Felline cerca continuità e l’occasione per sbloccarsi

09.12.2021
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Il 2022 è ormai alle porte e Fabio Felline non vede l’ora di scoprire che cosa ha in serbo l’anno nuovo. Dopo averci portato alla scoperta della tappa del Giro sulle sue colline e all’inizio della preparazione a Calpe, il trentunenne dell’Astana Qazaqstan Team ci ha raccontato le sue ambizioni per la nuova stagione e ripercorso quella passata.

Quali sono state le ultime cose che hai fatto prima di partire per la presentazione in Kazakhstan?

Sono andato a fare un test, a provare delle scarpe e a controllare la posizione. Da più di 15 anni ormai ho un rapporto stretto con Mariano (il biomeccanico Alessandro Mariano, ndr), per cui quando c’è qualche modifica da fare, chiedo sempre prima il benestare a lui. 

Come è stato il tuo autunno?

Ho fatto quattro settimane di stacco e poi ho ripreso verso fine novembre. Con il nostro piccolo Edoardo non è che abbiamo fatto vacanza vera e propria, però qualche gita ce la siamo concessa. Ora però sono ripartito e qui in ritiro comincerò a capire quali saranno i programmi concreti.

Che ne pensi del ritorno di Nibali all’Astana? 

Con Vincenzo non avevo mai corso, ma senza dubbio è una bella motivazione averlo in squadra. Non posso dire che è il mio migliore amico, perché non abbiamo mai lavorato insieme in tutti questi anni, per cui sarà tutto da conoscere e da scoprire. Nella lista dei grandi campioni del ciclismo del nuovo millennio, dopo Alberto Contador e Fabian Cancellara, avrò l’opportunità di lavorare con un altro grande di quest’epoca.

Riavvolgendo il nastro di quest’anno: sei soddisfatto del 2021 e cosa chiedi al 2022?

Mi piacerebbe tornare a vincere come è successo nel 2020. Negli ultimi due anni sento di essere andato sempre forte, ovvio che non basta mai, però oggettivamente sono soddisfatto. 

La preparazione è ripresa: in questi giorni Fabio conoscerà i programmi 2022
La preparazione è ripresa: in questi giorni Felline conoscerà i programmi 2022 (foto Instagram)
La tappa della Tirreno-Adriatico chiusa al quarto posto dietro ai fenomeni Van der Poel, Pogacar e Van Aert è stato uno dei momenti più belli?

Sicuramente, però quello che mi è dispiaciuto è che per come andavo, soprattutto in quel periodo lì, non ho raccolto quanto avrei potuto. Faccio il mea culpa, perché ci sono stati dei periodi in cui avrei potuto vincere però, per un motivo o per un altro, non ho mai concluso nulla. Mi auguro di avere la stessa gamba, se non anche migliore e di riuscire a concretizzare con maggiore continuità.

Dove e come dipenderà dalla squadra?

Non ho ancora idea di preciso perché dobbiamo ancora definire tutto. E’ inevitabile che la mia posizione sia cambiata rispetto al passato, non sono più il Fabio Felline di 25 anni alla Trek, che faceva il jolly o il battitore libero, scegliendo di correre a sensazione. C’è un tempo per tutto, il prossimo anno compirò 32 anni: so di essere un uomo squadra e più una garanzia come bravo lavoratore che come vincente. E’ ovvio che, come ho detto, vorrei tornare alla vittoria, però il ciclismo è un lavoro e non si può sempre fare ciò che si vuole. Al Giro di quest’anno ad esempio avrei potuto giocarmi qualche tappa, però c’era un obiettivo classifica con Vlasov e per cui le mie chance sono state ovviamente di meno. L’obiettivo è andare sempre forte, perché così le cose vengono di conseguenza.

Classe 1990 come Colbrelli (qui al Fiandre 2017), Felline cerca di sbloccarsi come Sonny
Classe 1990 come Colbrelli (qui al Fiandre 2017), Felline cerca di sbloccarsi come Sonny
Come si torna a vincere dopo qualche periodo a secco?

Basta qualche situazione favorevole e la ruota gira, come sempre accade. Prendo come esempio Sonny (Colbrelli, ndr) perché siamo cresciuti insieme e fino all’anno scorso eravamo magari visti sullo stesso piano. Tutto è partito da qualcosa, non è arrivato a caso. Se non avesse preso fiducia al Romandia con la tappa vinta, magari non si sarebbe attivato tutto il circolo virtuoso col Delfinato, il campionato italiano, quello europeo e poi il trionfo di Roubaix. Quando vinci, sei più sereno, sei più appagato e non hai più nulla da perdere. Si creano delle situazioni mentali che ti fanno fare uno step ulteriore. Al Giro 2020, ad esempio, sono andato forte come non mai anche perché ero galvanizzato dall’aver vinto il Memorial Pantani a fine agosto.

Tra Sobrero e Ganna, sembra che qualcosa si muova nel ciclismo piemontese, sei d’accordo?

Loro sono due fenomeni, però il problema è che alle loro spalle c’è il buio totale.

Per quale ragione secondo te?

C’è una mentalità del cavolo. Le strade non invogliano ad andare in bici, ci sono sempre più rischi, per cui già per quella ragione un genitore, a meno che non abbia una passione reale, perché dovrebbe portare il figlio a pedalare? Poi l’altra cosa me l’ha fatta notare proprio Sobrero. Mi ha detto che quando lui era allievo o juniores, c’ero io come professionista. Vedendo che ce l’avevo fatta io, lui si è detto: «Devo farcela anch’io». Il problema è che ci sono pochissimi modelli a cui ispirarsi, basti pensare che quando sono passato pro’ io, davanti a me non c’era nessuno, l’unico era Sergio Barbero che aveva smesso 10 anni prima. E ancora prima, negli anni Novanta per ispirarsi bisognava ricordare Italo Zilioli. 

Fabio Felline, Memorial Pantani 2020
La vittoria al Memorial Pantani 2020 ha dato a Felline morale per il Giro d’Italia
Fabio Felline, Memorial Pantani 2020
La vittoria al Memorial Pantani 2020 gli ha dato morale per il Giro dello stesso anno
Dunque non sei così ottimista nemmeno per il futuro?

No e mi dispiace perché, a meno che non spunti fuori qualcuno, manca il ricambio generazionale ed è facile che per un po’ di tempo mancherà dietro a loro due. Ganna e Sobrero sono due fari, ma non bastano. Adesso ho perso il giro del ciclismo giovanile e non vorrei dire una cavolata, ma non ho sentito di allievi o juniores piemontesi che spopolano a livello nazionale per cui il timore è che debbano passare altri 10 anni per tirare fuori altri professionisti di ottimo livello.

Eppure, è una regione che pullula di appassionati delle due ruote, come lo spieghi?

Manca un vivaio in Piemonte. Quando ero piccolino, vedevo molte meno persone in bici, ma quelli che incrociavo correvano tutti, mentre adesso vedi tanta gente che ha comprato la bici, che si è avvicinata al ciclismo più tardi e purtroppo non è quello che fa il ricambio generazionale. Ci vorrebbe di nuovo maggiore cultura del nostro sport che negli anni si è un po’ persa.

Insieme all’altro Ganna nel mondo di Pippo

07.12.2021
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A casa Ganna di Olimpiadi se ne intendono. Marco a Los Angeles 1984 ci è andato nella canoa, il figlio Filippo ne ha seguito le orme sfrecciando quest’estate nel velodromo di Izu con Lamon, Consonni e Milan sino all’oro nell’inseguimento a squadre. Quella è stata una delle svariate gemme tra Giro d’Italia, europei e mondiali che hanno fatto sì che il venticinquenne di Vignone venisse scelto quale atleta dell’anno 2021 dalla giuria di giornalisti piemontesi dell’Ussi Subalpina, gruppo intitolato al mitico Ruggero Radice (penna storica delle due ruote). Con lui i nuotatori Alessandro Miressi e Carlotta Gilli, anche loro grandi protagonisti a Tokyo. A proposito di ciclismo, nell’occasione hanno ricevuto un riconoscimento speciale anche due cuneesi: l’iridata Elisa Balsamo e Diego Colombari (oro nella staffetta di handbike alla Paralimpiade giapponese).

Top Ganna però è già ripartito verso la nuova stagione tra pista e strada e così a Torino a ritirare il premio è venuto il papà, con tanto di mascherina griffata Ineos Grenadiers d’ordinanza. Prima di posare con l’ennesimo riconoscimento per l’asso azzurro, ci ha parlato di lui.

Che effetto ti fa ritirare un premio al posto di tuo figlio?

Fa sempre piacere ritirare premi per Filippo, così come so che farebbe piacere a lui essere qui a goderseli. In questo periodo dell’anno però lui è sempre impegnato e, dopo uno stop molto breve, è già ripartito. Purtroppo lo sport sta cambiando in questo senso e anche le pause tra le stagioni sono sempre più brevi.

L’hai visto più stanco?

Ci siamo incrociati poco a casa, ma non mi è sembrato particolarmente stanco, anche perché era ancora bello in condizione e quello lo si è visto anche ai mondiali di Roubaix. Forse era più stanco di testa, soprattutto per le pressioni ricevute negli ultimi mesi.

Forse a quello era anche dovuto il suo sfogo premondiale?

Non era uno sfogo, ma direi più un “richiamo”, se consideriamo che dopo l’Olimpiade ha continuato ad allenarsi su strada. Poi, ha fatto l’europeo dove hanno vinto con la squadra, ma lui ha fatto secondo nella crono individuale e allora ha ricevuto le critiche per aver mancato il successo per pochi secondi. Come se non bastasse, al mondiale è andato a vincere in Belgio a casa di due dei più grandi protagonisti che ci sono attualmente nel ciclismo, poi hanno fatto una grandissima gara nella staffetta. Ormai siamo arrivati al punto che, secondo gli italiani, ogni volta che lui parte in una gara, la deve vincere per forza, sembra tutto scontato. A Tokyo, in tanti hanno parlato di debacle per il 5° posto nella crono su strada ma, lasciando stare Roglic, erano in 4 corridori in 4 secondi e mezzo e lui era a meno di 2″ dal bronzo.

Tutto questo quanto gli pesa?

A Filippo in realtà non più di tanto, perché lui è molto bravo a lavorare sull’aspetto mentale. Lo fa da solo, senza aiuto di nessun mental coach come altri sportivi, non ne sente il bisogno. E’ capace di isolarsi dal resto del mondo e si concentra senza lasciarsi distrarre da nulla. Ha trovato questo modo di allenarsi in altura: va su a Macugnaga in un rifugio dove praticamente non c’è niente, nemmeno il wifi. Lui, terminato l’allenamento, prende la funivia, sale a 3.000 metri e fino al giorno dopo sta là tranquillo. Si riposa e recupera: è dura, perché alcuni ciclisti, di cui non faccio il nome, sono andati due giorni e poi sono scesi perché non ce la facevano più a essere isolati dal mondo. Lui è capace di stare lì una settimana o dieci giorni, senza problemi. Scende, fa gli allenamenti sulle strade di casa perché Macugnaga non è lontana da noi. Così si rigenera.

Quando era piccolo, ti saresti aspettato di vederlo come il faro del ciclismo italiano?

Dico la verità, i miei figli non li ho mai obbligati a fare attività sportiva. Gli ho solo detto di fare sport perché gli faceva bene. Filippo ha giocato a pallavolo, un po’ pallacanestro e nuotava come Carlotta, poi si è appassionato al ciclismo. Nessuno dei due ha mai provato, invece, a fare canoa come me. 

Prima degli appuntamenti importanti Filippo è capace di isolarsi a 3.000 metri sopra Macugnaga: il suo segreto
Prima degli appuntamenti importanti Filippo è capace di isolarsi a 3.000 metri sopra Macugnaga
Tu invece pedalavi da giovane?

Lo facevo a livello amatoriale. Uscivo, poi quando ha cominciato Filippo, ho smesso io. Adesso però ho ripreso.

Esci mai con lui in bici?

Sono uscito due volte e praticamente ho fatto dietro moto. Direi che basta, perché anche quando va piano, è un razzo.

Essendo tu un ex-atleta, ti ha impressionato?

Ha un bel motore, però lo si sapeva già da quando era giovane. Io non ero nel giro del ciclismo e non conoscevo tante regole di questo sport, ma gli dicevo sempre: «Esci, pedala, prendi l’aria in faccia e poi qualcosa arriva». In effetti, direi che è stato così e lui ha imparato bene.

Dove può arrivare ora?

Diciamo che di cose ne ha già fatte tante. Secondo me, tra qualche anno, può diventare un corridore da classiche, senza snaturare il suo modo di correre. In tanti insistono perché punti ai grandi Giri: certo, se facessero cronometro di 60 o 70 chilometri, allora se ne potrebbe riparlare. Lui comunque ha in mente i suoi obiettivi, sinora li ha raggiunti tutti, ora vedremo nei prossimi anni. 

Tutti lo tirano per la manica perché provi con i grandi Giri, ma questo tipo di pressione gli scivola addosso
Lo tirano per la manica perché provi con i grandi Giri
Ti piace il seguito che ha?

Soprattutto quello dei ragazzini. Riceviamo tante richieste di giovani ciclisti che vogliono fare attività sportiva e, grazie alle sue imprese, si sono uniti al nostro mondo. 

Tra le domande più ricorrenti c’è quella sul record dell’Ora: che idea ti sei fatto?

Ne abbiamo parlato. Abbiamo buttato giù delle idee assieme ai suoi preparatori, vedremo che succederà. In casa si parla di tutto, ma non sempre di ciclismo. Se Filippo ha bisogno di un consiglio, glielo do volentieri, ma per il resto sa gestirsi perché ormai è grande.

Torino chiama, Felline risponde: «E’ peggio di una Liegi»

30.11.2021
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Una tappa sulle colline di Fabio Felline. Sabato 21 maggio 2022, il Giro d’Italia farà un bel regalo agli appassionati di ciclismo di Torino e dintorni. Già, perché dopo aver disegnato la cronometro che ha aperto l’edizione 2021 nel pieno centro del capoluogo piemontese, con l’apoteosi rosa di Filippo Ganna, questa volta gli organizzatori si sono sbizzarriti. Ecco pronto un inedito circuito tutto sali e scendi con alcuni passaggi tratti dalla classica più antica che esista: la Milano-Torino.

La Maddalena e Superga

La 14ª frazione, che arriverà verso la fine della seconda settimana, potrebbe davvero fare sfracelli. Propone un dislivello di 3.600 metri concentrato in appena 153 chilometri. L’unica pianura prevista è all’inizio, nei 10 iniziali. Dopodiché i corridori dovranno arrampicarsi per tre volte sul Colle della Maddalena (il punto più alto della collina torinese coi suoi 715 metri) e per due a Superga sfiorandò la Basilica, tristemente nota anche per il disastro aereo che costò la vita ai giocatori del Grande Torino il 4 maggio 1949.

Nel finale, ancora lo strappo di Santa Brigida, prima di dirigersi verso il traguardo che sarà di fronte alla Gran Madre al termine del rettilineo di corso Moncalieri. Proprio come accaduto sia in occasione della crono inaugurale di quest’anno sia nella passerella conclusiva del 2016. Quella volta Giacomo Nizzolo venne declassato dai giudici e la vittoria fu assegnata al tedesco Nikias Arndt.

Per Felline il 2022 sarà la terza stagione con l’Astana
Per Felline il 2022 sarà la terza stagione con l’Astana

Fra Giro e Tour

Quel Giro se lo aggiudicò Vincenzo Nibali, che quest’anno tornerà all’Astana e sarà uno dei capitani della formazione in cui Felline corre dal 2020. Il trentunenne torinese non sa ancora che cosa l’aspetti nella terza stagione con la squadra kazaka e lo scoprirà soltanto a partire dalla settimana prossima. Dopo la presentazione ufficiale in Kazakhstan, volerà infatti a Calpe per cominciare la preparazione e stilare i programmi.

«Non so ancora dire se farò Giro, Tour o Vuelta tra i grandi Giri – comincia a raccontare – parlando con lo staff però, devo ammettere che, dopo due anni in cui il focus principale è stato sul Giro, ho espresso il mio desiderio di correre soprattutto il Tour. Non perché preferisca l’uno o l’altro, ma perché sono alla ricerca di nuovi stimoli. Con la Grande Boucle, a parte il 2019 che l’ho conclusa, non ho avuto un gran rapporto sin qui. Mi ricordo ancora di quando nel 2017 mi dovetti ritirare perché avevo scoperto di avere la toxoplasmosi. Se invece la priorità sarà il Giro, sarò prontissimo a un’altra avventura rosa».

Il Giro arriverà alla Basilica di Superga scalando il versante Bric del Duca e non da Pino Torinese
Il Giro arriverà alla Basilica di Superga scalando il versante Bric del Duca e non da Pino Torinese

Largo alle fughe

Anche perché riguardo a quella tappa che si diceva in precedenza, praticamente quelle pagine del Garibaldi potrebbe disegnarle lui.

«Non l’ho disegnata io questa tappa – sorride – perché l’avrei fatta un po’ meno dura rispetto a quella scelta dagli organizzatori. Però penso che quella lì è una un’occasione per andare in fuga per molti corridori, anche perché il giorno dopo c’è il tappone di montagna che finisce a Cogne. Come spesso accade, anche questa volta i big potrebbero lasciare via libera, almeno sulla carta. E’ anche vero però che quel dislivello lì di 3.600 metri in così pochi chilometri può fare veramente male: se un big è in palla, c’è terreno per far veramente danno ai rivali».

Le strade di casa

Fabio pensa al Tour, ma quella tappa così speciale lo stuzzica proprio: «Abito lì sotto le faccio sempre quelle salite. Forse la strada che conosco meno è quella che all’inizio da Santena porta alla collina, mentre tutte le altre le faccio almeno una volta alla settimana quando sono ad allenarmi a Torino. Questa sì che si può dire che sia la tappa di casa e sarebbe uno degli elementi più affascinanti se dovessi partecipare al Giro».

Nel 2014 in maglia Trek sulla salita di Superga, che aveva già affrontato in corsa nel 2012 a 22 anni
Nel 2014 in maglia Trek sulla salita di Superga, che aveva già affrontato in corsa nel 2012 a 22 anni

Peggio della Liegi

E facendo volare il pensiero a quest’eventualità, ipotizza i vari scenari: «Fosse una corsa di un giorno come una classica, direi che è proibitiva per me. Ma nel contesto di un grande Giro è diverso e può capitare di trovarsi nelle condizioni ottimali per fare bene. Comunque questa è peggio di una Liegi, sono salite vere: lo chiamano con un altro nome, ma il Bric del Duca sarebbe Sassi-Superga, quella della Milano-Torino e tutti hanno visto almeno in tv che con quelle pendenze così dure non si scherza. Pensare che bisogna farlo due volte e tre la Maddalena, più gli ultimi strappi finali... Se ti trovi nella fuga giusta, può diventare davvero una giornata stimolante. Come detto però, bisognerà vedere anche chi porterà l’Astana come uomo di classifica per il Giro, se Nibali o Lopez oppure entrambi e quindi magari può darsi che la tattica di squadra imponga una corsa più accorta».

Potendo contare su un Cicerone così per quella tappa c’è da star certi che, se Fabio sarà al via della Corsa Rosa, ne vedremo delle belle. 

Gios lancia una bici ispirata a L’Eroica

02.10.2021
3 min
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Ritorna L’Eroica e con essa la voglia vivere almeno per un giorno le emozioni di un ciclismo capace di scrivere pagine indelebili nella storia del nostro sport. Fra i marchi che hanno saputo meglio interpretare lo spirito della manifestazione, che ogni anno richiama a Gaiole in Chianti appassionati da tutto il mondo, troviamo sicuramente Gios. Si tratta di un’azienda storica che negli anni settanta ha conquistato con i propri campioni le più importanti Classiche a partire dalla Parigi-Roubaix. Oggi come allora Gios realizza ancora biciclette esclusivamente su misura.

Per l’edizione 2021 de L’Eroica l’azienda torinese ha deciso di presentare il modello Gios Super Record. Si tratta di una bici con telaio e forcella rigorosamente in acciaio, replica fedele di quello con cui Roger De Vlaeminck conquistò proprio nel 1977 la sua quarta e ultima Parigi-Roubaix. Alle sue spalle, sull’ammiraglia della Brooklyn, quel giorno c’era come meccanico Aldo Gios che ancora oggi guida l’azienda insieme al figlio Marco.

Lavorata come allora

Per restare fedeli al modello del 1977 sono state scelte tubazioni Columbus SL. Si tratta delle stesse utilizzate per realizzare il telaio portato in trionfo da De Vlaeminck. Le stesse congiunzioni sono state lavorate con lo stesso metodo e cura di allora. Sono stati infatti previsti dei rinforzi particolari in punti strategici per sopportare meglio gli urti del pavé.

Spiccano il caratteristico nodo sella Gios e la forcella cromata con inciso sulla testa il logo Gt che sta per Gios Torino. L’azienda tiene infatti molto a ricordare il proprio legame con il capoluogo piemontese. Lo stesso logo è presente anche sotto la scatola del movimento centrale.

Telaio su misura

Il telaio è realizzato rigorosamente su misura come ogni vero telaio Gios. Come ricorda lo stesso Aldo Gios, nel realizzare una bicicletta non si deve rincorrere a tutti i costi l’estrema leggerezza. Una bicicletta deve infatti avere il suo giusto peso e soprattutto deve avere gli angoli giusti. Sono infatti gli angoli a fare la differenza e far dire che siamo di fronte a un telaio su misura.

Abbinata al telaio troviamo componentistica esclusivamente Campagnolo, a partire dal gruppo Record o Super Record a seconda delle preferenze del cliente. La ricerca di ogni singolo componente è curata personalmente da Marco Gios con la collaborazione spesso attiva degli stessi clienti, entusiasti di poter contribuire alla realizzazione della bicicletta dei propri sogni. Per concludere ricordiamo che il costo del telaio, rigorosamente su misura, è di Euro 1.700.

giostorino.it

Gios affonda il colpo vincente con l’arrivo della Mini Rally

04.07.2021
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Gios vanta una storia importante nel mondo del ciclismo. Gli esordi risalgono al 1948 con la produzione delle prime biciclette. Con il passare del tempo, il valore delle bici Gios è cresciuto al punto da essere utilizzate da importanti corridori: ricordiamo il successo di Italo Zilioli al campionato italiano allievi del 1959. Ma non è tutto anche un certo Roger De Vlaeminck, campionissimo belga, ha corso con bici Gios, quando militava nel team Brooklyn, negli anni 70.

Gios Mini Rally con ruote campagnolo Zonda
Gios Mini Rally con ruote Campagnolo Zonda

Sbarco nel gravel

Grazie all’esperienza acquisita sin dai primi anni nella realizzazione di telai su misura strada e ciclocross, Gios non si è lasciata sfuggire l’opportunità di apportare il proprio contributo nel gravel. Dopo aver presentato a inizio 2021 il modello Super Rally, ecco la sorella minore, ribattezzata simpaticamente Mini Rallly.

Il passaggio dei cavi è esterno
Il passaggio dei cavi è esterno

Bentornato acciaio

La forcella e il carro posteriore presentano una sezione meno voluminosa rispetto ai tubi orizzontale e obliquo che a loro volta sono più compatti, al fine di aumentare la rigidità della bici, specialmente nei tratti fuoristrada. Lo sterzo è da 1” 1/8. Un altro spunto interessante è il passaggio ruota decisamente “abbondante” tanto da poter ospitare copertoni da 33 millimetri.

Marco Gios, che guida l’azienda insieme al padre Aldo, ci racconta i dettagli di questa bicicletta. «Le geometrie sono come quelle della Super Rally. Cambia soltanto la forcella che nel caso della Mini Rally è realizzata in acciaio Columbus Spirit così come il telaio. La Super Rally ha invece la forcella in carbonio. La cosa davvero interessante è che abbiamo saldato la parte anteriore con le congiunzioni mentre la scatola del movimento e il nodo sella sono realizzati con l’ottone senza congiunzione. Una ulteriore differenza tra i due modelli la troviamo nel passaggio dei cavi. Nella Mini Rally è esterno, al contrario della Super Rally».

Componenti italiani

Merita sicuramente una particolare attenzione la componentistica scelta per la Mini Rally, tutta esclusivamente Made in Italy, come per ogni modello Gios che si rispetti.

La sella è la Model X di Selle Italia che ha la particolarità di essere realizzata con un unico stampo. Il gruppo è invece il Campagnolo Centaur (con il doppio comando dei freni sul manubrio), abbinato alla guarnitura Graff di Miche, specifica per il gravel. Sempre di Campagnolo sono le ruote Zonda.

Curva e attacco manubrio sono rispettivamente i modelli Gravel e Zero1 di Deda Elementi che fornisce anche il cannotto reggisella. La scelta delle coperture è caduta invece sui Vittoria Terreno Dry.

Il risultato è una bici perfetta per il gravel, ma anche per chi ama affrontare lunghe escursioni senza l’assillo della velocità. Il prezzo consigliato al pubblico con questo allestimento è di 3.400 euro.

giostorino.it

Affini sorride: «Io travolto da… un’apertura atomica»

08.05.2021
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Affini si è tolto il cappello, ma negli occhi non aveva poi questa grande disperazione. Quando c’è in strada uno come Ganna, puoi sperare, ma in fondo sai che hai le ore contate. Il secondo posto di Torino brucia, ma non fa male. E anzi, è un ottimo segnale per il corridore mantovano che giusto stamattina ci aveva raccontato l’emozione della prima tappa e che alla Jumbo Visma ha iniziato in cammino di crescita che lo convince e in cui crede molto.

«Ho il telefono che scotta – dice – appena si fa qualcosa di buono, c’è tanta gente che vuole salire sul carro. Ma voi c’eravate anche prima e certe cose si notano. Ero sulla “hot seat” e ci ho sperato davvero. Anche quando ho visto l’intermedio, c’erano due secondi. Ho pensato che magari calava. Invece lui ha fatto la differenza nell’ultimo tratto, dove pure io sono andato forte. Non a caso tanti mi hanno avvicinato all’intermedio e poi sono finiti alle spalle. Ma Pippo ha dato un’apertura atomica e… ciao! E’ campione del mondo non a caso, ma due italiani davanti nella crono sono un bel segnale per tutto il movimento. Non so da quanto non accadeva…».

Dopo le classiche, Affini ha tirato il fiato per presentarsi più fresco al Giro
Dopo le classiche, Affini ha tirato il fiato per presentarsi più fresco al Giro

Non fa male

La sconfitta brucia, si diceva, ma non fa male perché il senso della pagina voltata con decisione resta davvero nel tono di voce. E così anche l’errore dopo il sottopasso lo racconta col sorriso…

«Per me è un buon risultato – dice – la mia condizione è migliore dell’anno scorso. Dopo le classiche ho tirato il fiato e la partenza qui è stata buona, speriamo sia di auspicio per il seguito del Giro. Se mi metto a riguardare la crono, vedo una sola sbavatura. Quella curva dopo il sottopasso, appunto. Mi si è spenta la centralina e ho smesso di pedalare anni prima. Poi mi sono reso conto che c’era ancora da spingere. Stamattina avevo fatto tre giri del percorso, lo conoscevo benissimo. Solo che sono andato nel pallone. Ma intendiamoci, potrò aver perso un secondo. Poca roba».

Le randellate

E’ quando gli riferiamo che Ganna ha parlato di randellate reciproche, che Edoardo fa una bella risata scrosciante. Soprattutto quando gli chiediamo quale sa la randellata data di cui vada più fiero.

«In realtà – ride – sono più le volte che mi ha randellato lui. Per trovare traccia delle mie randellate, c’è bisogno di andare indietro al secondo anno da allievi e i primo da juniores, quando io ho vinto il campionato italiano dell’inseguimento individuale e lui è finito secondo. Oppure l’europeo del 2019, quando ero neoprofessionista, quando io feci terzo e lui finì sesto. Poi lui ha cominciato la sua escalation. Quella che io spero di iniziare in questa squadra».

Terzo nella crono Tobias Foss, anche lui alla Jumbo Vsma, atleta di 23 anni
Terzo nella crono Tobias Foss, anche lui alla Jumbo Vsma, atleta di 23 anni

L’effetto pista

Potrebbe essere la pista che ancora pratica ad aver dato a Ganna quel cambio di ritmo nel finale? Affini ci pensa e poi risponde chiaro.

«Anche io continuo ad allenarmi su pista – dice – vado spesso nei velodromi di Padova o di Bassano, perché sono amico dei ragazzi che li gestiscono. Ma certo la preparazione specifica e la dedizione che ci mette, potrebbero aver dato a Pippo questo tipo di vantaggio. Ma su tutto domina la predisposizione per questo esercizio. Anche io ci sono predisposto, ma lui è più predisposto di me. Ripeto: il campione del mondo è lui. Però quando ci siamo salutati gli ho detto che a Milano mi piacerebbe invertire le parti. Lui secondo e io primo. Non ha risposto, io però un pensierino ce lo faccio».

A Torino come a Palermo, si riparte da un super Ganna

08.05.2021
4 min
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Quando sul traguardo di Torino è passato l’arcobaleno, la gente è esplosa in un boato. Sì, la gente. Tanta e contenta, con la mascherina e la voglia di applaudire tutti i corridori del Giro, ma soprattutto Filippo Ganna. Perché quando un nome lo senti circolare lungo la strada e lo senti ripetere quando sta per passare, come in un colossale passaparola di 9 chilometri, significa che il ragazzo con la maglia iridata è ormai entrato nei cuori.

Pippo guarda un punto fisso e racconta. La sbornia del podio è alle spalle, le interviste in inglese sono finite. Questo è il momento delle riflessioni più intime.

«Non era facile partire con tante sconfitte alle spalle – dice – per questo ero nervoso e cattivo. La volevo davvero. Sentire tanta gente che urla il tuo nome ti spinge anche oltre».

Traiettorie perfette nelle strade di Torino e finale in crescendo: 10 e lode
Traiettorie perfette a Torino e finale in crescendo: 10 e lode
Primo, come l’anno scorso a Palermo…

Tornare a vincere non è facile. Sono riuscito a recuperare bene dopo tanto lavoro in altura. Erano già cominciate le polemiche. Ganna non va più, Ganna non sa più vincere. Ragazzi, facciamo una stagione con 70 giorni di corsa e non si può essere sempre competitivi. E se lo sei, allora c’è un problema. Oggi è venuto il risultato all’inizio di un Giro che sarà più duro dell’ultimo. I nostri direttori ci hanno mostrato le salite, ci sarà da stringere i denti.

Hai parlato di tante sconfitte.

Nelle ultime tappe del Romandia ero gonfio di liquidi e fatica. In questi giorni in Italia con il nostro bellissimo gruppo sono riuscito a mettere a posto il peso. Poi è chiaro che nelle ultimissime ore io fossi teso, vi invito a salire su pullman di chiunque puntasse alla crono per vedere in che condizioni fosse.

Il vostro bellissimo gruppo è lo stesso che lo scorso anno dominò il Giro?

Quel gruppo si creò dopo cinque giorni, dopo che Thomas finì fuori per il suo incidente. Questa volta forse avremo bisogno di più tempo. Gli ultimi due giorni sono stati noiosi, fatti di ore in camera, allenamento e cena. Ora si comincia. Ci sarà da supportare e anche sopportare i capitani. Di sicuro avremo momenti di tensione, ma so che qualunque cosa diranno, sarà dettata dalla tensione. Siamo qua per vincere, non per fare secondi. Se riusciamo a switchare la testa e a divertirci, le cose verranno anche meglio.

Il podio ai piedi della Gran Madre, in uno scenario suggestivo con vista su Torino
Il podio ai piedi della Gran Madre, in uno scenario suggestivo
Supportare i capitani è nell’ordine delle cose, quanto spazio ci sarà per la tua maglia rosa?

E’ chiaro che dovrò guardare alla squadra, ma cercherò di tenerla più a lungo che posso. Penso che il primo arrivo in salita mi sarà fatale, a meno che quel giorno non mi venga fuori il coraggio del leone e la forza della formica che solleva cento volte il suo peso. Sono qua per la squadra, abbiamo dei grandi leader. Spero di cominciare qui come ho finito nel 2020.

Ti chiedono come tu faccia a sopportare tante pressioni. Le crono, la pista, il ruolo alla Ineos, le Olimpiadi…

Un atleta sa dove può arrivare e dove no. A volte siete voi giornalisti, che fate ottimamente il vostro lavoro, a tirare fuori certi aspetti cui noi non avevamo neanche pensato. Abbiamo bisogno di staccare. E’ tutto collegato. Se non avessi fatto quei lavori lattacidi in pista e la preparazione in palestra e se non fossi andato sul Teide, al Romandia sarei stato più pronto. Ma io ho questo sogno delle Olimpiadi, con due medaglie in palio. Lasciate che possa coltivarlo, sperando che il prossimo luglio ci divertiremo insieme.

Alle interviste finalmente rilassato, la tensione va giù: Torino ai suoi piedi
Alle interviste finalmente rilassato, la tensione va giù
Come credi che Affini abbia vissuto la sconfitta?

Di sicuro anche lui sognava la maglia rosa, come tutti noi alla partenza. Io ed Edo (Edoardo Affini, ndr) abbiamo un bellissimo rapporto, siamo cresciuti insieme. A volte ho preso io le randellate, a volte lui. Quando ci siamo incrociati gli ho chiesto di lasciarmi la maglia rosa per almeno tre giorni e lui ridendo mi ha chiesto chi potrebbe avere la forza di togliermela. So che in fondo è contento per me, come io lo sarei stato per lui.

Tu saresti stato contento se non avessi vinto?

E’ stata una vittoria voluta. Sono partito da casa con l’unico intento di vincerla. Se non ci fossi riuscito, non nego che nei prossimi giorni il mio umore sarebbe stato peggiore…

Lingotto, 11,15 del mattino. Partito il Giro-E

08.05.2021
4 min
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Max Lelli racconta di come abbiano riaperto da poco l’agriturismo e speriamo che si possa ripartire. Moreno Moser che dà le istruzioni ai suoi compagni, spiegando loro di stare molto attenti alle rotaie del tram. Andrea Ferrigato che indossa la maglia di Trenitalia e sottolinea l’abbinamento fra i treni veloci e la bici che non inquina. Roberto Ferrari in maglia Valsir alla guida della sua squadra, sempre con lo sguardo killer del velocista. E poi Patrick Martini, che dal palco annuncia che sarà una «figata, per il messaggio che si vuole portare e per i posti che si attraverseranno». E’ il Giro-E ragazzi, terza edizione al via.

Poi… tre due, uno e il Giro-E 2021 prende il largo dalla periferia di Torino, davanti alla sede di Eataly, e affronta un percorso più lungo dei pochi chilometri della crono, spingendosi verso Superga e i colli intorno alla città, per poi entrare nel percorso della sfida che nel pomeriggio vedrà il debutto dei professionisti.

Un altro ciclismo

Nove team e sei maglie. Sponsor importanti. Il Covid e il boom del mercato della bicicletta hanno portato a un’impennata bestiale nella vendita di bici elettriche e il fatto di avere degli ex corridori alla guida del gruppo fa capire il messaggio.

«Quando correvo – dice Moreno Moser – avevo la pretesa di bici leggerissime, super scattanti, rigide da morire. Poi ho smesso e ho scoperto che esiste anche un altro ciclismo…».

In queste parole c’è tutto il riassunto della terza “sfida” targata RCS Sport, già organizzatore del Giro d’Italia. La carovana E percorrerà l’Italia da Torino a Milano, in 21 tappe, per raccontare la bellezza della Penisola in un percorso di 1.540 chilometri lungo i quali seminare con risate e incontri il verbo della bicicletta. Sia pure elettrica.

Max Lelli e Giovanni Bruno Responsabile eventi speciali di Sky Sport
Max Lelli e Giovanni Bruno Responsabile eventi speciali di Sky Sport

Sfida goliardica

La sfida è goliardica, al punto che i capitani spiegano chiaramente ai loro gregari che nel finale soltanto loro faranno la corsa vera, per un fatto di idoneità sportiva e per non stravolgere lo spirito della manifestazione. Il Giro-E non è una gara, ma una e-bike experience. Anche se i partecipanti per un giorno vivranno in tutto e per tutto come i professionisti.

Andrea Ferrigato, al debutto nella nuova esperienza: capitano del team Trenitalia
Andrea Ferrigato, al debutto nella nuova esperienza: capitano del team Trenitalia

Tamponi per tutti

I partecipanti si sono ritrovati di buon mattino per i tamponi rapidi. Poi si sono radunati per squadre. Hanno ricevuto il materiale per correre. Si sono cambiati e hanno fatto il briefing con i loro capitani. Sono andati alla presentazione dei team, sfilando sul palco prima della firma di partenza. Sono andati a sedersi nel villaggio hospitality a loro riservato per prendere il caffè. Poi, quando la bandierina si è abbassata, si sono lanciati… comodamente lungo le strade della prima tappa. A chi ha scelto Torino è andata anche bene. Ma il dislivello del Giro-E sarà di 25.500 metri e fra le tappe spiccano la numero 14, Maniago-Monte Zoncolan con 2.700 metri di dislivello e la 16ª Canazei-Cortina D’Ampezzo che ne ha 2.200 e scala il Giau e il Pordoi, Cima Coppi del Giro 2021. 

E loro chi sono? Gabriele Balducci qui con Shimano e Moreno Moser
E loro chi sono? Gabriele Balducci qui con Shimano e Moreno Moser

«Eppure – diceva Moser avviandosi alla partenza – le tappe più dure per i nostri partecipanti saranno quelle di pianura. In salita si tratta di gestire l’autonomia del motore, ma in pianura a 25 all’ora la trazione si stacca e quando ci sarà da andare a 40 all’ora, per persone magari non troppo allenate e non abituate a stare in gruppo, la cosa si fa dura. Il gioco per oggi sarà rispettare la media che ci hanno indicato, 35 all’ora. Si corre di squadra. Buon Giro-E a tutti».

Torino spalanca le porte alla carovana rosa. Nibali la star

06.05.2021
5 min
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La presentazione del Giro d’Italia sembra un po’ un ritorno tra i banchi di scuola. La carovana si è ritrovata (in apertura Vincenzo Nibali). Sguardi intensi, sorrisi celati dalle mascherine, qualche animo più rilassato come quello dei corridori che si affacciano per la prima volta alla Corsa Rosa e non perdono occasione di fare video e selfie con i compagni. Tra i fotografi d’occasione c’è anche un certo Ivan Basso, che non perde di vista per un secondo i suoi ragazzi della Eolo Kometa e li ammira mentre si avviano verso il palco a cielo aperto situato nel cuore pulsante di Torino, il Cortile d’Onore del Castello del Valentino. Il varesino l’ha vinto due volte il Giro, loro stanno cominciando a scoprirlo.

Sorrisi e silenzi

Sornione e soddisfatto è anche lo sguardo di Gianni Savio che nella sua Torino può gustarsi la passerella della squadra che ha plasmato, l’Androni Giocattoli Sidermec, ammessa in extremis, dopo essere stata esclusa in prima battuta a febbraio.

Poi c’è Peter Sagan, che si mette a scherzare con Enrico Gasparotto, passato dall’altra parte dopo tanti anni in sella e preciso nello spiegare l’ordine di entrata agli ex colleghi.

Molto riflessivo Simon Yates, con lo sguardo sempre fisso sul podio dove salirà da lì a poco, quasi a immaginarsi come sarebbe fare lo stesso tra tre settimane a Milano.

Concentrato e sulle sue anche Remco Evenpoel, approdato alla Corsa Rosa un anno dopo rispetto al previsto a causa del pauroso volo occorsogli al Lombardia dell’estate passata: che Giro sarà per me, sembra domandarsi.

Un occhiolino ce lo concede, invece, Mikel Landa, pronto a dare spettacolo quando la strada si impennerà verso l’alto. 

La nostra gente

Che effetto rivedere il pubblico ad attendere i corridori al termine della kermesse, tornare a sentire gli incitamenti, le richieste di autografi o le foto dopo mesi di gare seguite di fronte alla tv. Un ritorno al passato, sempre nel rispetto delle attuali norme sanitarie e con ordine, che ha fatto piacere anche ai corridori.

Basta vedere come Filippo Ganna si sia divertito a scherzare con tutti gli appassionati che gli rivolgono la parola. «Domani vai a tutta». «Mi sa che riposo, la crono è sabato», ribatte il verbanese, a testimonianza della sua grande tranquillità. Poi invita Gianni Moscon a firmare qualche autografo anche lui, prendendolo in giro scherzosamente perché qualche minuto prima c’è chi l’ha scambiato per Top Ganna.

C’è ancora tempo per scherzare, almeno fino a domani sera, poi da sabato si fa sul serio. Il Giro è tornato.