Il mondo del ciclismo giovanile è in costante evoluzione, con ragazzi che passano rapidamente dalla categoria juniores al professionismo. Ma cosa chiedono davvero i giovani atleti quando si affacciano a una squadra professionistica? Quali sono le loro curiosità, le domande che pongono? Alla fine il rischio di trovarsi spaesati in un mondo che conoscono poco aumenta rispetto a qualche tempo fa quando si passava con le spalle leggermente più grosse.
Ne abbiamo parlato con Mirko Rossato, direttore sportivo della VF Group-Bardiani, un esperto che lavora a stretto contatto con i giovani. Parlando con lui sono emerse in particolare tre tematiche principali: la tattica di gara, gli allenamenti e l’alimentazione. Ma esplorando i dubbi più comuni e le sfide che i ragazzi affrontano in questo delicato passaggio di carriera spuntano anche altre sfumature.
Mirko, dunque, quali sono le domande, gli argomenti più frequenti dei giovani quando arrivano in squadra?
I ragazzi oggi arrivano già abbastanza preparati, soprattutto grazie alla categoria juniores dove già si parla di wattaggi, di alimentazione e di allenamenti. Tuttavia, il salto al professionismo o al dilettantismo di alto livello li porta nuove sfide e nuovi confronti. Spesso chiedono come si corre e come affrontare le gare.
Cosa chiedevano?
Nei primi anni, anche ragazzi bravi come Martinelli, Pellizzari o Pinarello avevano mille dubbi sulla distanza, sull’approccio alla corsa e su come affrontare le differenze rispetto alla categoria precedente, sullo stare in gruppo…
Regnano dei dubbi insomma…
Certo. Un’altra caratteristica comune che hanno oggi i giovani è il desiderio di avere tutto subito: non si fermerebbero mai per un giorno di recupero, temendo di perdere tempo. In questo, il mio ruolo è anche quello di tenerli calmi e far capire loro che la stagione è lunga.
Sei quasi uno psicologo: come gestisci le insicurezze dei giovani?
Serve dare loro sicurezza e certezza che quello che dici si concretizza. E dirlo con convinzione. Ho vent’anni di esperienza con i giovani e quando affermo: «Stai tranquillo, ci arriviamo», è perché so che possiamo raggiungere gli obiettivi prefissati. I ragazzi di oggi sono svegli e capiscono subito se c’è indecisione nelle risposte. Se percepiscono dubbi, si perde subito la loro fiducia. Bisogna essere chiari e decisi, trasmettendo sicurezza in ogni aspetto del loro percorso.
Hai detto che sono preparati, ma entrando nel dettaglio, cosa chiedono riguardo agli allenamenti?
Confrontano spesso i loro valori con quelli necessari per essere competitivi ai livelli più alti. Grazie agli strumenti moderni, possiamo capire fin da subito se un ragazzo ha le qualità per emergere e, con il lavoro giusto, raggiungere i valori necessari. Le domande più frequenti riguardano i watt per chilo, i watt alla soglia e i numeri dei campioni. Cosa mangiano.
Insomma vogliono sapere i numeri?
Sì, ma d’altra parte oggi si ragiona così. Chiedono ad esempio: «Quanti watt per chilo ha Pogacar? E Pedersen? E Merlier? E quanti ne avevano prima?». Tuttavia, io sottolineo sempre che i numeri sono importanti, ma senza fantasia, grinta e mordente in corsa non si va lontano.
E sull’alimentazione?
Sull’alimentazione chiedono moltissimo. Durante i ritiri, organizziamo riunioni con il nostro nutrizionista per rispondere alle loro domande e spiegare l’importanza di una corretta alimentazione. Gli diamo indicazioni su cosa mangiare prima e dopo gli allenamenti, in base al tipo di lavoro che svolgono. Questo progetto va avanti da due anni e continueremo a svilupparlo, perché una buona alimentazione e la consapevolezza di essa sono fondamentali per affrontare una stagione al meglio.
Cosa ti fa arrabbiare invece?
Quello che mi fa arrabbiare è quando mollano facilmente durante una gara. Quando sento dire: «Vabbè oggi era una giornata no» e si fermano. Essendo giovani, spesso si aspettano grandi cose, e al primo segnale di difficoltà decidono di fermarsi. Non accetto questo atteggiamento. Voglio che finiscano le gare, anche se arrivano in ritardo, perché ogni corsa conclusa contribuisce al loro miglioramento. Insistere è importante.
Perché?
Perché è un’attitudine e perché passi dal fare gare più lunghe e questo ti serve per aumentare la resistenza, prendere confidenza con il chilometraggio. Ho visto ragazzi come Pellizzari o Pinarello fare progressi enormi in soli sei mesi, passando dal prendere distacchi significativi a essere competitivi con i migliori della categoria. Sulla distanza so che ci possono arrivare.
I pro’ invece parlano spesso anche di materiali, fanno confronti. Anche per i tuoi giovani è argomento di discussione?
Per fortuna, no. Anche perché abbiamo bici De Rosa, ruote e gruppi che soddisfano pienamente le esigenze dei ragazzi. Non ci sono lamentele e sono soddisfatti del materiale fornito. Questo ci permette di concentrarci su aspetti più importanti, come la preparazione e la tattica.