Benfatto, tante attività moderne con le giovani del Giorgione

17.01.2025
6 min
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Anche per un ex professionista da oltre venti vittorie in carriera come Marco Benfatto, può esserci qualcosa di nuovo nel ciclismo. Il 36enne padovano di Borgoricco quelle novità un po’ le ha portate all’UC Giorgione quando ne è diventato preparatore atletico e diesse, un po’ le ha imparate dalle sue stesse atlete.

Rispetto alle sue stagioni da corridore tra Liquigas, vivaio Astana, Androni, Bardiani e da “coach” alla Gazprom, nella formazione di Castelfranco Veneto l’ex velocista ha dovuto rinfrescare aspetti del suo sport che aveva solo sfiorato. Così come avevamo fatto con Rossato qualche giorno fa per gli U23, abbiamo chiesto a Benfatto della sua esperienza con ragazze giovani. E qualche sorpresa non manca.

Marco come sta andando nel Giorgione?

Va molto bene, per me il 2024 è stato un anno di ascolto e osservazione. Ringrazio ancora Alessandro Ballan (il presidente, ndr) per l’opportunità che mi ha dato l’anno scorso. Lui è stato bravissimo a rianimare una storica società come questa creando un bel gruppo. Personalmente era la prima volta che lavoravo con i giovani e mi sono adattato alle categorie. Abbiamo esordienti e allieve e con loro possiamo ancora interpretare il ciclismo come un gioco. E’ vero che anche nel giovanile ormai si tende ad esasperare ogni cosa, invece noi pensiamo che sia ancora importante divertirsi come aspetto principale.

Però poi, come si dice, si è schiavi dei risultati.

Certo, piace a tutti vincere o raccogliere piazzamenti, ma noi non mettiamo alcun tipo di pressione. Sono contento di far parte del Giorgione perché ho riscoperto aspetti che tra i pro’ o negli U23 non ci sono più o forse non ci sono mai stati. Noi sappiamo bene che le vittorie conquistate ora tra esordienti e allieve vanno prese per quelle che sono. I successi spesso sono altri e ti accorgi che lavorare con i giovani è una gran bella soddisfazione.

Cosa intendi?

Puntiamo molto su attività alternative al ciclismo, specialmente durante il cosiddetto periodo di off-season. Queste ragazze hanno bisogno di fare qualcosa di diverso. Ad esempio abbiamo fatto team building andando a fare paint-ball oppure allenandoci su campi di beach volley. O ancora la settimana prossima andremo tutti assieme a sciare, naturalmente stando tutti attenti. Intanto nel mezzo ci abbiamo inserito anche sedute in palestra, perché è importante non solo nella preparazione.

Anche in questo caso qualcuno ti direbbe che è troppo presto per questi lavori. Cosa ne pensi?

Non bisogna pensare a lavori pesanti come fanno gli atleti di categorie superiori. Noi ogni lunedì andiamo in palestra per fare esercizi a corpo libero. Lo facciamo per prevenire gli infortuni, ma soprattutto per migliorare la coordinazione delle ragazze. Comunque più avanti inizieremo a lavorare con qualche carico, sempre piuttosto leggero.

Hai previsto altro nella preparazione?

I giovani di adesso si muovono sempre meno, anche quelli che fanno sport e devono ritrovare quei movimenti che sarebbero naturali. Facendo sempre un esempio, ci siamo accorti che molte ragazze non sapevano condurre bene la propria bici. Così abbiamo deciso di fargli fare un corso di guida in Mtb e su una pump-track. Abbiamo visto che si sono divertite e ne sono uscite con qualche abilità in più. Insomma, d’accordo pedalare e andare forte, ma è giusto che le ragazze prendano confidenza con tutto ciò che ruota attorno.

Le tue atlete conoscono il passato di Marco Benfatto da corridore? E ti chiedono qualcosa in particolare?

Sia Alessandro (Ballan, ndr) che io essendo stati professionisti veniamo rispettati dalle ragazze. Ci ascoltano volentieri quando hanno dubbi e domande. Ovvio che loro essendo giovani, talvolta perdono l’attenzione in fretta. Quindi dobbiamo essere incisivi, persuasivi e veloci nel dare spiegazioni, cercando di stare attenti alle parole. Non è facile insegnare ciclismo alle ragazze. Non dobbiamo essere troppo pesanti e magari essere più “social”.

Ovvero?

Il modo di comunicare dei giovani è cambiato molto e talvolta dobbiamo usare un linguaggio che sia il più comprensibile a loro. In questo senso è stato uno stimolo anche per me perché ho scoperto e capito meglio il significato di alcuni termini come boomer, crash, chill, corsivo o tanti altri (ride, ndr). In compenso le ragazze sono molto più espansive dei ragazzi e ti riconoscono i meriti nel lavoro verso di loro senza problemi. Diventano più responsabili come in certe occasioni.

Spiegaci pure.

Ad esempio nelle riunioni post-gara. Quando non abbiamo corso particolarmente bene, è capitato di riunire la squadra, chiedere cosa non fosse andato bene secondo loro e se avevano un parere. Iniziava a parlare una ragazza esponendo il suo pensiero e le altre intervenivano. Tutto veniva fuori automaticamente e alla fine riuscivano a risolvere le cose da sole, chiedendo il nostro parere finale. Questa è una di quelle vittorie cui facevo riferimento prima. Ed io mi trovo proprio bene a lavorare così.

La nuova strada della SEG: meno Racing e più Academy

17.01.2025
5 min
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Un team che non è un team. Tra le novità che questo promettente 2025 propone c’è il ritorno della SEG Racing Academy. Parliamo di un marchio storico che fino a 3 anni fa era una squadra continental molto attiva, che nel corso degli anni ha portato ben 36 corridori a varcare le soglie del WorldTour e non gente qualunque, considerando i nomi di Fabio Jakobsen, Thymen Arensman, Kaden Groves, Edoardo Affini, Alberto Dainese. Oggi l’Academy riparte con nuove strategie: una vera e propria scuola per ciclisti, che troveranno poi posto per fare attività agonistica in altri team, avendo a disposizione un centro di allenamento ad Amsterdam.

La SEG Racing Academy ha svolto attività come team continental fino al 2021
La SEG Racing Academy ha svolto attività come team continental fino al 2021

Gli italiani sbocciati nel team

A raccontare la storia di questo progetto per certi versi innovativo è il direttore, Eelco Berkhout: «Noi abbiamo fondato l’Academy nel 2015. Nel corso degli anni sono passati da noi anche corridori italiani poi affermatisi all’estero, come Edoardo Affini, Marco Frigo, Alberto Dainese. Ma anche molti campioni internazionali. Nel corso degli anni abbiamo visto che anche altri team hanno iniziato con propri team di sviluppo. Così è stato sempre più difficile ingaggiare i buoni corridori per convincere tutti a unirsi al nostro progetto. Allora ci siamo fermati per capire a che cosa puntava la nostra strada, dovevamo differenziarci.

«Abbiamo capito che le squadre non sono nostre rivali, ma possono essere nostre clienti. Dovevamo cambiare il concetto alla base del nostro lavoro. Quindi ci siamo riorientati. Ci siamo presi due anni per pensarci, notando che c’è una mancanza di strutture simili negli juniores. Era lì che dovevamo lavorare e trovare il nostro spazio».

Eelco Berkhout, direttore della SEG Racing Academy. Con grandi ambizioni
Eelco Berkhout, direttore della SEG Racing Academy. Con grandi ambizioni
Voi avete stretto un rapporto con tre team: Acron Tormans in Belgio, Goudenbod-Parkhotel in Olanda e German Junior Racing in Germania. Come funziona la partnership con le tre squadre? Chi allena i ragazzi?

Le squadre hanno tutte il loro staff. Ovviamente hanno degli allenatori, ma noi abbiamo il nostro laboratorio di ciclismo. I nostri preparatori coordinano la formazione e aiutano gli allenatori nella squadra a sviluppare i corridori, è un lavoro in sinergia, personalizzato. I ragazzi apprendono da noi le prime basi, facciamo anche dei corsi. Poi a un certo punto, quando sono abbastanza bravi, iniziamo a dare loro consigli su come fare il passo successivo.

Che tipo di consigli?

Siamo un’agenzia di procuratori, quindi abbiamo la nostra rete di contatti, conosciamo tutti i devo team e aiutiamo i talenti a salire di livello, poi iniziamo a guidarli anche dal punto di vista dei contratti. Alla fine, si tratta di diventare professionisti, e devi farlo pensando come un professionista, allenandoti come un professionista, comportandoti come un professionista. Noi gli diamo gli strumenti per farlo.

Alcuni dei 36 campioni passati per l’accademia e approdati nel WorldTour
Alcuni dei 36 campioni passati per l’accademia e approdati nel WorldTour
Non si rischia di avere un diverso trattamento nei team fra i corridori vostri e gli altri?

Ci sono sempre dei rischi, ma preferiamo aiutare e sviluppare la prossima generazione. Sappiamo dal passato che nel nostro team di sviluppo ai vecchi tempi la rivalità era nelle giuste dosi e si frammischiava con l’amicizia, l’ambizione. Di esempi ne abbiamo avuti tanti, abbiamo visto tanti corridori crescere e affermarsi.

Ad esempio?

Ad esempio Dainese. E’ cresciuto pian piano, ha trovato in casa avversari ma anche stimoli, alla fine è arrivato in cima. I ragazzi hanno anche cercato di aiutarsi a vicenda e si sono migliorati a vicenda. A volte il compagno è un concorrente, ha i tuoi stessi obiettivi ma è anche un compagno di squadra ed è anche qualcuno che può aiutarti a raggiungere il passo successivo.

Edoardo Affini con la maglia della SEG. Il campione europeo è rimasto legato al gruppo di Berkhout
Edoardo Affini con la maglia della SEG. Il campione europeo è rimasto legato al gruppo di Berkhout
Quanti ragazzi avete nella vostra accademia e di quali nazionalità sono?

I team che supportiamo sono tedeschi, olandesi e belgi. Quindi per ora l’attenzione principale è su quei tre Paesi. Oltre a questo, abbiamo borse di studio per corridori provenienti da tutto il mondo. Per ora non ne abbiamo assegnate, stiamo appena iniziando. Ma il nostro obiettivo è aumentare il nostro programma e rivolgerci ad altri mercati: Italia, Francia, Usa, Australia. Penso che possiamo aggiungere qualcosa di veramente prezioso ai team. L’intera struttura delle prestazioni sta aiutando l’allenamento, l’alimentazione e quel genere di cose. Inoltre abbiamo coinvolto anche nostri ex ciclisti, che ora sono professionisti per guidare un po’ nei webinar le nuove leve.

Avete avuto richieste dal nostro Paese?

Arriveranno. Anche in Italia sanno che lavoriamo con Affini e Frigo. Quindi sicuramente anche i corridori italiani ci contatteranno. Noi siamo ancora i loro agenti, come per gli altri passati da noi. Questo è il nostro modello. Noi iniziamo, li sviluppiamo, li aiutiamo, investiamo in loro e poi a un certo punto iniziamo a diventare i loro agenti. Quindi li aiutiamo a raggiungere la vetta. Per noi il titolo europeo di Affini è stata una gioia enorme, perché lo abbiamo seguito dagli inizi. E’ una grande storia.

Uno sguardo rivolto verso il futuro. Per la struttura olandese il mercato si aprirà anche verso l’Italia
Uno sguardo rivolto verso il futuro. Per la struttura olandese il mercato si aprirà anche verso l’Italia
Perché avete scelto questa strada e non quella ad esempio di costruire un devo team?

Se mai dovessi sviluppare un devo team, avrei solo 16 corridori al massimo, ma noi vogliamo aiutare di più, quindi avere la possibilità di agire su più ragazzi, trovare talenti da far crescere piano piano. Alla fine siamo convinti che quelli che troveranno la strada per la gloria saranno molti di più. Siamo un’azienda e vogliamo lavorare con i migliori corridori del futuro.

Giant e Liv lanciano ufficialmente le nuove bici da crono

17.01.2025
7 min
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Giant Trinity Advanced SL e Liv Avow Advanced SL: si chiamano così le due nuove armi per le prove contro il tempo (e per il triathlon) messe a disposizione dei corridori del Team Jayco-AlUla e per le ragazze del Team Liv-AlUla-Jayco.

Arrivano i freni a disco (i pro li usano da 140 millimetri) e a parità di taglia i kit telaio sono più leggeri, con un rapporto rigidità/peso migliorato di quasi il 13%. La bici è anche più efficiente nei termini di pacchetto completo corridore/telaio/ruote. E poi le nuove Cadex da cronometro, che sono hookless. Vediamo le biciclette nel dettaglio, anche grazie all’aiuto di Mattia Romanò del dipartimento tecnico del team australiano.

Alcune fasi di test condotte da Plapp con la nuova Trinity SL (foto Giant)
Alcune fasi di test condotte da Plapp con la nuova Trinity SL (foto Giant)

Estate 2024, i primi test su strada

«Sotto il profilo tecnico e costruttivo – spiega il tecnico del team australiano – la Trinity di Giant e la Avow di Liv sono identiche, ovvero due monoblocchi in carbonio, la prima completamente dedicata agli uomini, la seconda specifica per le donne. Le differenze principali si riferiscono alle taglie. Hanno entrambe una sorta di filo conduttore che le collega con le bici della generazione precedente, ma in realtà sono molto diverse, a partire dalle forme delle tubazioni.

«Numeri della galleria del vento a parte – prosegue Romanò – è stato fatto un lavoro enorme per migliorare l’integrazione del comparto frontale e di tutto il supporto aerodinamico del manubrio. Ora vediamo, rispetto al passato, i corridori più alti sul davanti e con la schiena più dritta o se non altro perfettamente orizzontale. Gli studi che abbiamo effettuato in passato come team hanno permesso a Giant di migliorare tantissimo anche in quelli che consideriamo accessori, come manubrio, appendici e supporti. Tutto il posteriore è stato reso più efficiente, senza sacrificare il comfort e la guidabilità, pur avendo sviluppato delle bici nel complesso più rigide. I primissimi feedback degli atleti si riferiscono proprio ad una bici più agile e facile nei segmenti tecnici».

Lavoro sui materiali per ridurre il peso

La spiegazione di Romanò prosegue con un occhio di riguardo per le ruote, in cui la scelta di puntare sull’hookless racconta di un lavoro certosino e di estrema precisione.

«Rispetto al passato ci sono i freni a disco. Il lavoro sui materiali di costruzione e sul design complessivo è stato importantissimo, mirato a togliere tanto peso. E poi le ruote Cadex – prosegue Romanò – lenticolare posteriore, a 4 razze per l’anteriore, entrambe hookless e più leggere di 80 grammi, disegnate per interfacciarsi al meglio con le sezioni da 28 millimetri. L’utilizzo dei tubeless da 28 per le crono, conferma la tendenza generalizzata dell’aumento delle sezioni. Per le bici standard useremo tubeless da 30. I risultati giocano a nostro favore – conclude Romanò – e delle nostre scelte tecniche, considerando i titoli nazionali che abbiamo portato in bacheca in questo inizio anno».

Trinity, Avow e le nuove ruote Cadex

La nuova Giant e la nuova Liv da crono (e da triathlon) adottano il carbonio Grade Advanced SL di Giant e adottano l’ultima evoluzione delle resine prodotte con l’ausilio della nanotecnologia. Da qui anche il grande risparmio di peso. Inoltre, tutto il triangolo anteriore utilizza delle fibre di carbonio continue, non interrotte, soluzione che ha permesso di aumentare le performance (soluzione mutuata dalla Giant TCR SL). Il reggisella è stato sfinato e smagrito, regolabile in altezza. Ha un range di adattamento (avanti e indietro) di 51 millimetri, che anche in ottica triathlon porta dei vantaggi non indifferenti.

Tutto nuovo anche il sistema delle ruote Cadex, lenticolare il posteriore, a 4 razze l’anteriore. Sono completamente in carbonio e adottano la fibra 1K, entrambe hookless (con le pareti del cerchio spesse 3 millimetri) e con un canale interno da 22,4 millimetri.

La Cadex Max (lenticolare) si basa su una costruzione particolare, ovvero una raggiatura interna (i raggi sono in carbonio) che viene completamente coperta dalle cover, considerando inoltre che la costruzione è asimmetrica. Una soluzione che permette di avere una ruota super rigida, scorrevole e anche molto leggera. Un chilogrammo dichiarato, 150 grammi in meno rispetto alla precedente versione. Il mozzo porta in dote i cuscinetti ceramici.

Cadex Aero 4 è la quattro razze ed è disponibile per l’anteriore (50 millimetri) e anche per il posteriore (quest’ultima sviluppata per l’impiego triathlon e con un profilo da 65). La prima, usata nel World Tour ha un valore alla bilancia dichiarato di 880 grammi, la seconda di 1.047.

Una sbirciatina al triathlon

La collaborazione con il Team Jayco-ALUla ha portato Giant, come accennava in precedenza Romanò, a sviluppare un comparto manubrio completamente nuovo. Migliore sotto il profilo delle prestazioni, con un range di 24 posizioni diverse che vanno a coprire le diverse esigenze di altezza, profondità, reach e stack.

Si rinnova anche tutto quello che riguarda il sistema integrato di idratazione, con i due “serbatoi” da 850 e 700 millilitri. A parità di taglia (considerando il kit triathlon) la Giant è più leggera di 558 grammi, mentre la Liv di 433 grammi.

Taglie e prezzi

Giant Trinity Advanced SL è disponibile in quattro misure (XS, S, M e L). Ognuna di queste ha in comune il rake della forcella a 40 millimetri e la lunghezza di 405 millimetri del carro posteriore. La predisposizione è per le ruote da 700c (classiche da 28 pollici). Per L’Italia sarà disponibile la versione kit-telaio Tri-FF al prezzo di listino di 4.199 euro.

Liv Avow Advanced SL guadagna una taglia verso il basso e ne perde una tra le più grandi (XXS e XS, S e M). Anche in questo caso il progetto è totalmente dedicato alle ruote da 700c. Ognuna delle taglie ha un’inclinazione virtuale del piantone di 77°. Per l’Italia sarà disponibile il kit Tri-FF ad un prezzo di listino di 4.199 euro. Mentre le Cadex hanno dei prezzi di listino di 1.799 e 2.199 euro per le quattro razze (anteriore e posteriore), 2.799 euro per la lenticolare da TT.

Giant

Liv Cycling

Bonifazio, la bici e la difficile arte di rifarsi una vita

17.01.2025
6 min
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A Diano Marina ci sono 15 gradi e l’inverno si sopporta bene. Niccolò Bonifazio è appena rientrato da due ore di bici e dice di aver fatto la giusta quantità di fatica. Tutto il resto dell’essere corridore non gli manca, così precisa ridendo con quel parlare a strappi e battute che lo ha accompagnato in ciascuno dei tanti anni da corridore. Sulla bici c’è salito che aveva otto anni e ne è sceso a fine stagione che ne aveva 31, con 21 vittorie nel paniere. Persino giovane, secondo gli standard di qualche anno fa, forse meno rispetto ai ragazzini di cui s’è popolato il gruppo.

La vita dell’ex

Com’è la vita dell’ex? Com’è smettere dopo un anno come l’ultimo, in cui il sogno del Giro d’Italia è crollato portando con sé i destini dei corridori della Corratec? E che cosa significa doversi inventare un futuro a 31 anni? Lui si fa una risata quando gli chiediamo se abbia già pensato a che cosa farà da grande e inizia a parlare.

«Sono grande ormai, mi sa – dice il ligure, ritratto in apertura da Claudia Girardiho trent’anni, ma noi corridori abbiamo un vissuto intenso. E’ una cosa che tanti sottovalutano. Me ne accorgo adesso che esco con i ragazzi della mia età e noto le differenze. Le gare sono in giro per il mondo, siamo sempre in giro: è la vita dello sportivo. Siamo andati dovunque, abbiamo corso dovunque, ci siamo trovati in mille situazioni complicate. Si cresce prima, si matura alla svelta. Quindi cosa vorrei fare da grande? Adesso sto collaborando con un’azienda che si chiama Officine Mattio. Ci saranno degli eventi, delle novità per i prossimi mesi e per un po’ farò parte di questo gruppo e poi vedremo se continuare. Diciamo che è una fase di passaggio, anche per capire bene le cose».

Niccolò Bonifazio, classe 1993, è passato pro’ nel 2014 con la Lampre. Dopo Bahrain, Trek, TotalEnergies, Intermarché e Corratec
Niccolò Bonifazio, classe 1993, è passato pro’ nel 2014 con la Lampre. Dopo Bahrain, Trek, TotalEnergies, Intermarché e Corratec
Te la sei presa comoda?

Diciamo che ho preso un periodo sabbatico. Non ho pressioni, non voglio iniziare qualcosa se non mi piace ed è bello poterlo fare. Qui in Liguria non c’è molto, Diano è un paese, quindi la vita è tranquilla. Si sta bene. In generale va tutto bene. La vita da non ciclista è qualcosa di nuovo, soprattutto perché per me il ciclismo è durato tanto. Ho fatto tutte le categorie, mentre adesso ti trovi corridori che iniziano a 15-16 anni e per forza sono più freschi. E’ cambiato un po’ tutto, no?

Avresti continuato ancora un po’ se avessi trovato le condizioni giuste?

A dire la verità, con le condizioni giuste, sì. Ho sempre dimostrato di saper vincere, però le squadre vogliono volti sempre nuovi. Io cosa posso dire? Nell’ultimo Giro d’Italia che ho fatto, nel 2023, ho fatto dei buoni piazzamenti. L’anno prima avevo vinto. Magari in qualche caso sarebbe bastato indirizzare meglio le energie, ma non ho rimpianti. Cosa vuoi farci? Undici stagioni sono abbastanza…

Ti sei già abituato alla vita da non ciclista?

Eh no, ci vorrà ancora un bel po’. Ho provato a stare senza bici per tre mesi e alla fine ci sono rimontato sopra. In ogni altro tipo di sport che fai, a livello energetico non consumi come la bici. Posso correre per dieci chilometri, posso andare per quattro ore in palestra, ma non è come pedalare. E’ proprio un lavoro diverso fisicamente ed è anche un fatto psicologico. Pedalare è un piacere, lo fai con gusto, non so come spiegarmi. C’è l’aria, c’è il vento, sei connesso con la natura: una cosa che negli altri sport è un po’ più difficile.

Finito di correre, Bonifazio ha iniziato a collaborare con Officine Mattio (immagine Instagram)
Finito di correre, Bonifazio ha iniziato a collaborare con Officine Mattio (immagine Instagram)
Forse è anche il modo di non troncare completamente con quello che hai fatto per una vita?

Adesso posso dire di sì, in realtà però per i primi due mesi è andata bene. Poi ho iniziato a perdere un po’ di muscolo e ho cominciato ad andare in palestra, passando da 70 a 80 chili. Non ho messo su grasso, ho provato a fare cose differenti per non andare in bici. Però alla fine sono dovuto tornare. Ho già fatto due uscite e ho proprio una sensazione di piacere, devo continuare ad andare. Piano piano forse un giorno staccherò…

Tuo fratello Leonardo aveva un negozio di bici e ha smesso anche lui. Farete qualcosa insieme?

Aveva un negozio qui a Diano, poi l’ha ceduto al socio per ricominciare a correre. Adesso invece lavora anche lui per Officine Mattio, in Piemonte. E’ un bel progetto, loro ragionano molto su scala mondiale, non solo sull’Italia. Stanno crescendo piano piano, è un bel prodotto molto apprezzato all’estero. Tante cose in Italia non sappiamo apprezzarle, ma in giro per il mondo il Made in Italy è sempre ben gradito. E io con loro, come dicevo, magari farò qualche evento e magari riprenderò a viaggiare un po’, ma non troppo. Negli ultimi anni quello che è stato veramente duro sono stati gli spostamenti, non tanto l’andare in bici.

Qual è stato il periodo più bello nella tua carriera da corridore?

Mi sono trovato molto bene con la squadra francese, la TotalEnergies, lì ero tranquillo. I francesi hanno molta passione, mi hanno fatto riaccendere. Poi facendo il Tour de France, mi è ritornata un po’ della voglia che avevo da bambino, la stessa grinta. Infatti sono state delle buone stagioni.

La tappa di La Cote Saint André alla Parigi-Nizza del 2020 resta una delle più belle vittorie di Bonifazio
La tappa di La Cote Saint André alla Parigi-Nizza del 2020 resta una delle più belle vittorie di Bonifazio
Hai qualche rimpianto, qualcosa per cui ti mangi le mani?

Nel 2020 c’è stato il Covid, che ci ha costretto a ripartire da capo. Avrei voluto vivere appieno quell’annata, perché avevo vinto a inizio stagione al Saudi Tour e poi anche una tappa alla Parigi-Nizza, prima che tutto si fermasse. Già il 2019 era andato bene, con sette vittorie e il terzo posto nella tappa finale del Tour a Parigi. Avrei voluto fare un grande 2020, perché ero motivato e concentrato, invece il Covid ha fermato tutto. Dopo la ripresa feci poche corse. Mi ultra allenavo per arrivare in condizione, invece non l’ho mai trovata. Correndo poco perché non c’erano tante corse, tutti i programmi sono stati rivisti anche da parte della squadra. Quella è stata una vera sfortuna.

Comunque sia, hai sempre vinto.

Gli unici due anni in cui non ho vinto sono stati il 2017, al primo anno con la Bahrain-Merida quando feci cinque podi e tanti piazzamenti, e poi lo scorso anno. Si puntava sul Giro, come evento principale: peccato che all’ultimo sia saltato, i piani sono andati a farsi benedire ed è scesa anche la tensione. Ci siamo ritrovati a fare corse di secondo piano, con dei ragazzi giovani un po’ troppo spericolati. Non parlo di quelli del WorldTour, che mi sembrano un po’ più consapevoli del rischio.

Ad alto livello si rischia meno?

Sarà un caso, ma in 11 anni facendo grandi corse, ho preso rischi infiniti facendo le volate, eppure sono caduto pochissime volte. Media di una volta all’anno, che è pochissimo. In volata non sono mai caduto. Adesso invece ti trovi in corsa con dei ragazzi che a 150 chilometri dall’arrivo passano sui muretti per guadagnare una posizione. Ti viene da dire: siamo connessi? Forse qualcuno dovrebbe aiutarli a centrarsi meglio.

La doppia vittoria nella Grote Prijs Jef Scherens (2019-2021) è stata la conferma delle doti di Bonifazio sulle strade del Nord
La doppia vittoria nella Grote Prijs Jef Scherens (2019-2021) è stata la conferma delle doti di Bonifazio sulle strade del Nord
Quando ti passerà la Sanremo sotto casa, ti affaccerai per vederla?

Sarò dove andavo a vederla prima di iniziare a correre. Sono uno molto abitudinario, per cui andrò nella curva dove si sono sempre riuniti i miei amici. E’ la curva dove c’è il monumento della Milano-Sanremo su Capo Berta. E’ l’unico monumento dedicato a quella corsa e si trova in questa curva che si affaccia proprio su Diano Marina, che è il mio paese. La riunione è lì, quando correvo li vedevo sempre. Tutti gli anni ci trovavamo in quel posto per vedere la corsa sin da quando ero piccolo. Magari ci vedremo proprio lì, se passerete davanti alla corsa…

Il rapporto tra peso e recupero: a lezione da Piepoli

16.01.2025
5 min
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Dalla nostra recente intervista a Davide Formolo il veneto ci aveva detto di essere alla ricerca del giusto equilibrio tra fisico e mente. La ricerca esasperata di un peso sempre minore non porta sempre i frutti desiderati. Anzi, spesso ci si trova in difficoltà proprio perché manca un qualcosa per arrivare al massimo delle prestazioni. Formolo ha sottolineato anche che arrivare al giusto peso consente di trovare il giusto equilibrio tra performance e ciò che serve per stare bene.

Anche per recuperare al meglio tra una corsa e l’altra è meglio tenere sotto controllo il peso ma senza esagerare. Come si integrano tutti questi discorsi nella preparazione e all’interno di una stagione? Ne abbiamo parlato con Leonardo Piepoli, preparatore di Formolo al Team Movistar

«Ad oggi – dice Piepoli – ci sono varie teorie che dicono cose differenti. Più che sul peso negli ultimi anni ci si concentra sulla qualità dell’alimentazione. Per tanti anni nel ciclismo il peso veniva considerato come una cosa a sé, mentre ora è stato inserito in una discussione più ampia che riguarda l’alimentazione. Tempo fa si facevano delle cose quasi barbare per dimagrire, come un’alimentazione super controllata».

Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)

Alimentazione moderna

Grazie all’arrivo dei nutrizionisti l’alimentazione nello sport ha subito un’impennata positiva, non si guarda più all’estremo ma alla ricerca della giusta compensazione.

«Ora nelle diete dei corridori – continua Piepoli – si guarda all’apporto dei macronutrienti, che devono dare il giusto supporto all’attività sportiva e all’allenamento. Poi i ciclisti fanno sempre la loro parte, c’è a chi basta allenarsi con maggiore frequenza per tornare al giusto peso corporeo, mentre altri devono andare in deficit calorico. Anche se, la discussione principale è sui giovani. Sicuramente con il cambio di metodo che c’è stato negli ultimi anni sono abituati a un maggiore sacrificio. Sono più professionisti dei loro colleghi più grandi alla loro età. I ragazzi arrivano già con la mentalità di pesare il cibo».

Sulle salite secche un peso più contenuto fa la differenza, ma nell’arco di una gara si guarda all’endurance
Sulle salite secche un peso più contenuto fa la differenza, ma nell’arco di una gara si guarda all’endurance
Ora avviene prima il passo verso l’alimentazione o verso la preparazione?

L’alimentazione è l’ultima cosa che si fa, non per importanza ma per un discorso di guadagno marginale. E’ più probabile che un atleta giovane non curi ancora l’aspetto nutrizionale ma che si alleni al meglio. Fino a quando questo permette di avere i risultati si può ancora evitare di perfezionare l’alimentazione. Lo si fa nel momento in cui se ne ha bisogno per fare il salto di qualità.

Formolo ha detto che il peso non sarà una sua ossessione nella prossima stagione, ma che lavorerà per stare bene e per recuperare al meglio.

Sono due aspetti che spesso coincidono ma non è detto che perseguendo l’uno che si ottiene l’altro. Il recupero si basa su fattori fisici che ci danno un valore dell’affaticamento, come può essere il battito cardiaco. Ad esempio: un corridore quando è riposato ha una frequenza cardiaca massima di 200 battiti. Quando è stanco questa si abbassa a 180 o 170 battiti. 

In un Grande Giro il corpo è destinato a stressarsi trattenendo liquidi e facendo aumentare il peso
In un Grande Giro il corpo è destinato a stressarsi trattenendo liquidi e facendo aumentare il peso
Come si mettono in relazione?

Bisogna fare le cose affinché non ci sia un crollo. Anche un corridore che mangia bene può avere una decrescita del peso, soprattutto se si parla di gare a tappe di tre settimane. Da tempo si è visto che uno sforzo prolungato e intenso causa infiammazione ai muscoli e una ritenzione idrica, che comporta un aumento del peso. Però questo stress arriva con le gare, non con gli allenamenti. E’ nel primo caso che si deve avere una maggiore attenzione. 

Una causa del ciclismo moderno?

Nessun mio collega mette più in relazione il peso alla prestazione, chiaramente nei limiti di un’alimentazione sana e di allenamenti ponderati. Però nel tempo si è visto come un atleta troppo magro non sia in grado di fare prestazioni ottime nell’endurance. Lo stesso atleta con qualche chilo in più ha prestazioni inferiori sulla salita secca, ma se consideriamo una tappa di montagna al Giro le sue prestazioni nel complesso saranno migliori. 

L’alimentazione negli ultimi anni è cambiata molto, ora è fondamentale reintegrare dopo ogni tappa
L’alimentazione negli ultimi anni è cambiata molto, ora è fondamentale reintegrare dopo ogni tappa
Si tratta di un lavoro condiviso tra preparatore e nutrizionista…

Le squadre hanno diviso totalmente questi aspetti, però la comunicazione e il lavoro vanno di pari passo. Il preparatore traccia una linea e dice: «L’atleta lavora al meglio con questo peso». Di conseguenza il nutrizionista farà in modo di dare una dieta bilanciata affinché il corridore mantenga il peso indicato. 

In che modo lo si fa?

Grazie alle piattaforme moderne di allenamento il preparatore può vedere dove il corridore è arrivato al massimo delle sue possibilità. Poi il peso oscilla durante tutto l’anno, a seconda del periodo e delle gare che l’atleta è chiamato a fare. 

Agli inizi della carriera Formolo era considerato un corridore da corse a tappe, questo lo portava a limare sul peso
Agli inizi della carriera Formolo era considerato un corridore da corse a tappe, questo lo portava a limare sul peso
Un esempio?

All’inizio della carriera Formolo nei Grandi Giri era partito come uomo di classifica, chiaro che in quel caso il rapporto tra peso e potenza contava molto di più. Non va dimenticato, come detto prima, che arrivava anche da una cultura differente. Ora che non corre il Giro da top, ma in appoggio, questo gli permette di gestirsi durante le tre settimane. 

Una cosa che riguarda tutti è la non estremizzazione del peso. 

Certo. A livello di prestazioni lo abbiamo detto, ma è anche una cosa che inficia il recupero. Se un corridore ha un peso e un’alimentazione proporzionati allo sforzo che deve fare i muscoli avranno il giusto apporto calorico e reintregreranno meglio la fatica. Così da non uscire dalle gare sfiniti ed essere pronti in breve tempo per altri sforzi. 

Il test completo del nuovo Deda Alanera RS

16.01.2025
6 min
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Dopo la presentazione ufficiale del nuovo Deda Alanera RS ci siamo presi il tempo dovuto per montarlo ed usarlo per un lungo periodo. Deda Alanera RS non è un semplice manubrio integrato sviluppato per una categoria di agonisti esperti e pretenziosi, una volta di più Alanera si conferma il manubrio in grado di cambiare il carattere della bici.

Più comodo ed ergonomico rispetto alla versione precedente e al tempo stesso trasmette una secchezza e rigidità meno pronunciate. Entriamo nel dettaglio della prova.

Un integrato da pro’ senza mezze misure
Un integrato da pro’ senza mezze misure

I manubri non sono tutti uguali

Se è vero che l’aerodinamica e la tecnologia ciclistica in genere hanno fatto grandi passi in avanti, è altrettanto vero che è difficile interpretare e quantificare il reale risparmio di watt di un singolo componente. La bicicletta è un sistema complesso ed un insieme di diversi pezzi, ai quali si aggiungono le variabili dell’ambiente esterno e naturalmente le soggettività. I numeri, i dati e le analisi, i seppur validi risultati del laboratorio passano in secondo piano una volta su strada. Il feeling dell’utilizzatore, le sensazioni e proprio l’ergonomia, la capacità di cucirsi addosso quel componente specifico, sono fattori che occupano il primo gradino del podio in una ipotetica scala valori. Da lì arrivano watt, velocità e prestazioni.

E’ il caso del nuovo Deda Alanera RS, una base prestazionale per l’intera bici. Tecnicamente è stato migliorato in tutto, rispetto alla versione precedente, perché è più leggero e confortevole, più efficiente in fatto di aerodinamica, dotato di una tecnica costruttiva che è un vanto. Tutto bene, tutto perfetto, ma la differenza e la sua bontà si notano una volta che è portato nell’ambiente esterno. Solo dopo averlo usato ed immaginato un confronto ad ampio spettro con molti manubri di pari categoria, si percepisce quanto il nuovo RS possa migliorare o cambiare le diverse fasi di guida.

Alanera RS, più comodo

Una comodità che arriva da forme più morbide e sfruttabili, soprattutto per quanto concerne la sezione orizzontale. Il disegno è più tagliente e sfinato, sicuramente più efficiente in fatto di penetrazione dello spazio, ma anche meno invasivo quando in salita si tende ad arpionare la parte alta del manubrio. Rispetto alla versione precedente è stato eliminato lo “scalino” frontale ed il bordo posteriore adotta una leggerissima (quasi impercettibile) squadratura che tende ad assecondare l’appoggio della zona carpale delle mani. Sotto è arrotondato, quasi a voler accompagnare le dita su una superficie più ampia di appoggio, fattore che aiuta anche chi scarica quasi completamente le pressioni attraverso il palmo delle mani.

Scompare la fossetta tra il manettino e la parte alta della curva. Significa un maggiore contatto tra manubrio/shifter/polso. Inoltre, a prescindere dalla larghezza, la svasatura (flare) non è eccessivamente pronunciata, con il risultato di un ottimo equilibrio di forme tra la parte alta ed il limite inferiore della piega. Deda Alanera RS è estremo nello sviluppo e ricerca, sfruttabile nel design, adatto a diverse tipologie di utenza e stili di guida.

Meno profondo

120 e 75 millimetri sono i due valori che nel complesso identificano la profondità del nuovo Alanera RS (più compatto se messo a confronto con il vecchio Alanera). Significa un manubrio integrato top di gamma che non obbliga ad abbassarsi in modo eccessivo e che ha una curvatura regolare (senza spigoli, gomiti, rientranze etc) nel punto più lontano ed in pari alla leva del freno. Significa un manubrio non eccessivamente proteso verso l’anteriore che facilita il passaggio della mano tra la sezione orizzontale, il manettino e la posizione ribassata, con i due terminali della piega che sono piacevolmente sfruttabili anche da mani piccole.

Un manubrio che deve essere montato da mani capaci
Un manubrio che deve essere montato da mani capaci

Mani esperte per il montaggio

Alanera RS è compatibile esclusivamente per passaggi totalmente interni (freno e cambio). Può essere abbinato alle tipologie di serie sterzo che fanno passare le diverse guaine al proprio interno. E’ perfetto con la serie sterzo DCR (specifica Deda) ed è compatibile (grazie ad adattatori specifici) con la stragrande maggioranza delle serie sterzo presenti sul mercato. E’ compatibile con le forcella che hanno lo stelo D-Shape.

Se messo a confronto con la generazione precedente, RS è stato alleggerito nella zona posteriore, quella del morsetto, che ha le viti in titanio con sede torx (fare attenzione con il serraggio, usare sempre chiavi di qualità e chiusura dinamometrica). Un fattore da considerare è la possibilità di lasciare 5 millimetri aggiuntivi al canotto della forcella, nascosti dal top cap aerodinamico.

In conclusione

Deda Alanera RS è prima di tutto un componente top di gamma in senso assoluto. E’ ricco di tecnologia ed è molto costoso: 795 euro di listino non sono pochi, ma è giusto sottolineare che rientra in una categoria di strumenti pensati per massimizzare le performance dei professionisti.

Il grande vantaggio di questo cockpit integrato è il design, capace di sfruttare quel binomio tra comfort/design funzionali per la piena sfruttabilità del componente in diverse situazioni, per differenti tipologie di mani (grandi e piccole) e stili di guida (dallo sprinter fino ad arrivare al corridore più leggero che pedala sempre in piedi). Mancano a nostro parere due piccoli sedi o incavi sotto l’orizzontale, dove posizionare i due “pulsanti satellitari scalatore”, molto utilizzati dai salitomani e da chi tiene le mani alte/orizzontali per lunghi periodi durante le scalate.

E’ rigido e si sente, ma rispetto al passato è una rigidità “migliore”, perché meglio distribuita, perché le mani tendono ad avvolgere quasi completamente le diverse sezioni del manubrio, senza ostacoli. Deda Alanera RS è una sorta di punto di arrivo per chi vuole effettuare un vero upgrade di altissima caratura.

Deda

L’occhio di Fontana sul ciclocross: «Non guardate solo VDP…»

16.01.2025
5 min
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La grande rimonta non è andata in porto, per la miseria di 2 secondi. Tanto ha separato Filippo Fontana dalla gloria tricolore e non si può negare che quella rincorsa furiosa resta comunque negli annali, considerando anche la caduta d’inizio gara. Per il portacolori dei Carabinieri resta comunque l’aspetto positivo di una competizione arrivata dopo una stagione di ciclocross molto intermittente, con la perla del successo al GP Guerciotti ma poco altro, perché il ventiquattrenne ha deciso di cambiare impostazione alla sua carriera.

Con Fontana andiamo però un po’ al di là del puro discorso tricolore e facciamo appello alla sua conoscenza dell’ambiente, ancorché maturata in età giovanile, per cominciare a entrare nel clima dei mondiali. Chiaramente Filippo non sa se sarà chiamato a vestire la maglia della nazionale e certamente quei 2” possono anche “scottare” da questo punto di vista, ma il discorso da affrontare è più ampio e riguarda soprattutto l’estero, i campioni con i quali ha avuto modo di confrontarsi negli ultimi anni.

Un Fontana abbastanza accigliato sul podio tricolore di Faé di Oderzo (foto Billiani)
Un Fontana abbastanza accigliato sul podio tricolore di Faé di Oderzo (foto Billiani)

«Anche se ho gareggiato poco, ho seguito molto tutta l’attività – esordisce il corridore trevigiano – e ho visto come tutto sia cambiato quando Van der Poel e poi Van Aert sono entrati nel massimo circuito. Tutti dicono che contro Van der Poel c’è poco da fare, che il mondiale è già assegnato, che non c’è storia e così via. Probabilmente sarà anche vero, ma il ciclocross – come lo sport tutto – insegna che le gare vanno corse».

Tu pensi che l’olandese sia battibile?

In certi casi sì, dipende molto da come sta e da come si evolve la gara, lo abbiamo visto anche in passato. Non è come Pogacar su strada, che ha “ucciso” tante gare nell’ultimo anno. C’è poi un altro aspetto che mi ha colpito.

Van der Poel ha disputato finora 5 gare di ciclocross, vincendole tutte, ma l’ultima è del 29 dicembre
Van der Poel ha disputato finora 5 gare di ciclocross, vincendole tutte, ma l’ultima è del 29 dicembre
Quale?

Si parla sempre e solo di chi vince, ma il ciclocross è diverso. Pensare che chi gareggia in presenza dell’iridato si senta battuto in partenza, sbaglia. Perché quando entri in gara non pensi solo a vincere: ci sono le presenze sul podio, i piazzamenti, i punti, il riscontro mediatico televisivo, il far vedere sulla maglia i marchi degli sponsor. Una gara di ciclocross non si riduce solamente a chi vince. Su strada forse è un po’ diverso, si è più legati alla tradizione.

Questo dipende anche dalle diverse caratteristiche della disciplina?

Sì, nell’offroad in generale le avversità da superare sono tante, può sempre avvenire qualcosa. Ma soprattutto c’è un po’ più considerazione per chi si piazza, per chi sale sul podio, tanto è vero che nella mountain bike sono in 5 a conquistarlo, non 3. Non si corre solo per vincere. Poi è chiaro che, soprattutto in un mondiale, le gerarchie il più delle volte vengono a galla ed è anche giusto così. Il percorso della prossima edizione non lo conosco molto, non sapendo se sarò chiamato in causa, ma è logico considerare l’olandese il netto favorito.

Per Van Aert doppietta di successi a Gullegem e Dendermonde, ma niente mondiali
Per Van Aert doppietta di successi a Gullegem e Dendermonde, ma niente mondiali
I risultati di questa prima parte di stagione ti hanno sorpreso? Ti aspettavi che VDP e Van Aert facessero subito la differenza?

Sì, perché ormai quando un corridore di quella levatura si presenta al via non lo fa mai essendo al 70 per cento della forma, è già abbastanza carico e rodato. Il Van der Poel visto finora, almeno prima degli acciacchi che lo hanno fermato, era all’apice e ha fatto un po’ quello che voleva. Ma l’infortunio fa parte dello sport, rientra in quella casistica di cui parlavo prima. Io dico che per il mondiale sarà di nuovo il riferimento, mi stupirei del contrario.

Van Aert come l’hai visto?

Per lui la situazione era diversa, più difficile dopo gli infortuni patiti. Il fatto che abbia deciso di rinunciare al mondiale non mi stupisce: ne ha vinti 3, uno in più non gli cambierebbe la vita o almeno non gliela cambierebbe come invece centrare uno di quei successi nelle Classiche del Nord che ancora gli manca. Lui va cercando qualcosa di nuovo, che gli è sempre sfuggito. E’ giusto che privilegi la strada. Anch’io nel mio ambito ho fatto una scelta, privilegiando la mountain bike e per questo non faccio ciclocross a tempo pieno, anche perché la stagione di mtb è sempre più lunga.

Per Van der Poel il sogno iridato nella mtb, dove nei grandi eventi titolati ha sempre pagato dazio
Per Van der Poel il sogno iridato nella mtb, dove nei grandi eventi titolati ha sempre pagato dazio
Van der Poel ha detto di voler puntare al titolo mondiale di mtb, per completare il poker mai riuscito a nessuno (strada, ciclocross, gravel e appunto mountain bike). Per te è possibile?

Io la vedo dura. L’olandese ha sì vinto tre prove di Coppa del mondo, ma non sempre la mountain bike gli riesce bene. E macchinoso, ha bisogno di percorsi molto scorrevoli e poco tecnici. In questo caso sì, sarei sorpreso se gli riuscisse.

E Nys, secondo te potrà raggiungere quei livelli?

Non credo, perché parliamo di campioni assoluti che non solo hanno lasciato un’impronta indelebile in questa specialità, ma hanno anche scavato un solco fra loro (e ci metto anche Pidcock assente quest’anno) e gli altri.

Thibau Nys, laureatosi domenica campione nazionale, non sembra ancora al livello dei super big
Thibau Nys, laureatosi domenica campione nazionale, non sembra ancora al livello dei super big
Ti rivedremo più attivo nel ciclocross?

Forse, ma come dicevo il calendario di mountain bike è impegnativo, si finisce a metà ottobre e considerando il necessario stacco si ricomincia con la preparazione a novembre, non resta molto tempo. Ma magari un paio di stagioni più incentrate sull’attività invernale potrei anche farle…

XDS-Astana: mercato, punti, sprinter: al tavolo con Mazzoleni

16.01.2025
6 min
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DENIA (Spagna) – Il ritiro della XDS-Astana ci ha offerto l’occasione per sederci ad un tavolo con Maurizio Mazzoleni, oggi non solo più preparatore, ma anche dirigente del team, per parlare dei grandi cambiamenti in atto all’interno della squadra kazaka. Con il supporto del nuovo partner cinese e una profonda ristrutturazione dell’organico, il team affronta una stagione a dir poco cruciale per rimanere nel WorldTour. Tattiche, nuovi materiali, gestione delle formazioni, giovani… quanta carne al fuoco.

Il cambio radicale dell’organico è stato il primo segnale di un nuovo corso: 14 corridori usciti e altrettanti nuovi arrivi rappresentano una rivoluzione più che un semplice restyling. Mazzoleni ci ha spiegato come la scelta di puntare su atleti veloci e adatti alle gare di un giorno rifletta la logica imposta dai punteggi UCI. Tra i nomi di punta, ci sono senza dubbio Diego Ulissi e Alberto Bettiol che si preparano a una stagione da protagonisti, ma anche Davide Ballerini e Florian Kajamini sono chiamati ad un ruolo molto importante, anche per costruire un progetto solido per gli anni a venire.

La nuova XDS-Astana: 14 nuovi corridori e il definitivo passaggio da team per i Grandi Giri a squadra da corse per un giorno
La nuova XDS-Astana: 14 nuovi corridori e il definitivo passaggio da team per i Grandi Giri a squadra da corse per un giorno
Maurizio, partiamo dal mercato: 14 corridori sono andati via, 14 ne sono arrivati, è quasi il 50 per cento dell’intera squadra. Una rivoluzione più che un cambiamento…

Sì, è stata proprio una scelta dettata da questo nuovo investimento di partnership con XDS che si affaccia sul mercato del ciclismo mondiale. Questo abbinamento ci ha portato a trovare la miglior via per lottare e per rimanere nel WorldTour. Non sarà semplice, ma il mercato è stato fatto appunto in quella direzione.

Che tipo di squadra c’è adesso?

Meno corridori da corse a tappe e più corridori per le corse di un giorno: attaccanti, corridori mediamente veloci. Questa distribuzione nasce dal sistema di punteggi, che porta, se non si ha un leader da top 5 nei grandi Giri, a orientarsi verso corridori più veloci. Una gara di un giorno come Almeria, per esempio, assegna 200 punti al vincitore, mentre una corsa a tappe di una settimana (non di prima fascia, ndr) ne dà 125 al primo della generale. Va da sé che in ottica punteggi, questi corridori hanno un appeal maggiore.

Sei il responsabile della preparazione in Astana: come farete le formazioni anche in virtù di queste esigenze tecnico-tattiche?

Non solo coach, quest’anno ho un ruolo di sport manager. Coordino l’attività dell’area performance, gestita da Vasilis Anastopoulos, e tutta l’area tecnica dei direttori sportivi. Collaboro anche sotto il piano logistico con Lorenzo Lapage, responsabile della logistica. E’ un ruolo di coordinamento essenziale in un team WorldTour moderno. Quindi insieme cercheremo di creare le formazioni che ci potranno garantire più punti nelle corse a noi più congeniali che non è detto siano per forza quelle WorldTour.

Matteo Malucelli, arrivato in extremis, potrà essere un ottimo acquisto. Mazzoleni crede molto in lui e nel treno dei velocisti che stanno costruendo
Malucelli, arrivato in extremis, potrà essere un ottimo acquisto. Mazzoleni crede molto in lui e nel treno dei velocisti che stanno costruendo
Ne avevamo parlato: hai un bel lavoro nel fare i calendari…

Il ciclismo è evoluto molto. In supporto al nostro lavoro di scelta c’è un confronto multidisciplinare o multisettoriale, per meglio dire. I direttori sportivi offrono la loro esperienza sulle formazioni e sulla scelta dello staff, mentre gli allenatori e i medici ci danno la condizione perfetta degli atleti. Questo influisce sulla scelta degli uomini per le varie gare.

È cambiata un po’ la preparazione in generale, dovendo appunto puntare di più su corse di un giorno?

Non proprio, le preparazioni sono da anni individualizzate. Quello che cambia è l’utilizzo tattico degli atleti. Si punta di più a piazzamenti nelle top 5 e top 10 piuttosto che esaltare solo il risultato del capitano di giornata. Questo è un aspetto tattico da considerare. Vale per noi, ma non solo. Tolti i big team, quasi tutti ragionano così. Ma è il regolamento che ha portato a questo.

Capitolo velocisti: avete preso Malucelli, avete Syritsa anche se al devo team. C’è già un treno, una gerarchia di velocisti? Come ci state lavorando?

Abbiamo lavorato molto nel biennio di Cavendish, migliorando il lead-out e la gestione della corsa. Ora abbiamo velocisti di livello diverso da Cavendish, il che ci permette di variare le letture tattiche. Gleb lo abbiamo messo nel devo team, ma la sua esperienza ci potrà aiutare in quella squadra e poi potrà fare molte gare con la prima squadra. Non le corse WorldTour, ma se andiamo a vedere non ha mai fatte troppe. Vedrete, Syritsa e Malucelli correranno spesso insieme e Gleb potrebbe fare da lead-out per Malucelli.

Fausto Masnada è uno dei nuovi acquisti: Mazzoleni si aspetta molto da lui
Fausto Masnada è uno dei nuovi acquisti: Mazzoleni si aspetta molto da lui
Proprio Malucelli ci ha detto che in questi giorni di prova ci si è trovato benissimo… E in questo treno c’è un capotreno? Magari Ballerini o la new entry Romele?

Romele è all’inizio della carriera e potrebbe sviluppare questa attitudine. Ballerini è un lead-out di altissimo livello e si ritaglierà di sicuro spazi importanti anche nel treno ma soprattutto nel suo Belgio. Ma poi non dimentichiamo Bol, Kanter, Gate che con la sua esperienza in pista è dotato di enormi accelerazioni…

Dal Belgio andiamo ai due big acquisti: Bettiol e Ulissi. Correranno insieme? E come saranno gestiti?

Hanno obiettivi diversi nei primi mesi. Entrambi si ritroveranno probabilmente al Giro d’Italia, dove Diego punterà a continuare la sua striscia di vittorie e di ottimo rendimento, una sua costante in questi anni. Mentre Alberto cercherà di difendere e onorare la maglia tricolore e cogliere magari qualche risultato importante. Sono atleti di classe, forza ed esperienza.

C’è un nome nel roster che ti stuzzica, che potrebbe essere la sorpresa?

Mi aspetto una grande stagione da Fausto Masnada. Dopo due anni difficili per problemi fisici, che forse solo i tecnici che gli sono stati davvero vicino conoscono fino in fondo, è pronto a tornare a livelli altissimi. Fausto può essere un jolly. E poi penso a Florian Lipowitz e Davide Toneatti: sono giovani di talento che, con il giusto tempo e metodi, possono affermarsi.

Quanto sarà importante per voi questo 2025 che, ricordiamo, chiude il triennio della classifica a squadre UCI?

È fondamentale. L’approccio rimane quello di una squadra competitiva in ogni settore. A fine anno vedremo se avremo raggiunto il risultato, ma sono certo che daremo il massimo.

Nata nel 2006, l’Astana ha vinto quasi 400 corse, tra cui 9 Grandi Giri e 5 classiche monumento. Gran parte di questi successi sono a firma di Giuseppe Martinelli
Nata nel 2006, l’Astana ha vinto quasi 400 corse, tra cui 9 Grandi Giri e 5 classiche monumento. Gran parte di questi successi sono a firma di Giuseppe Martinelli
Nuovi materiali? Abbiamo visto che i vostri meccanici hanno un bel da fare e che di solito quando si cambiano partner tecnici c’è sempre un po’ di rodaggio…

Abbiamo iniziato mesi fa a lavorare con il nostro nuovo partner. Vero, serve un po’ di rodaggio, però è anche vero che la collaborazione con questo brand specializzato nel carbonio ci permette di seguire l’intera produzione dei telai, dal carbonio stesso al più piccolo degli adesivi. Questo know-how è unico e potrebbe fare la differenza nei prossimi anni. Ci crediamo molto.

Ultima domanda: sarai contento se?

Se avremo dato tutto quello che potevamo sia sulla strada con gli atleti che a livello di supporto come staff. Nello sport ci sono anche gli avversari, ma sarò soddisfatto se avremo fatto il massimo. Però prima di chiudere fatemi dire una cosa.

Prego…

Vorrei salutare e ringraziare Giuseppe Martinelli – dice con trasporto, Mazzoleni – questa è la prima stagione senza di lui. Se io e moltissimi di noi siamo qui lo dobbiamo a lui. Martino ha reso grande l’Astana. Se negli anni ha vinto tutto quello che ha vinto grande merito è il suo.

In effetti Martino è Martino…

Era doveroso.

Vingegaard non si nasconde: posso battere Pogacar

16.01.2025
5 min
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Vingegaard racconta, la presentazione della Visma-Lease a Bike è lo sfondo perfetto. Il danese è ripartito. Ribadisce di aver corso il Tour del 2024 con il grosso handicap dell’incidente di aprile e fa capire di non essere per nulla rassegnato davanti allo strapotere di Pogacar. Dopo la dura lezione della scorsa estate, la squadra olandese rialza il capo e sfida il numero uno al mondo con la consapevolezza di averlo già battuto. A sette mesi dal Tour, il guanto di sfida è stato lanciato.

«L’obiettivo principale della mia stagione – dice Vingegaard, in apertura con Jorgenson – è la terza vittoria al Tour. L’idea di fare il Giro era venuta considerandolo un utile passaggio di avvicinamento, ma ci sono troppi fattori di cui tenere conto. Il tempo, l’energia che devi mettere ogni giorno, troppe cose che non puoi controllare. Quindi abbiamo deciso che la cosa migliore da fare sarà un training camp in altura. E semmai ci sarà un secondo Grande Giro, sarà la Vuelta, ma valuteremo la mia condizione».

Nessun bluff: Vingegaard ha ribadito di essere arrivato all’ultimo Tour quasi per miracolo (foto Instagram)
Nessun bluff: Vingegaard ha ribadito di essere arrivato all’ultimo Tour quasi per miracolo (foto Instagram)

Il ciclismo non è tutto

E’ una presentazione che parla di un’ambizione bella e buona: quella di tornare la prima squadra al mondo. Anche se il boss Richard Plugge ammette nel suo discorso che il primo obiettivo – quello davanti cui l’ambizione della squadra potrebbe finire in secondo piano – è proprio il Tour de France.

Il percorso scelto per il danese prevede il debutto all’Algarve, poi la Parigi-Nizza, il Catalunya, il Delfinato e il Tour de France. Non lo vedremo alla Tirreno-Adriatico in cui lo scorso anno aveva dato spettacolo, perché ogni traiettoria di questa sua stagione finirà nella direzione del Tour. E non ci sarà neppure il Giro dei Paesi Baschi, quello della caduta in cui lo scorso anno poteva perdere ben altro che la sola vittoria del Tour.

«Pensavo davvero che stavo per morire – racconta ancora – e questo mi ha fatto pensare che il ciclismo non sia tutto. Lo sapevo già, ma quando succede una cosa del genere, te ne accorgi anche di più. E’ stato molto difficile uscirne anche mentalmente, ma l’ho gestito bene e mi sento di nuovo bene con me stesso. Mi piace ancora andare in bicicletta, altrimenti non sarei qui con nuove ambizioni».

Al Tour, Kuss tornerà a fare il gregario di lusso: il ruolo che gli si addice meglio (foto Visma Lease a Bike)
Al Tour, Kuss tornerà a fare il gregario di lusso: il ruolo che gli si addice meglio (foto Visma Lease a Bike)

Pogacar si può battere

E’ convinzione in casa UAE Emirates che in realtà il Vingegaard del Tour sia il migliore mai visto sinora: una tesi che il diretto interessato respinge con decisione e, tutto sommato, si sarebbe portati ad essere d’accordo. Se si è preso per buono il disagio di Pogacar per la frattura dello scafoide nel 2023, perché non credere che le tante fratture del danese possano averne rallentato la preprazione?

«E’ stato un miracolo – dice lui – essere arrivato secondo al Tour dietro Pogacar. Ho dovuto aspettare fino a metà maggio prima di potermi allenare nuovamente con intensità. Il fatto di essere arrivato alla partenza del Tour è stato oltre ogni aspettativa. Per questo il secondo posto è un risultato di cui sono molto orgoglioso. L’anno scorso tra noi ci sono stati più di sei minuti e se fossi stato in grado di prepararmi senza problemi, adesso avrei molti più dubbi e sarebbe stato un duro colpo alla mia fiducia.

«Ma io so da dove vengo e so che quando sono arrivato in ottima forma, l’ho battuto per due volte e sono determinato a farlo ancora. Chiaramente so che per riuscirci, il mio livello dovrà aumentare ancora. Quando hai già sconfitto qualcuno, sai che ne sei capace e sei disposto a fare qualsiasi cosa pur di riuscirci di nuovo. Mi sembra normale che un grande atleta abbia questa sensazione».

Campenaerts, appena arrivato, ha le stesse misure di bici di Vingegaard (foto Visma Lease a Bike)
Campenaerts, appena arrivato, ha le stesse misure di bici di Vingegaard (foto Visma Lease a Bike)

La squadra più forte

Sulla sua strada ci sarà anche Remco Evenepoel, che i giornalisti belgi (non solo loro) considerano una minaccia concreta per gli aspiranti alla maglia gialla. Vingegaard risponde convinto, perché aver duellato con Remco sulle Alpi nel 2024 gli ha fatto intravedere le sue potenzialità.

«Remco è stato molto forte per tutto il 2024 – dice – e non solo al Tour. Alle Olimpiadi ha vinto due medaglie d’oro e poi nella crono dei mondiali ha replicato la vittoria dello scorso anno. Se lo incontreremo al Tour, sarà sicuramente un avversario che terremo in considerazione. Sono anche certo che la nostra squadra sarà attrezzata per contrastare anche lui».

La Visma-Lease a Bike non ha fatto misteri: alla Grand Depart di Lille porterà l’organico più potente. Con Vingegaard ci sarà Simon Yates, preso proprio per questo, con Kuss, Van Aert, Laporte, Jorgenson, Benoot e Campenaerts. «E’ una squadra molto forte – dice Vingegaard – sia in montagna sia nelle tappe di pianura. Senza dubbio la squadra più forte che abbiamo avuto. E’ importante provare a progredire anche collettivamente e penso che siamo a un ottimo livello».

Vingegaard appare molto sicuro di sé e calmo: è certo di poter battere ancora Pogacar (foto Visma Lease a Bike)
Vingegaard appare molto sicuro di sé e calmo: è certo di poter battere ancora Pogacar (foto Visma Lease a Bike)

Tre mondiali di fila

L’ultimo saluto alla stampa, Vingegaard l’ha dato parlando dei prossimi tre mondiali che gli si addicono come guanti. Quelli del Rwanda, come pure quelli canadesi e a seguire i mondiali in Alta Savoia, sulle strade in cui al Tour del 2023 demolì Pogacar con la celebre cronometro di Combloux, alla vigilia dell’altrettanto aspra lezione di Courchevel. Se tutto va come deve, si annuncia un Tour di altissimo livello, con tre uomini che si stagliano sopra alla media e altri pronti ad approfittare di eventuali passi falsi. Ogni duello di qui in avanti sarà un anticipazione di futuro.