La prima vittoria 2023, Ciccone l’aveva immaginata così

08.02.2023
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L’aveva vista, immaginata e provata. Quando Giulio Ciccone è uscito dall’ultima curva sull’Alto de Pinos, sapeva che la vittoria non poteva scappargli. Così ha sprintato da dietro e ha battuto Tao Geoghegan Hart, Pello Bilbao e Vlasov nella seconda tappa della Vuelta Valenciana.

«Mi sentivo bene – racconta – e soprattutto conoscevo bene la salita finale. Oddio, non ero l’unico (sorride, ndr), perché d’inverno ci alleniamo tutti lì. Io c’ero stato fino a due giorni prima a fare dei lavori e me l’ero immaginata. Sapevo che dovevo uscire per secondo dalla curva, me l’ero studiata. Non sempre va come te la immagini, però quel giorno ha funzionato. Non sapevo il numero esatto di quanti corridori ci sarebbero stati davanti, però il finale a quel modo, in testa mia lo avevo già visto».

Ciccone ha corso per tre tappe con la maglia gialla di leader sulle spalle. Qui a ruota di Vlasov
Ciccone ha corso per tre tappe con la maglia gialla di leader sulle spalle. Qui a ruota di Vlasov
A Calpe avevi preannunciato che avresti corso più libero…

Lo avevo detto, no? Non avevo mai vinto così presto, anche Laigueglia e la tappa dell’Haut Var sono state dopo. Ho fatto un inverno diverso dal solito, sia a livello di approccio mentale, sia tecnico. Ho stravolto le mie abitudini, ho lavorato di più e soprattutto, cosa fondamentale, mi sono allenato senza intoppi. Ti ammali e perdi una settimana. Se poi ti succede qualcos’altro ne perdi un’altra. Io per fortuna non ho avuto intoppi e questo ha fatto tanto.

Avevi anche parlato di correre nuovamente d’istinto.

Vero, anche se stavolta l’istinto è stato un po’… attendista. Mi sono trattenuto dall’andare da subito ed è stato giusto così. E’ normale che in certe situazioni, in cui magari conosci il finale, ti venga da aspettare. L’istinto un po’ più cattivo e ignorante (ride, ndr), quello viene fuori sempre nelle tappe del Giro, quando arriva il momento di andare in fuga.

Ultima tappa: Ciccone li ha controllati tutti, ma gli è sfuggito Rui Costa, che vince la classifica
Ultima tappa: Ciccone li ha controllati tutti, ma gli è sfuggito Rui Costa, che vince la classifica
Quanto è stato stressante difendere la maglia?

Niente di particolare. Alla fine, nelle corse così brevi vai sempre a tutta. Non c’è un giorno, come nei grandi Giri, in cui puoi stare più tranquillo. Si sapeva che ci sarebbero stati ancora tre giorni a tutta: uno più a tutta dell’altro. Sapevo che stavo bene, quindi me la sono… goduta. Il giorno dopo aver vinto, ho rischiato un po’ perché ho avuto una foratura a 10 chilometri dall’arrivo e sono arrivato con la ruota forata grazie ai tubeless. Lì ho un po’ tentennato (ride, ndr). Un altro giorno sono arrivato terzo e alla fine è stata bella anche l’ultima tappa.

Anche se Rui Costa ti ha fatto lo scherzetto e ha vinto la corsa?

Alla fine non sento di aver fatto errori particolari. Le gambe sono due, gli occhi sono due, quindi non puoi avere tutto sotto controllo. E in quel momento nei miei schemi c’era di guardare il secondo o il terzo della generale, i più vicini. Non il sesto. Però è vero che Rui Costa aveva vinto già la prima corsa a Mallorca ed è ripartito sui suoi livelli migliori. 

Rui Costa lo ha beffato: il portoghese sembra aver ritrovato smalto dopo gli anni alla UAE Emirates
Rui Costa lo ha beffato: il portoghese sembra aver ritrovato smalto dopo gli anni alla UAE Emirates
Intanto l’Italia è ripartita con quattro vittorie in tre giorni.

Non sono mai stato dell’idea che qui non ci siano buoni corridori. E’ ovvio che se uno guarda agli anni dietro, quando si vincevano sempre i grandi Giri e i mondiali erano una partita fra italiani, allora pensi che siamo messi male. Però sappiamo che il ciclismo moderno è totalmente diverso. Ovvio, ci mancano un Pogacar e un Evenepoel, però abbiamo una generazione di atleti con cui secondo me siamo messi molto bene.

Prossime gare?

La prossima sarà l’Haut Var, poi Laigueglia e la Tirreno, quindi per ora dovrei rimanere a casa. Il problema è che a San Marino il tempo non è dei migliori, quindi stavo valutando con la squadra come organizzarmi. E’ possibile che torni al caldo da qualche parte, sono stato già un mese in Spagna, sono qui da due giorni e mi sa che riparto presto. 

Sul podio finale di Valencia, Ciccone per 16″ alle spalle di Rui Costa. Terzo Geoghegan Hart
Sul podio finale di Valencia, Ciccone per 16″ alle spalle di Rui Costa. Terzo Geoghegan Hart
Quanto morale ti ha dato la vittoria?

Quando lavori tanto e poi raccogli i risultati, stai sempre bene. E’ una bella ricompensa. Partire così ti permette di continuare, sapendo che sei sulla strada giusta. E poi fra poco arrivano le corse più belle. Già la Tirreno sarà un primo vero test, peccato per quella crono il primo giorno. La classifica non sarà una priorità, la vedremo dopo la prima tappa. Con dei percorsi così belli nei giorni successivi e la mia buona condizione, sinceramente non vorrei sacrificare una vittoria di tappa per provare a tenere duro. Se la classifica verrà, sarà una conseguenza dei risultati.

Medie sempre più alte? Risponde Slongo

31.01.2023
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Partiamo subito togliendo ogni dubbio. Una risposta chiara e secca a questa domanda non esiste. Dal 2001 ad oggi le medie si sono alzate in maniera costante in tutte le corse. Per approfondire questo argomento che fa balzare subito all’occhio l’interrogativo, Paolo Slongo preparatore della Trek-Segafredo, ci ha dato una mano per trovare una chiave di lettura. 

Forse una risposta semplice c’è. Ed è racchiusa in un pugno di variabili che paradossalmente ampliano il discorso su innumerevoli settori. A partire dallo sviluppo della tecnologia e dei materiali, fino all’aerodinamica dell’abbigliamento. E ancora, l’interpretazione delle corse e i percorsi in sé.

Banalizziamo il concetto, perché si va più forte?

Le considerazioni principali che faccio sono due. La prima, riguarda i materiali sempre più innovativi e performanti compreso l’abbigliamento che fino a qualche tempo fa non si curava. L’aerodinamica la si guardava solo sulle bici da crono, mentre adesso viene curata anche nel vestiario da strada, nel suo pacchetto completo. 

La seconda motivazione?

Negli ultimi anni il ciclismo è cambiato anche a livello di strategie di gara. Una volta quando andava via la fuga, il gruppo era più tranquillo e si organizzava con più calma. Adesso invece con i corridori sempre più preparati, si parte quasi come nei dilettanti. Quindi, medie alte fin da subito che poi vengono mantenute per tutta la corsa. 

C’era più tranquillità nella gestione della corsa…

La prima parte era sempre tranquilla, poi nella seconda parte ci si organizzava per aumentare il ritmo e vivacizzare la corsa. Nel ciclismo moderno, tante volte si fa fatica ad andare a chiudere sulla fuga. Se non ci si organizza per tempo e non la si tiene dentro i tre minuti si fa fatica a colmare il gap. 

Mads Pedersen in Norvegia durante una fase di test (@tyler wiles Trek)
Mads Pedersen in Norvegia durante una fase di test (@tyler Wiles Trek)
Le medie hanno cambiato anche il modo di prepararsi o è viceversa?

Per quanto riguarda la preparazione se io guardo neanche a troppi anni fa, ne bastano dieci, magari le squadre davano un po’ più di privilegio ai capitani. Lasciavano anche un po’ più tranquilli i gregari di fiducia per dare un’ulteriore copertura agli uomini di punta. Invece adesso è quasi uguale per tutti. Si va con l’intero roster a tutti i ritiri. Il livello generale si è alzato. Tutti curano l’alimentazione. Il gap tra gregari e capitani si è ridotto molto ma rimangono alcune differenze. Questo è un altro motivo che spinge le dinamiche di corsa ad essere sempre più competitive. Tante ore in fila indiana con i fuggitivi che non mollano un centimetro. 

Poi ci sono i velocisti che non si lasciano più scappare certe occasioni…

C’è molta attenzione da parte loro e delle rispettive squadre. Nei grandi Giri le volate si contano sulle dita di una mano e non se le fanno più scappare. Si cerca di controllare la corsa con medie alte e arrivare allo sprint compatti per concretizzare tutto il lavoro di giornata. 

Torniamo ai materiali, quali sono le svolte tecniche più incisive?

Le aziende in passato avevano un modello di bici. Altamente performante ma con caratteristiche ben definite e orientate. Adesso si ha la bici specifica per la pianura e quella progettata per la salita. Tutte le squadre vantano questo tipo di possibilità. Noi abbiamo la Madone, più filante, e l’Emonda, per le salite. Vengono quindi esaltate le caratteristiche in base al percorso. Ne beneficia tutto quello che abbiamo detto, riassumibile in velocità più alte. 

Il tubeless sta venendo sempre più utilizzato dai pro’ per scorrevolezza e affidabilità
Il tubeless sta venendo sempre più utilizzato dai pro’ per scorrevolezza e affidabilità
Per quanto riguarda le coperture?

Si studia tanto la scorrevolezza. I tubeless sono più performanti, affidabili e hanno una resistenza al rotolamento molto bassa. Una volta invece il concetto era contrario, tubolari con sezioni più strette. 

Hai citato l’abbigliamento, in che modo agevolano le alte velocità?

Fino a qualche anno fa l’abbigliamento era classico, pantaloncino e maglietta. Abbiamo tutti negli occhi le immagini di atleti con pieghe e piccole alette di tessuto causate da vestibilità non ancora estremizzate. Oggi si parte quasi tutti con il body, numero integrato e tessuti ingegnerizzati per avere un Rx basso. Il concetto della cronometro è quasi normalizzato anche per le corse in linea. Questo aiuta senza ombra di dubbio. 

Anche i caschi rientrano in questo discorso?

Certo, i caschi sono un altro dettaglio. Una volta c’era casco da strada e casco da crono. Adesso si ha quello da prova contro il tempo, poi uno per gli sprint più chiuso e aerodinamico e quello per le salite, più areato e leggero. Ulteriori dettagli che portano ai tanto nominati marginal gains. Due watt di là, due watt di qua, la somma finale porta ad avere un’ulteriore differenza. 

I test in galleria del vento sono sempre più ricorrenti per: bici, abbigliamento e materiali
I test in galleria del vento sono sempre più ricorrenti per: bici, abbigliamento e materiali
Anche la posizione in sella è un altro fattore?

La posizione in sella è forse ciò che riassume l’aspetto biomeccanico generale. Dalla posizione negli sprint alla continua ricerca della linea più aerodinamica. Questo incremento delle medie rappresenta la somma di tutto questo e dell’innalzamento del livello generale dove è sempre più difficile emergere con costanza. 

I percorsi sembra paradossale ma non incidono così tanto visto che ultimamente si parla di grandi Giri sempre più duri…

E’ normale che un Giro sia più facile e uno più duro. In quello che vinse Nibali nel 2013 dove pioveva e nevicava spesso si avevano medie più basse, ma l’aumento complessivo è stato così costante da escludere un’incidenza determinante da parte dei percorsi. 

Insomma, un insieme di variabili che portano tutte all’innalzamento delle medie?

La ricerca della performance in un ciclismo come quello che stiamo vivendo oggi, deriva dalla ricerca del dettaglio. Si cura l’allenamento e l’alimentazione e poi ci si dedica anche agli aspetti più meccanici. La media è un dato che conferma il lavoro e l’impegno rivolto al miglioramento di questa disciplina.

Tesfatsion: una crescita con passi piccoli, ma decisi

30.01.2023
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Tra le piacevoli novità del 2023 c’è il passaggio di Natnael Tesfatsion alla Trek-Segafredo. L’eritreo dopo un periodo di apprendistato tra continental e professional ha fatto il salto nel mondo dei grandi. Ha ventitré anni e con la WorldTour americana ha esordito in Australia al Santos Tour Down Under con un buon sesto posto nella terza tappa. La crescita di “Natalino”, così soprannominato nel suo periodo italiano, prosegue e la curiosità di sapere cosa hanno visto in lui alla Trek si fa forte

Al Tour Down Under è avvenuto l’esordio ufficiale in maglia Trek Segafredo per “Natalino”
Al Tour Down Under è avvenuto l’esordio ufficiale in maglia Trek Segafredo per “Natalino”

Seguito da tempo

Alziamo il telefono e dall’altra parte risponde Josu Larrazabal, capo del team performance alla Trek. E lui, nonostante il nome ispanico, risponde in perfetto italiano.

«Natnael – inizia a raccontare da un bar poco fuori Madrid – ha delle grandi caratteristiche, lo seguiamo da quando era nel Team Qhubeka. Da tempo Luca (Guercilena, ndr) lo aveva nel mirino. Al primo anno in Androni l’interesse era forte, ma probabilmente era ancora presto, Tesfatsion aveva bisogno di un altro anno in una professional per crescere e maturare. L’Androni per fare ciò è davvero un’ottima squadra che crea le condizioni ideali per far crescere i corridori promettenti. Tesfatsion con loro ha avuto occasione anche di correre in gare WorldTour come il Giro d’Italia, facendo vedere ottime cose. Le fughe nelle quali è entrato, solo per fare un esempio, sono state di qualità, di quelle che serve gamba per acchiapparle».

Ad inizio 2022 Natnael Tesfatsion ha vinto il suo secondo Tour of Rwanda, il primo era arrivato due anni prima
Ad inizio 2022 Natnael Tesfatsion ha vinto il suo secondo Tour of Rwanda, il primo era arrivato due anni prima

L’esordio australiano

La prima corsa disputata da Tesfatsion in maglia Trek è stato, come detto in precedenza, il Tour Down Under. Gara WorldTour con un parterre di corridori di qualità, un “battesimo di fuoco” potremmo dire. 

«Ha fatto sesto in una tappa – continua a raccontare Larrazabal – non avrà bisogno di un grande adattamento, visto anche il percorso fatto gli anni prima. Il risultato ci ha quasi sorpreso, perché il suo inverno non è stato calibrato per essere competitivo fin dalla prima gara. L’obiettivo è quello di una crescita graduale per arrivare pronto alle prossime gare».

Per il coach della Trek la volata in cima al Monte Grappa all’AIR è l’esempio dell’esplosività di Tesfatsion
Per il coach della Trek la volata in cima al Monte Grappa all’AIR è l’esempio dell’esplosività di Tesfatsion

Crescita costante

In queste righe Josu ci dice una frase importante: «Quasi sorpreso» come mai quel “quasi”. Cosa ha visto il preparatore?

«E’ una scalatore con una grande motore e una resistenza elevata. Inoltre, ha anche un buono spunto veloce, una cosa che nel ciclismo moderno è utile. Il livello generale si è alzato anche in salita e fare la differenza sul passo è difficile. Anche per queste sue caratteristiche è stato giusto lasciarlo alla Drone Hopper un anno in più. Lo spunto veloce è una qualità che deve essere sempre allenata, altrimenti si perde, e puoi farlo al meglio solamente in gara».

Natnael è arrivato in Italia con il Team Qhubeka grazie a Daniele Neri
Natnael è arrivato in Italia con il Team Qhubeka grazie a Daniele Neri

Le prime impressioni

Nel ritiro invernale la Trek ha avuto modo di testare i suoi corridori, un lavoro importante soprattutto per i ragazzi nuovi. Così da poterli inquadrare.

«Non c’è nulla di più importante di un test – continua Josu – ad inizio stagione e dei risultati che ne derivano. I test indoor fatti a Tesfatsion hanno confermato un grande potenziale. Quando poi lo abbiamo messo in strada si è vista anche la cattiveria agonistica, ha una grande voglia di fare. Negli allenamenti con situazioni di “picco” o delle mini gare faceva il massimo per vincerle e a volte ci riusciva anche. La strada toglie subito i dubbi, non c’è storia. Natnael ha un carattere forte e lo ha portato subito in squadra, si è integrato immediatamente».

Josu Larrazabal, tecnico basco della Trek-Segafredo ha avuto buone impressioni sull’eritreo (foto Jamie L. Forrest)
Josu Larrazabal, tecnico basco della Trek-Segafredo ha avuto buone impressioni sull’eritreo (foto Jamie L. Forrest)

Con il freno tirato

Le aspettative sono alte per il corridore eritreo, ma la crescita e l’apprendimento non sono ancora finiti. Questa prima stagione alla Trek-Segafredo gli servirà per imparare ancora molto. 

«E’ vero – dice – non bisogna dimenticare che è al suo primo anno nel WorldTour, dovrà imparare. I meccanismi sono diversi sia in gara che in gruppo. Lui arriva da una squadra nella quale aveva libertà di fare: anche qui avrà le sue chance, ma ci saranno delle corse nelle quali sarà di supporto al capitano. Fa parte del processo di crescita, perché quando si troverà a dover gestire la squadra, sarà stato utile aver vissuto prima il ruolo da gregario. Nelle corse minori, quelle del calendario italiano, che già conosce, potrà avere delle occasioni».

Con il passaggio nel WorldTour, Tesfatsion sarà chiamato ad un altro step nella sua crescita
Con il passaggio nel WorldTour, Tesfatsion sarà chiamato ad un altro step nella sua crescita

Il ruolo del preparatore

Come si approccia un preparatore ad un corridore del genere? In che modo lo aiuta a crescere e migliorare?

«Noi allenatori – spiega Larrazabal – dovremo essere bravi a lavorare e farlo salire gradino per gradino. Il motore Natnael ce l’ha, ma bisogna incrementare la capacità di carico, è tutto parte del processo di maturazione. Quando sei in una continental fai 15.000 chilometri all’anno, da professional 25.000 e nel WorldTour 30.000. Anche le corse e i focus cambiano, alla Drone Hopper dopo il Giro d’Italia ha corso l’Adriatica Ionica e il campionato nazionale. Qui da noi il calendario è più intenso, dopo la corsa rosa arrivano il Delfinato o il Giro di Svizzera, si ha un incremento considerevole ed i giovani a volte questa cosa tendono a sottovalutarla.

«Le caratteristiche fisiche ed atletiche di Tesfatsion – conclude sorseggiando il caffè – gli permettono di essere un corridore da corse di un giorno. Le corse delle Ardenne sono gare nelle sue corde, come quelle del calendario italiano: un esempio è il Giro dell’Appennino dove ha fatto secondo nel 2022. Però anche in questo caso bisogna andare con i piedi di piombo. Tesfatsion ha una buonissima resistenza, ma va comunque allenata, sia per quel che riguarda le grandi distanze, come le corse da 250 chilometri. Tuttavia va allenata anche quella che è la capacità di fare fatica per più giorni consecutivi. Di Natnael siamo soddisfatti, crescerà e si farà vedere».

Simmons fa piangere Richeze: una botta secca e via

25.01.2023
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Avevano pensato lo stesso attacco, ma Simmons l’ha fatto prima e ha vinto. Richeze è passato dietro con la testa bassa. E quando lo abbiamo visto venirci incontro, piangeva. Sarebbe stata la vittoria in casa nella corsa di fine carriera, avrebbe avuto un gran sapore.

La terza tappa della Vuelta a San Juan si è conclusa all’interno del Circuito Villicum, con pubblico sugli spalti e un finale thrilling. Stava tutto a entrare in testa nell’ultima curva e da lì fiondarsi sul traguardo, anticipando i velocisti e i loro treni.

Il piano di Baffi

«Abbiamo realizzato quello che avevamo pensato ieri sera e ribadito stamattina. A volte si fanno mille piani, ma quando riescono c’è grande soddisfazione».

Adriano Baffi parla con motivato orgoglio, mentre Simmons dal palco saluta e alle spalle del tecnico della Trek-Segafredo Cataldo, Vacek e Aberasturi ripassano la tattica messa perfettamente in atto.

«E’ caduto nella prima tappa – ricorda Baffi – ma gli ho detto di far finta che non ci fosse mai stata. E’ come se ieri avessimo ricominciato ed è venuto il terzo posto. Oggi abbiamo vinto. Il ragazzo aveva qualità quando è arrivato, sapevamo che le avesse ancora e adesso sta imparando il modo giusto di correre, meno impulsivo. Oggi doveva stare a ruota dei compagni fino al momento giusto e così è andata».

Baffi ha spiegato che quel tipo di attacco era stato studiato dalla sera prima
Baffi ha spiegato che quel tipo di attacco era stato studiato dalla sera prima

L’ultima curva

Venerdì si arriva sul Colorado, che gli ricorderà casa sua. Lui alla battuta sorride e incassa l’ennesima salva di complimenti. Quando lo incontrammo a Calpe disse che il fuoco per quest’anno sarebbe stato vincere, non importava come. C’è riuscito al terzo giorno.

«Avevamo parlato di questo finale – racconta l’americano dai capelli e la barba rossi – era la mia sola chance per vincere, non essendo un velocista. Mathias (Vacek, ndr) mi ha guidato alla perfezione a quell’ultima curva. La squadra oggi ha lavorato tutto il giorno per me, è persino facile fare un minuto di sforzo quando gli altri ti aiutano a questo modo. Baffi me l’ha detto di scordarmi del primo giorno e di tenere fede al piano. Mi ha infuso grande energia».

Richeze anticipato

Anche Richeze l’aveva cerchiata di rosso, sapendo di non avere il ritmo né le gambe per contrastare corridori più avanti di lui nella condizione.

«Non correvo da giugno – dice – e nonostante tutto, questo secondo posto ha un sapore amaro. Non sono in grado di fare uno sprint di gruppo con tutti gli altri, io uso il 54 e mi pare duro, loro usano il 56. Volevo attaccare, ne avevo parlato con Fernando (Gaviria, ndr). Sapevo che chi fosse partito per primo in quella curva, avrebbe preso il giusto vantaggio. Solo che mentre ero lì per partire, Simmons mi ha anticipato. Ha avuto più resistenza di me. Ho provato a uscire, ma non ho avuto le gambe per chiudere».

A Calpe, Simmons ci aveva confessato la sua voglia di vincere e ora è al settimo cielo
A Calpe, Simmons ci aveva confessato la sua voglia di vincere e ora è al settimo cielo

Colorado, casa sua

Baffi ha anche detto che con Simmons sono venuti guardando più lontano della singola tappa. E che uno come lui, che lo scorso anno alla Tirreno si fece in fuga il Carpegna, sull’Alto del Colorado potrebbe anche tenere duro.

«E’ una grande salita – sorride – e io peso 72 chili. Difficile per me tenere il passo dei colombiani, che sono più leggeri. In squadra c’è Vacek che potrebbe pensare alla classifica, ma è chiaro che arriveremo a quell’ultima salita molto vicini e io non mi farò indietro. Se arriveremo in cima in un gruppo ristretto, farò certamente lo sprint. Arrivo a casa mia, arriverò fino in cima (ridendo, ndr)».

Il messaggio di Cavendish

Mentre Richeze se ne va, la domanda un po’ perfida gliela facciamo. Avresti dedicato l’eventuale vittoria a Mark Cavendish?

«No – dice – per me è una cosa superata. Comunque mi ha scritto. Ha detto che non avrei dovuto parlare in giro e avrei dovuto prima sentire lui o il suo procuratore. Gli ho risposto che l’ho cercato per giorni e non ha mai risposto e che ho detto semplicemente la verità. Allora ha detto che dovrei avercela anche con Gaviria e Viviani che non mi hanno aiutato. Gli ho risposto che loro sono stati chiari dall’inizio, hanno detto che non riuscivano e comunque non sono stati loro a promettermi un posto in squadra. Lui non chiede scusa, ma va bene così. Se avessi vinto, non sarebbe stata per lui. Adesso faccio un giretto in bici, perché ho le gambe di legno. Domani potrebbe essere buona, se riesco a passare le salite. Potrei andare in fuga o pensare all’ultima tappa, vincendola come nel 2017. Sarebbe il modo migliore per concludere la carriera».

I pedali Time rientrano in gruppo con la Trek-Segafredo

12.01.2023
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I pedali Time tornano alla grande nel “circus” del massimo circuito del ciclismo professionistico – il WorldTour, sia maschile che femminile – in virtù di un nuovo accordo di fornitura e di sponsorizzazione pluriennale definito con il team Trek-Segafredo (foto apertura Ross Bell). 

Questa nuova ed interessante collaborazione rientra a pieno titolo nella più ampia partnership che Sram, la società proprietaria di Time, ha attivato con Trek: primo sponsor e fornitore delle bici e dei componenti al team di Luca Guercilena. Un accordo, quello definito tra Time ed il team Trek-Segafredo, che come anticipato in precedenza, segna il ritorno di questo iconico brand produttore di pedali nel contesto del grande ciclismo su strada.

Gli atleti e le atlete del team Trek-Segafredo utilizzeranno il modello top di gamma XPRO, sviluppato ed ingegnerizzato con il costante supporto e feedback di alcuni tra i migliori corridori professionisti in circolazione. I pedali da strada Time sono dotati di tecnologia ICLIC per un aggancio facile, una ridotta distanza fra suola e pedale, per avere così una migliore efficienza, e una piattaforma più ampia per trasferire meglio la potenza della pedalata. 

Time fornirà i pedali a tutte le squadre del team Trek-Segafredo (foto Ross Bell)
Time fornirà i pedali a tutte le squadre del team Trek-Segafredo (foto Ross Bell)

Tecnologia & performance

Forti di una grande e lunga storia in termini di innovazione tecnologica e di successi in campo agonistico, i pedali Time hanno costantemente affiancato il mondo delle corse del ciclismo professionistico dagli anni ’80 e fino al 2000, supportando imprese di campioni del calibro di Greg Lemond, Miguel Indurain, Marco Pantani e Tom Boonen

«Time è davvero orgogliosa di supportare per le prossime stagioni questa fortissima squadra WorldTour – ha dichiarato Benjamin Marinier, il product manager del brand – e tornare in tutte le gare più importanti rappresenta per noi un passo davvero molto importante. I nostri pedali sono estremamente competitivi, sotto molti punti di vista, considerandone il peso, l’aerodinamica, il comfort, la regolazione e il disegno. Non a caso, abbiamo speso molto tempo con gli atleti per poter fornire loro una piattaforma in grado di rispondere alle loro più specifiche esigenze».

Dopo molti anni Time torna in gruppo, un passo davvero importante per il brand
Dopo molti anni Time torna in gruppo, un passo davvero importante per il brand

«La scelta di rientrare con un competitivo team WorldTour – ha aggiunto Ken Lousberg, il CEO di Sram – è la dimostrazione migliore della qualità e delle performance che ci attendiamo da Time. Non vediamo l’ora di vedere fino a dove potrà spingersi il team Trek-Segafredo utilizzando quello che probabilmente viene considerato uno dei migliori sistemi di pedali al mondo».

SRAM

Si parte da Australia e Argentina: come cambia la preparazione?

08.01.2023
5 min
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Tra pochi giorni si riparte, la stagione 2023 inizierà, come non succedeva da due anni, dall’Australia e l’Argentina. Con il calendario che torna nuovamente a dimensioni pre-Covid cambiano, o meglio tornano, i vecchi sistemi di preparazione. Arrivare pronti a gennaio non è semplice, ce lo ha spiegato anche Ulissi presentandoci il Santos Tour Down Under. Come organizzano la preparazione le varie squadre, in che modo gli allenatori lavorano per ottimizzare i carichi di lavoro? Paolo Slongo, tecnico della Trek-Segafredo ci aiuta a comporre questo puzzle.

Al ritiro di Calpe a dicembre, Slongo con Elisa Longo Borghini, che segue da parecchi anni
Al ritiro di Calpe a dicembre, Slongo con Elisa Longo Borghini, che segue da parecchi anni

Obiettivi diversi

Ormai nel ciclismo si lavora per programmi, gettare delle basi fin dall’inverno è molto importante. D’altronde le case si costruiscono da fondamenta solide. 

«Il discorso ruota intorno a due punti – esordisce Paolo Slongo – il primo è capire gli obiettivi della squadra. Il Tour Down Under e la Vuelta a San Juan sono corse importanti, iniziano a dare i primi punti. In secondo luogo i team devono fare i conti anche con i corridori a disposizione. C’è chi punta a fare bene in quelle corse, come Porte quando era con noi. Ci sono anche corridori che non hanno obiettivi di classifica ma ripartono per fare chilometri e giorni di gara. Se si guarda ai dati che Porte registrava al Down Under si capisce come fosse già estremamente competitivo. Sono numeri che altri corridori facevano solo da marzo in poi».

Durante il ritiro di dicembre la Trek-Segafredo ha diviso i propri corridori in quattro gruppi, a cui si aggiunge il quinto delle donne
Nel ritiro di dicembre la Trek ha diviso i corridori in quattro gruppi, a cui si aggiunge il quinto delle donne

Programmazione da lontano

Lo stesso Diego Ulissi, nel corso della nostra precedente intervista, ci aveva raccontato come la sua presenza in Australia fosse programmata già da ottobre, prima ancora di chiudere la stagione. 

«E’ vero – riprende Slongo – anche noi in Trek dopo il Giro di Lombardia facciamo una riunione per decidere le prime gare della stagione che verrà. Si sentono prima i ragazzi e si cerca di capire chi è motivato per partire fin da subito e chi no. Noi membri dello staff possiamo dare un parere su chi debba iniziare a correre prima, ma se il corridore non è convinto si rischia di fare un lavoro controproducente. Solitamente si mandano a queste corse i corridori che, per un motivo o per l’altro, hanno terminato la stagione anzitempo».

Chi come Baroncini ha interrotto prima la stagione riparte a correre da subito, Filippo sarà in Australia
Chi come Baroncini ha interrotto prima la stagione riparte a correre da subito, Filippo sarà in Australia

Gruppi differenti

Da qui nascono le esigenze di squadra, lo staff programma il primo ritiro, ed il precedente lavoro a casa, in base al calendario dell’atleta. 

«Quando si parte a correre da gennaio – spiega il preparatore della Trek – si gettano le basi fin dai primi giorni di novembre. L’atleta è chiamato a fare tanta base fin da subito per poi accelerare quando si va in ritiro a dicembre. Chi, al contrario, inizia a correre a febbraio riprende la bici praticamente un mese dopo e lavora molto meno a casa. Questa differenziazione è dovuta al fatto che il mondo del ciclismo è cambiato, dieci anni fa si arrivava alle prime corse meno preparati e si costruiva la condizione in corsa».

I corridori come Ciccone che faranno il Giro avranno un inizio più soft e cominceranno a correre più avanti
I corridori come Ciccone che faranno il Giro avranno un inizio più soft e cominceranno a correre più avanti

Gestione del ritiro

Quando si prende l’aereo per volare al caldo nei primi ritiri in terra spagnola il lavoro è ormai già ben avviato, o meglio programmato. Gli atleti, a seconda delle esigenze delle squadre, vengono divisi in gruppi. Nicola Conci ci aveva spiegato che la Alpecin divide i corridori in tre gruppi: velocisti, uomini delle Classiche e scalatori. 

«In Trek – ci racconta Slongo – i gruppi di lavoro sono quattro: velocisti, corridori delle classiche, chi fa il Giro ed infine i giovani o convalescenti da vari infortuni. Un altro esempio che posso fare è legato anche alle nazionalità: da noi in Trek ci sono tanti danesi, da loro fa molto freddo e fanno fatica ad allenarsi, quindi mandarli a correre in Australia o Argentina è utile per lavorare meglio».

Tiberi segue il percorso di crescita e per la prima volta andrà a correre fuori dall’Europa
Tiberi segue il percorso di crescita e per la prima volta andrà a correre fuori dall’Europa

Gli allenamenti

Cerchiamo di capire, infine, come si differenziano quindi i vari giorni di allenamento. 

«Chi corre in Australia ed Argentina – conclude Slongo – arriva al ritiro di dicembre con un livello di preparazione più alto. Loro fanno un tipo di lavoro più mirato, di maggiore intensità: soglia, fuori soglia ed anche piccole gare da 4-5 chilometri in salita. Insomma li si abitua al ritmo gara. Il gruppo delle classiche, che iniziano a febbraio, lavora anche lui sulla qualità ma per molte meno ore, questi inizieranno a “spingere” nel ritiro di gennaio. I corridori più difficili da gestire sono quelli che corrono al Giro d’Italia. Non possono spingere forte fin da subito per non entrare in condizione troppo presto. Diciamo che il loro primo obiettivo è la Tirreno-Adriatico.

«I ragazzi con in programma il Tour de France, invece, sono più semplici da gestire, loro si “autogestiscono”. Chi vuole partire forte fin da subito può correre in Australia o Argentina, anche perché avrà il tempo di riposarsi e recuperare energie successivamente. Altri corridori con in programma il Tour preferiscono correre nelle Ardenne e riposarsi nel periodo di maggio».

Riecco Cataldo e il suo lavoro di regista in corsa

04.01.2023
6 min
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Nei giorni del ritiro della Trek-Segafredo a Calpe, la settimana prima di Natale, avevamo raccontato dello scambio con Dario Cataldo sulle velocità del gruppo e il correre frenetico da un paio d’anni a questa parte. Riavvolgendo però il nastro, il viaggio con l’abruzzese prevedeva anche un excursus sul suo ruolo di regista in corsa: “road captain”, come dicono da quelle parti. Arrivato nella squadra di Guercilena al colpo di reni, Dario si è infatti fatto largo con la sua esperienza, firmando un rinnovo biennale fino al 2024.

«C’è stato da subito un ottimo approccio – spiega – il fatto di avere un team ben strutturato aiuta a lavorare meglio. Mi sono trovato a mio agio sin da subito. Potremmo definirlo un incontro di necessità. Io con l’esperienza di regista in corsa fatto in altre squadre, loro che avevano bisogno di una figura di questo tipo e quindi è andato tutto molto bene. Già dalle prime gare, almeno per i riscontri che ho avuto, i miei compagni sono stati contenti e quindi è stato un piacere ricevere questa proposta di rinnovo da parte di Luca. Conferma la fiducia che mi ha dato e io sono contento di averla ripagata».

Al suo primo anno in Trek, Cataldo ha scortato Ciccone al Giro d’Italia
Al suo primo anno in Trek, Cataldo ha scortato Ciccone al Giro d’Italia
Hai parlato di struttura. Tu hai cominciato con Liquigas, poi Quick Step, quindi Team Sky, Astana e Movistar. Ci sono dei requisiti perché una squadra sia definibile ben strutturata?

La parte fondamentale è legata alle persone che ci lavorano. E’ necessario che siano non solo professionali, ma che ci mettano impegno e passione per creare la giusta collaborazione. La struttura è relativa a chi la dirige dall’alto, al team manager che organizza il lavoro e assegna i compiti. E Luca Guercilena in questo è molto bravo. In una mega struttura come la Ineos, hanno una quantità di personale impressionante ed è facile dividere i compiti quando hai tantissime persone.

Facile rispetto a cosa?

Per qualunque compito, riesci a trovare la persona ad hoc. In una squadra come questa c’è tanto personale, però il giusto per quello che serve. Credo che Luca riesca ad organizzare molto bene tutte le risorse di questo team per farle rendere al meglio di quello che si può. E quando c’è l’impegno da parte di ognuno nel suo ruolo, anche noi atleti siamo stimolati a dare il massimo. Non hai scuse, devi dare il massimo per ripagare l’impegno che ci stanno mettendo anche gli altri.

Nel 2014 e 2014, Cataldo ha corso con Sky: qui con Froome all’Oman 2014 dopo la vittoria a Green Mountain
Cataldo ha corso con Sky: qui con Froome all’Oman 2014 dopo la vittoria a Green Mountain
Che lavoro fa il regista in corsa?

Il road captain, qui lo chiamiamo così, fondamentalmente è l’anello di congiunzione tra il corridore e il direttore sportivo, nel senso che fa il direttore in corsa. Quando ci sono decisioni veloci da prendere o bisogna gestire le piccole dinamiche che si creano all’interno del gruppo, che ovviamente un direttore sportivo dalle retrovie non riesce a vedere. Quindi, usando l’esperienza, uno con il mio ruolo dice come muoversi, sa gestire i tempi e i corridori. E intanto insegna il mestiere ai ragazzi più giovani.

Da solo o in comunicazione con il direttore sportivo?

Porti gli occhi del direttore in gruppo. Quindi bisogna comunicargli le informazioni ed è lui che prende le decisioni finali sulle tattiche di corsa. Ogni giorno si fa una strategia e il regista la gestisce. E se ci sono imprevisti, comunica alla radio e riceve le informazioni utili per la corsa. A volte ad esempio dal gruppo non vedi chi c’è nella fuga, altre volte non lo vede l’ammiraglia, perché radio corsa non è tempestiva…

Con il meccanico Adobati, ragionando sul nuovo manubrio Bontrager
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Sono punti di vista tanto diversi?

Quando si osserva cosa succede in gruppo, chi ha un’esperienza di anni fa valutazioni differenti. Sa come si muovono certi corridori o certi gruppi. Io stesso vedo un grosso cambio in me da quando ero più giovane, come vedevo il gruppo e come lo vedo adesso. Ci sono alcuni dettagli da cui riesco ad anticipare tante situazioni.

Il regista rinuncia alle proprie chance di vittoria oppure ha i suoi spazi?

Alla fine può anche capitare, però dipende dalle caratteristiche personali. Se analizzo la mia carriera, devo ammettere che la mia predisposizione per questo ruolo ce l’avevo sin dagli juniores. E’ vero che ho vinto un Giro d’Italia U23, ma non sono mancati segnali forti di una certa attitudine. In alcune situazioni dove sarei dovuto essere più egoista, non lo sono stato. Ne avrei avuto tranquillamente la possibilità, ma invece di cogliere l’occasione, ho optato per aiutare il corridore di riferimento.

Il primo team in cui Cataldo è spiccato come regista in corsa è stata l’Astana: più con Aru che con Nibali
Il primo team in cui Cataldo è spiccato come regista in corsa è stata l’Astana: più con Aru che con Nibali
La vittoria di un compagno ti ripagava?

In realtà, non sempre il compagno in questione riusciva a vincere e io avevo perso comunque la mia chance, ma non me ne sono mai fatto un problema. Comunque l’anno scorso mi sentivo tanto la responsabilità di questo ruolo, quindi mi ci sono buttato al 100 per cento. Da un certo punto di vista è un peccato non provare a fare qualcosa per me stesso, tanto che lo stesso Josu (Larrazabal, capo dei preparatori della Trek-Segafredo, ndr) mi ha detto che vuole tornare a vedere il Dario che, quando c’è il momento, approfitta dell’occasione.

Quindi si può fare?

Sarà una piccola sfida per me stesso. Rifare quello step indietro e non concentrarmi solo come road captain, ma provare a cogliere anche le occasioni che dovessero capitare (Cataldo ha vinto 7 corse da pro’, fra cui una tappa alla Vuelta, una al Giro e un tricolore crono, ndr). Non credo si possa dire che mi sia seduto in questo ruolo, perché comunque è un incarico di grossa responsabilità. Il fatto di cercare qualche occasione è paradossalmente più comodo. Se fai un’azione, parlano di te in televisione. Magari nei giorni prima hai fatto un lavoro ben più importante, ma non se ne è accorto nessuno…

Cataldo riprenderà a correre alla Vuelta San Juan: questa la sua Emonda da gara, messa a punto a Calpe
Cataldo riprenderà a correre alla Vuelta San Juan: questa la sua Emonda da gara, messa a punto a Calpe
Si parte dall’Argentina?

Alla Vuelta San Juan e poi ci sarà il Giro d’Italia, che parte dall’Abruzzo. E’ quasi obbligatorio!

Svolgi in squadra il ruolo che Bennati ha avuto per anni in squadra. Come va col nuovo cittì?

Abbiamo corso insieme un anno alla Liquigas e sono arrivato alla Movistar l’anno dopo che ha smesso. A Benna, come prima a Cassani, dico: «Se ti servo per la causa, io ci sono». Ma non mi va di andare in nazionale solo per dire che ho indossato la maglia azzurra. Che io venga convocato oppure escluso, non me la prendo sul lato personale. Indossare la maglia azzurra, soprattutto se ti impegni al massimo, resta l’onore più grande.

Sanguineti alla Trek: tutto vero, tutto meritato

02.01.2023
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La Sanguineti sotto l’albero. Ragionando con Elisa Balsamo nei giorni del ritiro spagnolo della Trek-Segafredo, l’arrivo dell’amica Yaya ci era stato descritto come il regalo più bello che la squadra potesse farle. Oltre all’amicizia cementata dagli anni alla Valcar-Travel&Service, infatti, la sanremese è una delle migliori al mondo nel tirare le volate, per cui è stata la stessa Elisa a insistere perché il mercato del team si concentrasse sul suo nome.

Davvero un bel regalo di Natale per Elisa Balsamo: è arrivata Yaya Sanguineti
Davvero un bel regalo di Natale per Elisa Balsamo: è arrivata Yaya Sanguineti

Due anni nel WorldTour

Adesso Yaya è al settimo cielo. La sua carriera è passata per cinque anni alla BePink, poi sei alla Valcar e ora sotto le ruote è venuto fuori un biennale WorldTour con la Trek, come il sogno che si è finalmente realizzato.

«Sinceramente non ho ancora messo a fuoco – dice – ho cominciato a capire qualcosa mentre facevo le foto a fianco della Longo. Elisa è una mia amica, però trovarcisi accanto vestita allo stesso modo, ho pensato: Wow!».

Il suo entusiasmo ti contagia, il sorriso è ipnotico. E anche se nel corso delle stagioni si è spesso messa a fare di conto con le sue insicurezze, è bastato vederla all’opera negli appuntamenti importanti del 2022, per rendersi conto delle sue qualità. E’ stata la chiave della vittoria di Barbara Guarischi ai Giochi del Mediterraneo, poi ha fatto parte del treno di Elisa Balsamo contro Wiebes agli europei. E prima aveva portato a casa anche una vittoria per sé, alla Dwars door het Hageland.

Sanguineti e Realini, velocista e scalatore, facce nuove (italiane) della Trek-Segafredo
Sanguineti e Realini, velocista e scalatore, facce nuove (italiane) della Trek-Segafredo
Come è nato l’aggancio con la Trek?

Penso che una buona parola ce l’abbia messa Elisa Balsamo, perché abbiamo lavorato insieme tanti anni e lei mi definisce la miglior lead-out che abbia mai avuto. Poi penso di averci messo un po’ del mio. Ho dimostrato che quel lavoro lo so fare bene, anche se non dovrò fermarmi solo a quello. Farò molte altre cose…

L’idea era comunque di salire questo gradino?

Sì, perché dal primo anno alla Bepink sono passati quasi 10 anni e a un certo punto mi sono detta che forse me lo meritavo. Poi ci pensi e ti chiedi se sarai in grado, che è tipico di come sono fatta io. Ma di base credo di averlo meritato.

Dopo un anno in squadre diverse, Sanguineti e Balsamo si sono ritrovate agli europei di Monaco
Dopo un anno in squadre diverse, Sanguineti e Balsamo si sono ritrovate agli europei di Monaco
Arzeni ha sempre detto che se solo ci credessi un po’ di più…

Quello me lo dicono tutti, ormai me lo dico anche io ogni mattina. Un giorno eravamo in bici con Elisa Balsamo e lei mi diceva che devo crederci. Che se alla fine sono qua, è perché l’ho meritato. Non è che la Trek mi abbia preso senza un motivo. Io l’ho ascoltata e intanto mi dicevo che spero di meritarlo davvero…

Che cosa ti ha chiesto Guercilena al momento di firmare?

Mi ha detto che il mio compito principale sarà quello di fare da pesce pilota per Elisa. Però mi ha detto anche che credono molto in me, perché possa ritagliarmi il mio spazio. Quando non ci sarà lei e magari non ci saranno le altre velociste, punteranno molto su di me. E’ stato veramente un onore, perché sono arrivata in punta di piedi, invece è stato molto bello sentire il boss della squadra dire queste cose. E’ una bella responsabilità.

Ilaria Sanguineti è nata a Sanremo il 15 aprile 1994. Corre fra le elite dal 2013
Ilaria Sanguineti è nata a Sanremo il 15 aprile 1994. Corre fra le elite dal 2013
Il livello della squadra è altissimo.

Ci sono tutte le straniere, ma anche la stessa Longo Borghini e Balsamo. Loro sono mie amiche, ma comunque sono campionesse già affermate. Io sono l’ultima arrivata e spero di davvero di meritarmi tutto questo.

Come si tira la volata per Elisa Balsamo?

Negli anni abbiamo imparato a fidarci l’una dell’altra. I primi anni mi faceva ridere, perché mi urlava sempre da dietro. Mi diceva che eravamo troppo indietro, quando magari mancavano ancora 10 chilometri. Allora le dicevo: «Elisa, sono da sola, aspetta. Dobbiamo uscire all’ultimo…». Alla fine non dovevamo dirci niente. Quando sentivo la sua voce, perché sapevo che magari era successo qualcosa, io entravo in azione e lei si fidava ciecamente di me. Forse anche perché oltre al feeling speciale in volata, alla base c’è anche una bella amicizia, che aiuta molto.

Anche Ina Teutenberg, diesse della Trek-Segafredo, in bici nei giorni del ritiro
Anche Ina Teutenberg, diesse della Trek-Segafredo, in bici nei giorni del ritiro
Volate tutte uguali oppure si cambia a seconda delle situazioni?

Si cambia ogni volta. Ad esempio abbiamo imparato che Lorena Wiebes dobbiamo anticiparla. Quando Elisa due anni fa ha vinto l’ultima tappa al Women’s Tour, ci avevamo provato per le tre tappe prima. Partivamo sempre troppo tardi e vinceva Wiebes. Nell’ultima tappa, le ho detto che dovevamo arrivarle da dietro all’ultimo chilometro. Lei non se ne sarebbe accorta e ci avrebbe visto quando ormai eravamo passate. Si sarebbe messa dietro, perdendo il momento di massima forza. Quella vittoria è stata una delle più speciali che ci ricordiamo.

Secondo te, in questo anno in due squadre diverse, sei mancata più tu a Elisa, oppure lei è mancata a te?

Se parliamo di amicizia, penso che sia mancata più lei a me. Però da quello che mi ha detto per la parte sportiva, lei mi ha voluto qua anche per questo. Mi ha detto che le mancavo per quello che so fare. Per cui magari a livello ciclistico, le sono mancata di più io…

Ilaria Sanguineti alla Dwars door het Hageland ha ottenuto la sua 8ª vittoria in carriera: 4 open, 4 UCI
Ilaria Sanguineti alla Dwars door het Hageland ha ottenuto la sua 8ª vittoria in carriera: 4 open, 4 UCI
Correre con Elisa significa poter rientrare nel giro della nazionale?

Sì, assolutamente. Già nel 2022 ho avuto la fortuna di partecipare ai Giochi del Mediterraneo e agli europei, in cui ho fatto parte del suo treno. E nonostante fosse un anno che non correvamo insieme, proprio a Monaco non c’è stato bisogno di dirsi niente. Io sapevo quello che dovevo fare. Lei sapeva che lì davanti c’ero io.

Ci sarà spazio per un’altra vittoria di Yaya?

Per una gregaria come me, riuscire a ritagliarsi uno spazietto è una soddisfazione. Per come sono io, mi basta poco. Ho capito il mio ruolo da un paio d’anni. Successe quando Marta Bastianelli vinse il campionato italiano del 2019 e seconda arrivò Elisa Balsamo. Io feci terza e quarta Marta Cavalli. Mi ero presa il mio spazio, invece capii che se fossi rimasta nella mia bolla avrei ottenuto meno che se mi fossi messa a disposizione di Elisa. So che posso valere qualcosa devo solo mettermelo in testa. E’ un po’ difficile per me, però penso che negli anni sto maturando tanto. Sto trovando più consapevolezza in me stessa.

Una Coca prima di partire in allenamento? Ci può stare. Alla salute
Una Coca prima di partire in allenamento? Ci può stare.
Yaya è così inconsapevole di se stessa solo in bici o anche nella vita quotidiana?

Anche fuori, forse soprattutto fuori, anche se non lo faccio vedere. Magari uno vede che rido sempre, che sono sempre col sorriso, però a volte sono molto insicura di me. Credo che Elisabetta Borgia (mental coach della squadra, ndr) avrà il suo bel da fare per seguirmi… 

Una risata. Il racconto delle vacanze a Santo Domingo con la banda storica della Valcar. Il fatto che da quest’anno si allenerà con Slongo, cambiando qualche abitudine rispetto agli anni con Arzeni. Qualche lavoro specifico in più. L’alimentazione che cambia. E tante altre risate. Ci alziamo pieni di appunti. Quando sei con Yaya il tempo va veloce.

Primo gennaio, inizia il viaggio di Realini alla Trek

01.01.2023
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Oggi è il giorno da cui si può indossare la nuova divisa e usare le nuove bici, senza il rischio che una foto di nascosto o per errore possa rovinarti le vacanze. Oggi è il giorno che Gaia Realini ha atteso silenziosamente per mesi e noi per contro potremo pubblicare le foto che le scattammo in Spagna durante il primo ritiro con la Trek-Segafredo, quando ci siamo fatti raccontare le sensazioni connesse al nuovo viaggio. Cominciando da cosa provi avendo saltato completamente la stagione del cross che per lei è stato a lungo il senso stesso dell’andare in bicicletta.

«Mi manca l’adrenalina delle partenze a tutta – dice – mi manca la gara, perché comunque è breve ma intensa. Però diciamo, essendo entrata in questa grandissima realtà, che ho trovato il modo per distogliermi da questa nostalgia, guardando da tutt’altra parte. Ecco…».

La vittoria di tappa al Giro di Campania di maggio e classifica generale per Gaia Realini (foto Ossola)
La vittoria di tappa al Giro di Campania di maggio e classifica generale per Gaia Realini (foto Ossola)

Da buona abruzzese, ha tenuto la bocca chiusa. E quando proprio non ha potuto sottrarsi alle domande, ha iniziato a dire che avrebbe corso in una squadra WorldTour. Ma l’ambiente è piccolo, le voci circolano, eppure anche di fronte alla comune consapevolezza, Gaia ha continuato a negare, sia pure con sorrisi sempre più evidenti, tenendo fede al suo impegno con la Isolmant-Premac e Giovanni Fidanza. Finalmente però, con 21 anni compiuti a giugno e dopo due sole stagioni su strada, la ragazza di Pescara sale lo scalino più alto.

Ti aspettavi un’accelerazione così violenta della tua carriera?

Beh, sinceramente no. Però ci speravo come ogni ciclista. Anche se sono molto giovane, un punto di svolta bisogna cercarlo sempre e io ci speravo. E ora che ci sono riuscita, adesso tocca solo a me dare il meglio, farmi notare ancora di più e guadagnarmi la fiducia che la Trek mi ha concesso, continuare per questa strada.

Nella prima intervista – bici.PRO era appena nato – dicesti che la bici da strada era il mezzo per preparare la stagione del cross. Che cosa è cambiato?

Proprio due anni fa, col mio vecchio allenatore ci siamo chiesti se non fosse il caso di concentrarsi un po’ di più sulla strada. Così sono passata con la squadra di Giovanni Fidanza, che mi ha dato la possibilità di fare il Giro d’Italia e gare di alto livello. Per questo con il mio allenatore, che poi era Francesco Masciarelli, abbiamo cambiato e stravolto tutto, a partire dagli allenamenti e l’alimentazione. E’ cambiato anche il mio modo di vedere le cose e da lì ho capito che la strada poteva salire al primo posto fra i miei interessi. E infatti adesso è il mio primo pensiero

Assieme a Ilaria Sanguineti, Realini si prepara per l’allenamento del mattino
Assieme a Ilaria Sanguineti, Realini si prepara per l’allenamento del mattino
Qual è la differenza tra la squadra di Fidanza e la Trek-Segafredo?

Sicuramente a primo impatto – Realini sorride – dico che non mi è mai capitato al primo ritiro di avere 1.000 riunioni, 1.000 impegni, meeting con direttori sportivi, allenatori e con tutto lo staff. E’ una cosa mai fatta prima. Questa ovviamente è una banalità, però basta guardare anche tutto l’abbigliamento che ci è stato dato. Mi hanno consegnato dei borsoni che non so nemmeno come li riporterò a casa. E poi parliamo di attenzione anche nei minimi dettagli. Quando vai per allenarti trovi 3-4 camion con tutti i modelli di bici da provare, mentre prima avevamo un camper, un piccolo camper. Non ci mancava niente, ma qui è tanto di più…

Che cosa ti resta degli ultimi due anni?

Sicuramente alla Isolmant mi hanno fatto fare un grande salto di qualità, perché, come ripeto, mi hanno dato la possibilità di iniziare a competere nelle gare che più contano. Dal Giro d’Italia al campionato italiano, che sono le due gare più grandi che ho fatto. Però sono bastate per capire che c’è un altro mondo rispetto a quello delle gare open in cui si corre con le junior e in cui ognuno pensa un pochetto per sé. Qui invece bisogna lavorare tutte insieme per un solo scopo.

Qual è stato il giorno in cui hai visto la Gaia migliore degli ultimi due anni su strada?

Sicuramente l’exploit più bello è stato al Giro d’Italia 2021. Anche quest’anno non era iniziato male, poi con il colpo di calore della terza tappa, quella di Cesena dopo il trasferimento dalla Sardegna, ho accusato un ritardo pazzesco (11’10” dalla vincitrice Van Vleuten, ndr). A livello psicologico è pesato parecchio. Però nella nona tappa ho provato a giocarmi le mie carte e anche quel giorno è stato una bella esperienza, un bel successo per me (a San Lorenzo Dorsino, Gaia si è piazzata quinta, subito dietro il duo Van Vleuten-Longo Borghini, ndr).

Settima sul traguardo del Maniva: il Giro di Gaia Realini cambia marcia dopo il colpo di calore di Cesena
Settima sul traguardo del Maniva: il Giro di Gaia Realini cambia marcia dopo il colpo di calore di Cesena
L’obiettivo sarà provare a fare classifica?

Sinceramente non ho aspettative. Voglio prima inserirmi completamente in questa squadra. Devo imparare meglio la lingua, perciò andrò alle gare e farò quello che mi diranno di fare. Sarò a completa disposizione, quindi mi aspetto tutto e non mi aspetto niente. 

Che effetto fa avere come compagne le due Elise, la Deignan e tutte le altre?

Mi sento molto piccola! Già lo sono di mio (sorride, ndr), però diciamo mi sento molto piccola perché correre per loro, per grandi nomi del ciclismo, non è da tutti. E’ un mix di emozioni che non so nemmeno spiegare e forse non ci crederò fino a che non attaccherò per la prima volta il numero dietro la schiena con la maglia Trek-Segafredo. Ecco, mi sembra ancora un sogno, una cosa irreale.

La notizia era uscita già da un po’, quanto è stato difficile tenersela dentro?

Sinceramente non è stato molto difficile, perché non sono una ragazza che si esalta molto. Le cose preferisco tenermele dentro, lavorarci piano piano, giorno per giorno, senza farmi prendere dalla fretta. Insomma, non è stato molto difficile…

La Trek di Gaia pronta per l’allenamento
La Trek di Gaia pronta per l’allenamento
Quale proposito facciamo per il prossimo anno?

Sicuramente a cronometro ci sarà da fare passi da gigante, ma bisogna crescere dovunque. Salita, discesa e pianura. Questa è la scuola che mi permetterà farlo. Prenderò l’insegnamento di tutte le cose nei minimi dettagli e ne farò tesoro.

La Trek è anche l’unica squadra WorldTour con tre abruzzesi. Ti capita mai di allenarti con loro?

Prima di venire qui in ritiro, qualche volta è capitato di allenarmi con Giulio (Ciccone, ndr), mentre con Dario (Cataldo, ndr) capita meno, perché siamo lontani e poi è spesso in Svizzera. Vediamo se capiterà di incontrarsi durante le feste.

Da dove cominci?

Me lo diranno, non lo so ancora. E se mi manderanno in Australia, andrò in Australia. Mi adatterò, farò tutto quello che mi dicono