Q36.5 alla Cape Epic: 7 giorni di test e fatica con Nibali

28.03.2023
6 min
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Il lancio più efficace per la salopette Q36.5 Dottore Clima Bib Shorts l’ha fatto Vincenzo Nibali dal Sudafrica. Impegnato fino a domenica scorsa alla Absa Cape Epic in compagnia di Samuele Porro, lo Squalo dello Stretto ha scritto un post in cui ha raccontato l’abbigliamento utilizzato. E dato che Nibali è uomo immagine di Q36.5, la descrizione riguardava anche i pantaloncini Dottore Clima Bib Shorts.

«In questi giorni – scrive Nibali – molti di voi mi avete chiesto informazioni sul mio abbigliamento. Ho scelto @Q36_5 Dottore Clima Bib Shorts perché hanno il giusto livello di compressione di cui ho bisogno durante una gara dura come questa. Il Silver Yarn nelle pettorine mantiene stabile la mia temperatura corporea, anche durante le tappe lunghe e calde come è stata oggi. I guanti lunghi estivi sono performanti perché si asciugano molto velocemente, non pesano quasi nulla e la protezione extra sulla punta delle dita assicura che le mie mani siano protette, anche durante una caduta. Potenza Made in Italy».

Nibali avrebbe dovuto correre la Absa Cape Epic con Ivan Santaromita, poi un infortunio lo ha costretto a puntare su Porro, che ha messo sul piatto la sua grande esperienza.

Pannellatura differenziata

E Nibali ha detto il giusto, sperimentando sulle sue gambe le caratteristiche dei capi che ha impiegato sicuramente in condizioni estreme. I Dottore Clima sono confezionati infatti con un nuovo tessuto ad alta densità che grazie alla sua particolare composizione favorisce la compressione graduale, stimolando di riflesso il flusso sanguigno. Nella trama del tessuto, infatti, sono inseriti dei fili di argento, che vantano proprietà antibatteriche e antistatiche, riducono l’effetto all’elettrosmog (termine che accomuna i campi elettrici e magnetici generati da dispositivi tecnologici) e riducono come conseguenza l’affaticamento muscolare.

A queste proprietà si somma il disegno che l’azienda di Bolzano definisce ergogenico, ossia generatore di forze. Il tessuto infatti è tagliato in modo da ridurre al minimo il numero delle cuciture e collocare i pannelli, ciascuno con le sue proprietà, affinché offrano il massimo supporto a ogni distretto muscolare durante la pedalata.

Nella zona anteriore è stato inserito un tessuto ultraleggero, realizzato con uno speciale filato che favorisce la dispersione del calore affinché l’area addominale rimanga fresca e asciutta. Anche in questo caso, le cuciture sono state ridotte al minimo per eliminare ogni possibile punto di pressione e aumentare di conseguenza il comfort dell’atleta.

Per Nibali un impegno atletico fuori dalle solite abitudini, per gambe e tronco (foto Q36.5)
Per Nibali un impegno atletico fuori dalle solite abitudini, per gambe e tronco (foto Q36.5)

Soprasella e termoregolazione

Interessanti sono anche il disegno e la conseguente confezione del pannello soprassella, confezionato in tessuto Dyneema, che favorisce la termoregolazione. Eliminata la cucitura centrale, si riducono le pressioni e il conseguente disagio. Il questo modo il contatto fra sella e fondello risulta omogeneo e ottimale qualunque sia il modello della sella impiegata.

Il fondello ha forma tridimensionale SuperMoulded-Anatomic. Essa asseconda l’anatomia del corpo umano e punta decisamente al massimo comfort durante la pedalata. L’imbottitura è realizzata in schiuma, la cui densità varia a seconda della zona anatomica con cui è in contatto, che sia la zona perineale, ischiatica, genitale oppure i glutei.

Le bretelle hanno design tubolare e traspirante. Il giro gamba è realizzato con taglio al vivo, che grazie al tessuto grippante permette al pantaloncino di non scorrere sulla gamba, anche senza ricorrere all’uso del silicone. Per completare il quadro, il tessuto è sottoposto a un trattamento idrorepellente caratterizzato dalla sigla DWR (Durable Water Resistant) per impedire che gli schizzi d’acqua provenienti dalla strada o una pioggia leggera infastidisca l’atleta.

Dai 18 gradi a salire

La salopette Dottore Clima Bib Shorts è prodotta in 7 taglie: dalla XS alla XXXS, nelle due colorazione Navy e Black. Il peso del capo in taglia M è di 150 grammi e per la tecnologia con cui è prodotto, la sua temperatura di utilizzo è dai 18 gradi a salire. Andando più nello specifico, la composizione dei tessuti è al 59 per cento in Poliammide 6.6, al 36 per cento di Elastan, al 4 per cento di Polietilene Dyneema e per il 2 per centro di argento.

Il prezzo di vendita, come indicato sul sito, è di 290 euro. A Dottore Clima Bib Shorts sono abbinati altri capi, dai guanti all’intimo, le maglie e le scarpe, calze e gilet antivento.

Progetto di sviluppo

La Cape Epic si è conclusa domenica scorsa ed è stata vinta dalla coppia Beers-Blevins, che hanno percorso le sette tappe in 26 ore 17’04”. La coppia Nibali-Porro, dal nome di Italian Friends, ha concluso tredicesima a un’ora 48’24”. Nei prossimi giorni, le osservazioni del siciliano serviranno per lo sviluppo ulteriore dei capi utilizzati.

«Il progetto di correre la Cape Epic è nato con Q36.5 – ha detto Nibali – con l’obiettivo di testare i materiali, di metterli sotto stress, in condizioni estreme come alte temperature, ma anche in condizioni di polvere, fango, sporco, e di testare la durabilità dei materiali, la traspirabilità e tutti i fattori fondamentali che sono richiesti per produrre abbigliamento ad alte prestazioni. La MTB è stata la mia prima passione, le prime corse da bambino sono state proprio in mountainbike. Poi sono passato alla strada, perché offriva maggiori opportunità. La MTB è fatica, ma anche divertimento e libertà, ti permette di pedalare in posti geograficamente stupendi ed a contatto con la natura più pura».

Q36.5

Boaro, cosa fa un gregario senza un vero capitano?

25.03.2023
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RICCIONE – Sembra paradossale, ma anche un gregario può sentirsi perso senza un capitano. E’ una situazione che si verifica raramente, ma è sempre curioso sapere come ci si adatti alla circostanza. L’Astana sta vivendo una fase transitoria rispetto al passato e Manuele Boaro, uomo di fiducia e di fatica di grandi leader, si trova a metà del guado.

Incontriamo il 36enne veneto del team kazako alla partenza della Settimana Internazionale Coppi e Bartali mentre parla e scherza con Giacomo Notari, preparatore parmense e diesse in seconda dell’Astana. I due si conoscono sin dai tempi dei dilettanti e assieme ripercorrono quegli anni con qualche ricordo, prima che Manuele provi a descriverci il suo ruolo un po’ più rivisitato all’occorrenza.

Tirare, lavorare e fuga. Per Boaro il ruolo del gregario si basa sul sapere leggere la corsa
Tirare, lavorare e fuga. Per Boaro il ruolo del gregario si basa sul sapere leggere la corsa

Lavori diversi

Il ritiro di Vincenzo Nibali ha prodotto inevitabilmente un buco nella casella “leader” benché sia stato rimpiazzato dall’arrivo di Mark Cavendish. Ovviamente sono due capitani differenti, così come il lavoro per loro del gregario. In questo caso cambia qualcosa?

«Non tanto – inizia a raccontare Boaro – alla fine fare il lavoro sporco per un velocista o per un capitano di un grande Giro per me forse è la stessa cosa. Anche perché sono abbastanza versatile per andare in fuga e posso essere d’aiuto anche quando sono davanti. Io ho il mio ruolo e vado dove mi manda la squadra. Per esempio con Nibali o con uomo da classifica generale, devi essere consapevole che in 21 giorni ti può capitare di prendere la maglia rosa all’inizio e tirare praticamente tutti i giorni. Devi essere bravo a superare i momenti difficili. Non esistono le cosiddette tappe semplici».

Boaro scherza con Notari, preparatore atletico e diesse in seconda dell’Astana
Boaro scherza con Notari, preparatore atletico e diesse in seconda dell’Astana

«Da quest’anno – va avanti – forse una cosa potrebbe cambiare. Volendo, adesso in fuga potrei avere più possibilità di giocarmi le mie carte. Prima ci andavo con l’obiettivo di essere di supporto al capitano. Ora in Astana non avendo un uomo per i grandi Giri, può essere più facile che mi capiti questa occasione».

Momento transitorio

«Siamo venuti alla Coppi e Bartali con una squadra giovane – continua Boaro, che conosce bene le strade della gara abitando a San Marino – non possiamo negare che stiamo vivendo un momento di passaggio. Dobbiamo essere consapevoli che ogni risultato può essere importante e dobbiamo cercare di portarlo a casa. Nel ciclismo di adesso tutto è importante. Vittoria, piazzamento, farsi vedere in fuga. Ad esempio, anche un ventesimo posto dà punti importanti per la squadra.

«Naturalmente partiamo sempre per vincere – dice – altrimenti non sarebbe nemmeno bello correre. Tuttavia bisogna cercare in tutte le corse di ottenere qualcosa. Siamo l’Astana, abbiamo un nome importante da portare in giro. Dobbiamo ricordarci che siamo un team di livello e impegnarci al 110 per cento. Stiamo attraversando un momento di difficoltà e dobbiamo fare ancora più gruppo di quello che siamo già».

Senza un vero capitano in squadra, Boaro potrebbe giocarsi le sue carte in fuga
Senza un vero capitano in squadra, Boaro potrebbe giocarsi le sue carte in fuga

Giovani gregari

Il ruolo del gregario è uno di quelli da trasmettere alle nuove leve. In un ciclismo che cambia in fretta bisogna saper conoscere tutti i lavori da fare. L’esperto che insegna al giovane, il giovane che chiede all’esperto.

«Quando sei giovane – prosegue Boaro – cerchi di imparare il più possibile. Ho avuto la fortuna di correre in grandi squadre e avere grandi capitani lavorando per loro. Ed era una bella cosa. In ogni caso non mi sento un insegnante. Se i giovani sono furbi, vedono da soli come si corre. Stare davanti in certe corse al momento giusto. Ad esempio le fughe. Ad essere onesti adesso andarci non è più facile come lo era prima. Le fughe vanno via di forza. Bisogna essere davanti e capire qual è il momento. Non si possono fare mille scatti per andare in fuga e poi essere morti e poco collaborativi».

Boaro è al tredicesimo anno da pro’. Ha corso con Saxo-Tinkoff, Bahrain-Merida e Astana
Boaro è al tredicesimo anno da pro’. Ha corso con Saxo-Tinkoff, Bahrain-Merida e Astana

Obiettivo Tour

Manuele Boaro e la nuova Astana devono fissare gli obiettivi poco per volta in base ai capitani che eleggerà la strada. All’orizzonte però c’è un traguardo importante da tagliare per essere parte della storia. Insomma, qualcosa più di uno stimolo.

«Quest’anno – spiega mentre si sta scaldando sui rulli accanto a Scaroni prima della partenza della tappa – sapevo che avrei avuto un ruolo importante. Ho sempre fatto il gregario in un certo modo. Da noi è arrivato Cavendish che vorrebbe centrare la 35ª vittoria al Tour de France battendo il record di Merckx. Sarebbe bello essere presenti quel giorno e sapere di aver aggiunto un mattoncino a quell’impresa».

Boaro ritiene Scaroni uno che può diventare capitano strada facendo in corsa
Boaro ritiene Scaroni uno che può diventare capitano strada facendo in corsa

«Per raggiungere quell’obiettivo – conclude Boaro – sappiamo che avremo a disposizione solo alcune tappe. Diventano quelle su cui dobbiamo concentrarci. Anche in quei casi dovremo essere pronti e bravi a gestire al meglio le situazioni più difficili, come il vento o altri momenti in cui non c’è un attimo di tregua. Basandomi sulla mia esperienza, posso dire che quando sai di avere un capitano che si gioca qualcosa di grosso, come un grande Giro o un record, ti vengono fuori delle forze che non pensavi di avere. E probabilmente la differenza nel tuo essere gregario la fai lì».

Montoli, un altro anno di esperienza, poi il salto

06.02.2023
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Uno dei volti della Fundacion Contador, la squadra under 23 legata alla Eolo-Kometa, è Andrea Montoli: classe 2002, lombardo di Parabiago. Il 2022 è stata la sua seconda stagione corsa nella categoria che fa da anticamera al professionismo. L’inizio delle gare si avvicina e con Andrea bussiamo al 2023, cui chiede qualcosa in più, forte delle motivazioni trovate l’anno scorso. 

A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23
A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23

A breve si riparte

Mentre i professionisti hanno già attaccato il numero sulla schiena, gli under 23 si trovano ancora nel periodo pre-stagione. L’inizio però non sembra così lontano. 

«Ora sono in Friuli dalla mia ragazza – racconta Montoli – e ogni tanto vengo qui per stare con lei. Domani (oggi, ndr) sono previsti 18 gradi. Approfitto di questo clima anomalo per passare del tempo insieme a lei e per allenarmi, se fa caldo ti viene anche più voglia (dice ridendo, ndr). A breve, l’11 febbraio, andremo a fare un ritiro con la squadra in Spagna, poi il 18 ed il 19 ci saranno due gare. Sfruttiamo il tempo per lavorare insieme e scoprire quale calendario andremo a fare. Avevamo già fatto un ritiro a dicembre, ma si trattava più di un ritrovo. Arrivavo dalle vacanze e avevo anche qualche chiletto in più. Sapete, difficile non mangiare quando si va a Napoli e Catania, però avevo avvisato la squadra, mi ero portato avanti (dice ridendo di nuovo, ndr)».

Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)
Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)

I vecchi compagni

Nel ritiro di Oliva di dicembre era presente anche la formazione professional, in cui da quest’anno sono passati anche quattro suoi ex compagni. Che effetto fa trovarli “dall’altra parte?”.

«Ci vedevamo poco – continua – praticamente solo la sera per mangiare e qualche volta incrociavamo il loro gruppo di allenamento. Vedere i ragazzi che erano under l’anno scorso fa un certo effetto, a me ha dato una bella motivazione. Ha alimentato la speranza che un giorno possa arrivare anche per me quel momento. Ho avuto la sensazione che il progetto sia concreto, che impegnandomi come hanno fatto loro, possa arrivare anche il mio turno. 

«I lavori fatti a casa fino ad ora mi danno buone sensazioni – dice – si è lavorato molto sul fondo, tanto volume e qualcosa di intensità. Il ritiro di febbraio servirà proprio per capire il livello al quale siamo arrivati, sarà un primo feedback per il team».

Tra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionale
Tra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionale

Un passo indietro

Con Montoli, però, analizziamo prima quello che è successo nel 2022, alla sua seconda stagione con la Fundacion Contador. Qualche passo in più, una buona crescita ed il premio con lo stage tra i professionisti. 

«E’ stata una stagione in crescendo – racconta il lombardo – ero partito in sordina, ma dalle gare internazionali in poi sono migliorato pian piano. Fino ad ottenere la prima vittoria tra gli under 23 a settembre, in Spagna. Lo stage con i professionisti è stata una bellissima occasione dalla quale porto a casa numerose emozioni. La cosa più bella è essere riuscito a scambiare qualche battuta con Nibali alla Coppa Agostoni e Bernal al Giro della Toscana. In quelle corse la squadra mi aveva chiesto di mettermi a disposizione nelle fasi iniziali. Ho provato ad entrare in qualche fuga ma partivano sempre uno scatto dopo rispetto a quelli che riuscivo a fare (ride ancora. ndr).

«Il ritmo è tanto diverso da quello al quale sono abituato. Nei primi venti minuti si va fortissimo, poi si rallenta e le squadre si organizzano. La bagarre per prendere in testa le salite è tostissima, devi saper spingere il rapporto. Mi trovavo tra corridori di Ineos e UAE, mi ha fatto uno strano effetto, ma ho cercato di stargli a ruota. E’ stata una gran bella esperienza: salire sul pullman, fare la riunione pre corsa… Quando ero piccolo andavo a queste corse chiedendomi cosa ci fosse sul bus delle squadre, finalmente l’ho scoperto! Spero di tornarci di nuovo».

Montoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di Carnago
Montoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di Carnago

Il Giro Under 23

Tra le corse affrontate da Montoli nella scorsa stagione c’è stato anche il Giro d’Italia U23. Una prima volta speciale anche questa, per diversi motivi… 

«Si è trattata di una grande esperienza – ci dice – ti confronti con i corridori migliori al mondo. Molti di loro ora li vedi in televisione a correre con i professionisti. E’ un mondo completamente diverso, in qualche modo simile a quello dei grandi, con le dovute proporzioni. Fai tanta esperienza, imparando a “vivere come un professionista”, dalla colazione fino alla cena, e questo giorno dopo giorno. Dal punto di vista atletico l’ho trovato molto utile, ti dà una grande continuità ed impari a gestirti.

«Nella tappa di Santa Caterina, la più dura, fin dai piedi del Mortirolo dalla macchina mi hanno consigliato di risparmiare energie per arrivare al traguardo. Anche perché l’indomani dopo c’era una tappa (quella di Chiavenna, ndr) più adatta alle mie caratteristiche. Devi imparare a correre guardando la corsa nel suo insieme e non semplicemente giorno per giorno».

L’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in più
L’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in più

Debutto in Spagna

Il buon umore di Montoli è contagioso, il giovane corridore parla sciolto, sempre con la risata pronta. Ma non fatevi ingannare troppo, gli obiettivi per il 2023 ci sono e la motivazione anche, d’altronde inizia il terzo anno da under.

«L’obiettivo per la stagione che inizierà a breve – conclude Montoli – è quello di crescere ancora. Presentarmi alle corse che l’anno scorso ho affrontato per la prima volta e riuscire a fare meglio. Vorrebbe dire che ho imparato dalle esperienze pregresse e sarebbe un segno di maturità. Alla fine inizio il terzo anno da under 23 e vorrei provare a fare il grande salto, sono giovane ma per il ciclismo moderno non così tanto (ride, ndr)».

Frattura vertebrale: che cos’è e come si recupera?

24.01.2023
5 min
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«Arrivavo da un brutto infortunio subito nell’estate del 2021, una frattura vertebrale che mi ha tenuto fermo per 4 mesi (in apertura, immagine di Emergency-Live). Una volta recuperato però mi sono trovato ad inseguire la condizione, perché non ho fatto palestra ed ho avuto degli scompensi». 

Da queste parole di Omar El Gouzi è nata una telefonata con il dottor Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center. Capire in che modo si cura e si recupera da una frattura alle vertebre è importante, soprattutto perché si tratta di un infortunio abbastanza frequente nei ciclisti. 

El Gouzi è passato alla Bardiani-CSF senza avere un procuratore
El Gouzi è passato alla Bardiani-CSF senza avere un procuratore

L’occhio del dottor Radi

«Innanzitutto – aggancia subito il discorso Maurizio Radi – quando si parla di una frattura vertebrale si tratta di una frattura ossea. Le vertebre sono le ossa che compongono la colonna vertebrale, sono trentatré in totale. Sono divise in tre sezioni: sette vertebre cervicali, dodici dorsali e cinque lombari. Tra due vertebre c’è il disco intervertebrale che permette alla colonna di muoversi. Servono a sostenere il peso del corpo».

Quando si sceglie una terapia conservativa al paziente viene applicato un busto (foto Alma ortopedica)
Quando si sceglie una terapia conservativa al paziente viene applicato un busto (foto Alma ortopedica)

Due trattamenti

Il caso di El Gouzi è stato curato con una terapia conservativa grazie all’utilizzo di un busto che lo ha tenuto immobilizzato per due mesi. Un altro caso famoso è quello di Nibali che nel 2018 ha subìto un’operazione per ridurre la frattura vertebrale subita al Tour de France

«I trattamenti da mettere in atto – continua Radi – per risolvere una frattura vertebrale sono due: il primo è quello conservativo. Si tratta di utilizzare un busto che immobilizza l’atleta ed allinea la colonna vertebrale, si utilizza questo metodo quando si è davanti ad una frattura composta e lineare. Nel giro di sessanta giorni la frattura si risana. L’altro metodo che in alternativa si applica è il trattamento chirurgico. In questo caso è il neurochirurgo che decide se operare o meno. Chiaramente l’operazione è il metodo di agire più invasivo, si vanno a stracciare i muscoli e crei dei traumi tendineo muscolari. Anche nel caso di un trattamento chirurgico i tempi di recupero sono sempre nell’ordine dei sessanta giorni». 

La fisioterapia

Una volta che la frattura si è ricomposta si passa alla parte di recupero, quella fisioterapica. Per un ciclista professionista è una fase molto delicata perché si deve ricostruire il tono muscolare.

«Non solo – spiega il medico – nel momento in cui si ha un’immobilizzazione che dura per una sessantina di giorni, oltre al tono muscolare, si perdono anche elasticità e mobilità dell’articolazione. La parte riabilitativa può iniziare anche dopo una quarantina di giorni dall’immobilizzazione, si inizia a togliere il busto e si fanno delle sedute in acqua con esercizi in scarico verticale e graduale. Sono trattamenti che durano un’ora al massimo, dopo i quali l’atleta deve sempre indossare il busto, è una primissima parte del percorso per tornare all’attività agonistica. I primi esercizi che vengono fatti sono di rieducazione posturale e di mobilità. E’ bene anche effettuare una tac, solitamente in 3D perché più precisa, per capire come sta guarendo la frattura».

Vincenzo Nibali, caduta Alpe d'Huez, Tour de France 2018
Al Tour del 2018 Nibali si fratturò la decima vertebra toracica, fu sottoposto ad un’operazione per ridurre la lesione
Vincenzo Nibali, caduta Alpe d'Huez, Tour de France 2018
Al Tour del 2018 Nibali si fratturò la decima vertebra toracica, venne operato per ridurre la lesione

La seconda parte

Maurizio Radi spiega e noi attentamente seguiamo, quando la frattura è più complessa, ci dice, la fisioterapia inizia in maniera più cauta.

«La seconda parte della riabilitazione – continua – viene fatta in palestra a secco. Bisogna ricostruire, gradualmente, una colonna elastica, forte e tonica per affrontare un’attività agonistica. Pensate che in sessanta giorni di immobilità si può perdere fino al cinquanta per cento della forza. Non si tratta di ricostruire solamente la parte muscolare a livello della colonna ma anche quella degli arti inferiori. Bisogna lavorare a 360 gradi sull’apparato muscolare, andranno rinforzati anche tutti i principali muscoli del core. Gli esercizi che l’atleta dovrà andare a fare sono gli stessi della preparazione invernale, ovviamente con dei carichi proporzionati al tono muscolare post infortunio».

Nell’incidente di inizio 2022 Bernal si fratturò due vertebre, parte del recupero passò dai rulli (foto Twitter)
Nell’incidente di inizio 2022 Bernal si fratturò due vertebre, parte del recupero passò dai rulli (foto Twitter)

Di nuovo in bici

In tutto questo percorso il ciclista non ha ancora messo piede sulla bici. Tornare a compiere il gesto atletico, anche a bassa intensità, sarebbe stato troppo traumatico per il fisico. 

«Le prime pedalate arrivano appena si inizia a recuperare un po’ di tono muscolare. Anche fare il gesto atletico è parte della riabilitazione, ma va inserito al momento giusto. Il mio consiglio – spiega Radi – è di cominciare dai rulli, per periodi brevi: venti minuti al giorno. E’ meglio partire dai rulli perché si toglie lo stress e le sollecitazioni che si hanno su strada. Tornare a pedalare all’esterno lo si potrà fare una volta recuperata l’elasticità ed il tono muscolare. Il fisico deve essere riabituato a sostenere le sollecitazioni. Un altro aspetto fondamentale è che dopo la frattura, una volta che si torna a pedalare, è bene fare una nuova valutazione biomeccanica. Non è detto che il fisico riprenda a pieno l’elasticità muscolare e le funzionalità di prima, ci vorrà del tempo. In un incidente grave come quello di Bernal è probabile che l’atleta non ritorni mai ai livelli pre-incidente. E’ chiaro che trattandosi di atleti professionisti un’ultima parte del recupero passi anche dal riprendere gli allenamenti ad alta intensità. La fisioterapia e la palestra aiutano ma l’ultimo step lo dà il gesto atletico».

Giovani corridori e aspettative: come si lavora?

24.01.2023
7 min
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Nel guardare le varie statistiche sui siti di riferimento ci ha colpito la grande differenza che si trova nei giorni di corsa tra i neoprofessionisti: ragazzi giovani che si affacciano al mondo dei grandi. Così abbiamo voluto indagare tra le varie squadre per capire come gestiscono i loro ragazzi. Tra i team selezionati sono rientrati due professional e due WorldTour. 

Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita
Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita

Per la UAE parla Baldato

La prima persona interrogata su questo delicato tema è Fabio Baldato, diesse della squadra degli Emirati. Tra i ragazzi visti dal veneto spicca il nome di Ayuso, spagnolo classe 2002 che alla prima partecipazione alla Vuelta ha chiuso al terzo posto nella classifica generale. 

«Prima di tutto – inizia Baldato – è tutto molto soggettivo, ci sono giovani che hanno bisogno di un ambientamento più lungo. Altri, invece, vedi che sono già pronti, ma anche in questi casi il lavoro da fare è delicato. Ayuso lo abbiamo “rallentato” cercando di tenere la sua esuberanza a bada. Non è il primo corridore già maturo che mi capita tra le mani, in BMC ho avuto Kung e Dillier che erano già pronti. In questi caso noi diesse dobbiamo essere bravi a valutare, non bisogna mai esagerare, spesso i ragazzi giovani non si pongono limiti. Sono più spavaldi, si vede dall’atteggiamento in corsa. Ti ascoltano fino ad un certo punto, predicare va bene ma poi bisogna mettersi nei loro panni. Sono consapevole del fatto che noi diesse possiamo insegnare qualcosa ma quello che rimane è la “batosta”. Ayuso stesso ad inizio 2022 ne ha prese alcune ed è cresciuto».

«Poi ci sono i corridori normali, uno che abbiamo in UAE è Felix Gross. Lui ha fatto lo stagista nel 2021 con dei buoni dati ma senza cogliere risultati. La scorsa stagione ha avuto più continuità ed ha ottenuto un bel quarto posto in una tappa al Giro di Germania. I corridori così vanno sostenuti, anche mentalmente perché devono capire che la loro crescita deve essere graduale e passa prima da corse minori dove imparano ad essere competitivi».

Lato Intermarché

L’Intermarché Circus Wanty ha un progetto di crescita solido da molti anni, al quale ha affiancato anche la nascita del Development team. Valerio Piva, diesse della squadra belga ci racconta anche che relazione hanno tra di loro le due squadre

«La squadra development ha una struttura a parte – spiega – l’obiettivo è prendere ragazzi giovani e far nascere dei corridori. Lo scambio tra una squadra e l’altra ci sarà, lo stesso Busatto farà qualche gara con noi. Per quanto riguarda il team WorldTour l’obiettivo è diverso, i ragazzi giovani che prendiamo arrivano da team professional o continental. Non crediamo nel “salto di categoria” da junior a professionisti, i ragazzi devono fare uno step intermedio: gli under 23. I ragazzi devono imparare a gestire l’impatto della corsa e le diverse tipologie di allenamento. In un ciclismo che viaggia sempre più rapido è bene ricordare che i margini di errore sono al minimo e si rischia di bruciare l’atleta pretendendo qualcosa che non può fare. I giovani che abbiamo nella squadra WorldTour li inseriamo gradualmente, non li vedrete mai partecipare a corse di primo livello». 

«In questa stagione la squadra ha fatto una rivoluzione – continua Piva – prendendo tanti giovani e perdendo corridori di esperienza come Kristoff. Non è che non credessimo in lui, ma abbiamo preferito un progetto più a lungo termine. Non vinceremo tante corse come lo scorso anno ma è una cosa che abbiamo preventivato, fa parte di quello che è il ricambio generazionale. Gerben Thijssen, è un corridore sul quale nel 2022 abbiamo speso molto in termini di uomini e di occasioni. Ha dimostrato qualcosa di buono e quest’anno è chiamato al salto di qualità, ma è stato tutto graduale. Per il suo bene e quello del team».

La visione delle professional

La Green Project Bardiani è la squadra professional che ha un progetto diverso dalle altre, i giovani vengono presi e diventano subito professionisti. Almeno a livello di contratto, poi però all’interno del team si opera una distinzione, creando praticamente due squadre distinte. Rossato diesse di riferimento per questi ragazzi ci spiega il metodo di lavoro e le sue “criticità”. 

«La prima cosa – racconta dalla Vuelta a San Juan – è cercare di non stressare troppo i ragazzi. Quelli che arrivano dall’ultimo anno di juniores hanno la scuola e per loro deve essere una priorità. L’anno scorso a Pinarello e Pellizzari abbiamo costruito un programma idoneo. A livello di ambientamento per loro è un sogno: avere uno staff dedicato ed essere seguiti in questo modo è una bella cosa. Non dimentichiamo che gli juniores l’anno scorso avevano ancora i rapporti bloccati, una volta con noi abbiamo dovuto insegnargli anche a gestire questa cosa. Si è lavorato anche tanto sull’alimentazione, sul peso e l’allenamento. Dettagli che quando sei professionista fanno la differenza. Dai giovani dell’anno scorso abbiamo ottenuto dei bei risultati. Pellizzari e Pinarello, a fine stagione, hanno corso con i professionisti il Giro di Slovacchia e la Tre Valli. Siamo stati molto contenti della loro risposta».

«Chi arriva da noi che ha già fatto qualche stagione da under 23 fa un programma più intenso. Sempre ponderato alle qualità ed al fatto che sono alla prima esperienza con i professionisti. I corridori che possono correre anche da under fanno calendari misti con diverse esperienze. Marcellusi prima di vincere il Piva ha corso in Turchia e la Milano-Torino, due belle palestre per crescere. Tolio è un altro che ha corso molto tra gli under 23 ed i professionisti, aggiungendo al suo calendario corse importanti come Strade Bianche e Lombardia. Sono corse che un ragazzo giovane può guadagnarsi, sono come un premio che arriva alla fine di un bel percorso di crescita».

Ultima parola alla Eolo

La Eolo Kometa ha nella sua idea di team una visione diversa, con due squadre divise: la professional e la under 23. Stefano Zanatta ha lavorato per tanti anni con i giovani e di cose ne ha viste.

«Le nostre due squadre sono direttamente collegate – apre il discorso Zanatta – vedi da subito i ragazzi giovani e ne segui la crescita. Questo perché una volta che passano in prima squadra hai già un’idea di che corridore ti trovi davanti. Io credo che anche i grandi campioni abbiano bisogno di un anno tra gli under 23. Anche in Liquigas, dove avevamo corridori come Kreuziger e Sagan, abbiamo tenuto la stessa ideologia. Prima almeno un anno di esperienza nella categoria giovanile. I corridori possono anche aver talento ma hanno bisogno di una crescita umana e fisica. Anche i nostri giovani che arrivano dalla squadra under 23 avranno bisogno di adattarsi alle corse. Non vogliamo caricarli di pressioni o aspettative troppo alte».

«Il percorso per i ragazzi che arrivano da noi – continua il diesse della Eolo – è di partire da corse più semplici. Poi si passa a quelle di qualità superiore e si prova a vedere come reagisce un ragazzo nel correre da protagonista. Dalla mia esperienza posso dire che un ragazzo arriva ad avere risultati tra i 24 e i 25 anni. Nibali stesso ha fatto tanta esperienza maturando, successivamente ha ottenuto i risultati che tutti conosciamo. Serve un’attività continua ma equilibrata: una cinquantina di giorni di corsa sono giusti. La cosa migliore è dare ai ragazzi delle pause e farli recuperare, senza creare buchi troppo grandi nel calendario, altrimenti si perde il lavoro fatto. Ora ai giovani è concesso meno sbagliare, non è corretto nei loro confronti perché li si sottopone a pressioni maggiori. Forse devi essere più forte mentalmente per fare il corridore ora».

Limar con le ragazze della Israel Premier-Tech Roland

21.01.2023
3 min
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Fino ad oggi siamo stati abituati ad associare il casco Limar al team Astana-Qazaqstan, una delle squadre più longeve del circuito WorldTour. Indossando un casco Limar lo scorso anno Vincenzo Nibali ha chiuso la sua carriera professionistica e per omaggiarlo l’azienda bergamasca aveva organizzato in suo onore un momento di incontro con la stampa alla vigilia del Lombardia. 

Limar fornirà caschi e occhiali alla formazione Israel Premier-Tech Roland
Limar fornirà i caschi e occhiali alla formazione Israel Premier-Tech Roland

Ci sono anche le donne

Il 2023 di Limar si è aperto con una bella conferma che si va ad affiancare al rinnovo della partnership tecnica con il team Astana-Qazaqstan. Limar sarà sponsor della formazione femminile UCI WorldTour Israel Premier-Tech Roland. Le ragazze del team utilizzeranno in gara il nuovo casco Air Atlas con una grafica molto bella e particolare che richiama i colori della maglia. 

L’Air Atlas si presenta come un casco performante e confortevole, ottimamente ventilato e dal peso estremamente contenuto (solo 220 grammi nella taglia small, ndr). E’ dotato di un’appendice (UFO, ndr) che si può attaccare nella parte posteriore del casco e che ha la funzione di aumentare la performance aerodinamica portandola ad un livello ancora più alto.

Le ragazze del team avranno la possibilità di abbinare al casco l’occhiale Theros, firmato sempre da Limar, nella colorazione blu, per un perfetto total look.

In foto il modello Air Atlas con grafiche e disegni che richiamano quelli della maglia del team
In foto il modello Air Atlas con grafiche e disegni che richiamano quelli della maglia del team

Tanta Italia

Il roster 2023 della nuova Israel Premier-Tech Roland annovera al suo interno ben 4 italiane. Stiamo parlando di  Sofia Collinelli, Silvia Magri, Elena Pirrone e Lara Vieceli. Accanto a loro troviamo la russa Tamara Dronova, campionessa su strada e a cronometro, la belga Fien Delbaere e la campionessa a cronometro svedese Nathalie Eklund, la svizzera Baur Caroline, campionessa nazionale su strada, e la afgana Fariba Hashimi, anche lei campionessa nazionale su strada. Completano la rosa l’irlandese Mia Griffin, la britannica Claire Steels, la vietnamita Thị Thật Nguyễn e la tedesca Buch Hannah.

La nuova Israel Premier-Tech Roland ha debuttato in Australia lo scorso 15 gennaio al Santos Tour Down Under, primo appuntamento della stagione femminile.

Ricordiamo che Limar è partner tecnico di diversi team tra strada, mountain bike, triathlon. Tra questi segnaliamo: Ktm Protek Elettrosystem, General Store Essegibi Flli.Curia, Overcome Team, Topeak Ergon, Acca Due O Women’s Team.

Limar

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EDITORIALE / Come cambia il mestiere del corridore

16.01.2023
5 min
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Trent’anni fa Sergio Neri scrisse un testo dedicato ai corridori, tracciando la linea guida del loro mestiere. Era denso di valori come viaggio, scoperta, ispirazione, carattere, dedizione, impegno, gusto per la fatica, rinunce fatte per sostenere l’impegno di uno sport che non è gioco, ma la perfetta metafora della vita. Il mestiere del corridore.

«Quando penso agli anni in Belgio con Ballerini – ha ricordato Andrea Tafiricordo il tanto tempo passato insieme a parlare. A spiarci fra noi per capire le scelte tecniche che facevano gli altri corridori. Era bello. Non avevamo lo stress di oggi. Ogni volta che parlo con Bettiol, me lo conferma. Devi essere super concentrato e non basta. E’ cambiato il modo di allenarsi e di correre. Prima ci divertivamo di più, si aveva uno spirito diverso. Ormai però il ciclismo è cambiato, è andato avanti come il mondo».

Con la stagione 2023 in partenza da Australia e Argentina, vogliamo soffermarci su una somma di pensieri che si sono formati nelle ultime settimane, parlando di preparazione, punteggi, vincoli e vite di corridori.

Tafi ha messo a confronto il ciclismo romantico dei suoi anni con quello sfrenato di oggi
Tafi ha messo a confronto il ciclismo romantico dei suoi anni con quello sfrenato di oggi

Come Nibali e Valverde

La vita da corridore nel testo di allora era un fluire faticoso e poetico. E’ ancora così, oppure essere corridori è un asfissiante star dietro a tabelle e rigidità?

Madiot ha parlato del paradosso di Pinot, che ha rifiutato vari strumenti per andare più forte. Come i ritiri in altura cui si è rassegnato un paio di anni fa. Che pur professando la sua voglia di normalità, condivide gli allenamenti su Strava. E che, quando uno degli sponsor della squadra è andato a consegnargli l’orologio per monitorare il sonno notturno, lo ha guardato come fosse un marziano.

Chi ha smesso anzitempo probabilmente non è riuscito a tenere in mano il filo del discorso, lasciando che il mondo fuori si imponesse del suo mondo interiore. Lo ha raccontato benissimo Dumoulin, spiegando come da un certo punto abbia cominciato a perdere il controllo della sua carriera.

I corridori che invece sono durati di più, come ad esempio Nibali o Valverde, sono nati da una base più consapevole. Hanno imparato a dire qualche no. Condividevano la stessa genialità e hanno capito che le fondamenta del lavoro sono rimaste le stesse. Sono cambiati invece il contesto, le velocità, le esigenze e la visione dello sport.

Alla Vuelta del 2022, l’omaggio del gruppo per Valverde e Nibali, alle ultime corse della carriera
Alla Vuelta del 2022, l’omaggio del gruppo per Valverde e Nibali, alle ultime corse della carriera

La fase di passaggio

Se nascevi corridore un tempo, i valori raccontati da Sergio Neri li avevi cuciti addosso. Se sei nato corridore nella fase di passaggio, potresti esserti trovato nei guai. A metà fra il ritmo romantico raccontato da chi c’era e la spinta vertiginosa di chi è già allo step successivo.

E se nasci corridore oggi, preparati per una carriera ad alta velocità, non necessariamente lunghissima. Avrai tanti referenti e pochissimo tempo per ambientarti, ma ti sembrerà normale.

Le eccezioni si chiamano campioni. Evenepoel, Pogacar e Van Aert sembrano capaci di restare in sella senza togliere troppo alla loro normalità. Dipende tutto dalla velocità del processore, da quel che si considera normale e quello che non lo è, quello che è necessario e quello di cui si può fare a meno. Come dare in mano lo stesso smartphone a un sedicenne e insieme a un cinquantenne. Magari il più giovane non saprà spiegarti il perché di certe funzioni o da quali esigenze siano nate, ma è certo che saprà usarlo subito e meglio e con automatismi pazzeschi, senza bisogno del manuale.

Evenepoel e Pogacar: oltre al lato tecnico, la loro grandezza sta nella naturalezza con cui vivono lo sport
Evenepoel e Pogacar: oltre al lato tecnico, la loro grandezza sta nella naturalezza con cui vivono lo sport

Il grosso errore è valutare il presente volendolo uguale al passato. Al massimo, a essere davvero bravi, si può ridisegnare il presente senza dimenticare il passato. Lasciarlo invece in mano agli interessi particolari significa non avere una progettualità e tantomeno il controllo della situazione.

L’interesse di chi?

La tecnologia serve, ma non è tutto. Anche parlando di posizione in sella, si è capito nei giorni scorsi che i sistemi di posizionamento sono utili, ma l’osservazione dell’atleta lo è di più. Se di questo è consapevole chi gestisce la formazione degli atleti più giovani e permette loro di crescere ascoltando la testa prima che i suoi stessi ordini, l’approccio con le loro carriere sarà di vera consapevolezza.

Per questo bisognerebbe stare attenti nel trasformare lo sport di base in un laboratorio al servizio del professionismo: ci sono anche altre esigenze. Gli interessi delle squadre (che puntano a monetizzare i punteggi dei propri talenti), gli interessi dei gruppi sportivi WorldTour (che fanno di tutto per accaparrarsi gli atleti migliori) e gli interessi degli agenti (che guadagnano sulla somma delle percentuali) non distolgano dall’interesse primario: quello del corridore.

Riparte dall’Australia anche Aleotti: talento italiano che corre alla Bora-Hansgrohe a metà fra gregariato e le sue chance
Riparte dall’Australia anche Aleotti: talento italiano che corre alla Bora a metà fra gregariato e le sue chance

Che siano destinati a vivere in un ciclismo romantico oppure matematico, il dato oggettivo che resta è uno solo: troppi passano, tanti smettono e altrettanti non hanno la carriera che avevano lasciato intuire. Villella è andato forte nell’italiana Liquigas, si è perso nelle squadre straniere in cui è andato dopo.

Il pretesto per cui ciò accade è il principio per cui sia giusto dare a tutti la possibilità di partire e di provarci. Guai pensare di porvi un freno. Ma ci siamo chiesti se davvero tutti siano pronti per riceverla o se ne abbiano davvero bisogno.

Ryder riparte dalla Q36.5: «Il WorldTour in 3 anni»

11.11.2022
6 min
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«Siete i primi con cui parlo del team da molto tempo, sin da quando l’avventura della Qhubeka si chiuse. Ci tenevo a farlo con voi». Douglas Ryder si era effettivamente un po’ eclissato dai microfoni e dai taccuini, dopo aver tentato fino all’ultimo di salvare il Team Qhubeka travolto dai debiti, ma già allora aveva chiara l’idea che quello non era uno stop definitivo, ma solo una pausa.

Ora la squadra con affiliazione svizzera del dirigente sudafricano è pronta, con un nuovo sponsor (Q36.5, un marchio di abbigliamento con sede a Bolzano), nuovi corridori e uno spirito rinfrancato.

Chiusa la carriera con i criterium in Asia, Nibali si dedica con molto impegno al suo ruolo nella Q36.5
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Quanto è stato difficile ripartire dopo la chiusura della squadra WorldTour?

Con il Covid e tutto ciò che è avvenuto in questi anni è stato difficile riavviare il discorso, pochi sponsor si sono avvicinati al ciclismo. Poi la guerra ha reso tutto ancor più arduo. E’ stato quasi un miracolo ripartire, abbiamo riportato indietro le lancette del tempo.

Tu non hai mai perso la speranza: che cosa ti ha dato la forza per andare avanti?

Non ho mai mollato, ho sempre vissuto con questo sogno, lavorando duramente per tradurre i nostri valori in un significato più grande perché il team è uno strumento per trasmettere qualcosa. Quando ho trovato Q36.5 è stato un grande colpo e so che è un rapporto che andrà sviluppandosi di continuo, ma è già incredibile dove siamo arrivati e questo mi rende molto felice.

Il tuo team ora ha nuove basi e nuovi sponsor: con il progetto umanitario della Qhubeka sei rimasto comunque coinvolto?

Certamente, Qhubeka resta una parte importante del progetto. Non siamo una squadra come le altre, siamo parte di un progetto più grande teso alla comunità, alla solidarietà sociale. Un progetto che riguarda i bambini di tutta l’Africa. Per me il team è sempre stato parte di qualcosa di più grande, per questo la sua fine fu un grande dolore, perché tante persone facevano e fanno affidamento su di noi. Questo però mi ha dato ogni giorno la forza di alzarmi e lavorare. Credo che questa ripartenza abbia un grande significato e trasmetta speranza.

Carl Fredrik Hagen, norvegese di 31 anni sarà l’uomo di punta per alcune corse a tappe
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Ripartire è sempre difficile: con quali presupposti hai costruito la squadra?

Innanzitutto sullo spirito con il quale tutto iniziò 10 anni fa, attraverso 3 anni di avvio e 6 nel WorldTour. Sono convinto che l’esperienza ci aiuterà a ripeterci e a migliorarci, sempre basandoci su quei valori che ci hanno permesso di rimetterci in piedi. Sapendo quel che abbiamo passato possiamo ricreare un qualcosa di cui essere orgogliosi.

Missaglia e altri nello staff con cui avevi già lavorato: hai scelto loro per ricreare lo spirito di gruppo che esisteva nella Qhubeka?

Sì, perché so che in quei 10 anni ho avuto al mio fianco le persone migliori di ogni campo, dai direttori sportivi, agli autisti dei pullman, chef, addetti stampa. Per me tutti sono essenziali nel progetto. C’è voluto tempo per ricostruire lo staff ma era un passo fondamentale perché sanno come fare. Per me è un privilegio lavorare con loro.

Quanto è importante avere Nibali nel tuo team dirigenziale?

Nibali come consulente strategico ci consente di parlare di molte cose: allenamento, preparazione, scelta dei corridori, programmazione… E’ un valore aggiunto che fa la differenza anche per dare motivazione ai corridori. E’ un vantaggio rispetto a quel che eravamo, indubbiamente.

L’esperienza di Gianluca Brambilla sarà fondamentale nel cementare le basi del team
L’esperienza di Gianluca Brambilla sarà fondamentale nel cementare le basi del team
Ci sono corridori di 13 Paesi, ma il gruppo base è italiano: perché questa scelta?

Abbiamo sempre avuto successo con gli italiani, vedi Battistella iridato U23 quand’era nel team continental o i successi di Nizzolo. C’è sempre stata un’influenza italiana e questo ha fatto la differenza. Che non ci sia un team italiano nel WorldTour è triste, è come se nella Formula Uno mancasse la Ferrari. Il ciclismo italiano è forte ed è bello averne parte nel team. Ne ho parlato con Moschetti e Brambilla, che sono motivati a trasmettere le loro esperienze agli altri. Abbiamo un buon gruppo e gli italiani si sono tutti impegnati a farlo crescere.

Hai già un’idea sui ruoli di ognuno?

Sì, ho un’idea precisa su ognuno dei 23 corridori, ma molto dipenderà dal calendario che andremo a fare. Abbiamo velocisti di peso come Moschetti e Sajnok, per le gare a tappe punteremo su Donovan e Hagen. Per le classiche avremo l’esperienza di Devriendt e Ludvigsson. Abbiamo focalizzato gli uomini in base a diverse aree, ogni gara andrà corsa col fuoco dentro. Speriamo di ottenere qualche successo, ma l’importante sarà dimostrare quell’unità che è la base per una squadra a lungo termine.

Per Moschetti l’approdo in Q36.5 non è solo occasione di rilancio, ma modo per essere un riferimento
Per Moschetti l’approdo in Q36.5 non è solo occasione di rilancio, ma modo per essere un riferimento
Che calendario farete?

Sto parlando con molte persone per stilare un programma, ma non è facile perché l’Uci non ha dato risposte chiare e molti organizzatori aspettano a diramare gli inviti. Dovremmo comunque iniziare dalla Spagna e poi correre molto in primavera fra Belgio e Olanda. Non nascondo che mi piacerebbe avere l’invito per un grande Giro, ma intanto ci concentriamo sui primi 3 mesi pensando a iniziare bene.

Pensi sia possibile crescere fino ad arrivare al WorldTour o è presto per parlarne?

E’ presto, ma sicuramente è l’obiettivo a lungo termine, per questo dobbiamo far bene le cose fin da subito e programmare ogni anno in modo da fare sempre passi avanti e non indietro. Fra tre anni dovremo essere fra le migliori professional e a quel punto ottenere la licenza WT.

Su Sajnok, Ryder conta molto per le volate nelle corse a tappe
Su Sajnok, Ryder conta molto per le volate nelle corse a tappe
La continental rimane?

Resterà perché è un tutt’uno con il team professional, anche dal punto di vista del rendiconto economico. Noi vogliamo un team U23 da cui prendere i più meritevoli per far fare loro qualche esperienza nel team principale e viceversa avere un team continental che possa anche far ripartire chi magari è infortunato in maniera più soft. Seguiremo con attenzione il team U23, farà un calendario appropriato compreso il Giro d’Italia U23.

Cosa ti renderebbe soddisfatto dopo la prima stagione?

Vorrei che vincessimo una manciata di gare, diciamo da 6 a 10, ma correndo sempre come una squadra, con un gruppo solido e con prestazioni valide e costanti nel tempo. Dobbiamo far vedere che ci siamo e siamo competitivi sempre mostrando gli sponsor e progredendo. Io sono convinto che con il passato che abbiamo alle spalle ci riusciremo.

Lo Squalo e Santino, prove di Cape Epic sull’Etna

01.11.2022
5 min
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Quando l’altro giorno Mirko Pirazzoli ha parlato dell’avventura di Nibali alla Cape Epic, la gara a tappe sudafricana di marzo che si corre a coppie, ha fatto un velato riferimento al suo compagno di squadra. Si è molto fantasticato su chi sarà e qualcuno a un certo punto sparò la notizia che si trattasse di Aru, salvo essere prontamente smentito. Infatti l’onore e l’onere toccheranno a Ivan “Santino” Santaromita, che da quando l’ha saputo ha prima sudato freddo e poi si è rimboccato le maniche.

«Parlai con Vincenzo a luglio per illustrargli il nostro progetto – racconta il varesino – e lui tirò fuori questa cosa della Cape Epic. E’ una bella avventura. E a quel punto il mio capo, Luigi Bergamo, ha proposto che la facessimo insieme. Entrambi campioni italiani, compagni di squadra alla Liquigas e di allenamento, la stessa azienda…».

Lo Squalo e Santino: sino a fine 2022, Nibali è sotto contratto con l’Astana (foto Q36.5)
Lo Squalo e Santino: sino a fine 2022, Nibali è sotto contratto con l’Astana (foto Q36.5)

Test in Andalucia

Un passo indietro, per capire meglio. “Santino”, campione italiano nel 2013 quando vestiva ancora la maglia della BMC, è una figura chiave nell’ambito di Q36.5, l’azienda altoatesina di Luigi Bergamo che produce abbigliamento e calzature per il ciclismo e ha fra i suoi primi testimonial anche Daniele Bennati. Dal prossimo anno, il marchio bolzanino darà il nome al team professional, guidato da Douglas Ryder, nel quale Nibali è consulente.

«Sulla squadra – spiega Santaromita – si sta convogliando l’impegno di tutti. Io mi muovo sul fronte dell’abbigliamento. Abbiamo preso le misure ai corridori e parallelamente sono di supporto per Vincenzo. L’idea della Cape Epic anni fa l’avevo avuta anche io. Se ne parlava tra amici e appena si è presentata l’occasione, non mi sono tirato indietro. Ho 38 anni, se non vado adesso, quando la faccio? L’approccio è fare meno fatica, ma ugualmente bisognerà impegnarsi. Non si va con lo stress di vincere, ma lo conoscete Vincenzo, no? Così adesso si sta ragionando di fare la Andalucia Bike Race a febbraio per trovare il ritmo giusto…».

All’alba sull’Etna

I due sono stati avvistati a orari impossibili sui sentieri dell’Etna e in giro per la Sicilia (foto Q36.5 in apertura). Vedere Nibali operativo alle prime luci dell’alba è qualcosa di inedito, infatti Santino sorride e con una battuta dice che anche questa volta è lui a dargli il ritmo, dopo gli anni a fare l’andatura in testa al gruppo.

«Dopo i premi della Gazzetta a Palermo – racconta – siamo stati a Belpasso ai piedi dell’Etna, poi a Patti. Avevamo da fare foto per la prossima stagione e nel mezzo, prima che Vincenzo partisse per Singapore (dove sta disputando i circuiti del Tour, ndr), c’è scappata anche qualche pedalata sull’Etna. Lui vorrà fare bene, anche perché in mountain bike c’è sempre andato. Avremo bici Scott, con lo stesso setup di Nino Schurter. Quanto alle divise, non so se ne faremo di speciali o se useremo quelle della squadra. Anche lo staff è da capire. Non so se ci seguirà Michele Pallini, è tutto da decidere. Mentre sul fronte tecnico avremo assistenza da parte di Scott. Mancano cinque mesi e considerando che ho smesso a fine 2019, ho 150 giorni per recuperare tre anni».

Inizia la preparazione

I due sono coetanei, entrambi del 1984, però Nibali ha appena smesso ed ha ancora un ottimo livello. Agonista com’è e motivato dalla sfida offroad, potrebbe riversare sulla preparazione della Cape Epic l’agonismo che finirà col mancargli nei primi mesi dell’anno.

«Io intanto mi sto portando avanti – sorride Santaromita – ho ricominciato ad allenarmi in pausa pranzo e nei weekend. Il feeling fra noi c’è, ma correre a coppie è un’altra cosa. Per fortuna abitiamo a 20 chilometri, quindi potremo allenarci insieme. Lui adesso è a Singapore, ma quando sarà tornato, ci sarà da ragionare di preparazione. Anche di fare palestra per la parte superiore del corpo. Perché il mal di gambe lo conosciamo, ma in mountain bike il male maggiore lo fanno le braccia e la schiena. Su strada nelle discese puoi un po’ rilassarti, qua ci sarà da raddoppiare la concentrazione. Saranno 8 giorni di gara, un mondo nuovo per entrambi. Lo spirito c’è. Per questo preferisco non guardare troppo il percorso. Ci sono tappe oltre i 100 chilometri. Stress o non stress, ci sarà da sudare…».