Che speranze può avere Dumoulin contro il Van Aert del Tour?

18.07.2021
6 min
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A questo punto, dopo la prestazione di Van Aert nella crono di ieri al Tour de France e guardando al derby olimpico Jumbo Visma – con la sfida transnazionale fra Roglic, Dumoulin e Van aert – la curiosità è scattata da sé. Pur essendo certamente un campione, come farà Tom Dumoulin ad avere speranze concrete di ben figurare alle Olimpiadi? L’olandese non ha corso da ottobre a giugno. Poi è rientrato al Giro di Svizzera (foto di apertura) e a seguire ha vinto il campionato nazionale a crono, ritirandosi invece dalla prova su strada.

Come Dennis

Il tema è interessante e ancora una volta abbiamo fatto ricorso ad Adriano Malori, dato che con lui avevamo già affrontato la vigilia della crono del Tour. E Adriano riprende un concetto di cui avevamo già parlato quando venne fuori che Dumoulin sarebbe tornato in gioco per le Olimpiadi.

«Penso che stia cercando di fare come Rohan Dennis ai mondiali dello Yorkshire – ribadisce – o come Cipollini prima di Zolder. Di sicuro aveva il problema della troppa pressione e ha scelto di volersi estraniare. Ma parliamo di una crono secca, non della penultima tappa del Tour. E di certo per allenarsi è uscito dal suo Paese, altrimenti lo avrebbero visto e ogni giorno avrebbe avuto il codazzo».

Visto a Livigno

Gli diciamo che infatti lo abbiamo incontrato a Livigno, dove ha alloggiato a Trepalle, allenandosi tanto in salita e poi lungo le gallerie per i lavori in pianura. Davide Cimolai, che abbiamo incontrato ugualmente in quello spicchio di Valtellina, ha raccontato di averlo trovato molto rilassato, al punto che l’olandese lo ha invitato per un aperitivo.

«Si è ripresentato allo Svizzera – prosegue Malori – per le sue crono dure. Nella prima è stato appena fuori dai dieci, nella crono finale è entrato nei cinque. Non ci riesci in una corsa come lo Svizzera, neanche nelle speranze più audaci, se non ti sei allenato come una bestia. Se hai la grinta, la crono secca la prepari bene anche senza correre, se hai la persona adatta che ti fa dietro moto. Non devi allenare l’esplosività. Basta una strada di strappi e riesci a replicare alla grande il lavoro che faresti in gara. In altura non avrà potuto lavorare ad altissima intensità, anche se a Livigno c’è pianura a 1.800 metri e qualcosa si può fare. Per me ha mirato l’appuntamento e sparire dai radar era il solo modo per far calare le attese».

Una foto rubata in tutta fretta a Livigno: l’olandese non ha voluto saperne di fermarsi e raccontare la sua preparazione
Una foto rubata in tutta fretta a Livigno: l’olandese non ha voluto saperne di fermarsi e raccontare la sua preparazione

Tutto studiato

A questo si aggiunge il fatto che Dumoulin sia un cronoman coi fiocchi, già campione del mondo nel 2017 a Bergen, non un ragazzino alle prime armi.

«Credo che si sia trattato di una pausa pilotata – dice – per allenarsi con tranquillità verso un grande obiettivo. Qualcosa di cui erano al corrente la squadra e anche la federazione, come dimostra il fatto che nonostante il ritiro annunciato, non lo abbiano tolto dalla selezione olimpica. Certo facendo così ha compromesso la stagione e non mi meraviglierei se poi smettesse davvero. Oppure in caso di un grande risultato, potrebbe trovare lo stimolo per continuare».

Ai mondiali di Bergen del 2017, l’olandese conquistò la maglia iridata a crono
Ai mondiali di Bergen del 2017, l’olandese conquistò la maglia iridata a crono

Sul terzo gradino

Però resta aperto il discorso sulla differenza di condizione che potrebbero avere i corridori reduci dal Tour. Il percorso di Tokyo è duro e non fa sconti.

«Se si è allenato bene – dice – non ha niente meno di chi esce dal Tour. Per vincere una crono come quella non serve essere forti nelle ripartenze dalle curve. Il caldo non influirà molto. Credo che comunque il favorito numero uno sia Van Aert per quello che ha fatto vedere. C’è salita e c’è tanta discesa, che potrebbe permettere a Ganna di recuperare, mentre in salita soffrirà. Pippo ha preparato la pista che ti dà tanta brillantezza, mentre a Tokyo si tratterà di mantenere un ritmo elevato su un percorso tutt’altro che regolare. Devi essere più fluido possibile. In più Pippo pesa 15 chili più di Van Aert e mentre lui era a Montichiari, Wout spianava le Alpi. Dumoulin potrebbe arrivare terzo, giusto dopo di loro».

Quinto nella seconda crono del Giro di Svizzera, vinta da Uran su Alaphilippe: il risultato ha riacceso le speranze
Quinto nella seconda crono del Giro di Svizzera, vinta da Uran su Alaphilippe: il risultato ha riacceso le speranze

Troppo dura

Una nota sul percorso Adriano ci tiene a farla. «E’ una crono bella tosta – dice – sembra Rio e francamente non riesco a capire perché le disegnino così. La crono è velocità, qui invece la media sarà bassa. Per questo credo che se terrà la concentrazione, potrebbe essere una crono per Pogacar, mentre Roglic va osservato, ma non ho grandi certezze su di lui. Di sicuro si userà la bici da crono, magari montando davanti una ruota più leggera, profilo da 50 piuttosto che da 90, anche se per questo bisognerà vedere come sono fatte le curve. E per i rapporti, il più agile potrebbe essere un 42×27 in modo da poter usare agevolmente il 58×25».

E qui il tono cala e il ricordo va indietro.

«Sembra di rivivere la vigilia di Rio – dice a bassa voce – quando andammo con Cassani a provare il percorso. Poi sarei dovuto tornare in Italia, non c’era in programma di fare il Tour de San Luis. Invece lo proposi a Unzue e volai laggiù, dove tutto è finito. Sono passato dalle speranze e dal sogno di una medaglia per me a descrivere quelle degli altri. Possiamo farci ben poco, meglio riderci sopra. La vita tanto va avanti lo stesso».

Tutti contro Merckx, ma Merckx non si piglia

18.07.2021
4 min
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Ci hanno provato tanti e in tutti i modi, ma finora Merckx non aveva mai immaginato di poter condividere la corona con un altro. Cederla mai. Quella con Lance Armstrong è stata un’amicizia, avendo visto crescere l’americano accanto a suo figlio Axel e certo nello strapotere del texano, il grande belga poteva aver visto la sua stessa protervia di certi giorni. Eppure dopo gli inizi, era stato chiaro che in ogni caso e pure senza le nefandezze che ne hanno spazzato la carriera, si sarebbe trattato di un dominio limitato al Tour de France e poco altro.

Al Tour del 1969, Merckx vinse sei tappe e le tre maglie, lasciando Pingeon a 18′ e Poulidor a 22′
Al Tour del 1969, Merckx vinse sei tappe e le tre maglie, lasciando Pingeon a 18′ e Poulidor a 22′

Remco si farà

Così ci hanno provato con Evenepoel, facendolo con troppa insistenza e per giunta alle spalle di Remco, che non ha mai avuto interesse a svegliare il leone addormentato. Ma in Belgio il ciclismo è religione e la cosa peggiore a un certo punto è l’integralismo di certe posizioni. Merckx infatti non l’ha presa bene. Essendo campione di scuola antica, sfrontato in bici ma rispettoso nel resto del tempo, si è sentito in dovere di rispondere.

«Dovrà migliorare su molti terreni – ha detto dopo il Giro d’Italia – ha vinto grandi classiche come San Sebastian, ma deve ancora imparare molto. A leggere certe interviste, sembra quasi che si senta arrivato, ma deve mangiare ancora molti panini. E’ andato al Giro d’Italia e forse lo ha sottovalutato. Non c’è niente di sbagliato, adesso l’ha capito: prima di correre, bisogna imparare a camminare. Ha detto bene Lefevere: miracoli non se ne fanno. Per me nel 1967 fu uno shock. Avevo corso la Parigi-Nizza e due volte il Midi Libre, ma nella terza settimana del Giro mi spensi, pur avendo vinto sul Blockhaus e uno sprint di gruppo. D’altro canto, mi piace molto Van der Poel. Secondo me, lui potrebbe diventare in futuro un corridore da Giri».

Evenepoel, da ragazzo intelligente qual è, non ha nemmeno provato a controbattere. «Eddy Merckx – si è limitato a dire, facendo l’inchino – ha il diritto di mettere chiunque al suo posto, visto il suo palmares».

Sul podio di Libourne, due giorni fa, Merckx ha applaudito Pogacar
Sul podio di Libourne, due giorni fa, Merckx ha applaudito Pogacar

Un sorriso per Cavendish

Questa volta… l’attacco è su due fronti. Da una parte c’è Cavendish, che oggi potrebbe battere il record delle tappe vinte al Tour. E poi c’è Pogacar che a 22 anni ha vinto la Liegi e il secondo Tour e dovunque vada, punta e vince. Lo sloveno non ha mai fatto proclami, stando alla larga dalla maestà belga. E forse proprio per questo, Eddy ha cominciato a guardarlo con occhi diversi.

«Non ho visto Cavendish per parecchio tempo – ha detto – ma ricordo che nel primo periodo alla Quick Step, durante i criterium a volte ha dormito a casa mia con alcuni altri corridori. Lui era l’unico che puliva la sua stanza. Non conosciamo molto del suo carattere, ma quello che mi è restato in mente è la sua grande gentilezza. Quanto al record, devo dire che dormo tranquillo e non ho incubi. Quel numero non è mai stato una fissazione, il ciclismo segue la sua strada. E’ tutto normale e persino divertente. Ciò che ha fatto è meraviglioso, il suo ritorno. Se può, deve divertirsi ancora. Però di certo non si possono paragonare le nostre vittorie. Lui potrebbe essere il più grande sprinter di tutti i tempi, ma le mie sono state ottenute in modo diverso, non ha senso neppure discuterne. Io ho fatto 2.800 chilometri in testa al gruppo, lui ne ha fatti sei».

La grandezza di Eddy fu anche in quella dei rivali: qui Gimondi. Per questo Pogacar ha bisogno di Bernal, Evenepoel e Roglic
La grandezza di Eddy fu anche in quella dei rivali: qui Gimondi. Per questo Pogacar ha bisogno di Bernal, Evenepoel e Roglic

L’abbraccio a Pogacar

La stilettata, portata col sorriso, introduce il discorso su Pogacar e questa volta Merckx è meno netto, forse perché ha riconosciuto uno sguardo vagamente simile e dei modi rispettosi che gli vanno a genio. E poi corre anche lui su una Colnago.

«Vedo in lui il nuovo cannibale – ha detto Eddy – se non gli succede niente potrà vincere certamente più di cinque Tour».

La maglia gialla, che si è ritrovato con il grande belga sul podio di Libourne, ha accettato di buon grado il complimento e poi ha fatto un passo indietro

«E’ un onore – ha detto – essere sullo stesso podio con Eddy Merckx. Lui è un eroe del ciclismo. Io non mi sento un eroe, ma spero di invogliare molti bambini a correre in bicicletta».

Se Eddy fosse stato sul podio della crono di ieri però, forse una battuta gliel’avrebbe mollata. Lui avrebbe fatto di tutto per vincerla. Come nel 1969, quando al pari di Pogacar vinse le tre maglie, ma portò a casa sei tappe e rifilò 18 minuti a Pingeon e 22 a Poulidor. La sua ammissione tuttavia è quasi un’investitura.

Van Aert la crono, Pogacar il Tour. E domani si tifa Sonny

17.07.2021
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Aveva ragione Malori, su tutta la linea. La crono se la sarebbero giocata Van Aert e Pogacar, mentre Kung non ce l’avrebbe fatta perché era parso stanco anche nei giorni precedenti. Ma Pogacar a un certo punto ha tirato i remi in barca e ha fatto una crono… conservativa e Wout Van Aert ha avuto via libera, rifilando 21 secondi a un grande Asgreen, l’uomo del Fiandre, e 32 al compagno Vingegaard già terzo nella prima crono.

Malori 10 e lode

Per la Jumbo Visma sulla via di Tokyo, la cronometro promette di essere quasi una gara sociale. Con Van Aert, Roglic e Dumoulin. Vingegaard non è stato selezionato: il solo posto a disposizione per la Danimarca se l’è preso lo stesso Asgreen che oggi ha fatto meglio di lui.

«Vincere una cronometro al Tour de France – dice Van Aert – è sempre stato uno dei più grandi obiettivi della mia carriera. Negli ultimi due giorni mi sono concentrato su questa gara (Malori aveva visto bene, ndr). Sono molto felice di esserci riuscito. Rispetto alla prima cronometro, questa è stata più scorrevole e più veloce. Con il mio peso, è stata più a mio vantaggio rispetto alla prima, che era più dura».

Lavoro di squadra

Anche il direttore sportivo Merijn Zeeman parla di una cronometro perfetta: «Abbiamo investito tempo e impegno. Mathieu Heijboer (ex pro’ e tecnico del Team Jumbo Visma, ndr) ha lavorato sui materiali, la postura, la posizione e i test in galleria del vento. Tutto quel lavoro si è fuso in questa grande prestazione. Wout è andato chiaramente molto meglio che nella prima cronometro. In questo Tour è davvero cresciuto e migliorato. Me lo aspettavo. Sapevamo che era uno dei favoriti oggi e che non si sarebbe accontentato d’altro che della vittoria. Il fatto che Vingegaard sia arrivato terzo, rende questa giornata da sogno».

Van Aert è stato in testa dai primi rilevamenti: non c’è mai stata storia
Van Aert è stato in testa dai primi rilevamenti: non c’è mai stata storia

Asgreen verso Tokyo

Kasper Asgreen è rimasto sulla hot seat per un’ora e quaranta. E’ vero che i corridori lo sanno quando c’è in giro qualcuno che va più forte, ma dopo un po’ ti abitui all’idea che potresti aver vinto. Per questo lo sguardo del danese quando Van Aert lo ha superato era un misto fra delusione e insieme consapevolezza.

«Oggi alla partenza c’erano molti corridori forti – ammette – quindi sapevo che sarebbe stata dura. Ecco perché salire sul podio è un risultato che mi soddisfa, soprattutto perché arriva dopo tre settimane lunghe e dure e a pochi giorni dalle Olimpiadi. I primi chilometri avevano un asfalto ruvido e abbastanza accidentato, il che rendeva difficile trovare il ritmo, quindi il mio obiettivo principale erano i due lunghi rettilinei. Essere arrivato secondo è un buon risultato, il mio primo podio al Tour quest’anno».

Vingegaard terzo a 32 secondi ne rosicchia 25 a Pogacar e molla 1’47” a Carapaz
Vingegaard terzo a 32 secondi ne rosicchia 25 a Pogacar e molla 1’47” a Carapaz

Adrenalina giù

Pogacar ha fatto il suo. Chi me lo fa fare di rischiare l’osso del collo in quelle curve, deve aver pensato la maglia gialla, se tanto ho da difendere quasi sei minuti? L’unico appunto per una corsa remissiva è aver perso l’occasione di confrontarsi con i rivali in vista delle Olimpiadi, ma si sarebbe trattato comunque di un confronto falsato dalle fatiche del Tour.

«Sono super felice che sia finita – ammette, lasciando capire a cosa (giustamente) pensasse – è stata una cronometro molto veloce. C’era tanto supporto durante il percorso, mi sono goduto ogni chilometro, anche se faceva molto caldo e ho sofferto un po’. Sono andato a tutta, ma è stato diverso dalla prima crono, in cui c’era più adrenalina. Ero comunque ben preparato e ho fatto comunque una bella prestazione».

Pogacar non ha spinto al massimo: 8° a 57″ dal vincitore, ma Tour vinto
Pogacar non ha spinto al massimo: 8° a 57″ dal vincitore, ma Tour vinto

«Ho rivinto il Tour, ma non posso confrontare entrambe le vittorie, dire quale è più bella. L’anno scorso si è deciso tutto nell’ultima crono e le emozioni furono di gran lunga più forti. Questa volta ho preso la maglia gialla molto prima. E’ stato completamente diverso. Penserò in futuro a quanto sia importante questa vittoria. Per il momento, sono solo molto felice».

Domani per Sonny

La chiusura spetta al vincitore di giornata, che dopo l’arrivo era stravolto come si conviene a chi fa una crono a tutta e dà il massimo, e al campione italiano che ha lottato come un leone andando fortissimo, ma rischia di andarsene senza null’altro che l’amaro in bocca.

Con questa grinta, Van Aert fa ora rotta sulla crono olimpica
Con questa grinta, Van Aert fa ora rotta sulla crono olimpica

«E’ stata una giornata perfetta – dice Van Aert – dopo l’arrivo bruciavo. E’ stato stressante vedere arrivare gli altri al traguardo. Ma per fortuna mi sono rilassato un po’ vedendo che gli intermedi degli uomini di classifica erano abbastanza alti. E’ stato un Tour de France molto duro per la mia squadra. Sono molto orgoglioso di ciò che abbiamo raggiunto, con tre vittorie di tappa e Jonas (Vingegaard, ndr) che si è piazzato secondo nella classifica finale».

Domani passerella finale e ultima volata ai Campi Elisi. Non si offenda Cavendish: avremmo fatto il tifo per lui, ma vista la grandezza di Merckx e visto soprattutto lo sguardo di Colbrelli sul traguardo di Saint Gaudens, domani si tifa tricolore. Perché è giusto che vinca e perché è giusto che anche lui sfrecci sul traguardo con un dito davanti alla bocca. Il fatto che non gli arrivino ancora messaggi potrebbe confermare che il telefono non gli sia stato ancora restituito. Per un padre di famiglia che lavora a migliaia di chilometri da casa questo è fonte di stress e rabbia. La stessa rabbia che ci auguriamo domani possa scaricare nei pedali sul selciato magico di Parigi. Forza Sonny!

Crono del Tour: Space Jet, l’arma in più per Bahrain Victorious

17.07.2021
4 min
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Il primo a partire della Bahrain Victorious è stato Marco Haller alle 13,27. Crono finale del Tour de France 2021: 30,7 chilometri da Libourne a Saint Emilion. Bici Merida Wrap TT e un body tutto nuovo, lo Space Jet, fornito da Alé per le prove contro il tempo. Il Tour de France volge al termine e la squadra guidata da Franco Pellizotti ha potuto utilizzare il nuovo capo speciale messo a punto proprio per la corsa francese.

«L’abbigliamento è insieme al casco – ci dice Alessia Piccolo, direttore generale Alè – uno dei componenti esterni che possono fare la maggiore differenza a livello aerodinamico, quasi più della bici. I body da noi proposti nascono dalle esigenze dei team, noi creiamo dei prototipi e li sviluppiamo insieme alle squadre».

Haller è stato il rpino corridore del team a partire nella seconda crono del Tour
Haller è stato il rpino corridore del team a partire nella seconda crono del Tour

La continua ricerca dell’azienda veronese, nell’ambito dei tagli, dei tessuti e delle soluzioni più ergonomiche ed aerodinamiche, ha prodotto un nuovo eccezionale risultato. Il body Space Jet à un capo rivoluzionario, studiato in galleria del vento, con l’obiettivo di fornire un guadagno di tempo da quantificare in decimi, migliorando così la performance dell’atleta.

Tre tessuti

Per questo body sono stati utilizzati tre tessuti diversi, in funzione delle porzioni di corpo che fasciano, a conferma che lo studio è anche anatomico.

Four Way Stretch. Corpino e parti stampate sono creati con questa fibra tecnica, la quale offre ottima elasticità multidirezionale, utile per il busto e le gambe, che in questo modo rimangono più liberi di seguire i movimenti dell’atleta. L’azione di leggera compressione permette al muscolo di reagire meglio ai piccoli shock dovuti all’asfalto e allo sforzo del corridore.

Zaffiro. La lycra power, con cui è fatta tutta la parte del cavallo, quella con il maggiore sfregamento, dovuto alla sella. Studiato per durare nel tempo ed avere un ottimo grip

Space Jet. Infine, su maniche, spalle e fianchi c’è il materiale che dà il nome al capo. Si tratta di un tessuto a navetta, bielastico, caratterizzato da un’inconfondibile struttura tridimensionale, posizionato proprio nei punti di delaminazione del flusso d’aria. La sua superficie ruvida, con diverse altezze e intrecci, risulta vincente nella corretta ed efficace gestione del “drag”: creando turbolenze nel flusso d’aria ne ritarda conseguentemente il punto di taglio.

Il body Space Jet ha debuttato al Tour de France
Il body Space Jet ha debuttato al Tour de France

Galleria del vento

La collaborazione con le squadre è ormai cruciale per il disegno del loro abbigliamento, per cui dopo aver registrato le volontà degli atleti, il passo successivo è lo sviluppo del prodotto in galleria del vento anche per la messa a punto e la scelta dei tessuti più redditizi. Infine si passa per il body fitting con gli atleti, per riscontrare che il lavoro fatto si adatti effettivamente alle loro misure.

«Questo prodotto è nato studiando i flussi d’aria in galleria del vento – precisa Alessia Piccolo – ormai alla base dello sviluppo, soprattutto su indumenti così tecnici. Abbiamo visto come nella parte delle spalle e delle braccia l’attrito fosse ancora elevato. Il tessuto Space Jet ha delle canaline che permettono al flusso d’aria di scorrere via evitando così l’effetto vortice».

Mohoric, giusto o sbagliato quel gesto sul traguardo?

17.07.2021
4 min
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Eppure ad alcuni il gesto di Mohoric sulla linea è parso inappropriato. Ma inappropriato perché? Forse perché, si dice da qualche parte, così facendo ha dato risalto a un avvenimento che, se immotivato come dice la Bahrain-Victorious, sarebbe dovuto passare sotto silenzio. Tuttavia è giusto che passi sotto silenzio, se immotivata, la perquisizione delle stanze dopo una tappa pirenaica, che costringe i corridori a cenare alle 23 con la sottrazione dei telefoni che, per chiunque sia un po’ avvezzo a viaggiare, sono il solo contatto ormai con le famiglie? Probabilmente no.

La procura di Marsiglia è la stessa che nel settembre scorso indagò su Quintana e due membri dello staff dell’Arkea-Samsic, che furono arrestati e poi rilasciati. Identico il motivo che portò all’apertura dell’inchiesta della quale non si è saputo più nulla.

Indice sulla bocca e gesto della lampo: «Zitti tutti»
Indice sulla bocca e gesto della lampo: «Zitti tutti»

Lucidità pazzesca

Ieri Mohoric, già vincitore a Le Creusot e arrivato al Tour dopo la terribile caduta del Giro, ha vinto perché è stato semplicemente il più forte, come ha riconosciuto con grande obiettività Laporte, secondo all’arrivo. Ha vinto perché da sempre ha una visione di corsa lucida e pazzesca e quando riesce a mettere in fila tutti i tasselli delle sue osservazioni, è capace di azioni a colpo sicuro.

«Sulla carta – ha raccontato – era un giorno per lo sprint, ma volevo essere sicuro di essere pronto per qualsiasi mossa. Quando ho sentito che stava arrivando un altro gruppo, sapevo che anche loro avrebbero fatto un grande sforzo per chiuderci, quindi sono rimasto calmo. Alla fine, si trattava di seguire la mossa giusta, e quando Pollit ha attaccato, ho contrattaccato e sono riuscito a creare un gap. Ho sofferto negli ultimi dieci chilometri, ma ho continuato a lottare fino al traguardo».

Il gesto sull’arrivo

E alla fine poco prima di passare sulla riga, si è messo un dito davanti alla bocca e ha mimato il gesto di una lampo sulle labbra, pretendendo il silenzio delle tante voci dopo la perquisizione effettuata mercoledì sera a Lescar nelle stanze della sua squadra dai gendarmi dell’ufficio centrale per la lotta alle infrazioni ambientali e salute pubblica.

«In effetti, tagliando il traguardo – ha detto – volevo dire a tutte le persone che mettono in dubbio la nostra prestazione che stiamo semplicemente facendo enormi sacrifici per arrivare al successo. Che prestiamo attenzione all’alimentazione, ai piani di allenamento, ai piani di gara e che non è mai divertente stare fuori casa. Facciamo tutti questi sacrifici per essere pronti per la più grande gara del mondo. Il nostro team ha funzionato bene in passato e continua a farlo oggi. Quello che è successo mercoledì sera ci ha reso una squadra ancora più unita».

Un’azione solitaria con una grande scelta di tempo
Un’azione solitaria con una grande scelta di tempo

Cena alle 23

E’ successo tutto mercoledì sera, dopo la vittoria di Pogacar al Col du Portet, quando arrivati nell’hotel i corridori sono stati accolti da uno squadrone di agenti in uniforme. Il giorno dopo, la procura di Marsiglia ha spiegato di aver aperto un’indagine preliminare dal 3 luglio per “acquisizione, trasporto, detenzione, importazione di una sostanza o di un metodo vietato all’uso da parte di un atleta senza giustificazione medica” contro la Bahrain-Victorious. Ed è nell’ambito di queste indagini che mercoledì sera è stata effettuata la perquisizione. Sono stati ispezionati tutti i veicoli, le stanze dei corridori e dello staff. I computer di diversi membri del team sono stati analizzati e molti documenti, file di allenamento compresi, sequestrati. Dopo quella tappa così dura, i corridori sono potuti andare a tavola alle 23.

Seconda vittoria di tappa per Mohoric, dopo Le Creusot
Seconda vittoria di tappa per Mohoric, dopo Le Creusot

Metodi sbagliati

«Hanno sequestrato alcuni telefoni e computer – ha raccontato Mohoric – e avevano promesso di restituirceli venerdì mattina, ma non abbiamo ancora riavuto nulla. Cercando di vincere la tappa volevamo dimostrare di essere una delle migliori squadre del gruppo, mentre l’altra sera siamo stati trattati come criminali. Ci siamo mostrati degni collaborando con la polizia. Quello che è successo potrebbe essere stato un male per ottenere un bene, ma siamo stati accusati di cose che non capiamo ed è stata messa in dubbio la nostra integrità. La nostra squadra non ha mai fatto nulla di illegale e personalmente non ho visto nulla di illegale nel ciclismo.

«Non ho problemi con quello che è successo e possono anche spulciare il mio telefono. Se dobbiamo passare attraverso questo per dimostrare che siamo puliti, per me va bene. Devono continuare a fare controlli, questa è una buona cosa per il ciclismo. La trasparenza ci aiuta. Ci sono stati problemi in passato ma non esistono più nella mia generazione. Ma i modi giusti forse non sono questi».

Eppure, ad alcuni il gesto di Mohoric sulla linea è parso inappropriato. Ma inappropriato perché? E perché sarebbe inappropriato, se di ciò convinti, rivendicare la propria estraneità?

Ultima crono, Pogacar sicuro, gli altri no. Parla Malori

16.07.2021
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Domani si giocheranno il Tour a crono, anche se in realtà da giocarsi ci saranno la tappa e il resto del podio fra Vingegaard e Carapaz, poiché Pogacar là davanti ha poco da temere. Se infatti fra lo sloveno e il danese ci sono 5’45” incolmabili, fra il danese e l’ecuadoriano della Ineos ballano appena 6 secondi e a ben guardare il vero motivo di interesse sarà in questa sfida.

Quando si parla di crono, non c’è nome che tenga: un passaggio con Adriano Malori è il modo migliore per vederci più chiaro. Oltre ad essere stato uno dei migliori specialisti mondiali fino al dannato incidente del 2016, l’emiliano è attentissimo a ciò che si muove sotto il cielo del professionismo.

«E secondo me – dice – domani per la crono sarà un affare tra Pogacar e Van Aert. Ci sarebbe Kung, ma l’ho visto staccarsi in pianura il giorno che ha vinto Politt. Magari mi smentisce, ma non mi ha dato grandi sensazioni. In una crono di fine Tour non conta essere specialisti, ma aver recuperato bene. Pogacar in questo senso mi sembra il più fresco di tutti, mentre Van Aert lo vedo che si stacca sempre prima dei finali. Fa così dalla vittoria sul Ventoux, viene da pensare che non pensi ad altro che alla crono».

Nella prima crono del Tour, Vingegaard è stato 3° a 27″ da Pogacar
Nella prima crono del Tour, Vingegaard è stato 3° a 27″ da Pogacar
Se è un fatto di recupero, Pogacar ha già vinto…

La cosa incredibile è che sembra che giochi. Due giorni fa in salita ha allungato con due pedalate, ha una facilità che gli altri non hanno. Vingegaard non può insidiarlo per la tappa, almeno una ventina di secondi glieli concede. Gli unici che potevano metterlo in difficoltà sarebbero stati Roglic e Thomas. Ma Thomas non va. Tanti in passato sono caduti, poi però essendo in condizione, sono tornati su. Lui non si è mai ripreso, non credo stia così bene.

E’ una crono veloce di 30,8 chilometri.

La crono perfetta per Malori e Ganna (sorride, ndr). Sono curioso di vedere come se la caveranno i non specialisti.

Fra Carapaz e Vingegaard?

Bisognerebbe dire Carapaz che in teoria nella terza settimana ha più esperienza e recupera meglio, ma a vederli in salita in questi giorni, non ne sarei tanto sicuro.

Nella prima crono di 27,2 chilometri, Carapaz è finito a 1’44” da Pogacar
Nella prima crono di 27,2 chilometri, Carapaz è finito a 1’44” da Pogacar
Sei secondi li guadagni o li perdi anche grazie alla bici…

Ormai le bici sono come le auto. C’è sempre chi scopre qualcosa in più, ma è questione di tempo e arrivano anche gli altri. E’ come chiedere se sia meglio Audi o Mercedes. I livelli sono quelli, non so se Pinarello abbia fatto per Carapaz la stessa personalizzazione che ha fatto per Ganna. Parlando di pochi secondi, quella potrebbe essere una differenza interessante.

Ruote, rapporti… tutto come sempre?

Sì, non cambia niente. L’unica variabile di cui tenere conto anche nella scelta dei componenti è il vento. Che è determinante su due fronti. Quello della bici e quello della disidratazione. Se è frontale, rallenta gli atleti più grandi, per cui Vingegaard, che è più piccolo di Pogacar ma più o meno spinge gli stessi watt, potrebbe essere avvantaggiato. Mentre diventa causa di disidratazione, per cui è tassativo correre con la borraccia.

A Laval, Van Aert è arrivato 4° a 30″ da Pogacar
A Laval, Van Aert è arrivato 4° a 30″ da Pogacar
Come ci si scalda?

Altro fronte caldo, va fatto bene. La mattina, provando il percorso scioglierei le gambe dietro macchina. Poi al momento giusto farei 30 minuti di rulli con qualche progressione, senza esagerare. Il fisico è così stanco e i muscoli avranno memoria della tappa di oggi, che si scalderanno con un niente.

A causa di cosa Pogacar potrebbe perdere il Tour?

Di nulla, impossibile. Neanche una giornata stortissima ti fa perdere 5’45” in una cronometro. L’unico corridore che poteva contendere il Tour a Pogacar era Roglic, ma non alla fine. A questo punto sarebbe stato impossibile anche rivedere il film del 2020 a parti invertite. Roglic aveva meno vantaggio e non aveva dimostrato la stessa superiorità.

La caduta non ci voleva…

In un Tour in cui si va a 70 all’ora a 10 centimetri uno dall’altro, i freni a disco sono una condanna. I tempi di reazione sono diversi, basta che quello davanti sfiori il freno e gli finisci sopra. Non c’è margine di errore. In più è caduto nel giorno sbagliato, perché ritrovarsi a fare la crono con il body e la posizione aerodinamica deve essere stato tremendo. Per questo è un rischio puntare tutto su una sola corsa come ha fatto Roglic.

Kung nella prima crono è stato 2° a 19″ da Pogacar
Kung nella prima crono è stato 2° a 19″ da Pogacar
Il rischio di caduta va messo in conto?

Per forza, io non avrei mai fatto la scelta di Roglic. Passi settimane e settimane a pensare allo stesso obiettivo, che a un certo punto diventa quasi un’ossessione. E se cadi e vedi sfuggire tutto quello per cui hai lavorato, la testa se ne va. Ha fatto bene a ritirarsi e riprogrammarsi per le Olimpiadi e semmai la Vuelta. Gli sloveni sono freddi. Chiunque avesse preso la mazzata che ha preso lui l’anno scorso, avrebbe bevuto venti litri di birra e sarebbe sparito. Lui invece si è rimesso sotto, si è presentato bene ai mondiali, ha vinto la Liegi e poi la Vuelta. Pogacar ha fatto meglio.

Cioè?

Ha fatto come Roglic l’anno scorso, vincendo e preparandosi, arrivando al Tour con un bel bottino. Per me ha sbagliato solo ad andare al Giro di Slovenia, un rischio di troppo, ma a 22 anni la bici gli scappa di sotto. E poi lo vedete cosa fa? Arriva in cima a una montagna, con il vento e la pioggia, e si mette sui rulli senza neanche cambiarsi la maglia. Puoi farlo a 20 anni, dopo diventa più complicato…

Pogacar saluta la compagnia, Vingegaard cresce ancora

15.07.2021
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Se qualcuno ha seguito la seconda serie Netflix sulla Movistar, vedendo scattare Enric Mas alla fine della tappa di oggi, avrà sicuramente ricordato le sue lacrime dello scorso anno, deluso per non aver saputo seguire i migliori. I compagni lo rincuoravano, ma lui non se ne faceva una ragione. Invece oggi sembrava fosse la volta buona, con quello scatto non violento ma deciso e dietro la sensazione che nessuno sarebbe andato a chiudere. La sua vittoria avrebbe fatto clamorosamente scopa con le parole lette stamattina nell’articolo di Ainara Hernando con Alejandro Valverde. Invece quando lo spagnolo si è voltato, ha visto spuntare il casco giallo di Pogacar poi quelli di Vingegaard e Carapaz, anche se stasera sarà meno triste dello scorso anno, ha capito di dover lavorare ancora parecchio.

Colbrelli e Mohoric: la Bahrain Victorious ha subito una perquisizione, il team si dice tranquillo
Colbrelli e Mohoric: la Bahrain Victorious ha subito una perquisizione, il team si dice tranquillo

Facce stanche

Pogacar non va più come nei primi giorni e si vede, ma neppure si può dire che gli altri siano cresciuti al punto di metterlo in difficoltà. E come già al pazzo Giro dello scorso anno, le differenze vere si sono fatte nella seconda settimana. Del resto la fisiologia è sempre la stessa e se parti ogni giorno a tutta, è difficile tu possa venir fuori alla fine. Meglio allora monetizzare la condizione nella settimana centrale e stringere i denti in quel che resta.

Enric Mas prova l’attacco, ma il sogno dura un soffio
Enric Mas prova l’attacco, ma il sogno dura un soffio

«Stavo bene – conferma lo sloveno – il Tourmalet è stato duro e anche se ho tanto vantaggio, dovrò cercare di fare del mio meglio domani e nella cronometro. Mi riservo un 50 per cento di possibilità di vittoria, ma so anche che ho un grande margine e difficilmente perderò sei minuti nella crono. Insomma, spero non finisca come con Roglic lo scorso anno».

La vera sorpresa

Chi in realtà è cresciuto nella terza settimana e ha corso tutto il Tour con un handicap di 1’21” per aspettare Roglic dopo la caduta è Jonas Vingegaard, messo nella squadra del Tour a primavera, quando il team si arrese al fatto che Dumoulin non ci sarebbe stato. Ce lo dissero proprio loro dopo la Settimana Coppi e Bartali: qualcuno avrebbero dovuto portare e il danese era quello che meglio si prestava all’uso.

«Jonas ha dimostrato di essere un grande talento per il futuro – ha detto il diesse Grischa Niermann – e ha fatto grandi passi avanti nel suo sviluppo come uomo da grandi Giri. Non ci aspettavamo che fosse già in grado di farlo. Lo spirito combattivo che ha mostrato per superare Carapaz è stato bello da vedere. Con la crono di mezzo, tutto può ancora succedere, dato che nella precedente proprio lui è stato terzo. Ma oggi abbiamo fatto un grande passo nella giusta direzione. Con Jonas, e anche con un talento come Tobias Foss, le cose si mettono bene per il futuro».

Grande scuola

Lui sorride beato, come del resto sta facendo anche Pogacar dall’inizio del Tour. Ovviamente si tratta di espressioni diverse. Tanto è appagato e in controllo Tadej, per quanto si mostra ogni giorno più stupito e grato Vingegaard.

I Pirenei sono la solita cornice spettacolare, il gruppo soffre
I Pirenei sono la solita cornice spettacolare, il gruppo soffre

«Non è stato il mio giorno migliore – dice comprensibilmente stanco – ho sofferto tanto, come credo tutti. Ma era il secondo giorno duro di montagna alla fine del Tour e sono contento. Ero venuto per aiutare Roglic e imparare, ma devo dire che sto vivendo un grande processo di apprendimento. Se sopravvivo alla tappa di domani (ride, ndr) e la crono va come spero, tornerò a casa con il secondo posto».

In questo ciclismo di prodigi, la tentazione di dire quali e quanti campioni siano arrivati secondi al Tour a 24 anni ce la rimettiamo prontamente in tasca, davanti a uno come Pogacar che l’anno scorso e al primo assalto lo ha vinto. Ma considerando lo sloveno un grandissimo e una grandissima eccezione, vale la pena sussurrare a Vingegaard che non molti sono riusciti nel suo stesso record.

Cavendish arriva in tempo e professa la sua avversione per il Tourmalet
Cavendish arriva in tempo e professa la sua avversione per il Tourmalet

E ora tocca a Cavendish

Chiudiamo questo taccuino quotidiano dopo aver sentito il mal di gambe di Cavendish fluire attraverso le sue parole smozzicate più del solito.

«Potevo sentire nelle gambe – ha detto – la fatica della tappa prima del Tourmalet. Abbiamo avuto alcune salite brevi ma pungenti, su cui gli scatti mi hanno reso la vita abbastanza difficile. Poi c’è stato lo sprint intermedio, in cui ho speso un po’ di energia. Il Tourmalet è la salita che detesto di più al Tour, è semplicemente terribile. L’ho fatto dieci volte e ogni volta è stato lo stesso. Sono così grato ai ragazzi per essere stati al mio fianco in questa giornata così difficile. Alla fine mi sono emozionato un po’ perché i miei compagni mi hanno aiutato molto a questo Tour de France. Non posso dirvi quanto sono orgoglioso e felice di essere in questa squadra».

In quel grandioso film che è stato il suo ritorno al Tour de France, potrebbe starci a questo punto la sconfitta domani ad opera di un cagnaccio della terza settimana come Van Aert o Colbrelli. Poi però, nell’iconica volata dei Campi Elisi, siamo tutti pronti a vederlo piangere ancora.

Da Parigi a Tokyo, la prossima sfida del Bala

15.07.2021
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Sorride così, tra il malizioso e il divertito, Alejandro Valverde quando gli chiedono se tornerà al Tour de France. Sorride divertito, perché lo stuzzica molto questo fatto di continuare a spremersi, allenarsi, correre, soffrire e vincere o mettere in difficoltà i ragazzi che ora dominano il gruppo, ma potrebbero essere benissimo suoi figli. La domanda è se tornerà al Tour. Lo aveva già escluso l’anno scorso, ma poi si è fatto coraggio e ormai finirà per raggiungere Parigi. Ma quella domanda ne porta dietro un’altra, quella sul continuare a correre. Aveva già fissato una scadenza: dicembre 2021. Ma adesso, visto come stanno andando le cose, quanto si stia divertendo e quanto riesca ancora a far soffrire i suoi giovani rivali, forse quel termine non è più così chiaro. «Non so ancora cosa farò, devo ancora parlare con Eusebio e poi vedremo».

Nel freddo de Le Grand Bornand ha pensato al ritiro
Nel freddo de Le Grand Bornand ha pensato al ritiro

Un anno di più

Una cosa è certa ed è che «mi sto godendo questo Tour, il fatto di correre senza pressioni, di potermi staccare per provarci in altri giorni».

E questo, unito al suo ottimo livello e alle due vittorie già conquistate in questa stagione, al fatto di essersi visto nuovamente insieme ai migliori nelle classiche delle Ardenne la scorsa primavera con gambe che continuano a chiedergli la guerra, lo avvicinano alla decisione di restare un anno in più.

Un’altra cosa rispetto a gennaio. Stanco e vecchio come si sentiva, aveva iniziato quella che pensava sarebbe stata la sua ultima stagione, con i segni attraverso cui la precedente, soprattutto il Tour e la Vuelta del 2020, gli aveva detto che il suo tempo era ormai passato e che non aveva più il ritmo dei migliori.

Assieme a Mattia Cattaneo, nella discesa dal Ventoux su Malaucene
Assieme a Mattia Cattaneo, nella discesa dal Ventoux su Malaucene

Il “Bala” c’è ancora

Ma Valverde è tornato ad essere il “Bala”. Quello del talento eterno e la classe maiuscola. Per questo si è fatto coraggio e, finita la Liegi, si è convinto di venire a questo Tour e poi di continuare fino a Parigi. Fino alla fine, mettendo la sua esperienza al servizio di Enric Mas nella sua lotta per salire sul podio e dopo aver tentato per due volte di vincere una tappa entrando in fuga.

La prima volta a Le Grand Bornand, che lo ha lasciato tremante e congelato sul col de Romme, tanto che ha dovuto fermarsi per prendere un giubbino. Aveva quasi deciso, confessa solo ora, di salire in ammiraglia e abbandonare la gara. Che certe cose non fanno più per lui. «Poi però ho pensato ai miei compagni e ho deciso di andare avanti».

A La Vella secondo dietro Kuss: all’arrivo è andato ad abracciarlo
A La Vella secondo dietro Kuss: all’arrivo è andato ad abracciarlo

A un passo da Kuss

La seconda, domenica scorsa a La Vella, passando da quel gelo a fermare quasi i cuori per l’emozione quando, scalando la Collada de Beixalis, è riuscito a tenere lo scatto di Sepp Kuss a mezzo minuto ed è arrivato a 12 secondi dal prenderlo e giocarsi la tappa con l’americano, nove anni dopo l’ultima vittoria a Peyragudes. Sarebbe stata la quinta in carriera: la prima nel 2005, contro Armstrong a Courchevel, seguita dalle due nel 2008 a Plumelec e Super Besse. Adesso che ha vinto quasi tutto ed è salito su quasi tutti i podi, dai grandi Giri alle classiche fino alle gare di una settimana, arrendersi a uno scalatore del livello di Kuss è stato molto diverso.

«Se fossi arrivato secondo nel 2008, tanto per fare un esempio, non ci sarebbe persona più arrabbiata di me – dice – ma a 41 anni la rabbia passa in fretta. E all’arrivo ero felice perché so che ha vinto il migliore e mi è venuto dal cuore congratularmi con lui. Sono arrivato secondo, ma felice come se avessi vinto».

Parlano i suoi 41 anni e due mesi. Una vita intera facendo quello che sa fare meglio. Divertirsi in bici.

Da Parigi a Tokyo

Con questo spirito lunedì prossimo partirà direttamente da Parigi per Tokyo, verso la sua quarta Olimpiade. Perché, dice, «non avrebbe senso ritirarsi dal Tour adesso. Avremmo viaggiato comunque lo stesso giorno. Sappiamo già che in sei giorni non si possono preparare i Giochi – spiega – ma il programma di viaggio sarebbe stato lo stesso anche se mi fossi ritirato prima».

Terzo alla Freccia, dietro Alaphilippe e Roglic: il Bala c’è ancora
Terzo alla Freccia, dietro Alaphilippe e Roglic: il Bala c’è ancora

Motivado y con ilusión

La medaglia olimpica è l’ultima frontiera da conquistare per il ciclista che somma più di 120 vittorie e un talento eterno. Ma non vuole pressioni o fardelli. Non a questo punto, non avendo più nulla da dimostrare.

«Darò tutto per riuscirsi, ma non voglio più pressione del necessario».

Lo ripete: «Daremo tutto, ma dobbiamo essere consapevoli che ci sono rivali che si stanno preparando al cento per cento e che non è una corsa di paese. Ma vado ugualmente con morale e tanta motivazione».

Questo è il segreto di tutto per il Bala, anche per decidere di continuare o meno il prossimo anno.

«E’ più importante della condizione fisica – dice senza esitazione – non serve che le tue gambe siano sempre buone, ma che tu sia determinato. Si può andare al massimo solo essendo motivati e con un sogno». Per continuare a sorridere così, tra il malizioso e il divertito.

La scalata del Col du Portet nella testa di quei tre

14.07.2021
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Vincere in maglia gialla al Tour de France, avere un distacco abissale sul secondo e al tempo stesso essere in fase “calante” con due virgolette grosse così. Pensate quanto è forte Tadej Pogacar.

Prima di addentrarci nella tappa di oggi con arrivo sul Col du Portet, chiariamo questo discorso della “fase calante”. Non vorremmo essere fraintesi!

Tadej non ha più quella netta superiorità mostrata nei primi dieci giorni del Tour, quando spingeva rapporti diversi rispetto a tutti e faceva differenze mostruose con apparente facilità. Tuttavia va fortissimo lo stesso. E come lui stesso ha fatto capire l’altro ieri in conferenza stampa, Ventoux a parte, quando arriva in soglia “stacca”. In pratica non vuol correre rischi. Attenzione, questo non vuol essere un processo allo sloveno, tutt’altro. Al contrario ci dice del piglio e del carattere del corridore della Uae. Gambe, testa e attributi.

Ma riviviamo la scalata mettendoci nei panni dei tre protagonisti nella scalata finale. Immaginando cosa sia passato nella loro testa.

Lo sloveno vince sul Portet e mostra il logo della sua Uae in segno di gratitudine
Pogacar vince sul Portet e mostra il logo della sua Uae in segno di gratitudine

Pogacar, vittoria tanto cercata

Io Tadej Pogacar oggi voglio vincere. Ho la maglia gialla da 10 giorni ma ancora non ho alzato le braccia al cielo. Ho vinto la crono ma non è la stessa cosa: voglio vincere sul campo. La mia squadra ha sempre lavorato ed anche oggi è stato così. Appena si sposta Majka parto. Non m’importa quanto manca.

Bene, il primo scatto è andato. Siamo in tre, Carapaz e questo Vingegaard che non molla un metro. Riparto, ma sono ancora tutti qua. Adesso gli chiedo il cambio. Alla fine il mio tirare va bene soprattutto a loro due che stanno guadagnando su Uran. Però mi ridanno subito la testa della corsa.

Cinque chilometri. Adesso riprovo. Nulla da fare. Questo Vingegaard c’è sempre. Sin qui è stato l’unico a staccarmi in salita quel giorno sul Ventoux. E questa cosa non mi piace. E poi quando passa a tirare si risparmia. 

Scatta Carapaz. Allora bluffava, aveva ragione Jonas. Però Vingegaard è rimasto dietro. Allora faceva fatica anche lui. Bene. All’improvviso torno ad essere sicuro. Carapaz sta calando e lui sta rientrando. Adesso li sistemo…

Per Vingegaard sul Portet una sola piccola defaillance nel finale
Per Vingegaard sul Portet una sola piccola defaillance nel finale

Vingegaard, effetto sorpresa

Sono Jonas Vingegaard e mi sto giocando il podio del Tour. E dire che se Dumoulin non avesse alzato bandiera bianca non sarei qui. Oggi è chiaro che Tadej vuol fare la tappa. La Uae sta tirando, però è rimasto solo Majka. E Castrovejo cosa vuole? Vedrai che Carapaz sta bene e poi si va sopra i 2.000 metri. Dovrò tenere d’occhio anche lui. Ma sto bene.

Otto chilometri e mezzo all’arrivo e “questo” già scatta? Okay ci sono. Sto bene. Molto bene. Seguo Pogacar e nel finale se ho le gambe faccio come sul Ventoux. Il ritmo di Tadej è ottimo. Sto guadagnando su Uran. Però continuo a voltarmi e Carapaz fa tante smorfie, troppe. Lo sussurro anche a Pogacar. Mentre ci diamo un cambio gli dico che per me bluffa. Non mi convince il sudamericano.

Guardo dietro, ma anche Tadej guarda dietro verso di me. Quando scatta chiudo bene. Mi teme. Ma devo restare tranquillo. E poi Carapaz là dietro non ci ha dato un cambio. E infatti eccolo… Che botta. Non riesco a seguirlo. Le “spie sono tutte accese”. Meglio sedersi e andare di passo. 

Sono lì. Non scappano. Sono sempre 20 metri. Dai Jonas, dai… Rientro. Forse Richard mi ha fatto perdere la tappa, ma lui l’ho ripreso. E infatti ecco che parte Pogacar. Tadej è il più forte, ha tirato più di tutti. Ma Carapaz lo devo passare. Colpo di reni. Sono secondo!

Poco più di un chilometro al termine, ecco il temuto attacco di Carapaz
Poco più di un chilometro al termine, ecco il temuto attacco di Carapaz

Carapaz: una cartuccia ad alta quota

Sono Richard Carapaz e oggi non sarà come le altre tappe. Troppe volte in questo Tour ho attaccato e poi mi hanno ripreso. Stavolta non dò un cambio. Pogacar vuole vincere, si è capito da come ha tirato la Uae. 

Però ora Majka è calato. Castrovejo è con me. Adesso lo faccio tirare un po’ e vediamo cosa succede. Cavolo, 8,5 chilometri all’arrivo e Pogacar è già partito! Siamo in tre e Uran si è staccato. Il mio podio passa da lui. Devo staccarlo il più possibile. A crono è più forte di me.

Cosa? Questi due ragazzini vogliono il cambio? Non se ne parla. Sono a tutta e non vedo l’ora di prendere quota e arrivare “a casa”, sopra i 2.000 metri di questo Col du Portet. Continuano a girarsi. Mi guardano. Penseranno che stia bluffando, ma io sono a tutta. Guarda loro invece come vanno agili. Mi chiedono ancora il cambio. Piuttosto andassero regolari che così stacchiamo Uran.

Adesso sto meglio. Siamo tra le nuvole, manca poco più di un chilometro. Ho resistito anche dopo l’ultimo affondo di Pogacar. Vingegaard sta bene, ma non deve essere super. Non ha fatto neanche uno scatto ed è stato tutta la salita a guardarmi. Adesso ci provo. Scatto io.

Questi ultimi 900 metri non finiscono più. Sono totalmente fuorigiri. Vingegaard è rientrato. Però è finita. Per ora il podio è mio. Uran è dietro.

A fine tappa Vingegaard va da Pogacar e probabilmente gli dice: «Visto che Carapaz bluffava?»
A fine tappa Vingegaard va da Pogacar e probabilmente gli dice: «Visto che Carapaz bluffava?»

Una sfida ancora da vivere

Il resto è storia: a 100 metri dall’arrivo Pogacar accelera e in volata va a prendersi la tappa numero 17 di questo Tour. Adesso siamo certi che lo sloveno sarà più libero ti testa, più tranquillo. Voleva vincere e ce l’ha fatta. Una tranquillità che deriva anche dal fatto che Vingegaard si sia staccato un po’. Visto il suo nervosismo lungo la scalata del Portet, siamo certi che nella testa dello sloveno c’era il “tarlo del Ventoux”. Quei pochi metri di distacco di Vingegaard hanno rimesso le cose al loro posto. A volte gli equilibri su cui si regge un corridore, sono molto sottili. Anche per un campione della tranquillità come Pogacar stesso. Per questo chapeau a Tadej. Vincere quando si è nettamente più forti è facile, vincere lottando è cosa ben più difficile. E il fatto che dopo l’arrivo per la prima volta lo abbiamo visto stremato a terra vuol dire molto.

Pogacar, Vingegaard e Caparaz sono i primi tre della generale, coloro che hanno mostrato di essere i più forti. E domani potremmo vederne ancora delle belle. Specie tra l’ecuadoriano e il danese, che si stanno giocando i gradini del podio.