Michael Rogers, le regole, le corse e i pensieri su Ganna

26.09.2022
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Michael Rogers ha 42 anni ed è originario di Canberra, anche se fa ormai base da una vita in Svizzera, vicino al confine con l’Italia. Quando era ancora un corridore, fu il primo a vincere tre mondiali consecutivi della crono e ad approcciarsi con la specialità applicando in modo forse pionieristico le tecnologie e le teorie con cui oggi i corridori convivono. Per questa sua vivacità intellettuale, a fine carriera l’UCI lo ha coinvolto inizialmente con il ruolo di Innovation Manager e più di recente lo hanno nominato Road Manager. In poche parole, non si muove niente a livello tecnico, senza che lui lo sappia e abbia dato il suo parere.

Per questo lo abbiamo invitato a sedersi con noi su un divano della sala stampa, per fargli raccontare i mondiali australiani e il suo mondo di oggi, dopo aver vissuto le vittorie di ieri: quelle crono, ma anche tappe al Giro e al Tour e varie classifiche, dallo Svizzera al Delfinato, il Catalunya e il Deutschland Tour.

A Wollongong ha corso suo nipote Cameron: 14° nella crono, 22° su strada (foto The Canberra Times)
A Wollongong ha corso suo nipote Cameron: 14° nella crono, 22° su strada (foto The Canberra Times)
Che effetto fa un mondiale in casa, essendo però un uomo UCI?

E’ bellissimo mostrare la mia Australia al mondo del ciclismo. Però, nello stesso tempo, avendo il cappello dell’UCI, vuoi che sia tutto perfetto. Ed essendo io coinvolto a livello organizzativo, cerco e vedo le cose che si potrebbero migliorare. In ogni caso per me è stata un grande emozione. Diverso rispetto a quando il mondiale lo correvo, perché vedevo tutto dalla prospettiva del corridore. Ero molto concentrato nella mia bolla. Adesso scopri che ci sono migliaia di altre cose di cui i corridori ignorano l’esistenza, con cui invece bisogna fare i conti. 

Innovation Manager: cosa fai?

E’ un ruolo che svolgevo già dal 2020. L’UCI ha vari protocolli che riguardano ad esempio i telai. Perciò lavoriamo con i costruttori per essere sicuri che, ad esempio, rispettino i termini di sicurezza. Oppure ci occupiamo delle ruote, per verificare che superino tutte le prove. Questo è un periodo molto interessante nel ciclismo. Già da qualche anno si sta passando dai metodi di costruzione tradizionale, sui quali è stato sviluppato il vecchio regolamento, a prodotti in scocca e altri stampati in 3D. Prendiamo ad esempio il manubrio, che nel regolamento è ancora composto da attacco e curva. Adesso sono pezzi unici e spesso i giudici di gara nelle crono fanno fatica a verificarne le misure.

Ormai i manubri sono sempre più spesso integrati o stampati 3D, come quello di Ganna
Ormai i manubri sono sempre più spesso integrati o stampati 3D, come quello di Ganna
E come si fa?

Per ora si cerca di essere elastici, per stare nelle norme con le nuove tecnologie. Adoriamo l’innovazione, però ci rendiamo conto che il commissario che deve prendere le misure, in pista o piuttosto prima della partenza di una crono, si trovi in difficoltà a capire dove cominci un pezzo e dove l’altro. Per questo abbiamo elaborato il nuovo regolamento che entrerà in vigore il primo gennaio. Lo abbiamo scritto dando un po’ più di flessibilità alle aziende.

Da atleta hai mai subìto le nuove misure imposte?

Per fortuna non ho mai avuto problemi quando regolamentarono l’avanzamento della sella, perché ero sempre dietro i 5 centimetri dal movimento centrale. Ero sempre a 6-7, ma adesso sono tutti a 5, perché c’è molta più attenzione alla posizione. Sono stato uno dei primi a studiare l’aerodinamica. Il primo ad andare in galleria del vento a Milano con Luca Guercilena. Abbiamo aiutato noi a disegnare e realizzare il supporto per tenere ferma la bicicletta. Quindi c’è sempre stata grande attenzione per materiale e performance, ma adesso l’aerodinamica è preponderante. E questo porta anche conseguenze soprattutto in pista, dove ormai nell’inseguimento girano quasi a 70 all’ora. Ormai una semplice cucitura del body, in base a dove è messa, può fare la differenza.

Questo cosa c’entra col regolamento?

Non tutti hanno accesso a un body che costa 8.000 euro. Non è facile fare questo tipo di ragionamento, ma se facciamo una previsione a lungo termine, soprattutto per la  pista, dobbiamo stare attenti che l’investimento per stare in gara non comporti conseguenze pesanti. Se per essere competitivi si alza a dismisura il budget necessario, magari ci ritroviamo nel 2032 con tre sole squadre, tre Paesi.

Un’opera nel segno dell’uguaglianza?

Sarebbe triste da vedere secondo me. Triste se una nazionale fosse tagliata fuori dallo sport perché non ha gli stessi soldi di chi può investire. Diciamo che lo spirito di base è questo. Evitare le tante velocità diverse in base al budget. Tutelare o quantomeno ridurre le differenze.

Guardando nel maxischermo l’azione di Evenepoel a Wollongong
Guardando nel maxischermo l’azione di Evenepoel a Wollongong
Cosa fa invece il Road Manager?

Il Road Manager fa un po’ tutto per quanto riguarda l’organizzazione. Si occupa del calendario, per il quale collabora con le varie associazioni. Poi con il mio team seguo la registrazione di tutte le squadre, verificando che tutti i contratti siano in ordine, che ci siano le garanzie bancarie con le quali i corridori siano tutelati. E poi seguiamo le gare a livello di regolamento. Adesso non mi ricordo esattamente, ma più di 850 gare ogni anno seguono il nostro regolamento, quindi è un lavoro di 24 ore al giorno. C’è almeno un’emergenza al giorno da qualche parte del mondo….

Hai avuto un ruolo nel caso Gazprom?

In realtà non tantissimo. Quello è stato un discorso legato al management più alto. Il Comitato olimpico ha dato la sua disposizione e l’UCI l’ha recepita.

L’avviso del ricorso ai raggi X nella tenda preposta la controllo delle bici
L’avviso del ricorso ai raggi X nella tenda preposta la controllo delle bici
Vicino alla zona di arrivo c’è stato per tutto il tempo il gazebo contro le frodi tecnologiche…

Ormai vediamo tutto ricorrendo a varie tecnologie. Prima era complesso, perché c’era un apparecchio molto grande. Adesso abbiamo un sistema molto più leggero e davvero vediamo tutto, dagli spessori del telaio ai fili della trasmissione. Prima che arrivassi io, c’erano delle voci. Poi hanno trovato la ragazza del ciclocross. Dobbiamo stare attenti, per evitare che semmai qualcosa c’è stato, possa tornare. Come per l’antidoping. Ma ad ora, dai dati che raccogliamo, negli ultimi anni non abbiamo trovato niente di strano.

Tu hai vinto tre mondiali di seguito, cosa succede poi nella testa del corridore? 

E’ proprio la testa il problema. Per preparare un grande evento come una crono ci vuole tanta energia mentale, anche e soprattutto nella fase di allenamento, perché è molto specifico. Non è facile. L’abbiamo visto. Io sono stato il primo, poi è arrivato Fabian (Cancellara, ndr), e poi Tony Martin. Eravamo tutti intorno a quel podio e io ho fatto fatica al quarto mondiale.

«Ho visto Ganna dopo la crono – dice Rogers – era abbattuto. Pochi come me possono capire quel che pensava»
«Ho visto Ganna dopo la crono – dice Rogers – era abbattuto. Pochi come me possono capire quel che pensava»
Perché?

Non avevo più la concentrazione o la grinta per spingermi così tanto nella fase di allenamento, come quando lottavo per vincere. Preparando il quarto, mi accorsi subito che non avevo la fame per fare fatica. Quasi vomitavo dopo ogni ripetuta. Ecco, penso proprio che sia un fatto mentale. E la settimana scorsa ho visto proprio Ganna dopo la crono. Era rimasto male, era proprio giù. E mi sono detto: «Caspita, lo capisco, forse non ci sono tanti che ci riescono».

Come se ne esce?

E’ giovane, ha il tempo per ritrovarsi, poi magari ha solo avuto una giornata no. Non ci ho parlato. Però ricordo che lo stesso sono stato male per lui, perché sapevo esattamente quello che stava pensando.

Invece Bettiol non crede che Remco fosse alla nostra portata

25.09.2022
4 min
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Le cose dopo la corsa sono diverse da come appaiono dopo che se ne è parlato con la squadra. E sono diverse anche da come te le raccontano da casa basandosi su letture frettolose. Alberto Bettiol al momento sta passando più o meno su questo sentiero, senza rendersi conto che nella continua ricerca del miglior risultato, ipotizzare la sua presenza nella fuga di Evenepoel è il modo di riconoscergli una superiorità oggi lampante. Era il solo per l’Italia in grado di fronteggiare il fenomeno belga.

In salita Bettiol ha dimostrato di essere al livello di tutti i più forti
In salita Bettiol ha dimostrato di essere al livello di tutti i più forti

E’ chiaro che nessuno poteva saperlo prima, ma il Bettiol visto scattare in faccia a Van Aert avrebbe potuto reggere anche l’azione di Evenepoel. E a quel punto il belga avrebbe fatto come a Trento lo scorso anno davanti a Colbrelli. Avrebbe smesso di chiedere cambi e avrebbe rischiato di tirare a testa bassa verso il suicidio.

Sedici corridori

Ottavo all’arrivo, da chiedersi se sia poco oppure tanto. Senza sapere che cosa si sono detti gli azzurri nella riunione, è facile considerare che quando sei leader, si alzano le aspettative. E se poi viene fuori che gli altri chiamati a condividere con te il peso della responsabilità non hanno le gambe, come probabilmente è stato oggi per Bagioli, il peso aumenta. Al leader si chiedono i risultati. E quando Evenepoel è andato via non da solo, ma in quel gruppo di sedici corridori tirato fuori dai francesi, sarebbe bastato (forse) trovarsi in testa al gruppo per agganciarsi.

Nella volata per l’argento, Bettiol è stato 7° subito dietro Sagan
Nella volata per l’argento, Bettiol è stato 7° subito dietro Sagan

«E’ stato un mondiale strano – le parole di Bettiol dopo l’arrivo – tutti aspettavano la salita e un corridore come Remco ne ha approfittato. Noi non abbiamo un Remco in squadra, quindi non potevamo fare altro che essere presenti in ogni fuga ed evitare di ritrovarci a tirare e non abbiamo mai tirato. Nell’ultimo giro ho provato ad attaccare insieme a Van Aert e l’ho quasi staccato, anzi l’ho staccato. Siamo andati via con lui e Honoré, ma il percorso è molto veloce, da dietro rientravano.

L’attacco di Remco

Alberto è arrivato al mondiale con i gradi sulle spalle. Sappiamo tutti che nella giornata giusta avrebbe potuto tenere testa anche ai più forti e probabilmente quello di Wollongong è stato uno di quei giorni. Il fatto che Bennati abbia immaginato la sua presenza a ruota di Evenepoel deriva dalla stima che nutre nei suoi confronti, avendo capito che oggi il solo a poter far svoltare il mondiale azzurro fosse proprio lui.

Tornati al camper della FCI, ci pensa Federico Morini a dare a tutti una rinfrescata
Tornati al camper, ci pensa Federico Morini a dare a tutti una rinfrescata

«Purtroppo quando Remco è partito – ha ammesso Alberto a fine corsa – noi dietro ci siamo un po’ riposati e lui ha preso subito tanti minuti e poi il percorso è venuto più facile del previsto. Non avevamo nessuna marcatura a uomo. Solo non ci dovevamo ridurre a tirare, mentre a 100 dall’arrivo si doveva muovere Lorenzo Rota. Il suo attacco è stato più che giusto e poi non ha tirato un metro. Io e “Bagiolino” invece dovevamo farci trovar pronti negli ultimi due giri, mentre Matteo (Trentin, ndr) in caso di volata. Quindi questo è stato, ma purtroppo di Evenepoel ce n’è uno ed è stato più bravo».

La domanda resta e non avrà mai una risposta. Che cosa sarebbe successo se uno dei corridori della nazionale preposti a fare la corsa avesse seguito il belga anziché lasciare che a farlo fossero solo Conci e Rota?

E ora Bennati: con Remco forse poteva starci Bettiol

25.09.2022
4 min
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Daniele Bennati qualche chiacchiera con i suoi è riuscito a farla e solo per questo accetta di parlarne. Un attimo fa si è guardato intorno, nell’area piuttosto stretta dei camper delle squadre, chiedendosi come mai ci fossero tante facce lunghe.

Ragionando, si è detto che avevamo tutti gli occhi puntati sulla corsa dei pro’ dopo il bilancio di quelle precedenti, e questo aveva implicitamente fatto aumentare le attese. E’ anche vero però che la nazionale è partita dall’Italia tra voci di sicura disfatta. Invece gli azzurri sono stati protagonisti, arrivando a giocarsi una medaglia.

Nella riunione informale del mattino, Bennati ha ripassato i ruoli: clima disteso
Nella riunione informale del mattino, Bennati ha ripassato i ruoli: clima disteso

Errore o ragionamento

C’è quell’unica sbavatura che ci gira per la testa ed è il fatto che nessuno dei leader abbia seguito l’azione di Evenepoel e nella fuga siano rimasti soltanto Lorenzo Rota e Nicola Conci. Appena siamo arrivati al camper della nazionale, abbiamo trovato Bennati e Trentin che parlavano proprio di questo (foto di apertura). Matteo non sembrava molto convinto, ma non doveva essere lui a muoversi. Bennati allarga le braccia, la mancanza l’ha colta pure lui.

«Diciamo che se si muoveva Remco – ammette il cittì – e in quella fuga ci fosse stato Bettiol, a quel punto Rota sarebbe stato veramente importante per lui. E’ chiaro che Alberto in quel frangente sicuramente avrà ragionato, perché poi quando sei in corsa fai anche dei ragionamenti. E ti dici che secondo te la corsa potrebbe andare un altro modo. Magari ha visto dei movimenti del Belgio o della Francia piuttosto che di qualche altra nazionale.

«L’Australia comunque è un po’ mancata. Parliamoci chiaro, loro si aspettavano probabilmente che anche l’Australia potesse controllare meglio la situazione, perché Matthews era uno dei favoriti. E lì sono scelte. E’ chiaro però che se perdi l’attimo, poi ti giochi il mondiale».

Bettiol probabilmente avrebbe dovuto entrare nella fuga di Evenepoel: l’attacco era annunciato
Bettiol probabilmente avrebbe dovuto entrare nella fuga di Evenepoel: l’attacco era annunciato

L’errore dei quattro

Un secondo di silenzio serve per fare ordine nelle idee. Se non fosse stato per questo mezzo blackout la ciambella sarebbe riuscita col buco, perché il toscano non è così sicuro che Evenepoel avrebbe staccato Bettiol come ha fatto invece con Lutsenko. Ma a quel punto, con i soli Rota e Conci davanti, le cose sono andate fin troppo bene. Fino al grande rimescolamento nel finale.

«Dispiace – dice Bennati – perché comunque in pochissimo tempo ci siamo giocati due medaglie. C’è stato un rimescolamento che… Parliamoci chiaro, non era facile da interpretare, perché era un circuito duro, ma allo stesso tempo veloce. E questo è la dimostrazione del fatto che se hai un po’ di vantaggio davanti ma ti fermi e dietro vanno a 60 all’ora, fanno anche presto a chiudere il gap. Però è chiaro che quando sei li a giocarti una medaglia, i quattro anzi se ne giocavano due…

«Sono stati dei polli. Secondo me sono stati tutti e quattro dei polli, perché comunque quattro corridori che in carriera non si sono mai ritrovati a giocarsi il podio in un mondiale, e tutti giovani, non si fermano a quel modo.

«Dicono che non sapevano nulla dei distacchi? Eh, ho capito, a maggior ragione se non lo so, io cerco di girare fino ai 300 metri e poi faccio la volata. Almeno la perdo sulla linea. Comunque mi dispiace per Rota, perché lui veramente si è fermato, ma gli altri si sono fermati dietro di lui. E dispiace perché nel giro di 200 metri sono svanite due possibilità di medaglie». 

Sobrero e Zana su un ponticello con la radio e sotto il sole passavano gli ordini di Bennati
Sobrero e Zana su un ponticello con la radio e sotto il sole passavano gli ordini di Bennati

Due posti a disposizione

La corsa di Wollongong corre come un film davanti agli occhi del Benna e fra le righe racconta che il sistema di comunicazione radio era così precario che ha preferito fermarsi in un punto lungo la strada, approfittando di uno schermo. Lungo il percorso, a parte le postazioni ai due box, Sobrero e Zana fermi su un cavalcavia con la radio in mano fornivano informazioni aggiuntive. I due dopo la corsa avevano la faccia bruciata dal sole.

E così il debutto iridato di Bennati è ormai alle spalle e si sottoporrà nelle prossime ore al giudizio di appassionati ed esperti.

«Battistella davanti – ragiona Bennati – ha fatto il suo alla grande. E’ chiaro che su otto, qualche defezione ce l’hai sempre. È difficile fare tutto, tutto alla perfezione, però non so se ci sia convenuto che alla fine si sono riuniti. Secondo me il fatto di essere esserci riuniti ci ha precluso magari una possibilità di medaglia. Rota allo sprint se la cava, erano quattro e c’erano due posti a disposizione.

«Poi addirittura per un attimo ho pensato che Trentin avesse fatto quarto, terzo della volata. A quel punto stare giù dal podio di una sola posizione sarebbe stato parecchio fastidioso».

Evenepoel: impresa pazzesca e grande vittoria di squadra

25.09.2022
6 min
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Quando ha deciso che anche Lutsenko era di troppo mancavano 25,7 chilometri al traguardo. Quello che aveva fatto sino a quel punto aveva già dello straordinario e in qualche modo aveva messo in pratica quanto annunciato dai belgi alla vigilia. Remco Evenepoel da lontano, Wout Van Aert nel finale. Forse, volendo leggere fra le pieghe della corsa, Remco si è mosso un po’ prima di quanto si aspettasse il compagno di nazionale. Perché mano a mano che la testa della corsa si fosse avvicinata al traguardo, le azioni del gigante di Herentals sarebbero aumentate di valore.

Remco non si è neppure voltato, si è limitato ad alzarsi sui pedali e dare due colpi più energici degli altri. E per il kazako si sono spenti luce e sogni.

Il resto è stata la cavalcata eccezionale che tutti hanno visto. Con la stessa sicurezza che alla Vuelta gli ha permesso di divorare la crono di Alicante, lunga curiosamente quanto la sua fuga di oggi.

Mancano 27,5 chilometri all’arrivo: Remco lascia Lutsenko
Mancano 27,5 chilometri all’arrivo: remco lascia Lutsenko

Un anno da sogno

Remco Evenepoel arriva davanti ai giornalisti dopo aver abbracciato e ricevuto abbracci. Bello quello con Van Aert dopo l’arrivo e bello anche quello con Alaphilippe, suo fratello maggiore alla  Quick Step-Alpha Vinyl. La gente ai piedi del palco lo ha osannato, perché quel suo vincere sfrontato ha conquistato la gente accalcata nel parco in riva al mare.

«Penso che sia ancora incredibile – dice – questa stagione non ha niente di normale. E’ iniziata a febbraio con la Valenciana e alle mie spalle non c’erano grandi vittorie. Sono venute la prima Monumento, un grande Giro e il mondiale. Come faccio a crederci?».

Vittoria di squadra

Ha corso e vinto con la sfacciataggine di quando da junior conquistò allo stesso modo il mondiale di Innsbruck, ma rispetto a quel Remco, quello di oggi è più saggio e attento. Non celebra se stesso e la sua impresa solitaria, ma la inquadra al centro di una scena più ampia.

«Oggi il team è stato fortissimo – dice il neoiridato – sempre in testa e mai a inseguire. Si è creato davvero il perfetto scenario. E quando i francesi hanno aperto la corsa, ci siamo ritrovati in quattro davanti e quattro dietro. Non potevamo aspettarci niente di meglio. Quello che abbiamo fatto era nei piani. Avere due leader è stata la migliore decisione, ma è chiaro che queste scelte dipendono dal percorso. Fosse stato più veloce, nessun dubbio a puntare tutto su Van Aert, ma così era bene essere di più».

«Ho capito di aver vinto solo alla fine. Quando ero con Lutsenko pensavo di avere buone possibilità. Quando l’ho staccato, ho pensato di aver rischiato. L’ultimo giro da solo poteva essere un rischio, ma quando sono arrivato in cima all’ultima salita, ho iniziato a vedere l’arrivo.

«In discesa sono stato super veloce. E finalmente ai 3 chilometri dall’arrivo, ho capito che presto sarei stato il nuovo campione del mondo».

Evenepoel rompe gli indugi: lo segue solo Lutsenko
Evenepoel rompe gli indugi: lo segue solo Lutsenko

Svolta alla Tirreno

La svolta nella sua stagione e di riflesso nella sua carriera pare ci sia stata a marzo in Italia, dopo l’aspra lezione alla Tirreno-Adriatico. Tornò a casa con la coda fra le gambe, avendo capito che prepararsi per una corsa a tappe e seguire la giusta dieta non sono cose solo per gli altri.

«Perciò dopo aver vinto la Liegi – racconta – ho cominciato a preparare la Vuelta e a fare le cose nel modo giusto. Ho imparato a conoscere il mio corpo, a gestire l’allenamento e il recupero. La conoscenza e la pazienza, che portano i grandi risultati. E oggi è venuta la vittoria più bella di tutte. Ogni corridore inizia con dei sogni. I miei erano la Liegi, un grande Giro e il mondiale (alza lo sguardo e sorride, ndr), ma non avevo mai sognato di vincerli nello stesso anno. Però non parliamo delle mie vittorie solitarie, perché anche se sul traguardo ci sono io, dietro c’è un team di uomini e donne che mi aiutano e lavorano con me».

Van Aert all’attacco, nonostante Evenepoel al comando. Per poco ai belgi non riusciva il doppio podio
Van Aert all’attacco, nonostante Evenepoel al comando. Per poco ai belgi non riusciva il doppio podio

Evenepoel e la pressione

I giorni di Wollongong hanno avuto voci e colori diversi. Il jet-lag non gli ha fatto sconti e così nel giorno della crono, dove pure ha preso il terzo posto, ammette di non aver avuto la capacità di soffrire, semplicemente perché era ancora stanco.

«Ma la settimana in più di recupero e allenamenti con la squadra – annuisce Remco – hanno riportato nel mio corpo la freschezza giusta. Stamattina mi sentivo nuovamente fresco e con la testa libera. So che adesso qualcuno mi chiederà di vincere il Tour, ma finalmente posso dire che il problema della pressione è qualcosa che non mi disturba più.

«Ho un gruppo di lavoro e una famiglia che mi circondano e mi rendono forte. Non vinci mai da solo e non sei solo neppure quando perdi. Sono tutti concetti che ho imparato mentre mi rialzavo dall’incidente del Lombardia. La rieducazione mi ha reso quello che sono ora».

Tempo per la festa

Lo vedi che smania per andare. Dice che non ha ancora acceso il telefono perché non c’è un wifi e il roaming gli costerebbe troppo. Dice che Alaphilippe gli ha fatto i complimenti e lo ha salutato, sapendo che il mondiale sarà la sua ultima corsa di stagione. Dice di voler festeggiare finalmente la Vuelta e ora questo “cadeaux” aggiuntivo.

Poi sta un attimo zitto al pensiero delle vacanze e aggiunge che magari la prima uscita ufficiale con la maglia iridata potrebbe anche farla. Ma la lascia cadere nel vuoto. Lo stesso che resta nell’immensa sala stampa, quando se ne va. Wollongong 2022 finisce qui, le nostre storie andranno avanti ancora per un po’…

Rota e Trentin, due medaglie sfuggite in 200 metri

25.09.2022
4 min
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«Non so cosa dire del finale – dice Lorenzo Rota con gli occhi rossi – l’ho veramente gettata via. Senza radio è difficile, non sapevamo niente. Ognuno faceva un po’ il suo gioco. Aspetta, aspetta e alla fine ci hanno preso da dietro. Mi dispiace veramente tanto perché la medaglia l’avevo davvero a portata. Era proprio lì».

Il bergamasco è il corridore italiano arrivato più spesso davanti, stringendo sempre poco fra le mani. Lui lo sa e lo sanno i compagni, ma sapevano anche che avrebbe fatto quel che gli era stato chiesto. E così quando è partita la fuga con dentro Evenepoel, Rota si è buttato dentro senza troppe domande. Con lui è andato Conci e, quando più avanti hanno ripreso Battistella, il gruppo ha preso il largo. Forse mancava un leader azzurro. Anzi, certamente mancava…

Rota ancora affranto anche un’ora dopo l’arrivo: la medaglia sfumata fa male
Rota ancora affranto anche un’ora dopo l’arrivo: la medaglia sfumata fa male

Enorme magone

E’ stato Lorenzo a inseguire sul serio Evenepoel, quando Remco ha forzato il ritmo a 37 chilometri dall’arrivo. Lo ha prima inseguito in pianura. Poi, quando il belga ha lasciato Lutsenko sui pedali, è stato ancora Rota a riportarsi sul kazako con una bella aziona in salita.

«La gamba c’era – dice il corridore della Intermarché Wanty Gobert ho attaccato sull’ultima salita. Noi non sapevamo niente di quello che succedeva dietro. Zero. Io non chiedevo, ma nessuno mi diceva niente. Veramente mi dispiace, mi dispiace tantissimo.

«Non ho idea di che volata avrei fatto, però sicuramente il terzo posto era alla portata. Mi dispiace veramente, però comunque abbiamo dimostrato di essere una squadra forte e coesa. Penso che abbiamo dimostrato a tutti che quando l’Italia corre insieme è comunque forte. Dopo 7 anni di professionismo ho indossato la maglia della nazionale. Penso di avere ripagato la fiducia del cittì…».

Prima del via, Trentin era fiducioso: obiettivo podio
Prima del via, Trentin era fiducioso: obiettivo podio

Errore sul muro

Matteo Trentin arriva dopo, anche se sulla riga c’è passato prima e con le giuste maledizioni per una volata non troppo convinta. La sensazione è che quelli dietro non sapessero che ci fossero ancora in palio due medaglie, allo stesso modo in cui quelli davanti erano totalmente al buio sulla situazione della corsa alle loro spalle. Altrimenti non si sarebbero fermati così tanto.

«Purtroppo è un quinto posto che mi rode – dice l’atleta della UAE Emirates – perché ho scelto di non dare tutto sull’ultimo strappo. Ho perso la ruota di Laporte, ero con lui e col senno di poi è stata una fesseria. Ho pensato che poi c’era lo sciacquone per rientrare, invece proprio in cima i francesi hanno dato una tirata impressionante e ci hanno lasciato lì.

«Ero venuto qua almeno per vincere (ride, ndr), sicuramente per fare bene. Sapevo che le gambe erano buone e ho dimostrato che siamo ancora là. Ok, non abbiamo preso medaglia, ma abbiamo fatto capire che tutte le critiche che ci vengono mosse dalla mattina alla sera sono ingiuste. Non abbiamo il fenomeno che ha vinto, ma siamo lì».

Volata poco convinto di Trentin (in mezzo a Laporte e Matthews), che coglie il quinto posto
Volata poco convinto di Trentin (in mezzo a Laporte e Matthews), che coglie il quinto posto

Bettiol con Remco

La sbavatura c’è stata e più passa il tempo e più appare evidente. Nel gruppo con Evenepoel non dovevano entrare soltanto Conci e Rota, ma uno dei leader.

«Sapevamo che Remco avrebbe attaccato da lontano – dice Trentin – ma non pensavamo che le altre nazionali avrebbero lasciato fare in questa maniera. Uno che fa un numero del genere probabilmente lo fa uguale. Quindi non so se entrando nella fuga con lui si poteva cambiare qualcosa. Per come ho visto io la gara, l’unico che forse poteva tenerlo oggi era Alberto (Bettiol, ndr). Ovviamente la nostra tattica era differente. L’avrebbe tenuto, non l’avrebbe tenuto? Guardando com’è andato, ha fatto veramente un numero incredibile».

Alla fine arriva il momento della chiamata a casa, in attesa di rientrare in hotel
Alla fine arriva il momento della chiamata a casa, in attesa di rientrare in hotel

Volata al buio

Probabilmente l’analisi fatta successivamente con Bennati gli farà cambiare idea. Ma così, a caldo e senza essersi confrontato con gli altri, la sua posizione si può capire. Così come è credibile che in quella volata finale tanti dei valori in campo siano saltati. E’ credibile che Van Aert perda la volata da Laporte, peraltro suo gregario, sapendo di giocarsi l’argento e il bronzo?

«Non sapevo di sprintare per una medaglia – conferma Trentin – nessuno sapeva nulla. La comunicazione della corsa era veramente oscena, non sapevamo niente. C’era la lavagnetta, però vabbè, è stato così per tutti. Siamo tutti sulla stessa barca, quindi la volata è stata fatta comunque. Era difficile capire la situazione di corsa, anche perché abbiamo passato 25 corridori in 200 metri.

«Peccato per la medaglia, l’ho buttata nel… cesso. Anche Rota dice lo stesso? Allora siamo in due a pensarla così».

Punti, Covid, Tramadol e… confini: il ciclismo di Lappartient

25.09.2022
6 min
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Mentre le ragazze della gara elite erano pronte per partire da Helensburgh, a circa 30 chilometri da Wollongong, il presidente dell’UCI Lappartient ha tenuto la rituale conferenza stampa di ogni mondiale. Avrebbe potuto farlo appena due ore dopo e in sala stampa ci sarebbero stati tutti, ma in questa edizione del mondiale sembra che gli orari siano un problema solo per chi lavora.

Seduto al tavolo dei campioni, Lappartient si è sottoposto a una serie di domande, spesso slegate fra loro, alle quali ha risposto a mano libera, omettendo di soffermarsi su quelle che avrebbero potuto creare imbarazzo. In politica si fa così.

Quintana è stato cancellato dalla classifica del Tour dopo il ritrovamento di Tramadol. Ha fatto ricorso al Tas
Quintana è stato cancellato dalla classifica del Tour dopo il ritrovamento di Tramadol. Ha fatto ricorso al Tas
Cosa pensa del ricorso di Quintana contro la squalifica per uso del Tramadol?

Noi rimaniamo convinti della nostra linea, ma è corretto che si sia appellato. Abbiamo trovato il Tramadol in due diverse tappe e dato che il prodotto degrada molto rapidamente, abbiamo pensato che lo abbia usato più volte. Non si prevede una squalifica dell’atleta, almeno per ora. Ma viene tolto dalla classifica della corsa in cui si verifica la positività. Di certo non si tratta di una sostanza che l’organismo produce da solo. Speriamo che il TAS riconosca la nostra posizione.

Oggi si sono svolte due corse in una: quella delle under 23 e quella delle elite. Quando verranno divise?

Mi sembra già una decisione importante aver creato il titolo per le più giovani. L’idea di far disputare una corsa a sé c’è e verrà messa in pratica nel 2025. Prima non è stato possibile. Prima perché non tutte le nazioni hanno ragazze giovani a sufficienza e poi perché non tutte le città, ad esempio Zurigo 2024, sono disponibili a chiudere il centro per una gara di più.

A Wollongong hanno debuttato le gare per U23 donne (Guazzini ha vinto la crono) dal 2025, dice Lappartient, ci saranno gare autonome
A Wollongong hanno debuttato le gare per U23 donne. Guazzini ha vinto la crono
Che cosa le sembra di questo mondiale così lontano dalla culla del ciclismo?

L’Europa è probabilmente il cuore del nostro sport, ma voglio spingere per una visione più internazionale. Per cui andremo in Africa, poi in Canada ed entro il 2030 in Asia. Qui ci stiamo trovando molto bene. L’organizzazione è piccola, ma il mio telefono non squilla tutti i giorni per segnalare dei problemi e questo significa che ognuno sa cosa fare. I negozi e i ristoranti sono tutti griffati con il logo della corsa, gli atleti sono contenti e di riflesso siamo contenti anche noi.

Come si spiega che qui, nella corsa dell’UCI, non ci sono protocolli Covid e si vive a contatto con gli atleti, mentre in Europa ci sono corse che tengono ancora tutto chiuso?

C’è un dibattito in corso fra i nostri medici e quelli delle squadre. Nonostante sia cambiato l’atteggiamento nei confronti del virus, per cui la positività non porta direttamente alla messa fuori corsa, sono loro i primi a volere un certo rigore. Non è un caso che la maggior parte dei corridori mandati a casa di recente sia risultata positiva a controlli interni.

Ieri il Guardian ha scritto un articolo su un giornalista di Cyclingtips – Iain Treloar – cui è stato rifiutato l’accredito per i mondiali. Lui sostiene che sia avvenuto per le sue critiche all’UCI.

Noi non limitiamo la libertà di stampa, qui ogni testata è gradita (Iain Treloar aveva scritto una serie di pezzi sulle presunte influenze di Igor Makarov nelle politiche dell’Uci e sulla vicinanza della stessa al vecchio presidente del Turkmenistan, accusato per violazione dei diritti umani, ndr). Il regolamento UCI per gli accrediti stampa ne prevede 3 per ogni media e Cyclingtips ha avuto 3 accrediti. Non vedo problemi.

Il sistema dei punti non piace, cambierete qualcosa?

Ci sono discussioni. Non so se esista il sistema perfetto, ma cercheremo di trovare un equilibrio migliore. Ha ragione Hinault: «Per fare punti bisogna vincere le corse». Faremo degli aggiustamenti, se necessario, ma non ci saranno stravolgimenti. E comunque saranno variazioni da introdurre entro il prossimo inverno. Poi inizierà un altro triennio e non si possono cambiare le regole durante il gioco.

Dopo la conferenza, Lappartient si è fermato a parlare con le tivù
Dopo la conferenza, Lappartient si è fermato a parlare con le tivù
Sorpreso delle critiche da parte delle squadre?

Sorpreso che si siano accorte di non essere d’accordo soltanto nel terzo dei tre anni, visto che il sistema è in vigore dal 2020. L’obiettivo è che ogni anno ci siano retrocessioni e promozioni. Gli organizzatori volevano che avvenisse tutto automaticamente, i gruppi sportivi no. Ma una cosa la dico: non si retrocede per un anno nero. Per questo si fa la somma dei tre precedenti. E se sei stato ultimo per tre anni, allora forse c’è un problema. Non vogliamo che il ciclismo sia chiuso come la NBA, lo sport vive di vittorie e sconfitte e noi dobbiamo accettarne le regole.

Non sarebbe il caso di considerare che fra 2020 e 2021 il Covid ha condizionato l’attività?

Se prendiamo il numero delle corse, vediamo che se ne è svolto il 90 per cento. Quindi il Covid ha sicuramente dato fastidio, ma non ha falsato la possibilità di fare punti. Se avessimo spostato di un anno l’entrata in vigore della regola, cosa avremmo potuto dire ad esempio alla Alpecin-Deceuninck che in questi anni si è guadagnata il WorldTour? Poteva fare ricorso e avrebbe vinto.

Questa foto è l’emblema di come la stessa squadra (Movistar Team) sprinti con tre uomini per accumulare punti
Questa foto è l’emblema di come la stessa squadra (Movistar Team) sprinti con tre uomini per accumulare punti
Trova normale che una squadra preferisca mettere tre corridori nei primi 10 piuttosto che provare a vincere?

Ripeto le parole di Hinault, dovrebbero provare a vincere. Non si fanno i punti negli ultimi mesi di tre anni, anche se le distanze sono davvero minime.

Non trova che ci sia squilibrio fra le gare?

Potrebbe sembrare. Ma credo sia giusto che chi non partecipa al Tour de France e vince una corsa di classe 1 abbia un punteggio importante. Perché magari correrà la successiva dopo una settimana, mentre chi è al Tour può fare punti per tre settimane consecutive.

Quando l’addetto stampa Christophe Marchadier ha dichiarato chiuse le domande, Lappartient ha ringraziato, si è alzato e ha risposto alle domande di alcune televisioni, fra cui la RAI con Stefano Rizzato. Poi si è infilato nel sottopasso dello stadio che accoglie il Centro Stampa, tornando alle relazioni e agli incontri di cui è indubbiamente pieno un campionato del mondo.

Van der Poel: arresto, denuncia, ritiro. Una storia assurda

25.09.2022
4 min
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Mathieu van der Poel si era allenato alla perfezione per questi mondiali, ma il sogno o il progetto si è fermato nella notte di vigilia. L’olandese infatti è stato arrestato dalla polizia locale a seguito di un incidente nel suo hotel. La notizia arriva dall’emittente belga Sporza, secondo cui Van der Poel avrebbe avuto un alterco con dei bambini che avevano bussato con insistenza alla sua porta.

Le conferme al via

Stamattina al via da Helensburgh, Van der Poel ha confermato brevemente la vicenda, eliminando ogni forma di condizionale.

«E’ vero – ha detto – c’è stata una piccola lite con dei vicini rumorosi, ma qui sono piuttosto severi. Dopo tutte le procedure, sono tornato nella mia stanza alle 4 in punto. Non è certo l’ideale. E’ un disastro, ma non posso farci nulla. Farò il meglio possibile. Non ho riposato, correrò con l’adrenalina. Non è stato certo divertente, ma è successo e devo farci i conti».

Nel Team Relay, proprio Van der Poel aveva parlato della sfortuna del team olandese
Nel Team Relay, proprio Van der Poel aveva parlato della sfortuna del team olandese

La dinamica

Quanto alla dinamica dell’incidente, la vicenda ha i tratti dell’incredibile e coinvolge un atleta di punta che la notte prima di un campionato del mondo avrebbe diritto e bisogno di dormire. Sia benedetto l’isolamento degli azzurri nel loro hotel fuori dal mondo.

«Ieri sera – ha raccontato Mathieu – sono andato a letto presto e dei bambini nel corridoio hanno ritenuto necessario bussare continuamente alla mia porta. Dopo alcune volte ho finito la pazienza. E’ possibile che non gli abbia chiesto molto gentilmente di fermarsi. Per questo qualcuno ha chiamato la polizia».

Van der Poel era pronto per il mondiale. Nell’avvicinamento aveva vinto tre corse: qui il Gp de Wallonie
Van der Poel era pronto per il mondiale. Nell’avvicinamento aveva vinto tre corse: qui il Gp de Wallonie

La polizia

La polizia del New South Wales conferma che un uomo di 27 anni è stato arrestato sabato sera nell’hotel di Sydney dove si trova la squadra olandese. La denuncia vede due capi di imputazione per aggressione. L’uomo è stato poi rilasciato e ha avuto la libertà su cauzione a condizione di comparire in tribunale martedì. A Van der Poel sarebbe stato anche sequestrato il passaporto.

«Intorno alle 22,40 (sabato 24 settembre 2022) – recita il comunicato della polizia – un uomo era in un hotel della Grand Parade, Brighton-Le-Sands, quando sarebbe stato coinvolto in un alterco verbale con due ragazzine di 13 e 14 anni. L’uomo le avrebbe spinte entrambe: una è caduto la a terra, mentre l’altra è finita contro un muro riportando un lieve sfregamento al gomito. La direzione dell’hotel ha chiamato la polizia. Gli ufficiali del comando dell’area di polizia di St George sono intervenuti e hanno arrestato un uomo di 27 anni».

Van der Poel si è presentato alla partenza, ma la sua testa era altrove
Van der Poel si è presentato alla partenza, ma la sua testa era altrove

Impossibile correre

Mathieu stamattina era alla partenza da Helensburg, ma si è ritirato al rifornimento a 230 chilometri dall’arrivo. Era impossibile che oggi potesse correre. Impossibile che trovasse le serenità e la concentrazione necessarie. Il suo mondiale è finito nel momento dell’arresto, solo che ancora non lo sapeva. O ha sperato che non fosse vero.

Un vero peccato. Per Mathieu e per la corsa, che ha perso un sicuro protagonista. L’episodio sarà certamente sviscerato e raccontato meglio nelle prossime ore, ma pone in evidenza quanto sia delicato l’equilibrio psicologico di un atleta di alto livello che si prepara per una sfida altissima e ha bisogno attorno a sé dell’ambiente ideale per mantenere la concentrazione e spingerla al limite.

Van der Poel avrebbe potuto chiamare i tecnici della nazionale o il personale dell’hotel. Ha commesso la leggerezza di comportarsi come avrebbe fatto ciascuno di noi, cadendo nel tranello di portare la sua tensione nella conversazione improvvisata in quel corridoio. La polizia ha applicato la legge con severità inflessibile.

Pasqualon, Oldani, Albanese: i tre esclusi da Wollongong

24.09.2022
6 min
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Daniele Bennati prima di partire per l’Australia aveva stilato una lista di 13 atleti, tra i quali c’erano anche Stefano Oldani, Andrea Pasqualon e Vincenzo Albanese. I tre esclusi quando sono stati ufficializzati i nomi per Wollongong.

Per ciascuno dei tre ragazzi la scelta ha avuto ha una genesi diversa. Una motivazione legata soprattutto al tipo di corsa che ha in mente Bennati e ad un sovrapporsi di uomini con caratteristiche simili. Non si è trattato solo di merito o meno.

Oldani ha optato per un ennesimo ritiro (il quarto dell’anno) a fine agosto. L’idea era di puntare forte sul finale di stagione (foto Instagram)
Oldani ha optato per un ennesimo ritiro (il quarto dell’anno) a fine agosto. L’idea era di puntare forte sul finale di stagione (foto Instagram)

Oldani e la Alpecin

Stefano Oldani non è veloce come Pasqualon e Albanese. E’ più un corridore d’attacco e di fondo. Magari avrebbe vestito la maglia per aiutare i capitani.

«So – dice con lucidità il corridore della Alpecin-Deceuninck – che le selezioni per la maglia azzurra sono sempre difficili. Sfortunatamente sono sempre rimasto fuori, anche quando ero più giovane e titolato. Avevo vinto il campionato italiano a crono juniores e avevo dimostrato tanto.

«Avevo parlato tanto con Bennati, ma non avevo la sicurezza che una volta in Australia avrei corso. Magari sarei stato a disposizione come riserva. A quel punto visto il grande impegno profuso per preparare la stagione, visto che avevo chiesto alla squadra altri giorni per andare in ritiro a Livigno… abbiamo preferito pensare agli obiettivi di questo fine stagione».

Non solo la vittoria di Genova al Giro. Nelle scorse settimane Oldani è stato 8° assoluto al Giro di Danimarca e 4° al Gp Fourmies
Non solo la vittoria di Genova al Giro. Nelle scorse settimane Oldani è stato 8° assoluto al Danimarca e 4° a Fourmies

Scelta ragionata

Oldani spiega quindi che nel suo caso l’esclusione è stata concertata, tra lui, la squadra e in qualche modo Bennati. Andare in altura significa non mettersi a disposizione del proprio team per le corse e che qualcun altro deve correre al posto tuo.

«Alla fine – riprende Oldani – è stata una scelta più mia e del team che di Bennati. La squadra non era d’accordo che andassi laggiù e perdessi dieci giorni. Sarei tornato con un altro fuso orario da smaltire e neanche avrei corso il mondiale. Vanificando così la preparazione fatta per queste ultime gare in Italia, cui il team ed io teniamo molto.

«Piuttosto ai piani alti (l’UCI, ndr) dovrebbero capire che certe trasferte dall’altra parte del pianeta sono molto complicate. Se il mondiale fosse stato in Europa, la squadra mi avrebbe mandato anche come riserva. Un conto è perdere 4-5 giorni e non avere problemi di jet-lag e un conto è perdere due settimane piene e vanificare un intero blocco di lavoro.

«Peccato, mi dispiace molto. Sarebbe stata una bella esperienza. In ogni caso vorrei dire che con Bennati ci siamo lasciati benissimo».

Pasqualon in azione ad Overijse (Belgio). Andrea ha mostrato un rendimento costante nel corso della stagione (foto @godinjonathan)
Pasqualon ad Overijse (Belgio). Andrea è stato costante nel corso della stagione (foto @godinjonathan)

Delusione Pasqualon

Quando lo contattiamo Andrea Pasqualon è fuori per la distanza. E che distanza sui passi dolomitici: 190 chilometri e 3.900 metri di dislivello. E’ quasi fine settembre e l’atleta della Intermarché Wanty Gobert ha ancora la voglia di fare tutto al meglio. E forse anche un pizzico di rabbia.

La sua esclusione è quella che ha fatto più rumore. Il percorso era davvero adatto a lui. Andrea ha mostrato di andare forte e dall’inizio dell’anno diceva che teneva al mondiale in modo particolare. Avrebbe fatto di tutto per esserci. Ma anche stavolta è rimasto fuori.

«Sto preparando il finale di stagione – dice Pasqualon – mi dispiace moltissimo. Credevo molto nella mia presenza, ma ancora una volta non ci sono… Scelte del commissario tecnico. Avevo parlato un po’ col “Benna” anche alla Coppa Sabatini. Voleva portare più scalatori rispetto a gente veloce. Capisco che sono scelte difficili da fare, però penso anche che un corridore come me ci sarebbe stato bene nel gruppo degli italiani».

«Probabilmente nelle due corse in Canada non ho dimostrato di essere all’altezza, ma lo sapevo perché la mia condizione era in crescita. Volevo arrivare al top forma della forma nella settimana del mondiale. Con i preparatori avevamo questo obiettivo e ci siamo riusciti. E infatti quell’allenamento di ieri è stato uno sfogo».

Pasqualon 2022
Quest’anno Pasqualon ha vinto il Circuit de Wallonie a maggio. Dopo il Tour ha ripreso con dei buoni piazzamenti in Belgio
Pasqualon 2022
Quest’anno Pasqualon ha vinto il Circuit de Wallonie a maggio. Dopo il Tour ha ripreso con dei buoni piazzamenti in Belgio

Testa al 2023

«Cosa dire? Nulla, probabilmente non ho dimostrato il mio valore… Ma non penso proprio sia così dopo un’annata del genere. Non credo di non essere all’altezza di correre un mondiale. Sono stato il miglior italiano in tutte le classiche.

«Magari il prossimo anno con la Bahrain-Victorious riuscirò a fare un altro piccolo salto di qualità. Ad aumentare un po’ la “cilindrata” e vediamo se si arriva a vestire questa maglia azzurra. Io ci spero tanto. Ma per far sì che questo sogno si possa avverare bisogna passare anche dalle scelte dei commissari tecnici».

La delusione è palpabile in Pasqualon. Ma il veneto è onesto e alla fine un pensiero è per i suoi colleghi. «Spero che i ragazzi facciano una bella corsa. Gli faccio un grande in bocca al lupo».

Vincenzo Albanese alla Coppa Sabatini è stato sesto, migliore degli italiani
Vincenzo Albanese alla Coppa Sabatini è stato sesto, migliore degli italiani

L’out di Albanese

E poi c’è il terzo escluso: Vincenzo Albanese. Voci attendibili ci hanno riferito che il corridore della Eolo-Kometa ci sia rimasto malissimo. E forse anche per questo motivo è rimasto nel silenzio.

La posizione di Albanese era forse la più delicata. Difficile vederlo come capitano e difficile vederlo lavorare per i compagni. Di contro, è anche vero che “Alba” è colui che scorta il compagno Fortunato alle pendici dello Zoncolan e gli serve la vittoria sul piatto d’argento.

L’ultima volta che lo avevamo intervistato aveva da poco vinto la sua prima gara da pro’. La forma c’era ed era in crescita. Anche Vincenzo aveva cerchiato di rosso l’appuntamento australiano. E come gli altri, avrebbe meritato una maglia. Ma le scelte per Bennati non sono state facili. E’ il lato oscuro dell’essere cittì: la tagliola prima o poi arriva.

La delusione nei tre ragazzi c’è ed è comprensibile. I sogni e le aspettative del corridore da una parte, le scelte tecniche del cittì dall’altra. Il filo può essere molto sottile. Ma non è la prima e non sarà l’ultima volta che accadrà tutto ciò.

Cecchini, tre ottimi motivi per tirare così tanto

24.09.2022
4 min
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Le storie del mondiale delle donne sono tante e continueremo a raccontarvele. Ma adesso, fermi un attimo: vi siete accorti di quanto ha tirato Elena Cecchini? Prima lei e poi Vittoria Guazzini si sono prese la squadra sulle spalle e l’hanno fatta girare su quel circuito con la forza di treni a vapore.

Prima del via, Cecchini con Bastianelli: amiche e compagne alle Fiamme Azzurre. A destra Silvia Persico
Prima del via, Cecchini con Bastianelli: amiche e compagne alle Fiamme Azzurre

Tre ottimi motivi

Quando Elena ci raggiunge dopo la corsa, è quasi grata per il fatto che il suo lavoro sia stato notato. Non perché non sia abituata a farlo, ma perché dopo un po’ ti assale la sensazione che si tratti di lavoro oscuro. Eppure lei ha qualcosa da dire.

«E’ quello che faccio sempre – ha infatti sorriso – e l’ho fatto per tre motivi. Il primo è che volevo ripagare la fiducia di Paolo (Sangalli, ndr) e della Federazione, perché se avessero guardato i risultati magari potevano portare altre ragazze. Però si fidano di quello che posso fare in queste gare. Questo volevo dirlo ed era la mia motivazione principale.

«Il secondo, perché volevo togliermi un sassolino dalla scarpa dal giorno del Team Relay. So da casa che sono stata un po’ crocifissa, non da voi, ma dal pubblico dei social, per il fatto che mi sia staccata presto. Quella alla fine era semplicemente una tattica, che avevamo discusso con Marco Velo il giorno prima, per provare a vincere. E secondo me è stata anche la tattica giusta. Sapete poi, un po’ il trambusto dei giorni scorsi, ma… Non siamo animali, siamo persone, non ce lo meritiamo. Ma va bene cosi!

«E il terzo motivo era che stamattina Elia (Viviani, ndr) m’ha mandato un messaggio. Mi ha scritto: “Goditi l’ultima gara da fidanzata”, per cui era una motivazione personale importante (il matrimonio è fissato per il 22 ottobre, ndr)».

Giovedì in hotel, all’indomani del Team Relay, Elena aveva già il sassolino nella scarpa
Giovedì in hotel, all’indomani del Team Relay, Elena aveva già il sassolino nella scarpa

L’onore azzurro

La corsa non è andata come le ragazze si aspettavano (erano partite per vincere, ndr), ma è comunque venuta una bella medaglia e stasera ci sarà anche tempo per il buon umore. Anche se Elisa Longo Borghini, passando, si è detta dispiaciuta e temeva di aver deluso la fiducia delle compagne

«Abbiamo dato il massimo – ha detto Cecchini – era un percorso duro e purtroppo Elisa Balsamo non stava tanto bene oggi. Ho provato a fare lo strappo più regolare possibile per lei, perché alla fine una ragazza così veloce nel finale ci vuole sempre. Io delusa dalla Longo? No, no, lei è una grande campionessa. E’ bello lavorare per questo gruppo. Sono stanca morta e alla fine ha vinto di nuovo questo fenomeno anticipando in quel modo…. E vabbè, ha vinto la migliore».

Guazzini all’arrivo con il cambio bloccato e una spintarella da Elynor Backstedt
Guazzini all’arrivo con il cambio bloccato e una spintarella da Elynor Backstedt

Il cambio della “Vitto”

Vittoria Guazzini non ha concluso la corsa perché il cambio della sua bici si è bloccato e andava in giro nella pianura con il rapporto più agile: per fortuna ha trovato un paio di anime buone che l’hanno spinta. La toscana, iridata della crono U23, si è messa a disposizione, rinunciando alle sue chance di raddoppiare con il titolo su strada.

«Non ho mai messo in dubbio – dice – che il mio ruolo qui fosse di supporto. Mi dispiace veramente non averlo finito perché è sempre un onore correre con la maglia della nazionale. Doversi fermare per un problema meccanico non è il massimo. Però sono contenta del mondiale che ho fatto. Tutte sapevamo qual era il piano e nessuna si è tirata indietro quando c’è stato da lavorare per le altre».