudamerica è un colosso) era l’unica squadra ad avere il bus tradizionale, ha detto IlarioQuintana? Il più accalmato di tutti
Carapaz brillante
Ma con 40 e passa anni di esperienza e tante, tante corse vissute da dentro, Biondi ha affinato anche un certo occhio tecnico-sportivo. Il fotografo, che spesso è in corsa sulla moto, a volte conosce i corridori meglio dei giornalisti. Tra loro si stabilisce un rapporto di fiducia, che verosimilmente parte dalla condivisione della strada o di un temporale strada facendo.
«In generale – spiega Biondi – ho visto bene i corridori colombiani, sia perché era la loro corsa, sia perché molti sono più avanti nella preparazione (specie quelli locali che non sono negli squadroni del WorldTour e sfruttano questa vetrina mondiale per mettersi in mostra, ndr). E infatti ha vinto RodrigoContreras della Nu Colombia».
«Tra i big ho visto bene Carapaz. Tra l’altro il suo attacco sull’Alto del Vino è stato anche un bel momento da dietro la macchina fotografica: questo scatto tra due ali di folla. Un grande tifo e gran baccano».
«Ho visto un buon Bernal. Egan ha provato ad attaccare, specie quando si passava nelle sue terre. Una sua vittoria sarebbe stata una bella storia: il ritorno dopo l’incidente. Così come lo è stata quella di Mark Cavendish. L’ex iridato che torna al successo dopo l’addio è stata una bella vetrina per il Tour Colombia stesso».
«Prendiamo il caso della norma sulle leve dei freni ruotate – dice Marra per spiegare il concetto – il modo migliore per fare il controllo lo abbiamo creato noi aziende. La maggior parte delle lamentele arrivava dai corridori, era un discorso di guidabilità e sicurezza, per cui abbiamo affrontato il problema. Finalmente abbiamo creato un buon rapporto e tutti gli sviluppi vengono fatti insieme all’UCI. In base al tipo di prodotto facciamo dei gruppi di lavoro e andiamo avanti…».
Cosa succede quando l’UCI mette mano al regolamento tecnico sulle bici e promulga nuove regole? Qual è l’iter delle riforme che costringono i corridori, ad esempio, a raddrizzare le leve dei freni (in apertura l’esempio di Evenepoel e Segaert all’ultimo campionato belga) o a cambiare la posizione sulla bici da crono? Ne abbiamo parlato con Claudio Marra, numero uno di FSA che, come tutti i produttori di manubri e ruote, è fra i primi a scontare direttamente gli effetti di simili modifiche.
Ogni anno FSA premia il suo atleta più rappresentativo: qui Marra nel 2019 con Bettiol, re del FiandreOgni anno FSA premia il suo atleta più rappresentativo: qui Marra nel 2019 con Bettiol, re del Fiandre
Che rapporto c’è fra l’UCI e le aziende?
E’ cambiato tanto. Ai tempi in cui il presidente dell’UCI era Hein Verbruggen (olandese al comando del ciclismo mondiale dal 1991 al 2005, ndr), l’omologazione dei prodotti veniva gestita in Belgio, dove viveva Jean Vauthier, che era stato incaricato del compito. Per avere l’omologazione delle ruote ad esempio, dovevi mandargliele e fare un test che costava fra i 1.500 e i 1.800 euro per coppia. Loro le distruggevano in ogni caso e poi ti dicevano se andassero bene oppure no. Quindi sapevi già che l’omologazione ti sarebbe costata il prezzo delle ruote, del trasporto e il costo del test, senza neppure vedere il risultato.
Tutti d’accordo e nessuna obiezione?
Tutte le aziende del mondo dovevano seguire questa procedura, almeno fino a quando ci accorgemmo che una sola non passava per lo stesso canale e a quel punto decidemmo di opporci. I regolamenti erano abbastanza aleatori, scritti solo in francese con postille piccolissime e quasi nessuno li seguiva. Finché decisero di mettere mano seriamente alla regolamentazione dei manubri da crono e ci comunicarono che i 3/4 di quelli che stavamo utilizzando erano illegali. Fu un colpo, c’era bisogno di almeno un anno per metterci a posto.
Come la gestiste?
Cambiare subito avrebbe significato buttare tutto quello che c’era nei magazzini, così capimmo di dover avere una voce in capitolo per parlarne con l’UCI e assieme a Phil White, fondatore di Cervélo, creammo il GOCEM (Global Organisation of Cycling Equipment Manufacturers), l’associazione dei costruttori di biciclette e parti.
Al Tour Down Under, gli ispettori UCI hanno verificato la messa a norma delle leve (foto Escape)L’UCI ha approntato una dima con cui i suoi ispettori in gara possono verificare anche l’inclinazione delle leve dei freni (foto Reddit)Al Tour Down Under, gli ispettori UCI hanno verificato la messa a norma delle leve (foto Escape)L’UCI ha approntato una dima con cui i suoi ispettori in gara possono verificare anche l’inclinazione delle leve dei freni (foto Reddit)
Come venne accolto?
L’idea non era di creare caos, ma di far ragionare tutte le parti, dato che l’UCI andava per la sua strada e c’erano altri costruttori fuori regola. Parlammo chiaramente, come abbiamo fatto anche di recente. L’industria sostiene il ciclismo. Avevamo valutato ai tempi, era intorno al 2010, che tra sponsorizzazione, telai, biciclette davamo al sistema un contributo di circa 100 milioni all’anno. Pertanto sarebbe stato meglio parlarne insieme: che ci dessero il tempo di metterci a posto e poi si potevano stabilire regole condivise e valide per tutti.
Tutto risolto, quindi?
No, perché anche il fronte delle aziende era spaccato. Ricordo che Scott trovava tutto interessante, ma non voleva farne parte, finché per fortuna si fece avanti la WFSGI (World Federation of the Sporting Goods Industry, ndr). E’ l’associazione mondiale delle aziende che, messe insieme, dialogavano con le varie federazioni. Erano già molto forti nei rapporti con la FIFA, con il nuoto e altri sport maggiori e alla fine venne a farmi visita Frank Dassler, il fondatore di Adidas che è scomparso nel 2020 e ne era il presidente.
Motivo della visita?
Ci chiesero di far confluire il GOCEM nella loro federazione e accettammo volentieri, dato che il nostro lavoro è produrre e non fare politica. E così dal 2018 è la WFSGI che dialoga con le aziende, raccoglie indicazioni, crea gruppi di lavoro e si interfaccia ufficialmente con l’UCI.
Questo è Andrea Piccolo al Tour Colombia: la leva resta inclinata, ma c’è un limiteQuesto è Andrea Piccolo al Tour Colombia: la leva resta inclinata, ma c’è un limite
Però qualche frizione a volte si coglie ancora…
Negli anni ci sono stati vari passaggi, perché ogni nuovo presidente UCI si porta dietro i suoi uomini e ogni volta bisogna ricucire il rapporto, fargli capire che siamo importanti, anche perché loro arrivano spesso con una certa arroganza. Poi si rendono conto che non possono fare da soli, capiscono che l’industria ha i suoi i suoi tempi e i suoi bisogni, di conseguenza devono per forza scendere a compromessi. E finalmente si rendono conto che siamo un grosso valore aggiunto, per cui ci accolgono e collaboriamo.
Adesso come va?
Negli ultimi due anni è arrivato Michael Rogers, che ha cominciato anche lui da capo. Piano piano abbiamo costruito il rapporto con WFSGI, a spiegargli le cose e fortunatamente adesso abbiamo una buona collaborazione. Infatti ad esempio le ultime disposizioni riguardo l’inclinazione delle leve sono figlie di un accordo fatto con noi. Abbiamo dato noi le istruzioni per capire come arrivare a un controllo semplice ed efficace. E la fine insieme a loro abbiamo promulgato questo tipo di discorso.
E’ così per tutto?
Se ad esempio parliamo di ruote, mettiamo assieme 4-5 aziende, generalmente le più interessate al prodotto, e si portano avanti gli studi, si fanno i test e le proposte per poi arrivare a raggiungere il massimo possibile. L’obiettivo è avere la sicurezza al numero uno. Seconda cosa, l’affidabilità. Terza, l’accessibilità che è importante per l’UCI: quello che è a disposizione degli atleti, deve essere disponibile nel mercato per tutti, per dare a tutti le stesse soluzioni. Il concetto di base è questo.
Dall’inizio dello scorso anno è entrata in vigore la nuova normativa sulle protesi aerodinamicheLo sviluppo delle nuove posizioni viene elaborato da Vision al computer corridore per corridore (foto FSA)Dall’inizio dello scorso anno è entrata in vigore la nuova normativa sulle protesi aerodinamicheLo sviluppo delle nuove posizioni viene elavorato da Vision al computer corridore per corridore (foto FSA)
Tornando per un attimo alle leve girate?
I corridori si sono lamentati per la sicurezza. Sono andati dall’UCI chiedendo di intervenire, per vietare questo tipo di discorso. Tanti hanno visto che in certe fasi, avendo le leve così ruotate, c’erano problemi di frenata e prontezza di reazione. Avevano paura che questo potesse creare delle cadute. L’UCI non poteva essere sorda al richiamo dei corridori, quindi si è rivolta a noi chiedendo cosa potessimo fare insieme. E noi abbiamo fatto delle simulazioni e degli studi, stabilendo il limite secondo noi di questa rotazione, senza il rischio di compromettere la sicurezza. Una volta che l’UCI ha ricevuto gli strumenti per arrivare a una conclusione, ha ufficialmente varato le nuove regole. E’ frutto di un lavoro di equipe che ora si sta occupando anche di altri componenti.
Ma visto che i corridori ruotavano le leve per essere aerodinamici, l’industria sta lavorando a manubri che gli permettano di esserlo stando nelle regole?
Certamente. Infatti si cominciano a vedere manubri che in qualche modo gli permettono, sia pure minimamente, di tenere la stessa posizione. Da anni sono tutti matti per i marginal gain, andando a risparmiare un watt qua e un watt là, per cui è giusto assecondarli.
Il fatto invece che sia stato imposto un limite alla larghezza dei manubri comporta qualcosa per voi aziende?
Dal punto di vista della produzione, non ancora. A livello commerciale invece si dovrà valutarne l’impatto. Se ci avete fatto caso, quasi tutti i corridori usano telai di una misura più piccola, con attacchi da 150-160 e manubri molto stretti, da 38 a un massimo di 40 centro/centro. Dovremo capire se l’utente finale vorrà imitarli oppure rimanere fedele al manubrio dal 42 con cui guida meglio e sta più comodo. Invece per la fornitura alle squadre, dato che ormai si è ristretto tutto di una o due misure, va fatto il riassortimento in base alle esigenze dei corridori. Oggi si usano il 38 e 40, non di più.
L’UCI ha stabilito il massimo allungamento, l’inclinazione e l’altezza delle protesi da crono (foto FSA)Con la normativa di fine 2022, le protesi vengono inserite nel contesto manubrio, che a sua volta ha delle nuove specifiche (foto FSA)Per dare modo a corridori di tutte le taglie di stare in posizione, è stato previsto un triplo range di misure (foto FSA)L’UCI ha stabilito il massimo allungamento, l’inclinazione e l’altezza delle protesi da crono (foto FSA)Con la normativa di fine 2022, le protesi vengono inserite nel contesto manubrio, che a sua volta ha delle nuove specifiche (foto FSA)Per dare modo a corridori di tutte le taglie di stare in posizione, è stato previsto un triplo range di misure (foto FSA)
E’ stata più impattante questa riforma o quella di due anni fa con cui sono stati rivisti i manubri da crono?
Quella, non c’è il minimo dubbio. Sono anni che continuiamo a fare sempre continuamente nuove estensioni per i manubri e loro a cambiare le regole. Che poi non è solo il manubrio. Magari il costruttore parte dalla regola in vigore, realizza la bici nuova e noi facciamo l’estensione di conseguenza. Poi l’UCI cambia le regole ed è un vero bagno di sangue. Ogni anno siamo in ballo, specialmente con le squadre più importanti.
Rogers adesso si è ammorbidito?
Ha fatto esperienza. Inizialmente aveva la pressione dei grandi capi che volevano imporre le loro regole. Ma essendo una persona ragionevole, gli spieghi le cose, si rende conto che abbiamo bisogno gli uni degli altri, e quindi collaborare con noi è vantaggioso. Non dimentichiamoci che i soldi che gli arrivano dall’omologazione dei prodotti sono tanti.
Attaccare il numero sulla schiena e prendere vento in faccia non l’hanno mai spaventata, ma c’è un dato che salta all’occhio della scorsa stagione di Giorgia Vettorello. Sessantanove giorni di gara (di cui tre open) ed un solo “DNF”, ovvero gara non portata a termine. Nel ciclismo moderno se non è un record poco ci manca.
Ed in questo avvio di 2024 ha iniziato sempre da stakanovista (nove corse in venti giorni), con l’unica ed importante differenza dei colori di maglia. Vettorello è entrata nel WorldTour passando alla Roland dopo due anni dalla BePink-Bongioanni con cui si è tolta la soddisfazione di cogliere un successo in Francia. Fra poche ore la ventitreenne di Mogliano Veneto atterrerà oltreoceano in America Centrale sulle sponde del Pacifico per un training camp sui generis. Insomma, per Giorgia la nuova avventura col team svizzero è iniziata in modo profondo. Ecco cosa ci ha raccontato.
Vettorello (seconda da destra) in questo inizio di 2024 ha già accumulato nove gare in venti giorniVettorello (seconda da destra) in questo inizio di 2024 ha già accumulato nove gare in venti giorni
Cominciamo subito dalla trasferta intercontinentale. Cosa avrete in programma?
Andremo a El Salvador, Nazione del nostro general manager Ruben Contreras. Staremo via tre settimane, rientreremo il 14 marzo pronte per il Trofeo Binda a Cittiglio. Laggiù durante quel periodo soggiorneremo in montagna in una casa di proprietà di Ruben, anche se speravamo di stare nella sua villa al mare (sorride, ndr). Battute a parte, lui è molto attivo e in pratica ha contribuito ad organizzare nuovamente delle gare di classe 1.1. Faremo nove giorni di gara (la prima il 4 marzo, ndr), compresa la Vuelta a El Salvador, la gara a tappe del Paese.
Vi aspettate qualcosa da queste settimane?
Naturalmente puntiamo a fare dei risultati, ma credo che ci concentreremo su altro. Siccome non abbiamo fatto un vero e proprio ritiro in dicembre, in queste gare di inizio 2024 abbiamo visto che siamo un po’ più indietro rispetto alle altre squadre. Quindi per noi questo sarà un momento importante per fare anche un buon blocco di allenamenti e conoscerci meglio fra di noi. Sarà un bel periodo per gettare le basi per il resto della stagione.
Allenamenti e gare. Tra fine febbraio e metà marzo, la Roland trascorrerà tre settimane a El Salvador, nazione del suo general manager.Vettorello ha caratteristiche da passista-veloce e non ha paura di andare spesso in fugaAllenamenti e gare. Tra fine febbraio e metà marzo, la Roland trascorrerà tre settimane a El Salvador, nazione del suo general manager.Vettorello ha caratteristiche da passista-veloce e non ha paura di andare spesso in fuga
Finora com’è stato l’impatto con la Roland?
Mi sto trovando veramente molto bene. Il primo approccio è stato buono, nonostante le mie difficoltà con l’inglese, che prima non parlavo così frequentemente. Per mia fortuna mi hanno aiutato tanto ad inserirmi sia Elena sia Sofia (rispettivamente Pirrone e Collinelli, ndr). Anche Dronova, che è russa ed è stata una delle mie prime compagne di camera, mi ha consigliato una applicazione per migliorare più in fretta il mio inglese.
Hai sentito il cambiamento di categoria?
Per ciò che riguarda le gare no, perché con la BePink abbiamo sempre avuto calendari importanti. Devo dire però che il livello in gara è sempre più alto di anno in anno. Ho notato invece differenze sulla struttura della squadra, che ha tante figure specifiche al seguito ad ogni gara. Sotto il punto di vista tecnico per il momento non c’è alcun tipo di stress per i risultati. Questo è merito del diesse Sergey Klimov, che ha una filosofia molto tranquilla. Mi piace perché finora ci ha fatto vivere l’attesa della gara senza pressioni. Ovvio che ci sia una tattica ben precisa con compiti ben precisi, ma è lui il primo a tranquillizzarci qualora dovessimo fare errori, spiegandoceli con calma.
Giorgia Vettorello vince in solitaria la Kreiz Breizh con un attacco nel finale dopo una giornata in fuga (foto Gus Sev)Vettorello sul podio della gara bretone. Si tratta per lei della prima ed unica vittoria internazionale (foto Gus Sev)Giorgia Vettorello vince in solitaria la Kreiz Breizh con un attacco nel finale dopo una giornata in fuga (foto Gus Sev)Vettorello sul podio della gara bretone. Si tratta per lei della prima ed unica vittoria internazionale (foto Gus Sev)
Quali sono i compiti affidati a Giorgia Vettorello?
Rispetto al passato, adesso la realtà è cambiata. In BePink avevamo a turno i nostri spazi, qua alla Roland abbiamo ruoli definiti. Sono arrivata qua per aiutare la nostra velocista Maggie Coles-Lyster (atleta canadese che corre anche su pista, ndr). Sto lavorando per diventare una delle sue co-pilote, dato che sono abbastanza spericolata in volata e riesco a buttarmi abbastanza bene nei varchi. Per il resto, non mi tirerò indietro per aiutare la squadra o le compagne più forti. Così come non avrò paura a buttarmi in fuga, magari cercando di raccogliere il mio risultato migliore.
In questo modo l’anno scorso in Bretagna alla Kreiz Breizh hai conquistato la tua prima ed unica vittoria internazionale. Ce la ricordi?
E’ stata davvero una bella soddisfazione quella corsa. La fuga era partita grazie a me, anzi grazie a Walter (Zini, il team manager della BePink, ndr) che mi aveva suggerito quale poteva essere il momento giusto per approfittarne. Pioveva e siamo rimaste in quattro, comprese Malcotti e Silvestri. Ero molto fiduciosa perché nel circuito finale, da ripetere sei volte, al penultimo giro ero rimasta con Malcotti in cima alla salita. All’ultimo passaggio ho attaccato a circa due chilometri dal traguardo in prossimità di una curva a destra in contropendenza. E’ vero, sono stata fortunata perché proprio in quella curva Malcotti e Silvestri sono cadute ruotandosi, ma io avevo già allungato. Ho tentato il tutto per tutto ed è andata bene.
Come sei arrivata alla Roland?
E’ nato tutto un po’ per caso, verso fine estate. Attraverso qualche conoscenza in comune, ero andata a fare dei test da Fabio Vedana, preparatore della squadra ed ora mio allenatore, per capire meglio quali fossero i miei limiti e valori. Lui è stato molto disponibile e guardando i dati, mi ha segnalata alla Roland senza garantirmi nulla, pur spiegandomi come fosse strutturata la squadra. Il giorno dopo quel test, mi ha chiamato Ruben dicendomi che mi offriva il contratto per quest’anno. Naturalmente sono contentissima, visto che oltretutto io trevigiana corro su una bici trevigiana (sorride orgogliosa alludendo a Pinarello, fornitore della squadra, ndr).
Nel 2023 Vettorello ha disputato sessantanove giorni di gara con la BePink. Alla Roland avrà un calendario meno fittoAl UAE Tour Vettorello ha lavorato per la velocista Coles-Lyster. Quest’anno dovrà pilotare la canadese nelle volateNel 2023 Vettorello ha disputato sessantanove giorni di gara con la BePink. Alla Roland avrà un calendario meno fittoAl UAE Tour Vettorello ha lavorato per la velocista Coles-Lyster. Quest’anno dovrà pilotare la canadese nelle volate
L’anno scorso ha gareggiato tantissimo con la BePink. Ti sono pesate tutte quelle corse?
Onestamente no e devo dire che non ho finito la stagione particolarmente stanca. In realtà avevo fatto molta fatica nella prima parte del 2023 per un problema ad una spalla. Ho sempre corso, poi dal Giro femminile in avanti sono sempre stata meglio e ho tirato dritto sino in fondo. Anche in questo caso ringrazio Zini che mi ha fatto viaggiare tanto gestendomi bene. Anche perché siamo arrivati al limite massimo dei settanta giorni di gara consentiti.
Quale sarà il calendario di Giorgia Vettorello?
Dopo Cittiglio, avrò un bel blocco di gare al Nord, ma non dovrei correre la Roubaix. Se ci sarà, dovrei fare la Vuelta a maggio e poi il Giro Women a luglio. Il resto non è stato ancora definito, lo vedremo più avanti. Di sicuro saranno previsti più periodi di riposo rispetto all’anno scorso.
La fine dell'inverno e l'inizio della primavera è sempre un periodo conflittuale per Silvia Zanardi. Però voglia di carburare e obiettivi non le mancano
Il 2022 della BePink è ricco di 23 vittorie. Per il prossimo anno l'obiettivo è ripetersi grazie al suo tridente e ad una squadra giovane ed equilibrata
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