Cedric Vasseur, deus ex machina del Team Cofidis era stato chiaro al termine della stagione: molto sarebbe cambiato, per ritrovare le sensazioni e soprattutto i risultati del 2023. Il dirigente transalpino non ha proceduto come fanno tanti suoi colleghi, rivoluzionando l’elenco dei corridori, o almeno non ha agito solo in tal senso, ma ha messo mano direttamente al “motore” del team, ai suoi principi di base. Il Team Cofidis 2025 sarà un’altra cosa e per realizzarla Vasseur si è affidato a un nome completamente nuovo: MattiaMichelusi.
Trentanovenne di Thiene (a sinistra nella foto di apertura), Michelusi è stato messo a capo del settore prestazioni, il che significa che, al di là di direttori sportivi e preparatori, tutto passerà sotto la sua lente d’ingrandimento. Un grande salto di qualità per il veneto, proveniente dalla Q36.5 dove ha lasciato molti buoni ricordi.
La nuova maglia del Team Cofidis. La banca francese ha rinnovato il contratto fino al 2028 (foto Facebook)La nuova maglia del Team Cofidis. La banca francese ha rinnovato il contratto fino al 2028 (foto Facebook)
«Ho lavorato nel team di Douglas Ryder sin dagli inizi e ho imparato molto da lui e dal suo staff, accompagnando tutte le varie fasi, sin dall’era NTT. Poi durante il Tour de France, quando normalmente si gettano le basi per la nuova stagione, Vasseur mi ha prospettato questa eventualità, che era per me una grande opportunità per cambiare, per fare qualcosa di nuovo. Con Cedric ci conoscevamo da un paio d’anni, mi aveva già accennato alle sue idee, ora c’è la possibilità di concretizzarle».
Parlavi di fare qualcosa di nuovo…
E’ come se Cedric mi avesse messo in mano una grande tavolozza bianca, sulla quale io posso ridisegnare tutto il team dalle sue fondamenta. E’ una grande sfida, lui mi ha chiesto se me la sentivo e io ho detto subito di sì. Ho parlato in queste settimane con i suoi collaboratori, con i diesse, per permettere alla squadra di fare quel salto di qualità che è richiesto e che, senza la collaborazione di tutti, è impossibile.
Lo staff messo in piedi da Michelusi ha iniziato subito i lavori con i ragazzi attraverso test specificiLo staff messo in piedi da Michelusi ha iniziato subito i lavori con i ragazzi attraverso test specifici
Che situazione hai trovato? Vasseur non era stato certamente tenero in sede di consuntivo…
Non sono arrivato per stravolgere tutto, ma per prendere quel che è utile unendolo e adeguandolo a nuove usanze, a quella cultura che viene dal mio background. Perché una squadra funzioni bisogna trovare la giusta combinazione tra tutto quel che riguarda la prestazione di ogni corridore, sono come tante tessere di un mosaico che vanno posizionate nel modo giusto. Solo allora avremo il salto di qualità e io sono convinto che possiamo arrivarci anche in tempi brevi.
C’è da lavorare più sull’aspetto tecnico o su quello psicologico?
Questo entra sempre in gioco. Le due ultime annate della Cofidis sono state esemplari in tal senso: nel 2023 si è vinto subito e da allora è stato tutto un susseguirsi di soddisfazioni, l’anno dopo invece si è faticato, è sopravvenuto un po’ di scoramento e tutto è diventato difficile, macchinoso. Noi dobbiamo lavorare a 360° perché l’idea del team è quella di mutare profondamente le sue basi, ad esempio internazionalizzandolo di più.
Emanuel Buchmann approda al ruolo di leader, soprattutto nei Grandi Giri dove punterà alla classificaEmanuel Buchmann approda al ruolo di leader, soprattutto nei Grandi Giri dove punterà alla classifica
Non è quello che avviene in tutti i team del WorldTour?
Sì, ma se guardate bene, i team francesi tengono ad avere una solida base nazionale. Anche la lingua ha un suo peso. Io con il francese sono quasi digiuno, sto imparando, ma il mio ingresso è la dimostrazione che si vuole cambiare. C’è voglia, anzi bisogno di aprirsi al mondo e la campagna acquisti effettuata sposa in toto questa nuova politica.
La squadra in effetti ha mutato forma…
Sono arrivati ben 12 nomi nuovi e sono tutti strutturali, ossia danno un’impronta diversa al team. E’ chiaro che l’obiettivo principale è raccogliere punti per la sopravvivenza nel WorldTour e quindi si è andati a pescare gente che sia in grado di portarli: Aranburu, Carr, Buchmann, lo stesso Teuns. Si sa che ci si gioca tutto su quello perché siamo nell’imminenza di promozioni e retrocessioni.
Il britannico Simon Carr sarà una delle punte nelle brevi corse a tappeIl britannico Simon Carr sarà una delle punte nelle brevi corse a tappe
Proprio la caccia ai punti dà un’impronta chiara al team. Che idea ti sei fatto, quali potranno essere gli obiettivi della squadra?
Noi innanzitutto, essendo un team francese, abbiamo l’obbligo di partecipare a tutte le prove del calendario nazionale e quindi cercheremo di fare punti lì. L’impostazione del team la vedo più orientata verso le prove d’un giorno, ho molta fiducia in gente come Aranburu e Teuns, poi spero che da queste tante gare arrivino non solo punti ma anche vittorie. Per le corse a tappe non abbiamo il grande campione, ma un corridore come Buchmann è uomo da classifica in ogni contesto ma attenzione anche a Moniquete Carr che per le prove brevi possono dire la loro.
Non ti mancano gli italiani?
Che devo dire, un po’ sì. Quando ho iniziato alla NTT c’era solo Sbaragli, ma con gli anni i corridori italiani sono aumentati sempre di più perché sanno leggere le gare, sono importanti in un team. Qui per ora c’è solo Oldani, ma sottolineo per ora, perché sono sicuro che anche alla Cofidis potrà avvenire lo stesso, potranno aumentare, soprattutto corridori giovani e ambiziosi. Attenzione però, perché nel team c’è comunque tanta Italia.
Stefano Oldani resta l’unico corridore italiano del team, ma in futuro potrebbero arrivare giovaniStefano Oldani resta l’unico corridore italiano del team, ma in futuro potrebbero arrivare giovani
A chi ti riferisci?
Innanzitutto Damiani che è un riferimento per tutti i direttori sportivi, poi ho portato nel mio staff altri due tecnici di valore come Luca Quinti e Luca Festa, insieme al francese Matthieu Desfontaine e al belga Bart Nonneman, allo specialista del bike checking Niklas Quetri e al nutrizionista Scott Gillham. E’ un gruppo ambizioso e con tanta voglia di lavorare, poi il responso come sempre lo darà la strada.
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La grande partenza del Giro d’Italia 2025 dall’Albania rappresenta un evento storico, non solo per il ciclismo ma per l’intero Paese adriatico. Un’opportunità unica per accendere i riflettori su una realtà sportiva ancora agli albori, con numeri piccoli, di nicchia, ma che possiede un buon potenziale.
Francesco Frassi, ex commissario tecnico della nazionale albanese dal 2013 al 2016, ci guida alla scoperta di un movimento ciclistico che ha vissuto esperienze pionieristiche e che ora guarda al futuro con rinnovato entusiasmo.
Frassi con i suoi ragazzi… Tutto è nato con gli juniores, ma poi il progetto ha rapidamente coinvolto anche gli eliteFrassi con i suoi ragazzi… Tutto è nato con gli juniores, ma poi il progetto ha rapidamente coinvolto anche gli elite
Movimento agli albori
«Il ciclismo in Albania è ancora una realtà di nicchia – esordisce Frassi – quando ho iniziato come commissario tecnico, la Federazione era composta da appena tre persone e si riuniva nel locale del presidente. Una dimensione che può far sorridere, ma che rifletteva la scarsità di risorse e la mancanza di una tradizione ciclistica».
Durante i suoi anni alla guida della nazionale, Frassi ha dovuto affrontare sfide logistiche e organizzative che hanno richiesto una creatività fuori dal comune. Ma forse anche grazie a queste esperienze oggi è uno dei direttori sportivi della Israel-Premier Tech. Grazie all’appoggio di sponsor privati e al coinvolgimento di giovani albanesi residenti in Italia, riuscì all’epoca a mettere sù una squadra. O forse è meglio dire una compagine: un drappello di ragazzi pieni di sogni e speranze pronti a girare il mondo tra mondiali, europei e persino Olimpiadi, come quelle di Pechino 2008.
E una di quelle speranze si realizzò a Firenze nel 2013. Fu un momento memorabile per l’Albania del pedale: arrivò infatti il bronzo iridato nella categoria juniores con Iltjan Nika.
«Quella medaglia – racconta Frassi – è stata un evento storico per l’Albania. Per giorni se ne parlò in televisione, un risultato straordinario per un Paese senza una tradizione. Tuttavia, nonostante il clamore mediatico, le difficoltà strutturali e la mancanza di investimenti hanno impedito di trasformare quel successo in un trampolino di lancio che durasse nel tempo. Non c’era poi tutta questa volontà. Forse i tempi non erano maturi».
Firenze 2013: Iltjan Nika sul podio juniores alle spalle di VdP e Pedersen. E’ la prima medaglia storica per l’AlbaniaFirenze 2013: Iltjan Nika sul podio juniores alle spalle di VdP e Pedersen. E’ la prima medaglia storica per l’Albania
Giro già sognato nel 2014
I tempi non erano maturi, ma qualcosa iniziava a covare. Infatti già nel 2014, durante un incontro con i vertici della Federazione, emerse il sogno di portare il Giro d’Italia in Albania. Da quel giorno sono passati dieci anni, undici tra pochi giorni…
«Sembrava un’utopia. Mancavano le risorse economiche e organizzative – ricorda Frassi – oggi quel sogno si è concretizzato, grazie alla volontà del Governo albanese e alla collaborazione con RCS Sport. Il sindaco di Tirana parlava di piste ciclabili… La grande partenza del Giro rappresenta non solo un evento sportivo, ma anche una straordinaria occasione di promozione turistica. L’Albania ha paesaggi spettacolari e sta facendo passi da gigante. Giusto un anno fa sono tornato a Valona per un weekend con la famiglia e quasi non riconoscevo il lungomare. E’ stato rinnovato, è moderno, pieno di vita. Ci sono spiagge bellissime e anche l’entroterra è affascinante».
Frassi, poi accenna anche ai percorsi albanesi e parla di salite impegnative proprio dell’entroterra. Secondo lui nei giorni del Giro si offrirà uno spettacolo unico: «Sarà una vetrina mondiale per un Paese che ha tanto da offrire, non solo agli appassionati di ciclismo ma anche ai turisti».
Rudy Kopshti vince il titolo nazionale juniores 2013. Correva con Frassi alla Monte Pisano. Da lì l’idea di creare la nazionaleL’incontro con i vertici della Federciclismo albanese e il sindaco di Tirana: era il 2014Giro di Albania 2019: Moreno Marchetti vince sotto la direzione di Frassi, ormai alla Neri SottoliRudy Kopshti vince il titolo nazionale juniores 2013. Correva con Frassi alla Monte Pisano. Da lì l’idea di creare la nazionaleL’incontro con i vertici della Federciclismo albanese e il sindaco di Tirana: era il 2014Giro di Albania 2019: Moreno Marchetti vince sotto la direzione di Frassi, ormai alla Neri Sottoli
L’occasione rosa
Il Giro potrebbe rappresentare la scintilla per avvicinare più persone alla bicicletta e per promuovere uno stile di vita più sostenibile. Si spera possa essere un grande volano. Per ora si che la base è piccola e le sfide non sono poche. Tuttavia esiste dal 1936 il Giro di Albania e l’attività giovanile, seppur a macchia di leopardo, c’è.
«Le basi organizzative – dice Frassi – sono ancora fragili. Io per esempio ricordo i campionati nazionali. Si svolgevano su percorsi incredibili e la partecipazione era limitata: la gara elite vide venti partenti su un percorso di 180 chilometri quasi tutto dritto e pianeggiante. Avevano segnato in terra con la vernice una sorta di rotatoria, il giro di boa: 10 chilometri in un senso e 10 in un altro. Nel mezzo un cavalcavia e all’arrivo o sulle strade pochissima gente.
«Eppure, i giovani talenti non mancano. Durante il mio periodo come cittì, ho incontrato ragazzi determinati, come Kosty o Bezmir, che hanno mostrato il potenziale del movimento. Il problema principale rimane la mancanza di un sistema strutturato per coltivare i talenti. Alla fine grazie ai miei contatti portammo l’Amore&Vita in Albania e di fatto fu la prima squadra UCI del Paese. Vincemmo anche qualche corsa. Ma senza investimenti in infrastrutture e formazione, il ciclismo rischia di rimanere uno sport di nicchia. Speriamo che il Giro d’Italia in tal senso possa fare qualcosa. Quando un bambino vede i campioni passare sotto casa, può nascere in lui il desiderio di salire in sella. Questo è il primo passo per costruire una cultura ciclistica».
«Ci hanno presentato ad agosto 2002. Ci vedemmo con lui e Alvaro Crespi a Lugano. Patrick è una persona che ti mette soggezione, se non lo conosci bene. All’epoca era un uomo di questo tipo, un sopravvissuto al cancro. Aveva un’aura quasi magica. Dopo quell’incontro lo rividi un paio di volte, quindi ci trovammo in ritiro e alla presentazione della squadra nel gennaio 2003. La condusse lui, corridore per corridore. E alla fine arrivò a me, pronunciò il mio nome e disse qualcosa in fiammingo, che però non capii…».
Alessandro Tegner racconta. I 21 anni con Patrick Lefevere, passando dal ruolo di addetto stampa a quello di responsabile marketing del team, meriterebbero piuttosto un libro. E ora che il grande capo ha deciso di passare la mano, cedendo a Jurgen Foré il ruolo di CEO della Soudal-Quick Step ma restando comunque nel board, rileggere la storia è un viaggio fra episodi vissuti per lunghi tratti fianco a fianco.
«All’epoca andare a lavorare in Belgio – spiega – non era come adesso che il mondo è piccolino. Era ancora un viaggio, lo sapete bene. C’era una barriera linguistica non indifferente, un mondo completamente diverso dal nostro. Io all’inizio non parlavo fiammingo, la battuta di Patrick durante la presentazione me la spiegò Stéphane Thirion, il giornalista di Le Soir. “Questo è Alessandro – aveva detto – il nostro nuovo ufficio stampa. Mi hanno detto che è bravo”. Mi sentii gelare il sangue. Pensai: cavolo, tre mesi e sono a casa».
Bakala, azionista di maggioranza del team, Lefevere e il suo erede Jurgen Foré (foto Soudal-Quick Step)Bakala, azionista di maggioranza del team, Lefevere e il suo erede Jurgen Foré (foto Soudal-Quick Step)
La storia del ciclismo
Lefevere ha fatto la storia del ciclismo. Fra alti e bassi, le sue squadre hanno sempre lasciato segni importanti, sin da quando nel 1992 sbarcò anche in Italia con la Mg-Gb, la prima multinazionale del ciclismo. Ha vinto innumerevoli edizioni del Fiandre, della Roubaix e delle altre classiche fiamminghe con Museeuw, Boonen, Devolder, Terpstra, Gilbert, Ballerini e Tafi. La Sanremo, la Freccia Vallone, la Liegi e il Lombardia con Bettini, Pozzato, Alaphilippe ed Evenepoel. Centinaia di volate con Boonen, Kittel, Cavendish, Gaviria, Viviani, Jakobsen, Merlier e leadout come Morkov e Richeze. Con 981 successi in carriera, la conta delle vittorie è da record. Una strada lastricata di successi e anche di qualche caso spinoso da cui Lefevere è sempre uscito con assoluzioni nette.
Il suo ritiro chiude un’epoca e proietta la squadra verso un futuro da scrivere, con un leader come Evenepoel trattenuto caparbiamente nonostante la corte sfrenata della Ineos Grenadiers e della Red Bull-Bora. Ci piace immaginarlo come un appagato D’Artagnan che, stanco a capo dell’ultimo duello, ha scelto di passare il mantello e la spada a dirigenti più giovani di lui per il bene della squadra da lui creata.
Nei momenti belli e in quelli più difficili, Boonen è stato uno delle bandiere dei team di LefevereNei momenti belli e in quelli più difficili, Boonen è stato uno delle bandiere dei team di Lefevere
Si può fare un paragone fra Patrick Lefevere e Giorgio Squinzi? C’erano cose in comune secondo te?
Ho avuto la fortuna di lavorare con Giorgio Squinzi per un paio di stagioni. Lui aveva una capacità decisionale incredibile. Un aspetto che secondo me lo lega a Patrick, era l’abilità nel risolvere le problematiche. Mi ricordo di una riunione infinita alla Mapei, al quarto piano del marketing. Stavamo discutendo di mille cose e non riuscivamo a trovare il bandolo. Finché arrivò lui, si affacciò alla porta e si fece spiegare il problema. «Scusate – disse – ma perché non fate così?». In un minuto risolse una cosa su cui noi discutevamo da una giornata intera.
Patrick è così?
Non sapete quante volte l’ho chiamato per uscire da una situazione difficile. E quando lo facevo, con la capacità incredibile di leggere le cose, mi diceva che si sarebbe potuto fare in un certo modo. Io lo guardavo e pensavo: ma cavolo, avevo la soluzione davanti agli occhi e non la vedevo. Stiamo parlando di fuoriclasse, non per niente hanno raggiunto entrambi il vertice nel loro lavoro.
Patrick è tifoso del corridore belga o del corridore forte?
Patrick è sempre stato tifoso del corridore forte. Aveva sempre un occhio per i belgi, perché per quel tipo di sponsor il mercato belga era importantissimo. Però ha creato la prima vera squadra internazionale dopo la Mapei. C’erano corridori di 10-11 nazionalità, fra noi parlavamo inglese e Patrick voleva che facessimo così. E’ sempre riuscito a far convivere qualità e mentalità incredibili. Li vedete Paolo Bettini e Tom Boonen nella stessa squadra? Come adesso far convivere Pogacar e Van der Poel. E lui l’ha fatto. Ha rivitalizzato Virenque, Gilbert e Cavendish. Sicuramente era più innamorato dei corridori forti che dei corridori belgi. E ha sempre speso parole importanti per lo staff, per i meccanici e i massaggiatori.
Liegi 2023, Evenepoel fa doppietta. La difesa del suo contratto è stato il colpo di Lefevere per tenere la squadra ad alto livelloLiegi 2023, Evenepoel fa doppietta. La difesa del suo contratto è stato il colpo di Lefevere per tenere la squadra ad alto livello
In che modo?
Ha sempre detto che i corridori vanno e vengono, mentre lo staff è la spina dorsale delle squadre. Questi sono insegnamenti che poi, giorno dopo giorno, in qualche modo riesci ad assimilare. Da qui nasce la mentalità e quello che noi abbiamo chiamato Wolfpack, che esisteva dal primo giorno di fondazione della squadra ed è l’espressione dello spirito di Patrick. Il modo di fare, il modo di aiutarsi e di collaborare. Lui è l’uomo che ha creato tutto questo, non c’è ombra di dubbio. Se venite in Belgio, Patrick è un’opinion leader su tante cose.
Patrick è passato anche attraverso campagne di stampa contro la sua figura in tema di doping, ma non ha mai chinato il capo.
Patrick non ha mai chinato il capo e la dimostrazione che avesse ragione è venuta con le cause che ha vinto. Non ha mai mollato l’osso. Abbiamo lavorato giorno e notte per venirne a capo, però sono cose molto istruttive. Quando vedi che il tuo capo è dritto e dice che non è successo nulla, ti viene addosso una forza non comune. Se guardi Patrick, capisci che non ti sta dicendo una cavolata. Quindi ti butti nel fuoco e fai tutto quello che è necessario fare.
Un vero condottiero?
Nelle situazioni difficili, Patrick diventa freddissimo. Diventa di una lucidità pazzesca, non solo su questo caso, parlo in generale delle mille cose che sono successe. Quando a te sembra che tutto attorno stia crollando, lui ha sempre la freddezza e la lucidità di trovare soluzioni su tutto. E in questo diventa una figura ancora più prominente. E’ una cosa che ho provato a fare mia, cercando di vedere le cose con più distacco quando ci sono avvenimenti importanti, in modo da avere un punto di vista più obiettivo.
Nel 2012 Boonen vince Harelbeke, Fiandre, Gand e Roubaix: un filotto mai vistoNel 2012 Boonen vince Harelbeke, Fiandre, Gand e Roubaix: un filotto mai visto
C’è stato un momento dopo quella presentazione del 2003 in cui Patrick ti ha dato una pacca sulla spalla?
Patrick non è un uomo da complimenti. Ho saputo quello che lui pensava di me da altre persone oppure lo capivo da piccoli gesti o in certi momenti in cui la confidenza va oltre il lavoro. Passando tanto tempo insieme, parlandoci quotidianamente al telefono, sono riuscito a conoscerlo in modo diverso. Solo una volta l’ho visto davvero far festa per i risultati della squadra.
Quando?
Nel 2012, quando Boonen mise in fila Harelbeke, Fiandre, Gand e Roubaix. La sera dell’ultima vittoria, riservammo il ristorante di Gand dove festeggiavamo le nostre vittorie. E quella sera Patrick mi disse: «Alessandro, questa sera non pensiamo a niente e divertiamoci, perché in 30 anni che faccio questo mestiere, una cosa così non era mai successa e dobbiamo celebrarla». Altrimenti è sempre stato uno che vinceva la corsa e mezz’ora dopo stava già pensando alla successiva.
Mai soddisfatto?
E’ sempre stato così, quasi al punto di cercare il difetto nella vittoria. Ha sempre registrato tutte le corse. Il lunedì le riguardava e poi durante la giornata chiamava le persone cui voleva far notare qualcosa. Magari la squadra che in un certo momento si era mossa male. Quando perdi, l’errore lo vedi subito, ma quando vinci è più difficile. Ci sono stati dei momenti con dei fuoriclasse come Bettini e Boonen in cui vincevamo le corse anche se la tattica non era perfetta, però lui ha sempre cercato questo tipo di perfezione.
Il rapporto tra Patrick Lefevere e Alaphilippe è stato strettissimo, ma si è sgretolato nel finaleIl rapporto tra Patrick Lefevere e Alaphilippe è stato strettissimo, ma si è sgretolato nel finale
Ha avuto lo stesso rapporto con tutti i suoi campioni oppure qualcuno è stato più… figlio di altri?
Secondo me ha avuto più o meno con tutti lo stesso modo di rapportarsi. Forse con Alaphilippe qualcosa di più. Julian ha fatto tutto qui, è nato ed è cresciuto con noi. Correva alla Armée des Terres in Francia e praticamente nessuno se lo filava. Patrick ha sempre avuto un certo amore per i corridori francesi. Alaphilippe, Chavanel, Cavagna, ora Paul Magnier. Un po’ perché avere corridori francesi è importante per il Tour e un po’ perché forse ci vede l’estro, la fantasia, qualcosa di diverso dai belgi.
Avrà amato Alaphilippe, ma negli ultimi anni lo ha anche trattato con una durezza non comune…
A Patrick non saltano mai i nervi e non dice mai una cosa a caso. Magari l’ha fatto alla Lefevere, però ha espresso i suoi concetti. Forse le cose che pensavano in tanti, ma che solo lui ha veramente espresso fino in fondo. Questo a volte sprona i corridori e li porta a performare, a volte no, dipende dai casi. Quando uno firmava un contratto con Patrick, sapeva che da lui avrebbe avuto tutto, perché Patrick ai suoi atleti dà tutto. Compresa la durezza nelle situazioni di tensione.
C’è stato un momento, con l’arrivo dei mega budget, in cui Patrick ha capito che far quadrare i conti stava diventando sempre più difficile?
Abbiamo sempre fatto delle scelte oculate. Non siamo mai stati in una situazione di primi budget al mondo, però la squadra va sempre così bene che probabilmente nessuno si è mai posto il problema. Abbiamo fatto il massimo con quello che avevamo, senza strafare. L’entrata nel ciclismo del mondo arabo ha dato una svolta, può essere stata la pietra miliare che ha cambiato il panorama internazionale e ha creato degli sbilanciamenti. Ci ha costretto a lavorare più a fondo. Noi abbiamo degli sponsor fantastici, però è chiaro che non è semplice lottare contro squadre che hanno un budget di quel livello.
Patrick è sempre stato attento ai dettagli e ha sempre riletto le corse cercando la perfezione. Qui con Bettini nel 2007Patrick è sempre stato attento ai dettagli e ha sempre riletto le corse cercando la perfezione. Qui con Bettini nel 2007
Ti aspettavi che annunciasse il ritiro in questi tempi?
Mi ha un po’ spiazzato. C’era un progetto per il cambiamento, per cui mi aspettavo che avvenisse con più gradualità. Però magari negli ultimi tempi era stanco. E poi, anche se non sarà più l’amministratore, rimarrà accanto alla squadra, che ha curato e fatto crescere per 24 anni. Immagino che non l’abbandonerà così.
Chi è per te Patrick Lefevere?
Un maestro su come lavorare con passione mantenendo la professionalità. Mi ha insegnato uno stile di vita. Dico sempre che lui appartiene a una cerchia di fuoriclasse che illuminano il gioco. Come Baggio o Maradona, un grande artista. Uno di quei personaggi dotati di una capacità di intuizione superiore alla media, da cui è bene cercare di imparare il più possibile. Detto questo, non sono sempre stato d’accordo con lui. Però le decisioni in cui mi ha coinvolto sono state così condivise che le ho sentite anche mie. Patrick ha una grande capacità di delega. Avvia un processo, lo lascia andare avanti con gli altri e poi torna per metterci l’ultimo tocco e la firma.
La squadra senza di lui cambierà pelle?
Jurgen Foré l’ha segnalato, scelto e portato lui in squadra. Non viene dal ciclismo per la voglia di dare un’impronta più aziendale alla squadra. Ha una personalità diversa da Patrick e sa bene che non potrà sostituirlo. Farà come tutti il suo lavoro cercando di essere la versione migliore di se stesso. Sono convinto che sia la persona giusta per continuare a pensare a questa squadra e avere davanti a noi magari altri 10 anni.
Alessandro e Patrick, la foto mandata dallo stesso Tegner: come due amici in relaxAlessandro e Patrick, la foto mandata dallo stesso Tegner: come due amici in relax
Ti abbiamo chiesto una foto di voi due insieme, perché tra quelle che hai ci hai mandato proprio quella qui sopra?
Mi è sempre piaciuta. Di solito nelle foto nostre indossiamo la maglia della squadra, siamo sempre in discussione con qualcuno, con un badge attaccato al collo. Questa è l’unica foto che ho di lui nella quale abbiamo una giacca addosso. Siamo noi due, Patrick e Alessandro. Non so chi l’abbia fatta, ma è un’immagine a cui tengo.
Sentir parlare Juan David Sierra inganna, non tanto per gli argomenti che porta e la lucidità con cui li sviscera, ma perché tutto questo lo fa ad appena 19 anni. Tra pochi giorni di anni ne farà 20 (il 25 gennaio), eppure il giovane cresciuto nella Ciclistica Biringhello sembra avere le idee chiare. Il primo anno con il devo team della Tudor Pro Cycling lo ha messo davanti a degli scalini, lui piano piano li ha saliti tutti. Consapevole che la scalata non sia ancora finita, Sierra è pronto a tornare al lavoro. Anzi, lo ha già fatto.
«Prima di Natale – ci racconta – sono stato in Spagna, in ritiro con la squadra. Il team nei mesi invernali affitta una villa dove i corridori possono andare ad allenarsi. Tra il 13 e il 24 dicembre sono stato lì insieme a metà dei miei compagni di squadra. Ci siamo allenati molto e con un tempo fantastico».
Sierra ha iniziato la sua prima stagione in Tudor Pro Cycling correndo con i pro’, a Murcia e poi AlmeriaSierra ha iniziato la sua prima stagione in Tudor Pro Cycling correndo con i pro’, a Murcia e poi Almeria
Il contatto con i pro’
Sierra parla, sereno e analitico. Il 2024 per lui è stato un anno importante, l’arrivo nel team di sviluppo della Tudor lo ha portato a crescere parecchio. Fin dai primi mesi ha visto da dentro cosa vuol dire correre tra i professionisti. Lo ha fatto nelle gare di Mallorca, lo scorso gennaio, e poi anche a fine stagione con due esperienze di grande calibro. Prima la Sparkassen Musterland e poi la Parigi-Tours.
«Le gare che ho fatto con il team professional – dice Sierra – sono state esperienze fantastiche che non mi aspettavo di vivere già da subito. La prima gara che ho disputato è stata la Vuelta a Murcia. La squadra mi ha mandato subito in fuga, è stato un battesimo di fuoco ma comunque interessante. Il giorno dopo alla Clasica de Almeria il gruppo ha controllato l’andamento della gara, sembrava di vedere la corsa dalla televisione. A 20 chilometri dal traguardo le squadre erano già posizionate per lo sprint. Io ero lì, nel mezzo, sentivo la tensione crescere dalla radiolina mentre accanto mi passavano i corridori che di solito ammiravo da lontano».
La sua ultima gara del 2024 è stata la Parigi-Tours, un bel banco di provaLa sua ultima gara del 2024 è stata la Parigi-Tours, un bel banco di prova
Che ruolo hai svolto?
Sempre di supporto. Anche alla Sparkassen Munsterland e alla Parigi-Tours dovevo tenere i capitani al sicuro nei passaggi più difficili. Sugli sterrati della Francia avevo il compito di tirare tra un settore di sterrato e l’altro per Trentin. La Parigi-Tours è stata l’ultima gara dell’anno e anche la più impegnativa, con 213 chilometri tra fango e pioggia. All’arrivo ero tra gli ultimi, ma ho avuto la fortuna di attraversare il traguardo con Morkov, che era alla sua ultima gara.
Delle cinque gare fatte con i professionisti, quattro le ho corse con lui. E’ un corridore con il quale ci si confronta bene, è sincero e disponibile. Da un lato spero mi prenda sotto la sua ala, per imparare più cose possibili. In questi giorni di ritiro mi sono allenato con i professionisti e mi ha dato tanti consigli.
Sierra ha trovato in Trentin un riferimento da seguire e dal quale imparareSierra ha trovato in Trentin un riferimento da seguire e dal quale imparare
Quali?
Il più importante è di farsi voler bene dai compagni di squadra, di essere umile e con i piedi per terra. Per diventare un leader serve una grande empatia, il lato umano è molto importante.
Come descriveresti le tue esperienza con i professionisti?
Bellissime. Trentin è davvero un maestro incredibile, ma ho imparato da tutti. Anche dagli avversari. Vedere come si muovono in corsa, capire cosa e come si mangia durante una gara, sono tante le chicche che porto con me.
Il giovane italiano ha vinto anche la sua prima gara da U23 al Tour de la Mirabelle (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)Il giovane italiano ha vinto anche la sua prima gara da U23 al Tour de la Mirabelle (foto DirectVelo/Alexis Dancerelle)
Com’è stato tornare tra i grandi anche solo per un allenamento?
Bello. Alla fine non sono più nuovo, mi conoscono. Quindi l’approccio è più diretto, non c’è quella barriera da abbattere. Mi sono sentito più parte del gruppo.
Non dimentichiamoci che sei al secondo anno da under 23, nel 2024 che passi senti di aver fatto?
Il miglioramento principale è stato sulla resistenza, che era il primo obiettivo sul quale il preparatore mi aveva detto di lavorare. Il salto tra juniores e under 23 è difficile, quindi serviva aumentare le mie qualità di resistenza. In un solo anno sento di aver fatto un bello step.
Sierra guarda al 2025, stagione nella quale vuole confermarsi nelle gare più importanti riservate agli U23Sierra guarda al 2025, stagione nella quale vuole confermarsi nelle gare più importanti riservate agli U23
Altro?
Mi sono concentrato molto sulle mie qualità naturali: strappi e volate. Non ho provato a migliorare altri aspetti, come in salita ad esempio. Sinceramente non mi aspettavo di andare così forte fin da subito. So che sembra scontato ma per descrivere il mio 2024 userei la parola “crescita”. Sono maturato molto, sia fisicamente che mentalmente. Sto per compiere 20 anni e ora mi sento pronto.
Dal 2025 cosa ti aspetti?
Di massimizzare il lavoro per riuscire a vincere le corse più importanti tra gli under 23 e diventare un leader. Mi piacerebbe mettermi alla prova nelle classiche di categoria: Roubaix, Gand e Youngster Coaster Challenge. Del calendario ancora non so molto, spero di fare il Giro di Bretagna e il Giro Next Gen. Soprattutto quest’ultima può essere un ulteriore passo di crescita.
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Il 2025 del team Gallina Ecotek Lucchini Colosio nasce da… un fraintendimento. Su molti media è infatti apparsa la notizia del ritorno della squadra fra le continental, il che di per sé poteva essere un buon segnale, ma il suo team manager Cesare Turchetti ci tiene a smentire la voce, non senza anche una punta di stizza.
Cesare Turchetti, diesse vecchio stampo, ha proceduto a un largo rimpasto, confermando solo 4 corridoriCesare Turchetti, diesse vecchio stampo, ha proceduto a un largo rimpasto, confermando solo 4 corridori
«Noi siamo fuori dalle continental – dice – abbiamo avuto la qualifica fino al 2023, ma poi ci siamo resi conto che le spese erano troppo ingenti a fronte di pochissimi vantaggi reali. In fin dei conti la nostra attività possiamo farla a buon livello anche senza. Il problema è sempre legato ai costi. Qui s’investe quel che si ha senza fare spese pazze, sperando di stimolare investitori ma di soldi nell’ambiente ne circolano pochi e non sono molti coloro che vogliono mettersi in gioco, che si fidano ancora del nostro mondo».
Andare avanti così è difficile…
Certamente, ma i ragazzi devono imparare che ogni progresso, ogni passo avanti deve essere sudato, guadagnato con il sacrificio. Noi tutto quello che possiamo lo mettiamo a disposizione, tanto è vero che già a inizio dicembre abbiamo fatto il nostro primo ritiro prestagionale a Calpe, proprio mentre sulle strade della Costa Blanca giravano i grandi campioni dei team WorldTour. Ci torneremo a gennaio, per preparare le prime gare della stagione.
Andrea De Marchi è uno dei pochissimi confermati in squadra, dopo una stagione con sole 15 gare disputate (photors.it)Andrea De Marchi è uno dei pochissimi confermati in squadra, dopo una stagione con sole 15 gare disputate (photors.it)
Che calendario farete?
Tante gare 2.2 e alcune 2.1 insieme alle professional. Tornando al discorso della nostra qualifica, a che cosa mi serve se poi alle gare dove siamo invitati mi trovo a dover sostenere tutte le spese contro squadre professional se non superiori che hanno tutto pagato? Sono queste le sperequazioni che rendono la nostra attività così complicata, bisogna agire prima di tutto a livello regolamentare. Quando andiamo a correre in Francia, mi chiedono 5.000 euro di cauzione, così è davvero difficile correre…
Eppure sei ancora qui, a investire, a credere sui giovani…
Io cerco d’insegnare loro che cos’è il ciclismo vero, ma non è facile farsi ascoltare. I ragazzi ormai guardano solo ai watt e alla nutrizione, ma c’è anche altro. Certe volte penso che sono diventato niente più che il loro autista, eppure non c’è solo la tecnologia, non basta avere la bici ultimo grido o controllare le calorie, sono aspetti di un universo molto più complesso. E ribadisco, bisogna innanzitutto fare i conti con quel che si ha. Noi ad esempio ci arrangiamo quando siamo in ritiro, tanto è vero che mia moglie viene con me e cucina per tutto il team.
La squadra punta molto su Lorenzo Magli, reduce da un’ottima stagione con 3 vittorie e 4 podiLa squadra punta molto su Lorenzo Magli, reduce da un’ottima stagione con 3 vittorie e 4 podi
A Calpe il lavoro è stato proficuo?
Sicuramente, anche grazie al clima favorevole, ma proprio in Spagna ho avuto la riprova di quanto affermo. Fai i test in salita e vedi i ragazzi che si confrontano, guardano solo i numeri, quanti watt ho fatto io, quanti ne hai fatti tu… Che senso ha se non hai un confronto reale, se non sai quello che fanno gli altri? Allora se chi fa più watt vince, le gare non facciamole neanche più… Si copiano troppo i pro’, ma c’è tanto altro. Per me il ciclismo è ancora fatto di sensazioni, di fantasia, non basta fare il proprio compitino.
La squadra rispetto allo scorso anno è stata profondamente cambiata…
Il 2024 non è stato un anno positivo, ho visto in tanti atleti la mancanza di volontà, d’impegno e questo stava diventando un virus che si stava propagando. Io voglio gente affamata di risultati, ma soprattutto di voglia di crescere e affermarsi. Ad alcuni avevamo offerto l’occasione per riscattarsi, ma non l’hanno colta, così abbiamo deciso di cambiare e investire su chi ci crede realmente. Ho sentito tante scuse per le prestazioni negative, la colpa data sempre ai materiali tecnici, ma la realtà è che erano nel gruppo per tenersi lo stipendio, ma quello devi anche guadagnartelo. Io voglio gente motivata.
Michael Belleri in occasione della vittoria a Mercatale (foto Rodella)Michael Belleri in occasione della vittoria a Mercatale (foto Rodella)
Su chi punti principalmente?
Abbiamo tanti ragazzi che anche dalle prime battute in allenamento mi stanno dimostrando di aver capito il messaggio, a cominciare dai confermati Andrea De Marchi, Cristian Calzaferri, Edoardo Gavazzi e Manuel Franzoni. Arriva Lorenzo Magli che ha molte qualità, come anche Andrea Guerra che viene dalla defunta Zalf ed era un mio pallino. Poi c’è l’ucraino Serhii Sydor che ha molte qualità ancora inespresse e Andrea Cocca. Saranno loro un po’ i trascinatori del team. Inoltre dalla Hopplà che ha chiuso abbiamo preso Michael Belleri.
Che cosa ti aspetti dalla nuova stagione?
Io sono abbastanza ottimista, proprio perché veniamo da una stagione deludente. Vedo ragazzi che hanno voglia di emergere e questo mi dà fiducia, riaccende l’antico fuoco. Se continuano su questo passo io credo che potremo assistere a belle vittorie. Noi abbiamo dato loro tutto: ogni corridore ha due bici a testa, è seguito da un preparatore e un nutrizionista, insomma tutto quel che serve. Poi è chiaro, serve anche fortuna, ma le premesse ci sono tutte.
Forse nel suo immaginario Francesca Selva non poteva desiderare un Natale migliore di questo. L’idoneità sportiva arrivata qualche settimana fa dopo un inaspettato allarme fisico. Il soggiorno in Danimarca a Roskilde a casa del fidanzato. Il velodromo iridato di Ballerup a venti minuti. E la famosa madison di 100 chilometri in mezzo agli amici-colleghi nel doppio ruolo di atleta e coach.
Il legame col Paese nordico è sempre stato profondo per Selva, ma nell’ultimo anno si è rafforzato ulteriormente da quando ha conosciuto il velocista Oskar Winklerpoco prima della Champions League della pista nel 2023. Nonostante i suoi soli 25 anni, la veneziana ha maturato una grande esperienza in pista, intravedendo nel suo compagno potenzialità da esprimere in modo più completo. Francesca si è messa al servizio di Oskar come allenatrice o, come dice lei, consulente e pianificatrice, tanto che sono arrivati subito un paio di risultati importanti, col beneplacito dello staff della nazionale danese. E siccome proprio in questi istanti Selva sta correndo sull’anello di Ballerup, l’abbiamo sentita alla vigilia della gara per farci spiegare come sta vivendo questa fase della sua vita.
Winkler ha vinto i titoli nazionali nell’inseguimento a squadre e nel keirin. Nel 2025 correrà anche su strada (foto Skovbolle)Winkler ha vinto i titoli nazionali nell’inseguimento a squadre e nel keirin. Nel 2025 correrà anche su strada (foto Skovbolle)
Francesca sei una presenza fissa nel velodromo danese in questo periodo, giusto?
Sì, è vero. E’ un evento incredibile questa gara di Capodanno, come la chiamano loro. Gli uomini corrono questa madison di 100 chilometri, mentre per noi donne è più corta, e il pubblico si gode lo spettacolo. Poi alla fine si festeggia in anticipo l’arrivo del nuovo anno. Per loro è una grande tradizione. E quest’anno ha un sapore particolare…
Come mai?
Perché è l’ultima gara da pro’ di Morkov, che correrà il coppia con Mads Pedersen. Ma è l’ultima gara anche per Julie Norman Leth (un argento olimpico, due ori europei e due mondiali proprio quest’anno tra madison e corsa a punti, ndr) e per la mia storica compagna di Sei Giorni e meeting Amalie Winther Olsen (nove titoli nazionali, ndr). Insomma, stavolta non potevo proprio mancare.
Francesca e Oskar alla Sei Giorni delle Rose a Fiorenzuola. Una trasferta per fare esperienza internazionaleSelva e Winkler si sono conosciuti a settembre 2023. Da allora si sono supportati a vicenda nelle varie gare in pistaFrancesca e Oskar alla Sei Giorni delle Rose a Fiorenzuola. Una trasferta per fare esperienza internazionaleSelva e Winkler si sono conosciuti a settembre 2023. Da allora si sono supportati a vicenda nelle varie gare in pista
Naturalmente in gara ci sarà anche il tuo fidanzato Winkler. Che tipo di corridore è?
Oskar ha un anno in meno di me. Alto, fisico potente da passista, ha ricominciato a correre circa cinque anni fa. In Danimarca c’è un regolamento diverso dall’Italia con tre categorie, dove un elite sale in base ai punteggi ottenuti anziché per età. Lui è come se fosse ripartito dagli amatori e tra strada e pista è tornato nella categoria in cui possono aprirsi porte importanti. Avendo corso quando era più giovane, ha dovuto solo togliersi un po’ di ruggine di dosso. I risultati infatti si sono visti.
Quali sono stati?
Lui nasce come velocista, tant’è che da U23 aveva corso un europeo in pista facendo il chilometro da fermo. Contemporaneamente faceva anche lo scratch, ma ha voluto dedicarsi maggiormente alle discipline endurance. Così in un anno e mezzo di lavoro è riuscito ad andare alla prova di Nations Cup a Il Cairo nel 2023. Ora Oskar è entrato nel gruppo della nazionale danese, specialmente quello del quartetto. E sapete meglio di me quanta concorrenza ci possa essere in una nazionale di così alto livello. Pochi giorni fa, ha vinto il titolo danese del keirin e dell’inseguimento a squadre. Nel frattempo la sua formazione Team Give Steel-2M Cycling è diventata continental e nel 2025 potrà fare maggiore attività su strada.
Donegà ha corso in coppia con Winkler, notando le sue potenzialità e gli aspetti da migliorareDonegà ha corso in coppia con Winkler, notando le sue potenzialità e gli aspetti da migliorare
Tu ti sei definita sua “coach”. Come mai?
Non pensate alla preparazione atletica perché lui ha già il suo allenatore, che è uno dei cittì della nazionale. Sto seguendo Oskar più dal punto di vista della gestione psicofisica della gara e degli altri eventi. Gli ho visto vincere degli scratch con tre giri di anticipo, poi però non aveva la stessa energia per primeggiare nelle altre specialità dell’omnium. Ha corso la Quattro Giorni di Ginevra in coppia con Donegà. Anche lui mi ha detto che saper dosare la potenza, sincronizzando gambe e testa. E quando lo farà potrebbero essere dolori per tutti (dice sorridendo, ndr). Ma gli curo anche altri aspetti.
Quali?
Si sa che noi pistard facciamo una vita un po’ nomade e dobbiamo quindi sempre organizzarci da soli facendo incastrare tante cose. Ho proposto ad Oskar una serie di gare in Europa per fargli fare esperienza non solo in pista, ma anche a livello organizzativo. Così gli ho pianificato le gare e i relativi spostamenti. Avevamo un planning preciso (ride, ndr). Ad esempio l’ho voluto portare alla Sei Giorni di Fiorenzuola, anche perché era in concomitanza con la partenza del Tour de France da Piacenza. Il suo cittì mi ha detto che ho fatto bene a farlo girare. Più si confronta, più cresce.
La pista è il regno di Selva, che ha imparato a fare tutto da sola, compresa la meccanica di biciTetris perfetto. Per le sue gare, Selva in estate ha girato mezza Europa in auto con quattro bici La pista è il regno di Selva, che ha imparato a fare tutto da sola, compresa la meccanica di biciTetris perfetto. Per le sue gare, Selva in estate ha girato mezza Europa in auto con quattro bici
E come ti trovi in questo ruolo?
Mi sono sempre reputata un buon corridore senza aver il talento di altre atlete. Tuttavia penso di conoscere bene questo mondo e di sapermi destreggiare in tutto, facendo pure la meccanica. Vorrei insegnargli i trucchi del mestiere e come la testa può colmare il gap con le gambe. Oppure come ci si sposta finché non fai parte di una squadra in modo stabile. Questa estate ho fatto quasi 11.000 chilometri in 40 giorni con l’auto piena di quattro bici. Da Marcon, casa mia, a Praga, poi in Belgio nella casetta della Torelli per andare in traghetto alla Ride London. Quindi rientro in Belgio e ripartenza per la Danimarca. Infine ritorno in Italia. Per queste pianificazioni mi sento molto preparata e mi piacerebbe un domani fare questo di mestiere, magari anche in un team pro’ seguendo la logistica.
Che annata è stata per te invece?
Devo dire che questi ultimi mesi, seguendo i progressi di Oskar, sono stati la mia rivincita. Lui è stato la mia motivazione per tante cose. Ho avuto una stagione difficile, dove non mi sono mai sentita bene. Prima della Tre Giorni di Londra a fine ottobre ho preso il Covid. Le gare successive le ho sofferte tutte, finché non ho fatto dei controlli. A novembre sono andato dal dottor Moretti che mi ha trovato una miocardite da Covid. Lui è il medico che aveva curato Colbrelli dopo il suo malore e per un attivo ho rivisto in me lo stesso problema di Sonny. Ho curato la miocardite facendo due settimane di riposo assoluto, poi il 7 dicembre ho avuto l’idoneità sportiva dopo tante visite.
Francesca sorride. L’idoneità sportiva è arrivata dopo una miocardite e i suoi consigli hanno portato il fidanzato in nazionaleFrancesca sorride. L’idoneità sportiva è arrivata dopo una miocardite e i suoi consigli hanno portato il fidanzato in nazionale
Cosa chiedi al 2025?
Onestamente non saprei, però sicuramente di non avere più noie fisiche o di salute. Per il resto vorrei continuare come sto finendo quest’anno. Nuovi stimoli e nuove obiettivi da raggiungere. Per la prossima stagione ho deciso di tesserarmi con la società del mio paese. Si chiama ASD Velodrome Marcon e per me non poteva esserci soluzione migliore.
Dopo il tricolore di Imola, Jonathan Milan torna in pista per ritrovare il colpo di pedale. Obiettivo Tokyo, ma senza troppo stress: «Non porta a nulla»
Con l’anno nuovo alle porte e la preparazione in pieno svolgimento, abbiamo chiesto a Davide Piganzoli di raccontarci la sua settimana tipo, un must di bici.PRO. Il giovane ciclista della Polti-Kometa ci ha offerto uno spaccato dettagliato della sua preparazione.
Mentre si sta preparando per un’uscita lunga, il Piga ci racconta come si struttura una sua settimana in questo periodo, in considerazione del fatto che dovrebbe iniziare a gareggiare a fine gennaio.
La filosofia di Piganzoli è di non arrivare al limite per quel che riguarda lo stress. Il relax è vitale (foto Maurizio Borserini)La filosofia di Piganzoli è di non arrivare al limite per quel che riguarda lo stress. Il relax è vitale (foto Maurizio Borserini)
Davide, iniziamo con la preparazione: Il lunedì cosa fai?
Solitamente il lunedì è una giornata di doppia attività. La mattina lavoro in palestra, concentrandomi sulla forza. Farla a secco mi dà risultati migliori rispetto al farla in bici, ormai lo abbiamo appurato. Nel pomeriggio, invece, mi dedico a un’ora e mezza o due di bici, con qualche partenza da fermo e sprint per migliorare questo gesto specifico. Quindi sempre ambito forza.
Il martedì?
Il martedì è un giorno di transizione. Si tratta di fare due ore e mezza o tre in bici, senza lavori specifici. In questo periodo dell’anno è importante accumulare ore in sella, facendo magari salite un po’ più forti, al medio o in Z3 e il resto in Z2, alla fine ne esci con una buona media.
E siamo a mercoledì…
Il mercoledì è dedicato alla distanza (come una volta, ndr): cinque ore, anche cinque ore e mezza di allenamento. Anche qui, le salite si fanno in Z3 per mantenere una buona densità. Di solito inserisco due o tre salite di 20-25 minuti, evitando di esagerare con la lunghezza per non prendere troppo freddo poi in discesa. E poi sia che sia da me in Valtellina che a San Marino ho sempre una salita per rientrare a casa. Il dislivello si attesta tra i 2.200-2.500 metri in questi casi.
Quando fa distanza, il Valtellinese ama uscire in compagnia. «Cerco di usare la bici di crono due volte a settimana», ha detto PiganzoliQuando fa distanza, il Valtellinese ama uscire in compagnia. «Cerco di usare la bici di crono due volte a settimana», ha detto Piganzoli
Il giovedì cosa fai?
Il giovedì è una giornata di recupero. Esco con calma, magari alle 10,30, per un’ora e mezza di bici. C’è anche tempo per una pausa al bar, una lunga pausa al bar, bevendo un caffè o cappuccino, leggendo il giornale. Questi momenti aiutano a staccare dalla routine.
Venerdì?
Il venerdì si torna a lavorare sodo. Ed è il giorno dell’intensità. Faccio quattro ore di allenamento almeno, inserendo lavoretti a soglia bassa come progressioni con cadenza o minuti alternati tra soglia e recupero. Sono stimoli utili per preparare il corpo poi agli sforzi massimali che arriveranno più avanti.
Il sabato invece?
Il sabato è dedicato ancora ad una lunga distanza, di cinque o cinque ore e mezza, con salite sempre in Z2 e Z3, si va via regolari. È un allenamento che si affronta bene in compagnia e permette di accumulare ore senza appesantire troppo il fisico.
Infine Domenica…
La domenica è giornata di riposo assoluto. È importante per recuperare fisicamente e passare del tempo con la famiglia e la fidanzata, viste le lunghe trasferte durante la stagione. In accordo con il mio preparatore, Giuseppe De Maria, abbiamo stabilito che un giorno così serve assolutamente. Non bisogna mai arrivare al limite.
Avevamo visto Piganzoli lavorare in palestra già nel ritiro in Spagna: l’incremento della forza è uno dei suoi focus (foto Maurizio Borserini)Avevamo visto Piganzoli lavorare in palestra già nel ritiro in Spagna: l’incremento della forza è uno dei suoi focus (foto Maurizio Borserini)
Davide, abbiamo parlato della preparazione: ora passiamo all’alimentazione: equilibrio e varietà
Il nutrizionista della squadra ci fornisce piani personalizzati in base a quel che dobbiamo fare. Ma tutto è sempre molto equilibrato.
Per esempio a colazione cosa mangi?
A colazione privilegio carboidrati, una fonte proteica e una liquida come caffè o the. Quindi pane e marmellata, pane e uova e appunto un caffè.
Pranzi sempre o con le distanze salti questo pasto?
Pranzo, anzi pranziamo sempre. Anche in ritiro certe volte tornavano alle 15,30-16 e tra la doccia e tutto il resto ci è capitato di pranzare anche alle 17. Magari si salta la merenda perché poi in vista della cena non c’è tempo, ma pranzo sempre, anche a casa. Alterno pasta, in bianco o col sugo se ho più tempo, riso o couscous con proteine leggere come pesce, carne o uova, dipende anche cosa ho mangiato a colazione. Poi può capitare che magari un giorno non abbia tempo o voglia di cucinare e allora magari mi faccio due fette di pane e un mango.
Al mattino la fonte proteica non manca mai per Piganzoli. Qui pane e uovaAl mattino la fonte proteica non manca mai per Piganzoli. Qui pane e uova
E a cena?
La cena varia in base all’attività svolta e a quella prevista per il giorno successivo. Ma anche in questo caso i carboidrati non mancano mai. Per esempio la sera prima della distanza un piatto di pasta non manca mai nel mio menù. Ogni tanto c’è spazio per uno “sgarro” controllato, per mantenere l’equilibrio mentale. Il concetto è di non arrivare troppo al limite, di non stressarsi eccessivamente perché poi arriva il giorno che uno crolla e sgarra di brutto. Quindi se una sera voglio un hamburger lo mangio.
Sei molto attento ai carboidrati: anche in bici?
Sì, sì: servono per lavorare bene. Prendiamo il lunedì per esempio, alla fine è vero che pedalo solo un’ora e mezza, ma in totale sono tre ore di allenamento.
Hai una tua routine di orari?
Mi sveglio solitamente verso le 8-8,30 e verso le 10 più o meno sono in bici. Dopo gli allenamenti e i pasti, il pomeriggio lo dedico al riposo, specie in questo periodo in cui vengo da sedute lunghe e le giornate sono fredde. Che poi il tempo vola: tra il pranzo, il sistemare qualcosa, la doccia e qualche momento di relax ecco che è già cena. La sera mi piace guardare un film o una serie, ma senza troppe regole fisse. Mi capita d’iniziare un film e magari finirlo due settimane dopo! quando sono le 23, anche 23,30 sono a letto.
Se all’elezione del prossimo presidente federale si procedesse per titoli, Daniela Isetti partirebbe con una dotazione di primissimo piano. E’ stata per due mandati vicepresidente della Federciclismo. Oggi è consigliere Uci, ma anche assessore alla Promozione del benessere della persona con deleghe al Welfare, allo Sport e agli Eventi del Comune di Salsomaggiore Terme. Ha fatto parte del Consiglio Nazionale del CONI e ne è vicepresidente in Emilia Romagna. E’ stata lei, con il Centro Studi, a gettare le basi dell’attuale Team Performance della Federazione. Fa parte della UCI Woman’s Commission. E’ stata Assessore allo Sport, cultura, eventi, politiche giovanili del Comune di Salsomaggiore Terme, la sua città. Il suo punto debole, che tale non dovrebbe essere, è il fatto di essere donna, nello sport italiano che professa la parità eppure ha eletto due sole donne ai vertici di federazioni nazionali.
Sembrava che le elezioni del 2021 avrebbero fatto della Federciclismo il pilota del cambiamento: si disse che il presidente uscente Di Rocco la avesse individuata come suo successore. Invece quei voti si spostarono verso l’attuale presidente Dagnoni. Si disse nella confusione di quei giorni che pur di non far vincere Martinello, Di Rocco avesse preferito sostenere il dirigente lombardo, che poi lo tagliò fuori dalla Federazione. Comunque sia, dopo il primo tentativo del 2021, Isetti si candida nuovamente e nuovamente ha le idee molto chiare. Il suo programma, estremamente dettagliato, ha una visione sferica del ciclismo. Lo analizza infatti a 360 gradi e con grande profondità.
Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello: i 4 candidati del 2021. Di Rocco avrà un ruolo anche questa volta? (foto Fci)Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello: i 4 candidati del 2021. Di Rocco avrà un ruolo anche questa volta? (foto Fci)
Come già chiesto a Silvio Martinello, qual è la fotografia del ciclismo italiano secondo Daniela Isetti?
C’è bisogno di una riflessione profonda per arrivare a una modalità che finora non abbiamo ancora esplorato, nel rispetto della nostra storia e delle società. Abbiamo bisogno di recuperare il contatto con la base, perché il ciclismo ha perso terreno. In Italia è diverso rispetto ad altre Nazioni. Si parla tanto della Slovenia che ha così poche società e sforna quei campioni. Io credo che averne tante come da noi sia invece un patrimonio. Intorno alla bicicletta sta nascendo un movimento sociale fortissimo, le nostre società devono interagire maggiormente con le Amministrazioni, non solo per l’aspetto agonistico che pure resta centrale. Conosco l’attività delle società di base. Vedo quali difficoltà ci sono e anche quali sono le ricette che in alcune zone le rendono vincenti.
Perché il ciclismo ha perso terreno?
Le società soffrono per la riforma che le riguarda direttamente. Non tutti erano e sono ancora pronti per affrontare la riforma del primo luglio 2023. E trovo che già in questo la Federazione, attraverso i comitati provinciali e regionali, dovrebbe attivare dei servizi di appoggio e consulenza per chi fa attività e ha problematiche di tipo amministrativo. Detto questo, si vede una certa spaccatura fra l’attività giovanile e quella agonistica. La prima si fa bene sfruttando la possibilità di parchi chiusi e un ambiente sicuro. In quest’ottica, vedo davvero di buon occhio il progetto Bici in Comune, lanciato da ANCI, Ministero dello Sport e Sport e Salute.
Bici in Comune è stato siglato dall’onorevole Pella, il ministro dello sport Abodi e Mezzaroma di Sport e SaluteBici in Comune è stato siglato dall’onorevole Pella, il ministro dello sport Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute
Perché?
Perché dà la possibilità di incentivare la mobilità ciclabile e l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sostenibile. Riqualificare e garantire la sicurezza delle piste ciclabili esistenti. Finanziare progetti relativi all’organizzazione di eventi aggregativo-sportivi ciclistici e di attività cicloturistiche (le candidature per i Comuni saranno aperte fino alle 12 del prossimo 13 gennaio, ndr). E’ uno strumento che spero possano abbracciare in tanti.
Mentre le categorie agonistiche?
Salendo di livello si assiste al depauperamento dovuto alle difficoltà di reclutamento dei ragazzi da parte delle società, per non parlare di tutta la discussione in atto su juniores e under 23. Serve riattivare un discorso di filiera per recuperare numeri e attività. Viste le recenti sentenze in tema sicurezza, le società che organizzano hanno ben più di una preoccupazione e la Federazione deve stargli acanto per evitare che cessino l’attività.
Il Team Performance guidato da Bragato nasce dal Centro Studi voluto da Daniela IsettiIl Team Performance guidato da Bragato nasce dal Centro Studi voluto da Daniela Isetti
Idee molto chiare sulla base: riparte tutto da lì?
Sono anche molto legata all’alto livello. Il Centro Studi che adesso si chiama Team Performance nasce dal mio incarico precedente in Federazione, ma è chiaro che la ricostruzione deve partire dal basso. E’ stato fatto tanto, ma è evidente che non sia sufficiente, perché siamo di fronte a una riforma epocale. Le società sportive hanno un valore sociale riconosciuto da Sport e Salute (la società dello Stato che si occupa dello sviluppo dello Sport in Italia, ndr). L’attività sportiva è stata inserita nella Costituzione, per cui abbiamo davanti una prateria di iniziative possibili. Serve che la FCI sia più capillare per dare modo a tutti di lavorare in serenità. Se perdiamo il presidio del territorio, non lo recuperiamo più. Per questo dico che una Federazione ambiziosa deve saper coltivare i rapporti con le Istituzioni.
Tutto questo potrebbe infrangersi contro lo statuto federale che per molti aspetti è limitativo.
Lo statuto e la sua riforma sono forse fra i pochi punti che nel mio programma sono stati messi in grassetto. Abbiamo regolamenti da riscrivere, non sono più attuali: sono troppo complicati e poco chiari, fatti in modo che per ogni decisione sia possibile un’alternativa di segno opposto. E’ fondamentale riscriverli e farlo con un lavoro corale, ma anche con una buona dose di professionismo, per non scrivere nuovamente un documento che lasci spazio a interpretazioni. La democrazia deve essere accessibile per tutti e ogni determinazione che sarà presa dovrà essere chiara e leggibile.
Isetti ha seguito le Olimpiadi di Parigi. Qui con Fiona MayIsetti ha seguito le Olimpiadi di Parigi. Qui con Fiona May
Sta reclamando maggiore trasparenza?
La trasparenza è parte del mio programma. Se tutti hanno accesso alle informazioni e alle decisioni, si può avere una vera crescita.
Servirà trasparenza anche nella prossima Assemblea federale?
Me lo auguro, visto che io per prima sono stata vittima di una serie di giochi non proprio chiarissimi. Spero che il 19 gennaio ci siano rapporti diversi, perché certe manovre si riflettono direttamente sul movimento. Spero ci sia maggiore maturità da parte dei candidati e degli elettori, perché la scelta sia basata su motivazioni oggettive e non su conveniente personali. E spero ancheche le scelte non avvengano per le promesse ricevute, ma sulla base degli obiettivi. Le promesse non portano lontano e un Consiglio federale composto da troppe anime non consentirà di lavorare in modo costante. Si finirebbe col perdere la maggior parte del tempo e delle risorse in dinamiche di politica interna, perdendo efficacia nella propria azione.
Michael Antonelli è morto nel dicembre 2020, dopo l’incidente alla Firenze-Viareggio 2018Michael Antonelli è morto nel dicembre 2020, dopo l’incidente alla Firenze-Viareggio 2018
Ci sono fronti di vera urgenza?
Ci sono situazioni su cui bisogna intervenire rapidamente. Una su tutte è la sicurezza stradale di tutti i giorni e subito dopo ci sono le problematiche legate alla sicurezza in gara. Vanno affrontate entrambe in maniera urgente, per evitare che le strade siano sempre meno sicure e che le società, a fronte delle ultime sentenze (il riferimento è alla sentenza per la morte di Michael Antonelli, sulla quale la corte ha stabililto che si poteva evitare segnalando la pericolosità della curva in cui cadde, ndr), preferiscano tirare i remi in barca. Poi ci sarà da capire dall’interno le dinamiche del bilancio federale e capire quali siano davvero i margini di manovra.
Si lamenta da più parti l’assenza dell’Italia dai tavoli internazionali su cui le riforme vengono scritte.
Non è una riflessione sbagliata. L’Italia ha Enrico Della Casa che molto probabilmente verrà rieletto alla guida del ciclismo europeo. Io sono in UCI, ma senza il supporto della Federazione. Se avessi dietro una Federazione forte, anche i rapporti in seno all’UCI potrebbero cambiare, ma così finora non è stato. Ci sarebbe la possibilità di fare di più. Per ora un motivo di soddisfazione è aver accompagnato Treviso al riconoscimento di UCI Bike City Label, assegnato in occasione dei mondiali di Zurigo alla città veneta come pure a Tokyo. Prima in Italia c’era solo la Val di Sole. Le città inserite in questo speciale elenco sono ora 29 e sono state inserite per la loro determinazione nel puntare sulla bicicletta come modalità di trasporto e mobilità alternativi. Dimostra che se vogliamo, possiamo lavorare bene anche all’interno dell’UCI. Ma serve la presenza di una FCI forte che ci creda e finora non c’è stata.
In tema di presenza italiana ai vertici internazionali, Della Casa, a sinistra, ha ottime chance di essere rieletto alla guida della UECIn tema di presenza italiana ai vertici internazionali, Della Casa, a sinistra, ha ottime chance di essere rieletto alla UEC
Ci interessa molto la sua visione di insieme, che parte dalla base, include il legame con il territorio e sale fino al vertice.
Dobbiamo rimettere in moto questo tipo di volano, per essere proattivi rispetto alle politiche locali, che possono dare una spinta diversa e creare condizioni favorevoli per le società di base. Nel mio programma si lavora per questo, creando però anche un ponte fra il vertice e la base, coinvolgendo lo sport dei grandi con quello dei piccoli in modo che anche loro si sentano parte della stessa grande famiglia. Come ciclismo abbiamo una storia meravigliosa, che è la storia del Paese, di cui non dobbiamo dimenticarci. Tuttavia dobbiamo fortemente attualizzarla.
Finite le Olimpiadi di Tokyo, facciamo il punto con Silvio Martinello sulla spedizione azzurra della pista. Bene il settore endurance, velocità dimenticata
La JCL Team UKYO nella passata stagione si è dimostrata tra le migliori formazioni continental al mondo, posizionandosi al terzo posto della classifica a loro dedicata. Davanti al team giapponese si sono piazzati i malesiani del Terengganu e il devo team della Lidl-Trek. Il salto in avanti fatto dalla squadra guidata da Alberto Volpi è sotto gli occhi di tutti. Nel 2024 le sue fortune erano arrivate da corridori italiani come Malucelli, Pesenti e Carboni. Tutti e tre gli azzurri hanno sfruttato il trampolino offerto dalla JCL Team UKYO per lanciarsi in formazioni più grandi e ambiziose.
Nel progettare il 2025 Volpi e i suoi hanno così pensato di ritornare a cercare ragazzi dall’Italia. Sono arrivati così Simone Raccani, Andrea D’Amato, Nicolò Garibbo e Alessandro Fancellu. Tutti con ambizioni e motivazioni differenti.
Raccani dovrebbe ricalcare il calendario fatto da Pesenti in maglia JCL Team UKYORaccani dovrebbe ricalcare il calendario fatto da Pesenti in maglia JCL Team UKYO
La voglia di Raccani
Chi ci ha stimolato maggiore curiosità è Simone Raccani, il veneto di Thiene dopo un passato recente molto difficile ha ritrovato la voglia di combattere e pedalare. Una grande mano gliela ha data la Zalf Fior, che però a fine stagione ha chiuso i battenti. Ma le motivazioni di Raccani sono tornate, più solide che mai, e allora si è gettato in questa avventura con entusiasmo.
«E’ da un po’ che sono tornato ad allenarmi – racconta appena rientrato da un’uscita – esattamente dal 10 novembre scorso. Ora ho avuto modo di testare i materiali e i kit del prossimo anno. Non manca nemmeno tanto al rientro in gara, visto che dovrei partire per l’AlUla Tour a fine gennaio. Prima, però, andrò in ritiro con gli altri italiani della JCL in Spagna. Dovrei fare le stesse gare che l’anno scorso sono toccate a Pesenti e Malucelli. Vedremo quando arriverà la conferma, ma rimane il fatto che la squadra è parecchio ambiziosa».
Raccani è tornato a correre quest’anno nelle file della Zalf, che ha creduto in lui (photors.it)Raccani è tornato a correre quest’anno nelle file della Zalf, che ha creduto in lui (photors.it)
Torniamo al 2024, che stagione è stata?
Riprendere le gare non è stato semplice. Non correvo da sei mesi, da agosto del 2023. Il ritorno in gruppo però è stato in crescendo e da aprile a fine stagione sono stato molto costante. Al Giro d’Abruzzo, gara dedicata ai professionisti, ho fatto bene terminando nei primi venti nella tappa di Prati di Tivo.
Dopo due anni difficili essere ritornato alla Zalf come ti ha fatto sentire?
Ho corso con loro per due stagioni, nel 2021 e nel 2022, prima di fare lo stage con la Quick Step. Anche quando poi nel 2023 sono andato in Eolo ci siamo lasciati bene, mi conoscono bene. Grazie a Gianni Faresin ed Egidio Fior ho ritrovato la spinta che mi mancava. Pensare che nel 2025 non ci saranno più mi crea un grande dispiacere.
Al Giro del Veneto, nell’ultima tappa arriva la vittoria e la classifica generaleAl Giro del Veneto, nell’ultima tappa arriva la vittoria e la classifica generale
Voi lo sapevate da un po’?
Da metà anno era arrivata la voce che non avremmo proseguito la prossima stagione. Poi nell’ultimo mese di gare c’è stata la conferma. La Zalf ha lanciato tanti corridori tra i professionisti e sono felicissimo di aver indossato i loro colori.
Con loro hai trovato nuovo entusiasmo, cosa ti è rimasto degli ultimi due anni?
Diciamo che purtroppo sono stato molto sfortunato perché nel momento cruciale, nel 2022 durante lo stage con la Quick Step, sono caduto. Ho perso tutto il periodo con loro e una bella chance. E’ stata una batosta forte.
Nel 2022 Raccani era stato selezionato dalla Quick Step per fare uno stage, opportunità terminata con una brutta cadutaNel 2022 Raccani era stato selezionato dalla Quick Step per fare uno stage, opportunità terminata con una brutta caduta
Quando hai ripreso nel 2023 come ti sentivi?
Strano, perché non ero sicuro. In gara avevo paura di cadere e di farmi male. Non riuscivo a stare in gruppo. Quelli sono traumi che rischiano di restarti dentro. Poi correvo con una placca al polso.
Tanto da fermarti per poi ripartire nel 2024.
A inizio anno ho tolto la placca e mi è tornata un po’ di fiducia nel muovermi in corsa e sono migliorato.
Quando è arrivata la proposta della JCL Team UKYO?
Dopo la vittoria al Giro del Veneto mi hanno fatto la proposta. La squadra l’avevo già sentita, poi una volta a casa ho controllato il calendario, i materiali con cui corrono e tutto il resto… Mi è sembrata fin da subito un’ottima scelta. Da quando è arrivato Volpi sono cresciuti parecchio, tanto da raccogliere parecchi risultati.
Nel 2023 aveva corso in maglia Eolo, ma l’esperienza non fu positivaNel 2023 aveva corso in maglia Eolo, ma l’esperienza non fu positiva
Un passo ulteriore?
Sicuramente non è una formazione paragonabile a una continental italiana. Anzi, la considero una “falsa” continental visto che il calendario è paragonabile a quello di una professional.
Cosa ti aspetti dalla prossima stagione?
Di mettermi al servizio del team e di provare a raccogliere dei buoni risultati personali. Nelle corse di casa, come il Tour del Giappone, mi piacerebbe fare bene. Così come negli arrivi in salita. Sulla carta avremo modo di fare gare di alto livello, come il Tour of the Alps. Sono arrivati anche sponsor importanti, come Mitsubishi. Mi è stata concessa una chance che in pochi hanno, voglio sfruttarla al massimo.