Ballerini, che sfortuna. Il ginocchio fa ancora male, niente Nord

23.02.2024
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La notizia è di quelle che non vorremmo sentire: Davide Ballerini non prenderà parte all’Omloop Het Nieuwsblad e con ogni probabilità ad una grossa fetta della Campagna del Nord. Il problema al ginocchio, già manifestatosi nella passata stagione quando Davide saltò proprio le prime due classiche belghe e la Sanremo, è tornato a farsi sentire. E in modo ancora più violento a quanto pare (in apertura foto Astana Qazaqstan Team).

Un vera beffa per il “Ballero” e per la sua nuova “vecchia” squadra. Il lombardo infatti era tornato all’Astana proprio per poter essere leader, protagonista in queste corse. Tre stagioni alla Soudal-Quick Step, dove era maturato e dove aveva anche vinto proprio l’Omloop Het Nieuwsblad nel 2021, e quindi il ritorno da uomo pronto.

Stefano Zanini, uno dei direttori sportivi dei kazaki, lo aspettava a braccia aperte. L’entusiasmo per potersi giocare queste corse con un uomo come Ballerini era stimolante non poco. Adesso il diesse varesino, che si trova in Belgio già da lunedì, sta ridisegnando la squadra che appunto faceva perno attorno a Ballerini.

Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi del team kazako. Lui è uno degli habitué del Nord (foto Instagram)
Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi del team kazako. Lui è uno degli habitué del Nord (foto Instagram)
Stefano, non una grande notizia quella di Ballerini. Sembrava che forse poteva non esserci dopo aver passato un gennaio complicato…

E invece proprio non c’è, poverino. Purtroppo questo problema al ginocchio c’è ancora. O meglio, lo sta risolvendo, sta migliorando. Davide è tornato in sella, ma per queste classiche non c’è. Non può essere pronto chiaramente.

E adesso come ridisegnerai la tua squadra? Alla fine Ballerini lo avevate preso con il grande obiettivo proprio di queste corse…

Abbiamo abbiamo Cees Bol, Alexey Lutskenko e, almeno per l’apertura, anche Yevgeniy Fedorov che secondo me può fare molto bene. Poi vediamo anche con Max Kanter e Ide Shalling cosa riusciamo a fare.

Però Ballero era il vostro uomo di punta: lui, con una squadra intorno…

Eh sì. Io e noi tutti ci contavamo molto. Io ero contento di venire quassù con lui. Sono contentissimo del suo ritorno. Dispiace parecchio che non ci sia. Era un uomo importantissimo per queste gare. Però guardo avanti e allora penso che Bol sul pavé è bravo, che si muove molto bene. E che gli altri ragazzi stanno bene. Possiamo essere protagonisti: abbiamo una buona squadra.

Era il 2021 e Davide Ballerini (classe 1994) vinceva l’Omloop Het Nieuwsblad
Era il 2021 e Davide Ballerini (classe 1994) vinceva l’Omloop Het Nieuwsblad
Vero, e questo aumenta il dispiacere. Da un punto di vista “romantico”, mettiamola così, immagini che qualche consiglio ai compagni Davide lo darà? Tanto più che è stato l’ultimo italiano a vincere l’Het Nieuwsblad due anni fa? Arriverà qualche messaggio da remoto?

Perché no! Potrebbe essere una motivazione per la squadra. Già da questo inverno Davide ci teneva molto a questa corsa. Sono le classiche che piacciono a lui: sul pavé si diverte. Qualche consiglio da lui magari farebbe bene all’economia della squadra e al morale.

Più o meno quando pensi di poterlo riavere?

Non lo so di preciso. Ma secondo me, visti i tempi, non lo vedremo neanche per le prossime gare del Nord.

Neanche per il Fiandre (31 marzo, ndr)?

Per ora è ancora nelle liste e nei programmi della squadra, ma è troppo indietro. La vedo difficile. A questo punto non è il caso di forzare i tempi. Vogliamo che la cosa si risolva nel miglior modo possibile e soprattutto che Ballerini non abbia altri intoppi, altre ricadute. Se le classiche dovessero essere perse del tutto, meglio recuperare senza fretta, ma bene per tutto quello che viene dopo.

Le poche foto di Ballerini con la nuova maglia dell’Astana. Per ora lo possiamo vedere solo in allenamento (foto Astana)
Le poche foto di Ballerini con la nuova maglia dell’Astana. Per ora lo possiamo vedere solo in allenamento (foto Astana)
E tu “Zazà”, sappiamo che sei in Belgio da lunedì. Hai provato anche il percorso dell’Omloop Het Nieuwsblad?

Più che altro ho provato fatica in generale! Ho fatto alcuni muri in bici: il Kwaremont, il Paterberg, qualche strada in pavé. E ho provato il finale, gli ultimi 40 chilometri, della Kuurne-Bruxelles-Kuurne, che è stato un po’ modificato. Ci sono più stradine laterali e per domenica mette vento forte. Vento laterale e questo potrebbe fare la differenza.

Anche i ragazzi sono già lì con te da lunedì? 

No, loro sono arrivati ieri sera. La verità è che io fino a domenica ero in Portogallo, all’Algarve. Sarei dovuto venire su in macchina. Sarei passato da casa solo per un giorno, ma con mille chilometri in più da fare. E così ho tirato dritto.

Caspita! Tornando a Ballerini, ripensando anche a come è andata con Moscon l’anno scorso, e a tutti i malanni dell’Astana-Qazaqstan negli ultimi anni, qualche scongiuro in più non guasterebbe…

Servirebbe un tuffo nell’acquasanta! E’ vero. Ripeto, è un peccato. Noi e Ballero ci tenevamo molto. Avevamo fatto le cose per bene. Pensate che il 4 dicembre eravamo venuti quassù in Belgio per fare dei sopralluoghi, per testate i nuovi materiali: per dire quale motivazione c’era. Poi a gennaio è tornato, improvviso, questo dolore al ginocchio.

Omloop Het Nieuwsblad, la strana vigilia di Longo Borghini

23.02.2024
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«Ci vediamo poco, come al solito. E’ sempre al lavoro, non viene mai a casa e non mi porta con lui a vedere la partita». Elisa Longo Borghini ride. L’umore è buono e scherza così sulla vita da sposati. Jacopo è al UAE Tour e ieri mattina è partita anche lei, in direzione della Omloop Het Nieuwsblad che domani aprirà la stagione del Nord.

Quelle sono le sue corse, per le quali sente aumentare la temperatura del sangue nelle vene. E anche se l’effetto è lo stesso, quest’anno la campionessa italiana sa che le gambe non seguiranno il tempo dei battiti del cuore. In questo correre frenetico da un traguardo all’altro si tende a dimenticare ciò che Elisa ha vissuto lo scorso anno al Tour o comunque non se ne è colta la portata.

«Quando sono rientrata al Tour de Romandie – scherza ancora – è venuta a parlarmi Marlene Reusser. E mi ha detto, col suo accento da svizzera: “Elisa, se ti fosse successo 50 anni fa, saresti morta!”. L’ho ringraziata facendo gli scongiuri, ma in fondo aveva ragione. La setticemia non è una cosa con cui scherzare e devo dire grazie ai medici che hanno capito subito e sono intervenuti. La squadra mi ha mi ha supportata e mi ha mandato a casa. L’operazione è stata fatta in tempo zero e poi anche la guarigione è stata perfetta. Non ho avuto nessun tipo di intoppo, c’era solo da aspettare che tutto fosse a posto».

Per questo la sua ripartenza è stata più cauta del solito. Slongo non ha voluto sentire storie e in accordo coi medici le ha letteralmente tolto la bici, costringendola a pensare soltanto al matrimonio con Jacopo Mosca, celebrato il 28 ottobre e seguito da una lunga e provvidenziale vacanza. Anche se tenere ferma Elisa non è impresa facile. La sua stagione è ripartita con il UAE Tour Women, chiuso in settima posizione: quanto basta per sentire le gambe spingere e capire il da farsi.

E quindi arriviamo in Belgio con quali sensazioni?

Devo dire che male non sto, ma non sono al top della mia condizione, come deve essere secondo Slongo. Poi è chiaro che ad Elisa Longo Borghini, che vorrebbe essere sempre al top e sempre rampante, un pochino magari le scatole girano. Però questo è un percorso che sto affrontando e siamo nel punto in cui volevamo essere. Quindi non sarò l’Elisa che avete sempre visto nelle primissime classiche del Nord. Anche se, a dirla tutta, negli ultimi anni non ho combinato niente, pur andando forte…

E’ qualcosa legato alla programmazione oppure ai problemi della scorsa stagione?

C’è da aprire una parentesi molto più ampia. Sono tornata a correre in UAE dopo sette mesi di inattività. Dopo la setticemia del Tour de France, non si può dire che io abbia ripreso al 100 per cento gli allenamenti. O meglio, li ho ripresi ma non ero in salute, quindi ho perso veramente tanto. Ho perso molta base e ho dovuto ricominciare da zero, quindi siamo ancora in fase di ricostruzione. Poi è ovvio che c’è una programmazione e stiamo puntando ad avere il primo picco di forma ad aprile per le Ardenne. Però prima di tutto questo c’è la necessità di ricostruire l’atleta.

Forse il tanto tempo passato ha fatto perdere di vista la gravità del problema.

Non è stata una cosa da niente, devo dire la verità. Non mi piace piangermi addosso e non sono neanche una che fa grandi comunicati, però è stata una cosa veramente violenta e seria. E quando poi ho ricominciato a pedalare, nella speranza che le cose andassero bene, ho capito che quando succedono queste cose a livello sistemico, è sempre difficile uscirne. Non sono mai rientrata in competizione. Ho provato a ricominciare al Romandia, ma non ero per niente a posto e da lì abbiamo deciso con la squadra che era il caso di fermarsi. Da settembre in poi ho fatto solo qualche sgambata e un po’ di ore in bici, un po’ di corsa a piedi solo per tenere il corpo in movimento. E da lì c’è stato uno stacco, che non avevo mai fatto così lungo in tutta la mia vita.

Stacco completo?

Non facevo niente e potete capire quanto mi sia costato stare ferma. Slongo mi ha mandato in vacanza, in viaggio di nozze. Per cui potete capire da quello che vi ho detto che quando sono ripartita ero veramente a zero. Quindi ora sto facendo un percorso che mi riporterà ai miei livelli, ma ci vorranno tempo e tanta santa pazienza.

Diciamo che la stagione è così ricca che anche andando in forma ad aprile, gli obiettivi non mancheranno…

Il calendario è fitto, da aprile in poi, ma è fitto anche subito. C’è il Giro, ci sono le Olimpiadi, c’è tanta carne da mettere al fuoco. Guardandola in quest’ottica, non mi dispero. Ma io come atleta vorrei sempre andare forte. Ora si lavora per fare un vero e proprio picco di forma, invece che essere sempre lì davanti senza concludere. Ma io so che sto lavorando per tornare ai miei livelli, per essere l’Elisa di sempre. Non sempre le cose vanno come da programmi e questo l’ho imparato sulla mia pelle. E adesso sto lavorando duro, cercando di fare le cose al meglio.

Longo Borghini con coach Slongo: è stato Paolo a imporle il lungo stacco per poi ripartire gradualmente
Longo Borghini con coach Slongo: è stato Paolo a imporle il lungo stacco per poi ripartire gradualmente
La salute come va adesso?

Fortunatamente i problemi fisici sono tutti superati. Sono sana. Ogni tanto ci ripenso e mi dico che sono stata anche tanto fortunata. Poteva succedere qualcosa di peggio.

La Longo si ricostruisce, intanto il resto della squadra cresce e sembra sempre più solida…

C’è gente che è cresciuta come Shirin Van Anrooij e gente che è ritornata, come Lizzie Deignan. L’ho vista forte al training camp, secondo me sarà una di quelle che magari sai nessuno considera perché ha fatto un 2023 solo a lavorare, invece potrebbe sorprendere. E poi abbiamo delle ragazzine giovani che secondo me sono molto promettenti.

Ti chiediamo un parere tecnico. Ancora una volta in questo inizio di stagione Gaia Realini ha avuto qualche problemino in discesa: sai dirci come stanno lavorando su questo aspetto?

Abbiamo la fortuna di lavorare con Oscar Sainz, un signore spagnolo che da quest’anno è sotto contratto con Lidl-Trek che si occupa proprio di questo. Cioè insegna tanto la tecnica di discesa. Non so Gaia quanto lavorerà vicino a lui, però credo che sarà un ottimo punto di riferimento.

Elisa Longo Borghini, classe 1991, è elite dal 2011: nel gruppo Trek dal 2019 (foto Lidl-Trek)
Elisa Longo Borghini, classe 1991, è elite dal 2011: nel gruppo Trek dal 2019 (foto Lidl-Trek)
Hai detto che non hai ancora le sensazioni della solilta Elisa: cosa ti manca?

In questo momento mi manca il fuori giri. Ho fatto tantissima base questo inverno e ho lavorato poco sulla parte alta. Mi manca questo e devo dire la verità: non è semplice ritornare a correre dopo che hai fatto un anno praticamente out. Manca anche un po’ la consapevolezza di andare forte. Non so ancora bene dove sono. E’ stato bello al UAE Tour avere un primo test sulla salita, infatti ringrazio la squadra perché mi hanno lasciato fare la corsa, in modo da capire a che punto fossi, da che parte ero girata. Ma una cosa è certa, a questi livelli non ti inventi nulla…

FAS Airport Services-Guerciotti-Premac, una famiglia nel cross

22.02.2024
5 min
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Orgoglio, fiducia, tecnica. Tre sono le parole che sono emerse dalla nostra intervista a tre atleti della FAS Airport Services-Guerciotti-Premac. Tre differenti aspetti che rappresentano il vissuto di un anno all’interno della formazione di ciclocross italiana. Una su tutte però, la quarta, ci ha colpiti perché ripetuta da tutti, la parola “famiglia“. Un concetto per niente scontato quando si parla di agonismo, ma che spesso riecheggia negli ambienti più sani e prosperi di risultati in questo sport. Ad accompagnarci nel dietro le quinte di questo anno ricco di successi sono stati: Gioele Bertolini, Samuele Leone e Sara Casasola.

Il campionato italiano di “casa” è stato un successo per i colori Guerciotti
Il campionato italiano di “casa” è stato un successo per i colori Guerciotti

Poker tricolore e non solo

A rendere un successo la stagione della FAS Airport Services-Guerciotti-Premac c’è su tutti il poker di maglie conquistato nei campionati italiani organizzati proprio da Guerciotti a Cremona. Per il team manager Alessandro Guerciotti, è stato un anno da incorniciare con risultati che vanno a completare una bacheca già ricca. 

«E’ stata veramente una stagione esaltante per i nostri colori – afferma Guerciotti – con i titoli italiani conquistati dalla junior Elisa Ferri, da Valentina Corvi alla prima stagione tra le under 23 e dalla elite Sara Casasola, nonché nel team relay: un poker importante di maglie tricolori. E Sara Casasola è arrivata terza al campionato d’Europa delle elite: una medaglia che a noi mancava. Non solo: fino al termine del 2023 eravamo privi della maglia tricolore femminile elite, in passato le avevamo vinte con le juniores e under 23, quindi Sara Casasola ha tolto un ulteriore zero dalla casella. Le quattro vittorie di Sara nelle corse internazionali e i piazzamenti tra le prime nelle prove della Coppa del Mondo hanno garantito al nostro team notevole visibilità».

Bertolini ha dimostrato una crescita costante anche in questo anno
Bertolini ha dimostrato una crescita costante anche in questo anno

L’orgoglio di Gioele

Come primo traghettatore in questo viaggio nel team Guerciotti, ci ha accompagnato il corridore con più esperienza, Gioele Bertolini. Nelle sue parole si può notare l’attaccamento alla maglia e la consapevolezza di essere una guida per gli altri. 

«Io cerco sempre – dice Bertolini – di aiutare e mettere a disposizione la mia esperienza, nell’ottica della squadra in primis ed anche per i miei compagni. La differenza di questo team dalle altre squadre è il concetto di famiglia. Guerciotti è così forte grazie alla storia che ha alle spalle con i grandi campioni che hanno vestito questa maglia e la passione che ci mettono tutt’ora, nello strutturare e formare una squadra competitiva.

«Da ogni stagione c’è sempre qualcosa da imparare e mettere a frutto nelle stagioni a venire. Vestire questa maglia in giro per l’Europa per me è motivo di orgoglio e responsabilità, sapendo anche quanti campioni nel passato hanno corso per Guerciotti e questo mi rende fiero nel vedere la gente che riconosce la maglia».

Samuele Leone ha trascorso tre stagioni nel team Guerciotti (foto Alain VDP Photography)
Samuele Leone ha trascorso tre stagioni nel team Guerciotti (foto Alain VDP Photography)

Leone e la tecnica

Samuele Leone ha appeso la bici al chiodo per dedicarsi alla sua passione più grande, fare il meccanico di bici a tempo pieno. Così abbiamo chiesto al classe 2001 che quest’anno ha conquistato il Turin International Cyclocross e numerose top ten, di portarci nella tecnica della squadra. 

«Nei miei tre anni – racconta Leone – mi sono sempre trovato bene. Ho un bellissimo rapporto con Gioele, quando c’erano difficoltà mi sono sempre appoggiato a lui e l’ho visto sempre come un fratello più grande. Sicuramente avevamo un ottimo livello, con Sara e i giovani siamo stati davvero forti. Tutti nel nostro piccolo abbiamo fatto il meglio possibile. Vito Di Tano ha l’esperienza giusta per dare i consigli e far crescere ogni atleta giovane o esperto che sia.

«Come bici usavamo la Eureka CXS. Un modello davvero performante con cui tutti si sono trovati molto bene. Non abbiamo mai avuto problemi tecnici. Siamo stati seguiti maniera perfetta. Avevamo l’assistenza sia di due meccanici belgi che hanno lavorato con grandi squadre e che quindi non ci han fatto mai mancar niente. Mentre in Italia eravamo seguiti da più meccanici, però sicuramente molto bravi. E poi c’è sempre il supporto di Alessandro Migliore che ci mette tanta esperienza e passione e non ha mai sbagliato un colpo».

Sara Casasola con Alessandro Guerciotti
Sara Casasola con Alessandro Guerciotti

La fiducia di Casasola

Per concludere il nostro viaggio tra le fila del team FAS Airport Services-Guerciotti-Premac non potevamo non sentire la voce della campionessa italiana Sara Casasola. La medaglia di bronzo all’europeo elite, ha sottolineato più volte la parola “fiducia” per descrivere l’ambiente della squadra. 

«Questo – spiega Casasola – era il mio secondo anno. Ho trovato un ambiente molto sereno e professionale. Una cosa altrettanto importante è se la squadra riesce a trasmettersi quella serenità che ti permette di rendere al meglio. Qui ho trovato tutto ciò, non mi hanno mai dato nessun tipo di pressione, anche quando c’erano appuntamenti più importanti. All’ultima tappa di Coppa del mondo mi sono ritirata. Io ero mortificata perché appunto, era l’ultima gara della stagione con la maglia di campione italiano. Loro hanno compreso sotto ogni punto di vista e mi hanno dato supporto fin dal primo momento. Un lato umano per niente scontato.

«C’è molta serenità – conclude – ed è trasmessa da tutti nel team. La famiglia Guerciotti è sempre lì a darti una parola di conforto. Con Alessandro mi sento spesso e mi sostiene anche durante la mia stagione su strada. Sul campo invece Vito e Max Bonanomi sono fondamentali e sopratutto tutti ci diciamo tutto e la pensiamo allo stesso modo. Uscire da una bella stagione così nel cross ti porta ad avere una confidenza e una carica di fiducia per niente scontata che poi viene trasmessa alla strada. Per due anni è stato così e spero che possa esserlo anche nel futuro».

Ciabocco a ruota libera tra Australia, Dsm e la Omloop mancata

22.02.2024
6 min
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La curiosità ci è sorta guardando la starting list della Omloop Het Nieuwsblad femminile, tradizionale apertura europea del WorldTour anche tra i maschi in programma il 24 febbraio. Cosa ci fa una ragazza “peso paglia” di 19 anni in una gara che è un Fiandre in miniatura? Sicuramente esperienza, ma la risposta completa ce l’ha fornita Eleonora Ciabocco.

Per la verità è stata l’occasione per parlare di tanto altro con la marchigiana al secondo anno col Team dsm-firmenich PostNL, che ora racconta con maggiori dettagli rispetto al passato i propri aneddoti. Ciabocco ha iniziato il 2024 dall’Australia, però il suo calendario è ancora in via di definizione. Nel frattempo si è iscritta all’università di Camerino (alla Facoltà Ambiente Gestione Sostenibile delle Risorse Naturali), aggiungendo ai suoi obiettivi anche la volontà di conciliare tutti gli impegni nel migliore dei modi.

Eleonora facciamo un piccolo recap partendo dalla trasferta australiana. Com’è andata?

Era la seconda volta che andavo in Australia dopo i mondiali di Wollongong. La preparazione non ha riguardato solo gli allenamenti. Siamo stati seguiti dal nostro staff in tutto e per tutto per l’avvicinamento e poi per lo smaltimento del jet lag. Siamo arrivate laggiù il lunedì e il Tour Down Under iniziava al venerdì, per cui siamo riuscite a prendere bene i ritmi. Solo a Geelong, dove abbiamo corso un criterium e la Cadel Evans Race (che quest’anno si chiamava Deakin University, ndr), abbiamo trovato del vento e un po’ freschino, ma in generale il caldo non è stato un grande problema. Anche perché ci eravamo preparate a dovere.

In che modo?

A ridosso della partenza, il nostro staff ci aveva detto di fare una decine di saune, praticamente una al giorno. Ci aveva fatto un programma su come affrontarle in modo graduale. Io sono andata nel centro spa di un hotel di Montegranaro, che è a pochi minuti da casa mia a Corridonia. Ci andavo al pomeriggio dopo l’allenamento. Ho alternato la sauna finlandese a quella mediterranea. La prima è sui 90 gradi, la seconda sui 40. Ho iniziato con la prima facendo sedute da 5 minuti intervallate da docce fredde o ghiaccio. Poco alla volta sono arrivata a fare anche dei cicli da 15 minuti in quella finlandese che quasi non mi faceva sentire quella mediterranea (sorride, ndr).

Eleonora si è goduta la famiglia a casa. Qui col fratello Elia e la sorella Elisa, ex corridori che l’hanno ispirata a correre in bici
Eleonora si è goduta la famiglia a casa. Qui col fratello Elia e la sorella Elisa, ex corridori che l’hanno ispirata a correre in bici
A livello di gambe invece com’è andata?

Sono arrivata in Australia preparata. Mi sentivo bene e non ho sofferto di nulla. I miei compiti erano quelli di aiutare la squadra. L’obiettivo era lavorare per Megan Jastrab, la nostra velocista, ma prima di partire è caduta rompendosi il bacino e quindi le volate le ha fatte… Barale! Ci siamo dovute reinventare ed è stato divertente perché abbiamo fatto ancora più squadra, scoprendo qualcosa di nuovo in ognuna di noi.

Di risultati ne avete raccolti in effetti.

Siamo andate forte, anche se riconosco che il livello non era altissimo. Francesca si è piazzata diverse volte tra le prime cinque-sei. L’olandese Nienke Vinke, mia coetanea, ha fatto seconda di tappa a Willunga Hill e poi nella generale, conquistando la maglia di miglior giovane. Abbiamo vinto la classifica a squadre del Tour Down Under, dove abbiamo gestito momenti difficili nell’ultima tappa. Ed anch’io sono soddisfatta di me stessa. Alla Deakin University (corsa WorldTour australiana, ndr) ho chiuso 14ª nel primo gruppo aiutando nel finale Francesca, che ha fatto sesta, a riportarla sulle contrattaccanti.

Esperienza. Ciabocco nel 2023 ha corso sul pavè la Nokere Koerse, una gara poco incline alle sue caratteristiche
Esperienza. Ciabocco nel 2023 ha corso sul pavè la Nokere Koerse, una gara poco incline alle sue caratteristiche
Hai avuto qualche indicazione per le prossime gare?

Certamente ho avvertito buone sensazioni, seppur con le debite proporzioni. Noi ci eravamo preparate molto bene, ma come accennavo prima, la concorrenza non era molto alta. Avremo riferimenti maggiori con le gare in Europa e da lì, personalmente, capirò meglio la mia condizione. dopo un mese di allenamenti a casa

Quindi sabato correrai in Belgio la Omloop Het Nieuwsblad, una gara così poco incline a te?

A dire il vero no (risponde divertita, ndr). Ho visto che sono inserita nella lista partenti ed infatti alcuni miei conoscenti mi hanno scritto qualche giorno fa dicendomi che mi avevano messa nel fantaciclismo. Gli ho dovuto dire però che è un errore dei vari siti specializzati. Non so il motivo perché la squadra me lo aveva comunicato per tempo.

Sarebbe stata comunque una giornata in cui fare esperienza.

Sì certo. In Belgio non ho corso molto. Ho fatto il mondiale di Leuven nel 2021, la Gand-Wevelgem juniores l’anno successivo che non ha quasi nulla di quella elite. L’anno scorso ho disputato quattro gare, tra cui la Danilith Nokere Koerse che ha diversi tratti in pavè ed è molto lontana dalle mie caratteristiche. La filosofia della squadra però è proprio quella. Far fare esperienza a tutte le ragazze in questo tipo di gare o in quelle meno adatte. Infatti ad esempio Barale correrà la Omloop Het Nieuwsblad.

Notiamo sempre di più e con piacere quanto tu ti sia inserita benissimo e velocemente nella squadra. E’ giusta questa impressione?

Mi trovo davvero bene. A distanza di più di un anno sono sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta. Qualcuno diceva il contrario o che avrei trovato difficoltà. Invece no, pressioni non me ne danno. Anzi da junior ero sempre tesa prima delle gare, mentre ora sono molto serena. Ci siamo conosciute tutte molto bene perché i nostri tecnici ci fanno stare in camera sempre con compagne nuove proprio per questo motivo. E poi siamo giovanissime, pensate che la più grande è Rachele (Barbieri che ha compiuto 27 anni ieri, ndr).

Con lo studio come ti stai organizzando?

Sto provando a trovare i giusti incastri. Avrei voluto studiare fisioterapia, ma non era un indirizzo compatibile con la mia attività. Ne ho scelto un altro che mi piaceva ed in questo senso l’università di Camerino è fantastica perché essendo on-line mi dà la possibilità di gestirmi come posso. Sono poi entrata nel progetto legato agli atleti quindi sono veramente avvantaggiata. Attualmente sto studiando geologia per un esame, ma credo che rimanderò l’appello visto che sarò via a correre.

In Australia sono state buone le sensazioni provate in gara da Ciabocco
In Australia sono state buone le sensazioni provate in gara da Ciabocco
A questo punto il calendario di Eleonora Ciabocco cosa prevede?

Non ce l’ho ancora programmato anche perché noi che siamo andate in Australia abbiamo saltato il ritiro di gennaio dove solitamente si fa una prima programmazione. Quindi il condizionale è più che mai d’obbligo. Al momento so che dovrei correre la Strade Bianche e poi il Trofeo Binda. So che dovrei fare la Freccia del Brabante e poi un po’ di Ardenne tra cui la Liegi, che sarebbe la prima volta per me. Dato che la Vuelta verrà posticipata, potrei correre l’Itzulia Women e la Vuelta a Burgos. Qualcosa di più preciso lo saprò nelle prossime settimane.

Il ciclismo di Roglic, fra volontà, emozioni e fiducia

22.02.2024
6 min
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Non è mai troppo tardi per raggiungere i propri sogni. Primoz Roglic si è raccontato a L’Equipe in una lunga intervista, da cui abbiamo estrapolato e riletto i concetti chiave. Lo sloveno vincitore dell’ultimo Giro d’Italia debutterà il 3 marzo alla Parigi-Nizza (foto Instagram di aperetura), allo stesso modo in cui lo scorso anno era ripartito dalla Tirreno-Adriatico. La sola differenza è che nel 2023 era in ripresa dal terribile infortunio della Vuelta, mentre questa volta sorridendo ammette di aver rallentato per alcuni virus portati in casa dai bambini da scuola, ma per il resto dice di avere buona salute.

Il 28 maggio del 2023, Primoz Roglic riceve il trofeo del Giro dal presidente della Repubblica Mattarella
Il 28 maggio del 2023, Primoz Roglic riceve il trofeo del Giro dal presidente della Repubblica Mattarella

L’usura del tempo

Il cambiamento di squadra è stato fisiologico, per la consapevolezza che nell’attuale Visma-Lease a Bike la presenza di Vingegaard gli avrebbe precluso per sempre la chance del Tour. Poco dice invece della Vuelta. Se il danese ha ammesso di aver sofferto nel lasciare la corsa spagnola a Kuss, Roglic spiega di aver sempre saputo che l’americano potesse vincerla e per questo non sembra particolarmente afflitto.

«L’idea di cambiare maglia – dice – ha cominciato a prendere piede nell’estate. Facevo parte della stessa squadra da parecchio tempo. Non mi è venuto in mente all’improvviso, nell’ultima settimana della Vuelta. Avevo già riconosciuto l’usura del tempo e ad un certo punto bisognava fare il grande passo, ma solo a condizione che le condizioni fossero soddisfatte. Ho identificato venti gare che vorrei ancora vincere e che non sono nella mia lista di successi. Quindi ho dovuto cambiare, visto la mia squadra non poteva offrirmi queste opportunità. Il Tour de France è ovviamente il motivo principale del mio trasferimento e il mio obiettivo finale. A parte questo, mi piacerebbe diventare campione del mondo, vincere il Tour de Suisse e gare come il Tour Down Under. Ci sono tantissime gare fantastiche da vincere nel calendario ciclistico internazionale!».

L’amore per la neve non si scorda: prima di Natale, scorribanda sulle montagne di casa (foto Instagram)
L’amore per la neve non si scorda: prima di Natale, scorribanda sulle montagne di casa (foto Instagram)

Cordialmente avversari

Il guerriero non è affatto arreso, questo è certo. Non è difficile, almeno in apparenza, spiegare la differenza di atteggiamento fra Roglic, Pogacar e Vingegaard. Il danese, come pure Froome prima di lui, vince corse a raffica in avvicinamento al Tour, ma con la sensazione che siano conseguenza e necessità dettata dalla preparazione svolta. I due sloveni vincono perché amano le corse cui prendono parte, ne fanno obiettivi veri, pur riconoscendo la supremazia della sfida francese. E in questo, pur rimanendo rivali e con la ferita del Tour 2020 che ancora pulsa, i due hanno trovato delle insospettabili sintonie.

«E’ bello che Tadej abbia deciso di correre il Giro», spiega Roglic. «Vincerlo alla fine potrebbe essere più facile per lui di quanto sia stato per me. Non conosciamo ancora tutti i rivali, ma sarà difficile che qualcuno possa batterlo. Ha studiato bene tutto. Ama la pioggia e il maltempo, quindi il percorso di quest’anno dovrebbe adattarsi perfettamente. Purtroppo per lui (sorride, ndr) non sarà il primo sloveno a vincere la maglia rosa, perché quello l’ho già fatto io. E non so neppure se spenderà troppo verso il Tour, è difficile da valutare. Nel 2020 lo conoscevo a malapena. Ora so che è un ragazzo molto simpatico oltre che un grande campione. E’ difficile definire il nostro rapporto. Facciamo lo stesso lavoro, veniamo dallo stesso Paese che non è molto grande e viviamo entrambi a Monaco. Anche noi siamo avversari. Andiamo d’accordo, parliamo, è un ottimo compagno di viaggio e ovviamente ha tutta la mia stima».

Il 27 maggio 2023, giorno prima del gran finale, Roglic conquista la maglia rosa a Monte Lussari, in un tripudio di bandiere slovene
Il 27 maggio 2023, giorno prima del gran finale, Roglic conquista la maglia rosa a Monte Lussari, in un tripudio di bandiere slovene

Il giorno del Lussari

Il Giro resta un capitolo di grande impatto nella carriera di Roglic, che lo scorso anno scelse di correre in Italia, chiamandosi fuori dal Tour, avendo capito che in quella squadra non ci sarebbe stato posto per le sue ambizioni.

«Vincere un Grande Giro, qualunque esso sia – spiega – richiede un investimento tale per cui non potrò mai dire che una vittoria valga più di un’altra. Sarebbe irrispettoso nei confronti degli eventi e degli avversari. Quello che è certo è che le emozioni vissute al Monte Lussari durante l’ultimo Giro, quasi in Slovenia, rimarranno uniche. E’ legato al lavoro di squadra, alle condizioni drammatiche della mia cronometro (riferimento al salto di catena, ndr), alla comunione con i tifosi in quel contesto così speciale che mi ha ricordato la mia giovinezza come saltatore con gli sci. Tutti elementi che non si riuniranno mai più lo stesso giorno nello stesso posto. Le vittorie sono sempre importanti e allo stesso tempo non possiamo dormire sugli allori, dobbiamo rimetterci velocemente in cammino per prepararci alle conquiste successive. Non voglio nemmeno immaginare cosa significherebbe nella mia vita una vittoria al Tour de France».

Alla Bora lo ha accolto Cesare Benedetti, autentico veterano del team tedesco (foto Matthis Paul)
Alla Bora lo ha accolto Cesare Benedetti, autentico veterano del team tedesco (foto Matthis Paul)

34 come Bartali

Quel giallo continua a scintillare nel mezzo dell’estate, non si può fare a meno di guardarlo. E forse per quest’anno si potrebbe anche giustificarlo se nel nome della conquista sacrificasse il resto. La carta di identità dice che Primoz ha 34 anni, gli stessi di Gino Bartali quando vinse il secondo Tour. Un’età critica, anche se il record appartiene ancora a Firmin Lambot che lo vinse a 36 anni.

«Credo di poterlo vincere – dice Roglic – sono ancora qui, in buona salute, con un livello adeguato: ho la mia occasione e ci credo. Ho scelto la Bora-Hansgrohe perché negli ultimi due anni ha cambiato strategia e obiettivi. Adesso è una squadra completamente diversa, ha corridori di grande talento. Ho visto come ha corso nei grandi Giri delle ultime due stagioni, è strutturata per sostenermi in modo adeguato. Per questo non ho portato compagni con me, mentre ho insistito per avere il mio allenatore, Marc Lamberts. Non me la sentivo di rinunciare al suo bagaglio di conoscenze e sono felice che abbia accettato di cambiare squadra con me».

Non resta che cominciare, annotando un’altra singolare coincidenza. Anche il Tour del 2024, come quello del 2020 e come il Giro dello scorso anno, si chiuderà con una crono molto impegnativa sulle strade di Nizza, su cui Primoz si allena tutti i giorni. Quel giorno non ci saranno le migliaia di tifosi sloveni del Monte Lussari, ma si sentirà ugualmente un po’ a casa. E non è nemmeno da escludere che, con i due eroi nazionali impegnati in una sfida per la maglia gialla, quelle orde di appassionati così in gamba, si mettano in viaggio per fargli nuovamente sentire le loro voci.

Skerl è ambizioso: «Voglio conquistare un contratto da pro’»

22.02.2024
5 min
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Nella stagione Under 23 che parte proprio in questo fine settimana molti sono i prospetti italiani tenuti sotto osservazione e uno di questi è certamente Daniel Skerl. Il ventenne friulano è considerato uno degli elementi maggiormente in ascesa, tanto che non sarebbe una sorpresa vederlo a fine stagione approdare nel ciclismo che conta anche perché, militando nel Cycling Team Friuli devo team della Bahrain Victorious, ha già una strada privilegiata a sua disposizione.

Il friulano è nel taccuino di più squadre pro’, non solo della Bahrain
Il friulano è nel taccuino di più squadre pro’, non solo della Bahrain

I contratti però arrivano solo per chi se li merita a suon di risultati e questo Skerl lo sa bene. Ha lavorato duro durante tutto l’inverno e non vede l’ora d’iniziare, proprio da quella San Geo dove lo scorso anno una caduta sembrava aver gettato una fosca nube su tutta la sua stagione.

«Poi per fortuna non fu nulla di grave, anzi subito dopo infilai una serie di tre vittorie consecutive in 7 giorni. Nel complesso la stagione è stata positiva, sono arrivate anche due vittorie in Francia e Romania, oltre a tanti piazzamenti. Ho avuto un livello alto per tutta la stagione. Sicuramente militare in un team di prestigio come il CTF aiuta, è come stare in una piccola squadra WT, gli input per far bene ci sono tutti, ma poi la risposta è sempre affidata alle gambe…».

Skerl, con la maglia della nuova stagione, punta a una primavera ricca con i fuochi d’artificio (foto Nicola Blasi)
Skerl, con la maglia della nuova stagione, punta a una primavera ricca con i fuochi d’artificio (foto Nicola Blasi)
Sai bene che questa stagione sarà molto importante, quindi al di là delle prove di categoria saranno fondamentali anche i confronti con i pro’. Ne hai in programma?

Penso proprio di sì, d’altronde ho già avuto modo di confrontarmi con corridori molto più maturi negli anni scorsi all’Adriatica Jonica Race o in Slovacchia, ottenendo anche qualche risultato importante. Quando gareggi in quelle prove ti accorgi di come le cose cambiano, di quanto ottenere un risultato in quel contesto vale più di una vittoria nella tua categoria. Nel 2023 ho centrato un paio di Top 5, spero quest’anno di fare ancora meglio, vorrei alzare l’asticella.

Guardandoti, quali sono i tuoi punti forti e dove invece devi migliorare?

Sicuramente la volata è il mio marchio di fabbrica, posso ormai definirmi un velocista puro. Ma questo non basta, perché si vede ben come nel ciclismo attuale per emergere bisogna anche saper tenere in salita: tutti i migliori velocisti riescono a tenere il passo sugli strappi, corse perfettamente pianeggianti non ne esistono quasi più. Devo migliorare la mia resistenza in salita se voglio competere a livelli più alti e allargare il range delle corse a me adatte.

Lo scorso anno il friulano è emerso in volata anche al Tour de l’Alsace (foto organizzatori)
Lo scorso anno il friulano è emerso in volata anche al Tour de l’Alsace (foto organizzatori)
Quando si parla di velocisti, si parla anche di treni per la volata. Voi al CTF come siete messi?

Dipende molto dal tipo di corsa. In una prova a tappe si gareggia in pochi e se hai qualcuno che bada alla classifica (come a noi capita quasi sempre) è difficile sacrificare la squadra per la volata. Devo dire però che con i compagni si lavora bene e spesso comunque uno o due compagni mi aiutano nel trovare la posizione. E’ importante il feeling che si crea nel team, tanto è vero che in ritiro abbiamo anche provato in alcune occasioni il lavoro per gli sprint, per impostare il treno soprattutto nel periodo di preparazione in Spagna.

Ma quando il treno a disposizione non c’è, riesci a cavartela, a gestirti in una volata?

Nel ciclismo attuale è difficile emergere se non hai compagni che ti pilotano, ma il discorso è corretto, è importante anche sapersela cavare da soli. In questo mi aiuta molto il mio passato nella mountain bike. Bisogna saper leggere bene quel che succede in pochissimi attimi, avere la freddezza di fare le scelte giuste pur avendo l’adrenalina a mille. Quando è capitato me la sono sempre cavata bene portando comunque a casa risultati importanti.

Inizio marzo 2023: tre vittorie in una settimana. Qui a San Pietro in Gu (Photors)
Inizio marzo 2023: tre vittorie in una settimana. Qui a San Pietro in Gu (Photors)
Il fatto che molti pronosticano un tuo prossimo approdo fra i professionisti ti mette pressione?

Non particolarmente, so che sta a me, alla mia capacità di portare risultati. Io non posso far altro che cercare di dare il massimo in qualsiasi occasione e come dice sempre mia madre “se son rose, fioriranno”. Sono altri quelli che devono decidere per me, io posso solo dare loro materiale per farlo.

Ma sai che è una stagione fondamentale…

Sì, è una sorta di spartiacque per capire quale potrà essere il mio futuro, dovrò dare più del 100 per cento. A me comunque non pesa, anzi mi fa essere ancora più determinato. Se sarò abbastanza bravo spero di guadagnarmi anche qualche chance per correre con la squadra maggiore nella seconda parte di stagione, sarebbe già quello un bel segnale, un bel passo avanti.

Importante per la sua crescita saranno i confronti con team professionistici, previsti in Belgio e Croazia
Importante per la sua crescita saranno i confronti con team professionistici, previsti in Belgio e Croazia
Farai anche gare all’estero?

Penso proprio di sì, dal programma che ci hanno dato andremo a correre anche in Belgio e per me questa sarà una prima assoluta. Sono quelle gare che guardavo sempre in televisione iniziando a sognare, sono molto curioso di vedere come mi troverò in quella che reputo l’università del ciclismo.

Affini, il debutto stagionale nel team più forte

22.02.2024
5 min
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Edoardo Affini è atterrato in Belgio ieri sera. Prima si trovava con alcuni compagni sul Teide. Dalle Canarie a Bruxelles, cinque ore di volo per iniziare la stagione all’Omloop Het Nieuwsblad. E la inizia ancora una volta da protagonista, nella squadra… protagonista: la Visma-Lease a Bike (in apertura foto Instagram/Omloophetnieuwsblad).

Il gigante mantovano è soddisfatto e conscio dell’ottimo lavoro svolto sul vulcano dell’Atlantico. «E ora si inizia. E si inizia subito forte con l’Het Nieuwsblad, siamo mica qui a pettinar le bambole!». Anche l’umore è buono. 

Affini, uomo squadra, ma anche grandi prestazioni
Affini, uomo squadra, ma anche grandi prestazioni
Edoardo, la tua squadra si sa è super attenta ad ogni dettaglio: avete fatto la ricognizione anche di questa prima classica?

Non in questo periodo, perché come detto eravamo fuori, ma verso novembre abbiamo fatto dei sopralluoghi, degli allenamenti su quelle strade. Che poi alla fine sono quelle, si combinano in modo diverso di corsa in corsa. Per dire che non abbiamo fatto una ricognizione specifica per l’Omloop ma di quelle zone.

Questa corsa presenta ancora il Muur, il mitico Grammont: cosa si prova quando ci si passa anche da pro’ e in corsa?

Sai che è un punto storico del ciclismo. E’ bello vedere la gente che si ammassa e lo fa sia perché come detto è un punto storico, ma anche perché è un punto potenzialmente decisivo. Lì si può fare la differenza, come può non succedere. Basta pensare all’anno scorso quando Dylan (Van Baarle, suo compagno, ndr) era già fuori. Ci fu bagarre sul Grammont, ma non riuscirono a prenderlo. E’ un po’ quello che è ormai l’Oude Kwaremont al Fiandre. Sanno che è il punto decisivo, cruciale e tutti vanno lì. Anche noi percepiamo questa passione. E si percepisce anche l’odore delle patatine fritte!

Sei nel team più forte, che per di più proprio per questa gara viene da due vittorie, come si vive l’attesa? C’è pressione?

Veniamo, come avete detto, da due vittorie ed è chiaro che abbiamo una squadra forte e puntiamo a fare bene ancora, ma la concorrenza c’è ed è vasta. Noi cercheremo di fare la nostra corsa, poi quando sarà il momento di mostrare le gambe ci penseranno i vari leader di squadra. Una cosa è certa: ci aspettiamo poco aiuto.

Perché?

Perché cercheranno di metterci in difficoltà e dovremo noi gestire la situazione. Non dico che si metteranno d’accordo contro di noi, ma vorranno renderci la vita difficile. Ogni team avrà la propria tattica.

Van Baarle lo scorso anno sul Grammont, tra la folla…
Van Baarle lo scorso anno sul Grammont, tra la folla
Facciamo un po’ di nomi allora…

Beh, credo che se ti porti un Jasper Philipsen in volata possa essere un problema. E’ un brutto cliente, ma per chiunque. Jasper ha dimostrato di sapere andare su certi percorsi. Un’altro molto simile a lui è Arnaud De Lie. Occhio poi alla Lidl-Trek che ha una bella squadra e alla Soudal-Quick Step.

Nei grandi Giri c’è un derby Visma-UAE, nelle classiche c’è un dualismo Visma-Soudal?

Storicamente la squadra di Lefevere è stata la più vincente nelle classiche. Hanno l’esperienza, gli uomini e le conoscenze per fare bene. Se poi sia un dualismo solo con noi, non lo so. E’ diverso rispetto ad un grande Giro. Nelle corse di un giorno ci sono più variabili, la corsa è più aperta a più situazioni e a più squadre. Nei grandi Giri invece regge di più, l’ipotesi del dualismo: alla fine emergono certi valori.

Restiamo in casa tua, Edoardo. La vittoria di Van Aert in Algarve cambia qualcosa? 

Non direi, anche perché in squadra non abbiamo un solo capitano. Ci sono anche Van Baarle, Laporte. Wout se lo aspettano un po’ tutti e il fatto di avere più punte può essere un punto a nostro favore.

E per voi compagni di squadra la sua vittoria in Portogallo cambia qualcosa? Vi responsabilizza ancora di più?

No, uno come Wout non ha bisogno di vincere all’Algarve per essere leader. Semmai dà un po’ di morale a lui, gli dà un po’ di fiducia. Ha capito di aver lavorato bene durante l’inverno. Sa di essere partito col piede giusto.

Het Nieuwsblad, Affini tira il gruppo. Nelle ultime due edizioni i gialloneri hanno vinto
Het Nieuwsblad, Affini tira il gruppo. Nelle ultime due edizioni i gialloneri hanno vinto
Invece veniamo a te. Come vivi queste 72 ore che ti separano dal debutto stagionale? Com’è questo viaggio dal Teide all’Het Nieuwsblad?

Alla fine sono state cinque ore di volo. Qualcuno all’arrivo al Nord, ha scelto se fare i rulli o riposo totale. Oggi faremo una giornata molto semplice. Anche per abituarci allo sbalzo di temperatura. Domani, venerdì, invece faremo qualche accelerata per svegliare il motore. Non so se andremo sul percorso, non ho ancora il programma dettagliato.

Edoardo, tu come vivi questo debutto? Emozioni, sensazioni, pensieri…

Consapevole di aver svolto un bel lavoro, ma anche con qualche punto di domanda: come staranno gli altri? So quel che mi aspetta, ma non so come andrà. Ti devi comparare al livello degli altri, che magari hanno già qualche giorno di gara nelle gambe e io magari sono ancora un po’ imballato. Ma in generale è sempre bello vivere certe situazioni dopo un inverno passato a prepararsi.

Alle Olimpiadi ci pensi?

E chi non ci pensa!

Beh, ma con la crono tu hai delle potenzialità importanti?

Sì, ma il regolamento è un bel casotto. Ci sono uomini limitati. Solo tre posti e devono fare anche la strada. E’ come dire a Marcell Jacobs che per fare i 100 metri deve correre anche la maratona. Bennati e Velo avranno un bel da fare. Da parte mia massima disponibilità alla maglia azzurra.

O Gran Camiño, riparte Vingegaard: in testa solo il Tour

21.02.2024
5 min
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LA CORUNA (Spagna) – Jonas Vingegaard finisce di mangiare e, puntuale, si dirige nella lounge dell’hotel María Pita de la Coruña, dove le onde che si infrangono sulla spiaggia di Orzán si possono toccare con la punta delle dita. Una ventina di giornalisti attendono di sentirlo parlare. Sono le prime parole in pubblico di questa stagione che vedrà domani l’esordio del vincitore degli ultimi due Tour de France. Del signore e padrone della maglia gialla che vuole  fare nuovamente sua il prossimo luglio. E se la formula dell’anno scorso ha funzionato, perché cambiare? Qui, nel O Gran Camiño che inizia domani, Vingegaard ha debuttato anche nella scorsa stagione. L’inizio del percorso che lo portò a vincere il suo secondo Tour. Qui vuole seminare di nuovo lo stesso seme affinché fiorisca, lucido e giallo a Nizza la prossima estate.

Nel 2023, la Jumbo-Visma ha centrato i 3 grandi Giri con Vingegaard, Kuss e Roglic (foto Jumbo-Visma)
Nel 2023, la Jumbo-Visma ha centrato i 3 grandi Giri con Vingegaard, Kuss e Roglic (foto Jumbo-Visma)

Cinque mesi a casa

E’ «la mia motivazione principale». Il sogno che lo fa alzare ogni giorno e salire sulla bici per spingersi ancora di più. E poi ancora di più. E rifinire ogni dettaglio al minimo per diventare, ancora una volta, imbattibile.

«Mi piace correre, mi piace vincere. Mi piace fare ritiri per raggiungere il punto più alto – afferma – lavorarci sopra e sapere qual è il mio livello migliore. Farò tutto ciò che è in mio potere per arrivare al Tour nel miglior modo possibile».

Sono cinque mesi che non porta un numero sulla schiena. Dall’ultima Vuelta a España in cui ha dovuto frenare per far vincere il suo gregario Sepp Kuss. «E’ tanto tempo, ma mi è piaciuto molto anche stare a casa con la mia famiglia. Ora ho fame e voglio correre di nuovo».

Nuova maglia e stesse ambizioni: il 2024 di Vingegaard inizia domani (foto Visma Lease a Bike)
Nuova maglia e stesse ambizioni: il 2024 di Vingegaard inizia domani (foto Visma Lease a Bike)

Subito una crono

Mancano poche ore al debutto. I suoi primi colpi di pedale saranno i 15 chilometri contro il tempo con cui partirà domani O Gran Camiño..

«E’ una prova del fuoco, con tutti i chilometri contro il tempo che ci sono nel Tour, questi saranno molto importanti per mettermi alla prova e testare il materiale, nel caso in cui ci sia da fare qualche modifica da qui al Tour de France». Vingegaard non lascia nulla al caso. Tutto è misurato al millimetro nella sua preparazione.

La crono di domani sarà un test, ma proprio in quella di Combloux, Vingegaard ipotecò il Tour 2023
La crono di domani sarà un test, ma proprio in quella di Combloux, Vingegaard ipotecò il Tour 2023

No alla Strade Bianche

Anche i giorni che trascorre a casa. Per un ragazzo come lui, così legato alla famiglia, è fondamentale. Al punto da aver eliminato dal suo calendario la Strade Bianche, proprio per quel motivo.

«Il mio piano iniziale era di correrla – rivela – e poi andare alla Tirreno-Adriatico. Ma abbiamo deciso di toglierla dal mio calendario, perché così potrò stare a casa un giorno in più. Altrimenti ci sarei rimasto troppo poco tempo».

La Corsa dei Due Mari sarà, dopo il Gran Camiño, il suo prossimo obiettivo, seguito dal Giro dei Paesi Baschi, vinto anche lo scorso anno.

Van Aert si ritirò dal Tour dopo le Alpi per l’imminente nascita del figlio: Vingegaard gli portò la mini maglia gialla
Van Aert si ritirò dal Tour dopo le Alpi per l’imminente nascita del figlio: Vingegaard gli portò la mini maglia gialla

Manca Van Aert

Tutto concentrato sul Tour de France. Il danese del Visma non ha dubbi: «La gara quest’anno sarà più dura che mai. Sarà più difficile che mai vincerla – sottolinea – ma devo guardare a me stesso e fare la migliore preparazione possibile. Arrivare nella migliore forma possibile. Se basterà potrò vincere, altrimenti avrò fatto tutto il possibile», semplifica.

In questo 2024, dice, ha più rivali che mai. C’è Pogacar, che «anche se avrà fatto il Giro, lo aspetto al Tour forte come sempre. E ci sarà Remco Evenepoel e anche Roglic», che da compagno di squadra diventa rivale: «Sarà una sensazione strana. Sarà molto diverso per me correre contro di lui. Siamo compagni di squadra da cinque anni e abbiamo sempre corso insieme. Adesso siamo rivali e lotteremo entrambi per vincere. Penso che sarà una grande battaglia».

Vingegaard non esita a sottolineare che «Van Aert mi mancherà molto. Abbiamo visto negli ultimi tre anni quanto sia stato importante per la squadra, ma non vedo l’ora di seguirlo anche al Giro d’Italia. Spero che ottenga grandi risultati».

Nonostante faccia il Giro, Vibgegaard si aspetta al Tour un Pogacar fortissimo
Nonostante faccia il Giro, Vibgegaard si aspetta al Tour un Pogacar fortissimo

La Vuelta? Chissà…

E poi? Il mondo finisce dopo il Tour de France? E’ ancora un’incognita, chiarisce Vingegaard. «Non so quando deciderò se correre o meno la Vuelta a España. Vediamo come mi sento dopo il Tour. Dovremo aspettare fino ad allora».

I precedenti parlano chiaro, è stato l’uomo più forte dell’ultima Vuelta a España. «So che potrei farcela, ma ci sono più cose che ti influenzano, non solo i piani che puoi aver fatto. Per ora preferisco concentrarmi solo sul Tour». Domani al Gran Camino inizia la corsa verso la maglia gialla.

Cinque euro: ecco come sono arrivati. Ma qualcosa non torna

21.02.2024
7 min
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Il tempo che uscisse l’Editoriale che sollevava il tema del possibile costo di iscrizione di 5 euro alle gare regionali (foto Mosna in apertura) e siamo stati raggiunti da due comunicazioni. La prima proveniente dal Comitato regionale dell’Emilia Romagna, che due giorni prima si era riunito per esaminare la questione. La seconda dall’ufficio stampa della FCI per dire che il presidente Dagnoni avrebbe voluto fare delle puntualizzazioni. A margine di questo, la condivisione dell’articolo sui social ha portato a una ridda di commenti, mentre il frullare dei messaggi su whatsapp da parte dei direttori sportivi ha assunto in breve i connotati di una bufera di vento.

La firma è di Fabrizio Bontempi: ecco la delibera che autorizza i 5 euro per l’iscrizione
La firma è di Fabrizio Bontempi: ecco la delibera che autorizza i 5 euro per l’iscrizione

Provvedimento in extremis

Riepilogando: il 14 febbraio, pensando a un insolito regalo agli innamorati del ciclismo, la FCI diffonde una delibera a firma di Fabrizio Bontempi per la quale gli organizzatori di gare regionali possono richiedere una quota di iscrizione per le loro gare: ammontare di 5 euro.

La reazione dell’ambiente si divide. Da una parte ci sono coloro che si fanno i conti in tasca e dicono di non aver messo a budget quello che alla fine dell’anno sarà un costo significativo. Dall’altra quelli che criticano il provvedimento preso a pochi giorni dall’inizio delle gare, invocando la necessità che un certo tipo di azioni vengano concordate e messe eventualmente in atto l’anno successivo. Fra le nuove regole c’è anche quella relativa alle visite di idoneità per gli stranieri. Se prima bastava un certificato di sana e robusta costituzione rilasciato dal Paese di origine, di colpo viene richiesta l’idoneità come quella che fanno gli italiani. Richiesta legittima, tempi sbagliati.

Malagò, presidente del Coni, e Dagnoni: lo sport dilettantistico italiano ha bisogno di interventi importanti
Malagò, presidente del Coni, e Dagnoni: lo sport dilettantistico italiano ha bisogno di interventi importanti

L’esempio del fuoristrada

Cosa dice il presidente della Federazione? Come si diceva nell’Editoriale, la gestione di Dagnoni sta proseguendo senza grossi ostacoli. Opposizioni all’orizzonte non se ne vedono e sebbene non manchino le criticità, il programma viene portato avanti secondo le linee guida condivise da chi ha votato l’attuale gestione. Poco importa che alcuni ora si lamentino: questo è l’attuale governo del ciclismo italiano per come è stato votato.

«Questa esigenza – dice Dagnoni – è nata dai presidenti regionali. Si sono chiesti: perché nel fuoristrada e nel paraciclismo si paga e nella strada no? Noi abbiamo recepito l’orientamento della maggioranza: non erano tutti d’accordo, ma quasi tutti. Per cui il Consiglio federale ha recepito questa istanza e, visto che siamo in democrazia, si è data a chi vuole applicare quel costo la facoltà di farlo. Anche perché numeri alla mano ritengo che la Federazione abbia fatto abbastanza in sostegno degli organizzatori».

Il fuoristrada tramite Ghirotto aveva ottenuto la quota di iscrizione la scorsa estate: perché il passaggio automatico alla strada?
Il fuoristrada tramite Ghirotto aveva ottenuto la quota di iscrizione la scorsa estate: perché il passaggio automatico alla strada?

Vietato dissociarsi

Dice che la FCI ha versato contributi alle società per 500 mila euro, sotto forma di ristori (fiscali). Racconta che nei suoi ultimi tempi alla guida della Lombardia, il fondo distribuito dalla Federazione ai Comitati era stato ridotto a 600 mila euro nel nome della necessità di risanamento federale. Quindi aggiunge di averlo riportato a 800 mila dopo la sua elezione.

«Quando i comitati hanno chiesto di uniformare tutto – prosegue – abbiamo dato la facoltà ai singoli di decidere se far pagare quella che non chiamerei tassa, anche se nel comunicato di Bontempi si usa quella parola. I 5 euro non vengono versati alla Federazione, ma semmai sono una quota con cui si partecipa ai costi di organizzazione. Ripeto, non è un’idea mia né del Consiglio: è un’istanza che è arrivata dalla base. E noi abbiamo accettato di uniformarci a quello che è già vigente nel fuoristrada, che è diventato un movimento importante, forse ancora più della strada.

«Sul fatto che sia arrivata a febbraio… Avremmo dovuto farlo nel Consiglio federale di gennaio che è slittato. E siccome non si poteva aspettare oltre, abbiamo fatto un Consiglio online ed è stata emessa la delibera. Quello che non accetto, semmai, è che ci siano stati Comitati regionali che si sono dissociati. Come Comitato, puoi consigliare di non far pagare e va benissimo, ma non puoi dissociarti da una decisione del Consiglio federale».

Ecco la riunione online con cui il Comitato dell’Emilia Romagna si è espressa contro la delibera
Ecco la riunione online con cui il Comitato dell’Emilia Romagna si è espressa contro la delibera

Passaggio saltato

Ma questo è il bello della democrazia e francamente qualche passaggio dell’intervento di Dagnoni non convince. Va bene il parere espresso dalle regioni, ma quando lo hanno espresso? Chi guida un movimento così importante deve essere consapevole di quello che c’è in ballo e delle dinamiche interne al movimento stesso. Dire che così hanno voluto gli altri suona un po’ pilatesco. Dire che il fuoristrada sia quasi più importante della strada potrebbe significare non aver saputo gestire la strada, abbandonata a se stessa. E laddove si proponga qualcosa che impatti su una situazione consolidata, occorre un passaggio intermedio. Un filtro che permetta a tutti di esprimersi: quello che in democrazia si chiama referendum.

C’è chi sui social ha sostenuto che rimanere al «si è sempre fatto così» non porti da nessuna parte. Vero, ma la riforma del ciclismo deve essere strutturale, condivisa e non legata a balzelli estemporanei come quello dei 5 euro.

Paolo Bettini, Alessandro Spada, Paolo Kessisoglu, Matteo Gozzoli (sindaco Cesenatico), presentazione tappa Nove Colli del Giro 2020
Una foto di tre anni fa: Paolo Bettini, Alessandro Spada, Paolo Kessisoglu e Matteo Gozzoli (sindaco Cesenatico)
Paolo Bettini, Alessandro Spada, Paolo Kessisoglu, Matteo Gozzoli (sindaco Cesenatico), presentazione tappa Nove Colli del Giro 2020
Una foto di tre anni fa: Paolo Bettini, Alessandro Spada, Paolo Kessisoglu e Matteo Gozzoli (sindaco Cesenatico)

L’opposizione di Spada

A quanto risulta, Lombardia e Toscana sarebbero contrarie alla novità. L’Emilia Romagna lo ha espresso con una mail, dicendo che la regione non applicherà la nuova norma per motivi fiscali e di tempistica. Abbiamo preferito interpellare direttamente il presidente Alessandro Spada.

«Semplicemente abbiamo voluto sentire le nostre società – spiega – per capire quale fosse il loro orientamento, per cui sabato abbiamo fatto una riunione online d’urgenza. Non c’è stata una preclusione ideologica, però i tempi e i modi sono assolutamente sbagliati. A 10 giorni dall’inizio della stagione agonistica, sicuramente non ci sono i modi per adeguarsi. Anche perché c’è grosso spavento, da parte di tutte le società, su come incassare quei soldi. La Riforma dello Sport sta avendo un grosso impatto, la gestione di un gruppo sportivo è piena di adempimenti e il commercialista è ormai una figura di continuo riferimento. L’altra sera abbiamo faticato per tenere il discorso sul tema dei 5 euro, dato che tutti parlavano di quale impatto stia avendo la legge nazionale. Spero che Dagnoni e il presidente del Coni Malagò trovino il modo di parlarne con il Governo».

Quel 29 luglio 2023, il solo Metti della Toscana si schierò subito contro (foto FCI)
Quel 29 luglio 2023, il solo Metti della Toscana si schierò subito contro (foto FCI)

L’incontro di luglio

Eppure del tema si era già parlato e forse a questo si riferisce Dagnoni. Anche se il tema era poi caduto apparentemente nel dimenticatoio.

«Se ne era fatto cenno – racconta Spada – a un Consiglio dei presidenti del 29 luglio 2023. Non era all’ordine del giorno, ma ci fu chiesto un parere non vincolante. Chi più e chi meno, ci eravamo espressi a favore, pur con qualche riserva. Il solo contrario era stato Saverio Metti della Toscana. Avevamo espresso dei dubbi, ricordo che fui io a sollevare la questione della Riforma dello Sport. Mettere un ulteriore balzello sarebbe stato di difficile gestione, soprattutto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Ci sarebbe stato tutto il tempo per sentire le società, perché il confronto con la base era ed è fondamentale. E a quel punto in autunno si sarebbe potuto metterlo in campo. Ma se Dagnoni o la Federazione nazionale ci credono così tanto, perché non renderlo obbligatorio? 

«La decisione è passata a maggioranza? Io non partecipo al Consiglio federale, per noi del Centro il referente è Lino Sechi, presidente delle Marche. E lui non ci ha detto nulla del fatto che l’ultima volta, sia pure online, si sia parlato di questo. Come tutti i presidenti regionali, ero fermo a quanto detto il 29 luglio, quando fu recepita la proposta di Ghirotto e del fuoristrada, che divenne subito esecutiva. Noi esprimemmo dei dubbi per l’applicazione alla strada e lì eravamo fermi. Se ci fosse stato da votare allora, non credo che l’esito sarebbe stato quello attuale».