Chissà come l’avranno presa i capi dell’UCI e segnatamente il presidente Lappartient, scoprendo che i tre più grandi crossisti del gruppo non prenderanno parte (volontariamente) al mondiale di specialità? La sensazione è che la scelta che non sono stati in grado di fare Van der Poel, Van Aert e Pidcock sia venuta dai team e sia stata affidata agli allenatori. Così se Van Aert si è concesso il rientro (con vittoria) a Essen, ma ha già inquadrato con Mathieu Heijboer il giusto avvicinamento per le classiche, il programma di Pidcock l’ha preso in mano Kurt Bogaerts. E il primo punto fermo è stato volere che il folletto britannico, campione del mondo di mountain bike a Glasgow, partecipasse al ritiro del Team Ineos Grenadiers, rinviando così il debutto nel cross al 16 dicembre. Gara di Herentals, casa Van Aert.
Come mai?
Perché sarebbe un peccato se Tom perdesse l’inizio del ritiro. A differenza dello stage di gennaio a Denia, adesso ci sono tutti. Insieme a Thomas, Carlos Rodriguez, Bernal e Ganna, Tom è un uomo importante per la squadra. In più ha concluso la stagione il 9 ottobre con la Coppa del mondo di mountain bike in Canada. Questo però significa che Tom debutterà nel cross senza la minima preparazione specifica, perché il ritiro in Spagna termina il 15, ma ci teneva a cominciare per avere un rodaggio prima della Coppa del mondo di Namur, che si corre il giorno dopo Herentals.
Quel giorno ci sarà il primo confronto con Van der Poel e Van Aert: può condizionarlo nella preparazione?
Non dal mio punto di vista. Per Tom il ciclocross è soprattutto un valore aggiunto verso la stagione su strada. Un bel cambiamento. Herentals interrompe il primo blocco di preparazione alle gare su strada, ma sviluppare un po’ di resistenza al freddo e alla pioggia non può far male. Quando arriverà il momento di fare sul serio, anche su strada si deve essere pronti per ogni tipo di tempo.
Questo in teoria, cosa succederà poi quando saranno in griglia?
Tom è uno cui piace vincere, ma è in una fase diversa rispetto allo scorso anno. Sarà in discrete condizioni, ma partirà dalla terza fila o anche più indietro. Poi bisognerà vedere il livello degli altri due, che in realtà abbiamo già intuito. L’anno scorso sono stati forti già al debutto e si sono resi la vita difficile.
In realtà anche loro sembrano più focalizzati sulla strada.
E’ quello che sembra, se non atleticamente di certo mentalmente. Dopo aver sbagliato il Fiandre e la Roubaix, credo che ad esempio Van Aert non voglia sprecare energie mentali e fisiche nel cross. Mathieu continuerà a fare quel che ha già avviato con grande successo quest’anno. E Tom nel mezzo potrebbe dare un bell’impulso al movimento.
Perché saltare nuovamente il mondiale?
Perché il prossimo anno Tom dovrà iniziare la stagione su strada ben preparato. Non sappiamo ancora se all’Algarve o al Gran Camiño. Certo è che la Parigi-Nizza e la Tirreno arrivano subito dopo i mondiali di ciclocross e questo non va molto bene per la preparazione. Per questo abbiamo optato per fare un bel blocco di allenamento, concentrandoci sulla Coppa del mondo, dato che due giorni dopo la prova di Benidorm inizierà il secondo ritiro della squadra a Denia.
E’ vero che non vedremo Pidcock nelle classiche del pavé?
Questa è l’intenzione, anche se non ancora confermata. La direzione è quella delle classiche delle Ardenne. Se partecipi alle gare fiamminghe, puoi fare meno corse a tappe in primavera. Se invece vuoi fare anche una Parigi-Nizza, allora devi modificare il programma.
Programma di cui però fa parte la mountain bike.
Ancora per il prossimo anno, certamente, poi faremo una valutazione. Comunque dopo le classiche, penseremo al Tour de France. Dopo il Delfinato, valuteremo se partecipare alle due prove di Coppa del mondo di mountain bike in Val di Sole e a Crans-Montana. Suona strano, ma potrebbero rivelarsi un valore aggiunto per un Tour che parte subito forte, con occasioni per lui già nella prima settimana.
L’obiettivo olimpico sovrasta tutto il resto?
L’intenzione è che Tom partecipi sia alla mountain bike che alla corsa su strada. La sua ambizione è di nuovo l’oro olimpico. La prova su strada è un po’ più complicata, ma per fortuna si corre dopo la mountain bike e l’esplosività del fuoristrada può tornargli utile nella seconda sfida.
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La nuova Pinarello Bolide F, l’abbiamo immaginata e vista, poi abbiamo atteso la sua ufficializzazione. Siamo a ridosso del Tour de Francee puntuale, nel momento in cui Filippo Ganna la utilizzerà durante il suo assalto alla prima maglia gialla, la casa veneta entra nel dettaglio della nuova bici da crono.
Quando abbiamo pubblicato un approfondimento tecnico sull’aerodinamica delle biciclette, tra le varie considerazioni, una ci è rimasta impressa.
«Dal punto di vista commerciale – disse Federico Sbrissa della casa trevigiana – le vendite sono molto limitate e il ritorno è una questione di immagine del brand. Per Pinarello vale comunque la pena investire in questa categoria».
Tradotto, per un racing brand come Pinarello ci sono fattori che vanno oltre il business vero e proprio. La ricerca, lo sviluppo e fornire i materiali di altissimo livelli agli atleti più vincenti, sono una parte integrante di questa filosofia.
Accadde nel lontano 2013
Eral’epoca del Team Sky. C’erano Sir Bradley Wiggins e la necessità di sviluppare una bicicletta TT in grado di soddisfare le esigenze di un pool di professionisti forti dal punto di vista atletico, estremamente autorevoli nella tecnica e nella cura dei dettagli. C’era la necessità di rendere ancor più veloci dei corridori già velocissimi.
La prima Bolide nasce nel 2013e nel 2015 entra nella storia con la versione HR, quella del record dell’Ora. Nel 2016 la prima evoluzione, con la Bolide TT, il progetto che ha accompagnatoGanna alla conquista di successi straordinari. E’ passato poco più di un lustro. Ora c’è il team Ineos-Grenadiers, c’è ancora Filippo Ganna fresco campione italiano della crono e c’è anche una versione tutta nuova della Bolide, che adotta ilsuffisso F (fastest bike ever, la bici più veloce di sempre).
L’inserzione degli obliqui ricorda da vicino la Dogma
La zona dello sterzo in cui alloggia anche il nuovo cockpit
CFD di nuova generazione
Lo sviluppo della Bolide F parte da un sistema CFD (Computational Fluid Dynamics) di ultima generazione, che mette insieme diversi criteri di valutazione e fa collimare i dati ai reali processi di produzione, Ma c’è altro…
L’implementazione dello studio di penetrazione dello spazio ha permesso di migliorare alcune sezioni della bicicletta, aumentando ulteriormente l’efficienza aerodinamica della precedente versione. Il piantone e il reggisella, tutto il carro con i suoi fendenti sono stati disegnati per adattarsi al meglio ai freni a disco, ottimizzando inoltre ilsistema bicicletta/corridore. Lo schema utilizzato da PinaLab (e dal nuovo protocollo CFD) per la nuova Bolide F considera le variabili che si generano su sette angolazioni differenti e benotto posizioni dell’atleta. Vengono considerate anche le potenze espresse dal corridore.
Le prime apparizioni della Bolide F, tra Tour de Suisse e Delfinato (foto Getty Images Pinarello)Le prime comparse della Bolide F, tra Tour of Suisse e Delfinato (foto Getty Images Pinarello)
I punti chiave del progetto
L’ingresso dei freni a disco non ha solo obbligato a variare alcuni concetti di design delle tubazioni e sezioni della bicicletta, ci sono da considerare anche ruote e gomme. La Pinarello Bolide F è ottimizzata per l’impiego degli pneumatici da 28 millimetri e si adatta anche alla tendenza di avere ruote più “panciute” e con i canali interni più larghi.
Sono state riviste le forme delle appendici e il punto di ancoraggio all’attacco. In questo punto della bicicletta il drag è stato migliorato del 3%. Inoltre, sempre in merito al comparto del manubrio, è stato necessario un percorso di sviluppo differente, rispetto a quello dedicato a telaio e forcella.
Le appendici sono personalizzate in base alle caratteristiche degli atleti e prendono forma grazie ad una scannerizzazione del corridore: sono custom. Sono in titanio e stampate 3D, un processo molto costoso, ma che garantisce delle performances elevatissime. Ci sono due aziende in grado di sviluppare un prodotto di questa caratura: una in Italia, la seconda in UK.
Bolide F è più rigida del 17% nella zona del movimento centrale. Nei pressi del tubo sterzo la rigidità è stata aumentata del 7%. La forcella ha una rigidità superiore del 12% e del 5% lateralmente. Queste valutazioni non sono state eseguite esclusivamente sul materiale in un momento di staticità, ma considerando un’azione di 550 watt, valore accostabile a quello espresso da Ganna.
Caratteristica la sagomatura dell’obliquo che “accompagna” la ruotaCaratteristica la sagomatura dell’obliquo che “accompagna” la ruota
Il telaio è asimmetrico
Il telaio asimmetrico è una sorta di marchio di fabbrica, soluzione che viene mutuata dalla famiglia Dogma, così come la scatola del movimento centrale, filettata e con passo italiano. Ilcarbonio utilizzato è della serie M40X di Toray. E’ tutta in carbonio anche la forcella, specifica per il progetto Bolide F, che prende il nome di Onda TT fork. Il carro posteriore e la forcella danno spazio a pneumatici fino a 28 millimetri di sezione e la bicicletta è ovviamente approvata UCI.
Il telaio asimmetrico appartiene al DNA PinarelloIl telaio asimmetrico appartiene al DNA Pinarello
Anche più leggera
A parità di taglia, una 55, il frame-kit (telaio, forcella, reggisella e serie sterzo, oltre alle guaine idrauliche dei freni) della nuova Bolide ha un valore alla bilancia dichiarato di 2.265 grammi (1.100 grammi il solo telaio, non verniciato). La versione più anziana con freni tradizionali arrivava a 2.435 (170 grammi di differenza). Viene prodotta in quattro taglie: 45, 48,5, 52 e 55. tutte le misure hanno in comune l’angolo del piantone a 77°, mentre l’apertura dell’avantreno varia tra i 72° e 73° (dal telaio più piccolo a quello maggiore).
A Torino con Prudhomme, patron del Tour. Parliamo di percorsi, campioni e sicurezza. «La domenica ero con Rebellin a Monaco, tre giorni dopo era morto»
La polvere della Strade Bianche, come quella del Belgio. Lo sporco delle strade e il fango di fine inverno. Le biciclette e le loro catene ne hanno già viste abbastanza e la sensazione è che altre ne vedranno nelle prossime settimane. Le performance dei mezzi meccanici sono il risultato di più fattori che devono collimare fra loro. La lubrificazione e la gestione dei comparti rotanti sono aspetti che si sono evoluti e per i meccanici dei team ricoprono un ruolo di primaria importanza.
Quali sono i prodotti che vengono utilizzati per oliare la catena? Come vengono usati e quando? Come cambia la gestione della lubrificazione in base alle condizioni meteo? Queste e altre curiosità, abbiamo chiesto a Gabriele Tosello del Team Astana Qazaqstan e Matteo Cornacchione del Team Ineos-Grenadiers.
La catena è uno dei componenti soggetto a controllo quotidianoLa catena è uno dei componenti soggetto a controllo quotidiano
Negli anni è cambiato il modo di lubrificare la catena e dei comparti rotanti?
TOSELLO: «Sono cambiati tutti materialie con loro anchei lubrificanti, c’è una scelta davvero ampia. Proprio i lubrificanti sono diventati sempre più specificie legati alle diverse situazioni che si vanno ad affrontare. Va da sé che è cambiato anche il modo di lubrificaree di fare meccanica. Oggi non esiste più il classico olio che va bene a 360 gradi. Basti pensare che in Astana abbiamo 6 diverse tipologie di olio e 3 di grasso».
CORNACCHIONE: «Il modo di lubrificare non ha subìto grossi stravolgimenti, sono cambiati i materiali. Abbiamo diversi prodotti specifici disponibili per le varie esigenze. In passato talvolta si usava anche il grasso per la catena, poco viscoso, ma comunque grasso. Oggi questapratica non esiste più. Al tempo stesso sono cambiati anche i corridori e non di rado trovi degli atleti consapevoli, preparati sotto il profilo meccanico e sono i primi loro a richiedere un lubrificante, piuttosto che un altro. Magari una goccia di olio in più. Un altro fattore da considerare è l’ingresso delle bici con i freni a disco, che ha ampliato ulteriormente il pool di prodotti dedicati alla pulizia, lubrificazione e gestione del mezzo in genere. In Ineosabbiamo circa 20 flaconi differenti della Muc Off, ognuno per delle applicazioni mirate».
Un esempio di alcuni prodotti a disposizione dei meccanici dell’AstanaUn esempio di alcuni prodotti a disposizione dei meccanici dell’Astana
In base alle condizioni meteo utilizzate dei prodotti specifici?
TOSELLO: «Sì, cerchiamo di adottare un comportamento tecnico il più preciso possibile e focalizzato ad ottenere il massimo dal prodotto che usiamo. C’è l’olio per il bagnato che è più grasso e viscoso. Ci sono i lubrificanti per le condizioni di secco, umido oppure per la polvere e per le situazioni intermedie. Ci sono degli oli per le distanze brevi e quelle più lunghe. Ogni prodotto ha la sua specificità. Le variabili esistono e sono legate alle previsioni meteorologiche, ma noi cerchiamo di prevenire determinate situazioni».
CORNACCHIONE: «Quando le condizioni meteorologiche sono incerte si cerca di adottare il giusto compromesso. Ovviamente ci sono delle differenze tra percorsi polverosi e quelli dove l’acqua ed il fango mettono in crisi i reparti meccanici della bicicletta. La Strade Bianche e le corse del Belgio sono un esempio. In questi casi vengono usati dei prodotti che permettono alla catena di mantenere un grado di lubrificazione più lungo che va di pari passo alla fluidità della trasmissione».
La pulizia e la lubrificazione, per molti meccanici siamo a livello dei cosmeticiLa pulizia e lubrificazione, per molti meccanici siamo a livello dei cosmetici
Ogni quanto viene cambiata la catena?
TOSELLO: «Ogni 1.000/1.200 chilometri, nel periodo delle gare: un chilometraggio che in una corsa a tappe si fa in una settimana o poco più. Non è tanto una questione di usura del componente, ma si cerca di prevenire e minimizzare l’insorgenza di problematiche. I pro’, quando sono in gara non vanno tanto per il sottile e proprio il modo di utilizzo incide sull’efficienza della catena, che deve essere sempre al massimo delle sue potenzialità».
CORNACCHIONE: «Si misura la lunghezza della catena con uno strumento e si valuta l’eventuale allungamento. Se questo è superiore alle tolleranze consentite, allora si cambia la catena. La qualità della lubrificazione influisce sulla sua longevità, ma è ovvio che le condizioni esternee ilmodo con cui viene trattatahanno un peso maggiore. E i corridori, quando sono in gara, l’ultima cosa alla quale pensano è la catena. Tempo addietro, quando i materiali erano differenti e durante le corse a tappe, la catena veniva cambiata durante il giorno di riposo. Ora il metodo è più scientifico, ma le variabili ci sono sempre e talvolta sono legate ai materiali, che sono sempre più leggeri».
Diversi lubrificanti con diverse viscosità, talvolta combinati tra loro
Si lubrifica la falsamaglia della catena dopo che il componente è stato sostituito
Diversi lubrificanti con diverse viscosità, talvolta combinati tra loro
Si lubrifica la falsamaglia della catena dopo che il componente è stato sostituito
E i cuscinetti del movimento centrale?
TOSELLO: «Ogni tre/quattro giorni il movimento è smontato e verificato, lubrificato ed eventualmente cambiato. Poi ci sono da tenere in considerazione delle variabili, legate all’usura dovuta al maltempo. Per dare un ulteriore riferimento, un movimento centrale standard viene sostituito, a prescindere, ogni mese/mese e mezzo».
CORNACCHIONE: «Con le Pinarello usiamo le calotte esterne su base filettataeper noi meccanici è una grossa fortuna, perché facilita la pulizia e le operazioni di controllo. Con questo sistema, praticamente non esiste manutenzione. Quando è necessario il movimento centrale viene sostituito. Ci sono corridori che sulle bici da allenamento vanno avanti un’intera stagione senza doverci mettere mano. A prescindere, la longevità dei cuscinettidel movimento centrale è soggetta a più variabili, ad esempio la pioggia, oppure la polvere, ma anche da come si lava la bicicletta».
Una specifica cromatica dei lubrificanti Muc Off, utilizzata dal Team Ineos
L’applicazione cambia anche in base ai modi di operare del meccanico
Una specifica cromatica dei lubrificanti Muc Off, utilizzata dal Team Ineos
L’applicazione cambia anche in base ai modi di operare del meccanico
Invece i cuscinetti delle pulegge del bilanciere posteriore?
TOSELLO: «In Astana abbiamo la gabbia CeramicSpeed,che necessita di un lubrificante dedicato per le sfere ceramiche. Questo olio specifico è applicato ogni giorno dopo la fine della gara e dopo aver pulito la bici. In generale, per le pulegge standard si utilizzano degli oli sintetici normali, senza caratteristiche particolari. La malizia è quella di non usare prodotti eccessivamente viscosi in questi punti, soggetti a sporcarsi in modo veloce».
CORNACCHIONE: «E’ una zona della bici tra quelle che si sporcano maggiorente. Si cerca di tenere pulite le pulegge del cambio usando un olio che mi piace definire fine, comunque con una bassa viscosità. L’obiettivo è quello di tenere lubrificato il componente, senza che questo attiri e blocchi lo sporco».
Le bici dei pro’, lavate con i getti per praticità, ma controllate ogni voltaLe bici dei pro’, lavate con i getti per praticità, ma controllate ogni volta
Per le gare del Nord gestite la lubrificazione in modo differente?
TOSELLO: «Anche in questo caso si cerca di valutare le condizioni ambientali. Lagestione cambia parecchio se dobbiamo affrontare delle strade polverose, rispetto al bagnato pesante. Al Nord la pioggia è sinonimo di terra e fango ed è necessario usare dei lubrificanti grassi, corposi e viscosi. In questi casi è impossibile evitare i problemi, ma si cerca di aumentare l’efficienza del comparto, cuscinetti e catena, portando la vita del lubrificante il più avanti possibile nella gara».
CORNACCHIONE: «Cerchiamo di adottare il compromesso migliore, sapendo che è impossibile che una catena e/o i cuscinetti restino lubrificatiin modo ottimaleper oltre 200 chilometri di polvere, acqua e fango».
Il controllo del movimento centrale obbliga alla rimozione della guarnituraIl controllo del movimento centrale obbliga alla rimozione della guarnitura
Quali operazioni sono necessarie dopo gare tipo Strade Bianche e Roubaix, Fiandre e le altre del Nord?
TOSELLO: «Dopo queste gare le bici sono tutte da smontare. Per essere sicuri di fare un bel lavoro e preservare alcune parti, noi meccanici dobbiamo lavare a fondo almeno 2/3 volte consecutivamente, ma spesso i cuscinetti, le sfere e le catene sono irrecuperabili e sono da cambiare».
CORNACCHIONE: «Le biciclette vengono lavate in modo accurato ed approfondito, anche quelle che sono rimaste inutilizzate e sulle ammiraglie. Talvolta una singola bici subisce diversi lavaggi consecutivi. Se c’è il tempo, il giorno successivo si smontano i cuscinetti dello sterzo e le calotte del movimento centrale. Si interviene dove è possibile, si sgrassa con uno spray apposito e si lubrifica profondamente. In particolare dopo le gare del Belgio, quelle bagnate e fangose,la catena si butta, per evitare problemi che si possono presentare nella gara successiva».
Quando il team Ineos-Grenadiers si è radunato ad Alcamo alla vigilia del Giro d’Italia, l’idea che Tao Geoghegan Hart potesse conquistare la maglia rosa non era neppure un’ipotesi. Tre settimane dopo, forse neppure lui si rende conto di essere riuscito nell’impresa di conquistare quel trono.
Ha corso la crono della vita a 51,664 di media regalando 39 secondi a Hindley e strappandogli in cambio la maglia rosa. Ha tagliato il traguardo. Ha ondeggiato fino a fermarsi tra gli uomini del suo team. Poi lentamente ha iniziato a crollare sotto i colpi dell’emozione che ancora adesso lo scuote fino a fargli tremare la voce.
«Non l’ho capito ieri a Sestriere – dice – che avrei potuto vincere. Non l’ho capito stamattina al via e neppure quando sono entrato nel centro di Milano. In realtà non l’ho mai capito, forse ci riuscirò la settimana prossima…».
Crono perfetta, Hindley crolla, il britannico in rosa: il trono è suoCrono perfetta, Hindley crolla, il britannico in rosa: il trono è suo
L’antefatto
La storia è nota. La Ineos-Grenadiers avrebbe puntato su Thomas, ma Geraint ha commesso la leggerezza di farsi trovare a centro gruppo durante un trasferimento su strada selciata ed è caduto su una borraccia volata via da una bici della Bahrain-McLaren. A quel punto, complice il cambio di mentalità dell’intera squadra, il Giro è finito tra le mani di una generazione di ragazzini terribili che si sono… divertiti a schiaffeggiare i senatori del gruppo.
«C’è una nuova generazione in arrivo – dice – composta da ragazzi dotati di super talento, che hanno a disposizione numeri e mezzi tecnologici ideali per risparmiare tempo di crescita. Una cosa che ho imparato da British Cycling è che è più redditizio quando gli obiettivi sono più controllabili rispetto a quando sono incerti. Siamo fortunati che ci siano così tanti parametri – tempo in salita, potenza, peso – in modo che possiamo puntare a migliorare un aspetto o l’altro e valutare la progressione».
La famiglia
La storia di Tao parla di un ragazzino con la testa sulle spalle, cui hanno spesso attribuito più dei suoi anni. Fra le cause di questa sua maturità, il ragazzo ha spesso inserito il fatto che i suoi genitori si siano lasciati quando lui era ancora piuttosto giovane e quindi ha presto imparato a prendersi cura di se stesso.
«Nessuno nella mia famiglia viene dal mondo dello sport – ha raccontato – ma sono tutti grandi lavoratori. Mio padre è un muratore e lavorava spesso 16 ore al giorno. Se riusciva a fare quello sforzo senza che sessanta persone si prendessero cura di ogni suo capriccio, senza un massaggio quotidiano per alleviare lo stress della vita, io penso di poter sopportare le fatiche del ciclismo».
L’abbraccio con la ragazza Hannah dopo l’arrivoL’abbraccio con Hannah dopo l’arrivo
Gli inizi
Tao Geoghegan Hart ha perso le ruote nel tratto più ripido dell’Etna, ma si è rifatto con gli interessi vincendo a Piancavallo, facendo la corsa sullo Stelvio assieme a Dennis e rivincendo poi a Sestriere. E pure essendo molto giovane, non va dimenticato che negli anni scorsi ha voluto fare tutti i passi giusti. Compreso quello di rifiutare inizialmente la corte dell’allora Team Sky.
«C’era un forte interesse da parte della squadra – ha raccontato – ma io volevo fare un altro anno fra gli under 23, perché non avevo ancora vinto una corsa e mi pareva necessario per poter passare professionista. Sono stato per tre anni magnifici con Axel Merckx, che mi ha dato una grande prospettiva ed è stato una gran parte del mio arrivo tra i pro’. Mi ha dato l’opportunità di correre ai massimi livelli, gareggiando al Tour of California».
Il ricambio
Un dettaglio che non è passato inosservato nel suo Giro è che nella crono se la sarebbe giocata di sicuro, essendo il prodotto di una scuola tecnica che, al pari di quella italiana degli anni 70-80, ha creato un ottimo sistema di individuazione e sviluppo dei talenti.
«Non credo che sia una nuova era per il ciclismo britannico – dice – perché in Gran Bretagna ci sono tanti corridori forti come me, per cui credo si possa parlare dell’onda lunga di un lavoro iniziato dieci anni fa e di cui sono orgoglioso di fare parte. Sono grato a tutti gli inglesi che sono venuti prima di noi, da Millar a Boardman, Cav e Wiggins. Hanno portato il ciclismo nel Regno Unito. Ero presente al lancio del Team Sky nel 2009 ed ero tanto ispirato. Se penso ai miei inizi, però, è incredibile quanto sia diventato grande il piccolo sogno di allora. Apprezzo i ciclisti famosi e quello che hanno fatto, ma più gare faccio, più sembra normale. Per questo non vedo l’ora di tornare a casa e festeggiare con la mia famiglia, perché loro c’erano quando tutto è cominciato».
Filosofia Ineos
La filosofia Ineos ha funzionato alla perfezione anche in questo Giro: difficile che una squadra così vincente si lasciasse sfuggire la maglia rosa, avendola così vicina. Ma cosa significhi questo, Tao riesce a spiegarlo in modo molto chiaro.
Un selfie con Fausto Pinarello e Matteo Tosatto, un trono per treUn selfie con Fausto Pinarello e Matteo Tosatto, un trono per tre
«Dave Brailsford – spiega – ci ha sempre detto che andiamo alle gare con tre obiettivi. Per aiutare qualcuno a vincere, per imparare a vincere in modo da tornare con la giusta consapevolezza, per vincere in prima persona. All’inizio volevo dimostrare ai miei compagni che meritavo di far parte di questa squadra, poi che potevano fare affidamento su di me. E quando li ho avuti a mia disposizione, le parole di Dave sono tornate in mente».
Ritorno a casa
Il tempo delle chiacchiere è finito, il Giro è finito. Tao abbraccia nuovamente Ganna, seduto accanto a lui nel truck della conferenza stampa e davanti a loro si apre una notte di festa con le cautele necessarie vista la situazione Covid.
«Sarà strano uscire dalla bolla – dice – ma non vedo l’ora di scendere da questo trono e assaporare un po’ di normalità. Nelle ultime tre settimane abbiamo mangiato pasta tutti i giorni, adesso spero di tornare alla mia normalità. Quando sono a casa cerco solo frutta e verdura di qualità. Spendo un’incredibile quantità di denaro nel negozio di una fattoria ed è fantastico. Mi piace cucinare per la mia ragazza (Hannah Barnes, anche lei ciclista elite, ndr). Lei mi rende una persona migliore e questo fa di me un ciclista migliore».
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Abbiamo proposto ad Adriano Malori di studiare una serie di foto di Ganna sulla bici da crono. Una lezione che fa bene alla nostra passione per questo sport
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Alzi la mano chi poteva immaginare che Rohan Dennis sarebbe stato l’ago della bilancia del Giro d’Italia sulle grandi montagne. L’australiano, un metro e 82 per 72 chili e due volte campione del mondo della crono, se ne era andato dal Tour de France del 2019 in polemica con l’allora Team Bahrain-Merida e poche settimane dopo aveva vinto il mondiale con una bici non ufficiale. Portandosi appresso un fardello di nomignoli non troppo lusinghieri, è approdato al Team Ineos e il suo arrivo era stato salutato come il vezzo dello squadrone così ricco da potersi permettere il lusso di una mina vagante. Poi è venuto il Covid e il mondo si è dimenticato di lui fino al giorno dell’Etna, quando scalò il vulcano assieme a Thomas ferito. Di lì un inesorabile climax ascendente. In fuga a Matera, poi a Cesenatico, tutto il giorno all’attacco a Piancavallo nel giorno della vittoria del compagno Geoghegan Hart e l’indomani a San Daniele del Friuli. E quando il Giro ha addentato le grandi montagne, accanto a Tao si è messo lui. Lo ha preso per mano. E sullo Stelvio prima e a Sestriere poi, ne ha sgretolato i rivali.
Lo Stelvio è un gigante, tira Dennis, poi Geoghegan Hart e HinfleyTira sullo Stelvio, selezione netta
Primo contatto
«Non avevo mai lavorato con lui – racconta Dario Cioni – per cui c’era bisogno di conoscerlo. Durante il lockdown ci eravamo tenuti in contatto, ma la prima esperienza sul campo è stata nel primo training camp fatto a Isola 2000 con il gruppo del Giro. Anche se non c’erano ancora Thomas e Carapaz. Il primo perché era nel gruppo Tour e il secondo ancora bloccato in Ecuador. Però c’erano ragazzi di esperienza come Puccio e Swift e il loro parere mi interessava molto. C’era di buono che si sarebbe parlato inglese e questo ha creato subito una buona amalgama, ma al di là di questo, Rohan è piaciuto subito a tutti. Restava solo da vedere il suo ruolo nel team per il Giro d’Italia».
Verso il Giro
Thomas è il capitano designato, dopo che Carapaz è stato spostato verso il Tour. Il Giro ha tre crono e tre cronoman superbi come Thomas, Dennis e Ganna.
«Così la squadra – prosegue Cioni – ha deciso di dare ai due carta bianca nella prima e nell’ultima crono, mentre a Valdobbiadene sarebbero dovuti andare piano, salvando la gamba per aiutare Geraint. E i due hanno accettato. Poi sappiamo come è andata con Thomas, ma a me stava a cuore il fatto che Dennis avesse accettato di non fare a tutta la crono più adatta a lui per essere al servizio del team».
Le montagne
Con Thomas fuori dai giochi e Narvaez ritirato, il Team Ineos-Grenadiers non ha più gregari per le salite. La squadra miete successi di tappa come nessun altro, ma serve qualcuno che possa assistere Tao che nel frattempo sta scalando posizioni nella generale.
«Abbiamo tenuto a quel punto – dice Cioni – un approccio più soft. Non volevamo dargli la pressione di sentirsi l’ultimo uomo in salita, per cui si è concordato di dargli lo stesso ruolo di Ganna. Entrambi corridori in grado di fare il passo sulle salite pedalabili. Ma quando siamo arrivati al giorno dello Stelvio, gli abbiamo chiesto se se la sentisse di dare una mano. Lui ci ha guadato e ha detto che avrebbe tirato fino a 5 chilometri dalla vetta. Bè, cosa dire… l’approccio ha funzionato. E visto che si sentiva bene, ha continuato e ha fatto quel capolavoro di tappa che avete visto tutti. Fermandosi sì ai 5 chilometri, ma dall’arrivo…».
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La missione
Dennis non è soltanto una macchina come l’ha definito Geoghegan Hart dopo l’arrivo di Sestriere. Evidentemente a un certo punto si è sentito così parte della missione di squadra da volerne fare parte.
«Così la sera prima di Sestriere – sorride Cioni – ha preso lui la parola e ha detto che l’indomani avrebbe fatto la differenza in salita. Insomma… l’avete visto tutti. Forse il segreto è stato renderlo partecipe del ruolo, farlo sentire parte di un progetto».
Oggi Dennis, come pure Ganna, darà gli ultimi consigli di questo Giro a Tao per quella che è la sua specialità preferita: la crono. Il giovane gallese pedalerà come tutti gli altri su una Bolide di Pinarello, sperando che i tanti lavori fatti per la specialità diano i loro frutti. In team è fiducioso, ma per come era partita l’avventura del Giro, con il leader fuori dai giochi al terzo giorno, se anche finisse così, anche stasera non potrebbero che brindare…
Cioni e Ganna, come il gatto e la volpe. Dopo la Tirreno, hanno sbancato Imola. E dopo Imola, è toccato a Palermo. Dietro la maglia rosa di Ganna, ottenuta con la vittoria nella prima tappa, c’è tanto dell’uno e tanto dell’altro. C’è lo studio del Team Ineos-Grenadier. Basta rileggerne la giornata, per rendersi conto.
Cioni studia il vento
Prima le previsioni del tempo, studiate da tre giorni prima. Il vento. Da dove arriva. Come cambia. A che ora cambia. A che ora sale e a che ora scende. Una volta avuto in mano il report esatto, al momento di stabilire l’orario di partenza, hanno deciso di far andare prima Dennis (14,14), poi Thomas (14,36), infine Ganna (14,58), in modo che le singole ammiraglie potessero condividere le informazioni sulle variazioni del meteo.
In piena azione in Corso Calatafimi, con le mani sulle protesi in titanioIn piena azione in Corso Calatafimi, con le mani sulle protesi in titanio
Messaggio di Ganna a Viviani
Alla vigilia, cosa che non aveva fatto prima del mondiale, Ganna ha mandato un messaggio a Viviani. Come gli capita di fare in pista ogni volta che una prova lo inquieta.
«Questa volta – racconta la maglia rosa – avevo paura della discesa. Non è facile buttarsi a quasi cento all’ora con le mani sulle appendici e quel ventaccio. Al primo tornante sono arrivato lungo, mi ha salvato la vita il freno anteriore. Non mi ero reso conto di quanto stessi andando forte».
Ma Viviani come al solito ha tagliato corto: «Pesi più di 70 chili – ha scritto – cosa vuoi che ti faccia un po’ di vento?».
Colazione alle 9
Ganna ha fatto colazione in hotel alle 9 e alle 10 le ammiraglie della Ineos-Grenadier si sono spostate dall’hotel di Isola delle Femmine alla circonvallazione di Monreale, dove erano parcheggiati i pullman. A quell’ora, lo scirocco aveva già incendiato l’aria, con temperature prossime ai 37 gradi. Un forno! E che raffiche…
«Avevamo già visto la parte iniziale il giorno prima – ricorda Cioni – ma non era stato possibile andare oltre il quarto chilometro. Io l’ho fatta in bici, ma non mi sono reso conto di nulla. Così appena arrivati abbiamo fatto questo giro del percorso senza spingere, ma per mandare a mente ogni insidia. Come voleva fare le curve. Se c’erano buche o tombini in traiettoria. Cose viste da lui e riportate da me. Abbiamo fatto tante crono insieme, lui si fida e il sistema funziona».
Ganna ha confermato: «Ho pensato essenzialmente a non cadere – ha detto – perché diversi hanno avuto problemi. Ho pensato a guidare la mia bici. E la bici, posso giurarvelo, diventa una lama. Ho impostato bene le linee, con Cioni dietro che mi diceva dov’erano i tombini».
La maglia rosa sopra a quella iridata: il premio per un giorno pazzescoLa maglia rosa sopra a quella iridata: il premio per un giorno pazzesco
Il pranzo in ammiraglia
Nella risalita verso la partenza, Ganna ha consumato il solito pasto pre-gara a base di riso. Magari avrebbe fatto volentieri un altro giro, ma tornare a Monreale da Palermo non era così semplice e si sono accontentati della prima osservazione.
«Filippo è salito sui rulli per 25 minuti – spiega Cioni – facendo i lavori che ormai conosce a memoria. Ognuno conosce la sua routine, che non cambia, a meno che non ci siano distanze troppo lunghe o percorsi particolari. Durante il riscaldamento ha mandato giù un gel ed è partito senza borraccia. Per così poco tempo si sta bene senza bere».
Fra le annotazioni tecniche più singolari, la magnesite che Ganna ha messo sulle mani al momento di partire.
«Nelle crono – spiega – non si usano i soliti guanti e per tenere le mani asciutte sul manubrio, quella polvere è molto utile».
Ganna, l’attesa snervante
Il nervosismo che il giorno prima lo ha spinto a scrivere a Viviani, sull’arrivo lo ha gestito da sé. Seduto sulla hot-seat, Ganna ha assistito allo sfilare dei rivali più accreditati. E quando anche Affini ha tagliato il traguardo, la sua mimica è stata eloquente. In meno di sette giorni, sulle sue spalle sono cadute la maglia iridata e la maglia rosa, risultato rispettivamente delle vittorie ai campionati del mondo crono e della prima tappa del Giro d’Italia.
«Finora ha vinto quattro mondiali in pista – ha detto prima di salutare – uno della crono e adesso è venuta questa crono. Speriamo di non finire proprio adesso. Piuttosto, visto il settimo posto di Sobrero? Adesso gli scrivo un messaggio, ha fatto proprio una bella crono».
Thomas non ha dubbi, Brailsford ne ha anche meno. Nessun caso per l’esclusione del gallese e quella di Froome dalla squadra del Tour. Semplicemente, dopo il Delfinato, il Team Ineos-Grenadier si è riunito attorno allo stesso tavolo e la decisione è stata presa.
«Dopo la pandemia – spiega il grande capo del team – gli atleti sono arrivati alle prime corse in condizioni totalmente diverse. Il mondo certe cose non le sa e può aver travisato alcuni passaggi. Ma noi ci conosciamo da tanto tempo. Ci siano seduti e ci siamo chiesti: a che punto siamo? Non si trattava di promuovere o bocciare qualcuno, semplicemente di valorizzare al meglio le nostre risorse. Se facciamo il punto sulla carriera di Thomas, il fatto che sia venuto al lottare per il Giro d’Italia lo trovo estremamente eccitante».
Brailsford in una foto del Tour de France del 2019, vinto da BernalBrailsford e Thomas in una foto del Tour de France del 2019, vinto da Bernal
Non è facile essere il baronetto di Sky e dover masticare il fiele di una brutta sconfitta al Tour e insieme spiegare come e perché hai scelto di rimescolare tutto. Ma questa volta Brailsford parte da una base condivisibile, che getta una luce quasi umana sul team.
«Abbiamo corridori esperti che hanno vinto molto – spiega – come Thomas e altri più giovani ma di grande talento. Lo sport continua, non si ferma a guardare le sconfitte. Sta a noi osservare e trovare la chiave di lettura di un risultato. Lo stiamo facendo. Ci siamo rimboccati le maniche per far sì che i due gruppi si integrino, arrivando ad avere corridori giovani e di talento con la giusta esperienza per gestire ogni tipo di situazione.
«Dopo il Tour abbiamo pensato di cambiare strategia, ma occorre un punto di vista più ampio e non semplicemente la fretta di cambiare gli uomini per ottenere il primo risultato unico. Come team abbiamo vinto tanto negli ultimi anni, ma ora sono arrivate squadre che si sono molto rinforzate. E noi dobbiamo chiederci cosa possiamo fare per migliorare».
L’analisi della sconfitta
L’analisi del Tour è lontana da venire. Forse il cedimento è stato così evidente e inatteso, che questa volta servirà più di una chiacchierata. Dave lo sa e forse per questo evita di affrontare l’argomento. L’analisi passa per la lettura dei numeri e il necessario approfondimento.
«Se guardi il Tour – dice – c’è rammarico che potrebbe bloccarti. Per questo dopo una grande sconfitta si deve guardare la corsa successiva. Il nuovo impegno e tutte le attenzioni che richiede ti porta via dal malumore, ma ciò non toglie che dovremo raccogliere informazioni e andare avanti».
La firma di Pidcock ha portato aria nuova nel team britannico. Bernal ha bisogno di tempo per rigenerarsi analizzando magari le troppe attese. Carapaz ha confermato le sue qualità. Thomas tirerà una riga dopo il Giro. L’anno del covid ha scosso profondamente il team, portando tutti fuori dalla loro comfort zone. Vedremo se il ritorno alla normalità sarà nuovo olio sui soliti meccanismi.
Il Thomas che si incontra ogni giorno al Tour sembra più allegro e motivato. Abbiamo chiesto a coach Ellingworth che conferma: la chiave è la leggerezza