Maxim Van Gils, giovane promessa del ciclismo belga, in questi giorni è stato al centro di un importante cambiamento che ha scosso il ciclismo belga e non solo. Dopo sette anni di crescita e successi con Lotto-Dstny, il fiammingo ha deciso di intraprendere una nuova sfida, firmando con la Red Bull – Bora Hansgrohe.
Una mossa un po’ improvvisa, che in Belgio hanno fortemente imputato ai procuratori di Van Gils, i Carera, che non solo riflette le ambizioni del corridore, ma anche le dinamiche complesse di un mondo che sta cambiando tanto e rapidamente. Quali sono dunque le motivazioni dietro questa scelta? Quali le implicazioni per il futuro del corridore? E quali le possibilità anche per la Red Bull-Bora-Hansgrohe? Questo innesto non è da poco e dice di una squadra che vuole ampliare i suoi orizzonti.
Lotto-Dstny addio
Van Gils ha descritto il suo rapporto con Lotto-Dstny come una “seconda famiglia”, ma nonostante i legami personali, il richiamo di nuove opportunità è stato irresistibile. La decisione non è stata semplice: lasciare un team che l’ha cresciuto e valorizzato ha comportato un’intensa e lunga riflessione.
Anche se poi sono circa sei mesi che questa idea di cambiare aria gironzolava nella testa dell’atleta. Si erano fatte aventi Ineos Greandiers e Astana-Qazaqstan che offrendo più denaro lo avevano in qualche modo destabilizzato. La questione dell’importante aumento di stipendio (2 milioni l’anno a fronte dei 600.000, riporta sudinfo.be) è centrale in tutta questa storia.
Tuttavia Van Gils è un prodotto del settore giovanile della Lotto-Dstny come detto e anche l’atleta che più aveva portato (preziosi) punti UCI al team. Il cambiamento era possibile, specie in Belgio dove le regole in tal senso sono più flessibili, ma non scontato insomma. Chi lascerebbe andare via un prodotto del proprio vivaio, tra l’altro senza avere più la garanzia di un certo bagaglio di punti?
Approdo nel nuovo team
Ma chiaramente non ci si può limitare al solo peso del contratto. La Red Bull è una squadra molto ambiziosa, così come Van Gils. Ha messo il piede sul podio di due grandi Giri l’anno scorso: Martinez secondo al Giro e Roglic primo alla Vuelta. Ha un pacchetto scalatori come abbiamo visto molto forte e dei leader, su tutti Roglic, che danno garanzie nei grandi Giri. Ci sta che si voglia passare in un team così.
Ma mancava qualcosa: le classiche. La squadra di Denk vuole iniziare a costruire qualcosa d’importante anche sotto quel punto di vista. E a farlo in modo più strutturale, rispetto magari ai tempi di Sagan che era abbastanza isolato. Solo quest’anno sono arrivati Tratnik, Lazkano, Moscon, Meeus e Pithie: non sono nomi banali. Tra l’altro, togliendo l’italiano e lo sloveno, sono tutti piuttosto giovani. Questo è forse il risvolto tecnico più interessante di questa storia. E sarà curioso vedere come evolverà nel corso della stagione. Di certo, ora ad una Sanremo per esempio, anche la Red Bull-Bora Hansgrohe si schiererà con altre velleità.
Van Gils troverà una struttura di supporto di alto livello. La squadra ha investito su di lui non solo per il suo talento, ma anche per il potenziale di crescita a lungo termine.
Qualcosa su cui riflettere
Maxim Van Gils incarna il cambiamento e l’ambizione nel ciclismo moderno, un ciclismo che inizia a vivere il “gigantismo” come si è letto e scritto ultimamente. Il suo caso, ma se vogliamo anche quello di Pidcock, rappresenta una riflessione sul delicato equilibrio tra ambizione personale e sostenibilità del sistema sportivo. Sarà interessante vedere come Van Gils saprà sfruttare questa nuova fase per confermare il suo talento e consolidare la sua posizione.
«Sono stato orgoglioso dell’interesse mostrato dal team Red Bull-Bora-Hansgrohe sin da subito – ha detto intanto Van Gils – Fin dai primi contatti ho sentito un legame speciale con questa squadra. Mi metterò al lavoro senza indugi per raggiungere gli importanti obiettivi prefissati. Più passa il tempo e più rendo conto che sono per le corse di un giorno, piuttosto che le corse a tappe. Le classiche sono mia passione. Preferisco iniziare e gareggiare con una batteria completamente carica per una gara, piuttosto con una che è già all’80 per cento tappa dopo tappa».