Dal Tour parte la rivoluzione di Nimbl: obiettivo abbigliamento

07.07.2025
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La ricerca della velocità e dell’efficienza nel ciclismo professionistico è una costante evoluzione, dove ogni dettaglio può fare la differenza. In questo contesto, Nimbl, marchio riconosciuto per le sue calzature artigianali deccellenza, ha annunciato un’espansione della partnership con il Team Visma Lease a Bike. L’accordo, che trascende la fornitura di scarpe da ciclismo, si estende ora all’integrazione di una linea completa di abbigliamento da gara ad alte prestazioni. Un passo che segna un momento cruciale nel percorso di Nimbl verso la creazione di un sistema di performance ciclistica interamente integrato.

Nimbl da questo Tour de France fornirà agli atleti della Visma Lease a Bike anche l’abbigliamento da gara
Nimbl da questo Tour de France fornirà agli atleti della Visma Lease a Bike anche l’abbigliamento da gara

Oltre le calzature per la massima performance

È risaputo che la resistenza aerodinamica del ciclista può incidere fino al 75% sulla resistenza totale. In questo scenario, ciò che un atleta indossa non è solo un dettaglio, ma un elemento chiave per la massimizzazione della velocità. Per la prima volta, Nimbl fornirà al team olandese un kit da gara completo, il cui co-sviluppo prenderà il via nella seconda metà del 2025. La stessa meticolosa attenzione ai dettagli che ha sempre contraddistinto le calzature Nimbl sarà ora estesa all’intero completo. Il Team Visma Lease a Bike, dal canto suo, apporterà la propria elevatissima esperienza diretta dalle competizioni al centro del processo di design, contribuendo in modo determinante a definire ogni elemento della collezione, il cui lancio ufficiale al pubblico è previsto per gennaio 2026.

«L’ampliamento della nostra collaborazione con il Team Visma Lease a Bike nell’ambito dell’abbigliamento – ha commentato Francesco Sergio, MD e Co-fondatore di Nimbl – rappresenta per noi un momento cruciale, incarnando la nostra filosofia di performance integrata. Sin dall’inizio, Nimbl è stata guidata dalla ricerca della vera velocità attraverso la sinergia, dove ogni elemento, dalle nostre scarpe fatte a mano all’abbigliamento più all’avanguardia, letteralmente lavora in perfetta armonia con l’atleta. Questa collaborazione testimonia il nostro impegno costante nel superare i confini di ciò che è possibile nella performance ciclistica d’élite, fissando un nuovo standard di performance per l’intero settore».

Da qualche anno Nimbl si è affermata come punto di riferimento per i ciclisti che cercano di ottimizzare la propria resa grazie a scarpe artigianali di livello mondiale, prodotte in Italia e scelte da oltre 150 atleti professionisti impegnati nelle gare più estenuanti del mondo. Ora, questa “expertise” si espande all’abbigliamento tecnico da ciclismo, sempre mossa dalla stessa convinzione: la vera velocità e l’efficienza derivano da un sistema completamente integrato, dove ogni elemento – dalle scarpe ai tessuti – lavora in perfetta sinergia. Questa filosofia definisce quello che il brand chiama il nuovo “Standard in Performance”. Per concretizzare questa visione, Nimbl ha costituito un team dedicato e multidisciplinare, con una leadership autonoma, incaricato di sviluppare l’intero “setup” del ciclista del futuro.

Nimbl affiancherà Vingegaard nella caccia al suo terzo Tour de France
Nimbl affiancherà Vingegaard nella caccia al suo terzo Tour de France

Anteprima al Tour de France

Per celebrare l’inizio di questo nuovo capitolo, il Team Visma Lease a Bike ha svelato in anteprima il nuovo kit durante il Tour de France. 

«L’espansione della nostra collaborazione con Nimbl – ha dichiarato Jasper Saeijs, Chief Business Officer del Team Visma Lease a Bike – segna l’inizio di un percorso a lungo termine, che ci porterà insieme a sviluppare l’abbigliamento da ciclismo definitivo per i nostri atleti. Abbiamo avuto esperienze molto positive con le scarpe artigianali Nimbl, e siamo felici di poter applicare questo stesso approccio anche al resto dell’abbigliamento. Combinando la nostra conoscenza interna con l’expertise di Nimbl e del mercato, potremo ottimizzare ulteriormente la performance dei nostri atleti in ogni minimo dettaglio».

L’abbigliamento sviluppato con il Team Visma Lease a Bike rifletterà i valori che sono alla base delle scarpe Nimbl: precisione, innovazione e performance senza compromessi. I vantaggi di questa partnership professionale non si limiteranno al mondo delle corse, ma confluiranno direttamente nella linea “consumer” di Nimbl, permettendo anche ai ciclisti amatoriali più esigenti di indossare capi forgiati dalle necessità del mondo del racing d’élite. Nimbl si conferma un brand di ciclismo ad alte prestazioni, impegnato a mantenere i più alti standard qualitativi, preservando l’artigianalità italiana e guidando l’innovazione. Conosciuta per le sue scarpe artigianali indossate dagli atleti del WorldTour, Nimbl aiuta i ciclisti a ottimizzare ogni pedalata senza compromettere comfort e stile. Con l’espansione nell’abbigliamento, Nimbl continua a servire chi cerca l’eccellenza, offrendo un sistema costruito per elevare la performance… watt dopo watt.

Nimbl

Non solo Colnago Y1Rs, ecco le tre bici di Pogacar

07.07.2025
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VALENCIENNES (Francia) – I meccanici lavorano senza sosta. Chi lava, chi smonta, chi monta: le Colnago della UAE Team Emirates per affrontare il Tour de France sono oltre cinquanta. Si lavora già anche sulle bici da crono. Ma certo gli occhi erano tutti per le bici di Tadej Pogacar.

Abbiamo avuto l’occasione di vederle da vicino, tutte e tre: la Colnago V5Rs, la Y1Rs e la Colnago da crono, la TT1. Sin qui lo sloveno ha preferito la Y1Rs, ma in questa Grande Boucle le userà tutte. Sarà interessante vedere quale bici (e quale setup) sceglierà per la cronoscalata di Peyragudes. Si vocifera la Y1Rs con le protesi. Vedremo.

La Colnago V5Rs di Pogacar
La Colnago V5Rs di Pogacar

V5Rs, per la salita e non solo

Partiamo dalla sua classica Colnago V5Rs, la bici che usa più spesso. Definirla “solita” è riduttivo. Anche per il Tour de France non ci sono state novità. I meccanici hanno preparato sia la versione con la guarnitura ufficiale Shimano, sia quella con le corone Carbon-Ti da 55-38 che Tadej utilizza praticamente sempre.

Finalmente siamo riusciti a capire con precisione l’attacco manubrio: è da 125 millimetri, la larghezza dello stesso è di 38 centimetri. Sempre riguardo al manubrio, Pogacar ha anche i comandi all’interno della piega, per cambiare anche quando è in presa bassa o durante uno dei suoi scatti.

Pedivelle da 165 millimetri e ruote Enve 4.5 con profilo differenziato (50 millimetri all’anteriore e 56 al posteriore) con i mozzi color argento, nuovi e visti in anteprima al Giro. La posizione della sella Fizik Argo (creata con mappatura specifica e su misura) è tutta in avanti e parecchio scaricata verso il basso

La Colnago Y1Rs di Tadej Pogacar
La Colnago Y1Rs di Tadej Pogacar

Y1Rs, l’aerodinamica su strada

La Colnago Y1Rs è decisamente aggressiva. Sulla sua estetica si è detto tutto e il contrario di tutto, ma non si possono mettere in discussione le sue performance. Il setup di questa bici è quasi del tutto identico alla V5Rs. Quel che cambia, in virtù di geometrie un po’ differenti, è la posizione della sella. In questo caso è sì arretrata, ma come si dice in gergo, non va “a battuta”. E’ un filo più centrale. Nel senso che è posizionata almeno 4-5 millimetri più indietro rispetto al movimento centrale.

Gli angoli finali del corridore, però, ci hanno riferito i meccanici, non cambiano: pertanto è solo questione di geometrie del telaio.

Le ruote più utilizzate per questa bici sono le Enve 6.7, anche in questo caso con profilo differenziato 60 millimetri all’anteriore e 67 al posteriore), che gli stessi meccanici stavano ultimando con serigrafie iridate, per un total look perfetto al Tour. Anche qui non manca – e come sarebbe stato possibile – l’adesivo dell’incredibile Hulk sul manubrio.

Quel che abbiamo notato, ma non sulla bici di Pogacar bensì sulla Y1Rs di Tim Wellens, è una nuova monocorona Carbon-Ti, la cui dentatura ci sembrava abbondante: probabilmente un 56. Magari potrebbero usarla in qualche tappone veloce.

La Colnago TT1 di Tadej Pogacar
La Colnago TT1 di Tadej Pogacar

TT1, per la crono

Infine ecco la bici da crono, la Colnago TT1, che Pogacar userà tra pochi giorni a Caen, quando il Tour proporrà la tappa contro il tempo.

La prima cosa che si nota è che stavolta la bici è nera. Tadej non è l’iridato a crono, quello è terreno di Remco Evenepoel, quindi rientra nei ranghi. Il peso della bici non è stato dichiarato, ma alzandola e paragonandola con le due precedenti possiamo garantirvi che non vi si discosta troppo. Proprio il peso della bici da crono della UAE Team Emirates era stato messo sotto accusa qualche tempo fa, ma a quanto pare ci hanno lavorato e anche bene.

Se il peso è una peculiarità importante della TT1 di Pogacar, altrettanto importante è la misura delle pedivelle. Qui le 165 lasciano spazio alle 160 millimetri. Riguardo ai rapporti, la bici fotografata aveva una corona da 64 denti, ma questo varia in base al percorso, chiaramente.

Indurain e Aru, dalla Maratona con lo sguardo alla Francia

06.07.2025
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CORVARA IN BADIA – Circondati dalle maestose Dolomiti, ma col pensiero che vola al Tour de France. Impossibile non parlarne nel weekend della Grand Depart quando ti imbatti in due campioni come Miguel Indurain e Fabio Aru, ospiti speciali della Maratona ciclistica amatoriale che ogni anno porta 8.000 appassionati da ogni angolo del mondo in Alta Badia e poi su e giù per le montagne patrimonio dell’Unesco che tutti ci invidiano.

Indurain è un veterano della Maratona delle Dolomiti, Aru è alla seconda partecipazione (foto Enervit)
Indurain è un veterano della Maratona delle Dolomiti, Aru è alla seconda partecipazione (foto Enervit)

I campioni e la Maratona

Entrambi stelle del Team Enervit, i due assi del pedale amano tornare in questi luoghi che hanno visto solo di sfuggita quando correvano da pro’, ma che ora possono godersi con un po’ più di tranquillità.

«Qui a Corvara una volta arrivai secondo (dietro a Franco Vona, 13ª tappa del 1992, ndr) – parte a raccontare il Navarro – ma poi vinsi quel Giro, per cui ho bei ricordi. Ho perso il conto di quante Maratone ho fatto qui, ma posso dire che è una manifestazione bellissima. Incontro sempre grandi amici, come Bugno, Sagan e tanti altri. L’anno scorso ero insieme a Fabio sul Falzarego. Lui faceva la diretta per la televisione mentre pedalava, mentre io ero al gancio in crisi e facevo fatica a tenere il suo passo». 

Il Cavaliere dei 4 Mori al suo fianco sorride e esordisce: «Per me è un piacere tornare qui dopo la prima volta dello scorso anno: è una gara unica e si pedala in posti fantastici. L’atmosfera e il calore degli appassionati sono incredibili. E’ un piacere godersi questo bellissimo momento di sport».

Dopo aver vinto il Giro del 1992, Indurain tornò al Tour, ottenendo il secondo di 5 successi, sfidato da Chiappucci e Bugno
Dopo aver vinto il Giro del 1992, Indurain tornò al Tour, ottenendo il secondo di 5 successi, sfidato da Chiappucci e Bugno

Pogacar favorito, ma…

Col pensiero si vola Oltralpe e si parla della corsa a tappe più attesa. «Non so dire chi la vincerà, perché il Tour è lungo e in tre settimane può succedere di tutto», ribatte Miguelon, vincitore di 5 Tour consecutivi dal 1991 al 1995. «Pogacar ci arriva sicuramente da favorito, poi vedremo come andrà. Ci sono i migliori corridori del mondo. Dietro a Tadej e Vingegaard, un gradino sotto, ci sono Evenepoel e tanti giovani che stanno crescendo, per cui sarà un Tour interessante».

Fabio, che si vestì di giallo e chiuse quinto nella generale otto anni fa, dà ragione allo spagnolo: «Quello che dice Miguel è vero, il Tour è lungo e ci sono tante dinamiche e cose che possono accadere, comprese cadute e problemi tecnici. Col Delfinato, Pogacar ha dimostrato ad oggi di essere il favorito, però Vingegaard è lì vicino, per cui speriamo che sia una bella sfida». 

Al Tour del 2017, Aru indossò la maglia gialla. Fu l’ultimo anno di grandi risultati per il sardo
Al Tour del 2017, Aru indossò la maglia gialla. Fu l’ultimo anno di grandi risultati per il sardo

La squadra e i dettagli

Con gregari di lusso come Joao Almeida per la Uae e Simon Yates per la Visma, la differenza potrebbero farla anche i compagni nei momenti chiave. «Sono due squadre fortissime, così come anche la Bora. Poi c’è Mas che va sempre forte – aggiunge Indurain, che poi si sposta sul suo connazionale in forza alla Movistar – ma gli manca sempre qualcosa per fare quel salto di qualità. Un po’ è una questione di “motore”, un po’ gli manca anche un po’ di sicurezza nei propri mezzi. Non deve aver paura di perdere e deve provarci di più».

Aru torna sulle guerre stellari: «Penso che Tadej e Vingegaard siano, soprattutto per i Grandi Giri, un pelino superiori a tutti gli altri. Poi corridori come Remco, O’Connor e tanti altri hanno senza dubbio qualità, ma sono sicuramente meno forti degli altri due. Scongiurando problemi, Tadej lo vedo un gradino sopra a Jonas. Nel ciclismo di oggi devi essere attento a tutti i dettagli, così come già quando ho smesso io. Sicuramente in questo lo sloveno è davvero un esempio, con una grande programmazione in allenamento, nel recupero e nell’alimentazione. Bisogna essere perfetti in tutto». 

Pogacar è il corridore che più piace al sardo: «Tadej senza dubbio, perché è un corridore completo. Ci ho fatto due anni in squadra insieme e sin da subito ha dimostrato il suo valore. Consigli? Non gliene ho mai dovuto dare, visto che ha sempre vinto. Si merita tutto quello che sta ottenendo perché è davvero un bravo ragazzo».

Alle intervist con Alan Marangoni, A Corvara c’è anche Peter Sagan
Alle intervist con Alan Marangoni, A Corvara c’è anche Peter Sagan

La crisi del ciclismo italiano

Indurain, invece, svela: «L’ultimo corridore che mi piaceva molto e che mi poteva un po’ assomigliare era Dumoulin. Era alto come me e andava forte a cronometro, ma anche in salita sapeva difendersi bene. Ora, invece, ci sono corridori meno di ritmo e molto più esplosivi come Pogacar, Vingegaard, Evenepoel e Van der Poel. Tutti gli sport cambiano, le tappe sono più corte e così anche le cronometro, ma è normale che sia così».

Negli anni di Indurain, l’Italia era una super potenza del ciclismo, mentre ora arranca. «Non so se all’Italia manchino corridori o il fatto di avere una squadra di spessore o forse ancora entrambe le cose. Non so quale sia il fattore scatenante di questa crisi, ma è davvero doloroso non vedere l’Italia protagonista. Nei miei anni aveva tanta abbondanza di grandi corridori sia per le classiche sia per i Grandi Giri. E’ un momento difficile perché poi si lotta contro superpotenze che hanno budget enormi, come la Uae Emirates».

Aru commenta così la situazione: «Per quanto riguarda le corse a tappe, non voglio mettermi in mezzo, ma direi che mancano corridori come Nibali. E’ un periodo in cui non abbiamo corridori per i Grandi Giri, per cui dobbiamo lavorare sui giovani e sperare di raccogliere qualcosa. Per quanto riguarda questo Tour, invece, mi aspetto qualcosa di buono da Milan, visto che già anche al Giro ha dimostrato il suo valore. Lo conosco poco, ma faccio il tifo per lui».

L’evento di Corvara richiama ogni anno 8.000 cicloturisti ed è in pieno svolgimento (foto Maratona delle Dolomiti)
L’evento di Corvara richiama ogni anno 8.000 cicloturisti ed è in pieno svolgimento (foto Maratona delle Dolomiti)

In Piemonte con la Vuelta

Italia e Spagna è un binomio che si fonderà anche ad agosto alla prossima Vuelta, vista la Gran Salida dal Piemonte. E, a proposito della saga di guerre stellari del pedale, ai nastri di partenza potrebbero esserci sia Pogacar sia Vingegaard. 

«Spero che Miguel possa esserci nella mia regione adottiva», fa Aru con un sorriso. «Se posso molto volentieri perché amo l’Italia e la Vuelta che partirà da voi sarà qualcosa di unico», ribatte Miguelon prima di concedersi un dolcino e lanciare uno sguardo alle Dolomiti che sono pronte ad abbracciarlo chilometro dopo chilometro lungo la Maratona. 

Undici (meno uno) italiani al Tour: velocisti, gregari e attaccanti

06.07.2025
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LILLE (Francia) – Erano undici gli italiani al via del Tour de France. Tre più dell’anno scorso e tutto sommato era una gran bella notizia, specialmente per come si era messa. Anche stavolta dovevamo arrivare a otto-nove, stando alle stime. Poi invece ecco Albanese e Dainese unirsi alla “legione francese”. Ma per una bella notizia che c’è, ne arriva subito una brutta: Filippo Ganna ieri ha lasciato la corsa dopo cento chilometri o poco più. Una vera doccia fredda.

Tuttavia chi c’è è pronto a vendere cara la pelle. Non sarà facile, visto il livello mostruoso che c’è in tutti i settori, ma se questi corridori sono qui è perché a quel livello mostruoso contribuiscono anche loro. Presentiamoli dunque questi alfieri che sulle strade di Francia cercheranno di fare “casino”, di vincere, di aiutare.

I velocisti

Appartengono a questa categoria: Jonathan Milan, il suo compagno Simone Consonni e Alberto Dainese.
Milan è al debutto sulle strade del Tour e lo abbiamo visto ieri, quando purtroppo si è fatto sorprendere dai ventagli. E’ partito sereno e anche molto motivato. Alla presentazione dei team, lui e Consonni hanno parlato di un treno molto buono. Avevano provato due volte il finale di queste frazioni iniziali una volta arrivati a Lille. E hanno detto che dopo averlo visionato avevano rivisto qualcosa proprio nella disposizione del treno. Simone dovrebbe essere l’ultimo uomo, per una coppia che ormai naviga insieme da diversi anni. Entrambi sono in ottime condizioni.
Piccola curiosità: secondo Ganna, Milan è il favorito per la maglia verde.

Dainese invece è alla sua seconda Grand Boucle. Nel 2022, giovanissimo, ottenne un settimo e un terzo posto. Proprio in virtù di quei piazzamenti ci si aspettava un po’ di più dal portacolori della Tudor Pro Cycling, ma anche lui ha avuto le sue belle sfortune, come alcune brutte cadute persino in allenamento. Però se è qui è perché sta bene. Quest’anno non ha ancora vinto, magari è il momento giusto. Semmai, avendo Marius Mayrhofer in squadra, c’è da capire chi aiuterà chi. Alberto potrebbe essere l’ultimo uomo. O potrebbero anche scambiarsi i ruoli, come è già successo al Giro 2024.

Per i capitani

Di certo Mattia Cattaneo ed Edoardo Affini sanno bene che sono stati portati in Francia dalle rispettive squadre, la Soudal-Quick Step e la Visma-Lease a Bike, per aiutare i loro capitani. Difficilmente avranno carta bianca, ma il gioco ne vale la candela. Entrambi i loro leader puntano alla maglia gialla.

Cattaneo è alla corte di Remco Evenepoel. La squadra ripone una fiducia immensa in lui. E tanto più senza Mikel Landa, probabilmente Mattia sarà chiamato anche a fare qualche straordinario in salita. Remco lo ha voluto. E Cattaneo con enorme professionalità si è fatto trovare pronto.

Altro cavallone di razza è Affini che abbiamo sentito proprio ieri. E sempre ieri lo abbiamo visto subito davanti a menare come un fabbro. Lui ha un compito più specifico da svolgere: supportare la squadra in pianura. Con la sua stazza, in salita è fuori dai giochi, ma in pianura e non solo sarà fondamentale. E di pianura e di vento, specie in queste prime tappe, ce ne saranno tanti.

Terzo a entrare con pieno diritto in questa categoria è Gianni Moscon. Anche lui lavora per un leader niente male: Primoz Roglic. Magari viste le ultime apparizioni, lo sloveno potrebbe fare più fatica in ottica maglia gialla, ma il podio è del tutto alla sua portata. Gianni stesso ce lo ha detto: «Sarò chiamato a lavorare soprattutto in pianura e nelle tappe ondulate».

I casinisti

C’è poi la folta schiera dei ragazzi che andranno a caccia di tappe, da quelle ondulate a quelle in salita, se il gruppo dovesse lasciare andare una fuga. Parliamo di Vincenzo Albanese, di Simone Velasco, di Matteo Trentin e di Davide Ballerini.

Questi ultimi due li avremmo potuti inserire anche nella categoria dei velocisti. In fin dei conti spesso facevano le volate di gruppo. E Ballerini, proprio perché è veloce e tiene in salita, magari potrebbe anche pensare alla maglia verde. Ma certo dovrebbe gettarsi in volata e con Merlier, Milan e compagnia bella, non è facile per lui.

Trentin è Trentin: ha l’esperienza per provare a vincere, ma anche per aiutare il capitano Julian Alaphilippe. Il suo sarà un Tour tutto da scoprire, nonostante sia il settimo più vecchio al via e vanti nove presenze alla Grand Boucle. Guarda caso nella frazione di ieri è stato quinto, primo degli italiani. Nella foto di apertura si nota come fosse davanti a tirare nel ventaglio (al fianco di Affini). Insomma nel momento clou lui c’era.

Gli altri invece, non avendo un uomo di classifica, possono correre liberamente. Un giorno dare l’assalto e un giorno “riposarsi”. Magari è proprio questa la formula per divertirsi e andare forte.
Albanese aveva detto ai microfoni Rai che aveva cerchiato di rosso per esempio la seconda e la quarta frazione. Velasco, più scalatore, aveva visionato la tappa 10, quella del Massiccio Centrale.

Che attacchino, che aiutino o che facciano gli sprint, i dieci italiani rimasti in gara hanno ancora oltre 3.100 chilometri a disposizione per rompere un digiuno di tappe che si protrae dal 2019, quando Nibali vinse a Val Thorens.

La gioia di Philipsen, il dolore di Ganna che già saluta la Francia

05.07.2025
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LILLE (Francia) – E’ certo che non ci sarà la bici da crono di Filippo Ganna sui rulli per il defaticamento post tappa, davanti al bus della Ineos Grenadiers. Il Tour de France non è iniziato nel migliore dei modi per i colori dell’Italia, anzi, degli italiani. Proprio Ganna è stato il primo a ritirarsi, il primo a lasciare la Grand Boucle. Ed è questo, ahinoi, il fatto del giorno.

Dall’altra parte c’è Jasper Philipsen che fa festa assieme alla sua Alpecin-Deceuninck. Tappa e maglia per il belga che, come sempre, ha potuto contare su un Van der Poel magistrale. Ma va detto che tutta la sua squadra era ben messa. Pensate, ne avevano cinque tra i 38 davanti dopo che si erano aperti i ventagli.

Visma attacca, Alpecin festeggia

Ventagli che sono stati propinati dalla Visma – Lease a Bike. A circa 17 chilometri dall’arrivo, in un tratto con vento piuttosto teso e laterale, la squadra di Vingegaard si era spostata tutta dalla parte opposta rispetto alla direzione del vento. Erano solo in tre paralleli davanti, segno chiaro che si voleva aprire un ventaglio, che era in corso un attacco. Come abbiamo visto dall’immagine frontale, con la velocità sul filo dei 70 all’ora, non abbiamo fatto in tempo a pensare: «Attenti che ora succede qualcosa», che nell’inquadratura successiva c’era già la spaccatura.

Una situazione che, incontrato per caso dopo il traguardo, ci ha confermato anche Jacopo Guarnieri, che di ventagli e strade da queste parti se ne intende.

«E’ davvero incredibile – ha detto Philipsen – questa decima vittoria è qualcosa che non dimenticherò mai. La prestazione della squadra è incredibile. Credo che siamo stati lì tutto il giorno. Io ero nervoso sin dal mattino, avevo in mente questa tappa e questa maglia. Ma sapevamo che poteva essere la nostra occasione, dovevamo “solo” stare davanti e così abbiamo fatto».

«La squadra è stata incredibilmente forte. Eravamo in tanti davanti, potevo fare gioco su di loro e dovevo solo completare l’opera. Negli ultimi 15 chilometri tutto è andato per il verso giusto. E negli ultimi due chilometri tutti gli spettatori, tutte le persone dietro le transenne, mi hanno fatto venire la pelle d’oca. Avevo una forza extra grazie a questa adrenalina.
«La maglia gialla? Un sogno che si avvera. A casa ho già la maglia verde, ora avere la maglia gialla appesa da qualche parte sui muri sarà incredibile».

Milan, ci ripensa

Il 39° classificato, vale a dire il primo del gruppo inseguitore, è stato Jonathan Milan. All’arrivo era veramente deluso, quasi scocciato. Lui sì che era partito col piede giusto. Aveva infatti conquistato il traguardo volante.

«Dispiace – ci ha detto mentre tornava al bus – perché la gamba era buona. Poteva essere una bella occasione, per questo dà fastidio. Ero proprio lì quando si è aperto il ventaglio. Uno o due corridori davanti a me. Ho visto tutto chiaramente, ma pensavamo si chiudesse subito. Erano pochissimi metri. Poi un corridore della Groupama-FDJ ha fatto il buco e…
«Dietro tiravamo, ma non sempre e non tutti. Non capisco la Soudal Quick-Step, avevano Remco e Merlier si poteva chiudere finché erano vicini. Noi ci abbiamo anche un po’ provato, ma davanti andavano forte».

In effetti che la gamba fosse buona si capisce anche dalla lucidità con cui Milan racconta. Dal suo recupero. Altri ci sono apparsi più stanchi. Il gigante di Buja invece era bello presente, tranquillo. Di positivo c’è la consapevolezza che può fare bene.

Ganna, che dolore

Ci rispostiamo dunque nella zona della Ineos Grenadiers. Arrivano le ammiraglie. Cerchiamo di saperne di più da Oliver Cookson, uno dei direttori sportivi. Ganna era già nel bus. Era arrivato nel corso della tappa. Caduto dopo circa 52 chilometri, si è fermato poco dopo il centesimo chilometro di gara.

«Al momento – spiega Cookson – non posso aggiungere molto perché c’è lo staff medico sul bus che lo sta visitando. Sembra una botta alla testa, ma non si può dire nulla finché non si ha un referto del medico. Sulla salita di Mont Cassel lo abbiamo visto sfilarsi, poi abbiamo continuato a parlare con lui, cercando di farlo stare tranquillo, di vedere come andava. Se ci ha chiamato lui? No, anche perché dopo la caduta la radio non funzionava. Gli siamo stati vicini con la macchina, ma a un certo punto ha detto basta. Sentiva dolore. E se uno come Pippo sente dolore, significa che questo c’è».

La delusione è tanta, sia per lo staff che per i tifosi. Ganna aveva una gran voglia di fare bene e di vincere la crono di Caen in maglia tricolore.

«Purtroppo il ciclismo è uno sport duro – riprende Cookson – ore e ore di lavoro, mesi a prepararti, e Pippo lo aveva fatto benissimo, e tutto svanisce in pochissimo. La crono di Caen poteva essere una grande opportunità. Ma succede, come ci era già successo al Giro d’Italia 2020, quando perdemmo subito Thomas e dovemmo ridisegnare tutta la corsa.
«La perdita di Pippo non sarà facile da gestire. Lui è uno dei nostri corridori più rappresentativi e anche per i ragazzi era un riferimento. Ma il Tour è molto lungo. Ripartiremo in qualche modo. Certo che non siamo partiti bene. Siamo appena arrivati e devo vedere tutto, ma credo che ne avessimo solo uno nel primo gruppo».

Affini al Tour: custode di Vingegaard e in supporto di Van Aert

05.07.2025
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E’ iniziato il primo Tour de France in carriera per Edoardo Affini. Un esordio importante per il mantovano, che ormai vive stabilmente in Olanda, e un attestato di stima da parte della Visma Lease a Bike nei suoi confronti. I calabroni hanno voluto mettere un altro dei protagonisti della vittoria di Simon Yates al Giro d’Italia accanto a Jonas Vingegaard. 

L’ultima corsa a cui ha preso parte Affini è stato proprio il Giro d’Italia, da quel momento è iniziata la preparazione per la Grande Boucle. 

«E’ una cosa nuova anche per me – ci ha raccontato poco prima di mettersi in viaggio verso Lille – perché per la prima volta correrò due Grandi Giri in maniera consecutiva. L’anno scorso avevo fatto Giro e Vuelta ma l’approccio è diverso, si ha più tempo per prepararsi e si può staccare un po’. Invece quest’anno appena finito il Giro sono andato in altura a Tignes, praticamente il mio riposo è stato di due giorni».

Edoardo Affini sarà uno degli uomini al servizio di Vingegaard al Tour de France
Edoardo Affini sarà uno degli uomini al servizio di Vingegaard al Tour de France
Quando avete deciso che avresti fatto anche il Tour?

Ne abbiamo parlato seriamente con lo staff che segue la parte di performance al Giro. Ci siamo messi a parlare e abbiamo deciso cosa fare tra le due gare per arrivare pronto. 

Cosa avete deciso?

Di andare subito in altura a Tignes (in apertura foto Instagram/Visma-Lease a Bike). Praticamente il Giro è terminato domenica 2 giugno e io il sabato successivo ero già in ritiro. Per la prima settimana mi sono concentrato sul recupero attivo e sull’adattamento all’altura. Da lì in poi ho fatto allenamenti mirati, pochi giorni dopo sono arrivati anche gli altri che erano al Delfinato. 

Terminate le fatiche del Giro, Affini ha iniziato la preparazione per la Grande Boucle (foto Instagram/Visma-Lease a Bike)
Terminate le fatiche del Giro, Affini ha iniziato la preparazione per la Grande Boucle (foto Instagram/Visma-Lease a Bike)
Come stavano le gambe dopo il Giro?

Bene. Alla fine ogni giorno c’era qualcosa da fare, anche a Roma abbiamo lavorato per la volata di Kooij. Diciamo che ero stanco, ma non distrutto. Un bel segnale in realtà in vista della preparazione per il Tour. 

A proposito, hai cambiato qualcosa negli allenamenti?

Bene o male ho seguito il solito schema. Ho fatto qualche modifica sui blocchi di lavoro facendo due giorni di carico e non tre. Non serviva caricare troppo anche perché l’endurance, arrivando dal Giro era già allenata. Bastava qualche ora in meno di allenamento ma con più qualità. 

Affini correrà le due cronometro del Tour indossando la maglia di campione europeo conquistata a Zolder lo scorso settembre
Affini correrà le due cronometro del Tour indossando la maglia di campione europeo conquistata a Zolder lo scorso settembre
Non sei riuscito a correre al campionato italiano, ti è dispiaciuto?

Con il team eravamo in ritiro ufficialmente fino al 25 giugno, poi eravamo liberi di fare quello che avremmo voluto. Pensare di scendere dall’altura e andare direttamente al campionato italiano a cronometro diventava troppo complicato. Tignes e San Vito al Tagliamento distano parecchie ore di auto, non sarei arrivato nelle giuste condizioni per onorare la corsa. Mi è dispiaciuto perché avrei corso con la maglia di campione europeo. Avrei preferito testare la gamba prima di tornare in corsa, ma non c’è stato modo. Le prime due tappe serviranno per trovare il ritmo. 

Che atmosfera si respirava in ritiro?

Buona, il Delfinato è andato bene, anche Tadej (Pogacar, ndr) è andato secondo le aspettative. Direi che tutto è pronto per la sfida. Però il Tour non sarà solamente una battaglia a due, anche Remco (Evenepoel, ndr) è un cliente scomodo. In più in corsa c’è tutto il gruppo. 

Affini ha già assaporato il clima del Tour de France con la presentazione delle squadre di giovedì
Affini ha già assaporato il clima del Tour de France con la presentazione delle squadre di giovedì
Quale sarà il tuo ruolo?

In linea di massima sostenere e tenere coperto Vingegaard il più possibile. Se ci sarà da tirare sarò uno dei primi a entrare in azione. Poi dovremo capire cosa fare se Van Aert vorrà provare a vincere qualche tappa. In tal caso penso di essere io il primo al suo fianco. 

Che effetto fa essere al Tour?

E’ una grande emozione. Partecipare era uno dei miei obiettivi da corridore e sono felice di esserci. Sono curioso, è la corsa più grande al mondo con un impatto mediatico incredibile. Tutti sanno cos’è il Tour de France. Si andrà forte, ma anche al Giro non si è mai andati piano, da questo punto di vista non mi aspetto enormi differenze. 

Qui Lille: Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel accendono la sfida

05.07.2025
5 min
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LILLE (Francia) – Ci siamo, poche ore e sarà il Tour de France. L’altro ieri abbiamo assistito all’abbraccio enorme che la folla di Lille ha riservato ai corridori, ma forse sarebbe più corretto dire al Tour stesso. Era complicato camminare e noi giornalisti abbiamo faticato non poco, nonostante il pass, per poter raggiungere il punto d’ingresso della zona mista, proprio nel centro della Grand Place. Ci sembrava di essere al Palio di Siena, in mezzo a Piazza del Campo e con la pista intorno.

Ma se il Palio è stato rinviato per il maltempo, il Tour va eccome. C’è grande attesa per questo duello che, come molti sperano, potrebbe diventare sfida a tre. Stiamo parlando del confronto tra Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar, al quale si aggiunge il terzo sul podio del 2024: Remco Evenepoel.

L’atmosfera che si respira qui in Francia appare rilassata, ma è soltanto apparenza. Tutti sono pronti a dare il massimo e ormai questo Tour è anche una sfida tra team, specialmente nello scontro diretto tra il danese della Visma‑Lease a Bike e lo sloveno della UAE Emirates. E gli apprezzamenti che si sono scambiati sembrano tanto essere dei colpi di stiletto mascherati da complimenti.

Pogacar sul palco di Lille. Lo sloveno (classe 1998) punta al suo quarto Tour (foto ASO/Charly Lopez)
Pogacar sul palco di Lille. Lo sloveno (classe 1998) punta al suo quarto Tour (foto ASO/Charly Lopez)

Lo show di Pogacar

Ma partiamo dal podio 2024, quindi da Tadej Pogacar. Fra i tre ci è parso, a dirla tutta, quello più rilassato, più spensierato. Con il cappello giallo da pescatore offerto dall’organizzazione, resisteva sul palco di Lille, faceva battute in francese. «Ciao, come state?», una sorta di one man show.

«Con Jonas – ha detto Pogacar – c’è una bella rivalità. Sulle salite lunghe, Vingegaard è il corridore migliore e lui sa andare anche molto forte a cronometro, a volte anche meglio di me. A volte può esserci qualche frizione tra e me lui e nostri team, ma alla base c’è tanto rispetto e quando finisce la corsa tutto è passato. Credo sarà un mese molto avvincente per tutti gli spettatori, sia da casa che lungo le strade».

Pogacar ha parlato poi anche di questo inizio Tour. Un inizio più facile rispetto agli ultimi anni, ma proprio per questo potenzialmente più pericoloso, tanto più che nei prossimi giorni sembra che il meteo cambierà con vento prima e pioggia poi.

«In queste prime frazioni – ha detto Tadej – si può perdere il Tour de France. La prima cosa dunque sarà salvarsi. Chiaro poi, alcune di queste tappe iniziali sono anche opportunità e di sicuro proverò a guadagnare del tempo (il riferimento è a quella di domani con l’arrivo su uno strappo, ndr). Ma soprattutto non dovrò avere problemi e arrivare sano e salvo all’ultima settimana».

Sorridente ma “velenoso”, Jonas Vingegaard (classe 1996) vuole dimostrare di essere tornato più forte di prima
Sorridente ma “velenoso”, Jonas Vingegaard (classe 1996) vuole dimostrare di essere tornato più forte di prima

Il piano di Vingegaard

«Sono a un livello mai visto prima, il mio corpo ci ha messo quasi un anno per tornare dopo l’incidente». E ancora: «Ammiravo Contador, ma se parliamo di storia Tadej è il più grande». Queste frasi apparentemente contrastanti e sibilline emergono dalla conferenza stampa del danese. Vingegaard è apparso sorridente, calmo, ma pronto a sferrare l’attacco.

«Anche l’anno scorso – ha detto Jonas – ho gareggiato ad altissimo livello al Tour, ma c’è una differenza rispetto a quest’anno, ed è significativa. Ho messo su un po’ più di peso, dovuto alla massa muscolare che ho recuperato. Ho impiegato molto più tempo del previsto per tornare al mio stato iniziale, quasi un anno dopo tante settimane passate a letto. Da qualche mese a questa parte, il mio corpo è però tornato a sentirsi meglio di prima dell’incidente ai Paesi Baschi. Posso dire di essere più forte che mai: oggi sono al livello più alto che abbia mai raggiunto»

E poi ecco le dichiarazioni che sembrano aver colpito Tadej. Girando negli ambienti dei team, sembra che Pogacar, al quale tutto scivola via, abbia prestato attenzione alle parole che seguono.

«Rispetto moltissimo Pogacar – ha detto il danese – come tutta la mia squadra, ma senza timore. Altrimenti non sarebbe stato nemmeno intelligente venire al Tour se avessimo pensato il contrario. Ho una squadra da sogno sia in montagna che in pianura per colpire i punti deboli di Tadej. Abbiamo un piano, ma non ve lo dico, ce lo teniamo per noi. Al momento giusto lo vedrete sulla strada.

Remco Evenepoel (classe 2000) punta al podio… e al bis della maglia bianca
Remco Evenepoel (classe 2000) punta al podio… e al bis della maglia bianca

L’umiltà di Remco

Chiudiamo con Remco Evenepoel. Il campione olimpico ci ha colpito per la sua magrezza. Incredibile. Ha un punto vita che farebbe invidia ad una pinup… Il capello rasato faceva emergere ancora di più gli zigomi.

«E’ una bella sensazione essere qui a Lille – ha detto il belga – il primo obiettivo sarà vincere la cronometro di Caen nella quinta tappa. L’altro obiettivo sarà puntare almeno al terzo posto nella classifica generale. Farò del mio meglio e poi si vedrà. Gl ultimi cinque vincitori di Tour sono Pogacar e Vingegaard, dunque sono i più forti. Sarebbe ingiusto da parte mia dire che sono qui per vincere. Sono qui per provarci, per rendere loro la vita difficile».

I belgi chiedono a Remco di fare Remco, cioè di attaccare come ha fatto per esempio alla Freccia del Brabante quest’anno, o molte altre volte. Deve sfruttare le tappe intermedie e la sua capacità di tenere a lungo velocità elevate grazie alle sue capacità aerodinamiche. Non deve correre di rimessa. E quel senso di rimessa un po’ in effetti appare. Magari ci sbaglieremo. Ma quando lo vedi alle classiche ha un altro sguardo, un altro modo di porsi. Lì sa che può vincere e fare male, qui invece sa che non è il più forte, almeno in partenza. Di conseguenza ci sembra quasi che cambi anche il suo linguaggio fisico… ma magari è un’impressione…

«Penso – conclude Remco – che tutti siano un po’ spaventati da questo inizio. Non vogliamo uscire con infortuni già dopo poche tappe. Prima di una corsa come questa speriamo tutti che le tappe più nervose non siano realmente caotiche».

Castelli e la sfida del vento per Evenepoel e Merlier

04.07.2025
8 min
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Una marea di email da qualche giorno annuncia nuove maglie e nuove colorazioni per il Tour de France. Biciclette e caschi, persino le scarpe. Ma alla vigilia di una prima tappa che si deciderà allo sprint con probabile vento e della prima crono che mercoledì darà uno scossone alla classifica, l’incontro con Castelli per parlare dei materiali della Soudal-Quick Step è parso molto ghiotto. Da una parte Tim Merlier, campione europeo e velocista in odore della prima maglia gialla. Dall’altra Remco Evenepoel, campione del mondo della crono che a Caen potrebbe dare una prima impronta al suo Tour.

La parola a Koen Pelgrim, responsabile della performance nel team belga, e a Steve Smith, brand manager di Castelli, in una sorta di duetto trasversale rispetto agli studi, le esigenze degli atleti e le soluzioni trovate.

«Penso che molti di voi – dice Steve Smith – abbiano espresso un certo interesse a sapere quello che succede dietro le quinte. In realtà abbiamo trascorso molto tempo qui (dice mostrando una foto, ndr), nella galleria del vento del Politecnico di Milano. Per questo proveremo a mostrarvi alcuni dei lavori necessari per la preparazione di grandi obiettivi come il Tour de France per Tim Merlier e Remco Evenepoel. Nessun grande segreto in realtà, se non scoprire il processo che attuiamo con i nostri corridori e ciò che facciamo in termini di sviluppo del body più veloci».

All’incontro con i media erano presenti Steve Smith per Castelli e Koen Pelgrim, responsabile performance

Ogni dettaglio conta

La consapevolezza che la prima tappa del Tour si giocherà in volata e il fatto che la maglia gialla sia il grande sogno di Merlier ha spinto la squadra a investire su ogni dettaglio. E’ vero che finora nelle sue volate il belga ha vinto con ampio margine, ma più sale il livello e più le differenze si assottigliano.

«Ogni dettaglio può fare la differenza – spiega Smith – e avevamo l’idea che un body per lo sprint dovesse essere specifico e diverso da uno da crono. Per cui ci siamo messi a provarlo, per vedere se fosse possibile ottenere un guadagno aerodinamico. Perciò abbiamo cercato di lavorare nella galleria del vento in modo che ci permettesse di ragionare sulla posizione dello sprint. Non è facile. La posizione da crono tende a rimanere sempre uguale, nello sprint invece ci si muove molto di più. La stessa misurazione ha più criticità, perché la posizione non è mai costante. Il modo in cui il flusso d’aria gira intorno al corpo è totalmente diverso rispetto a qualsiasi altra posizione. Quindi i tessuti che usiamo dovrebbero essere sviluppati appositamente per questo».

Test prima della Sanremo

Anche i tessuti vengono scelti in funzione della velocità. Un completo veloce per i 40 orari non sarà probabilmente ugualmente veloce a 70. Per questo si sono fatti test a 60 all’ora e poi a 70 e anche con il corridore in piedi sulla bicicletta e Merlier è stato molto bravo a mantenere la posizione per tutto il tempo necessario alla misurazione.

«Anche stando in piedi – spiega Koen Pelgrim – abbiamo ottenuto una certa ripetibilità dei dati, anche se ovviamente c’era molto più rumore. Avevo un po’ paura prima di fare il test che stando in piedi ci sarebbe stata troppa variazione. Ma i risultati sono stati in realtà sorprendentemente costanti. Tim è molto composto anche nello sprint. E’ relativamente basso, la sua schiena è quasi completamente piatta e la sua testa è tra le spalle. Non sporge nel vento. Le sue braccia tendono a uscire un po’ e questo crea un flusso d’aria abbastanza specifico per lui, che non sarebbe esattamente lo stesso per un altro sprinter. Così siamo tornati indietro e abbiamo guardato il flusso d’aria teorico intorno a questa posizione e abbiamo preparato 11 nuovi prototipi da testare. Mancavano pochi giorni alla Sanremo, subito dopo il blocco della Parigi-Nizza. Siamo andati al Politecnico di Milano e abbiamo messo tutto nella galleria del vento. Quel posizionamento ha funzionato e siamo stati in grado di ripetere sia la posizione seduta che quella in piedi».

La stabilità di Merlier

Il dato emerso mostra che quando Merlier si alza a 70 chilometri all’ora, il suo CDA diminuisce: questo significa che in realtà è più aerodinamico in piedi che seduto. Il dato ha sorpreso Pelrgim, che con Merlier lavora e la spiegazione è affidata proprio ai materiali.

«Avevamo 11 nuovi prototipi e alcune cose che erano in qualche modo innovative – spiega Steve Smith – e pensavamo che avrebbero mostrato alcuni miglioramenti significativi. Ma quello che è emerso alla fine della giornata è stato che il body San Remo 8S, che Tim ha usato tutto l’anno ed è quello da strada per la squadra, si è rivelato il più veloce. Un body da strada deve essere progettato per velocità estremamente elevate. E così, anche se l’avevamo progettato per circa 60 all’ora, abbiamo visto che è ancora il più veloce che abbiamo per una velocità di 70 all’ora. Molto viene da quel tessuto delle spalle, simile a quello che avete visto in altre squadre, ma in realtà questo è Castelli. Abbiamo testato tutti i tessuti sul mercato e ne abbiamo creato uno esclusivo tutto nostro, che sta dando ottimi risultati. Un’altra parte in cui abbiamo trovato un guadagno significativo è un nuovo copriscarpe diverso da quello standard in uso al team, che funziona molto bene ad alta velocità».

La resistenza aerodinamica di Merlier decresce con l’aumentare della velocità (foto Castelli)
La resistenza aerodinamica di Merlier decresce con l’aumentare della velocità (foto Castelli)

Evenepoel, pochi ritocchi

Si passa quindi al capitolo Evenepoel e la prima sorpresa è fare la conoscenza del manichino con cui vengono effettuati i test che lo riguardano. Nel periodo della convalescenza per l’infortunio alla spalla, Remco non era in grado di tenere la posizione da crono e la sua… controfigura è stata chiamata agli straordinari.

«Evenepoel – spiega Smith – ha vinto ogni cronometro da quando è tornato. Perciò abbiamo fatto alcune modifiche molto lievi ai tessuti di corpo e gambe, riscontrando un calo di circa il 2% della resistenza aerodinamica, che si traduce in circa 1/2 chilometro all’ora quando è in piena velocità. Quando mercoledì arriveremo alla prima cronometro del Tour, speriamo che portino un grande margine di guadagno».

«Sappiamo tutti – fa eco Pelgrim – che se Remco è al suo miglior livello, è molto difficile da battere, anche se i rivali saranno molto duri. Quindi è stato bello aver trovato qualche piccolo miglioramento. Sappiamo anche di aver già lavorato così tanto con lui nei test in galleria del vento, parliamo di quasi 26 ore nell’ultimo anno. Abbiamo lavorato pure in pista, mettendo a punto quasi ogni piccola cosa che potevamo trovare, per cui era difficile fare ancora meglio».

Remco Evenepoel ha nella posizione su strada un atteggiamento simile a quello della crono (foto Castelli)
Remco Evenepoel ha nella posizione su strada un atteggiamento simile a quello della crono (foto Castelli)

La nuova visiera

Nessuna nuova posizione, insomma: le ultime modifiche risalgono allo scorso inverno. Fra queste, il ridisegno della visiera del casco la cui punta, se aveva la posizione ideale, toccava le sue mani, limitando i movimenti della testa.

«Così ne abbiamo provato una un po’ più corta e un po’ più rifinita – spiega Pelgrim – che ha migliorato la posizione della sua testa. Funziona bene anche per il flusso d’aria intorno a lui e attraverso il casco, quindi anche tagliare l’intera visiera non è la soluzione definitiva. L’abbiamo tagliata nella forma attuale, che si è rivelata molto veloce».

Da Ganna a Remco

Il dato divertente lo cita Steve Smith. Quando nel 2022 Castelli arrivò alla Soudal, aveva alle spalle i grandi risultati di Ganna. Erano convinti che sarebbe andato bene tutto anche per Evenepoel, invece si sbagliavano.

«Pensavamo di avere un setup abbastanza veloce e l’abbiamo riportato su Remco – spiega Steve Smith – ma non funzionava niente. E’ stata una vera lezione di umiltà dover tornare alle origini. Abbiamo capito che Remco è quasi unico nella sua aerodinamica. Con la testa così bassa, il suo casco e le mani fanno davvero una carenatura per il resto del corpo. Quindi l’abbigliamento è un po’ diverso. Siamo tornati all’inizio e abbiamo cercato cose che funzionassero per lui. E abbiamo scoperto che quel che va bene a lui, non va bene con altri corridori della squadra».

L’ultima annotazione riguarda anche Remco, che nella cronoscalata non userà lo stesso body di Caen poi la rumba del Tour riprende il sopravvento. Domani nella volata della prima maglia gialla si scontreranno anche i risultati delle ricerche tecnologiche sull’abbigliamento. Ed è bello pensare che in tutto questo ci sia sempre tanto, ma proprio tanto made in Italy.

Moscon ormai è un vero uomo squadra e Roglic se lo tiene stretto

04.07.2025
5 min
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LILLE (Francia) – Domenica scorsa a Gorizia lo cercavamo prima del via, ma il suo compagno Giulio Pellizzari ci aveva presto chiarito ogni dubbio: «Gianni? No, non c’è. E’ sullo Stelvio perché sta preparando il Tour de France». Gianni è Moscon. Quella che dunque sembrava essere solo una voce si è trasformata in realtà e così il trentenne della Red Bull-Bora dopo il Giro d’Italia è pronto a sciropparsi anche i 3.338 chilometri delle strade francesi.

Sono pochissimi i corridori presenti qui a Lille che hanno fatto anche la corsa rosa e quei pochi sono tutti di qualità, a partire dal re del Giro, Simon Yates, passando per i suoi alfieri Edoardo Affini e Wout Van Aert, Mattia Cattaneo e appunto Gianni Moscon.

Gianni Moscon correrà il Tour accanto a Roglic
Gianni Moscon correrà il Tour accanto a Roglic

Idea Tour già al Giro

Dopo 44 giorni dall’arrivo di Roma, Moscon riattaccherà il numero sulla schiena. Quaranta giorni in cui ha cercato prima di tutto di recuperare al meglio e poi di ritrovare la gamba, buona e solida, che aveva mostrato sulle strade del Giro.

«Sto bene dai – esclama Moscon – mi sono allenato nel modo giusto in questa fase. Come è nata questa partecipazione al Tour? Non è stata una sorpresa del tutto, perché con la squadra se ne era iniziato a parlare già durante il Giro. Ma ci saremmo risentiti dopo un po’. E così una settimana dopo Roma, le sensazioni erano buone, mi sembrava di aver recuperato bene e quindi si è deciso di fare anche il Tour.

«Sono stato sullo Stelvio circa due settimane, sono sceso giusto domenica. Ho svolto un lavoro di costruzione, senza strafare, sfruttando la quota e seguendo le sensazioni».

Moscon, anche se non si è visto moltissimo, è stato un vero uomo squadra durante il Giro. Ha lavorato prima per Primoz Roglic e poi è stato vicino a Pellizzari. Nessun piazzamento, nessuna grande fuga: un vero gregario.

«Come dicevo – riprende Gianni – le sensazioni sono buone, sono uscito bene dal Giro. Per il lavoro che sono chiamato a fare io, la prima cosa necessaria era aver recuperato bene». Probabilmente, visto l’andazzo, anche la parte finale del Giro è stata gestita in ottica Tour. Roglic deve averlo precettato.

Di fatto tante tappe a lui congeniali non c’erano, meglio dunque lavorare in un certo modo. Sono gli schemi che impone il ciclismo moderno e i suoi livelli stellari.

Gianni ha parlato di un ottimo clima in squadra. A Lille ci è parso sereno e motivato
Gianni ha parlato di un ottimo clima in squadra. A Lille ci è parso sereno e motivato

Moscon uomo squadra

Prima abbiamo parlato di un Moscon uomo squadra. Gianni fino a qualche tempo fa era uno dei nostri (italiani) cavalli di razza. E senza scomodare quella famosa Roubaix, più di qualche volta ha vinto o si è giocato gare importanti. Però poi, tra imprevisti vari, qualcosa col tempo è cambiato. Due cambi di squadra nelle ultime tre stagioni… non sono qualcosa di facile. Ma ora forse ha girato pagina e trovato una sua dimensione.

«Sicuramente – dice Moscon – mi fa piacere questo ruolo e il fatto che la squadra mi abbia voluto anche qui al Tour. So qual è il mio valore e potrebbe anche essere più alto il mio rendimento di quel che si vede, ma sono anche consapevole che oggi le cose sono cambiate rispetto a qualche tempo fa. Il livello è altissimo e la prendo con filosofia. Vincere oggi per me sarebbe difficilissimo e se mi dessero altre responsabilità, che infatti non voglio, rischierei di prendere delle delusioni. Io invece così sono tranquillo, svolgo bene il mio lavoro e sono contento.

«Fare Giro e Tour in un team così importante è un’ambizione, un’opportunità e una responsabilità al tempo».

Sono parole importanti quelle di Moscon. Lui parla di filosofia, noi ci sentiamo di dire consapevolezza. A 31 anni, ha totale consapevolezza, appunto, della persona e dell’atleta. E dunque onore a lui che sa riconoscersi e dare il massimo in questa nuova dimensione.

Di certo, se una squadra piena zeppa di grandi atleti come la Red Bull-Bora ti porta nella corsa più importante del mondo, dopo già aver fatto un grande Giro, un motivo ci sarà. Nulla si lascia al caso e i test di rendimento devono per forza aver dato un certo esito.

I sette alfieri di Roglic. Il pubblico di Lille ha riservato gli applausi più forti per Primoz (e anche per Alaphilippe)

Tutti per Primoz

Test di rendimento ma non solo. O meglio: come si valuta il rendimento di un pro’? E di un gregario in particolare? Non certo solo con i famigerati watt. E’ anche una questione di esperienza, di capacità di stare e fare gruppo.

«Alla Red Bull-Bora – racconta Moscon – mi trovo molto bene. Mi sono subito ambientato e sono davvero contento. Siamo un bel gruppo.

«Il mio ruolo? Più o meno come al Giro: cercare di essere presente nei momenti delicati e far risparmiare più energie possibili al capitano. Chiaramente, visto il livello attuale, dovrò lavorare di più nelle tappe veloci e mosse, perché in salita ora come ora, per stare davanti, mi servirebbe il motorino!».

Roglic è il leader della squadra, che sarà guidata da Enrico Gasparotto. Al suo fianco ci saranno altri ottimi atleti come Aleksandr Vlasov e Florian Lipowitz, secondo alcuni un possibile outsider di Vingegaard e Pogacar.

«Con Primoz, ma anche con gli altri ragazzi, è nata subito una certa sintonia. In particolare con Roglic non c’è neanche tutta questa necessità di parlarci più di tanto. A volte lo seguo io quando bisogna fare così, e lui sa che io ci sono. Tante volte è il contrario: lui mi segue perché si fida. Daremo il massimo. Come avete detto, siamo un’ottima squadra. Non la favorita numero uno, ma magari questo potrebbe essere un punto a nostro vantaggio».