EDITORIALE / Quello che perdono i campioni nascosti

31.05.2021
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«Tante volte la gente crede che per essere felici serva avere sempre di più – ha detto Bernal ieri a Milano – ma io ho imparato che questo ti allontana dalla vera felicità. Per quella bastano le cose semplici e io adesso sono un uomo felice». Il Giro d’Italia di Bernal va in archivio portando con sé le storie del colombiano e di Caruso che, seppure nati da storie e strade diverse, hanno conquistato pubblico e addetti ai lavori con la cifra della semplicità. Fatica. Famiglia. Dedizione. Grinta. Rispetto del lavoro. Il coraggio di raccontarsi. La grande dignità nell’ammettere i momenti difficili. I campioni di ciclismo sono prima di tutto uomini ed è proprio questa dimensione così vicina alla nostra a renderli se possibile più grandi.

A Sega di Ala a Tonina il riconoscimento di Marco Pantani come campione più amato del Giro
A Sega di Ala a Tonina il riconoscimento di Marco Pantani come campione più amato del Giro

«Sono cresciuto con i miei valori – ha detto Caruso dopo la tappa vinta – e li ho portati avanti nel tempo. Prima di essere un ciclista, mi piace pensare di essere un uomo e una persona perbene».

Filtri e controlli

Ci sono i filtri. Ci sono gli uffici stampa. E per carità, crediamo anche noi che serva preservare la vita privata dei campioni e la tranquillità durante gli allenamenti. Quello che invece non serve è impedirgli di esprimersi. E’ chiaro che raccontarsi nei momenti della vittoria sia più facile che farlo in quelli difficili, ma crediamo che proprio da questa dialettica con la stampa e di riflesso col pubblico nasca l’immagine di campioni a 360 gradi, che finiranno con l’essere comunque un riferimento per chi guarda a loro cercando l’ispirazione. Abbiamo narrato con i brividi le prime vittorie di Pantani, siamo rimasti senza parole adeguate davanti alle più grandi e ascoltato con angoscia, capacità critica e brividi diversi le sue difficoltà, senza che nelle occasioni pubbliche Marco si sia mai nascosto. Privare il campione di un vero confronto, selezionando al suo posto gli argomenti è fargli probabilmente un torto.

I talenti vanno preservati dall’assalto dei media, ma anche educati al confronto: a chi giova isolarli?
I talenti vanno preservati dall’assalto dei media, ma anche educati al confronto: a chi giova isolarli?

«Il dopo Tour – ha detto ancora Bernal – fu un miscuglio di tutto. Ho vinto la maglia gialla a 22 anni e non sapevo cosa fare con la mia vita. Avevo raggiunto il sogno di ogni ciclista: e adesso che faccio?».

Campioni nascosti

Pensiamo a Pogacar, che in questi giorni si sta allenando a Livigno, e alla difficoltà di incontrarlo e parlare con lui. Pensiamo a Nibali, che ha tanto da raccontare e dare, ma viene tenuto al riparo (probabilmente anche per sua volontà) da domande che inevitabilmente a questo punto sarebbero scomode. E’ un lavoro non semplice e ce ne rendiamo conto, ma isolare i campioni dal confronto, assecondare la voglia di chiudersi o confinarli in ambienti controllati e ovattati, significa privarli del confronto e del modo, a tratti scomodo, di prendere contatto con la realtà.