Zana riserva (con Sobrero), ma la prende bene e racconta

22.09.2022
5 min
Salva

Le due riserve azzurre per il mondiale di domenica saranno Sobrero e Zana. Solo che mentre il primo ha corso la crono individuale e poi ha conquistato l’argento nel Team Relay, il campione italiano della Bardiani-CSF-Faizanè andrà via dall’Australia senza aver attaccato il numero sulla schiena. Si potrebbe pensare che sia seccato, di certo è dispiaciuto, ma tutto sommato l’ha presa bene, perché di base Filippo è un bravissimo ragazzo. Esserci, dice, è comunque una grande soddisfazione.

Lo scorso anno, Zana fu il regista del cittì Amadori, nella nazionale che vinse fra gli U23 con Baroncini
Lo scorso anno, Zana fu il regista del cittì Amadori, nella nazionale che vinse fra gli U23 con Baroncini

Grazie a Bennati

Lo incontriamo dopo pranzo mentre si avvia verso la stanza. La mattina se ne è andata tutta in pioggia e corridori divisi fra rulli e quelli che sono usciti comunque. E adesso che parliamo, fuori spunta un timido sole che se non altro fa sperare per domani e i giorni successivi, quando ci sarà da correre.

«Sicuramente mi sarebbe piaciuto correrlo – ammette con il suo tono educato – però già essere qua è veramente una grande emozione ed esperienza. Quindi mi dispiace, però allo stesso tempo sono già molto felice di essere stato convocato. Penso sia il sogno che avevo da quando ero bambino. E’ la nazionale maggiore, insomma…

«E Bennati è veramente bravo. Diciamo che ha finito da poco di correre, quindi è quasi come avere un altro compagno. E’ bello avere un cittì così giovane, perché riesce a darci dei consigli, almeno a me che sono più giovane, davvero importanti».

La bici di Zana è la sola a non avere il nome scritto, perché è l’unica con il fregio tricolore
La bici di Zana è la sola a non avere il nome scritto, perché è l’unica con il fregio tricolore

Il più timido

Bennati lo aveva detto in fase di convocazione: Zana deve esserci. Perché è un giovane di ottime prospettive, perché è il campione italiano e quella maglia tricolore merita rispetto. E conoscendo Daniele, c’è da scommettere che abbia sofferto nel comunicargli l’esclusione, in uno di quei passaggi che fa crescere come tecnici e come uomini. Ieri parlando di Zana, Bettiol lo aveva definito un po’ timido, rimarcando però che si stava integrando.

«Sì, dai – sorride – io sono un po’ così. Anche in squadra ci ho messo un po’. Sto sulle mie, ascolto, però questo è un bel gruppo, stiamo bene e spero che domenica si riesca a fare un bel risultato. Mi piace stare qui perché si sta insieme anche finito di mangiare e questa è una cosa bellissima, perché se c’è gruppo va tutto meglio, anche in gara. Sicuramente ti dà qualcosa in più».

Nuovi stimoli

E così di colpo la stagione, che era iniziata un po’ storta e aveva avuto al Giro un apice negativo (anche a causa di un cambio di preparazione di cui si è parlato poco), si è raddrizzata a partire da giugno. Prima la vittoria alla Adriatica Ionica Race, poi il campionato italiano e più di recente i bei piazzamenti al Sazka Tour e al Tour du Limousin. Di lui, come noto, si erano già accorti da un pezzo i tecnici della Bike Exchange-Jayco che lo hanno fatto firmare fino al 2025.

«Diciamo che la seconda parte di stagione mi ha soddisfatto – sorride – e adesso che la stagione è quasi finita, cerchiamo portarla a casa nel migliore dei modi. Anche per iniziare la prossima con nuovi stimoli e la speranza di crescere sempre di più».

Dopo la prova sul percorso, anche Zana si è convinto della sua velocità: «Ma lo strappo resta nelle gambe»
Dopo la prova sul percorso, anche Zana si è convinto della sua velocità: «Ma lo strappo resta nelle gambe»

Più duro del tricolore

L’Australia resterà sicuramente un bel ricordo, senza escludere che la nuova squadra possa portarcelo presto di nuovo, utilizzando il Tour Down Under come battesimo di fuoco, cosa che gli permetterebbe di vedere posti simili sotto il sole torrido di gennaio.

«Diciamo che siamo venuti qui – sorride – in un periodo un po’ così, alla fine dell’inverno. Però sono bei posti, un po’ selvaggi e belli. Potremo dire (sorride, ndr) di essere passati anche di qui! Anche se per noi tutte le attenzioni erano e sono incentrate sul percorso, che è sicuramente veloce. Però quando si entra nel circuito e si inizia a farlo forte, di sicuro la salita resterà nelle gambe a qualcuno. Nelle curve non si frena e lo strappo è duro. I primi 200 metri magari si fanno di slancio, poi però si deve alleggerire il rapporto. Quindi bisogna stare attenti. Perché il percorso può essere anche non durissimo, però sono i corridori che fanno la gara. Bisogna vedere come si muoveranno le altre nazionali. Secondo me il circuito dell’italiano era più facile, perché lo strappo era molto meno duro. Però sicuramente era più caldo…».

Da Decathlon è sempre tempo di mondiali

22.09.2022
4 min
Salva

Archiviata la prima parte dei mondiali con le prove a cronometro e il Mixed Relay, la rassegna iridata di Wollongong si appresta ad entrare nel vivo con le prove su strada che scatteranno domani. 

Più ci avviciniamo alla “gara regina” di domenica, quella riservata ai professionisti, e più aumenta negli appassionati di ciclismo il desiderio di sentirsi parte dell’evento, magari indossando un capo che ricordi i mondiali. Decathlon si presenta come la risposta perfetta per chi desidera soddisfare tale desiderio.

Tutti i prodotti portano la conoscenza e le tecniche di Santini
Tutti i prodotti portano la conoscenza e le tecniche di Santini

La casa dei mondiali

A partire dallo scorso anno Decathlon è in qualche modo diventata la “casa” dei mondiali di ciclismo, grazie ad un accordo che ha visto protagonista l’azienda francese, l’UCI e Santini, da sempre partner tecnico dei campionati del mondo di ciclismo.

L’accordo ha interessato inizialmente gli store Decathlon di Italia, Belgio, Ungheria e Svizzera ed è stato successivamente esteso a Francia, Germania e Spagna. Presso la maggior parte degli store Decathlon delle nazioni interessate dal progetto sono stati allestiti dei corner dedicati e brandizzati Santini & UCI con capi e accessori legati ai mondiali di ciclismo. La collezione, creata in collaborazione con UCI, include naturalmente la replica della maglia di Campione del Mondo. Accanto alla maglia iridata troviamo un completo total black composto da jersey e calzoncino ed una gamma di accessori con base nera o bianca. Tutti i capi presentano le iconiche strisce iridate e racchiudono la qualità e il know-how che da sempre contraddistingue Santini nella produzione di abbigliamento tecnico da ciclismo.

La collezione è arricchita da ulteriori due maglie tecniche , rispettivamente di colore teal blu per l’uomo e azzurro per la donna. Si tratta di due capi estremamente eleganti destinati a non passare inosservati.

Oltre alle maglie, da uomo e da donna, ci sono anche molti accessori e gadget
Oltre alle maglie, da uomo e da donna, ci sono anche molti accessori e gadget

Pronti per l’autunno

La collezione legata ai mondiali di ciclismo è destinata a breve ad arricchirsi di nuovi capi. Entro fine mese è previsto infatti l’arrivo di una nuova linea di prodotti, chiamata “tempo fresco”, ideale per essere indossata nelle giornate di inizio autunno quando le temperature non sono ancora proibitive. Tra questi segnaliamo una maglia a manica lunga realizzata con un tessuto leggermente felpato. Presto arriverà anche una linea con prodotti ideali per temperature più rigide. In entrambi i casi si tratta di prodotti estremamente tecnici pensati per chi ama sfidare se stesso nel corso delle proprie uscite in bicicletta e desidera indossare capi altamente performanti.

La partnership è iniziata con i punti Decathlon di Italia, Belgio, Ungheria e Svizzera ed è stato estesa a Francia, Germania e Spagna
La partnership è iniziata con i punti Decathlon di Italia, Belgio, Ungheria e Svizzera ed è stato estesa a Francia, Germania e Spagna

Lo sport per tutti

La collaborazione con Santini e UCI rientra in un progetto più ampio voluto da Decathlon e ben riassunto nel claim: “Sport for the many”. L’obiettivo dell’azienda francese è infatti quello di favorire l’avvicinamento allo sport del maggior numero di persone possibili. Nel caso specifico del ciclismo, l’obiettivo dichiarato è quello di invogliare un pubblico sempre più vasto ad andare in bicicletta indossando capi di qualità ad un prezzo competitivo.

In Italia la collezione dedicata ai Mondiali è attualmente presente nel 70% dei punti vendita Decathlon. Una catena che attualmente può contare su 135 negozi distribuiti su tutto il territorio italiano. L’obiettivo della filiale italiana dell’azienda francese è quello di arrivare ad una copertura totale nel corso del 2023. Nell’attesa è comunque possibile acquistare tutti i prodotti anche sul sito ufficiale decathlon.it.

Decathlon

Bettiol sente la fiducia, lancia Bagioli e ha tanta voglia di correre

22.09.2022
7 min
Salva

Un volo da Montreal a San Francisco, poi uno per Sydney e l’avventura australiana di Alberto Bettiol ha preso il via. Quando si è accorto che sulla stessa rotta viaggiavano Sagan, Matthews e Van Aert, in qualche modo il toscano ha sentito di aver fatto la scelta giusta. E’ arrivato a Sydney mercoledì scorso, ha mandato giù il fuso orario e se lo guardi mentre si muove nell’hotel della nazionale oppure a tavola mentre tiene banco tra il presidente federale e Amadio, capisci che l’umore sia quello giusto.

«Sto bene infatti – sorride – sono arrivato dal Canada in anticipo sugli altri. Siamo andati a vedere il percorso, che è veloce. Le curve si fanno tutte senza frenare. Ci sarà poco tempo fra una salita e la successiva».

Volume e recupero

Il Gibraltar Hotel sta sul monte. Per andare verso il mare ci sono poche strade e una è la Tourist Road Oval, che si perde tra prati e foreste di eucalipti. All’imbrunire si incontrano i canguri, durante il giorno frotte di corridori dei team che hanno scelto di dormire nella stessa area e di amatori che ogni giorno scalano il Macquarie Pass che dal mare si inoltra verso l’interno.

«Alla fine c’è solo quella salita lunga – conferma Alberto da perfetto padrone di casa – ma le strade sono tutte vallonate e sono belle, non c’è un metro di pianura. Per fortuna, ad eccezione di questi ultimi giorni, abbiamo sempre trovato bel tempo e sono riuscito a fare prima tutti gli allenamenti di volume. Ho fatto una bella distanza sabato e poi due volte quattro ore, lunedì e martedì. Così di qui a domenica ci sarà solo da recuperare, al massimo farò un richiamo venerdì, ma vediamo il tempo».

Ultima distanza

Chiacchiere di un pomeriggio quieto. Oggi (ieri per chi legge) gli azzurri hanno fatto cinque ore, l’ultima distanza approfittando del tempo che ancora reggeva, mentre stamattina piove e di certo faranno meno. “Betto” ha la barba lunga e lo sguardo placido.

«Recupero e massaggi – sorride – sono contento di essere arrivato prima, piuttosto che fare scalo a casa per quattro giorni, come ha fatto Bagioli. Ma lui ha prenotato il volo prima di sapere di essere convocato, sennò alla fine avrebbe seguito la mia rotta. Si trattava di arrivare in Italia, stare quattro giorni, assorbire il fuso e poi ripartire e doversi abituare a quello australiano. In fondo sono qua da otto giorni. C’è lo chef italiano, il massaggiatore, il meccanico. Sembra di essere in ritiro a Riotorto come ai tempi della Liquigas, si sta bene».

Con Massini e Battaglini

La squadra gli piace e in qualche modo si può dire che l’ha vista nascere. Bennati è stato a casa sua per parlare di avvicinamento, in quel pomeriggio in cui fu messa in giro la voce folle delle sue dimissioni.

«Con “Benna” – dice – abbiamo tanti punti in comune. Siamo cresciuti entrambi col Massini e poi con Mauro Battaglini come procuratore e soprattutto consigliere. Mi manca tanto Mauro, chissà cosa direbbe del ciclismo di oggi. Con Daniele siamo anche stati compagni di squadra ai mondiali di Bergen e ci siamo incrociati in più di qualche corsa. Con lui c’è un rapporto sincero, in cui l’amicizia a un certo punto viene messa da parte, senza che io mi aspetti favori o protezione. Ad esempio abbiamo visto entrambi che Bagioli va molto forte, le gare in Canada sono state giuste per capire lo stato di forma. Oggi abbiamo visto il Team Relay in camera mia, anche con Battistella. E Benna è davvero un bel mix. Ha ancora elementi del corridore, ma lo vedi che pensa già da tecnico».

Bettiol conferma che il Bagioli visto in Canada va davvero molto forte
Bettiol conferma che il Bagioli visto in Canada va davvero molto forte

C’è voglia di correre

Anche il team azzurro è un bel mix, cocktail di giovani, giovanissimi, debuttanti e gente esperta che malgrado il tanto vociare disfattista lasciato in Italia, domenica potrebbe dire la sua.

«Io e Trentin siamo quelli più esperti – annuisce – anzi lui è più grande, però è uno di noi (sorride, ndr). Zana è un po’ timido, ma si sta integrando bene. Si scherza e si ride, ma quando martedì Daniele sul pulmino che ci riportava in hotel dopo aver visto il percorso (foto di apertura, ndr) ci ha chiesto le nostre impressioni, ci siamo animati dello spirito giusto. C’è voglia di correre, forse perché siamo da tanto via di casa. Io di fatto sono partito il 4 settembre, ho corso in Canada il 9 e l’11, poi il 12 sono ripartito e sono qui da mercoledì 14 di mattina presto. E il pomeriggio sono subito uscito a farmi un allenamento con Ganna, Sobrero e Affini che erano già qui. Comunque sono tanti giorni».

Lo strappo col 40

E poi prima di salutarsi, come per un riflesso o un atto dovuto, il discorso torna sul percorso che li aspetta e che da domani diventerà il teatro delle sfide.

«Mount Keira è una bella salita, anche lunga – riflette Bettiol – ma messa in avvio di gara non penso possa far partire qualcuno. O almeno non qualcuno di quelli buoni. Lo strappo invece è duro e impegnativo, per cui anche se il circuito è veloce, con il passare dei chilometri la corsa viene dura. Dovremo farlo 12 volte, non sono poche. Di sicuro non si farà con il 53, anche perché il 53 non c’è più e toccherebbe semmai usare il 54 (riferimento ai gruppi Shimano 2022, che sono passati dal 53 al 54, ndr). Credo che userò rapporti normalissimi, per cui lo strappo si farà con il 40 e poi vedremo cosa dirà la corsa».

Fuori è buio. L’Italia ha centrato l’argento nel Team Relay vinto dalla Svizzera. A breve Ganna sarà in hotel e chiuderà la valigia. Per i ragazzi di Bennati invece il mondiale sta appena entrando nel vivo.

Kung, questa volta il cronometro è stato dalla sua parte

21.09.2022
5 min
Salva

Ci sono giorni buoni e meno buoni. Stefan Kung lo sa, la sua carriera è sempre stata un andare su e giù. Fino all’inizio dell’estate tutto bene, molto, poi duri colpi al morale, medaglie che hanno l’amaro sapore della sconfitta. Ecco perché l’oro nella staffetta a Wollongong ha un sapore speciale. 3″ sull’Italia, difesi con i denti dalle ragazze che hanno fatto tesoro del gruzzoletto consegnato da lui, Bissegger e Schmid. 3 secondi, soli 3 secondi. Il tempo della caduta di una foglia, ma in quel lasso passa una carriera. Per lui è sempre stato così.

Salendo sul podio ha un mezzo sorriso. Si vede che nella mente si affollano tante sensazioni. Rivive passo dopo passo emozioni ancora fresche. Quest’oro aiuta, sì, ma ci vorrà tempo per digerire quanto avvenuto domenica, quella crono breve e interminabile, dolcissima e amara nel suo ultimo boccone. 3 secondi, anche lì, dietro i quali si cela una storia…

Kung in mezzo, con lui Bissegger e Schmid. Primo oro per la Svizzera, grazie anche alle ragazze Reusser, Koller e Chabbey
Kung in mezzo, con lui Bissegger e Schmid. Primo oro per la Svizzera, grazie anche alle ragazze Reusser, Koller e Chabbey

Viaggio nella beffa del tempo

Corre veloce, la bici di Stefan. Sempre più veloce, verso quel traguardo che sembra non voler arrivare mai. I rilevamenti lo danno in testa, forse è la volta buona, forse è il giorno della conquista del titolo mondiale a cronometro così a lungo inseguito. Nella sua ancor giovane carriera (in fin dei conti lo svizzero di Wilen, con il doppio passaporto elvetico e del Liechtenstein) di vittorie ne ha collezionate tante, quasi tutte in prove contro il tempo, ma questa rappresenta qualcosa di speciale.

Il tempo ha un valore particolare e quando sei solo sulla bici, concentrato sì sul movimento ma anche determinato a cogliere un obiettivo, la mente è come uno specchio, qualcuno con cui confrontarsi attraverso il pensiero. Di pensieri, nella mente di Kung lungo quei 34 chilometri così delicati da affrontare, tra salite all’8 per cento e curve da affrontare alla Valentino Rossi o Marc Marquez, ne passano tanti.

Kung ha vinto 2 titoli europei a cronometro e 2 medaglie mondiali, ma l’iride resta un tabù
Kung ha vinto 2 titoli europei a cronometro e 2 medaglie mondiali, ma l’iride resta un tabù

Una beffa come il mese prima (e a Tokyo)

Stefan, spingi a tutta perché il tempo corre sempre più veloce e sa anche essere beffardo. Ricordi quel che è successo poche settimane fa? Sentivi che la vittoria agli europei di Monaco era in tasca, te la stavi giocando, ma per un secondo, un solo secondo Bissegger ti ha beffato. Potevi fare tripletta consecutiva di successi ma quel grido di vittoria ti è rimasto in gola.

Ha fatto male? Sì, ma non come lo scorso anno a Tokyo, quando in palio c’era il podio olimpico. Quattro corridori in lotta per due medaglie, a giocarsi tutto su quel rettilineo finale che non finiva mai. Kung era il terz’ultimo a finire, con quel cronometro che sembrava andare veloce, troppo veloce. Alla fine il verdetto: secondo Dumoulin per 3”, terzo Dennis per 1” e poi lì, con quei secondi che gli erano scivolati tra le dita come sabbia.

Quest’anno lo svizzero ha ottenuto grandi risultati nelle classiche: qui 3° alla Roubaix
Quest’anno lo svizzero ha ottenuto grandi risultati nelle classiche: qui 3° alla Roubaix

Non più solo un cronoman

Sei lì e pedali, e spingi, e ci pensi. Questa volta no, questa volta finirà diversamente. Questo è l’anno tuo, Stefan, quello nel quale hai dimostrato di non essere solo un grande cronoman. Alla Groupama non credevano di avere per le mani un simile gioiello, capace di collezionare grandi piazzamenti nelle classiche: 5° al Giro delle Fiandre, 3° alla Parigi-Roubaix, 8° all’Amstel come a dire: «Ehi, ci so fare anche nell’1 contro 1, non solo con il cronometro in mano…».

A proposito di Fiandre, ti ricordi quell’enorme sagoma che ti raffigurava e che campeggiava lungo il percorso? Quelli del fans club l’avevano commissionata in Italia, enorme, un gigante che guardava tutto il tracciato e che sembrava pronto sul punto di dire «Ragazzi, è all’orizzonte…». Sarebbe stato bello averlo anche qui, ma come fai a portare una cosa simile fino in Australia?

L’ormai famoso pupazzo raffigurante l’elvetico, posto dai suoi tifosi a margine del Giro delle Fiandre
L’ormai famoso pupazzo raffigurante l’elvetico, posto dai suoi tifosi a margine del Giro delle Fiandre

Quei 3 maledetti secondi…

Il tempo scorre insieme ai pensieri e forse niente come il tempo sa far male. Fino all’ultimo rilevamento, eri in testa, gli altri a inseguire e tutti a dire che in bici eri il più bello, il più ergonomico, il più redditizio. Ma era un rilevamento, non il traguardo. Spingi a tutta, sullo schermo c’è impresso il tempo di Foss, il norvegese che è già arrivato, era nettamente dietro prima, ma nel finale ha volato. C’è da spingere, c’è da sbrigarsi. Ma non basta: 3”, i soliti 3” che si tramutano in un groppo in gola che non riesce ad andar giù.

Stavolta è difficile nascondere la delusione: «Oggi pensavo davvero che ce l’avrei fatta – sono le sue parole ai microfoni della Tv svizzera – 4 anni fa magari sarei stato anche contento, ma questa volta no, ci sono andato vicino troppe volte. Stavolta non mi basta. Mi sento frustrato. Quando ho visto l’elenco dei partenti mi sono detto che in fin dei conti, una volta o l’altra, li avevo battuti tutti, quindi potevo farcela. Qualcuno però non era d’accordo». Chissà, forse alludeva al tempo, ma quello non lo batti mai, ha sempre ragione…

La delusione in camper, ancora una volta per questione di secondi
La delusione in camper, ancora una volta per questione di secondi

Il responso dei parziali

Tornando verso il camper, sente dentro di sé una grande voglia di piangere, ma la gente non capirebbe. Come lo spieghi che sei comunque medaglia d’argento ma che se finisce così non è una vittoria, non è una conquista? Riguardi i parziali e così scopri che tutto è nato nei 10 chilometri finali. Lì Foss ha volato mentre tu hai ottenuto solo il quinto parziale (Ganna non è neanche nei primi 10, preceduto anche da Sobrero e questo dice molto della sua prestazione). A questo punto però una spiegazione c’è e quel dolore resta sì dentro, ma è più facile mitigarlo. Sul podio magari un timido sorriso si riuscirà anche a tirarlo fuori e a chi chiederà riuscirai a dare una delle risposte meno di pancia, più di prammatica: «Un epilogo simile è quel che rende il nostro sport così interessante, ma anche spietato».

Alice Toniolli, il mondiale come il paese delle meraviglie

21.09.2022
5 min
Salva

Velo ha appena finito di dirle che durante l’inverno dovrà lavorare soprattutto sulle curve. Non è tanto perché ci entra piano, ma perché così facendo è costretta ogni volta a dei rilanci faticosissimi che la costringono a spendere troppo. Alice Toniolli lo osserva in silenzio e mentalmente annota. Tutto quello che la circonda la stupisce. Le attenzioni a tratto la commuovono. Tutto quello che serve per crescere merita attenzione e lei, che è nata a Trento nel 2005 e vive a Mezzocorona, sulla bici c’è salita per la prima volta a marzo del 2021. E cose da imparare ne ha a palate.

«Quest’inverno niente palestra – mormora – quest’inverno solo curve».

La sua è una storia molto interessante. Prima di salire in bici infatti, faceva pattinaggio artistico su ghiaccio. Di lei ci aveva parlato Paolo Sangalli, che dopo averla vista arrivare 7ª ai campionati italiani, l’ha convocata per gli europei di Anadia, dove ha vinto il Team Relay e ottenuto il 12° posto nella crono. Così è arrivata anche la chiamata per i mondiali, nel senso di un importante investimento. E la crono juniores appena finita diventa l’occasione per conoscerla.

Primo anno che corri e ti convocano per i mondiali…

Non me lo aspettavo proprio. Sinceramente non sapevo neanche cosa fosse un mondiale crono e neanche la bicicletta, fino a poco più di un anno fa.

Quanto c’è in comune tra pattinaggio e questo sport?

Niente, sono passata da un estremo all’altro. Forse a livello muscolare. Sicuramente le gambe col pattinaggio le allenavo tanto. Per saltare in aria e avere della stabilità lavoravo sia con la destra che con la sinistra su un piede solo. Perciò la muscolatura si vede che c’è. Infatti a cronometro è quello che tutto sommato mi fa andare forte, perché sulla tecnica ancora siamo un po’ indietro. Ma stiamo lavorando…

Il passaggio com’è nato? 

Ho lasciato il pattinaggio perché, essendo uno sport competitivo, non riuscivo a farlo combaciare con la scuola (studia a Trento al Liceo delle Scienze Umane, ndr). Allora ho deciso di abbandonarlo, perché lo sport mi piace e non lo voglio praticare solo come hobby. E mi son buttata sulla bici. Il perché specifico non si sa, però mi piace far fatica e sicuramente il pattinaggio è un altro sport faticoso.

Alice durante il riscaldamento prima della crono di Wollongong
Alice durante il riscaldamento prima della crono di Wollongong
Chi ti ha proposto di provare la bici

No, no, sono tutte scelte mie. I miei genitori non mi forzano sicuramente a scegliere lo sport più adatto. Mi hanno lasciato decidere, io ho scelto e loro mi sostengono sempre (si commuove, ndr).

Facciamo il punto sulla tecnica mancante?

Sicuramente ho migliorato tantissimo rispetto all’inizio della stagione, però c’è ancora da lavorare. Ovviamente perché devo portarmi al livello delle altre. Ma intanto come forza e potenza ci sono, l’unica cosa adesso è che quest’inverno miglioro la tecnica e poi il prossimo anno sarà tutto un altro andare.

Quando ti hanno detto che andavi al mondiale cosa hai pensato?

Che fosse uno scherzo, perché sinceramente da un giorno all’altro in maglia azzurra… Dici: «Vabbè, questo mi prende in giro!». Non ci credevo nemmeno io, sinceramente, anche perché un mondiale è un mondiale. Poi dall’altra parte del mondo, io che ho iniziato l’anno scorso, subito così sulla bici, con la nazionale… Cioè, era troppo grande!

Ad Anadia a luglio, ha conquistato il titolo europeo juniores del Team Relay
Ad Anadia a luglio, ha conquistato il titolo europeo juniores del Team Relay
Su quel blocco in partenza a cosa hai pensato?

Ero agitata, avevo un po’ di tensione. Ma era tensione non tanto perché so che non ce la faccio, ma perché non ci credo nemmeno io, sinceramente, di essere qua in maglia azzurra.

Seguivi il ciclismo prima di cominciare?

Proprio no, io seguivo tanto il pattinaggio. Ho fatto solamente un anno da G1, solo perché mio nonno conosceva degli amici del paese che facevano ciclismo e lo insegnavano. Avevano questa squadretta del paese, però io ho fatto quella stagione G1 tutto tramite gioco. Andavo, mi divertivo, non ero così impostata, però facevo sempre podio, seconda, terza. Poi ho smesso da G2 perché volevo fare pattinaggio. Seguivo Carolina Kostner, era proprio bello. Poi è sempre stato uno sport particolare. Saltare, trottole… e niente, mi sono buttata sui balletti e sul tutù, per poi dopo arrivare di nuovo alla bicicletta e al body.

Alice ha chiuso la crono delle donne junior in 15ª posizione a 2’22” da Zoe Backstedt: un punto di partenza
Alice ha chiuso la crono delle donne junior in 15ª posizione a 2’22” da Zoe Backstedt: un punto di partenza
E’ la vittoria del nonno, in fondo…

E’ più contento di me. M’ha detto: «Stai tranquilla, l’importante è che ti diverti». Perché sinceramente non ci crede neanche lui che dopo così poco, io sono andata all’europeo e al mondiale. E allora m’ha detto: «Prendila già come traguardo. E poi per il prossimo anno è tutto un punto di partenza». E io comincerò a lavorare già tra due settimane, quando la stagione sarà finita. Ritorno in Italia, faccio un po’ di vacanza e poi si riparte. Da questo fantastico punto di partenza

Team Relay: vendetta della Svizzera, iridata per 3 secondi

21.09.2022
5 min
Salva

Svizzera, Italia, Australia. Il tavolo della conferenza stampa oggi è pieno di campioni. Diciotto, sei per squadra, e per una volta a dominare è il concetto di Nazione. Lo stesso motivo per cui anni fa funzionava alla grande la Cento Chilometri. Così quando a Stefan Kung chiedono che cosa si provi ad aver conquistato una maglia iridata, lui fa un sorriso e dice che andrà ad aggiungersi alla sua collezione, ma che fondamentalmente la maglia appartiene a Swiss Cycling, la Federazione svizzera.

Tattica australiana

L’Australia partita presto per anticipare la pioggia non ne ha tratto poi questo gran vantaggio. Avrebbero probabilmente fatto lo stesso tempo partendo con gli altri, ma alla vigilia non potevano saperlo. Di certo il cielo oggi su Wollongong è nero come la pece, tira aria fredda e da domani fino a sabato ci sarà da ripararsi come meglio si può.

L’Olanda ha perso subito Mollema per l’attacco di un gabbiano (@PhotoNews)
L’Olanda ha perso subito Mollema per l’attacco di un gabbiano (@PhotoNews)

Maledizione olandese

Perciò è stato di nuovo Svizzera contro Italia sin dall’inizio. Schmid, Kung e Bissegger contro Ganna, Sobrero e Affini. Poi Chabey, Reysser e Koller, contro Guazzini, Longo Borghini e Cecchini. C’era così tanto talento lungo la strada a un certo punto, che anche l’apparizione di Van der Poel è passata sotto silenzio, anche se sull’Olanda si è abbattuta una iella da guinness dei primati.

«Quasi tutto ciò che poteva andare storto, è andato storto – ha detto lo stesso Van der Poel – abbiamo perso Bauke Mollema quasi subito per l’attacco di un gabbiano. Abbiamo comunque cercato di fare il meglio, ma fa una grande differenza fra tre corridori e due. Fai meno curve in testa e ti siedi più a lungo. E poi le cose sono andate storte anche per le donne. Spero che Annemiek Van Vleuten non si sia fatta troppo male, perché è sembrata una brutta caduta. Questo praticamente riassume tutta la giornata».

Per la azzurre hanno corso (da sinistra) Guazzini, Longo Borghini e Cecchini
Per la azzurre hanno corso (da sinistra) Guazzini, Longo Borghini e Cecchini

Rimonta Italia

Tra Svizzera e Italia alla fine sono rimasti appena 2”920, meno di 3 secondi. Erano 10 dopo la prova degli uomini, poi le ragazze ne hanno recuperati 7.

«Avevamo un buon morale – dice Elisa Longo Borghini – sia prima sia adesso. Abbiamo avuto buona musica grazie a Filippo Ganna e proprio i ragazzi hanno fatto una buonissima corsa. Noi abbiamo fatto il nostro meglio per chiudere il buco con la Svizzera. Elena Cecchini aveva il compito di portarci il più avanti possibile fino alla salita, poi siamo rimaste Vittoria ed io a fare la nostra parte».

I tre svizzeri (Schmid, Kung e Bissegger) scavano un solco di 10″
I tre svizzeri (Schmid, Kung e Bissegger) scavano un solco di 10″

Rivincita Reusser

Seduta accanto, Marlen Reusser ha ricambiato il sorriso. Terza l’altro giorno nella crono elite e campionessa europea a Monaco, ha ricordato di quando lo scorso anno la Svizzera rimase giù dal podio, pur avendo lo stesso tempo dell’Italia. La differenza la fecero i centesimi, che furono 5 a favore dei nostri. Gli svizzeri erano gli stessi che oggi hanno conquistato l’oro, nell’Italia c’era Marta Cavalli al posto di Vittoria Guazzini.

«L’anno scorso – dice Reusser – abbiamo perso la medaglia per un pelo. Quando quest’anno abbiamo visto di aver vinto, è stata una clamorosa rivincita. E proprio contro l’Italia. Siamo partiti per andare forte, non era chiaro chi si sarebbe dovuto staccare, non era chiaro se qualcuno si sarebbe staccato…».

Ganna e l’Ora

E poi la domanda immancabile è arrivata anche per Ganna, che è andato certamente meglio di domenica scorsa, pur non dando le trenate terrificanti che tanti si aspettavano. Ma è anche vero che in una prova come questa conta che arrivi anche il secondo.

«Non credo – risponde Pippo – che la preparazione del record dell’Ora mi abbia danneggiato nella crono e non credo che siano sforzi paragonabili. La crono ha un ritmo diverso, nell’Ora devi essere costante. Per cui l’altro giorno è stata una giornataccia, chiudiamo il libro. Domattina alle 6 ho il volo per tornare a casa e recuperare, prima di iniziare a lavorare per il record».

A quattr’occhi, uscendo dalla sala della conferenza aggiunge che andrà via dall’hotel alle due del mattino e a questo punto tirerà dritto senza chiudere occhio, sperando di dormire poi in aereo.

Annemiek Van Vleuten cammina lentamente dalla partenza, dove è caduta, fino al box
Annemiek Van Vleuten cammina lentamente dalla partenza, dove è caduta, fino al box

Van Vleuten in ospedale

L’ultima voce arriva da Annemiek Van Vleuten, che in queste ore è in ospedale facendo esami e radiografie.

«E’ esplosa la gomma anteriore – fa sapere – non potevo farci niente. Improvvisamente mi sono ritrovata a terra. Ho solo molto dolore e il gomito che non sta affatto bene. Tutto il fianco è ferito, perciò siamo andati subito in ospedale a fare delle radiografie. Sono preoccupata per sabato (gara su strada delle donne, ndr). Non mi aspettavo una cosa del genere, non posso credere a quello che è successo».

Segaert, l’argento della crono su un prototipo Ridley

21.09.2022
5 min
Salva

«La mia strategia di gara – ha detto Segaert dopo l’argento nella crono U23 –  è stata elaborata da mio fratello Loic, che è anche il mio allenatore e in cui ho piena fiducia. Ci abbiamo lavorato fino all’ultimo per via dei cambiamenti del vento. Nonostante un simile piano, è sempre difficile contenersi durante un mondiale. Con tutto quell’incoraggiamento lungo la strada e anche pensando alle persone che stanno guardando da casa. Era particolarmente importante trattenersi nel primo giro, ma penso di non aver risparmiato abbastanza. Ero ancora forte , ma non è bastato».

L’argento accettato con soddisfazione da Segaert, davanti alla superiorità indiscussa di Waerenskjold
L’argento accettato con soddisfazione da Segaert, davanti alla superiorità indiscussa di Waerenskjold

Scoperto per caso

Alec Segaert lo scoprimmo un anno fa per le sue frequentazioni italiane. Senza darlo troppo a vedere, il giovane belga, che nel 2021 era ancora uno junior, veniva a correre (e vincere) da noi, con l’appoggio del Team Ballerini. Solo che con il passare dei mesi, quella che poteva sembrare una presenza simpatica, si è trasformata nell’identikit di un campione, che ha da poco firmato un contratto WorldTour con la Lotto Dstny. Diventerà professionista dal primo giugno 2024: prima si concentrerà sui suoi studi di ingegneria, grazie a una norma dell’ordinamento belga che permette agli atleti di vertice di distribuire i loro esami universitari in base ai loro impegni agonistici. E Segaert, che ha 19 anni, ha ribadito di volersi laureare a tutti i costi.

Dopo essere stato campione europeo juniores a Trento lo scorso anno e aver vinto anche la Chrono des Nations, a luglio Segaert è diventato campione d’Europa nella crono U23 ad Anadia, in Portogallo.

«Il titolo europeo mi ha motivato – ha detto – ma non sapevo come sarei potuto andare andare al mondiale, perché ci sono state poche prove a cronometro di riferimento in questa stagione. Mi aspettavo molto dal norvegese Waerenskjold, dal tedesco Hessman, da Leo Hayter e anche dall’italiano Milesi dal quale ho perso l’ultima tappa del Tour de l’Avenir. Avevo visto bene…».

Nel 2021 da junior Segaert ha vinto a Stradella per distacco
Nel 2021 da junior Segaert ha vinto a Stradella per distacco

«Il percorso mi è subito piaciuto – ha proseguito – molte curve, molti saliscendi, zero pianura e nessuna salita troppo dura. Bisognava capire bene dove dare il massimo e dove recuperare. La mia ambizione? Certo mi sarebbe piaciuto vincere una medaglia, ma se fossi finito quinto, sarei stato contento anche di quello».

Tattica norvegese

E’ arrivato secondo, pagando forse la gestione troppo arrembante, al cospetto del norvegese che invece ha saputo dosare meglio gli sforzi.

«A metà gara – ammette Segaert – sapevo di avere più o meno lo stesso tempo di Waerenskjold, ma sapevo anche che lui aveva fatto un fantastico secondo giro. Da quel momento in poi ho capito che l’oro sarebbe stato molto difficile, ma anche l’argento sarebbe stato fantastico. Così ho continuato a spingere e alla fine è arrivato».

Segaert ha vinto per due anni di seguito l’europeo a crono. Questo il primo, nel 2021, da junior su Cian Uijtdebroeks
Segaert ha vinto per due anni l’europeo a crono. Questo il primo, nel 2021, da junior su Uijtdebroeks

La famiglia al seguito

Mai previsione fu più azzeccata. Il norvegese Waerenskjold che l’ha battuto e Hayter che gli è finito dietro sono stati i primi due nomi, con l’eccezione di Milesi che si è fermato al 10° posto, senza sprizzare troppa gioia. Sul traguardo di Wollongong, Segaert ha trovato anche la sua famiglia, che si è sobbarcata il viaggio per stargli accanto. Vincere il mondiale U23 è da sempre il sogno di suo padre e la crono ha messo in tutto il clan belga una bella fiducia in vista della prova su strada.

«Il piano a lungo termine – ha detto il padre Frank al belga Het Nieuwsblad – è quello di diventare campione del mondo nella categoria U23. Dopo il titolo europeo in Portogallo e soprattutto il tanto lavoro che abbiamo fatto, sapevamo che una medaglia fosse alla sua portata e come genitori abbiamo voluto esserci. Per condividere la gioia, ma anche per esserci se le cose non fossero andate secondo i piani».

In Australia è volata tutta la famiglia Segaert, per turismo e per sostegno (@Belga)
In Australia è volata tutta la famiglia Segaert, per turismo e per sostegno (@Belga)

La nuova Ridley

Per la crono, fra le curiosità più evidenti c’è anche il fatto che Segaert è stato il primo in assoluto ad avere la nuova bici da cronometro di Ridley, sponsor della Lotto-Soudal.

«L’intenzione era che la bici fosse pronta per il Tour de France – ha spiegato il fratello-allenatore Loic – noi ci speravamo, anche in modo che si potessero apportare modifiche se necessario. Sfortunatamente non ci sono riusciti, quindi Alec è stato il primo in assoluto a correre con la nuova bici da cronometro, in realtà ancora un prototipo. Venerdì ci sarà la corsa su strada. Ora sappiamo che la condizione è davvero buona. Se non per se stesso, mio fratello sarà in grado di aiutare un compagno di squadra a vincere il mondiale».

Segaert ha portato al debutto l’attesissima bici da crono di Ridley: un vero prototipo privo di scritte
Segaert ha portato al debutto l’attesissima bici da crono di Ridley: un vero prototipo privo di scritte

Futuro nella Lotto

Alec ha concluso parlando già da professionista navigato e proiettandosi verso il futuro nella Lotto Dstny, nel cui team di sviluppo sta vivendo il primo anno da under 23.

«In questa stagione – ha detto – ho notato quanto questa squadra mi stia seguendo. L’ambiente di lavoro, ma anche l’ambizione di continuare a migliorare. Da un lato, c’è la grande esperienza di talenti che sono arrivati dal devo team, come Wellens, Vermeersch e De Lie. Ma d’altra parte la squadra continua a svilupparsi. Ad esempio nel reparto performance o quando si tratta di materiali. La nuova bici da cronometro di Ridley ha sicuramente giocato un ruolo nella mia decisione di firmare con loro».

Nel mondo di Vittoria, in equilibrio fra ansia e ambizioni

21.09.2022
9 min
Salva

Sul far della sera, dopo che noi ci siamo liberati dal traffico di Wollongong e lei ha finito una lunga seduta con Elisabetta Borgia, Vittoria Guazzini ci raggiunge su una poltrona della hall del Gibraltar Hotel di Bowral, base della nazionale in Australia. La presenza della mental coach ai mondiali non è affatto banale. Lo abbiamo visto stamattina nel supportare Federica Venturelli al momento di tornare in bici e lo leggiamo nella gratitudine che traspare dagli occhi chiari della toscana, che con l’ansia ha ammesso di convivere a fatica.

Sul podio, in quel pugno al cielo c’è la somma di settimane di lavoro e sogni realizzati
Sul podio, in quel pugno al cielo c’è la somma di settimane di lavoro e sogni realizzati

Lo sguardo avanti

La vittoria del mondiale crono U23 era un obiettivo dichiarato e, in quanto tale, niente affatto scontato. La gara ha detto che alle spalle delle tre più forti al mondo c’è questa ragazza italiana, riccia e bionda di 21 anni, che arriva da Poggio a Caiano e ha spirito, talento e forza da vendere. La “Vitto” la conosciamo da un po’ e ogni cosa nel suo cammino parla di crescita costante e scelte importanti.

«Penso che per ogni atleta – sorride con il suo accento toscanissimo – l’obiettivo sia quello di migliorarsi ogni anno. Io penso forse di avere dalla mia un po’ di talento (sorride e arrossisce, ndr), insomma diciamo che proprio negata in bici non sono… E ce la sto mettendo tutta per curare ogni aspetto che posso e provare a realizzare i miei sogni. Insomma, questa maglia iridata è un bel punto di partenza per i prossimi anni, perché vorrei riconfermarmi nella categoria elite».

In partenza, Guazzini sapeva di essere la favorita nella gara U23
In partenza, Guazzini sapeva di essere la favorita nella gara U23
Sei passata da vittorie agli europei U23 ad andare alle Olimpiadi, poi risultati fra le elite e adesso il mondiale. Come si fa a ripartire ogni volta?

A volte sento dire che dopo che uno ha vinto tanto, ma ancora non è proprio il mio caso, non riesce più a trovare motivazioni. Io penso che ogni gara sia a sé e sia speciale, perché si viene magari anche da momenti diversi o percorsi diversi. L’avvicinamento non è sempre quello sperato e anche riconfermarsi ha sempre il suo perché.

Il 2022 è stato l’anno dei grandi cambiamenti e alla fine è andato alla grande. Tutto scontato?

Neanche un po’. All’inizio della stagione ero un po’ agitata. Con la nuova squadra mi ero presentata con quell’infortunio (Vittoria ha trascorso l’ultimo inverno a riprendersi dalla frattura per la caduta alla prima Roubaix Femmes, ndr) e non era stato il massimo. Però loro hanno avuto tanta pazienza e non mi hanno assolutamente pressato. Anzi, mi hanno dato tutto il tempo di rimettermi. In effetti già ad inizio anno stavo bene, purtroppo poi c’è stato il Covid proprio nel periodo delle classiche che erano state il mio stimolo per recuperare il prima possibile. Sono cose che capitano e diciamo che la stagione poi si è rifatta alla grande. Ora posso dirlo, quindi va bene così.

Ecco la caduta alla Roubaix che è costata a Vittoria uno stop di due mesi (foto Louis Lambin)
Ecco la caduta alla Roubaix che è costata a Vittoria uno stop di due mesi (foto Louis Lambin)
Hai mai dubitato della scelta di lasciare l’Italia e andare in Francia?

Ormai sono una che quando fa le scelte, poi continua dritta. Poi non si sa mai, si ha sempre un 50 per cento di possibilità di sbagliarsi e 50 di avere ragione, ma io mi sono trovata molto bene, tanto che ho già rinnovato fino al 2025. Insomma, non l’avrei fatto se non mi fossi trovata bene. Loro hanno fiducia, io ho fiducia e credo sia un percorso giusto per continuare a crescere. Abbiamo degli obiettivi in comune, quindi mi è sembrato un progetto molto interessante. Sono contenta della scelta che ho fatto.

Difficile far convivere strada e pista?

La pista rimane, perché sono convinta che le due discipline possano andare l’una appaiata all’altra. Bisogna essere bravi a coordinare le cose, a pianificare per arrivare al meglio gli appuntamenti sia in strada sia in pista. Ma insomma, abbiamo tanti esempi di atleti che danno sostegno a questa teoria e l’obiettivo delle Olimpiadi di Parigi non è un segreto. Poi si potrà vincere o perdere, ma voglio arrivare lì senza rimpianti, con le altre compagne. 

A Tokyo prima dell’ultimo quartetto, con Balsamo, Alzini e Paternoster
A Tokyo prima dell’ultimo quartetto, con Balsamo e Alzini
Cosa hai portato via da Tokyo?

Tokyo è stata una grande esperienza. Come avevamo detto, non eravamo lì per il risultato. Poi se ci scappava il podio, non è che ci avrebbe fatto schifo (ride, ndr). E’ stato un passaggio importante, anche in vista magari delle prossime, perché già abbiamo un’idea di cosa vuol dire. Le Olimpiadi vanno al di là di ogni immaginazione. Pensavo che averle fatte mi avesse aiutato molto anche nella gestione dell’ansia, ma arrivando qui mi sono accorta che non ho imparato proprio niente.

Si è detto che avresti potuto fare anche la madison…

La madison è una disciplina che mi piace tanto e un pensierino l’avevo fatto, però giustamente si fanno delle scelte e non si ha mai la controprova di come sarebbe potuta andare. Sarebbe bello essere tutte sempre in pista, ma anche il quartetto di fa in 4-5. E la madison si fa in due, è giusto prendersi delle responsabilità.

Di nuovo Wollongong: prima di andare alla partenza, Vittoria con il cittì Sangalli e con Marco Velo
Di nuovo Wollongong: prima di andare alla partenza, Vittoria con il cittì Sangalli e con Marco Velo
Parliamo dell’ansia: si riesce a trasformarla in benzina?

Dipende, dipende… Qua ero particolarmente nervosa, perché sapevo di essere venuta con questo obiettivo. Si vince o si perde, però ero consapevole di aver fatto quello che dovevo e mi sarebbe un po’ dispiaciuto mancare all’appuntamento. Dopo l’europeo in pista a Monaco avevo staccato qualche giorno perché ne avevo bisogno, però quando ho ripreso, ogni cosa è stata fatta per questi giorni qua. Mi sono allenata tanto con la bici da crono e anche con la bici da strada. Ho fatto degli allenamenti e la Vuelta per rifinire la preparazione. E già nelle ultime notti là in Spagna non dormivo bene, perché pensavo a quello che c’era dall’altra parte del mondo.

E cosa hai trovato qua agli antipodi?

Il viaggio è stato lungo, stressante. Ho provato a recuperare. Il mio preparatore sapeva che avevo lavorato bene, che avevo solo bisogno di recuperare. Il giorno prima della gara ho visto il percorso e lì mi sono un po’ tranquillizzata, perché mi sono resa conto di cosa sarei andata a fare. Non mi ha fatto l’effetto solito di quando dico che i percorsi non mi piacciono. Mi sono detta: «No dai, quasi quasi mi piace».

Vittoria Guazzini conosceva tutte le curve per averle già studiate su vari software
Guazzini conosceva tutte le curve per averle già studiate su vari software
Non sapevi cosa aspettarti?

Tutt’altro. Alla fine le curve le avevo già viste molto bene su VeloViewer e su tutti i siti su cui ormai si può vedere tutto. Il mio preparatore mi aveva fatto tutto il planning con le foto, quindi sono arrivata lì che mi sembrava di averci girato sopra per un mese. Quando poi l’ho provato, ho fatto delle belle linee senza rischiare chissà cosa, per non buttare via tutto. Con una buona traiettoria non perdi velocità, ti metti in posizione e una metà dell’opera è quasi fatta. Sono tutti dettagli che alla fine contano.

Parli da professionista navigata, dov’è la “Vitto” caciarona di qualche tempo fa?

Casinista un po’ rimarrò sempre (ride, ndr), però sono diventata un po’ più professionale. Mi tocca, no? Diciamo che so distinguere i momenti in cui posso essere in un modo e quelli in cui non è il caso.

Stremata dopo l’arrivo, Vittoria con la sensazione di aver fatto un ottimo tempo
Stremata dopo l’arrivo, Vittoria con la sensazione di aver fatto un ottimo tempo
Pensi mai alla Valcar in cui sei diventata grande?

Come diciamo sempre, era una famiglia, ma lo era per davvero. Insomma, anche ora alle gare quando ci si vede, ci ritroviamo e le altre sentono sempre il casino e ridendo dicono sempre: «Italians». Insomma, siamo fatti così. E poi quando vincono le mie ex compagne, non nascondo che sono felice per loro. Alla Valcar hanno fatto un grande lavoro con tutte noi. Ma comunque con la nuova squadra abbiamo un bellissimo rapporto e ho rinnovato il contratto proprio perché si è creato questo bellissimo clima con lo staff, la dirigenza, le atlete. Sono contenta.

La posizione sulla bici l’hai studiata con loro?

Esatto. A maggio con la squadra siamo andati al velodromo di Roubaix insieme ad uno specialista e abbiamo fatto dei test sull’aerodinamica, per trovare la posizione migliore. Che fosse sì aerodinamica, ma che mi permettesse comunque di spingere. Insomma, devo dire che abbiamo fatto un bel lavoro.

Le amicizie costruite alla Valcar restano: qui Vittoria con Consonni alla Het Nieuwsblad del 2021
Le amicizie costruite alla Valcar restano: qui Vittoria con Consonni alla Het Nieuwsblad 2021
Quanto sono lontane le prime tre? 

Ormai ci conosciamo tutte e se devo essere sincera sono molto contenta della mia prestazione. Al di là della maglia under, ho sempre saputo che la cronometro sia una disciplina che mi si addice. Però prima magari era quasi una sensazione, ora ho avuto questa conferma che fa bene anche per il morale. Mi dà ancora più voglia e motivazione. Al momento le prime tre sono ancora un po’ lontane, ma non irraggiungibili. Insomma ho già voglia di correre il prossimo mondiale.

Dopo l’Australia, testa alla pista?

Una cosa per volta, qui non abbiamo ancora finito (quando parliamo, Vittoria deve ancora correre il Team Relay e la prova su strada di sabato, ndr). Poi ci sarà bisogno di un po’ di stacco e poi tornerò sicuramente in pista. Andandoci regolarmente durante l’anno e facendo dei richiami prima degli appuntamenti, si entra presto nel mood giusto. Abbiamo visto che funziona già all’europeo, si tratterà di trovarsi con le altre ragazze, affinare un po’ i meccanismi e anche lì salterà fuori la voglia di far bene. Quindi tireremo fuori tutto quello che c’è. Su strada corro ancora il Giro dell’Emilia perché comunque è vicino a casa e la squadra ci teneva, perciò vado volentieri.

Nella conferenza stampa, Vittoria ha fatto sfoggio di un ottimo inglese e grande sicurezza
Nella conferenza stampa, Vittoria ha fatto sfoggio di un ottimo inglese e grande sicurezza
E finalmente dovresti ritrovare Marta Cavalli?

Con Marta abbiamo corso insieme per la prima volta all’italiano con le Fiamme Oro. Ci dicevamo che fosse impossibile che non avessimo fatto ancora una gara insieme. E poi dovevamo fare il Tour, purtroppo però sappiamo tutti com’è andata a finire. Spero veramente che possa ritornare in gruppo per queste ultime gare e di fare almeno il Giro dell’Emilia insieme. Poi il prossimo anno sono sicura che insieme faremo delle belle cose.

E’ quasi ora di cena. Passano Salvato e Quinziato, che alloggiano nello stesso hotel. Giornalisti pochi, qualche dilettante passa e saluta. Ci sono Marcellusi e Buratti, poi passa Arianna Fidanza. Ecco il presidente Dagnoni e Antonio Ungaro dell’ufficio stampa. La serata è tranquilla, domani si correrà il Team Relay, poi la fase delle crono sarà alle spalle.

Tutte le strade che portano all’Ora: Cioni apre la porta

20.09.2022
7 min
Salva

Cioni si aggira discreto come sempre nell’area box del mondiale, con gli occhi che scannerizzano il mondo e il sorriso educato. Ne approfittiamo e gli chiediamo di fare due chiacchiere sul record dell’Ora di Ganna, di cui è allenatore dai primi passi nel team Ineos Grenadiers. Pertanto, approfittando di un tavolo al sole che mitiga le raffiche di vento australiano, proviamo a collegare i puntini del discorso.

Cioni si intrattiene con Baffi e Cornacchione, massaggiatore e meccanico Ineos ora in azzurro
Cioni si intrattiene con Baffi , massaggiatore Ineos ora in azzurro
Facciamo un passo indietro, quando nasce il progetto Ora legato a Pippo?

E’ stato la conseguenza del fatto che da pistard si è trasformato in un cronoman. Per cui abbiamo pensato che l’Ora fosse una sorta di Olimpo in cui potrebbe trovare posto.

Non doveva provarlo dopo un grande Giro?

L’idea era di attaccarlo dopo il Tour. Però va preparato in un certo modo anche a livello tecnico e non avevamo il tempo di fare tutto. Se vuoi curare tutto per bene, lo devi comunque studiare e a fine luglio abbiamo capito che non ci sarebbe stato lo spazio per i test necessari.

Il record di Bigham è stato funzionale al tentativo di Ganna?

Bigham ha fatto un lavoro di test. Fa parte del team del record di Filippo, però è solo un componente, come ce ne sono molti altri. Lui si è occupato del materiale della bici. Il fatto che poi abbia provato e centrato il record è stata una cosa sua. Lo avrebbe fatto indipendentemente da Filippo, tant’è vero che mentre noi pensavamo a una data, lui è rimasto nella sua. Alla fine lui aveva solo questo, mentre con Ganna si sta provando a incastrare il record dell’Ora fra la stagione estiva e quella della pista.

Gli studi di Bigham saranno utili a Ganna, ma il suo record è stato fatto in autonomia (foto Ineos Grenadiers)
Gli studi di Bigham saranno utili a Ganna, ma il suo record è stato fatto in autonomia (foto Ineos Grenadiers)
Che cosa serve?

Tempo per fare tutti i test sul materiale, che possono essere le ruote, la bici, alcuni componenti. Però sono test oggettivi, che quindi in parte possono essere fatti da qualcun altro.

Perché l’8 ottobre?

Per avere il tempo di fare i test e salvare i mondiali su pista. Una parte di prove le abbiamo già fatte dopo il Tour a Montichiari, una parte la faremo dopo. Alcuni materiali li avevamo già provati a maggio in galleria. La bici non era pronta, perciò ci abbiamo lavorato nell’ultimo mese. E c’è una parte invece dedicata ad alcune prove e alcune definizioni tecniche che verranno fatte nell’arco dei 10 giorni precedenti

Sembra tutto molto compresso…

Se il mondiale non fosse stato fuori dall’Europa, potevamo anche andare su una data diversa. A dire la verità, avevamo anche valutato di farlo in Australia. Avevamo trovato una pista, ma le condizioni meteo del periodo non sarebbero state ideali. Poi abbiamo pensato anche a Tokyo, però il discorso è rientrato perché sarebbe stato difficile fare test pre-evento, se non nell’immediato. Ci abbiamo pensato molto a Tokyo, però alla fine abbiamo dovuto mollare la presa. Quindi l’unica opzione rimasta era tornare in Europa.

Secondo Cioni, il passo falso nella crono è dovuto a un giorno storto. La riprova domani nel Team Relay
Secondo Cioni, il passo falso nella crono è dovuto a un giorno storto. La riprova domani nel Team Relay
Perché Grenchen?

E’ la pista più veloce che abbiamo in Europa. Il problema è che non si può fare durante la settimana, perché c’è il mondiale in vista e in quella pista si allena la nazionale svizzera. Ecco perché siamo arrivati al sabato. La domenica sarebbe troppo avanti, perché con la qualificazione del quartetto il mercoledì successivo, non ci sarebbe abbastanza recupero. Dispiace che sia stata vista in modo negativo e non potenzialmente come un grande evento anche per l’Italia. Comunque si correrà a un orario diverso (si parla di prima serata, ndr) e Filippo in ogni caso non avrebbe fatto il Lombardia. 

Quale sarà il suo programma dopo il Team Relay di domani?

Prima c’è da recuperare dal viaggio, arrivando a casa venerdì. Dovrà riprendere il fuso italiano, quindi i primi giorni saranno più un mini break mentale. Poi da lunedì prossimo iniziamo a lavorare, abbiamo due settimane finalizzate sull’Ora, con alcuni lavori mirati invece al campionato del mondo pista.

Tu sei un uomo Ineos, però sei soprattutto il coach di Pippo e con Villa segui anche il discorso della preparazione per la nazionale: non ti sembra che a livello di grandi appuntamenti, Pippo sia un po’ troppo sollecitato?

Il problema di Pippo è che ha vinto così tanto, che se non vince è già un risultato mediocre e se non fa podio è un disastro, senza andare a vedere che dietro ci possono essere altri motivi. Però questo è Pippo. Gli piace, ci tiene alla maglia della nazionale, è sempre orgoglioso di portarla. Dà sempre il massimo, magari a volte dovrebbe essere un pochino più egoista, ma non sarebbe più lui. Quindi è chiaro che sarebbe facile puntare a un appuntamento solo, ma lo troverebbe limitante. La pista è dove è nato. La pista è comunque funzionale a ciò che deve raggiungere. Magari fra qualche anno si cambierà obiettivi e non sarà più così utile, però al momento la pista è centrale anche a livello di allenamento.

Il Team Relay agli europei di Trento 2021 è stato funzionale ai mondiali di Bruges, poi vinti da Ganna
Il Team Relay agli europei di Trento 2021 è stato funzionale ai mondiali di Bruges, poi vinti da Ganna
Quindi non vedi un eccesso di attività di alto livello?

Prendiamo gli europei dell’anno scorso, che sulla carta si potevano evitare. In realtà sono stati un passo di avvicinamento al mondiale, perché erano una settimana prima. Potevamo fare solo la crono, però alla fine si decise di fare anche il Team Relay perché erano ravvicinati e formavano un bel blocco di lavoro in vista del mondiale della crono.

Bigham ha detto che il suo record, ottenuto con i pochi watt di cui dispone, dimostra che l’aerodinamica è cruciale. Pippo ha il motore, si può immaginare un record sensazionale?

Bisogna vedere che cosa si intende per sensazionale. Se pensano 60 chilometri, allora no. Se parliamo di misure meno esagerate, allora sì. Abbiamo una tabella di cui parleremo poi, ma non proveremmo se non pensassimo di poterlo battere. 

Come ci arriva Pippo, secondo te dal punto di vista della condizione?

La condizione c’è e secondo me la crono di domenica scorsa è stata una giornata storta. Lo capiremo con il Team Relay di domani. E se fosse qualcosa di diverso da una giornata storta, bisognerà capire cosa non ha funzionato. Però personalmente sarebbe una grossa sorpresa.

La bici sarà la stessa di Bigham o sarà già in carbonio?

Sarà ugualmente in alluminio e non so se sarà la base per una in carbonio (la sensazione è che sappia tutto, ma non possa dirlo, ndr). E poi la presenteranno più avanti, meglio non dire cose. Il resto dei materiali è simile, ma non identico. Il body di Pippo sarà diverso, perché in un’ottica di personalizzazione, quello che è andato bene a Bigham non va bene per Ganna. Quello che userà in pista è in linea con quello che già usa su strada. Il casco sarà quello che usa già. Ci saranno i copertoncini, le stesse ruote di Bigham perché erano un progetto unico. Diciamo che Bigham è stato il tester del materiale sviluppato per Filippo. E invece a livello suo, il materiale che userà era stato pensato per il record dell’Ora, ma l’ha usato anche al Tour.

Body e casco utilizzati al Tour erano già frutto della ricerca sull’Ora
Body e casco utilizzati al Tour erano già frutto della ricerca sull’Ora
Il rapporto è stato scelto?

No, abbiamo due possibilità e bisognerà verificare la possibilità di montarlo. Diciamo una con il 14 e una con il 15.

Davanti il 60 o il 63?

Molto di più…

Altro non dice, un po’ perché alcuni dettagli sono da studiare e un po’ per obblighi di riservatezza comprensibili in una squadra così e prima di un evento di questa portata. Ineos sta trattando una partnership con la Rai per la messa in onda. Il castello è enorme e poggia tutto sulle spalle di un solo uomo. Speriamo che ancora una volta siano spalle da gigante.