«Ho sentito parecchie volte il nome del nuovo Merckx, ma stavolta mi sa che l’abbiamo trovato davvero. Lui – dice il grande Eddy indicando Pogacar con lo sguardo – lo è per quello che ha fatto e che può fare. La prima volta che mi impressionò fu alla Vuelta di due anni fa. Fece una fuga di 35 chilometri con tutta la Movistar dietro che lo inseguiva e arrivò da solo. Poteva aver vinto la Liegi già lo scorso anno…».
Il nuovo Merckx
Pogacar arrossisce, un po’ fedele al copione e un po’ perché sedere accanto a Eddy Merckx che per la prima volta valuta l’ipotesi di passare lo scettro, provoca imbarazzo. Mattina di sole a Sorgà, presso Ciclostar, concept store Dmt nella pianura tra Verona e Mantova.
I due cannibali, 76 e 22 anni, sono riuniti nella stessa stanza e ieri hanno anche cenato insieme. L’idea di metterli insieme è notevole, anche se il giovane sloveno rifugge i paragoni. Eddy è serio, Tadej sembra in soggezione.
«Davvero – dice – non capisco perché si debbano fare certi paragoni. Perché devo essere il nuovo di un altro quando posso essere semplicemente me stesso?».
«Quando arrivai io – fa eco Merckx – si misero a parlare del nuovo Van Looy. Poi del nuovo Anquetil. Non mi ha mai dato fastidio, la stampa fa il suo lavoro…».
POGACAR: «Non è mai tutto facile, sulla bici soffro anche io, soprattutto quando vado via da solo. Poi ci sono i giorni magici come a Le Grand Bornand. Sono partito con pochi secondi. Spingevo regolare e a un certo punto ho cominciato a sentire che avevo un minuto, poi due, tre, quattro… Di solito divido la strada in settori intermedi per restare concentrato, con il mal di gambe e un po’ il divertimento. Al Lombardia, in mezzo a tutto quel pubblico sull’ultima salita, ho pensato che fosse una figata. Poi la gente è finita e ho cominciato a sentire la stanchezza. Nella discesa è stato un mix fra divertimento e adrenalina, perché sapevo di giocarmi la vittoria».
MERCKX: «Quello che posso consigliarti è di tenere sempre i piedi per terra. Ogni anno dovrai dimostrare un po’ di più quello che vali. Lui lo sa benissimo – dice guardando verso la platea – e se rimane com’è, potrà vincere tante altre corse. Ha 22 anni, arriverà col tempo. Un giorno andrà anche al Giro d’Italia per vincerlo, senz’altro. Sono sicuro che lui il Giro lo vincerà».
POGACAR: «Tante altre corse, ma di sicuro non la Sanremo. Vincerla per sette volte come ha fatto Eddy è incredibile. Ma francamente non penso a cosa potrò ambire in futuro. Ogni corridore vuole vincere il più possibile, così anche io cerco di fare del mio meglio, lottando su ogni traguardo. Sarebbe divertente se continuasse sempre così, ma potrei anche avere un anno difficile. Anche io ho giornate negative. A Tokyo avrei preferito un’altra medaglia, la maglia iridata è la più bella e mi manca. Anche la maglia rosa».
MERCKX: «Tutti hanno dei punti deboli. Ma se ci sono carattere, mentalità giusta e voglia di fare la professione, non c’è crisi che tenga. E’ il migliore della sua generazione, la gente guarda le sue imprese. E forse era così anche per me. Oggi mi sento una persona normale che ha fatto una professione del suo hobby. Adesso però sono in pensione, mi godo i nipoti, che sono la cosa più importante».
POGACAR .«Anche io dopo il 24 conto di godermi un po’ la famiglia. Fino ad allora avrò impegni e il primo ritiro della squadra. Magari già con i compagni giocheremo un po’ a calcio, ci divertiremo. Per un po’ niente bici e loro saranno contenti. Di solito mi alleno forte o più forte, capisco che a volte li metto in difficoltà».
La sintesi di Cipollini
La sintesi la fa Cipollini, sbucato a sorpresa da dietro le quinte e restio a mettersi accanto ai due campioni.
«Non c’entro niente con loro due – dice – c’è una bella differenza tra vincere le volate e staccare tutti in salita. Come possiamo spiegare due fenomeni del genere? La natura a volte crea cose straordinarie. Loro sono degli eletti, cui la genetica permette di fare cose fuori dal comune. Se si abbina questo alla forza mentale, si capisce che non hanno limiti. Basta guardare i loro occhi quando gareggiano, lo vedi che cercano sempre un obiettivo davanti…».
La previsione di Merckx
Chiusura migliore non poteva esserci. Pogacar si ferma a parlare d’altro, prima di andare via con Alex Carera ed Andrea Noè che l’hanno accompagnato. Mentre Merckx fa per salire su un’auto dell’azienda. Il gruppo si disperde, per alcuni la stagione è agli sgoccioli. Per Pogacar è finita, dopo 60 giorni di corsa, la Tirreno, la Liegi, il Tour e il Lombardia.
«Perché dovrebbe durare poco?», dice Merckx prima di chiudere lo sportello: «Corre meno di quanto corressimo noi, che per guadagnare di più eravamo costretti a fare anche 100 corse all’anno. Lui è ben allenato, ha tutto per gestire il recupero. Non so come andrà la storia, ma almeno per questo non vedo grossi motivi di preoccupazione. Smetterà quando si sarà stancato di vincere…».